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Ero e Leandro

ERO E LEANDRO

Tragedia lirica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Arrigo BOITO.
Musica di Giovanni BOTTESINI.

Prima esecuzione: 11 gennaio 1879, Torino.


Personaggi:

ERO sacerdotessa di Venere

soprano

LEANDRO d'Abido

tenore

ARIOFARNE arconte di Tracia e re dei sacrifici

basso


Sacerdotesse, Sacerdoti, Marinai, Pugili.

La tragedia ha luogo a Sestos, città marinara della Tracia, in riva all'Ellesponto.
Tempi eroici.


Prologo

Canto la storia di Leandro e d'Ero,

su cui son tanti secoli passati,

amorosa così, che nel pensiero

ritornerà de' tempi ancor non nati,

eterna come il duol, come il mistero

d'amore che ne fa mesti e beati,

fiore di poesia, tenero fiore

che, irrorato di lagrime, non muore.

Canto pei cuori innamorati, canto

per gli occhi vaghi e per le guance smorte,

per quei ch'hanno sorriso e ch'hanno pianto

in un'ora di vita ardente e forte.

L'antico amor ch'io narro fu cotanto

che sfidò il mare, i fulmini e la morte.

Udite il caso lagrimoso e fero,

canto la storia di Leandro e d'Ero.

Atto primo

Nel fondo un lato del portico annesso al tempio di Venere, a sinistra la facciata del pronao. La scena è a cielo scoperto. Mirti, cipressi, platani, oleandri verdeggiano davanti alle colonne e da tutti i punti della scena. Nel mezzo la statua di Venere, a destra la statua di Apollo. La porta del pronao è aperta, vi sarà un'ara ardente sulla soglia. Nel fondo attraverso un intercolonnio del portico e dove le fronde si diradano si vedrà un lembo di mare tranquillo e d'orizzonte; la stella Venere brillerà sul mare. Ricorrono le afrodisie, festa della dea. All'alzarsi della tela il Coro è in parte chino, in parte prostrato verso la porta del tempio adorando. Sulla soglia del tempio sono disposte delle ghirlande, delle offerte votive, dei calici d'oro, delle conchiglie, dei rami di mirto; tre tempieri ed un neòcoro staranno sulla porta del pronao ad alimentare il fumo dell'incenso. Luce d'alba.

Scena prima

Coro
Sacerdotesse, Marinai.

SACERDOTESSE

Venere Urania.

MARINAI

Venere marina.

SACERDOTESSE

Ciprigna.

MARINAI

Citerea.

SACERDOTESSE

Afrodite!

MARINAI

Astartea.

SACERDOTESSE

Stella!

MARINAI

Regina!

TUTTI

Dèa!

L'inno s'innalzi per le vie dell'etra

col fumo della mirra e dell'incenso,

col suon che vibra dall'eterna cetra

dell'orbe immenso,

e colle visioni

dell'estasi e col vol

de' fatidici alcioni,

e coll'aurora fulgida del sol.

SACERDOTESSE

Te beata! cantiam, trionfatrice

de' numi e de' mortali, a noi tu guata

dalla tua sfera ridente e felice,

o dèa beata!

MARINAI

Le labbra d'amorosa aura cocenti

ai baci arguti e alle blandizie incita,

ingentilisci i giorni oscuri e lenti

di nostra vita.

TUTTI

Scendi, Venere, scendi infin che lude

la moribonda voluttà del canto.

Delle tu forme sfolgoranti e nude

svela l'incanto

e per le azzurre linfe

e per l'azzurro ciel

vengan teco le ninfe,

l'Amor, le Grazie dal fluente vel.

La scena si sarà rischiarata.

Scena seconda

Ariofarne, Ero, Leandro, Marinai, Sacerdotesse.

Fanfara sacra. Entra Ariofarne; lo seguono Ero con alcune Sacerdotesse, Leandro coi Pugili, vestito all'asiatica. Tutto il Coro si prostra ad Ariofarne che s'arresta davanti alla statua della dèa, imponendo silenzio alla fanfara.

ARIOFARNE

Cessin gli squilli ed alle sacre trombe

sacro segua il silenzio. Si ridesta

già l'alba in ciel, e l'ultim'alba è questa

che l'annuo rito celebrar c'incombe.

A un sacerdote.

Porgi il calice d'oro e fino al margo

lo colma di Lièo.

(ad Ero)

Tu il mirto appronta

(alzando il calice e il mirto)

la regina di Gnido e d'Amatonta

propizia sia mentre l'offerta spargo.

Sparge il vino sull'ara.

Spargo, o dèa, d'eletto vino

l'ara e i marmi

e il cratere augusto inclino

sull'altar.

Fra i libami, i fiori, i carmi

col divino

riso, Venere, a bearmi

vien dal mar.

Fa' che s'orni del tuo raggio

la mia fronte;

fa' che splenda in me il miraggio

dell'amor.

Così in vetta all'aspro monte

fra il selvaggio

Dumo, nasce il fonte,

sbuccia il fior.

Or s'inneggi ai mortali. Il tempio e l'urbe

odan la voce mia. V'alzate, o turbe.

(il coro si alza)

All'eroe della cetera e del gladio

(accennando a Leandro)

al vincitor delle afrodisie, al prode

trionfator del combattuto stadio

ergete un'ode;

a Leandro d'Abido.

Ben ei nell'aspra lotta ebbe vaghezza

d'ornar le tempie e d'esaltare al grido

di fama il patrio lido.

Egli vinse Corebo alla carezza

della dorica cetra e vinse al morso

del pugilato il feroce Lacone.

(al coro)

Cantate, o turbe amiche io v'ho precorso.

(a Ero)

Tu, la più bella del leggiadro coro

colla più bella delle tue corone

cingi il crine al garzon, e sia d'alloro.

(Ero depone gentilmente una Corona d'alloro sulla testa di Leandro mentre risuona il seguente coro)

MARINAI

A Leandro d'Abido alloro e palme.

Ei coll'ira del par che coll'amor

rapisce l'alme.

A Leandro d'Abido e palme e allor.

ERO

Coronato di gloria eccoti o forte!

Alteramente il capo tuo si posa

sotto il serto Peneio e le ritorte

fronde di quercia e la vermiglia rosa.

Triste colui che l'ora della morte

vede appressar sulla terrena landa

e che non ha, siccome te, per sorte

di portare sul crine una ghirlanda.

LEANDRO

Coronatrice mia più eletto vanto

giammai quaggiù trionfator non ebbe.

E tanta possa la tua man mi crebbe

che al tuo parlar risponderò col canto.

Piglia la cetra.

M'arde talor disio di cantar l'ira

del divino Pelide

ma la cetra sospira:

Amore! - Allor dello scettrato Atride

prendo a cantar lo scudo e la faretra,

ma ognor la cetra

sospira: Amore! E invano io muto il plettro

e le vocali corde e il canto e il metro insidiatore,

sempre la cetra mia sospira: Amore!

SACERDOTESSE E ERO

E tu canta l'amor, mentre d'intorno

ti pingerem sorrisi

d'intenti visi

e mentre schiara la sua luce il giorno.

LEANDRO

(anacreontica)

Era la notte; ombravano

le nubi erranti e brune,

sui talami e le cune

pioveano i sogni d'or.

Ed ecco al mio tugurio

batte gemendo Amor.

Apri la porta, è torbida

la luna e l'aer crudo;

son fanciulletto e nudo

così non mi lasciar,

fa' ch'io m'avvisi al tiepido

raggio del focolar.

Pietà mi spinse, al pargolo

trassi, ei ver me movendo

né lo vedea, piangendo,

scarmigliato il crin.

Io lo conforto e suscito

la vita al fanciullin.

Ma come appena ei vedesi

del suo dolor discarco,

ecco, ei s'avventa all'arco,

teso ver me lo tien,

scocca la freccia... e il perfido

già mi ha trafitto il sen.

CORO

A Leandro d'Abido alloro e palme!

Ei coll'ira del par che coll'amor

rapisce l'alme.

A Leandro d'Abido e palme e allor!

ARIOFARNE

Ite sacerdotesse a rinnovare

l'offerta della mirra e dell'incenso,

alimenti dell'are,

affinché denso

salga il fumo all'altare.

Correte ad esplorar tutte le zolle

di Rodope, almo colle.

E col bruno amaranto,

colle conchiglie che ci porta il mare,

col molle acanto,

fiorite il tempio; e le argentee colombe

sien olocausto.

Ma finché non s'udran le sacre trombe

vieto il ritornar, sarebbe infausto

qui addurre il piè pria di quel segno.

(le sacerdotesse escono)

~ Io sento

un'aura dolce prenunzia del nume

quasi aliar di ventilate piume.

Questo il momento

è degli uffici arcani.

(a Ero)

Ero, qui resta tu. ~

(ai marinai, al popolo)

Ite profani.

Scena terza

Ero, Ariofarne.

ARIOFARNE

Donna, hai scelto? manifeste

son tue mire? il cor ti mena

alla Venere celeste?

o alla Venere terrena?

Parla.

ERO

Ho scelto. Aspiro all'ombra

del sidereo e casto vel

che il pudico grembo adombra

della Venere del ciel.

ARIOFARNE

Bada o folle! E non paventi

d'Ariofarne il genio fiero?

Tu non sai che fiel diventi

un amor deriso e altero.

(ironicamente)

Tortorella! dal tuo nido

scacci l'avido sparvier?...

Ho gli artigli e ti conquido,

su di te saprò cader.

ERO

(serenamente)

Quella fulgida fiammella

vedi là sul mar che danza?

È di Venere la stella,

è una stella di speranza.

Del suo lume circonfusa

un'aurora al cor mi vien,

una pace ampia e diffusa

in un fulgido seren.

ARIOFARNE

(con ira)

Pensa, pensa, la folgore romba!

Pensa pria che s'arresti la sorte.

ERO

(sdegnosa)

Del tuo bacio men tetra è la tomba,

del tuo riso men buia è la morte.

ARIOFARNE

Son l'arconte possente e selvaggio,

fu più volte il mio sdegno fatal.

ERO

(fa per uscire)

Nulla io temo. M'illumina un raggio

che non spegne possanza mortal.

ARIOFARNE

(la trattiene con forza e con passione)

Ferma! Un ultimo istante. Deh! Aspetta!

Mi sorridi, sembiante divin!

Vuoi vendetta od amore?

Con cupa solennità.

ERO

Vendetta!

ARIOFARNE

(con accento fatale)

È segnato il tuo buio destin.

Scena quarta

Ero sola.

(assorta ne' suoi pensieri s'avvia verso l'altare)

Segnato è il mio destin! Ei lo ha segnato,

quell'uom malvagio?

Io folle sono. Il Fato

non è cosa dell'uom. ~ Cerco un presagio.

(vede una conchiglia sacra fra le offerte dell'altare, la coglie, la scruta religiosamente, poi l'avvicina all'orecchio)

Conchiglia rosea

del patrio lido,

piccolo nido

del vasto mar.

Dell'alma Venere

culla e flottiglia

rosea conchiglia.

In te ricircolano

mille volute

che fan che mormorino

fin l'aure mute.

Tu canti e sfolgori

coro fra i cori,

oro fra gli ori

del sacro altar.

L'api che ronzano

fra gli oleandri,

ne' tuoi meandri

odonsi ancor.

Un trillo eolio

in te bisbiglia,

rosea conchiglia.

Entro ti palpitano

le nettunine

ninfe, che avvincolansi

d'aliga il crine,

e tutti i zeffiri

pe 'l cielo erranti

e tutti i canti

del pescator.

Dimmi l'oracolo

di mia fortuna,

tu della duna

eco e splendor.

Parla, la vergine

cupida origlia,

rosea conchiglia.

(avvicina l'orecchio alla conchiglia e rimane come colta da orrore, da visione profonda)

Parla... E che? Turbinano

sconvolte l'onde!

Crollan... Rigurgitano...

Alte e profonde

e sull'equorea

terribil ira

piomba la dira

furia del tuon.

Orror profetico!

Rombo bieco

terribil eco

ria vision!

Fuggi! Ho una lagrima

sulle mie ciglia,

tetra conchiglia.

(getta la conchiglia inorridendo)

Scena quinta

Ero, Leandro, Ariofarne.

Leandro penetra occultamente dal fondo della scena e contempla Ero. Ariofarne che ritorna dalla parte opposta lo scorge. Il seguente dialogo fra Leandro e Ariofarne avrà luogo tutto nel fondo a voce bassa. Ero si sarà seduta in un canto della scena preoccupata ne' suoi presentimenti e non vede i due che parlano.

ARIOFARNE

(a Leandro con ironia)

Riconosco i numidici corsieri

al volo gagliardo, ed al turbante

i siriaci guerrieri,

e riconosco il giovinetto amante

a un segno maliardo

che il miserello porta nello sguardo.

LEANDRO

(Perduto io son.)

ARIOFARNE

Nel varcar queste porte

in ora vietata

sai che affronti la morte?

LEANDRO

(fiero)

Il so, né temo.

ARIOFARNE

(con ipocrisia)

Adolescente eroe

tu merti il mio perdono, all'adorata

fanciulla io t'abbandono.

LEANDRO

(Ahimè! Vacillo.)

ARIOFARNE

Sì audace per la morte e sì pusillo

per l'amore! fa' cor. Di Dafni e Cloe

rinnovellisi il caso e quello stesso

fuoco vorace la vergine accenda

che in te balena adesso.

(si allontana)

(Soltanto allor vendetta avrò, tremenda.)

(esce)

Scena sesta

Ero e Leandro.

Idillio.

LEANDRO

(accostandosi a Ero)

Ero soave dal volto celeste

sulle tue guance una stilla, perché?

ERO

Leandro pio dalle pupille meste,

tu perché vieni amabilmente a me?

LEANDRO

Vengo a te, perché al fior d'una giunchiglia

chiesi se m'ami... e mi rispose: no.

ERO

Piansi perché un'eburnea conchiglia

voce mi diede onde il mio cor tremò.

LEANDRO

La conchiglia mentì... ma non il fiore.

ERO

Sugli oracoli incombe alto mister.

LEANDRO

Se parla Amor non ha misteri il core.

ERO

Se parla il core ha misteri il pensier.

Vedi, misteriosa è la viola

sott'all'erbe e nell'arnia è ascoso il miel.

LEANDRO

(con effusione)

Dolce pensiero vuol dolce parola,

scopri il tuo cor poich'è scoverto il ciel.

Ben tu sveli la pompa delle chiome

mostrando i bei biondeggiamenti al sol.

ERO

O come guati... O come parli... O come

stringi la man che pietà non suol!

LEANDRO

Il daino morde al fiorente citiso,

l'alpe vola alla rosa e l'onda al piano,

e il mio viso s'affigge nel tuo viso

e la mia mano ricorre alla tua mano.

ERO

Dalle tue labbra sgorga la favella

più d'un'anfora dolce e più vital.

LEANDRO

Per mille aspetti mille volte bella

virginalmente candida e fatal.

Ahi! perché nacqui sull'opposto lido

d'Asia cui rode eterno mareggiar!

ERO

Odio il mare che sta fra Tracia e Abido

ahi! mare crudele! ahi! spaventoso mar!

LEANDRO

E per quest'odio io t'amo e dei profondi

flutti disfido l'invido furor.

Nel nostro bacio s'uniran due mondi

due mondi s'ameran nel nostro amor.

ERO

Leandro! splende l'etere

al par d'un'orifiamma!

E mi trasporta l'estasi

nel raggio d'una fiamma.

Spira su me l'ambrosia

del nume ed un novel

vibra sonoro palpito

nel sol, nel mar, nel ciel.

LEANDRO

Ero! il sembiante magico

figgi alla mia pupilla,

è là che la tua immagine

più vagamente brilla.

Dal tuo bel viso piovemi

una serena al cor

soavità di balsami,

melanconia d'amor.

Si ode la fanfara di Ariofarne. Ma Ariofarne sarà già entrato in scena e si sarà nascosto dietro la statua d'Apollo.

ERO

Scende dal colle la fanfara sacra

che il popolo raduna. Ah! fuggi, fuggi...

È Ariofarne con essa.

LEANDRO

(svelle un fiore di leandro da un arbusto)

Anco un istante

questo fiore ch'io svelgo ti rammenti

il mio nome e l'amor.

ERO

(prende il fiore)

Leandro ascolta

e quando fia ch'io ti rivegga?

LEANDRO

Quando?

Tal forza è in noi divina che se il mondo

tutto s'armasse a separarci, uniti

ne accoglierebbe il cielo.

(esce)

Scena settima

Ero, Ariofarne.

ERO

Un dolce sogno

sognai... Che fu?

(la fanfara s'avvicina)

Pur la fanfara ascolto

che s'avvicina. ~ Nel mio seno o fiore!

Nume fatale... al mio spirto sconvolto

(accorre alla statua d'Apollo)

splenda la tua parola, e dell'Amore

che in cor mi nacque, svelami la sorte;

qual è l'oracol tuo? Favella.

ARIOFARNE

(con voce cavernosa dietro il simulacro, senz'essere visto da Ero)

Morte.

Ero fugge inorridita, Ariofarne la guarda fuggire con atteggiamento feroce. - La fanfara squilla fragorosamente.

Cala la tela.

Atto secondo

L'Afrodisio (parte del tempio di Venere consacrata ai misteri) splendidamente illuminato da candelabri e da torce. Ariofarne con fulgida pompa di vestimenti seduto su d'un trono. Ero e Leandro discosti. Presso Ariofarne schierati: un Jerofante coperto di porpora e col diadema, il Dadùco portante una fiaccola, l'Epibomo il quale erge sulle braccia una piccola statua d'argento della dèa, l'Idràno coll'acqua della purificazione, i Cantori, i Citaredi, quattro Ierauleti coi flauti sacri, le trombe sacre, i Pirofori coi tripodi ardenti. Nel fondo l'altare di Venere altissimo, più bassi gli altari d'Apollo e di Bacco.

Scena unica

Ariofarne, Ero, Leandro, Coro.

Danze.

La danza sacra.

La danza dei colori, consacrata alla dèa Iride.

ARIOFARNE

(dopo le danze alzandosi)

O popolo di Venere! formose

sacerdotesse, sacerdoti, udite.

Io vi convegno ad un antico rito.

(a Ero che s'accosta)

Ero gentil, t'appressa. (Ah per l'Averno

non mi sfuggi.)

(a tutti)

La dèa parlò, l'olimpia

favella sua si disascose e disse:

«In mezzo al mar siede un'antica torre,

La torre della vergine chiamata

nel secol d'oro, e là, nuda sul baratro

spumante sta, fra gli scogli e le Cicladi

dov'è più irremeabile Ellesponto.

Negli aurei tempi vergine romita

ivi la casta Venere adorando

sacrificio pudico ai numi offriva

delle intatte sue forme e quella pia

degli amori del mondo espiatrice

bastava sola con un suo sospiro

o con un suo sorriso a far placata

l'invidia dell'Olimpo e a serenare

la tempesta dei flutti.» ~ Affinché torni

la prima etade e l'universo biondo

per ubertose messi, io vo' che il rito

della vergine s'innovi e che la torre

la sua vittima accolga. ~ E disse e sparve.

(tutte le parole chiuse da parentesi Ariofarne le mormora occultamente a Ero; il resto lo dice con voce alta e sonora perché sia udito da tutti)

Ora a far pieno il voto della dèa...

Ero gentil (ti penti) t'avvicina.

(Vedi ove tendo? hai tempo ancor.) Sull'ara

sali con me. (O in un carcere eterno

o nel talamo mio... Scegli è ancor tempo.)

ERO

(a bassa voce a Ariofarne, tentando svincolarsi)

Lasciami infame!

ARIOFARNE

(ad alta voce con serenità)

Ardano l'ambre e odori

la rosa di Lieo.

(a bassa voce ad Ero)

(Se fuggir tenti

qui ti bacio le labbra.)

ERO

(inorridendo)

(Orror! Leandro!)

ARIOFARNE

E sulla lidia cetra il bel Leandro

sospiri un'ode. (Scegli... Scegli...)

ERO

(Il carcere.)

ARIOFARNE

(con voce tuonante a Ero)

Tu la vergine sei.

LEANDRO

(si scaglia contro Ariofarne)

Dalle mie braccia

pria ti difendi!...

TUTTI

O sacrilegio!

ERO

(atterrita)

O numi!

ARIOFARNE

L'arrestate, guerrieri...

LEANDRO

Il mondo, il cielo,

selvaggio arconte, e la tua rabbia io sfido.

Quella vergine io l'amo.

ARIOFARNE

(ai soldati)

Il suo vigore

col numero si fiacchi.

(Leandro è atterrato dalle guardie)

Ah tu gareggi

con Ercole alla lotta, eppur sul suolo

eccoti, o forte.

(alle guardie)

Entr'oggi egli sia reso

alle spiagge d'Asia e se ancor varca

l'Ellesponto, l'attenda orrenda morte.

Date principio, o sacerdoti, al rito.

(Ero è rimasta sull'altare immobilizzata dal terrore. Ariofarne la orna cogli oggetti sacri. Leandro è circondato da un gruppo d'armati)

ARIOFARNE

O sacra vergine

le chiome d'oro

coll'acqua magica

spargo ed irroro.

Ridi e l'olimpica

gioia preliba

all'aureo calice

t'appressa e liba.

Le perle pendule

t'ornino il crine

limpide lagrime

oceanine.

Cingi la fulgida

luna falcata,

e il velo argenteo,

o te beata.

(con accento sinistro)

(Spesso dai culmini

del tuo manier

ti desti l'ululo

dello sparvier.)

ERO

(come trasognata)

(Più presso al limpido

cielo profondo,

lontan dal torbido

fragor del mondo,

vivrò in un mistico

sogno seren,

ma o dèi! salvatemi

Leandro almen.)

LEANDRO

(Perduta! o lagrime

sgorgate! o cuore

ti frangi! un esule

son dell'amore.

Già un vasto oceano

sul mio tesor

si chiuse e un carcere

si chiude ancor.)

CORO

Beata vittima

del casto vel

per te già spirano

l'aure del ciel.

ARIOFARNE

Ed ora agli anatemi. Giura! Giura!

(a Ero)

Giura! Per l'atre porte

di Pluto e per la morte!

E per gli immensi orror della natura!...

E pe 'l tridente

enosigeo! per Giove! per l'ardente

Demogorgon! e per Ècate oscura!...

e per l'eterno fato!...

Che resterai celestialmente pura.

Giura.

ERO

(con voce fievole)

Ho giurato.

ARIOFARNE

E se il giuro fatal sia vïolato,

e se penètra

l'orma d'un uom a profanar tua calma,

contro il nudo tuo sen pietra su pietra

sarà scagliata

in fin che la tua salma

dilaniïata

spaventi il ciel sulla spiaggia tetra.

(silenzio d'orrore)

ARIOFARNE

S'allontani quell'uom.

(accennando a Leandro il quale è trascinato dalle guardie)

La luna sorge

rimbombi alfine il cantico dell'orge!

Coro e danza.

Sorge la luna, il suo disco luminoso irradia l'orgia e contrasta colle fiaccole e coi doppieri accesi. Ero, coperta col velo d'argento, ritta sull'altare, domina virginalmente il baccanale.

CORO

Peàna! Peàna! ~ s'afferri la coppa

che il seno di Venere ~ fremendo plasmò!

Già l'orma che impresse ~ l'olimpica poppa

d'aromi e di vivido ~ liquor si colmò!

Beviam, tutto è cenere ~ delirio e vision

fuggevole e vana

o Venere!

o Adon!

Peàna! Peàna!

Cala la tela.

Atto terzo

La torre della Vergine.

Interno della torre. Ottagono. Nel lato obliquo a sinistra un alto e vasto verone spalancato sul vuoto del cielo. Alla destra in fondo una rampa discende, fora il pavimento, indica essere ivi l'unico egresso della torre. Le muraglie sono annerite dal tempo e spoglie. Nel mezzo della scena è un giaciglio coperto da una pelle di leopardo. Poco discosto sta un vasto tavolo, sul tavolo una face accesa, una clessidra, una conca marina formata in guisa di portavoce. Accanto al tavolo un sedile sul quale Ero siede, immobilizzata nella osservazione della clessidra. Notte. Un raggio di luna incerto penetra or sì or no dal verone. Il vento porta le voci lontane dal mare.

Scena prima

Ero sola.

Coro interno e lontano di Marinai.

CORO

La notte diffonde

gl'incanti sul mar,

tranquille e profonde

vaporan le sponde,

la barca è una culla,

o vaga fanciulla

andiamo sull'onde,

andiamo a sognar.

UNA VOCE DAL MARE

Risplendon di fosforo

i flutti del Bosforo.

MARINAI

Già palpita e anela

per estasi il cor;

la luna si vela,

la luna si svela,

son l'arche veliere

al vento leggere;

la nave ha la vela

e il cuore ha l'amor.

LA VOCE DAL MARE

Risplendon di fosforo

i flutti del Bosforo.

(tutto rientra nel silenzio)

ERO

Ellesponto! poetica laguna

che la fortuna muta ad ora ad ora,

l'aurora della luna ti dia pace

per questa notte. ~ Tace il buio mondo.

Si toglie un fiore dal seno.

E te che ascondo nel sacro meandro

de' seni e porti di Leandro il nome,

fior di soave arome egli ti scelse,

per me ti svelse dai rami felici.

Nuove radici or pianta nel mio cuore

tenero fiore.

UNA VOCE LONTANA DAL MARE

La luna s'asconde

schivate le sponde.

ERO

(meditabonda)

Torna talora a scuotermi un beato

profumo del passato. Allora io penso

e un canto immenso vibra, e l'alma ascolta.

Quand'ei la prima volta qui m'apparve

col passo delle larve (e aveva le stille

nelle pupille a carità suàdi)

mi disse: «Sette stadi d'alto mare

mi vietan baciare il tuo bel viso,

ma in cuore ho fiso di varcarli, solo

che m'asseconde e il volo fra le spume

diriga un lume dalla torre. Ah! spento

non sia dal vento, colla dolce palma

tu lo ripara, come fosse l'alma

di chi t'adora.» O notti! o rimembranze!

o sorrisi! o speranze.

UNA VOCE DAL MARE

(lontanissima e prolungata)

C'è un nuvolo nero

sull'isola Eubea.

ALTRA VOCE

(meno lontana)

All'erta nocchiero

che vien la marea.

ERO

(sempre assorta nelle sue memorie)

E fur compiute poi le dolci nozze.

Ma il segreto connubio alcun poeta

non inneggiò, né s'allegrò per teda

la stanza marital né per ghirlanda,

non cantò gl'imenei la veneranda

madre, né il genitor, ma nel silenzio

dell'ore elette a celebrar gli amplessi

fur pronube le tenebre. L'Aurora

mai non vide apparir sovra le piume

l'amoroso consorte, egli spirante

le notturne carezze il mar risolca,

pria che lo colga insidioso il giorno,

colle ondivaghe membra a se medesmo

nauta, remige e nave.

UNA VOCE DAL MARE

(lontanissima)

S'intorbida l'Orto

tornate nel porto.

ERO

(va al verone)

Ombra! Notte! Mister! Deserto è il mare.

Ha i suoi confini il mar, non ha confini

il desiderio mio! Cocente spira

oggi il vento dell'amor. Cade una stella!

È il mio Leandro che si getta in mare!

Ecco... io lo scerno già coll'acuita

pupilla del pensier... al lido ei move.

O visïon! dalle amorose membra

con ambedue le man si tragge il manto

e al capo il si ravvolge e dalla sponda

si spinge in mezzo ai flutti. Oh quella stella

mi presagiva il ver.

(guarda la clessidra, piglia la face e torna al verone)

Consunta è l'ora.

Venga la face ardo pur io con essa.

Splendi, splendi! Erma facella

all'occulto nuotator,

come faro, come stella,

sull'oceano dell'amor.

Splendi, splendi! erma facella

all'occulto nuotator,

come faro, come stella,

sull'Oceano dell'amor.

Splendi, splendi! e nelle amare

spume versi ambrosia il ciel,

e diventi dolce il mare

dove passa il mio fedel.

Splendi, splendi! o ninfe o amori

ingigliate il suo cammin,

fate inciampo sol di fiori

a quell'omero divin.

Splendi, splendi! e se ai marini

solchi anelo e lasso ei vien,

bianchi cigni e bei delfini

reggan l'umido suo sen.

La luna si scioglie dalle nubi.

È desso! è desso! te beata o luna

perché frangi le nuvole e rischiari

il vago eroe nell'onde. È desso, è desso!

coll'altera cervice arditamente

ei signoreggia il fluttuar del mare.

Le palme or giunge a modo di preghiera,

or le stacca rubesto. Ahimè! gli scogli

ecco... egli affronta... Ahimè! L'esizio estremo

pende su lui... Marea! marea! marea!

Tempra l'orgoglio de' culminei fiotti!

Ah! tu non sai qual fior d'amore ondeggi

sulla tua furia... egli è là... fra la rupe

e una terribil onda... ecco... ei la sfida

coll'ardire d'un dio. Numi! Egli salvo!

preme col piè la terra e si precinge

col purpureo suo manto... della rocca

già corre alla scalata...

(a Leandro parlandogli dal verone con voce ansiosa)

O sposo! sposo!

Studia il passo, mio ben... La luna fugge,

tenta con cauto piede ogni macigno...

All'edera t'appiglia... ah! non cadere!...

Non cader nell'abisso... un passo ancora...

Mio Leandro! Leandro!

Scena seconda

Ero e Leandro.

LEANDRO

Ero!

(balza dal verone in scena ed è già fra le braccia di Ero)

(lungo silenzio, lungo amplesso)

ERO

Leandro!

LEANDRO

Volto soffuso d'estasi,

faro di mie procelle!

Ho l'alma fra le stelle,

piango di voluttà.

Sì, dai beati rai

piango, ché senza lagrime

l'uom non contempla mai

la celestial beltà.

ERO

O deïforme! olimpico!

Bello siccome un nume,

m'appari e t'arde il lume

del genio e dell'amor.

Pende la dolce sposa

di tue parole al balsamo

e se il tuo labbro posa

ode il silenzio ancor.

ERO E LEANDRO

Avvinti come gemine

colonne dorïensi,

cinti dai lacci immensi

d'un fascino immortal,

vieni, insertiam le palme,

vien, confondiamo i palpiti,

vien, congiuriamo l'alme

nell'aura sideral.

(lungo silenzio)

ERO

Vieni al giaciglio e la stanchezza molci

che t'occupa le membra. Il molle crine

ti astergerò colle carezze mie.

LEANDRO

O sposa! O sposa!

ERO

(sedendo sulla pelle di leopardo)

Come l'onde azzurre

confondon per amor davanti ad Illio

Simoènta e Scamandro e tu confondi

il tuo spiro col mio...

LEANDRO

Ero!

ERO

Leandro!

(guardando la clessidra)

L'ora passa.

LEANDRO

T'inganni. Alle amorose

vigilie norma non impone il tempo,

e un solo bacio è un'olimpiade intera.

M'ami?

ERO

Se t'amo? e tu? m'ami? La face

emana visïoni. Intorno è l'aura

(fissando la torcia)

agitata d'incanti... io qui vorrei

svanir così... sotto i tuoi baci... come

il sospir d'una cetra. Ah! dolce cosa

saria la morte...

LEANDRO

(sorgendo)

Tu morir?... fuggire,

fuggir piuttosto. Ascolta, assai fidammo

nel notturno mister; il tuo periglio,

sposa, pavento. A più securo porto,

a più serena piaggia, a più tranquilla

solitudine andiam. In mar domani

recherò una barchetta e salperemo

per ignoto orizzonte, innamorati

navigatori colle vele al vento.

ERO E LEANDRO

Andrem sovra i flutti profondi,

in traccia dei ceruli mondi

sognati dal nostro pensier,

in traccia d'un rorido nido,

in traccia d'un florido lido

ignoto a mortale nocchier.

Andrem dove nasce l'aurora,

andrem dove il mare s'indora

dei vaghi riflessi del sol,

coi baci sul labro, col riso

nel core, coll'estasi in viso,

avvinti in un placido vol.

Scoppia un tuono spaventoso. Per un istante Leandro ed Ero scossi dall'estasi rimangono muti di sorpresa e d'orrore. Lampeggia, tuona, l'uragano si fa terribilmente violento.

LEANDRO

Un uragano!

ERO

Precipizio! Morte!

Egìoco Giove adunator de' nembi,

folgorante! Tuonante! aita! aita!

Siam perduti!... Leandro, ah! mi sorreggi;

dar lo squillo io dovrei delle tempeste

con quella tuba al mar... per evocare

i sacerdoti... ed Ariofarne... al rito

della scongiura... qui... dove noi siamo...

M'intendi tu?... dove noi siam... né fuga

né salvezza oramai, né nascondiglio

havvi per te...

LEANDRO

(risoluto)

Tu da' fiato alla tromba

io mi getto nel mar.

ERO

Ah! Folle! guata!

(lo conduce con tragica veemenza al verone)

Già i fiotti immani flagellan la torre!

La bufera diventa sempre più terribile, scoppiano i fulmini e solcano il tratto di cielo che si vede dal verone. Le figure dei due amanti sono ad ogni momento illuminate da vivissimi lampi.

LEANDRO

Ero mia... no... non tremare,

ti prosterna al sacro orror.

Vedi è il ciel che stringe il mare

nel delirio dell'amor.

ERO

Spavento! turbinano

sconvolte l'onde!

Crollan, rigurgitano

alte e profonde,

e sull'equorea

terribil ira

piomba la dira

furia del tuon!

LEANDRO

Vieni e in mezzo alla ruina

fortunal che ha il mar travolto,

beami ancora, Ero divina,

col fulgor del tuo bel volto.

Mentre il tuon ripete al tuono

il titanico richiamo,

sul tuo cuore io m'abbandono

e ripeto: Io t'amo!

ERO

Io t'amo!

S'ode da sotto il palcoscenico la fanfara sacra d'Ariofarne, indi mano mano che la scena incalza s'udrà il seguente Coro salire e avvicinarsi.

CORO

Cospargiamo di magico farro

l'onda irata del turgido mar,

e sia freno, sia diga, sia sbarro

che ti possa, o Nettuno, placar.

ERO

Ah!

LEANDRO

Sposa mia! tu tremi?

ERO

(origliando)

Taci... taci...

LEANDRO

Che origli tu?

ERO

(con un grido di disperato spavento)

Le trombe d'Ariofarne!

LEANDRO

Nulla ascolto.

ERO

Sì... Sì... Lo squillo... Io l'odo

fra i fulmini... fra i venti... io non m'inganno...

LEANDRO

È la bufera.

ERO

È Ariofarne! è Ariofarne!

S'otturano… le fauci... ascende... ascende...

(la fanfara sempre più vicina; Ero al colmo dello spavento)

ERO

Sempre più... verso noi... è maledetto

chi un giuro infrange... O mio Leandro... fuggi...

no... non fuggir... là... l'uragano... resta

è qua… Ariofarne... là l'idra... qua... il mostro...

m'affoga il cuor... ahimè... mi si disciolglie

il vigor de' ginocchi...

LEANDRO

O sposa... sposa...

(si prostra ad Ero caduta)

Un baleno di forza in te ritorni,

al suol t'imploro... qui restar non debbo,

la tua morte io sarei, quel veglio orrendo

lapiderebbe, o ciel! tue dolci membra!

Ah! meglio fora ch'io mi scagli in mare

come una pietra del destin lanciata.

(balza in piedi per andare al verone)

ERO

(aggrappandosi al collo di Leandro)

Leandro no!

LEANDRO

Mi lascia.

(tenta svincolarsi)

ERO

Ha l'uragano

sete di sangue! Resta.

LEANDRO

Io vo' salvarti.

Già s'avvicinan le tartaree trombe.

(la fanfara sempre più vicina)

ERO

Pietà! pietà! pietà!

LEANDRO

(con affettuosa violenza si scioglie)

Forse domani

fuggiremo al seren. Addio.

ERO

(sfinita)

Leandro

deh! non perir. Ti salva.

LEANDRO

(con un piede sul verone)

Addio.

ERO

Ti salva!

LEANDRO

(spicca il salto; scoppia un fulmine)

L'amore è forte

più della morte!

Scena terza

Ero, Ariofarne, Cori.

Ero balza da terra e con impeto irragionato corre alla face per portarla al verone, ma già apparisce alla rampa Ariofarne. Lo segue la fanfara. Pirofori, sacerdoti colle are, colle torce. La face d'Ero le cade dalle mani e rimane a terra spenta e fumante.

(questa scongiura sarà cantata dal Coro rivolto verso il verone e prostrato mentre Ariofarne sparge il farro sul mare; l'uragano è sempre violento; ma non lampeggia; Ero immobile)

CORO E ARIOFARNE

Cospargiamo di magico farro

l'onda irata del turgido mar,

e sia freno, sia diga, sia sbarro

che ti possa, o Nettuno, placar.

ERO

(con uno slancio interno dell'anima)

(Ah! Forse è un immortale!)

ARIOFARNE

(fissandola tenacemente)

Ero. La tromba

non udii risonar delle tempeste;

e perché non l'udii? sai che fatale

tal colpa esser potrebbe? o giovanetta

esploratrice nei sogni smarrita.

Nulla rispondi? Quella face a terra

perché? perché trepida tanto? forse

(incalzando le domande e scrutandola)

che paventi del tuon? Perché al verone

guizza il tuo sguardo? e questo fiore al suolo

qual tortore fedele ti ha portato

su questa rocca, ove i leandri indarno

vorrebbero allignar? Rispondi!

ERO

(Giove

un baleno m'invia che m'assecuri

ch'egli è salvo.)

(guardando il verone da dove s'è gettato Leandro)

ARIOFARNE

(la afferra e la conduce più presso al verone)

Nel buio tu sogguardi?

Sta ben, fanciulla, lo esploriamo insieme.

(terribilmente)

Perché tremi in mia man? vergine?

ERO

(Un lampo!)

(brillano parecchi lampi uno dopo l'altro e illuminano tutto il mare)

ARIOFARNE

(con immensa e feroce gioia accennando qualcosa in mare)

Eccolo!

ERO

(cade)

Ah!

ARIOFARNE

Morto! sovra il duro scoglio

cadavere percosso e sanguinante.

(guarda Ero distesa al suolo)

Ella è svenuta. All'alba, o sacerdoti,

adunerete i cumuli. Costei

il suo giuro tradiva. V'apprestate

a seppellir sott'i macigni e i sassi

il vivo corpo e il sacrilegio d'Ero.

Ell'è svenuta.

(s'avvina ad Ero, la tocca)

Ah! un fulmine mi colga!

Vendicato non son! È salva!... È morta!...

Scoppio di fulmini, il muro del fondo dirocca, attraverso quello squarcio si vede il mare repentinamente calmo e sul mare illuminato dalla luna, in mezzo a un nimbo iridescente, appariscono Ero e Leandro immortali, circondati da nereidi, da uranie, da amori. Il Coro si prostra. Ariofarne ancora chino sulla salma d'Ero, vede la glorificazione dei due amanti e atterrito si nasconde il volto.

CORO INTERNO

Beati spiriti!

Sian vostro talamo,

sian vostro nido

le argentee sirti.

E al pio nocchiero

sia sacro il lido

dove s'amarono

Leandro ed Ero.

Cala la tela.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 29/01/2017
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Atto secondo Scena unica Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza