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La gazzetta

LA GAZZETTA

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Giuseppe PALOMBA.
Musica di Gioachino ROSSINI.

Prima esecuzione: 26 settembre 1816, Napoli.


Personaggi:

Don POMPONIO Storione, uomo fanatico ed ambizioso, padre di Lisetta

basso

LISETTA donzella scaltra e baggiana, amante di Filippo

soprano

FILIPPO locandiere, giovine astuto e bizzarro, amante della suddetta

basso

DORALICE viaggiatrice

mezzosoprano

ANSELMO suo padre

basso

ALBERTO giovine ben nato, che va girando per trovarsi una moglie a suo piacere

tenore

MADAMA la Rose, viaggiatrice

mezzosoprano

Monsù TRAVERSEN

basso




La scena è in Parigi.

Atto primo

[Sinfonia]

Scena prima

Deliziosi giardini, da un lato viali ombrosi, statue, e fontane, e più botteghe di varie bevande.
Gentiluomini, che vanno girando, Madama la Rose, e Traversen, indi Alberto, che sopraggiungono.

[N. 1 - Introduzione]

CORO DI VIAGGIATORI

Chi cerca il piacere,

chi brama godere,

il mondo, che giri

fin quando si può.

Girando conosce

quei tratti cortesi,

che in altri paesi

la moda inventò.

(vanno a seder nei Caffè, e prendono delle varie bevande)

ALBERTO

Ho girato il mondo intero,

e non anco ai sguardi miei,

come appunto io la vorrei,

si presenta una beltà,

o lo stral del cieco nume

non ha forza nel mio core

o n'ha colpa il mio costume

che mai donne amor non sa.

MADAMA

Oh sior Alberto

ben ritrovato.

ALBERTO

Buon dì Madama.

MADAMA

Da noi si brama

che siate ameno.

E con bellissimo

volto sereno

il nostro giubilo

facciam brillar.

ALBERTO

Per me da ridere

mai non ci sta.

TRAVERSEN

Oh ecco il giovine

delle gazzette.

TUTTI

Andiamo a leggere

le novità.

ALBERTO

Io leggerò.

TRAVERSEN

Danne una a me.

CORO

Portala qua

vediam che c'è.

MADAMA

No, no, no, no.

ALBERTO

Io leggo già,

MADAMA

Ah no, no, no.

TUTTI

Ma cheti olà

le ciaffolliamo

le contrastiamo

mai la gazzetta

si leggerà.

MADAMA

Signore Alberto, nemmen per Parigi

voi ritrovata avete

femmina, che vi piaccia?

ALBERTO

Sin ora, no.

MADAMA

Voi siete originale,

per l'Italia, nemmen?

ALBERTO

Né per Germania

né per Olanda, e né per tutto il mondo

ho visto un volto amabile, e perfetto;

in tutte ci trovai qualche difetto.

MADAMA

Vi averebbe una dèa

calar dal ciel, a come dite voi,

oh poverette noi con voi altri uomini,

alla critica sempre esposte siamo.

(vien un giovine, con la gazzetta)

ALBERTO

Via leggiamo, leggiamo.

Così fatto son io,

né do conto a nessun del genio mio.

(leggono la gazzetta)

Scena seconda

Don Pomponio in abito ricco, e caricato, due Lacchè, che lo seguono, detti (come sopra).

[N. 2 - Cavatina]

POMPONIO

Co sta grazia, e sta portata,

co sto cuorpo curto, e tunno

te stordesco miezo munno,

te guarnesco na città.

(al lacchè)

Tommasì? Mo che passeo

vi si penno da qua lato

vi si il passo è misurato,

vi si marcio alla fransé.

(passeggia sulla musica)

Un eroe come songh'io

nella storia non nce sta.

E mo, ch'esce la gazzetta,

a cercareme Lisetta

oh! che folla ha da venì

e io a tutte dico sì.

Dico buono, Tommasì?

(il servo accenna di no)

Venarrà no franzesotto

dona a muò madamosella.

Pigliatella,

mo va buono, Tommasì.

(il servo accenna di no)

Venarà no spagnolicco

chiero a osté la gnigna bella.

Pigliatella,

mo te piace, Tommasì.

Venarà no calavrese

la vuoghio la quatranella.

Pigliatella,

e ncalabria la faccio j.

Aje che di me, Tommasì?

Forsi no? E sa che nt'è?

Fuss'acciso Tommasì.

Il concorso s'è già apierto,

correranno a centinara

Franchi, Russi, Inglesi, Ispani,

Italiani, oltramontani,

e, a tenor di questo invito

chi na mano, chi no dito,

chi na recchia ne vorrà;

ed allor per dover mio

a quaccuno l'ho da dà

ca n'eroe comme songh'io

nella storia nun ce sta.

Recitativo

Tommasì, mme figuro

ca, nsentì la gazzetta,

ha da parlare assaje

l'Europa de me. Vi ca la mia

nobiltà mo è arrivata

a se grada de neve, e quanno faccio

sto matrimmonio, se farà no jaccio.

MADAMA

Ah, ah, ah, ah! Mirabile! Grazioso

sentite tutti, il fatto è curioso.

(chiamando altri)

POMPONIO

(Guè, sentimmo, e mettimmonce campana,

mo ammitarranno li talenti miei;

vi ca chisti so guste singolare.)

MADAMA

(ad Alberto)

Leggete.

ALBERTO

(legge)

«Avviso al pubblico.»

POMPONIO

(accostandosi più)

(Mo me ne vavo 'ngrolìa.)

ALBERTO

«È arrivata in questa magnifica capitale un forestiere, e»...

POMPONIO

(Che songo io, oh che sfizio soprumano!)

TRAVERSEN

Va, dev'essere qualche ciarlatano.

POMPONIO

(accostandosi un poco)

(Brutto principio.)

TRAVERSEN

Appresso.

ALBERTO

...«di nazione italiano, di professione negoziante, molto ricco, di estesi talenti, di carattere leale, bizzarro, e straordinario.»

TRAVERSEN

Qualche impostore.

MADAMA

Qualche cavadenti.

ALBERTO

Caminante sarà come vuol lei.

POMPONIO

(Suongo le muorte vuoste a tutte trei.)

ALBERTO

«Egli ha una figlia da marito»...

TRAVERSEN

Oh curiosa!

ALBERTO

Zitto.

POMPONIO

(Cea le boleva, mo vene lo doce,

restarranno ncantate.)

ALBERTO

...«di età giovane, di bellezza passabile,

di grazia mirabile.»

TRAVERSEN

Che pazzo!

MADAMA

Che animale!

POMPONIO

(Oh bennaggi oje

manco chesto è incontrato!)

MADAMA

Udite il resto delle sorprendenti

qualità, abilità.

ALBERTO

Zitti, ed attenti.

«Statura greca, testa romana, capello castagno, occhio ceruleo, bocca ridente, bei colori, spirito pronto, talento raro, e del miglior cor del mondo.»

(gran risata di tutti)

POMPONIO

(E sta resata mo comme nce cape?)

ALBERTO

«A norma del partito, che s'offrirà, sarà la dote; verrà prescelto quello che incontrerà in ogni rapporto più il genio del padre, e della figlia: alloggiano all'Aquila: ivi s'indirizzi, chi aspira all'acquisto; da questo giorno è aperto il concorso.»

(altre risate)

MADAMA

Oh che matto!

TRAVERSEN

Oh che bestia!

MADAMA

Affé legato

essere meriterebbe.

TRAVERSEN

E bastonato.

POMPONIO

(Buono ca ccà nisciuno me canosce.)

ALBERTO

Io poi non ci vedo tanto male

ognuno in questo mondo

la pensa come vuole.

POMPONIO

(Chillo è no galantommo.)

TRAVERSEN

Vo' informarmi

di questa bestia, quello

degli avvisi il saprà, qua qua garzone.

POMPONIO

(Oh mmalora stà cca lo port'avise.)

Miei lacchè, jammoncenne.

(il garzone dimandato accenna don Pomponio)

TRAVERSEN

È quello, è quello

l'amico del concorso.

MADAMA

Oh caro!

TRAVERSEN

Oh bello!

POMPONIO

(Vi ca da cca mo mettono la renza!)

MADAMA

(Godiamolo.)

TRAVERSEN

(Burliamolo.)

ALBERTO

(Prudenza.)

[N. 3 - Quartetto]

TRAVERSEN

Mio signore.

POMPONIO

Patrò mio.

MADAMA

Me l'inchino.

POMPONIO

E porzì io.

TRAVERSEN

Siete voi italiano?

POMPONIO

Signorsì napolitano.

ALBERTO

Domandare i fatti altrui

non mi par ch'è civiltà.

MADAMA E TRAVERSEN

Ma ci lasci con costui

divertir per carità.

POMPONIO

(Sta a bedé, ch'a tutte duje

mo no punio le do ccà.)

TRAVERSEN

Ver ch'avete una gran figlia...

POMPONIO

Ch'è l'ottava maraviglia.

MADAMA

E in gazzetta lei l'ha posta

questa eccelsa rarità.

POMPONIO

E in gazzetta ll'aggio posta

pe li ciucce fa parlà.

TRAVERSEN

Ma a che tanto lodar quella?

POMPONIO

Ch'accossì piace a me.

MADAMA

Ma fia ver ch'è tanto bella?

POMPONIO

Otto vote cchiù de te.

ALBERTO

Si finisca questa scena

miei signor, che basta qua.

MADAMA E TRAVERSEN

Ma se i sposi a cento a cento

gli verranno in un momento,

nel concorso poi di tanti

l'infelice che fara?

POMPONIO

Pe duciente e cchiù mariti

ella ha tutti i requisiti,

se le nguadia a tutte quante

e chi vede ha da schiattà.

ALBERTO

Ma finiamola la scena

miei signor per carità.

(viano per strade diverse)

Scena terza

Sala elegante nella locanda di Filippo, corrispondente a vari appartamenti.
Filippo, poi Doralice, ed Anselmo.

Recitativo

FILIPPO

Attenti camerieri,

che giungono degl'altri forestieri.

(a più venditori di galanterie)

Voi altri, che volete? La signora

ch'oggi sarà sposa? Sta alla toletta

or qui usciva. (Invan lo sciocco padre

si macera il cervello

per darla a un gran signor, non sa ch'entrambi

noi ci giurammo amor: o co' le buone

a me la sposerà,

o l'inganno farà quel che farà.)

ANSELMO

Il padron dell'albergo siete voi?

FILIPPO

Son qui per servirvi!

ANSELMO

Preparate due stanze una a mia figlia

l'altra per me.

FILIPPO

Son belle, e preparate.

DORALICE

Io bramo di restare in libertà.

FILIPPO

Nessun, signora, l'incomoderà.

ANSELMO

Andiam. Del prezzo parleremo poi.

(entrano Anselmo e Doralice con camerieri)

FILIPPO

Non vi sarà da disputar fra noi.

E per tornare a quel che preme a me,

difficile non è, che il sior Pomponio

accordi la sua figlia a un locandiere

essendo anch'esso stato un cameriere.

Poi gli lasciò il padron del gran contante,

ed eccolo mercante. La Lisetta

chiaro paleseralle il suo desìo,

e s'ella non farà, poi farò io.

Eccola alò, schieratevi qui bene:

l'amabile Lisetta ora se n' viene.

Scena quarta

Lisetta vestita con tutta eleganza.

[N. 4 - Aria]

LISETTA

Presto, dico,

avanti, avanti,

che vo' tutto

ormai comprar.

Le galanti

più brillanti

voglio io sempre

superar.

Sì, son volubile,

son capricciosa,

le mode nobili

solo mi piacciono,

vo' sempre spendere

per ben goder.

Viva l'amore,

viva il bel tempo,

viva la moda,

viva il piacer.

Recitativo

FILIPPO

Signori, qui lasciate

ciò, ch'ella scelse, e i conti preparate.

(viano i venditori)

LISETTA

Che ti sembra, Filippo:

ho buon gusto?

FILIPPO

Tu sei

sempre bella egualmente agl'occhi miei,

oggi sei lieta appien.

LISETTA

Sì, ma se torno

a pensar che mi espone

sopra i pubblici fogli il genitore,

rinasce il male umore.

FILIPPO

Oh, ti consola

ci troverem rimedio.

LISETTA

Chi s'avanza?

Scena quinta

Alberto, e detti.

ALBERTO

Vi saluto Filippo.

FILIPPO

Mio padrone,

quale onor?

ALBERTO

Vi dirò: sulla gazzetta

lessi un avviso al pubblico.

FILIPPO

(Ecco il primo.)

LISETTA

(Mi vengono i sudori.)

ALBERTO

Una ragazza

da maritare, esposta ad un concorso,

che si promette bella, graziosa,

giovine, spiritosa

piena di rarità.

FILIPPO

(Non l'ha sbagliata!)

LISETTA

(Che pena.)

ALBERTO

Voi saprete...

FILIPPO

Io non so nulla.

ALBERTO

Voi simulate invan... ma ai contrassegni,

la statura, i color, gl'occhi, la testa...

LISETTA

(Ohimè!)

FILIPPO

(Ci siam!)

ALBERTO

Tutto lo mostra: è questa;

signora, volete essere mia sposa?

LISETTA

(Ah Filippo...)

FILIPPO

Che cosa dite a quella?

Non è la donna lei della gazzetta,

e a farvene più certo,

ci aggiungo, padron mio,

ch'è maritata, e il sposo suo son io.

ALBERTO

Domando scusa, io non sapevo niente.

LISETTA

(Filippo rimediò subitamente.)

(viano Filippo e Lisetta)

Scena sesta

Doralice, poi Alberto.

DORALICE

È comoda la stanza,

vi è pure un bel balcone, ma chi è questo...

ALBERTO

(Eccola qua, se quella non è stata,

senz'altro sarà questa, e non mi spiace,

se devo dire il vero;) signorina,

volete un po' accordarmi

il piacer di ascoltarmi?

DORALICE

Perdonate:

non c'è mio padre.

ALBERTO

Per l'invito io venni

da lui nella gazzetta?

DORALICE

Che invito? Che gazzetta?

ALBERTO

Voi dovreste saperlo. Ad un concerto

per trovarvi marito egli vi espose.

DORALICE

Che sento! E sarà vero?

ALBERTO

Ella è così.

Non è italiano vostro padre?

DORALICE

Sì.

ALBERTO

Negoziante?

DORALICE

Appunto.

ALBERTO

Non v'è dubbio, voi siete.

DORALICE

O me meschina!

Io vo' per le gazzette?

Guarda un po' che cervelle maledette!

ALBERTO

Se v'offesi domando a voi perdono.

DORALICE

Troppo infelice io sono.

(piange)

ALBERTO

E a che piangete?

Alla fin non è cosa

da piangere l'acquisto d'un marito,

e foss'io quello, che già innamorato

mi son di voi.

DORALICE

Dipendo da mio padre.

ALBERTO

E s'ei mai vi accordasse

all'ardente amor mio?

DORALICE

M'accorderebbe allor quel che desio.

(via)

Scena settima

Alberto, poi don Pomponio.

ALBERTO

Che strano caso è il mio. Vengo per burla

e mi trovo davver preso d'amore?

Ma ecco in tempo il suo genitore.

POMPONIO

Oh che strepito ha fatto la gazzetta

pe' tutte li cafè! Quante la leggeno

affé ca se smascellano de riso,

e da ciò n'argomento

ca fa ridere a tutte il mio talento.

ALBERTO

(Coraggio!) Mio padron.

POMPONIO

Oh tu si' stato

cchiù matenante, aje fatto buono assaje

a benì primmo che bene la folla;

nfra n'auto poco, pe bedé 'sta nenna,

ha da correre ccà meza la Senna.

ALBERTO

Io l'ho veduta.

POMPONIO

E che te pare, è cosa

de zucchero?

ALBERTO

Bellissima, e per questo

vi prego di concederla a me in sposa.

POMPONIO

Accossì lesto lesto? M'aje da dire

primmo nomm'e casata,

patria, quant'anne tiene,

addo' vaje, da do' viene... vi', a usanza

de passapuorto.

ALBERTO

Il nome mio è Alberto...

POMPONIO

Alberto? Nome secco!

Non è nome pe figliema 'sto nomme.

ALBERTO

Ma che fa il nome?

POMPONIO

Comme,

che fa? Ave d'avé del rimbombante.

Vì lo mio comm'è bello, e spaziuso?

Pomponio Storione.

Pomponio vo' di' Pompa,

e contiene in sé stesso, mano mano,

Pompilio, Pompeo e Pompeiano.

ALBERTO

Ma un nome...

POMPONIO

E sient'appriesso.

Po' nce sta Storione...

ALBERTO

Ch'è un buon pesce...

POMPONIO

Che pesce, e baccalà? Siente... Storione

vene da storia, e chesso

dinota ben che della mia persona

un dì se ne farrà 'na storiona.

ALBERTO

(Oh che fanaticaccio!)

POMPONIO

Sentimmo mo il casato.

ALBERTO

De Filippi.

POMPONIO

Chi mo? Lo schiattamuorte?

Vattenne, figlio mio,

che mme vuo' atterrà filiema?

ALBERTO

(Oh, che asino!

Convien che spaccia anch'io qualche menzogna.)

Ma saper vi bisogna

ch'io trassi il mio casato

da Filippo il Macedone, che padre

fu d'Alessandro il Grande.

POMPONIO

Ah! nc'era tutto chesso, e tu astipato

te lo tenive 'ncuorpo? Mo non c'aggio

difficoltà, ma devo

forzì parlarn' a figliema.

ALBERTO

Poc'anzi

io ci ho parlato, ed è di me contenta.

POMPONIO

Embè, simm'a cavallo

va', miettete llà dinto, e 'nche te chiammo

jesce, e lle daje la mano.

ALBERTO

(Or sì che amor non fa sperarmi invano.)

(entra in una stanza)

POMPONIO

Oh! Le penzate meje songo n'incanto?

Scena ottava

Lisetta, poi Filippo, e Doralice in ascolto, indi Alberto dalla stanza e detto.

LISETTA

Proviamo un po' col pianto.

POMPONIO

Che d'è, tu chiagne. Uh! Uh!

LISETTA

La povera Lisetta

sta dentro alla gazzetta.

POMPONIO

Oh figlia mia!

E ncè cchiù bella cosa?

Appena t'ho stampata

e già t'ho maritata.

LISETTA

(Peggio!)

FILIPPO

(Ohimè l'ho perduta!)

DORALICE

(Non veggo qui, quel bel signor ch'io amo.)

POMPONIO

Che d'è, non mme rispunne?

Che bò dì sta paturnia intempestiva?

LISETTA

Io maritarmi non intendo affatto

per gazzette, e concorsi:

vi dissi, e ve lo replico,

con vostra buona pace

che sposa esser voglio io d'un ch'a me piace.

FILIPPO

(Brava la mia Lisetta.)

POMPONIO

Quanno sapraie de chi t'ho fatta sposa

fenarraje de fa la vroccolosa!

LISETTA

(Oh che colpo) Sentiamolo.

FILIPPO

(Or mi perdo!)

POMPONIO

Con un certo si' Felippo.

FILIPPO

(Con me? Oh che contento!)

LISETTA

Ah papà caro caro,

vi abbraccio, vi ringrazio, non vi posso

esprimere il piacer che al cor ne sento.

POMPONIO

Lo bi mò? Saccio pure

ca nc'aje fatto l'ammore.

LISETTA

È vero, è vero.

FILIPPO

(L'eccesso del piacer mi ha già stordito.)

POMPONIO

È vero, è vero! Oh figlia benedetta

tenive ch'essa abbramma de marito

e mo mme stive a fa la sbogliatina.

LISETTA

Ah dov'è il mio Filippo.

FILIPPO

Son qua...

POMPONIO

Non dico a te.

Jesce guè, tu che staje llà dinto ascoso.

Questa è la sposa tua, questo è il tuo sposo.

(esce Alberto)

LISETTA

Questo?

ALBERTO

Questa?

FILIPPO

Come?

DORALICE

Che?

POMPONIO

Chisso, chessa, e mbé, che nc'è?

[N. 5 - Quinetto]

LISETTA, DORALICE, ALBERTO, FILIPPO E POMPONIO

(Già nel capo un giramento

mi cammina lento lento,

e più sordi colpi, e cupi

un sospetto al cor mi dà.)

LISETTA

Voi Filippo avete detto

or che ci entra quello là?

POMPONIO

Te diss'io ca co' Felippo

appuntato avea lo 'nchippo

'e macedone Felippo?

Tal e quale è chillo llà.

ALBERTO

Vostra figlia a me promessa

voi avete, or dove sta?

POMPONIO

Sissignore, chesta è essa:

pigliatella, eccola llà.

DORALICE

Chi gli date? A me il signore

giurò amore, e fedeltà.

POMPONIO

E ussorìa lo bell'umore

si' benuto a farme ccà?

ALBERTO

Vostra figlia è maritata.

POMPONIO

Maritata?

ALBERTO

Certamente.

E il suo sposo è quello là.

POMPONIO

E chess'auto comme va?

LISETTA

Non conosco che Filippo,

io non amo, che Filippo,

io non voglio, che Filippo,

e Filippo vo' sposar.

FILIPPO

Io non amo che Lisetta,

sol conosco la Lisetta,

bramo sol la mia Lisetta,

e Lisetta mia sarà.

POMPONIO

Non avrai tu lo Felippo,

non avrai tu la Lisetta,

no cortiello ccà t'azzippo,

te sdellommo sa fraschetta,

vi' che lega, che farriano

locandiere, e nobiltà!

Signornò, non sia pe ditto,

ca ve scanno, v'arroino,

figlia fauza, malantrino,

oje ve tiro a 'nnabbessà.

TUTTI

Mi par d'esser con la testa

in un'orrida fucina,

ove cresce e mai non resta

un continuo sussurrar.

Alternando questo, e quello

pesantissimo martello,

che coi colpi d'ogn'intorno

fanno l'aria rimbombar.

(viano)

Scena nona

Madama la Rose, poi Doralice, indi Pomponio, ed un suo Lacchè.

Recitativo

MADAMA

Io in questa locanda

un mese ci ho alloggiata;

or sono venuta

per ridere con quel della gazzetta;

verrà pur Traversen,

ch'ancor se 'l vuol godere;

ma necessario è prima

ch'io mi faccia veder dal locandiere.

(via, e torna)

DORALICE

Offesa, or sì, da quel signor mi chiamo,

ma non posso negar che ancora l'amo!

Ma son nel dubbio ancora

se m'abbia o no tradita.

Che quella briga non l'ho ben capita.

Basta, vedremo, il certo

è che amante sono io,

e mi accomodo il tutto a modo mio.

Anche Filippo vuole

ch'io sua sposa mi finga.

MADAMA

Signora mia compagna di locanda,

vi riverisco.

DORALICE

Serva vostra.

MADAMA

Avete

volontà di spassarvi un pochettino?

DORALICE

Io vorrei, ma non posso, ho altro in testa.

MADAMA

Via spassiamoci un po', vedete quello

che vien di malo umore?

Egli è un viaggiatore

si chiama don Pomponio, e a dirla bella,

è di questa locanda il Pulcinella.

DORALICE

Farò quello vi aggrada.

MADAMA

Siamo di età che a guai non si ci bada.

POMPONIO

Tommasì, che ne dici? Io stea facenno

concurze pe trovarlo no marito,

e chella già se lo tenea stipato.

Oh che figlia briccona! Che po' dire,

che al teatro del mondo

io l'abbia messa in scena a 'sta signora

ca non par che fui io lo butta fora.

MADAMA

(Ah, ah!)

DORALICE

(Proprio ridicolo!)

POMPONIO

Ma mo la servo io comme se deve,

pe primmo cchiù i non la farò chiammare

Lisetta Storione

ma la sie Lisa, l'alloggiamentare.

Pe secunno l'escludo

dalla mia eredità, ed in terzo e ultimo,

ogge mme nzoro, faccio un mascolillo,

e chello ch'era sujo sarrà da chillo.

MADAMA

(L'avete inteso?)

DORALICE

(È veramente un zucchero!)

POMPONIO

Va' da lo stampatore

e di' che lesto lesto

me mette al foglio n'auto manifesto

sientelo, e dimme si nce manca niente.

MADAMA

(Or sì che riderem!)

DORALICE

(Sicuramente.)

POMPONIO

(legge)

«L'istesso mercatante italiano

che invitò intieramente

il popolo dei Galli

per darlo tutto in sposo alla sua figlia,

invita adesso tutte le galline»...

Tu perché ride? Vi ca si no ciuccio?

Tanto è gallina, quanto è francesina.

Galline, avimmo ditto...

...«dal qual sarà prescelta la più grassa

a cui destinerà l'alto trofeo

di far con esso un gallico imeneo.»

Va', zompa, e torna priesto.

(si fanno avanti)

MADAMA

Facciamoci vedere.

POMPONIO

E sa che trasero,

a sta locanna, de madamuselle

se vedarrà ccà oje,

e essa schiatta... ed eccone ccà doje.

Madame.

MADAMA

Vostra serva.

DORALICE

Mio padrone.

POMPONIO

Gia l'avite saputo, e site corze.

Faciteme na grazia

chi è zetella, de loro signore?

MADAMA

Io no perché ho marito.

POMPONIO

E tu manco cred'io pe conseguenza.

Ca t'ho bista poc'anzi

là col tuo majo, te si fatt'aceto.

DORALICE

Ma una cosa è l'amante, altra il marito.

POMPONIO

E dunque siamo al caso.

Videte buono primmo il fatto tujo,

acciò po appriesso non facimmo chiacchiere.

L'anne mieje so cinquanta già sonate

ma zompo comm'un lepero, sò agibile,

chesso è grasso de colera

e non è rignonata, l'ossa meje

so tutte nove, e il sango è no rosolio.

Si fa pe tte sto scampolo,

farraje un gran negozio, e prejatenne

si non buò farlo di' bonnì, e battenne.

DORALICE

Perché no? Siete voi tanto bellino

che acciecandovi gl'occhi, o mio signore,

vi prenderebbe ognun pe 'l dio d'amore.

POMPONIO

Mettimmo a 'no cantone

le cerimmonie, e dammo al chiodo.

MADAMA

(È scaltra

la signorina!)

POMPONIO

Essenno ch'io mme 'nzoro

pe' fa' 'na posta a figliema, vorria

fa' lesto lesto, vuje credo ch'avite

qua patre de le vuoste?

O manco lo tenite.

DORALICE

L'ho: ma io

fo quel che voglio, e il padre non s'intrica,

vuol sol bere, e mangiar senza fatica.

POMPONIO

Benedetto pozz'essere,

chisso vo' campa assaje, e già ch'è chesso

vorria spezzolia.

DORALICE

Come s'intende?

POMPONIO

E mo ve lo dich'io,

favoriteme un po' chella manella.

DORALICE

Voi siete un viaggiatore?

POMPONIO

Per servirla.

DORALICE

E la man ci daremo

quando poi giungeremo per esempio,

nelle contrade persiche.

POMPONIO

Gnernò, non boglio perzeca;

io volorrìa per ora,

preganno a la signora,

un preludio assaggiar del matrimonio.

DORALICE

Ecco com'io rispondo al sior Pomponio:

in voi trovato avrei quel che desìo

ma non posso, ché il cor non è più mio.

[N. 6 - Aria]

Ah, se spiegar potessi

a voi gli affetti miei,

indegna non sarei

di tenera pietà.

Sappiate... ma che dico!

Io son... ma non mi lice;

spero che un dì felice

il ciel mi renderà.

(via)

Recitativo

POMPONIO

A comme m'ha parlato chesta nenna

me figuro ch'è fatta la facenna.

MADAMA

(Ci è entrato nella trappola.)

POMPONIO

Che faccio?

Me 'nzoro; e lasso l'unico zampillo

del sango mio dint'a 'na locanna!

E non direbbe chella sbentorata

«Mi lasciasti, e perché? barbaro tata

MADAMA

(Sta tutto in moto, e pensieroso.)

Scena decima

Filippo da dentro, e detti.

FILIPPO

Animo, fuori quella biancheria

di Fiandra, ammanetevi

i bucati, spazzate ben le stanze,

vi raccomando tutta la decenza,

che verran passeggier di conseguenza.

POMPONIO

Oh mo proprio le voglio

fa provà cierti pacchere

che comm'a chille non ne magna cchiù.

(esce Filippo con camerieri)

MADAMA

(Che sarà che non può mandarla giù.)

POMPONIO

Ne', galantomo...

FILIPPO

Adesso...

Va' di là tu a cambiare quei lettini

e raddoppia i cuscini, pulizia

bramo, e sollecitudine, altrimenti

opro il baston, se non starete attenti.

POMPONIO

Ne', mi signò...

FILIPPO

Adesso. In ogni stanza

non fate mai l'acqua mancar, cambiatela

in ogni ora, e non fate

aspettarvi, se i passeggier vi chiamano.

Fate il vostro mestiere

con tutta la creanza

andando a visitar spesso la stanza.

POMPONIO

Gue', io a te dico...

FILIPPO

Adesso. I candelieri

pria che il ciel si fa bruno

sian tutti pronti.

POMPONIO

E ccà nce ne sta uno,

dico, ne', pozzo...

FILIPPO

Adesso.

POMPONIO

Tu ch'adesso

l'arma soja? Io adesso

te scannarria, e tu me dice adesso.

FILIPPO

E perché? Che v'ho fatto?

POMPONIO

Niente, ne'?

FILIPPO

Niente affatto.

POMPONIO

E lo fatto de figliema?... Jere ommo,

tu, gallotta sporpata,

d'apparentà, co' casa Storione?

MADAMA

(Or capisco cos'è la questione.)

FILIPPO

Mi promettete di star sodo, mentre

io vi parlo con tutta modestia?

POMPONIO

Di' ca sto sodo.

FILIPPO

Voi siete una bestia.

Perdonate.

POMPONIO

Si serva.

FILIPPO

Voi credeste

veramente ch'io sposo

ero di vostra figlia?

POMPONIO

Lo credette

sicuro.

FILIPPO

E siete un asino.

Perdonate.

POMPONIO

Mme faccio maraviglia.

FILIPPO

E che la vostra figlia

mi disse ch'io fingessi esserle sposo

per voler vendicarsi

che la metteste dentro alla gazzetta

nemmen lo sapevate?

POMPONIO

No!

FILIPPO

E siete arcibestia.

Perdonate.

POMPONIO

Oh! Mi onora.

FILIPPO

E acciò vi accomodate le cervella,

sono ammogliato, e la mia moglie è quella.

Diglielo.

MADAMA

Per servirvi, io son sua sposa.

(Questo Filippo me lo ha anticipato.)

FILIPPO

Che dite adesso, mi volete morto?

POMPONIO

Miettetece n'auta bestia, ch'aggio tuorto.

MADAMA

(Ah! ah! Tutto si beve!)

FILIPPO

Di più. Voi conoscete

Usbanguting Qualching e Inch Subunagh?

POMPONIO

Che saccio, sbuagotingo ntingo, e ntogo.

FILIPPO

È questo un ricco quakero,

il qual le doppie le misura a staja,

che dal Capo Breton passò in Olanda

ad oprar casa di negozio, adesso

ritrovasi in Parigi, e avendo letto

nel foglio, di Lisetta

il merto sopramano,

frappoco la sua mano

vi verrà a dimandar, e questi appunto

son quelli forestier che sto aspettando

andiam, mia sposa.

MADAMA

Andiamo, al suo comando.

(viano)

POMPONIO

Statte bona, e io tengo 'sto vizio

che senza mazzecà m'agliotto pure

no chiuovo de carrozza! Ecco Lisetta,

e bene allegra allegra! Sta fraschetta

n'ha fatto piglià collera! Abbesogna

darle un timore. Ma, da n'auto canto,

è piccerella, e non sa cchiù che tanto.

Scena undicesima

Lisetta, e detto.

LISETTA

Papà, notizie belle...

Che sorte! Che contento! Oh benedetta

che sia la vostra testa e la gazzetta!

POMPONIO

Pe chesso son con te, e dice bene;

ca la mia testa è n'araba fenice,

ch'una al mondo nce n'è, comme se dice:

vamme dicenno sta notizia bella.

LISETTA

Un quakeron, ricchissimo signore,

leggendo i pregi miei nella gazzetta

si è di me innamorato, e vien di pressa

qua per farmi signora e quakeressa.

POMPONIO

Chesso lo saccio, e addo' te l'aspettave

sta chioppeta de mele?

Vi mo si le gazzette

non fann'utile al corpo? Io so ommenone,

e per questo il mio nome

sino al ciel di Saturno,

pe l'aria ha da volà comm'a no sturno.

LISETTA

Papà, quando poi sposa

sarò del quakeron, mi vederete

più seria, e tesa tesa

caminare così, e nel vedermi,

quando passo in Olanda

mi loderanno appieno

la Schelda, l'Ocean, la Mosa e il Reno,

ed in Bergopzom ed in Mastrik

quando son salutata

m'abbasso tutta un pezzo, e poi m'inalzo

e con un mio sostegno il più galante

addidu mister dico, e passo avante.

POMPONIO

Oh figlia bella mia!

Comme tenive 'ncuorpo

sta carta geografica,

e papà tujo non sapeva niente?

LISETTA

(Filippo m'insegnò subitamente.)

POMPONIO

Ma n'auta vota non t'arresecare

d'abburla' il genitor, per vendicarti

ca te mettette dint'a la gazzetta,

si no nc'abbusche quacquaressa, e bona

dicite «Io non boglio altro

che Filippo, Filippo».

E chillo sfortunato

di Filippo fingea, ch'era 'nzorato.

LISETTA

Che, ammogliato Filippo?

Filippo maritato?

Filippo ha moglie? Come

s'è ammogliato Filippo?

POMPONIO

Comme? Comme s'ammogliano

tutte l'auti Filippe de lo munno,

che maravaglia? Poco nc'è mancato

e mme trovave porzì a me 'nzorato.

LISETTA

(Ah scellerato! Ah perfido!

Ah traditor! E a voi chi ve l'ha detto?

POMPONIO

Chi me l'ha ditto? La mogliera soja

ch'ha parlato co' mmico

ma cca, e isso pure che co chella

aunito se ne jette alliegro, alliegro.

LISETTA

(O ciel... che colpi al core.

Che rabbia! Che veleno! Tutto il sangue

par mi si gela!)

POMPONIO

Tu chhe te sentisse

venì, Lisé, qua simpeca?

LISETTA

No, no.

POMPONIO

Comme no? Tu me pare

ch'aje perzo il tuo colore burgenzatico,

e schitto nfaccia tiene, po' al contrario,

'sto poco de rossetto ausiliario.

Va', statt'alegramente

mo vene il quacquerone...

LISETTA

Non me lo nominate

che divento una furia, e ve l'anticipo:

appena che lo vedo

gli corro addosso e gli sgraffigno il viso,

presto, subito, adesso

voglio partir, che, sulla mia parola,

se non venite, me ne vado sola.

POMPONIO

Aspe'... oh bennaggioje! Io creo ca mammeta,

quann'era prena a te jett'a bedere

li pazze a Averza, po' venne a figliare

e me facette a te, che pe cervelle,

ncapo nce tenarraje doje mozzarelle.

Tu mo n'aje ditto ccà, ca lo volive?

LISETTA

Ed or vi dico, che più non lo voglio.

POMPONIO

E che buo', che pe' Franza

mi chiammano sul muso

gazzettante falzario e patre intruso!

LISETTA

Vi chiamin come vogliono. No ho detto

e no sarà, io sono

una di quelle donne

che al mondo si dicono ostinate.

POMPONIO

Ma saje ca nce so chelle

che al mondo po se dicono mazzate?

E già me so sagliute

i paterni vapori, tiene mente

comme sò fatto brutto

e miettete a tremmà. Guè, non di manco

cchiù na parola, sa? Te sia pe regola,

che addeventato n'aseno sò mone,

ogne parola conta un scoppolone.

LISETTA

Io non parlo.

POMPONIO

E perché mo aje parlato?

LISETTA

Io non ho detto niente.

POMPONIO

E torna! Vocca

non aje d'aprì.

LISETTA

Chi apre

bocca...

POMPONIO

Oh mmalora! Io che t'ho ditto?

LISETTA

Oh bella!

Voi sempre state a fare

cià, cià, cià, cià, cià, cià, e poi mi dite

ch'io parlo.

POMPONIO

A me se dice

cià, cià, cià, cià, cià, cià? E io mo propio

te le boglio sonà.

LISETTA

(fugge)

Uh papà mio...

I scoppoloni a me?

POMPONIO

A te ch'a chi?

LISETTA

A Lisettina vostra?

POMPONIO

A Lisettina mia.

LISETTA

A Lisettuccia?

POMPONIO

A Lisettuccia.

LISETTA

Ma

se sol per questa volta

farete tutto quel che piace a me,

di sbagliarla pericolo non v'è.

POMPONIO

Ben, di' tu ch'ho da fa', tu mi consiglia

comme tu foss'il padre, e io la figlia.

LISETTA

E giusto per balordo non passare

tutto quel che dico io dovete fare.

[N. 7 - Duetto]

POMPONIO

Pe da' gusto a la signora,

ch'ho da fa vorria sapere?

LISETTA

Voi dovete ognor tacere,

e a me sola lasciar far.

POMPONIO

Ma si vedo?

LISETTA

Si fa il cieco.

POMPONIO

Ma si sento?

LISETTA

Si fa il sordo.

POMPONIO

Signornò, non te l'accordo,

vede' voglio, e ho da parlar.

LISETTA

Passerete per balordo,

vi farete corbellar.

POMPONIO

Alle corte: no me state

a guastà tutt'i miei piane

o me scappa...

LISETTA

Che vi scappa?

POMPONIO

No schiaffone da ste mane.

LISETTA

Via mio padre vi calmate.

POMPONIO

Ma nce vonno le mmazzate.

LISETTA

No, mio padre, mio sostegno,

se son buona ognun lo sa.

Ma se ognor mi fate oltraggio

morir posso...

POMPONIO

Buon viaggio.

LISETTA

Voi vedete il mio lamento

senza aver di me pietà.

POMPONIO

Nel vederla già mi sento

porì l'uocchie lammiccà.

LISETTA

Seguitate a minacciarmi!

Maltrattarmi, spaventarmi!

POMPONIO

Viene a tata.

LISETTA

Son sdegnata.

POMPONIO

Lisettuccia.

LISETTA

Non ci vengo.

POMPONIO

Lisettina.

LISETTA

No, papà.

Per placarmi aver vogl'io

cento amanti ognor d'intorno,

far la matta nott'e giorno,

e mai quakeri sposar.

(Con i padri di tal fatta,

ecco qui come si fa.)

POMPONIO

E ba' apara ste cervella,

fa capace a sta frascona,

ogge affé chessa briccona,

quacche guaje me fa passà.

È mia figlia nata matta,

e cchiù matta morarrà.

(via)

Scena dodicesima

Madama, Traversen, Doralice, Anselmo, ed Alberto.

Recitativo

MADAMA

Stiamo a guardar, che ci sarà da ridere.

TRAVERSEN

Curioso spettacolo

son proprio i finti quakeri.

ANSELMO

Ho timore

che la burletta non si farà tragedia.

DORALICE

(Né parlar posso a chi parlar vorrei.)

ALBERTO

Possibil, che costei

sia figlia al sior Pomponio,

e destinata al Quakero in isposa.

Vediamo come va cotesta cosa.

MADAMA

Sù dentro ad osservar le belle scene.

ANSELMO

Il ciel lo facci che finisca bene.

(viano)

Scena tredicesima

Lisetta, e Pomponio, Filippo da quakero, ascoso sotto folta parrucca che scende sulle spalle e sugl'occhi, seguito da altri Quakeri.

POMPONIO

Priesto miette teseca, e in sussieguo,

le bi'? mo se ne traseno

a passe decestunia, statt'attiento

a fa l'obbreco tujo, e de non fare

fa cattiva figura al genitore.

LISETTA

L'avrà da far con me quel traditore.

[N. 8 - Finale I]

FILIPPO

Bondì te pater,

ve salutingh.

POMPONIO

Bondì te figlio,

te salutingh.

FILIPPO

Bondì te fillis,

ve salutingh.

POMPONIO

Non buo' risponnere

di salutingo,

o mo te mollo

no scoppolingo,

che la teninga

te fa vasà.

CORO

Te Pomponie, te Lisette

inghinar,

quakerà, quakerà.

Bon pater, bel filles

quakerà, quakerà.

FILIPPO

Te Pomponie Ital nazion?

POMPONIO

Sempe ai vostri comandonio.

FILIPPO

Te olandese intellegin?

POMPONIO

Signornò, no intellegir?

FILIPPO

Italiano y provar.

POMPONIO

Accossì saccio parlà.

LISETTA

(Vien, ti vo' gli occhi cavar.)

FILIPPO

La tua mano stringhe quella

di Berlic Berloc ton ton.

POMPONIO

Chià... malora troppo onore.

FILIPPO

Cherimonie il quakerone

non conosce, non amar.

La tua figlia gazzettata

già lo so, che appunto è quella.

POMPONIO

Sissignore, io l'ho stampata.

FILIPPO

Mi sentito penetrata

di sua grazia, e sua beltà.

POMPONIO

Don Berloc, mme consolate,

questa è tutta sua bontà.

LISETTA

Ah di dargli due graffiate

brucio or or di volontà.

CORO

Fortunate, e buon papà,

figlia ha tante rarità.

POMPONIO

Tutta vostra gran bontà.

O miei cari quakerà.

Dunque spiccia si te pare?

FILIPPO

I non face gran parole,

e la sposa quando vuole.

POMPONIO

Va' fa priesto figlia mia,

a chi piense non se sa.

LISETTA

Che voi siete un imprudente,

non si sa chi diavol sia,

che la gente bene a fondo,

convien prima esaminar.

D'impostori è pieno il mondo,

hanno facce da ingannar.

FILIPPO

(Ecco tutta sconquassata,

la mia macchina s'è già!)

POMPONIO

De sta figlia mmalorata

lo sa il ciel s'io son papà.

LISETTA

Or quel volto di briccone

ti vo' tutto sgraffiar.

(qui escono Doralice, Anselmo, Madama e Traversen)

POMPONIO

Vi ca chisso è quacquarone,

ca nce po precipità!

ALBERTO

La sua figlia, io non comprendo

se sia questa, o quella là.

DORALICE

Più per quel d'amor m'accendo

senza averne volontà.

LISETTA

(Ciel, che feci! Troppo ardita

fui con quel, che ho sempre amato!

Ah me stessa avrò tradita,

forse, oh dio! se reo non è!)

FILIPPO

(Ahi qual tetro orror mi assale!

oh che tremito mi viene!

Sono in odio al caro bene!

Come più placarla, ohimè!)

ALBERTO

(Di stupor per quel che veggo,

dubbio il cor mi balza in seno!

Questo dì pavento appieno

che fatal non sia per me.)

POMPONIO

Le mazzate oltramontane

mo avarraggio da provà.

Chella llà menò le mmane,

e lo gnore ha da pagà.

DORALICE

Son stordita a tanto eccesso,

e sa il ciel, che n'avverrà.

MADAMA

Gran disturbi per adesso

prevedendo io sto di già.

TUTTI

Ah che ormai tra il finto e il vero

già traballa il mio pensiero!

E lo sdegno, ed il timore

mi sta l'alma ad agitar.

FILIPPO

(Ah non posso il mio furore

più calmar per verità.

Sul suo matto genitore

la vendetta or piomberà.)

Vechel molh tirtà lulà

sangue, sangue io bramo qua.

TUTTI

Ma calmatevi, cospetto!

questo è un chiasso maledetto,

tanto strepito, signori,

in locanda non si fa.

POMPONIO

Ma fenimmola a mmalora,

ca chiù capo n'aggio affatto,

che mmalora v'aggio fatto,

o miei cari quacquarà?

CORO E FILIPPO

Quel ribaldo, quel briccone,

quel Pomponio furfantone

morto al suol cader dovrà.

Atto secondo
Scena prima

Camera nell'istessa locanda.
Madama La Rose, Traversen, Anselmo, Doralice.

Recitativo

MADAMA

Ah, ah! Che scena! Io moglie di Filippo?

Quanto, signor Anselmo, mi rallegro

che da Milano veniste

a me raccomandato.

ANSELMO

Io più di voi, che non conoscendovi

di monsù Traversen vi ho dimandato

ed in voi l'ho qui subito trovato.

TRAVERSEN

Se vogliamo poi la nostra amicizia

passarla a parentela, vi domando

la vostra buona figlia per sposina.

ANSELMO

(Evviva la franchezza parigina!)

DORALICE

(Cosa costui pretende?)

ANSELMO

Con tutto il mio piacer subitamente.

DORALICE

(Ma io di questo non ne farò niente.)

TRAVERSEN

Andiamo adesso a stender il contratto.

DORALICE

(Ma io di questo non ne farò niente.)

TRAVERSEN

(Misera me!) Pian pian...

ANSELMO

Non c'è pian piano.

Figurati ch'è sua già la tua mano.

MADAMA

Certo il vostro papà non sbaglia in questo,

e più bei matrimoni

son quelli che si fanno presto, presto.

[N. 9 - Aria]

Sempre in amore

sono io così

e un cicisbeo

m'offre il suo cuore

io mai non faccio

la svogliatina,

ma co' la grazia

che ci cammina

l'accetto subito,

gli dico sì.

Pria l'alterigia

di donna bella

era dagl'uomini

tanto apprezzata;

ma adesso, credimi,

non è più quella,

la nostra regola

presto fallì.

(viano, Traversen si porta Doralice pe 'l braccio)

Scena seconda

Alberto, che ha veduto Traversen a braccetto con Doralice, poi monsieur Traversen che ritorna.

Recitativo

ALBERTO

Or ve', quella infedele

con che franchezza marcia a braccio a braccio

con monsù Traversen? Ma a quel che vidi,

la donna non è lei della gazzetta!

Filippo m'ingannò! Ma sia chi sia,

impressa sempre l'ho nell'alma mia.

TRAVERSEN

Oh, voi qui siete Alberto?

ALBERTO

Vi ho veduto a braccetto...

TRAVERSEN

Con mia moglie.

ALBERTO

Vostra moglie?

TRAVERSEN

Certissimo.

L'ho domandata al sior Anselmo, il padre,

e lui me l'accordò, ed or di fatto

verrà il notar per stendere il contratto.

(via)

ALBERTO

Un colpo sì crudele

avvilito m'ha già, il locandiere,

che inventa tante trappole,

sol mi potrebbe dar qualche consiglio

da poter dar riparo al mio periglio.

(via)

Scena terza

Filippo, poi Lisetta.

FILIPPO

Non ancora ho potuto

sola veder Lisetta per poterla

disingannar! Ma che mi giova? Il padre

sta per abbandonar la mia locanda,

e allor dir posso mie speranze addio.

LISETTA

(Qui l'impostor, ma adesso

gliele voglio cantar come soglio io.)

FILIPPO

Cara Lisetta mia...

LISETTA

Qual confidenza?

Credevi veramente, ch'io t'amava?

Uh, sciocco! Io mi spassava

con te, che uom sei tu! Cos'hai di bello?

Va', va'; metti giudizio pazzarello.

FILIPPO

Ciò lo dici per sdegno, già il so bene,

ma sappi che ammogliato io mai non fui,

finsi così per torre ogni sospetto

al tuo padre di me; tempo non ebbi

di avvertirtelo allora. Ero io capace

d'ingannar l'idol mio? Sù, facciam pace.

LISETTA

No da me pace più sperar non déi

conosco ben chi sei, marcia bugiardo,

né aver più ardir di rimirarmi in volto.

FILIPPO

Ma posso dirti almen?...

LISETTA

No, non t'ascolto.

FILIPPO

Dunque addio, più Filippo non vedrai.

LISETTA

Queste son tutte grazie che mi fai.

[N. 10 - Duetto]

FILIPPO

In bosco ombroso e folto

vo a darmi un colpo atroce,

e l'ultima mia voce

Lisetta chiamerà.

LISETTA

Figlio, non ho che farti,

cerca licenza, e parti,

n'avrò qualche dolore

ma poi mi passerà.

FILIPPO

Barbara...

LISETTA

Olà, creanza.

FILIPPO

Crudel...

LISETTA

Qual confidenza?

FILIPPO

Addio per sempre, addio.

Più a te non tornerò.

LISETTA

(Non so se a lungo oh dio!

resistere potrò.)

LISETTA E FILIPPO

(Qual fier contrasto, oh dio!

mi sento ormai nel seno!

Affetti del cor mio

frenarvi più non so.)

FILIPPO

Da te m'involo...

LISETTA

Aspetta.

FILIPPO

E m'ami?

LISETTA

Non lo so.

FILIPPO

(in atto di partire)

Dunque...

LISETTA

Cos'è tal fretta?

FILIPPO

Ti lascio.

LISETTA

Adagio un po'.

FILIPPO

S'è vero che ancor m'ami

perché mi dici no?

LISETTA

Quel che ascoltar tu brami

adesso ti dirò.

Io son quell'ancora

tua cara Lisetta

che t'ama, e t'adora,

che brama, che aspetta

quel giorno, quell'ora

che amor ci unirà.

FILIPPO

E son quell'istesso

Filippo tuo caro

che, senza il possesso

d'un volto sì raro,

dolente ed oppresso

ognor si vedrà.

LISETTA E FILIPPO

Felici momenti

deh, quando giungete,

che lieti e contenti

amor ci farà?

Amor, quali amanti

più sperar mercede

se premio a tal fede

da te non si dà.

(viano)

Scena quarta

Alberto solo.

[N. 11 - Recitativo ed aria]

Chi creder mai poteva

che dolce, e caro un mio nascente amore

cagionar mi dovea sì gran dolore?

In quanti rei pensieri

sta confuso il mio cor! Freme, s'aggira,

smania, sbalza, delira, e in un momento

da mille furie tormentar mi sento!

Barbaro amore, ah tu lo stral dorato

vibrasti in me per darmi con inganni

brevissimo contento e lunghi affanni.

O lusinghiero amor,

se il caro ben m'involi

da me che più pretendi,

che sempre più m'accendi

co' le tue fiamme il cor?

O lusinghiero amor,

se sordo ai miei lamenti

già ti mostrasti appieno,

toglimi omai dal seno

un sì ostinato ardor.

Tra cento furie, e cento

palpita l'alma mia,

ma più mi dà tormento

la fiera gelosia,

che il cor sta a lacerarmi

con barbaro furor.

Ma voce tenera

nel cor mi dice

che avrò per premio

quel dì felice

che calma, e giubilo

darà al mio cor.

(via)

Scena quinta

Filippo, poi Alberto.

Recitativo

FILIPPO

Tutto sta ben disposto a maraviglia,

spero che questa volta,

mercé il novello inganno,

la mia Lisetta non mi sarà tolta...

Signor Alberto, che cos'è? Voi state

tutto smanioso.

ALBERTO

Per tante menzogne

che tu inventasti.

FILIPPO

Punto qua. Or meco

Doralice ha parlato. Ella vi adora

e sarà cura mia ch'ella ben presto

sposa vi sia! Volete più di questo?

ALBERTO

Caro Filippo tu mi rendi il fiato.

FILIPPO

Ma s'ha da procurar... ch'oggi Pomponio,

come già ho risoluto,

oggi non parta dalla mia locanda;

e perciò artatamente

a duel nel giardin l'ho disfidato

e coraggiosamente ei l'ha accettato.

Vorrei lo disfidaste ancora voi

per dar tempo ai compagni di vestirsi

in altra guisa.

ALBERTO

Ma con qual pretesto

io l'ho da disfidar?

FILIPPO

Sulla ragione

che in sposa vi promise la sua figlia

e poi ve la negò. Com'io sfidato

l'ho, che per sua cagione

perdei di mia locanda il quakerone...

ma non si perda tempo. Andiamo noi.

ALBERTO

Io tutto spero dagl'inganni tuoi.

(viano)

Scena sesta

Giardino con casetta rustica con porta, praticabile.
Pomponio con un Lacchè che gli porta una spada di misura.

Recitativo

POMPONIO

Ad un mio pari un locandier disfida?

Ho dovuto accettà, mio Tommasino,

sai già che i fogli girano?

Anzi potea pur dir Parigi istessa

«Pomponio il grande diventò n'allessa.»

Mo che me staje dicenno

ca non saccio de scherma? E ch'è, pe chesso?

Tu mo comme te cride

ca il duello se fa? No, te dico io,

perché lo locanniero

quanno nguardia mme vede,

s'ha da mett'a fui comm'a no lepero.

In altro caso poi,

si non fuje isso, fuggiremo noi

tu ntanto non me perdere de vista;

e si maje vide ca sto p'abbuscare

curre subeto, strilla, e chiamma gente;

tu mo te figurasse

che chesta sia paura? Non signore,

auto non è, che un poco di timore;

mo vene, va', t'agguatta a quel cantone;

mettimmoce mo in aria de brottone.

FILIPPO

Io son qua.

POMPONIO

E ccà sto io.

(seri, e minacciosi)

FILIPPO

Io nella mia locanda v'ho alloggiato.

POMPONIO

E io t'aggio pagato.

FILIPPO

Per le vostre maniere stravaganti

si sono di qua i quakeri partiti,

e m'avete levato il pan di bocca.

POMPONIO

E che me preme de li guaje tuoje?

FILIPPO

Perciò dobbiamo duellar fra noi.

Su, fuor le spade.

POMPONIO

Chià... (Mmalora, chisso

non se mette paura.) Tu sta spata

la vide quant'è longa?

FILIPPO

La vedo, e che perciò?

POMPONIO

E mmo ammolata

me l'ha n'ammolafuorfece, te pozzo

fa male assaje, che buo' fare. Cercame

scusa, ca te perdono.

FILIPPO

Che scusa? Che perdono?

Che se non vi battete per viltate,

da voi se ne va al diavolo

di galantuomo il nome.

POMPONIO

(E se mi batto

se ne va po' a malora

la vita, e il galantuomo.)

FILIPPO

Su all'armi!

POMPONIO

(E Tommasino è stato acciso!)

FILIPPO

Cosa andate guardando?

POMPONIO

Aspetto il mio patino

vi ca mò è chello, curre Tommasino.

(viene il servo)

FILIPPO

Che! In due adesso? Oh tradimento. Entrambi

vi uccido...

(snudando la spada)

POMPONIO

All'armi, alò... ma chiano.

Armistizio pe mo, sientemi primmo,

e ripigliammo po l'ostilità.

(Io non c'aveva maje da veni cca.)

Vi' ca io songo n'uosso

che non saccio si tu te lo puo agliottere.

Io so nitroso, so bituminoso,

so sulfureo, so elastico;

e te consigliarria

de non t'arresecà.

FILIPPO

No, ho già deciso.

POMPONIO

Nzomma, vuo esse acciso?

E fa' comme vuo tu... Vi' ca tu muore,

no io, sa? (Ca già so muorto miezo

de sfunnolo.)

FILIPPO

Su, in guardia.

POMPONIO

Ecco cca... vanne

nelle stigie locanne...

Ma, testemmonia toja, ca tu si chillo

che buo' mori'... gnernò, no mme commene

io no coniglio di ammazzar non oso,

bacia la mano al vincitor pietoso.

FILIPPO

Che vincitor? Vi voglio

passare a parte a parte, presto...

POMPONIO

E priesto...

(E che priesto, si già 'mbraccia a Patano

sta il mio valor. E ch'accossì succede,

se spacca, e pesa. Se fa il guappo, e poi

così vanno a finire i grandi eroi.)

Scena settima

Alberto, e detti.

ALBERTO

A che coll'armi in mano?

Tu, Filippo, non devi

attaccar brighe col signor Pomponio,

io prendo impegno per la sua persona.

POMPONIO

(St'acquarella de maggio è stata bona.)

Lo siente? Chisto è stato

sempe no galantommo;

va, ringrazia la mia misericordia,

che no ha boluto stennerle ccà nterra,

io son guerrier di pace, e non di guerra.

FILIPPO

Ma perché il sior Alberto

m'impedisce il duello?

ALBERTO

Perché devo

io col sior Pomponio prima batterni

sino all'ultimo sangue

o mi uccide o l'uccido.

POMPONIO

Comme? (St'auta vigilia

non nci sta ncalannario.)

FILIPPO

Voi a torto

con lui vi batterte, ed io a ragione

che lui di qua partir fe' il quakerone.

ALBERTO

No, non a torto, a battermi con lui

la ragion mi consiglia

che mi promise, e poi negò la figlia.

POMPONIO

E te la dongo mò.

ALBERTO

E or non la voglio

dissetar mi vogl'io col vostro sangue.

FILIPPO

Ed il tuo sangue bevermi vogl'io.

POMPONIO

Sarà vino de Somma il sangue mio.

FILIPPO

Il duello non ve 'l cedo.

ALBERTO

Né io lo cedo a te.

FILIPPO

Verremo all'armi

pria fra di noi.

ALBERTO

Son pronto

decideranno prima i nostri brandi.

POMPONIO

Ah, sì chessa è la soja.

Mo parlate de uommene.

FILIPPO

Approvate

voi dunque il mio progetto?

POMPONIO

Manco Seneca

lo potea pensà meglio, a senno mio.

Comm'avite da fa mo ve dico io.

[N. 12 - Terzetto]

Primmo fra voi coll'armi

il punto sia deciso

ca co chi resta acciso

io poi mi batterò.

ALBERTO

Quando quel cor malnato

dal sen gli avrò diviso...

FILIPPO

Quando l'avrò mandato

a passeggiar l'Eliso...

ALBERTO E FILIPPO

Fra noi vedrem se ucciso

a torto io l'abbia, o no.

FILIPPO

Andiamo.

POMPONIO

(piano ad Alberto)

A te ch'aspiette?

ALBERTO

Su via.

POMPONIO

Su, dalle mp'ietto.

FILIPPO

Andiam.

POMPONIO

(Chisso s'ammola!)

ALBERTO

Non più.

POMPONIO

(Chiss'auto grida.)

ALBERTO E FILIPPO

Ebben l'affar decida

chi prima ha da pugnar.

POMPONIO

(Principio a risciatà.)

ALBERTO E FILIPPO

Ecco i soliti saluti

del duello inaspettato.

(Si consola il maledetto

e non sa che per diletto

lo faremo ancor tremar.)

POMPONIO

(Chilli fierre sò appuntute,

fa' potriano un bell'effetto!

Se sfonnassero lo pietto,

e fenesco de tremmà.)

FILIPPO

Con permesso.

ALBERTO

Io fo l'istesso.

POMPONIO

Che d'è mò, che nova nc'è?

FILIPPO

Il padrone della casa

ceder deve al forastiero,

e con lui pugnar primiero

tocc'a voi, non tocc'a me.

POMPONIO

Non è bero, non è bero.

ALBERTO

Questo è vero, questo è vero.

POMPONIO

Mme protesto, si è pe me.

ALBERTO

Senza dubbio tocc'a me.

POMPONIO

Dico io mo, non se potria

aggiustà chesta facenna?

FILIPPO

Per esempio, si potria...

ALBERTO

Presto a noi non più pensar.

POMPONIO

Ma lassamolo pensà.

FILIPPO

Quando il forte a noi si arrenda

si potria capitolar.

ALBERTO

Capitolar!

POMPONIO

Bravissimo.

ALBERTO

Per me son contentissimo.

Di usar facilità.

FILIPPO

In termine brevissimo

l'affar si aggiusterà.

POMPONIO

Remmedio cchiù bellissimo

non se potea trovà.

FILIPPO

Per prima condizione

segnam ch'egli è poltrone.

POMPONIO

S'accorda.

ALBERTO

Un uom bestiale.

POMPONIO

S'accorda, non nc'è male.

FILIPPO

Un viaggiator ridicolo.

POMPONIO

S'accorda il terzo articolo.

FILIPPO

Un sciocco gazzettante.

POMPONIO

No cchesso...

ALBERTO

Avante, avante.

POMPONIO

Mettiam testa gloriosa...

ALBERTO E FILIPPO

Sconnessa in ogni cosa.

POMPONIO

O pur...

ALBERTO E FILIPPO

(minacciando)

Che dir vorresti?

POMPONIO

Che articoli sì onesti

non pozzo ricusà.

ALBERTO E FILIPPO

Gli articoli son questi

né vi è da replicar.

ALBERTO, FILIPPO E POMPONIO

Fra tante disfide

la piazza è già resa.

Giammai non si vide

più nobile impresa;

d'accordo noi siamo,

cantiamo, balliamo,

la gioia nel viso,

ritorni a brillar.

(viano)

Scena ottava

Camera.
Lisetta e Doralice, poi Madama la Rose.

[N. 13 - Scena ed aria]

LISETTA

Fatemi signorina, capir meglio...

DORALICE

Filippo detto m'ha, che noi dobbiamo

mascherarci alla turca

con due abiti eguali

che son pronti di già; poi nel festino

verrà lui con Alberto anco vestiti

sa signori africani, e noi con essi

ce ne dobbiam fuggir.

LISETTA

Fuggir, che dite?

DORALICE

Cos'è? V'impallidite? E che la fuga

fosse qualche demonio?

Dopo la fuga viene il matrimonio.

LISETTA

Non vorrei...

DORALICE

Non vorresti

uscir da sì penosa tirannia?

Se ne volete uscir questa è la via.

LISETTA

Basta, ci penserò.

MADAMA

Invan Filippo

sta preparando maschere e festino

or lei deve partir.

LISETTA

Che fier destino!

Scena nona

Pomponio, e dette.

POMPONIO

Presto, alò, ca i cavalli

stanno attaccate già, muove le gamme,

addio Parigi, e servitor madame.

LISETTA

E per dove volete più portarmi?

POMPONIO

Nell'Arabia petrea.

LISETTA

Dov'è Arabia petrea?

POMPONIO

È 'no paese addo' nasceno le prete

che non ti può mancare al primo istante

no prencepe de llà petreazzante.

LISETTA

Oh vedete il cervello

or dove vi è saldato!

POMPONIO

E che buò, che sto ccà nfra i miei nemici?

Io mo proprio ho dovuto

capitolà, e dir potria la Francia,

quanno se sa sta cosa,

ch'aggio fatta na pace vergognosa.

Alò, vieneme appriesso.

MADAMA

(Ditele tanto un no.)

LISETTA

No.

POMPONIO

No, e tu chi sì, che dice no?

Del territorio mio matrimoniale

tu auto non sei che una patata

della quale fu' io l'agricoltore.

Se dice ne a lo gnore? Oh cattarinola,

non te nc' arresecare nauta vota

ca de le carne toje, figlia guavina,

mme ne faccio porpete craje matina.

Jammo, sù, alò.

MADAMA

(piano a Lisetta)

Piangete.

LISETTA

Uh, uh.

DORALICE

La fate piangere.

MADAMA

Troppo la strapazzate.

POMPONIO

O chiagne, o ride.

Avimmo da partì.

E pe signo de ciò! mo pe na recchia

la porto a ncarrozzà.

MADAMA

Fatevi adesso

venire un svenimento.

LISETTA

Ahi, ahi; aita... ohimè! Morir mi sento.

DORALICE

Oh povera fanciulla!

Slacciamola.

MADAMA

Sediamola.

Non dà segno di vita.

DORALICE

Non ha più moto, è tutta raffreddata.

MADAMA

Acqua, aceto... vedete

che avete fatto? Uh povera Lisetta!

POMPONIO

(Stà a bedè ch'è fenuta la gazzetta!)

Né guè? Rispunne a me, figlia de tata.

DORALICE

È inutile.

MADAMA

Non fiata.

POMPONIO

(E biva io, l'ho fatta la rapata!)

DORALICE

Zitto, zitto, mi par che già rinviene.

MADAMA

Signorina, su, datevi

animo, respirate.

DORALICE

Papà vi vuole bene, è ragionevole.

MADAMA

Non partirete, no.

POMPONIO

E mo n'è cosa

sicuramente; po' murì pe strata.

MADAMA

(Come bella il babbeo se l'ha imboccata.)

LISETTA

Ove son? Perché torno

quest'aure a respirar! E chi ha diviso

lo spirto mio dal fortunato eliso?

Nella selva de' mirti appena entrata,

qual d'amorosi spirti

folla mi vidi intorno, ed io con grazia

con bocca a riso, ed occhi ognor ridenti,

riverenze rendeva ai complimenti.

Eroi li più galanti

vennero a farmi onore,

Romolo mi diè un fiore,

Enea mi diè il caffè.

Con basso mormorio

parlavan poi di me.

È questa la Lisetta,

colei della gazzetta,

figlia infelice, e semplice

di un pazzo genitor.

In me son poi tornata,

e qua mi son trovata,

e a dirvi il ver mio padre,

vi guardo con orror!

Scacciate il pregiudizio,

abbiate più giudizio.

Vedete che dell'asino

vi danno i spirti ancor?

Volete ch'io mi sposi

colui che serbo al cor?

Sì, sì...

POMPONIO

No, no.

LISETTA

E perché?

Ve 'l prego.

POMPONIO

Ed io te 'l nego.

LISETTA

Io l'amo.

POMPONIO

E io gnernò.

LISETTA

Io non vi obbedirò.

POMPONIO

Ed io ti batterò.

LISETTA

Ma non sapete voi

di poi che n'avverrà?

POMPONIO

Sentiam che n'avverrà.

LISETTA

Doman direte dov'è la Lisetta?

Lisetta qui voglio... chiamate Lisetta.

Si cerchi di qua, si vada di là.

Ma sa che gli dico, mio caro papà?

MADAMA

Che lei la Lisetta mai più non vedrà.

DORALICE E MADAMA

Notate, e marcate, sior caro papà?

Domani la Lisetta qui non ci sarà.

POMPONIO

E sa che ve dice sto caro papà?

Ca mo mme la porto pe farve schiattà.

(viano)

Scena decima

Filippo, poi Pomponio.

Recitativo

FILIPPO

Sì, vada a incarozzarsi, che a fermarlo

per le scale già sta l'impedimento;

i finti turchi a stento

lo faranno tornar pien di paura;

il pover merlotto

fra poco si vedrà pelato e cotto.

POMPONIO

Chesso che mmalor'è? Si nun fujeva

una e n'auta n'aveva

de sciabolate! Ne, Felì? Addo stammo

ccà? Comme ai passaggiere

s'impedisce d'ascì? A 'sta locanna

schitto nc'ho bisto tanta cose strane:

comme nc'alluogge turche, e cristiane?

FILIPPO

Come alloggio negare io mai poteva

senza essere ammazzato, a un gran signore

d'Africa, qui venuto

a vedere Parigi? Avete voi

mai sentito parlare

di Abdal Lid Falzul Carababà.

POMPONIO

Che diavolo de nomme songo chisti,

va', piglieme Lisetta,

vì che nu stesse mmano a qua' mametta.

FILIPPO

Ci sta sicuramente,

ma non me la daranno,

ché han bisogno di donne.

POMPONIO

Tu che dice,

voglio figliema intera, e no nce n'ave

da mancare nu ruotolo, altrimenti

tu mme nne daje cunto.

FILIPPO

Non temete di niente,

ve ne posso far io la sicurtà;

voglion le donne i Turchi

a solo oggetto di farle ballare

a un festino di maschere, del resto

Ahirel bis Falsal Carababà

è un signor tutto garbo ed onestà.

POMPONIO

Io che saccio Stuzzul Scarababà?

Subeto che la trovo

mme la piglio; e mò vavo a ricorrere.

FILIPPO

(Ohimè!) Piano, l'avrete

senza ricorso, e in questo

posso io ben secondarvi; so che vonno

mascherar vostra figlia

alla turca, ho per voi

giusto un abito turco, nel festino

mascherato entrerete,

e ve la prenderete senza liti.

(Quando egli giunge sarem già fuggiti.)

POMPONIO

E io mo song'ommo de fa ste figure?

FILIPPO

E cosa ci trovate

di mal? Se poi volete

un consiglio da me, pregate il cielo

che faccia innamorare

il turco di Lisetta, che fareste

un matrimonione.

POMPONIO

Tu si pazzo,

chillo è turco...

FILIPPO

Ma non maomettano,

egli è dell'Etiopia, ed ha gran feudi

per tutta l'Abissinia: oh che rumore

farebbe il vostro nome per il mondo,

sentendo sol che vostra figlia avete

maritata a un parente

del Pretejanni, o sia del gran Senapo.

POMPONIO

(Vi quante cose, che mme mette ncapo!)

[N. 14 - Aria]

FILIPPO

Quando la fama altera,

con tromba ben sonora,

pei regni dell'aurora

a pubblicarlo andrà,

affé che più d'un principe,

insin nel suolo ausonio

a riverir Pomponio

sollecito verrà.

E questi chi saranno

Filippo or vi dirà.

Dal Pekin l'Ohang tessè,

dalla Persia il gran Sofì,

dall'Egitto il Califè,

il Mogollo dal Chilì.

E da Libia verran poi

coi lor baffi i primi eroi,

di Marocco Alzul Balà,

Alì dal Baldugerì,

di Guinea Micazirà,

e di Tripoli il Beì;

tutto un tal cerimoniale

stamperassi nel giornale,

e dal giù sino alle sfere

don Pomponio sbalzerà.

(Ma, con poco suo piacere,

or burlato resterà.)

Scena undicesima

Sala vagamente illuminata per festa di ballo.
Coro di Maschere, Lisetta mascherata da turca, poi Alberto mascherato dell'istessa maniera, indi Doralice con abito simile a quello di Lisetta; in seguito Filippo vestito come Alberto, e per ultimo Pomponio vestito ridicolmente ancor lui.

[N. 15 - Coro]

CORO

Amor la danza mova,

presieda ai suoni Amor.

Solo piacer ritrova

quando è commosso un cor.

Se in mezzo ai suoni, ai canti

il cieco nume appar,

son cieche ancor le amanti

si lasciano predar.

Recitativo

LISETTA

Filippo ancor non vedo!

Tra tanta gente ancora

non lo posso trovare!... Ove sarà?

ALBERTO

(Non so s'ella è Lisetta, o Doralice!

Gli abiti lor son simili

mi deggio assicurar.)

LISETTA

(Se sia Filippo

colui, no 'l posso dir, eguale al suo

è l'abito di Alberto.)

ALBERTO

(Animo.) O leggiadrissima turchetta,

domando, poiché abbiamo

ambi sotto le maschere i sembianti,

se Doralice sei.

LISETTA

Passate avanti.

CORO

Amor la danza muova,

presieda ai suoni ancor.

Solo il piacer ritrova

quando è commosso un cor.

Recitativo

DORALICE

(Lì è Lisetta, lo so; ma se sia quello

o Filippo o il mio Alberto

sto nel dubbio, ch'entrambi

vestono d'un sol modo!

Starò a vedere un poco;

ma temo che mio padre

non si portasse anch'esso in questo loco.)

CORO

Se in mezzo ai suoni, ai canti

il cieco nume appar,

son cieche ancor le amanti,

si lasciano piegar.

Recitativo

FILIPPO

(Or chi sarà Lisetta questa, o quella?

Egualmente degli abiti

sono i colori. A noi!) Signora maschera?

Acciò invan non si perdono gl'istanti,

siete Lisetta voi?

DORALICE

Passate avanti.

FILIPPO

Ho capito, va' lì, signor Alberto

lì sta la roba tua.

ALBERTO

E qui la tua.

Ed io sinora non l'avea veduta.

FILIPPO

Mia Lisetta adorata.

LISETTA

Io sto tremando

che mio padre non venga.

FILIPPO

E sempre tarda

sarà la sua venuta. Dalle mani

tu non mi scappi più.

LISETTA

Non so se questa può mandarla giù.

ALBERTO

Cara mia Doralice, perchè tremi?

DORALICE

Ché mai mi son trovata

in simili perigli.

ALBERTO

Amore, e il tempo ci darà consigli.

POMPONIO

Eccome ccà, la primma vota è chesta

che faccio sti spreposete.

Jastemmarria quanne me nzoraje

ca mo pe chessa figlia

non mme nce trovarria mmiezo a sti guaje.

Ma mo già saccio comme va vestuta,

mme l'acchiappo de botta,

e il Turco restarrà comm' a marmotta.

E bidetella llà

comme se vrucculea co Mustafà.

Vavo... ma chià, sbagliasse!... è chella o chessa!

Chesta pur è la stessa!

E 'no simmele Turco ha purzì allato,

o poveriello me, mme so mbrugliato.

[N. 16 - Quintetto]

Oh vedite ch'accidente!

Non conosco cchiù mia figlia,

si se lassa, si se piglia,

chella o chessa, io non lo so.

ALBERTO

(No, partir da qui non posso

senza voi mia Doralice.)

DORALICE

(Se mi viene il padre addosso,

che dirà quell'infelice?)

FILIPPO

(Deh partiam Lisetta mia,

che mia sposa ti farò.)

LISETTA

(Ah, so ben qual pena ria

n'averà il mio genitor!)

Insieme

DORALICE

Deh seconda amor pietoso

l'innocente inganno mio

ah se cara a te son io

altro ben bramar non so.

ALBERTO

Deh seconda amor pietoso

l'innocente inganno mio

ah se caro a te son io

altro ben bramar non so.

Insieme

LISETTA

Deh raffrena amor pietoso

tanti affetti nel cuor mio,

ah se cara a te son io

altro ben bramar non so.

FILIPPO

Deh raffrena amor pietoso

tanti affetti nel cuor mio,

ah se caro a te son io

altro ben bramar non so.

POMPONIO

Mo compiango chillo padre

che sta in dubbio de na figlia,

llà cerreano a maraviglia,

e ncampana io me ne sto.

ALBERTO E FILIPPO

Dunque seguitemi.

LISETTA E DORALICE

E io, sior asino,

faccio lo cieco!

LISETTA, DORALICE, ALBERTO E FILIPPO

Andiamo.

POMPONIO

Sbignano.

Fermi alto là.

ALBERTO

Cosa comanda?

Cosa desia?

DORALICE

Ai fatti suoi

attento stia.

FILIPPO

Pomponio è questo,

venite presto.

LISETTA

(Ah sento il cuore

pien di timore!)

POMPONIO

Fermi, per Bacco,

ca taglio, e spacco

porzì Maometto.

Lisa addo sta?

LISETTA, DORALICE, ALBERTO E FILIPPO

A che vi date

tanto strapazzo?

POMPONIO

Figliema voglio.

TUTTI E CORO

Quale schiamazzo?

In altro loco

la troverà.

POMPONIO

Da ccà nisciuno

se ne jarrà.

LISETTA, DORALICE, ALBERTO, FILIPPO E CORO

Con tal chiasso, veramente,

può far correre la gente;

zitti, zitti, andiamo fuori

pria che n'abbia a cimentar.

POMPONIO

Ah! Maumma, tu pigliate

t'aje la carne meje ncerate...

ma sentiteme a mmalora,

ma lassateme sbafà.

CORO

Questo matto maledetto

smania, grida, fa dispetto,

zitto, zitto andate fuora.

LISETTA, DORALICE, ALBERTO E FILIPPO

Ei fa chiasso... lo sentite?

Ci convien da qui scappare:

ah tenetelo... impedite.

(Idol mio non dubitare.)

Non è quella, non è questa,

lei s'inganna, è la sua testa

che l'immagina fra lor.

CORO

Siete matto... Ma sentite,

non si viene a disturbare,

sarà vero quel che dite,

ma per or lasciate stare;

non è quella, non è questa,

lei s'inganna, è la sua testa

che l'immagina fra lor.

Scena ultima

Anselmo, Traversen, poi Pomponio da scene opposte, indi Madama la Rose, ed in ultimo Filippo con Lisetta, ed Alberto con Doralice.

Recitativo

ANSELMO

Hai trovata mia figlia?

TRAVERSEN

Non hai vista mia moglie?

POMPONIO

Ne, sapite

addò è ghiuta Lisetta?

ANSELMO

Doralice

io vo' saper dov'è?

TRAVERSEN

Dov'è mia moglie?

POMPONIO

Bonanotte a l'amice,

è fatto il caso, nc'avarranno mmano,

per quanto va a capire il mio talento,

chiantate a tutte treje tre ntorcie a biento.

ANSELMO

Oh povero onor mio!

POMPONIO

No, veramente no mme lo credeva

ch'a lu munno era io tant'animale.

TRAVERSEN

Oh! Questa sì la sento troppo male.

MADAMA

Non vi rammaricate

le vostre figlie son già maritate.

E a domandar perdono

vedetele, se n' vengono pian piano

coi loro cari sposi a mano a mano.

POMPONIO

Co Felippo?

ANSELMO

Con quello.

TRAVERSEN

Veh s'è cosa che possa mai soffrire.

MADAMA

Il fatto è fatto, e più non c'è da dire.

[N. 17 - Finale II]

DORALICE E ALBERTO

(inginocchiandosi)

Caro padre, perdonate.

ANSELMO

Dirmi padre ardisci ancora?

LISETTA E FILIPPO

Caro padre non gridate.

POMPONIO

Cara figlia va' a mmalora.

LISETTA, DORALICE, ALBERTO E FILIPPO

Morirò se voi volete

ma mi avete a perdonar.

MADAMA

Se il perdon non gli darete

vi potriano criticar.

ANSELMO

(a Pomponio)

Che più adesso ci facciamo?

POMPONIO

Nc'abbesogna d'accozzà.

ANSELMO E POMPONIO

Dunque noi vi perdoniamo,

e trionfi la pietà.

TUTTI

Anzi, anzi or che ci siamo

il festin facciamdurar.

Tutti.

CORO

Canti, balli, suoni, e spassi

risuonar facciam d'intorno;

ci vogliamo in ogni giorno

la gazzetta rammentar.

Fine del libretto.

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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena ultima