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Colombo

COLOMBO

Melodramma serio in due atti.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Felice ROMANI.
Musica di Francesco MORLACCHI.

Prima esecuzione: 21 giugno 1828, Genova.


Personaggi:

Cristoforo COLOMBO

baritono

FERNANDO di lui figlio, amante di

contralto

ZILIA giovane americana figlia di

soprano

JARICO cacico di Maima

basso

ZAMORO cacico d'Aiti, rifugiato in Maima, amante di Zilia

tenore

DIEGO ufficiale castigliano

tenore

Bartolomeo FIESCO

altro


Cori e Comparse. Ufficiali, Soldati, e Marinai, Castigliani, Guerrieri Indiani e Aitiani, Vecchi e Indovini. Donzelle di Maima, Coriste, e Ballerine.

La scena è presso il mare nel campo castigliano, e in Maima tribù selvaggia della Giamaica. L'epopea è l'ultimo viaggio di Colombo.

Proemio dell'autore

Trattandosi di un melodramma, genere di poema, non so se a torto o a ragione, tenuto in niun conto dagli Italiani, inutile potrà sembrare, o per lo meno orgoglioso qualunque proemio; ma trattandosi di argomento gravissimo, da rappresentarsi in solenne occasione, e al quale son rivolti gli sguardi della mia patria, mi siano permesse brevi parole, che manifestino l'intendimento con cui ho proceduto nel mio lavoro, e le difficoltà che ho dovuto combattere. La prima e la maggiore di tutte fu quella di presentare l'eroe nell'aspetto più degno di lui, nella situazione più gloriosa, e nel tempo istesso più nota agli spettatori. Tal'era la prima scoperta del nuovo mondo, poiché a questa ricorre tosto ogni mente; ed io avrei dovuto scegliere il primo viaggio di Colombo, i pericoli da lui corsi in mari intentati, e il di lui trionfo al primo por piede nella vergine America. Ma soggetto gli è questo, che quanto conviene al poema che racconta, altrettanto sconviene al poema che rappresenta. L'autore drammatico ha d'uopo d'un nodo che ravvicini tutti i personaggi, e di un'azione in cui campeggi l'amore, passione più d'ogni altra prediletta dalla musica. E il mio primo atto sarebbe passato in mare, il secondo a s. Salvatore, divisi sarebbero stati i personaggi, e due per così dire le azioni. Doveva io forse rappresentare l'eroe di ritorno in Castiglia, onorato dai sovrani, cui fa dono d'un mondo? Tutta l'azione si sarebbe ridotta in una splendida scena, il rimanente sarebbe stato languido, freddo e senza passione. Doveva io scegliere il momento in cui l'invidia e l'ingratitudine trionfano del merito e della fede, e il premio di Colombo sono oltraggi e catene? Troppo nera sarebbe stata la tela che avrei tessuta, e troppo odiosi personaggi avrei dovuto porre in iscena. Oltre di ciò mi si parava d'innanzi l'istessa difficoltà di luogo, di tempo, d'interesse musicale. Queste cose fra me rivolgendo, miglior consiglio mi parve di attenermi all'ultimo viaggio dell'illustre genovese, quando egli gittato dalle tempeste nell'isola di Giamaica, obliato dall'universo, minacciato da feroci popoli, e insidiato da' suoi stessi seguaci, lotta coraggioso co' la sua mala fortuna, e maggiore di Filottete, che deserto in Lenno impreca la vendetta degli dèi sui colpevoli Greci, soffre invece senza mormorare l'abbandono de' castigliani, disarma i selvaggi co' la sua virtù, co' la costanza tiene in freno i rivoltosi, e soccorso da Fiesco, da lui spedito a Cuba, trionfa d'ogni ostacolo, e scioglie le vele pieno della speranza di afferrare le spiagge del gran continente. Un anno di soggiorno nell'isola di Giamaica rende probabile l'intelligenza del linguaggio degli Indiani, non che l'amore di Fernando per la figlia di un cacico; amore episodico, ma talmente innestato coll'azione principale, che senza di esso l'azione non avrebbe luogo; amore che aumenta i pericoli di Colombo, e viemaggiormente lo dimostra magnanimo: imperocché non è solo l'eroe che si trova in cimento, ma il padre ancora che trema per la vita del figlio, di quel figlio, che deve tramandare ai posteri la storia delle paterne scoperte. (*)

Io fingo, che presso il cacico di Maima, nelle cui terre è naufragato Colombo, siasi ricoverato Zamoro, un de' cacichi d'Aiti, il quale venga a raccontare a que' di Giamaica le crudeltà esercitate dagli europei nella natale sua terra, e che col racconto di tanti infortuni tragga gli ospiti suoi a congiurare contro Colombo per trucidarlo con tutti i castigliani. Jarico, tale è il nome del cacico di Maima, sbigottito dal comune pericolo, stringe alleanza con Zamoro, e per farla più salda, gli concede la propria figlia in isposa. Ma Zilia, così chiamasi la giovane indiana, è invaghita di Fernando, figliuol di Colombo; né può soffrire altro sposo, né reggere all'idea che a tradimento sia trucidato il suo amante. Quantunque le leggi di Maima condannino a crudel morte chiunque sveli il segreto della patria, essa il palesa. I castigliani, non più colti all'improvviso, combattono e vincono i selvaggi; ma Fernando rimane prigioniero. Ei deve morire, se Zilia, rimasta nel campo castigliano, non è renduta al padre per essere immolata ai traditi dèi di Maima. Il generoso Colombo ricusa di comprar la vita del figlio con quella della salvatrice di tutte le sue genti; ma Zilia egualmente generosa, fugge da Colombo, e spontanea si presenta alla vendetta della patria. Ella morrebbe, se l'eroe non venisse a salvarla, spaventando i selvaggi con un eclissi di luna da lui preveduto, eclissi che come abbiam dall'istoria, serve ai castigliani per ottenere alimenti dai minacciosi indiani, e ch'io faccio servire a più nobile e più commovente circostanza. I selvaggi sono attoniti, e vinti dall'ascendente dell'eroe: giunge Fiesco a compiere le meraviglie di quella notte solenne: Colombo trionfa: e preso possesso dell'isola, pianta quivi la croce, e i redenti popoli intorno ad essa raccoglie. Tale è l'orditura del mio melodramma; e in essa, se mal non mi appongo, l'invenzione non nuoce alla storia, né la storia alla invenzione; e quel che più preme in siffatti componimenti, se tutto non giova alla ragione poetica, giova almeno alla ragion musicale.

Quanto ai caratteri storici: per non parlar di Fernando, giovinetto appena uscito dall'adolescenza, ardente come il vuole l'età sua, e generoso qual dev'essere il figlio di un eroe: il personaggio principale, il sommo almirante di Castiglia, Colombo è da me rappresentato qual era; umano, costante, religioso: vir fortis cum mala fortuna compositus. Tanto nel sedare la rivolta dei castigliani, quanto nel disarmare i selvaggi, io gli diedi, per così esprimermi, un tal quale aspetto d'ispirato: e in ciò fui coerente alle tradizioni, e all'esaltate idee di que' tempi. Egli avea detto ai castigliani: Se in tre giorni non appare la promessa terra, noi desisteremo dall'impresa: e in tre giorni la promessa terra comparve. Se Ovando scioglie da Cuba, è minacciato da terribil tempesta: e Ovando spiega le vele, ed è sepolto nel mare. Quanto ei fa, quanto ei dice tutto è attestato dagli storici; e se il principale suo scopo sembra esser quello di recare la vera fede nell'Indie, questo pure è giustificato dalle lettere ch'egli stesso scriveva ai sovrani di Castiglia.

Quanto ai caratteri d'invenzione, io gli ho ideati come volea la ragione del mio poema. Tranne Zilia, purificata, per così dire, dall'amore, i selvaggi son quali esser devono: feroci, e senza alcun freno fuorché quello della propria superstizione. Nulladimeno io diedi loro un certo qual senso d'onore, e vivissima la carità della patria; affetti ch'io credo ingeniti nel cuore dell'uomo. Degli usi e dei riti loro, ne giudichi il lettore. Privi, come noi siamo, di monumenti e di tradizioni intorno ai costumi ed ai culti delle prime terre scoperte dagli spagnoli, era a me lecito immaginarli come conveniva all'azione: tuttavia poco o nulla si scostano da quelli che trovati furono in regioni visitate più tardi.

Dovrei parlar dello stile. Ma chi non conosce i ceppi dei poeti melodrammatici? Dirò soltanto che ho conservate alcune tinte locali meglio che per me si è potuto in un componimento, ove il dialogo è soverchiamente conciso, ove non tutte le frasi sono accettate dalla musica. Qualche libertà mi rimaneva nei cori, ed io ne ho profittato.

Con questo mio lavoro io non oso sperare di aver corrisposto all'aspettativa de' miei concittadini: tuttavolta andrò sempre superbo che mi abbian tenuto da tanto gl'illustri personaggi che a me lo commisero. Se indegno del più grande fra i Genovesi è il serto ch'io gli ho tessuto con un melodramma, è forse più colpa del genere, che mia. Allo scopritor dell'America vuolsi un'epopea. Avvi chi l'ha meditata, ma fortuna gl'impedisce di compierla.

(*) Infatti Fernando Colombo scrisse la storia del padre: ed ottimo intendimento, a mio credere, fu quello di averlo introdotto nel dramma come testimonio delle cose che aveva un giorno a raccontare, e come il sol uomo a cui Colombo poteva confidar degnamente e le sue speranze e i suoi timori. Una scena che per economia musicale mi è convenuto sopprimere, ma che in prova io trascrivo, non solo giustifica sì fatto intendimento, ma un altro ancora che da per sé rileveranno i lettori.

COLOMBO

Oh! immensa, e ricca terra

ch'io visitai primiero! Oh! continente

intentato finor, ov'io qui pera,

di più scaltro nocchier sarai tu gloria?...

FERNANDO

Giammai, giammai... non mentirà l'istoria.

COLOMBO

Testimon di mie sventure,

in Europa il ciel ti guidi;

la tua voce al mondo gridi

che maggiore e sol per me.

FERNANDO

Renderan l'età future

la giustizia a te negata:

macchia ognor di cieca e ingrata

questa etade avrà per te.

COLOMBO

Io lo spero: il tempo è giusto

correttor de' torti umani.

FERNANDO

Domator del fato ingiusto

fia ch'ei rechi i legni Ispani,

e alle rive a te contese

ti conduca vincitor.

COLOMBO

Sì, Colombo a nuove imprese

coraggioso innalza il cor.

a 2

FERNANDO

Giovin mondo a lui svelato

per sentier non corsi mai,

tu primier vendicherai

chi dai flutti uscir ti fe'.

COLOMBO

E tu terra ov'io son nato,

se di un mondo non godrai,

gloriosa almen sarai

che un tuo figlio altrui lo diè.

a 2

Ah! dovea più giusto il fato,

nobil terra, un mondo a te.

Atto primo
Scena prima

Recinto presso le abitazioni dei Selvaggi di Maima. In fondo boschi, e colline. In mezzo della scena è in piedi Zamoro circondato da un drappello di Guerrieri aitiani. Da un lato Jarico seduto sopra un sasso. Qua e là, da ambe le parti, sono sparsi a gruppi i Selvaggi di Maima in atto di deliberare sovra cose udite.

CORO

Oh! qual narrasti orribile

scena di sangue e lutto!

Spersi di Cuba i popoli,

d'Aiti il suol distrutto,

strage dovunque il turbine

degli europei passò.

E noi felici e liberi

di vergin terra figli,

cadrem noi pur de' barbari

sotto i feroci artigli?

Ricuserem combattere?

Morrem da vili?... Ah no.

(tutti si affollano intorno a Jarico)

Salda alleanza stringasi

con lo stranier cacico;

piombiam segreti, e taciti

sovra il crudel nemico:

egro, spossato, e naufrago

a noi fuggir non può.

JARICO

Cedo all'ardir magnanimo

che vi divampa in petto:

prode straniero, accetto

la man che stendi a me.

ZAMORO

Prendi, e securo stringila

di eterna fede è pegno:

pronta a comun sostegno

combatterà con te.

JARICO

Mallevadore ed auspice

della tua tua fé qual fia?

ZAMORO

Mille io ne invoco. Il cenere

dell'arsa patria mia,

il sangue de' parenti,

i loro monumenti,

l'ira che in sen divoro,

odio, vendetta, e amor.

TUTTI

Amor!

ZAMORO

Io Zilia adoro:

sacro a tua figlia è il cor.

JARICO

E tu vorresti?

ZAMORO

Unire

il suo destino al mio:

tutto con lei soffrire,

morir per lei desio.

Se sposa mia la fai

sarò di me maggior.

JARICO

Vieni al mio sen: l'avrai

premio del tuo valor.

ZAMORO

Lieto appien di tanto dono,

più che figlio a te già sono:

i tuoi dèi ~ saranno i miei,

patria mia ~ la tua sarà.

CORO

Spento sia ~ chi scioglier brami

tai legami ~ d'amistà.

ZAMORO

Ma fian saldi.

JARICO

Fian tenaci.

ZAMORO

Santi.

JARICO

Eterni.

CORO

Lo giuriamo.

TUTTI

Aste, dardi, fiamme, faci

impugnam, scocchiam, vibriamo.

Quando annotti, e il mondo taccia,

piomberei quai tigri in caccia,

né la preda ai colpi nostri

speco o valle asconderà.

Patri dèi, pei figli vostri

tutto il ciel combatterà.

(partono i cori)

Scena seconda

Jarico, e Zamoro.

ZAMORO

De' tuoi guerrier fidarti,

qual io de' miei, puoi tu? Tanto mistero

fia custodito?

JARICO

Non temer: provvide

la patria legge assai. D'orribil morte

è punito in Maima il tradimento.

ZAMORO

Ad ottener l'intento

pur vuolsi scaltro oprar, e di sospetto

la più lieve non dar ombra ai nemici.

JARICO

Tutti userem di cortesia gli uffici.

Ricchi presenti, e feste,

e amorevoli inviti.

ZAMORO

Ah! se dal campo

trarli io potessi inermi, e a noi le destre

di quei fatali armar fulmin di morte...

JARICO

Vieni: un mezzo potria darci la sorte.

(partono)

Scena terza

Cacciatori e Cacciatrici, indi Zilia.

Coro.

UOMINI

Bella è l'argentea stella,

che in limpido mattin,

il rugiadoso crin

alza dall'onde.

TUTTI

Astro gentil d'amor,

più vivido splendor

Zilia diffonde.

DONNE

Lieve di colle in colle

trasvola il venticel,

che non inchina stel,

non segna traccia.

TUTTI

Vola più lieve ancor

l'amabil Zilia allor

che move in caccia.

Dove miri, in piaggia, in selva,

non vi ha core, non vi ha belva

che resista al suo poter.

Disarmata, o cacciatrice,

è ne' boschi vincitrice,

è sovrana fra i guerrier.

ZILIA

Maggior di nostra speme, oggi, o compagne,

ne dier preda le selve: ai patri tetti

parte se n’ rechi, e se ne serbi parte

in dono agli stranieri. Ampio da loro

riporterem tesoro

delle dovizie, che al possente duce

il lontano da noi mondo produce.

Ne ornerà la bruna chioma

qualche gemma rilucente,

che ai guerrieri d'oriente

più bel sol pingendo va.

E la figlia del deserto,

abbellita da quel serto,

qualche grazia agli occhi loro,

qualche vezzo acquisterà.

CORO

Pari a Zilia, alcun tesoro

l'oriente in sen non ha.

ZILIA

(Caro bene, al tuo cospetto

vani fregi io non desio;

bella sol dell'amor mio

nel tuo seno io volerò.

Se tu m'ami, o mio diletto,

ogni bella io vincerò.)

(parte il coro)

Scena quarta

Jarico, Zamoro, e Zilia.

JARICO

Mi abbraccia, o Zilia: lungamente attesa

alfin tu riedi. Per le patrie selve

assai vagasti cacciatrice intorno.

È giunto, o figlia, il giorno

d'alzar la mente a più severi uffici.

Oggi sposa se' tu.

ZILIA

Sposa! Che dici?

ZAMORO

Te n' duole, o Zilia? A far beati i prodi

nata è beltà... Né d'Jarico al guardo

di tanto bene io son del tutto indegno.

JARICO

Sì: d'alleanza pegno

contro il feroce ispano

mi ti chiese Zamoro, ed io ti diedi.

ZILIA

Contro l'ispano! E vincer lui tu credi?

Cambia consiglio: a noi negaro i cieli

la folgore ch'ei vibra, e a lui rapirla

non può Zamoro. Chi salvar non seppe

la patria sua, salvar saprà l'altrui?

ZAMORO

È vero, o Zilia... Sventurato io fui.

Ma solo io combattea; l'arti straniere

i figli dividean di Cuba e Aiti.

Uniti or siamo, e uniti

vincerem noi.

JARICO

Dove il poter non valga

varrà l'ingegno. E in questa notte istessa

prova ne avrai, quando nel sonno spento

il nemico tu vegga.

ZILIA

Un tradimento!

E Zamoro il consiglia?

E lo sceglie Jarico? ~ Ah! mai non fia

questa mia man d'un traditor mercede.

ZAMORO

Zilia!

JARICO

Ti frena. ~ Omai l'ardire eccede.

Giudice tu de' gravi

disegni nostri esser non déi: ti basti

che questi nodi son giurati ai numi.

ZILIA

Deh! m'odi...

JARICO

Invan presumi

al comun voto opporti... Al ciel ribelle,

nemica al genitor tu non sarai...

Seguimi.

(a Zamoro partendo)

ZILIA

(fermando Zamoro)

Ah! tu mi ascolta.

ZAMORO

Io ti ascoltai.

I tuoi sensi, i detti tuoi

mi han trafitto, o Zilia, il cor;

ma scemar l'ardor non puoi

che v'accese immenso amor.

ZILIA

Pera il dì, che a queste arene

empia sorte ti guidò!

Hai distrutto ogni mio bene,

finch'io viva, piangerò.

ZAMORO

Ami un altro?...

ZILIA

Ah! sì... il confesso...

Amo, adoro un altro oggetto.

ZAMORO

E il tacesti? Ov'è? Chi è desso?

ZILIA

Non cercarlo.

ZAMORO

Oh! qual sospetto!

Forse alcun di quegli alteri

aborriti, e rei stranieri...

Sì me 'l dice il tuo pallore,

me 'l palesa il tuo sospir.

ZILIA

Ah! leggesti nel mio core...

il segreto non tradir.

Insieme

ZAMORO

Cotanto colpevole!

Sì vile tu sei!

Colpite la perfida,

punitela, o dèi,

all'onta, all'ingiuria

sia pari il furor.

ZILIA

Risparmia i rimproveri,

se umano tu sei...

Non farmi più misera,

pietade mi déi...

D'amore son vittima,

perdona ad amor.

ZAMORO

Fuggi, nasconditi

al padre, a tutti.

ZILIA

E vuoi!...

ZAMORO

Quei barbari

veder distrutti,

stringer tua mano,

te posseder...

ZILIA

Empio! Fia vano

il tuo pensier.

Insieme

ZAMORO

Le vane folgori

dell'oriente

saranno spente

dal mio valor.

Alla vendetta

che il cor mi alletta,

gli dèi mi guidano,

mi sprona amor.

ZILIA

Le vive folgori

dell'oriente

non fiano spente

da un traditor.

Di te più forte

l'ispana sorte,

saprà difendermi

dal tuo furor.

(partono)

Scena quinta

Interno del campo di Colombo sulle rive del mare. Veggonsi i navigli castigliani che naufragarono, arenati sulla spiaggia, e su di essi innalzate le fortificazioni. I Castigliani sono tutti sulle navi, rivolti al mare, cercando di scoprire qualche vela, nel lontano orizzonte. Esce quindi Colombo.

CORO

È l'ocean deserto...

non una vela appar...

Lassi! Ci abbandonar

uomini, e sorte.

E tanto abbiam sofferto,

sudato notte, e dì,

sol per morir così

di lenta morte?

Ah! no: fuggiam de' barbari

sulle canoe rapite...

flutti del mar, ne aprite

scampo, o sepolcro almen.

COLOMBO

Dove fuggite?

Compagni di Colombo, e qual vi sprona

disperato consiglio? A certa morte

di gloria priva e da nessun compianta

forsennati correte, e un solo istante

tutto vi toglie, tutto

di cotante fatiche il merto e il frutto.

CORO

E puoi sperarlo tu?

Non lusingarci più...

Fiesco dovea tornar,

navi per noi recar ~ armi, alimenti.

Dov'è costui? Che fa?

COLOMBO

Fiesco spiegato ha già le vele ai venti.

Ei verrà, compagni, il giuro;

a compir verrà l'impresa.

I segreti del futuro

al mio sguardo un dio palesa,

quel gran dio, che un mondo ignoto

a me solo rivelò.

Veggo, ah! veggo uscir dai mari

ampie terre, immensi lidi.

Chi vi reca e leggi e altari?

Chi li toglie a numi infidi?

Fuggi, o volgo, e mi abbandona;

io, sol io vi approderò.

CORO

Ah! siam teco: a noi perdona:

col tuo labbro un dio parlò.

COLOMBO

Sì vi abbraccio, e oblio l'errore

di me degni ancor sarete:

il trionfo dividete

che a Colombo il ciel serbò.

Del destino vincitore,

domator degli elementi

unirò due continenti

che natura separò.

CORO

Per te sol, per tuo splendore

nuovi mondi il ciel creò.

COLOMBO

Ite alle navi, e di fermezza e zelo

date esempio ai minori. In voi son fissi

de' soldati li sguardi, e de' nocchieri.

(il coro parte)

Scena sesta

Colombo, e Diego.

DIEGO

Oh duce! E ancor tu speri

nell'aita di Cuba? E non rammenti

qual ria mercé ti diede

di un mondo che acquistò Castiglia ingrata?

COLOMBO

Quella che ai sommi in ogni terra è data,

degli infimi il livore,

sventura, e povertà... Non io me n' dolgo...

Fia maggiore il trionfo a me serbato.

O terra ov'io son nato,

cui far dono d'un mondo io non potei,

a te pure fian gloria i mali miei.

(musica)

Qual suon?

(Diego accorre)

DIEGO

Festivo stuolo

di donzelle si appressa, e del cacico

reca i presenti a noi.

COLOMBO

Grata accoglienza

trovi il drappel cortese, e ne riporti

in guiderdone anch'esso i doni nostri.

(O celeste favore ancor ti mostri!)

(partono)

Scena settima

Suonano le trombe del campo, escono a poco a poco tutti i Castigliani. Le Donne indiane si avanzano al suono de' barbari strumenti, recando frutti, cacciagione, ecc. I Castigliani si uniscono ad esse, e cambiano regali di specchi, campanelli, e grani di vetro coloriti.

INDIANE

Per voi grappoli, e poma odorose

il palmizio, ed il cocco produce;

per voi l'astro che lieto ne luce

li dipinge dì vaghi color.

Di Maima ve gli offron festose

le donzelle in tributo d'onor.

CASTIGLIANI

Per voi nuovi di gioia strumenti

l'arte industre di Europa compone,

per voi reca brillanti corone

un naviglio dell'onde signor.

Di Castiglia ve gli offron contenti

i guerrieri qual pegno d'amor.

TUTTI

Viva, viva chi vinse primiero

d'acque immense gli abissi profondi,

chi le rive appressò dì due mondi,

e gl'ignoti tesori ne apri!

Nodo eterno d'amore sincero

sempre uniti li tenga così!

Intrecciano lieta danza, e dopo aver rinnovato il cambio de' regali si dividono con tutte le dimostrazioni d'amicizia. ~ Esce Fernando, e si compiace dello spettacolo.

Scena ottava

Fernando, indi Zilia.

FERNANDO

L'opra tua, mio ben, ravviso:

il tuo cor per noi vegliò:

cara Zilia, è un tuo sorriso

il piacer che qui brillò.

Ah! per noi sembrò natura

collocarti in questo orror,

come stella in notte oscura,

come speme nel dolor.

(esce Zilia frettolosa e anelante. Si aggira intorno pe 'l campo, e si avviene in Fernando)

ZILIA

Ti trovo alfin!

FERNANDO

O Zilia mia!

ZILIA

(si abbandona nelle sue braccia)

Ch'io possa

nel tuo sen respirar!

FERNANDO

Affannosa così, Zilia, tu sei!

ZILIA

Lo spavento fu guida ai passi miei.

Se cara ti son io, fuggi, mi segui...

Non ti arrestar... a noi securo asilo

del deserto saran gli antri profondi.

FERNANDO

Fuggir! Qual mai nascondi

tremendo arcano! Che ti avvenne? Parla.

ZILIA

Sventura orrenda... e non poss'io svelarla.

Vieni... la notte è presso

che coprirà pietosa i nostri passi

per ascoso sentier.

FERNANDO

Che teco io fugga?

Che il padre io lasci? E puoi sperarlo?

ZILIA

Ed io

tradisco il padre mio,

patria, numi per te...

FERNANDO

Che sento?

ZILIA

Ahi lassa!

Che dissi? Che parlai?

Non dimandar di più... Vieni.

FERNANDO

Giammai.

ZILIA

Sappi che un tradimento

è tramato in Maima...

FERNANDO

Oh ciel!

ZILIA

Che tutti

cadrete spenti... che il nemico armato

le faci e i dardi nella selva appresta.

FERNANDO

Si prevenga, si voli...

(dividendosi da lei)

ZILIA

(per arrestarlo)

Odimi.

FERNANDO

Resta.

ZILIA

Mentre corri, o sciagurato,

a salvar le ispane squadre,

a privar mi vai d'un padre

in mercé di mia pietà.

FERNANDO

Ed io pur d'un padre amato

veggo i giorni in rio periglio:

nel mio sen pietà di figlio

più che amor parlando va.

ZILIA

Ah! nel mio parlò più forte

questo amor, che mi ha tradita.

FERNANDO

Ne avrai premio...

ZILIA

Ne avrò morte.

Già gli dèi me ne han punita.

Vanne... compi il tuo dovere...

Io... mai più non ti vedrò.

FERNANDO

Che mai dici? Oh! qual pensiere!

Mia vivrai...

ZILIA

No... tua morrò.

Insieme

ZILIA

Udrai fra poco un gemito

fioco suonar sul vento...

Questo, o crudel, di Zilia

fia l'ultimo lamento...

Con un sospir rispondimi...

né ti scordar di me.

FERNANDO

Oh! di che triste immagini

ti ingombra il tuo spavento?

Vivrai, vivrai, mia Zilia,

per tuo, per mio contento...

Noi non dobbiam dividerci...

sempre io sarò con te.

ZILIA

Addio per sempre.

FERNANDO

Arrestati.

Non partirai...

ZILIA

Mi lascia.

FERNANDO

Vieni, se m'ami.

ZILIA

Oh! ambascia!

FERNANDO

Vieni a Colombo.

ZILIA

Ah! no.

Insieme

FERNANDO

Divido il terrore

che l'alma ti preme:

orrendo sul cuore

sospetto piombò...

Vederti partire,

lasciarti non so.

ZILIA

Di vita, d'amore

svanita è ogni speme...

de' numi il rigore

già me condannò...

Mi lascia fuggire,

lo chiedo, lo vo'.

FERNANDO

Vederti partire,

lasciarti non so.

(Fernando la tragge seco a viva forza nel campo castigliano)

Scena nona

Vasta foresta presso il campo di Colombo. D'ambi i lati profonde caverne. Il sole è al tramonto.
Jarico, solo, indi coro d'Indiani d'ambo i sessi.
Escono dalle grotte i Guerrieri armati di picche, e le Donne di faci.

JARICO

Regna silenzio intorno,

tranquillo è il campo ispano:

coperto è il grave arcano

d'impenetrabil vel.

Volgi all'occaso, o giorno,

cedi alla notte il ciel.

Uscite... uscite... e tosto

faci apprestate, e dardi:

già pe 'l sentiero opposto

Zamoro al varco sta.

CORO

Andiam: noi pigri, e tardi

Zamoro non vedrà.

(si prostrano a pregare)

TUTTI

O numi custodi

de' patri deserti,

celati, coperti

guidate i guerrier.

Al passo dei prodi

aprite il sentier.

(sorgono, e si avviano per partire; odonsi da lontano frequenti colpi di cannone: ritornano indietro sbigottiti)

JARICO

Ma dell'Europa il fulmine

s'ode scoppiar da lunge...

CORO

Qual calpestio? Chi giunge?

Zamoro!...

JARICO

Amico!

TUTTI

Tu!

Scena decima

Zamoro, con Guerrieri indiani, e detti.

ZAMORO

Noi siam perduti.

TUTTI

Ahi miseri!

Che avvenne mai? Che fu?

(tutti lo circondano)

ZAMORO

Insiem ristretti e taciti

noi scendevam dal monte;

già ci sorgean de' barbari

le vaste navi a fronte,

non un rumore udivasi,

tutto parea dormir...

Quando improvviso scalpito

dietro ci udiam sui culmini;

dei castigliani scoppiano

spessi d'innante i fulmini:

le prime schiere cadono

al grandinar terribile;

l'altre atterrite arretrano,

cominciano a fuggir.

TUTTI

Gli dèi, gli dèi puniscano

chi ci poté tradir.

Scena undicesima

Odesi dappresso fragor di tamburi. Escono i Castigliani guidati da Colombo, da Fernando e da Diego.

ZAMORO

Giunge il nemico!... Oh rabbia!

Care vendiam le vite.

(per azzuffarsi)

COLOMBO

Fermate! ~ Invano, o miseri,

quell'armi ancor brandite...

Armi impotenti, e frali

son l'aste, e son gli strali

contro il poter del fulmine

che incenerir vi può.

Del violato ospizio

farà vendetta il cielo.

Sul vostro capo, o perfidi,

già piomba l'igneo telo...

Tremate... A me prostratevi

ancor lo arresterò.

ZAMORO

Prostrarci noi?

JARICO

Noi cedere!

INDIANI

All'armi!

CASTIGLIANI

All'armi!

Scena dodicesima

Zilia, e detti.

ZILIA

(precipitandosi in mezzo)

Ah! no.

Me primiera, me ferite...

Il mio sangue al loro unite...

Della vita a voi salvata

premio sia la morte a me.

ZAMORO E JARICO

Ciel! La trama hai tu svelata!

TUTTI GLI INDIANI

Traditrice! Infamia a te!

(tutti si allontanano da lei: essa rimane in mezzo inorridita)

Quadro generale.

Tutti.

Insieme

ZILIA, ZAMORO, JARICO E CORO DI INDIANI

Ah! non eri, oppresso core,

preparato a tal momento.

Sciagurata! Un gel d'orrore

a que' detti in cor mi sento.

Giusti dèi, quel tradimento

l'ira vostra punirà.

FERNANDO, DIEGO, COLOMBO E CORO DI SPAGNOLI

Per pietà del suo dolore

dona agli empi il tradimento.

Ah! sia spento il lor furore,

come il mio nel seno è spento.

Rendi, o ciel, costei strumento

di concordia e di amistà.

COLOMBO

Di un'innocente al pianto

concedo a voi perdono.

ZAMORO

No, non avrai tal vanto

noi ricusiamo il dono.

Tu delle nostre vergini

ci hai tolta la più nobile,

versato sulla patria

eterno disonor.

ZILIA

Misera me! Calmatevi.

ZAMORO E JARICO

Scostati: orror mi fai.

COLOMBO E FERNANDO

E pretendete?...

ZAMORO

Opprimerti.

Nemici ognor ne avrai.

COLOMBO

Superbi al par che barbari,

vicino è il vostro eccidio:

io passerò qual turbine

su voi devastator.

TUTTI

Un'ira, un foco, un fremito,

un lutto, un gelo, un tremito,

mille pensier terribili

presagi e dubbi orribili

tormentano ~ spaventano,

opprimono il mio cor.

Insieme

ZILIA

(a Jarico e a Zamoro)

Deh! voi, deh! voi schiudetemi

l'abisso punitor...

COLOMBO E FERNANDO

(a Zilia)

Ti calma, e in sen ricovrati

un campo protettor...

ZAMORO

(a Zilia)

Sì, morte avrai terribile

dovuta a tanto error.

CORO

(gli uni e gli altri)

Tremate: è presso a scendere

il fulmin punitor.

Insieme

ZILIA

(a Jarico e a Zamoro)

La pena ancor sospendere

è pena, o dèi, maggior.

COLOMBO E FERNANDO

(agli indiani)

Chi lei si attenta offendere

paventi il mio furor.

JARICO

(ai castigliani)

Saprem vendetta prendere

di voi superbi, ancor.

CORO

(gli uni e gli altri)

Tremate: è presso a scendere

il fulmin punitor.

TUTTI

Un'ira, un foco, un fremito,

un lutto, un gelo, un tremito,

mille pensier terribili

presagi e dubbi orribili

tormentano ~ spaventano,

opprimono il mio cor.

Atto secondo
Scena prima

La decorazione rappresenta l'interno della capitana di Colombo.
Colombo.

COLOMBO

Già corse il sangue... Oh! inefficaci sforzi

per impedirlo! Oh! con che tristi auspici,

terra del nuovo mondo, io ti ho scoperta!

Quale all'Europa aperta,

ampia via di delitti! Ah! sul mio capo

non riversarli tu, cielo clemente!

Ah! rimanga di me fama innocente!

Scena seconda

Colombo. Diego, e Ufficiali castigliani.

COLOMBO

Ebben ritratti al campo

son tutti, o Diego?... Non rispondi? Al suolo

ciascun di voi fisa smarrito il ciglio!

Parlate. Chi mancò?

DIEGO

Fernando.

COLOMBO

Il figlio!

CORO

Da' suoi guerrier diviso,

fu colto dal nemico.

Sollecito l'avviso

ne invia l'altier cacico.

Intorno al messaggero

si affolla il campo intero,

e il duolo e lo spavento

a lui celar non sa.

COLOMBO

(scuotendosi)

Non io pavento...

Tal dell'armi è la sorte, e tal la corre

ne' cimenti il guerrier, qualunque ei sia.

Alla presenza mia

guidate il messagger, e il mio coraggio

quello ravvivi delle afflitte squadre.

(Diego e gli ufficiali partono)

Scena terza

Colombo.

Piangi, or piangi non visto, o cor del padre.

Pietoso ciel, se vittima

il figlio mio segnasti,

dammi virtù che basti

il colpo a sostener.

Alcun s'avanza...

Il messagger nemico... alma costanza.

Scena quarta

Zamoro, e Colombo.
Soldati castigliani, che si schierano da un lato, Guerrieri indiani, che formano un gruppo dall'altro.

ZAMORO

Hanno i lor numi anch'esse

quest'isole, o stranier, numi possenti,

che degli umani eventi,

tristi o lieti che sian, reggono il freno;

e a te palesi oggi son fatti appieno.

Come silvestre belva

del cacciator nei lacci, essi han sorpreso

il figlio tuo.

COLOMBO

Mi è noto. Alle sventure

soggiace al par del vile anco il più forte.

ZAMORO

Già la canzon di morte

sta sciogliendo in Maima, ove il riscatto

da te compro non sia.

COLOMBO

Parla. A qual patto?

ZAMORO

Zilia è in tua man, l'infida,

la traditrice Zilia... Essa è votata

della notte agli spirti: a noi la rendi,

e la vita del figlio abbiti in dono.

(Colombo tace vivamente commosso)

Decidi... A che ti stai?

Render Zilia vuoi tu?

COLOMBO

No, non l'avrai.

COLOMBO

Io promisi alla vergine oppressa

nel mio campo difesa e sostegno.

Il mio nume del giuro fu pegno,

né tradito il mio nume sarà.

ZAMORO

E noi pure solenne promessa

femmo a dèi venerandi del pari.

Una vittima attendon gli altari,

e trafitto il tuo figlio cadrà.

COLOMBO

Ei trafitto!

ZAMORO

Sì: pensaci, e trema.

COLOMBO

Non fia mai.

ZAMORO

Chi potrebbe vietarlo?

O risolvi, o mi affretto a svenarlo.

COLOMBO

Odi... (Oh! pena ch'eguale non ha!)

Insieme

COLOMBO

(Lascerò perir così

chi soccorso a noi prestò?

A salvar d'un figlio i dì,

crudo padre indugerò?

Cielo, imploro in tanto orror

un tuo raggio protettor.)

ZAMORO

(A salvar d'un figlio i dì

dubbio ancor costui vedrò?

Né colei che mi tradì

di mia man punir potrò?

Numi inulti, offeso amor

secondate il mio furor.)

COLOMBO

No: compiuto il sacrifizio

non sarà sull'innocente.

ZAMORO

Testimon del suo supplizio

fia la luna in ciel sorgente.

COLOMBO

Guai tre volte! Guai per voi!...

Saran morti i raggi suoi,

e la pallida sua faccia

d'atro vel si coprirà.

ZAMORO

Vana e inutile minaccia!

COLOMBO

Alme ree, si compirà.

Seguito dall'ire

degli astri superni,

le colpe a punire

Colombo verrà.

ZAMORO

Difesa, protetta

da' numi paterni,

del sangue vendetta

Maïma farà.

COLOMBO E ZAMORO

Il sol che fra poco

tramonta ne' flutti,

estremo per tutti

fatale sarà.

(partono)

Scena quinta

Interno delle abitazioni dei Selvaggi, ove custodiscono i loro prigionieri.
Fernando.

Stanco da tanti affanni, avrai tu core,

misero genitore,

che la perdita mia soffra da forte?

O per sottrarmi a morte,

acconsentir potrai

all'infame proposta? Ah! no: giammai.

Zilia! Innocente Zilia! Oh! a me comparsa

in questo suol selvaggio

come fra l'ombre un raggio ~ avrai salute.

Privo il mondo non fia di tua virtute.

Vivi, diletta amica,

vivi i miei giorni e i tuoi.

Dolce pensier ti dica

che riveder mi puoi:

e dissipato il velo,

che ti nasconde il cielo,

a me t'innalzerai

sull'ali dell'amor.

Scena sesta

Fernando, Jarico, Zamoro, e Ufficiali indiani.

JARICO

La tua canzon di morte

incomincia o straniero. I nostri numi

di folta nebbia ingombro hanno lo spirto

del padre tuo. Cieco e crudele insieme

segno ei ti lascia di Maima all'ire,

e la colpevol Zilia a noi ricusa.

FERNANDO

Alla virtù non usa,

la punisca Maima. Il mio supplizio,

qualunque ei sia, prepari; io no 'l pavento.

ZAMORO

E sarai pago: ei fia crudele e lento.

Olà, di nodi avvinto

sia tratto al tempio; e il castigliano sangue

lavi la macchia di Maima offesa.

Scena settima

Zilia, Cori, e detti.

ZILIA

Quel di Zilia versate: ella vi è resa.

FERNANDO

Chi veggo?

ZAMORO

(Oh! gioia!)

FERNANDO

(correndo a lei affannato)

E abbandonarti, ingrato

poté Colombo?

ZILIA

(con mistero)

Ed io potea lasciarti

perir per me?

FERNANDO

Che mai facesti, o cruda?

ZILIA

Il mio dover compiei.

FERNANDO

Dover funesto!

ZILIA

Deh! taci, e parti.

(sciogliendosi da lui)

FERNANDO

(con forza trattenendola)

Ah! no spietata; io resto.

Non pensar ch'io compri mai

col tuo sangue i giorni miei:

se perir per me tu déi,

deggio anch'io perir per te.

JARICO

Sian divisi.

ZAMORO

Parti.

CORO

Assai

per te rea costei si fe'.

(sono divisi)

FERNANDO

Mi lasciate.

TUTTI

Parti, o trema.

FERNANDO

Zilia! Zilia!

ZILIA

Ah! fuggi... Addio.

(è tratta altrove)

FERNANDO

Mi è rapita... Oh! pena estrema!

Né salvarla, oh! ciel poss'io?

Ah! se morte a me negate,

alme inique paventate,

io vivrò per vendicarla,

per punirvi ancor vivrò.

TUTTI

Esci... Parti... A noi sottrarla

braccio umano omai non può.

FERNANDO

Ah! qual astro risplendea,

caro bene, al nostro amor?

Sol contenti promettea,

non serbava che dolor.

(lo guidano via minacciosi)

Scena ottava

Jarico, e Zamoro.

JARICO

A radunar de' vegli,

e de' sacri indovini il venerando

gran consesso m'invio. ~ Veglia sull'empia,

Zamoro, tu... Meglio del padre il puoi.

ZAMORO

Veggo negli occhi tuoi

lo scompiglio del cor... Io ti compiango...

Io sospiro con te: meno infelici

non ci rende vendetta.

JARICO

Un breve istante

a me parli natura, a te l'amore...

ma taccian poscia, e sol favelli onore.

(parte)

Scena nona

Zamoro, indi Zilia.

ZAMORO

Ah! non è morto, il sento,

no non è morto amor... Ad onta ancora

dell'ira mia feroce,

innalza in me la sua possente voce.

Oh! Zilia! Un'altra volta

ceder mi è forza; abbandonarti a morte

né vo', né posso, né mirar fra l'ombre

tanta beltà per mia cagion sepolta.

(apre il recinto ove Zilia è stata rinchiusa)

Zilia!

ZILIA

Zamoro!... A che mai vieni?

ZAMORO

Ascolta?

Vittima ai neri spirti

tratta sarai fra poco... Io non ho core

di lasciarti perir... Salvarti io voglio...

e il posso io solo, e in più felici arene,

ove il poter non giunga

de' tuoi fieri custodi,

meco guidarli illesa.

ZILIA

Io teco!

ZAMORO

Ah! m'odi.

Non tentata segreta isoletta

io conosco ne' mari lontani:

là dall'onde e dai boschi protetta,

scorderai l'universo con me.

Qual ruscello per piaggia fiorita

scorrerà la tua placida vita;

sorgerà per te lieta ogni aurora,

fia serena ogni sera per te.

ZILIA

Va'... più bene per Zilia non v'è.

ZAMORO

Io beato d'un solo tuo sguardo,

frenerò del mio labbro i sospiri:

non dirò, come peno, com'ardo,

finché il cor non ti parli per me.

Come vento su colle romito

gemerò, piangerò non udito,

fino al dì che obliato il rivale

la mia fede trionfi di te.

ZILIA

Va... più amore per Zilia non v'è.

ZAMORO

Odi ancora...

ZILIA

Deh! va': non t'ascolto.

ZAMORO

Vieni, o barbara.

ZILIA

Invano lo speri.

(musica da lontano)

ZAMORO

Il consesso de' padri è disciolto...

A cercarti son mossi i guerrieri...

Sei perduta, se indugi un momento...

Cedi, ah! cedi...

ZILIA

Io rimango a perir.

ZAMORO

Ostinata! Rinascere io sento

di vendetta più fiero il desir.

Scena decima

Coro di Guerrieri indiani, e detti.

CORO

La colpevole al tempio tu guida:

morte, morte d'intorno si grida...

i vegliardi, ed i sacri indovini

la sentenza fatal proferir.

ZAMORO

Zilia!... Oh! Zilia!

ZILIA

Io son pronta a morir.

ZAMORO

A morte va ~ poiché la morte

di provocar ~ hai l'ardimento:

di mia pietà ~ vergogna io sento;

il mio furor ~ più fren non ha.

TUTTI

A morte va.

ZAMORO

Non men fatal ~ sarà la sorte

del mio rival ~ da te diletto;

straziato ognor ~ da un vano affetto,

mai più, mai più ~ riposo avrà.

TUTTI

A morte va.

(partono)

ZAMORO

(O debol cor ~ di te più forte

fa strazio amor ~ che mai non tace.

Ah! s'ella muor ~ non ho più pace,

ogni mio ben ~ con lei morrà.)

Deh! riedi in te ~ ti prego ancora...

Se non di me ~ di te pietà.

Rispondi almen. ~

ZILIA

Andiam ~ si mora.

ZAMORO

Oh! insano ardir! ~

TUTTI

A morte va.

ZAMORO

A morte va ~ poiché la morte

di provocar ~ hai l'ardimento,

di mia pietà ~ vergogna io sento,

il mio furor ~ più fren non ha.

TUTTI

A morte va.

(Zilia è condotta via fra i guerrieri; Zamoro la segue furente)

Scena undicesima

Recinto sacro che mette al sotterraneo dedicato agli dèi di Maima, la di cui apertura vedesi in mezzo.
Il luogo è aperto nel fondo, e da lontano scopresi il mare. È notte. Il cielo è sereno e stellato, e a poco a poco si leva la luna.

Al suono di lugubre musica escono gl'Indiani d'ambo i sessi in processione. Séguono gl'Indovini, e i Vegliardi col capo coperto, e con ramoscelli in mano, e si arrestano tutti all'apertura del sotterraneo, e cominciano un rito, girando intorno ad essa, e formando una specie di danza sacra. Intanto si canta il seguente coro:

DONNE

Stella del nostro ciel,

d'oscuro vel

ti cingerai?

UOMINI

Fiore del patrio suol,

diletto al sol

più non sarai?

TUTTI

Già ti preme, ti flagella

fosco nembo struggitor.

Orbo il ciel tu lasci, o stella,

spoglio il suol tu lasci, o fior.

DONNE

Lassa! A tentar mai più

non verrai tu

gli antri segreti?

UOMINI

Ti vedrem più gittar

in riva al mar

gli ami e le reti?

TUTTI

Ah! spezzato il tuo bell'arco,

giù dal balzo penderà.

Il tuo schifo ignudo, e scarco,

sull'arena giacerà.

(gl'indovini e i vegliardi scendono nel sotterraneo)

Scena dodicesima

Zilia in mezzo ai Custodi, Jarico con Guerrieri.

JARICO

Pria che i notturni spirti

chiamin tre volte dal profondo speco,

che sepolcro le fia, l'empia donzella,

sola si lasci, e con sospiri e preci

tenti placar, se il può, gli offesi dèi.

ZILIA

Ah! padre mio!...

JARICO

Più figlia mia non sei.

Disonorato, o indegna,

hai per sempre Jarico... Hai di Maima

la sventura compita.

ZILIA

Emenda, io ne farò co' la mia vita,

ma deh! di pace un segno,

un segno di pietà non ricusarmi

in questi amari istanti, e mi perdoni,

se no 'l puote il cacico, il padre almeno.

JARICO

Ei non è più... Gli trafiggesti il seno.

(partono tutti)

Scena tredicesima

Zilia.

Addio ridenti sogni

della mia gioventù, giochi innocenti

de' lieti giorni! E a voi pur anche, o voti

di sereno avvenir, per sempre addio!

Non mi resta che il pianto, e l'amor mio.

Ah! fossi almen sepolta

lungo il mare, o Fernando, o sovra il colle

che ancor ripete i tuoi sospiri e i miei!

D'una lagrima tua conforto avrei.

Ma fia bassa, fia profonda

la magion del mio riposo:

del mio letto tenebroso

sulla sponda,

niun mortal seder vedrò.

CORO

(sotterraneo)

Zilia!... Il ciel ti condannò.

ZILIA

Già mi chiama, già m'abbraccia

dell'abisso il sen mugghiarne.

Ah! mi stendi un solo istante

le tue braccia,

mi ritieni, amato ben.

CORO

(sotterraneo)

Zilia!... Scendi alle ombre in sen.

ZILIA

Prega, ah prega il tuo gran nume

che mi rechi in parte almeno,

ove a me d'un sol baleno

splenda il lume,

ove a me ti sveli ancor.

CORO

(sotterraneo)

Zilia!... Scendi a eterno orror.

Scena quattordicesima

Gli Indovini, e i Vegliardi ricompariscono dal sotterraneo.
Ritorna Jarico, con Zamoro, e séguito degli Indiani.

JARICO

Poiché gli dèi parlar, poiché la terra

già spalanca le fauci ad inghiottirti,

scendi ai notturni spirti,

e sepolta con te l'onta rimanga

della patria e del padre.

TUTTI

Addio per sempre,

Zilia infelice, addio!

ZILIA

Padre... compagne...

un solo amplesso ancora...

Almen, l'ultimo amplesso. Ah! no 'l negate

assai punita io sono...

o compagne, pietà... padre, perdono.

Scena quindicesima

Colombo, Fernando, Castigliani e detti.

COLOMBO, FERNANDO E CASTIGLIANI

Barbari, vi arrestate:

Zilia non morirà.

INDIANI E ZILIA

Cielo!

ZAMORO

Superbi,

aborriti nemici,

a che venite voi? Così sfidarci

osate ancora in questo sacro asilo,

in faccia ai nostri dèi?

COLOMBO

Polve ed ombra son essi agli occhi miei.

Il sacrifizio atroce

non compirete, o crudi. Il rito orrendo

aborre il cielo, e da Maima il guardo

ritorcono le stelle inorrite.

ZAMORO

Guerrieri, non udite

le sue vane minacce. Arti son queste,

arti mendaci della rea Castiglia.

COLOMBO

Innalzate, o protervi, al ciel le ciglia.

(il cielo comincia ad oscurarsi, e la luna si eclissa)

Di sanguinoso ammanto

già si copron dell'aria i campi immensi,

grave d'ignei vapor l'aura già spira.

I raggi tuoi ritira,

ti oscura, o luna, ed il furor supremo

annunzi all'India il tuo fulgore estinto.

INDIANI

Oh prodigio! oh! terror!

FERNANDO

(Oh gioia!)

COLOMBO

(Ho vinto.)

Tutti.

Insieme

ZILIA

O nume possente,

che al guardo mi sveli

gli arcani de' cieli,

degli astri il tenor,

commovi clemente

de' barbari il cor.

COLOMBO, FERNANDO E CASTIGLIANI

O nume possente,

che al guardo gli sveli

gli arcani de' cieli,

degli astri il tenor,

commovi clemente

de' barbari il cor.

JARICO, ZAMORO E INDIANI

O luna morente,

che al guardo ti veli,

che i campi de' cieli

ricopri d'orror,

d'un nume possente

annunzi il furor.

Insieme

ZAMORO E INDIANI

A tanto portento,

che miro, che sento

va l'alma smarrita

fra l'ira, e il terror.

ZILIA E CASTIGLIANI

Dipende da questo

momento funesto

la pace, la vita

la speme, l'amor.

TUTTI

O nume possente,

o luna morente,

che al guardo ti veli,

che i campi de' cieli

ricopri d'orror,

d'un nume possente

annunzi il furor.

JARICO

Tremendo e forte, il confessiamo, hai teco

uno spirto, o stranieri; ma di Maima

son pur forti gli dèi: non irritarli,

né toglier loro i sacri riti e l'are.

ZAMORO

Parti, rivarca il mare,

e ci lascia seguir liberi e lieti

de' nostri avi le leggi, e gli usi antiqui.

COLOMBO

Barbare leggi, usi crudeli e iniqui,

anzi ch'io parta, il giuro,

spariran da Maima.

ZAMORO

Ah! voi primieri,

voi sparirete. Se non valgon l'armi,

vi distrugga la fame, e i frutti suoi

vi neghi il suol che devastar tentate.

Odonsi colpi di cannone. Tutti si rivolgono al mare. Si presenta una flotta castigliana. La luna ricomparisce più brillante.

TUTTI

Qual rumor! Che sarà?

COLOMBO

Stolti!... Mirate.

Ecco le attese navi, ecco il soccorso

che Castiglia m'invia. L'astro notturno

la sua luce riveste, e il glorioso

vessillo del mio re lieto saluta

co' sereni suoi rai.

Scena ultima

Giunge frettoloso Diego dalla spiaggia. Sbarca Fiesco con numeroso stuolo di Castigliani, al suono di banda militare, e al fragor dell'artiglieria.

DIEGO

Fiesco ritorna

e navigli, e nocchieri a te conduce.

COLOMBO

Fiesco!... Mi abbraccia.

FIESCO

Io mi ti prostro, o duce.

Alfin la tua virtude

trionfò dell'invidia, e a te del paro

grande ne' tristi che ne' lieti casi,

coll'universo intier, plaude Castiglia.

CASTIGLIANI

Viva Colombo!

ZILIA E FERNANDO

Oh gioia!

INDIANI

Oh meraviglia!

COLOMBO

Oh! Tu che tanto mare

per me varcasti, quando il mondo ingrato

mi abbandonava, o genovese illustre,

o mio concittadin, vivrai famoso

finché vivrà Colombo appo le genti.

Sciogliam le vele ai venti

compagni un'altra volta, e nuovi regni

usciranno dai flutti innanzi a questo

respinto invano dallo spirto avverso

vessillo redentor dell'universo.

(prende la bandiera dalle mani di Fiesco, e la pianta in mezzo alla scena)

Di mia mano o santa insegna,

io ti pianto in questo suol.

Trionfale ognor qui regna

finché in ciel risplenda il sol.

E tu popolo feroce,

tu redento dall'error,

ti ripara all'alma croce,

vieni all'ombra dell'amor.

JARICO, ZAMORO E INDIANI

Sì, vincesti... in te ragiona,

in te spira un dio verace.

Tu gli eccessi a noi perdona

dell'inganno, e del furor.

SPAGNOLI E INDIANI

Ci raccolga uniti in pace

il vessillo salvator.

TUTTI

Pure stelle, ai giuri nostri

raddoppiate di splendore:

degno è il cielo spettatore

di due mondi all'amistà.

Santa al par de' raggi vostri

questa pace durerà.

COLOMBO

(a Zilia)

Tu che nel mio periglio

tanta mi fosti aita,

che per salvarmi un figlio,

desti riposo, e vita,

da me, da lui partita

tu non sarai mai più.

Vieni, e all'Europa addita

che innata è la virtù.

ZILIA E FERNANDO

Oh! generoso!

CASTIGLIANI

Oh! nobile!

INDIANI

Pari agli dèi quaggiù!

COLOMBO

Di un mondo scoperto

fra tante fatiche,

mi scemino il merto

congiure nemiche:

il vanto, il contento

d'averlo redento

l'invidia degli uomini

rapirmi non può.

Abbiate, o superbi,

potenza e tesori:

a me si riserbi

l'impero de' cori:

se a me no 'l consente

l'etade presente,

più santo dai posteri,

eterno l'avrò.

TUTTI

Oh! chiara e beata

fra quante il sol vede

la terra onorata

che cuna ti diede!

Morran degl'imperi

i fasti guerrieri,

sui regni possenti

l'oblio siederà.

La terra felice

che t'era nutrice,

diletta alle genti

eterna vivrà.

Variante

Per soddisfare all'attrice che rappresenta il personaggio di Zilia, si sostituiscono al recitativo della scena XIV dell'atto II i seguenti versi.

Dopo quelli cantati da tutti:

JARICO

Poiché gli dèi parlar, poiché la terra

già spalanca le fauci ad inghiottirti,

scendi ai notturni spirti,

e sepolta con te l'onta rimanga

della patria e del padre.

TUTTI

Addio per sempre,

Zilia infelice, addio!

ZILIA

Tu taci!... Me discacci!... Ah padre mio!

Io non chiedo a te la vita,

peso inutile per me:

chiedo solo che aborrita

io non parta almen da te.

Voi piangete la mia sorte,

se non piange il genitor.

O compagne, è oblio la morte

d'ogni offesa e d'ogni error.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/05/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40 (W)

Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena ultima Variante