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I giuochi d'Agrigento

I GIUOCHI D'AGRIGENTO

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Alessandro PEPOLI.
Musica di Giovanni PAISIELLO.

Prima esecuzione: 16 maggio 1792, Venezia.


Personaggi:

ERACLIDE re d'Agrigento, padre di Alcéo

tenore

Alcéo, sotto nome di CLEARCO supposto figlio d'Aristocle re di Locri

soprano

ASPASIA figlia d'Aristocle

soprano

EGESTA figlia d'Eraclide

soprano

CLEONE gran sacerdote di Giove Atabirio

basso

FILOSSENO principe del sangue reale di Locri

soprano

ELPENORE agonoteta

basso

DEIFILE seguace d'Egesta

soprano


Coro d'Agrigentini, Uomini e Donne. Coro di Locresi. Coro di Sacerdoti. Atleti. Soldati. Popolo.

La scena è in Agrigento.

L'autore a chi legge

Avvertasi che il soggetto del dramma è tratto dalla pura fantasia, e non da passo alcuno di favola o storia. Chiunque mi apponesse questo a delitto, legga Aristotele dell'Arte Poetica § 3 Cap. IX, e vedrà che non fu mai necessario il trarre dalle cose note le piacevoli. Anzi ridicolo sarebbe l'esiger questo. [segue nota in greco: ]

Chiunque poi non rimanesse contento di qualche scena intermedia, di qualche piccolo allungamento d'azione, di qualche bel punto naturalmente offerto dall'argomento, e non messo a profitto, rifletta, che, per la necessità de' tempi, un poeta drammatico deve servire agli attori, al maestro(*) di musica, ai coristi, alle decorazioni, e quasi quasi alle stesse comparse. Io non ho saputo far meglio. Verrà facilmente chi il sappia.

(*) Illuminatissimo però in questo caso.

Argomento del dramma

Eraclide re d'Agrigento ebbe un ribelle in Agamede. Sconfitto questi, si ricoverò nel tempio di Giove Atabirio. Lo uccise incautamente Eraclide innanzi all'ara del nume. Sdegnato Giove mandò una peste in vendetta. Consultato poi, chiese il sacrificio del bambino Alcéo figlio del re. Eraclide afflitto lo consegnò a tal fine a Cleone gran sacerdote. Placato il dio dalle preci del suo ministro, ordinò al medesimo di esporre il fanciullo in una selva alle radici dell'Etna. Impose a lui però di serbare il silenzio con tutti i profani, ed anche col padre. Promise al sacerdote, che il destino d'Alcéo noto sarebbe il giorno delle nozze d'Egesta, sorella del reale bambino. Partì Cleone, espose Alcéo, e tornò alla patria, lasciando al collo di questo una gemma. Passò per colà il marito d'Argia nutrice del pargoletto Clearco figlio d'Aristocle re di Locri.(*) Raccolse il fanciullo, e portollo alla moglie. Fra le braccia di lei era spirato in quel punto il suddetto Clearco. Per timore del padre fu sostituito ad esso il non dissimile Alcéo. Cresciuto questi, concepì una violenta passione per la creduta sorella Aspasia, vera figlia d'Aristocle. Ne concepì essa una uguale per lui. Ma il supposto Clearco tutto conosceva l'involontario suo fallo, e l'innocente Aspasia non lo credeva che amor fraterno. Fu assalito il primo da fiera melanconia, frutto degl'interni contrasti. Partì da Locri col consenso del padre, e cercò sollievo nello scorrere varie contrade. In questo mentre Eraclide, dopo molti anni di dolore, sperò un giorno di letizia. Glie ne offrì la lusinga il procurarsi un erede in uno sposo di Egesta. Avea pubblicato a tal fine l'annunzio di magnifici giuochi in Agrigento. Vi concorsero d'ogni dove i principi, e gli eroi più distinti. Fra questi il non conosciuto Alcéo, che riportò in essi giuochi la palma. Qui comincia l'azione. Nasce da questo l'intreccio, l'interesse, e lo sviluppo del dramma.

(*) Città nella Calabria, situata presso il promontorio Zefirio.

Atto primo
Scena prima

Anfiteatro ripieno di Spettatori. Loggia reale nel mezzo.
Eraclide nella loggia reale. Elpenore in atto di coronare il genuflesso Clearco in figura d'atleta, però coperto d'una sopraveste. Vari Atleti confusi e avviliti da una parte, e dall'altra. Coro d'Uomini agrigentini.

ELPENORE

Questa del tuo valore

nel cimento agonal degna mercede,

sospirata corona,

Agrigento, o Clearco, oggi ti dona.

Di giusti plausi echeggi

Sicilia tutta, e in sì felice giorno

alzi canti di gioia a te d'intorno.

(Clearco s'alza)

CORO

Della zefiria Locri

viva il reale atleta

che il suo vigor provò.

CLEARCO

Dolce di gloria è il suono

a un cor sublime, e forte;

amica alfin la sorte

oggi sperar potrò.

CORO

Della zefiria Locri

viva il reale atleta

che il suo vigor provò.

(nel finire di questo coro gli atleti muti e confusi, partono, esprimendo con vari gesti il loro dispetto e rossore)

Scena seconda

Egesta, seguita dal coro delle Donne agrigentine, s'avanza al cenno d'Eraclide già disceso dalla loggia reale, e avente alla destra Clearco. Detti.

ERACLIDE

O d'egregia fortezza,

e di chiare virtù principe adorno,

vieni al mio seno.

(abbracciando Clearco)

Il suo perduto figlio

trovi Eraclide in te. Sappia il mio regno

che tua la man d'Egesta

oggi sarà. La mia promessa è questa.

CLEARCO

Grato ai favori tuoi,

deh credimi, signor; ma pago io sono

della gloria che ottenni, e non pretendo...

ERACLIDE

Basta; ti credo, e il mio dovere intendo.

EGESTA

(sogguardando Clearco)

(Giusto ciel! io ne tremo.)

CLEARCO

(sogguardando Egesta)

(Dèi pietosi! e non l'amo.)

ERACLIDE

Figli, non più; paghi sarete. Andiamo;

affrettiam d'un bel nodo

la pompa, ed il piacer. Per voi contento

scherzar vedrommi intorno

d'innocenti nipoti

schiera gentil. Per voi di plausi amici

queste udrò risonar sponde felici.

Vedrò ridente il sole

splender sul regno mio;

tenera e vaga prole

conforto a me sarà.

(parte con Egesta, Clearco ed Elpenore)

CORO DI TUTTI

Della zefiria Locri

viva il reale atleta

che il suo vigor provò.

(parte)

Scena terza

Luogo appartato presso il tempio.
Cleone. Coro di Sacerdoti.

CLEONE

O del rettor del tuono,

venerandi ministri, è questo giorno

più di quel che pensate

importante per noi. Benché nemico

del commercio profan, sospiro alcuno

che dei pubblici giochi

rechi novella a me. Deve chi vince

farsi sposo ad Egesta, e il punto istesso

di sì chiari imenei

a scoperta maggior serban gli dèi.

Del pargoletto Alcéo

figlio del nostro re, tra folta selva

dell'Etna alle radici

da me per cenno del gran Giove esposto,

fia palese il destin. Lo piange il padre

qua sull'are immolato,

ché al silenzio ci sforza il nume irato.

Ma forse un dì... Chi viene?

Il re. Sembra contento. Oh gioia! oh speme!

Scena quarta

Eraclide. Egesta. Clearco incoronato. Parte del Coro d'Uomini agrigentini. Soldati, e detti.

ERACLIDE

Al pontefice augusto

del maggior degli dèi presento io stesso

chi nell'illustre arena

il premio riportò. Quel fausto alloro,

che le tempie gli cinge

testimonio ne fa. Ma non fia questo

di vittoria sì bella

il premio sol. Mio lo giurai, lo voglio

genero insieme, e successore al soglio.

CLEARCO

(Ah! se Aspasia obliassi,

chi più lieto di me?)

EGESTA

(Ciel! donde viene

il turbamento mio?)

ERACLIDE

Tu a Giove intanto

della mia scelta il figlio

raccomanda, o Cléon. Sia più felice

dell'altro che perdei. Fa che placato

meco una volta almeno

risplenda il cielo a' voti miei sereno.

CLEONE

Pregarlo a pro' dei regi

sacro è per noi dover. Mia cura in breve

il compirlo sarà.

ERACLIDE

Prepara intanto

quel che da te domanda

il rito nuzial. Dimmi Clearco

sei pago alfin?

CLEARCO

Signor, te 'l dissi, eccede

la tua bontà. Permetti

che lontano da te per pochi istanti...

ERACLIDE

Vanne, riposa, e tergi

l'onorato sudor.

CLEARCO

(Quanto mi costa

lo sforzo mio!)

(parte)

ERACLIDE

Sei tu contenta, Egesta?

EGESTA

Sempre il fui del tuo cor.

ERACLIDE

Dunque felice...

EGESTA

Di tue gioie sarò; ma, non te 'l nego,

mentre Clearco ammiro,

mentr'io sento per lui mille nel seno

dolci incogniti affetti,

da un interno terrore

sento agghiacciarmi, e l'alma oppressa ho tanto

che il mio solo piacer diventa il pianto.

So che tacer dovrei

quel che spiegar non so.

Ma invan celar vorrei

il duol che m'agitò.

Pur de' timori miei

giusta ragion non ho.

Ah! voi parlate, o dèi,

se il labbro mio no 'l può.

(parte)

Scena quinta

Eraclide. Cleone. Coro d'Uomini agrigentini. Soldati. Coro di Sacerdoti.

ERACLIDE

Va'; ti comprendo. Quegli ambigui accenti

son figli del pudor. Lieti fra poco

saremo insiem. Vinto di Giove io spero

pe 'l ribelle Agamede,

mentre l'are stringea, da me svenato,

lo sdegno alfin. Deve la man del tempo

calmare anche gli dèi. Parla, o temuto

interprete del ciel; posso di tanto

lusingarmi a ragion?

CLEONE

Questo mio sguardo

è mortal come il tuo; ma ognor clementi

giova i numi sperar.

ERACLIDE

Sì, ne son certo;

giunto è di pace il dì. Non seppi io forse

quando la fiera peste

quell'are vendicò, che cieco offesi,

il tonante placar col sangue mio?

Sazio esser deve il dio

del castigo d'un padre. Un premio ei deve

al mio docile cor. Clearco, Egesta,

in voi l'avrò. Mille soavi idee

m'inebrian già. Tutto m'annunzia alfine

il più lieto avvenir. ~

S'oscura il cielo, e cominciasi a udire un lontano fragore di tuono.

Ma qual s'addensa,

mentre di gioie io parlo,

orrido nembo sul mio capo! e quale

nuovo palpito in me!... v'intendo, o dèi;

troppo presto placati io vi credei.

Odesi più chiaro il tuono, ed il rumore di una vicina tempesta.

Il ciel fiammeggia, e tuona!

il mar minaccia e freme! ~

Ah pronta m'abbandona

la mia felicità.

Compagni andiam; si fugga;

crescendo il nembo va.

(parte)

CORO DI TUTTI

Compagni andiam; si fugga;

crescendo il nembo va.

Partono tutti chi qua, chi là con vari movimenti di terrore. Seguita, e cresce il rumore della tempesta.

Scena sesta

Spiaggia di mare.
Tempesta con tuoni, e grandine.

Vedesi una piccola flotta di sei vascelli locresi agitata dalle onde. Cinque di questi vengono divisi dal principale, dov'è Aspasia, con parte de' suoi. Resta il medesimo in breve spazio di tempo privo d'alberi, e prossimo a perire a vista del pubblico.

Finalmente cessa la grandine, diminuiscono i tuoni, ma sussiste l'agitazione del mare. Vengono alla spiaggia molti Uomini, e Donne agrigentine, che alla vista del quasi naufragante bastimento intuonano il seguente

CORO

Mira il legno, che naufrago, errante

è vicino...

(già comparsa con qualche compagna sull'alto del bastimento)

ASPASIA

Ah!

CORO

...fra l'onde a perir.

CORO

Folle in vero chi al flutto incostante

fida i giorni...

ASPASIA

Ah!

CORO

...con misero ardir!

ASPASIA

Dèi clementi in sì fiero periglio,

vi domando consiglio ~ pietà.

CORO

L'infelice donzella agitata

chiede ai numi l'usata bontà.

Va calmandosi insensibilmente la tempesta.

Ma par che si calmi

la furia del vento;

l'incerto elemento

men fiero si fa.

Al lido s'appressa

l'ardita carena;

il ciglio serena

l'afflitta beltà.

È già approdato il vascello. Aspasia ne sbarca co' suoi locresi seguaci.

ASPASIA

(discesa)

Sia lode al ciel; salvi già siam. Che fia

dei miseri compagni

che divise da noi l'atra tempesta?

Ma dove or siamo, e qual mai terra è questa?

UNO DEL CORO

Donna in Sicilia sei.

ALTRO DEL CORO

D'Agrigento alle spiagge.

UNO DEL CORO

Ove dal trono

saggio Eraclide impera.

ASPASIA

Intesi, e godo,

che ad inospite arene

non approdai.

UNO DEL CORO

Ma tu chi sei?

ASPASIA

Di Locri

la real principessa.

UNO DEL CORO

Di Clearco

forse congiunta?

ASPASIA

Anzi germana.

UNO DEL CORO

Esulta.

ALTRO DEL CORO

Consolati.

ASPASIA

Ah! perché?

ALTRO DEL CORO

Tutto saprai

da Eraclide che vien.

Scena settima

Eraclide. Soldati. Detti.

ERACLIDE

Chi giunse al lido?

UNO DEL CORO

Costei.

ALTRO DEL CORO

Suora a Clearco.

ERACLIDE

Ah, giusti numi!

Possibil fia?

ASPASIA

Sì, mio signor. Conosci

Aspasia in me.

ERACLIDE

Vieni al mio sen. Germana

del mio genero sei.

ASPASIA

Come!

ERACLIDE

Fra poco

ei tal sarà. Del conquistato alloro

nell'atletica arena

fia questo il premio.

ASPASIA

Ciel, che intesi! Ah, tosto

voliamo a lui.

ERACLIDE

T'appagherò, ma pria

spiegami qual destino

ti spinse a questo suol.

ASPASIA

Piangendo ancora

t'ubbidirò. Chiusi all'eterno sonno

del buon padre Aristocle i cari lumi,

per molti lidi e molti,

dell'amato germano io corsi in traccia;

quando alla Libia in faccia

nero improvviso nembo

ci assalse, ci scompose, e innanzi a queste

non ben distinte sponde

divise i nostri legni; e sulle porte

dell'Erebo mi trasse, e della morte.

Stridea da un lato il vento,

s'apria dall'altro il flutto;

era per noi spavento

la terra, il cielo, il mar.

Pietosi alfin gli dèi

l'orror cangiaro in calma;

e i mesti voti miei

seppero il ciel placar.

Or che sereno è il fato

potrò sfogar gli affetti;

e del germano amato

al caro sen volar.

(parte con Eraclide seguita da' suoi locresi, da' soldati, e dal coro degli agrigentini uomini e donne)

Scena ottava

Vestibolo del tempio di Giove.
Coro di Sacerdoti ritirato colà; poi Clearco.

UN SACERDOTE

Calmato è il nembo alfin.

ALTRO SACERDOTE

I

Stanco Nettuno

sul tridente riposa.

ALTRO SACERDOTE

II

All'ombre usate

andar possiam.

(s'incamminano dalla parte opposta a quella, donde vennero)

UN SACERDOTE

Fermate;

alcun s'appressa.

ALTRO SACERDOTE

Il vincitor.

CLEARCO

Cleone,

ditemi ov'è?

UN SACERDOTE

Noi l'ignoriam. Che vuoi?

CLEARCO

Consiglio.

UN SACERDOTE

Al sacro bosco

vanne. Colà fra poco...

CLEARCO

L'attenderò. (Giove, il tuo braccio invoco.)

Scena nona

Coro di Sacerdoti, poi Cleone.

UN SACERDOTE

Sembra turbato.

ALTRO SACERDOTE

Ecco Cléon.

ALTRO SACERDOTE

Ti brama

Clearco.

CLEONE

Ov'è?

UN SACERDOTE

Fra i nostri abeti.

ALTRO SACERDOTE

Ei mesto

avea l'aspetto.

CLEONE

A lui

itene intanto. Io verrò tosto.

SACERDOTI

Andiamo.

(partono)

CLEONE

Sì, Clearco ascoltiamo.

Tutto lusinga in lui. L'aspetto, il sangue,

la dolcezza, il valor. Tal, se vivesse,

tal saria forse, o numi,

il nostro Alcéo. Ma la paterna colpa

lavar dovea quell'innocente figlio,

tanto costa ai mortali

provocar di lassù l'ire fatali.

Invan di pianto amaro

sparse gli altari, e il suolo

pentito il genitor.

Tardo sembrò riparo

il pentimento e il duolo

al suo funesto error.

(parte)

Scena decima

Bosco sacro contiguo al tempio.
Clearco camminando melanconico fra gli alberi, ora scoperto, ora nascosto da quelli.
Coro di Sacerdoti; poi Cleone.

SACERDOTI

Ve' come pallido,

muto, dolente,

il forte giovine

errando va!

Sospira, involasi,

torna, si pente;

e in negre immagini

immerso sta.

CLEONE

S'allontani ciascun.

(partono i sacerdoti)

Prence t'avanza.

(Clearco s'avanza)

Eccomi a te. Mesto mi sembri.

CLEARCO

E il sono.

CLEONE

Qual della tua tristezza

è la cagion? Che vuoi? che brami?

CLEARCO

Pace.

CLEONE

Chi a te la vieta?

CLEARCO

Amor.

CLEONE

Né sembra questi

propizio a te?

CLEARCO

Funesto.

CLEONE

E in sì bel giorno

sposo a Egesta non déi?...

CLEARCO

Pur troppo.

CLEONE

Ah, forse

la sua mano detesti?

CLEARCO

Anzi la bramo

qual rimedio a' miei mali. Ah sì; per questa

dovrò alfine obliar...

(rimane sospeso)

CLEONE

Spiegati.

CLEARCO

Ah lascia...

CLEONE

E come! Qual mistero

chiudono i detti tuoi?

Vuoi che t'ascolti, e favellar non vuoi!

CLEARCO

Ah, ministro de' numi

compiangi il caso mio. Se tu sapessi...

CLEONE

Ma spiegati una volta.

CLEARCO

Ohimè! No 'l posso.

CLEONE

Addio.

(vuol partire)

CLEARCO

Fermati; ascolta.

CLEONE

(arrestandosi)

Parla. (Mi fa pietade

la smania sua.)

CLEARCO

(Che potrò dir?) Se ardesse

d'una fiamma fatal quest'empio core,

se una germana... (Oh cielo!

che scopro mai!) Perdona;

vaneggio nel dolor. Se orrore al mondo

mi rendesse un delitto...

(con impeto)

Ah, delitti non ho. Non seppi mai

concepirne il pensier. Ma che t'arresto?

Scusa. (L'incauto labbro

si freni alfin.)

(fingendo letizia)

Comprendi

che finor delirai, che se al tuo sguardo,

da una piena d'affetti io parvi oppresso

fu ebbrezza di piacer, di gioia eccesso.

Sognai tormenti, affanni,

ma co' la pace in seno;

tutto è per me sereno,

nulla per me dolor.

(Affetti miei tiranni

tacete, ohimè! tacete.

Pur troppo ognor sarete

arbitri del mio cor.)

(entra nel bosco)

Scena undicesima

Cleone. Poi Eraclide. Aspasia.

CLEONE

Occulta smania siede

entro quell'alma. Io non errai.

ERACLIDE

Clearco,

sai dove sia?

CLEONE

Fra quelle folte piante

rapido s'internò.

ERACLIDE

Seguimi dunque,

o principessa.

ASPASIA

Andiam.

(entra con Eraclide nel sacro bosco)

CLEONE

Pietosi numi

affrettate il momento

da voi promesso, e morirò contento.

(parte)

Esprime un breve tratto di musica i giri reciproci dei tre personaggi nel bosco.

Clearco, dopo qualche intervallo esce dal più folto del bosco. Eraclide, e Aspasia son già internati nel medesimo.

ASPASIA E ERACLIDE

(dal di dentro del bosco con voce lontana)

Clearco...

CLEARCO

E a questo segno

sarò in odio agli dèi? D'un caro oggetto,

ma vietato dal ciel la dolce imago

sempre scolpita in me?...

ASPASIA E ERACLIDE

(dal di dentro del bosco con voce meno lontana)

Clearco...

CLEARCO

E donde

questo remoto suon?

ERACLIDE

(per di dentro del bosco con voce meno lontana)

Figlio...

CLEARCO

Non erro.

ASPASIA

(per di dentro del bosco con voce meno lontana)

Germano...

CLEARCO

Oh ciel! Che ascolto! A questo nome

un palpito crudel... Ma che? Non vedi,

infelice mia mente,

che il tuo solo delirio è a te presente?

ASPASIA

(uscendo)

Eccoti alfin.

CLEARCO

Che vedo! Aspasia! O numi!

Sei tu?

ASPASIA

(abbracciandolo)

Son io.

CLEARCO

Misero me! Che fai?

ASPASIA

T'abbraccio.

CLEARCO

Ah no! Non sai...

ASPASIA

E che?

CLEARCO

Parlami solo

del genitor.

ASPASIA

Morì.

CLEARCO

Cielo!

ASPASIA

Ti chiama

Locri a regnar.

CLEARCO

Deh fuggi, Aspasia, e regna

in vece mia.

ASPASIA

Che dici?

CLEARCO

Fuggi... lascia...

(volendo partire, Aspasia lo trattiene)

ASPASIA

Che fai?

Parti! mi scacci!

CLEARCO

Ah tutto, ohimè! non sai.

Gelido, palpitante

pieno di smanie ho il cor.

ASPASIA

Volgi quel tuo sembiante

al mio fraterno amor.

ERACLIDE

(uscendo)

Figli, in sì dolce istante

io scordo il mio dolor.

CLEARCO

Padre, sorella, oh dèi!...

ASPASIA

No, quel di pria non sei.

ERACLIDE

Per voi tornar contento

mi sento, ~ o figli ancor.

CLEARCO

(scostandosi)

Lasciami.

ASPASIA

No. Spietato!

ERACLIDE

Come! la fuggi? ingrato!

CLEARCO

Ah, se parlar potessi

vedreste il mio rossor.

ASPASIA

Ah, questi accenti istessi

fan giusto il mio timor.

ERACLIDE

Ambi turbati, oppressi!

Insieme

ERACLIDE

Oh eccesso di stupor!

CLEARCO

Oh eccesso di rossor!

ASPASIA

Oh eccesso di dolor!

Insieme

ERACLIDE E CLEARCO

Confuso, agitato

non so, non intendo

che deggio pensar.

ASPASIA

Confusa, agitata

non so, non intendo

che deggio pensar.

Insieme

ERACLIDE

Qual invido fato...

CLEARCO

Qual barbaro fato...

ASPASIA

qual sorte spietata,

qual nume tremendo...

Insieme

ERACLIDE

mi fa paventar?

ASPASIA E CLEARCO

mi fa sospirar?

(partono, separandosi, Clearco da un lato; Aspasia seguendo Eraclide, dall'altro)

Atto secondo
Scena prima

Spiaggia.
Mare in calma, e cielo sereno.
Vedonsi approdare in schiera le cinque navi già disgiunte da quella d'Aspasia. Ne sbarcano tutti a un tempo; Locresi, e Filosseno l'ultimo di questi. Giungono al lido Eraclide, Aspasia, Clearco.
Coro d'Agrigentini. Soldati.

AGRIGENTINI

Fortunati naviganti

salvi alfin scendeste al lido;

ah mai più quel flutto infido

non vi torni a innamorar.

FILOSSENO

Mesti, pallidi, tremanti

noi la morte avemmo in faccia;

ma finita è ogni minaccia,

ma possiamo respirar.

AGRIGENTINI E LOCRESI

Lieti dunque l'are andiamo

di ghirlande a coronar.

Cento a porgere voliamo

negri tori al dio del mar.

FILOSSENO

Clearco! Aspasia!

(con estasi di compiacenza)

e posso

credere agli occhi miei?

ASPASIA

(a Filosseno)

Sei salvo alfine...

CLEARCO

Sei dall'onde sicuro?...

ASPASIA

Congiunto...

CLEARCO

Amico...

ERACLIDE

Ospite illustre...

FILOSSENO

E grato

del piacer di vedervi ai numi io sono.

CLEARCO

Oh giorno!

ERACLIDE

Oh speme!

FILOSSENO

Oh estrema gioia!

ASPASIA

Oh dono!

CLEARCO

(abbracciandolo)

Lascia che a questo sen...

FILOSSENO

Cielo! e fia vero

che ancor t'abbracci? Ah dimmi,

qual destin t'agitò, poiché da Locri

trasse ignota mestizia i passi tuoi?

CLEARCO

Se lacerar non vuoi

questo misero cor, lascia, ti prego,

di rammentar quei dì. Saper ti basti

che qui son, che qui sei,

che ognor fosti presente agli occhi miei.

ERACLIDE

Filosseno, partiam. Le sacre offerte

chiedon Teti, e Nettuno.

FILOSSENO

(Solo, o Clearco

favellarti dovrò.) Ti seguo.

ERACLIDE

(a Clearco)

Prence,

te con Aspasia attendo

ove a quello d'Egesta il tuo bel core

stringeranno per sempre Imene, Amore.

(parte con Filosseno, seguìto dai soldati, e dagli agrigentini)

Scena seconda

Aspasia. Clearco. Locresi.

ASPASIA

E Clearco non parte?

CLEARCO

(agitato)

(Ah! qual mai forza

qui m'incatena.)

ASPASIA

(sempre con ironia)

E all'adorata sposa

sollecito non corre?

CLEARCO

(agitato)

(A qual cimento,

sconsigliato m'esposi!)

ASPASIA

I passi suoi

sacro, e importuno forse

titolo di germana or meco arresta?

CLEARCO

Crudel, che dici! e qual ingiuria è questa!

ASPASIA

Ah sì, tenero in vero

m'accogliesti poc'anzi; il mio trasporto

fu seguìto dal tuo.

CLEARCO

Deh taci; credi

che se tutto sapessi...

ASPASIA

(con fuoco)

So che i fraterni affetti

tu ponesti in oblio, che cerchi Egesta,

che non pensi che a lei,

che più Aspasia non ami...

CLEARCO

(agitato)

Eterni dèi!

Che non t'amo? Ah mio ben... (Che fo? che dico?

Soccorso, o ciel.) Non più germana. Addio.

(fugge frettoloso)

ASPASIA

Barbaro! ti convinse il labbro mio.

(parte dall'altro lato seguita dai locresi)

Scena terza

Appartamenti reali.
Egesta. Deifile.

DEIFILE

Calmati, principessa; il tuo destino

sì funesto non è. Sposar Clearco...

EGESTA

Forse ad altra sarebbe

il maggiore dei contenti.

DEIFILE

Ma un supplizio per te par che diventi.

EGESTA

Io non te 'l nego.

DEIFILE

Aborri

il prence forse?

EGESTA

Anzi l'ammiro.

DEIFILE

E donde

la ripugnanza tua?

EGESTA

Da un certo orrore,

ch'io non intendo, e che di sposa al nome

gelar mi fa.

DEIFILE

Ma come

il padre tuo cangiar?

EGESTA

Cielo! ei s'appressa.

Scena quarta

Eraclide. Coro di donne. Dette.

ERACLIDE

Figlia, la mia promessa

vieni a compir. Tutto è già pronto. L'are

fuman per te.

EGESTA

Vengo, signor. (Che pena!

Calmar mi deggio, e so ubbidire appena.)

CORO

Vieni, o real donzella,

ove Imeneo t'invita;

no, non potea più bella

stringer catena amor.

EGESTA

Ah! che felice appieno

esser non può il mio core,

se vive in me il dolore,

se regna in me il timor.

(a Eraclide, che con aria d'impazienza la sollecita a partire)

T'intendo, sì t'intendo,

son teco, o genitor.

(parte accompagnata del padre, e seguita dal coro)

CORO

No, non potea più bella

stringer catena amor.

(entra il coro dietro Egesta)

Scena quinta

Interno del tempio di Giove.
Statua del nume e ara con fuoco.
Cleone. Coro di Sacerdoti.

CLEONE

O de' mortali insieme,

e dei celesti onnipotente padre,

ecco giunto l'istante

già predetto da te. Fra poco Egesta

sposa sarà. D'Alcéo

sappiasi alfin... Non più. Tra folto stuolo

in giuliva sembianza

or coll'inclita coppia il re s'avanza.

Scena sesta

Eraclide. Egesta. Clearco. Aspasia. Deifile. Filosseno.
Coro d'Agrigentini, Uomini, e Donne. Coro di Locresi. Detti.

ERACLIDE

Dell'Atabirio Giove

interprete, e ministro,

eccoci a te. Presiedi

al dolce nodo, intuona il canto, e sia

grata al cielo così la scelta mia.

CLEONE

Ubbidisco. Sciogliete

compagni il labbro, e preci al dio porgete.

SACERDOTI

Là dall'eterne sfere

ascolta, o nume, i voti,

che regi, e sacerdoti

alzan tremando a te.

Fa' che propizio annodi

due lieti cori Imene;

fa' che cessar le pene

possan del nostro re.

CLEARCO

Gran dio che de' mortali

leggi nel sen gli affetti,

ah tu delitti, e mali

discaccia ognor da me.

Tu che vedesti i danni

d'un cieco afflitto core,

fa' che di tanti affanni

amor gli dia mercé.

CORO

parte del coro di sacerdoti col coro delle donne agrigentine

Là dall'eterne sfere

ascolta, o nume, i voti,

che regi, e sacerdoti

alzan tremando a te.

CLEARCO

I dolci antichi errori

sgombra dall'alma mia;

e fa' che eterna sia

la marital mia fé.

Ah, se di mille onori

il mio valor fregiasti,

fa' che che ne' suoi contrasti

amor dia legge a sé.

CORO DI TUTTI

Là dall'eterne sfere

ascolta, o nume, i voti,

che regi, e sacerdoti

alzan tremando a te.

ERACLIDE

Non più. Clearco, Egesta,

itene all'ara.

CLEARCO

Andiam. (Costanza, o core;

scorda Aspasia per sempre.)

EGESTA

(Oh infausto orrore!)

(s'incamminano all'ara)

CLEONE

Per quella sacra fiamma

ambi colà giurate...

(nell'atto di giurare vedesi tremare il tempio, ed ingombrarsi d'improvvisa caligine. Tutto ciò accompagnato da un tuono sordo, e sotterraneo)

Ma qual tuon! quai portenti! Olà fermate.

ERACLIDE

(errante qua, e là)

Trema il tempio!

EGESTA E FILOSSENO

Il ciel s'oscura!

CLEONE

Qual minaccia?

ASPASIA E CLEARCO

Qual sventura?

ASPASIA, EGESTA, CLEARCO, ERACLIDE, DEIFILE, CLEONE E FILOSSENO

Qual sovrasta o numi, a noi terror?

Forse o numi, a voi non piace

questo nodo e questa face

che v'armate di rigor?

CLEONE

Pur troppo. Han queste nozze

avverso il fato.

CLEARCO

(E di domar me stesso

fino il ciel mi contrasta? E reo Clearco

per sua legge sarà?... No, non più reggo

alla sventura mia. Fuggasi a Giove,

al mondo, a me.)

(parte disperato)

ASPASIA

Numi! Ove andò? Si cerchi

benché ingrato, crudel.

(parte seguendolo)

FILOSSENO

Qual giorno è questo!

Che fia?...

EGESTA

Padre, te 'l dissi...

ERACLIDE

Taci. Stupito io son. Rappreso ho il sangue,

tremante il labbro. Un freddo

palpito di spavento

quasi ai sensi mi toglie in tal momento,

mi desta e mi circonda

sola di morte il cor voce profonda.

Ti veggo, sì, ti veggo

del trafitto Agamede ombra sdegnata;

tu l'ara un dì macchiata

del sangue tuo m'additi;

tu contro me di Giove il braccio irriti.

Ah, più speme non ho. Nel ciel fu scritto

in caratteri eterni il mio delitto.

Sul mio capo è ognor sospesa

degli dèi mano ultrice;

odian questi un re infelice,

strazian questi un genitor.

CORO

(Cento larve par ch'ei veda,

fa pietade il suo terror.)

Ah signor, non darti in preda

a sì barbaro dolor.

ERACLIDE

Figlia, amici, invan cercate

di calmar l'affanno mio;

sol potrà l'eterno oblio

render pace a questo cor.

(parte Eraclide seguìto da Egesta, e Filosseno)

CORO

Cento larve par ch'ei veda,

fa pietade il suo terror.

(parte il coro d'uomini, e donne agrigentine)

Scena settima

Cleone. Coro di Sacerdoti.

CLEONE

Sventurato monarca,

mi fai pietà. Della divina destra,

sul tuo collo aggravata, or senti il peso.

Chi mai da Giove offeso

ti salverà? Chi darà fine al corso

del suo rigor?

(odesi dalla statua, accompagnata da tuono cupo, e sotterraneo)

VOCE DI GIOVE

Clearco.

CLEONE

Oh nume! oh voce!

Rischiarasi il giorno, e cessa il rumore.

Ma più non mugge intorno

il cupo tuon, ma torna lieto il giorno.

Ah sì dolce novella

si rechi al mesto re. Voi, sacerdoti,

soli e divisi intanto

là dai romiti chiostri,

implorate ristoro ai mali nostri.

Andate. Il ciel placato

dal vostro duol sarà.

(parte)

CORO

Si vada. Il ciel placato

dal nostro duol sarà.

Si ritirano disperdendosi dalle due parti nel fondo del tempio.

La voce anderà gradatamente smorzandosi a misura dell'allontanamento.

Scena ottava

Giardini reali con labirinti, fontane e statue.
Clearco, poi Aspasia.

CLEARCO

Paghi sarete alfine

avversi dèi. Sarò, qual più volete

colpevole, o infelice.

(vedendo Aspasia)

Aspasia! Oh stelle!

Fuggasi.

(è per partire)

ASPASIA

(trattenendolo)

No; t'arresta.

Tu speri invan...

(mentre Clearco cerca di sbarazzarsi)

CLEARCO

(Qual nuova guerra è questa!)

ASPASIA

Barbaro! e fino a tanto

d'indifferenza oggetto

divenni a te?

CLEARCO

(volgendosi)

D'indifferenza?... Oh numi!

ASPASIA

(con ironia)

Ah! che dissi!... Perdona;

folle ch'io son! mal mi conobbi. Egesta,

sola Egesta potrebbe

in così fiero istante,

dar tregua al duol d'un disperato amante.

CLEARCO

Ah, no...

ASPASIA

(con ironia)

Tutto diventa

per chi perde il suo ben, triste, noioso.

CLEARCO

Oh germana fatal!

ASPASIA

(con ironia)

Misero sposo!

CLEARCO

(Moribonda costanza,

come regger potrai!)

ASPASIA

(con ironia)

Calma, deh! calma

le smanie tue. Forse placato il cielo

dal tuo pianto sarà. Potrai nel seno

di lei che adori...

(con fuoco)

Oh, colmo

di rabbia, e di rossor! Dovea ridotto

esser d'Aspasia il core

a calmar per un'altra il tuo dolore?

CLEARCO

Ah, che sento! gelosa

quasi mi sembri.

ASPASIA

E il son.

CLEARCO

M'ami tu dunque

fino a tal segno?

ASPASIA

Sì, t'adoro.

CLEARCO

Oh voce!

ASPASIA

Grave a te forse?

CLEARCO

Io manco.

ASPASIA

Ah parla.

CLEARCO

Oh dio!

ASPASIA

Parla: m'aborri?

CLEARCO

(gettandosi nelle sue braccia)

Ohimè! t'adoro anch'io.

ASPASIA

Numi! e fia ver?

CLEARCO

Pur troppo. Io per te sola

venni in odio a me stesso,

per te Locri lasciai, per te de' greci

tutte corsi le piagge, e qui condotto

dalla gloria all'altar... Ma che più dirti? ~

Quanto feci finor fu per fuggirti.

ASPASIA

Oh dolcezza!

CLEARCO

Ah! paventa

quest'ingannevol gioia,

che in sen ti scorre. Ambi siam rei.

ASPASIA

Ma come?

CLEARCO

Io sapendo che il sono,

tu ignorando che il sei.

ASPASIA

Colpa il fraterno amore

dunque sarà?

CLEARCO

No, ma t'inganni assai,

se tale il credi.

ASPASIA

Ohimè! spiegati.

CLEARCO

Dimmi;

se tu d'Egesta in vece

meco potessi in dolce nodo unita

trarre i tuoi dì?...

ASPASIA

Benedirei la vita.

CLEARCO

E amor fraterno è questo? Ah fremi, Aspasia,

e inorridisci.

ASPASIA

Oh ciel! qual tetro raggio

la mia mente rischiara?

CLEARCO

Odiami; fuggi.

Ambi ci amiam; l'orribile mistero,

vincesti, aperto è già.

ASPASIA

Pur troppo è vero. ~

(rimane immersa nello stupore, e nell'afflizione)

Ove son io? Qual negra

notte d'orror sull'alma mia si stende!

Quali atroci, tremende

immagini di colpa a me d'intorno

fan di luce infernal splendere il giorno!

Io nutrir nel mio seno,

benché ignoto, un delitto? Io d'empie fiamme

alla Grecia atterrita

gli esempi rinnovar? Caro, e funesto

oggetto del mio duol, che istante è questo!

Che vi feci avverse stelle?

Numi ingiusti, in che peccai?

Preda ognor di ree procelle

son costretta a palpitar.

Parti... Ah! no... t'arresta. Addio...

Senti... ohimè!... fuggi... che fai? ~

Crudo ciel, che affanno è il mio!

Ove pace al duol trovar?

(parte)

Scena nona

Clearco; poi Filosseno.

CLEARCO

Ah, barbaro ch'io fui! La resi a parte

de' miei rimorsi, e de' miei mali.

FILOSSENO

Prence

sei solo alfin. M'ascolta.

CLEARCO

Parla.

FILOSSENO

Del padre estinto

io ti reco gli addio.

CLEARCO

Misero padre!

Ma più misero figlio!

FILOSSENO

A te ripeto

gli ultimi accenti suoi: «Regni Clearco.

Moglie Aspasia non sia

che del figlio d'un re.»

CLEARCO

Sacri, te 'l giuro,

saran per me.

FILOSSENO

(cavando il foglio)

Questo secreto foglio

poi d'Argia ti consegno,

che nutrice ti fu.

(glielo consegna)

CLEARCO

Leggasi.

(apre il foglio, e legge)

(Numi!

Che intesi mai!)

FILOSSENO

(osservandolo)

(Come! si turba!)

CLEARCO

Ah! parla.

Quando l'avesti?

FILOSSENO

Il giorno

che da Locri partendo,

di te per l'onde in traccia...

CLEARCO

Ov'è la gemma?

FILOSSENO

Eccola.

(gli dà la gemma)

CLEARCO

Oh ciel.

FILOSSENO

Ma che t'affanna?

CLEARCO

Addio.

Sol, fra le tombe, io vado

quest'alma a interrogar. Da nuovi colpi

ad ogni istante oppresso,

più in me non giungo a ravvisar me stesso.

(parte)

Scena decima

Filosseno; poi Cleone.

FILOSSENO

Attonito son io.

CLEONE

Dov'è Clearco?

Lo chiama il re. Da lui ristoro attende.

FILOSSENO

Partì.

CLEONE

Né sai?...

FILOSSENO

Turbato,

so, che partì; che fra le tombe ei disse...

Ma tutto il re saprà. Misero amico!

No, così oppresso mai,

qual poc'anzi lasciommi, io no 'l mirai.

Il pianto avea sul ciglio,

l'affanno avea nel cor.

Temo per lui periglio,

temo per me dolor.

Ah per trovar consiglio,

guidami al tuo signor.

(partono)

Scena undicesima

Luogo incolto, e aperto, sparso di vari antichi tumuli.
Vista in lontano di qualche tempio rovinato.

CLEARCO

(esce pensoso col foglio in mano)

Eccovi, o sacri orrori

bramati dal mio cor. Fra quelle auguste

ampie rovine, e questi

ferali alberghi della morte, io posso

gemere in libertà. Qui tutto spira

degli estinti il silenzio. Appena il canto

de' fuggitivi augelli

l'interrompe talor. Dell'aura appena

tra le fronde agitate

ascolto il sibilar. Secreti e soli

del mio duol, de' miei passi

testimoni saran gli sterpi, i sassi. ~

Giusti dèi, che scoperta! A me Aristocle

non diè la vita? E questo foglio il prova?

Qual fulmine novello

piomba sopra di me! ~ Folle! che penso?

Grazie forse non debbo

rendere al mio destin?... Dei beni forse

il più grande non è, restando amante,

più non esser german? ~ Ma che ragiono?

Forse ignoto a me stesso io poi non sono?

Chi sa, qual sen, qual fallo

mi diè la vita? E come mai d'Aspasia

co' la paterna legge

sperar la mano? Ah, che dal primo abisso,

che già mi vidi al lato,

a un abisso maggior mi guida il fato.

Scena dodicesima

Eraclide, Aspasia. Egesta. Filosseno. Cleone. Soldati, detto.

ERACLIDE

Che fai Clearco in questi luoghi?

CLEARCO

Ah come!

Qui pur?...

EGESTA E ASPASIA

Di te cerchiam.

CLEARCO

Né solo io posso

le mie smanie sfogar?

FILOSSENO

Deh, caro amico,

svelane la cagion. Forse in quel foglio

chiusa starebbe?

CLEARCO

In questo.

(accennando il foglio)

CLEONE

Che spiegarti può mai?

CLEARCO

Che, se nel mondo

degli uomini il più reo dirmi non lice,

posso dirmi fra tutti il più infelice.

CLEARCO

Nuove ognor funeste pene

strazio fan di questo core;

geme in lui trafitto amore,

piange stanca in lui virtù.

ERACLIDE

Figlio...

CLEONE

Eroe...

ASPASIA

Germano...

FILOSSENO

Amico...

EGESTA

Prence...

ERACLIDE

Parla...

ASPASIA, EGESTA, ERACLIDE, CLEONE E FILOSSENO

Ah, di'; che fu?

CLEARCO

È sì atroce il mio tormento,

è sì fiero il caso mio,

che mi resta un solo accento

quel di chiedervi pietà.

ERACLIDE, EGESTA E CLEONE

Cela il foglio un grave arcano.

ASPASIA, EGESTA, ERACLIDE, CLEONE E FILOSSENO

Sommi dèi, qual mai sarà?

(tutti gli altri osservando Clearco)

Insieme

ASPASIA, EGESTA, ERACLIDE, CLEONE E FILOSSENO

Ohimè! smarrito oppresso

errando intorno va,

e nel suo volto impresso

l'orror di morte sta.

CLEARCO

Ohimè! smarrito oppresso

il cor mancando va,

e nel mio seno impresso

l'orror di morte sta.

(parte Clearco smanioso, e gli altri dietro di lui)

Atto terzo
Scena prima

Appartamenti sacerdotali.
Cleone. Coro di Sacerdoti.

CLEONE

Venga Clearco, e solo

resti con me.

(parte il coro de' sacerdoti)

L'ascolterò. Qual mai

dolor l'affanna? Ei pur del re conforto

destinato è da Giove.

Ma il passo a me già sospirando ei move.

Scena seconda

Clearco, e detto.

CLEARCO

Ah perdona, o de' numi

viva immagin tra noi, se tutti io vengo

a depor nel tuo seno

i mali miei.

CLEONE

Non più. Scoprili appieno.

CLEARCO

Odimi, e la mia sorte

compiangi insiem. D'un regio figlio sposa

vuol d'Aristocle il cenno

Aspasia sol. Così...

CLEONE

Qual danno?

CLEARCO

Senti.

Io così che l'adoro,

no, mia consorte mai

renderla non potrò.

CLEONE

Ciel! che ascoltai?

Una germana!...

CLEARCO

Tal non è.

CLEONE

Ma come!

Aspasia?...

CLEARCO

Non è tal.

CLEONE

Dov'hai la prova?

CLEARCO

Qui dentro.

(presentandogli il foglio)

Leggi.

CLEONE

E di qual man?

CLEARCO

Di quella

d'Argia, che mi nutrì.

CLEONE

Leggasi. Oh dèi!

(legge)

«D'Aristocle non sei

figlio, o signor. Devi a me sola il trono.

Te al fato in abbandono,

(a misura che legge, va crescendo l'agitazione)

dell'Etna alle radici

il mio sposo trovò. Là ti raccolse.

Il ver Clearco allora

spirò fra le mie braccia. Il duol temei

del genitor. Te posi in vece. Grato

del don ti spero. Questa,

che al collo tuo trovai

gemma non vil, da Filosseno avrai.

Argia.» Che intesi! oh ciel! che intesi! Ah, porgi

a me la gemma.

CLEARCO

Prendi.

(gli dà la gemma)

CLEONE

(Oh vista! è quella,

quella stessa ch'io posi

al sen d'Alcéo.)

CLEARCO

Fra te che parli? Ah dimmi,

come saper poss'io

chi la vita mi diè?

CLEONE

(a parte, ma volgendosi a ogni parola e osservando Clearco.)

(Quel cor, quel guardo,

quelle sembianze, tutto

par che mi gridi...)

CLEARCO

Ah, per pietà, rispondi.

CLEONE

Prence, non più; t'arresta.

Attendimi. (Si vada

il nume a consultar.) Se non m'inganna

un pietoso desìo,

spero, signor, di consolarti. Addio.

(parte)

Scena terza

Clearco, poi Aspasia.

CLEARCO

Tu mi lusinghi invano:

so che nacqui al dolor. Ma chi s'avanza?

Aspasia. Oh ciel! già tutto sa. Costanza.

ASPASIA

Clearco, a te mi guida

libero il piè. Tu più arrossir non puoi

del nostro amor.

CLEARCO

Ben tu del mio.

ASPASIA

Che dici?

Che puoi pensar?

CLEARCO

Ch'io perdo

in te quanto la terra

offria di più soave agli occhi miei.

ASPASIA

E ingiusto tanto all'amor mio tu sei?

Credi tu che sì poco

t'adori Aspasia, o che veder non sappia

fuorché all'ombra d'un trono,

cieco don della sorte,

l'orgoglioso suo sguardo altro consorte?

CLEARCO

Ah! no. Tutto conosco

quel nobil cor; ma del voler paterno

la sacra legge...

ASPASIA

Oh dio!

CLEARCO

Questa ti vieta

d'avvilirti a tal segno.

ASPASIA

E deggio dunque

infelice per sempre?...

CLEARCO

Ah! no; per sempre

tal non sarai. Conforto

avrai dal cielo. Egli pietoso è ognora

a chi un padre ubbidisce.

ASPASIA

Ah, mio Clearco,

e puoi tu stesso?...

CLEARCO

Ah, sì... (L'empia fortuna

confondi, o mia virtù.) Sì, scorda, o cara

un misero, un ignoto,

un rifiuto del mondo. Io non saprei,

se tu ancora il volessi,

renderti rea col farmi tuo. Dividi

con amante più illustre,

men però di Clearco

fido, tenero, ardente, e letto e regno...

ASPASIA

(con fuoco)

Ove sposo trovar di te più degno?

ASPASIA

Ah, se in te lasciar degg'io

la mia vita, l'idol mio,

disperata morirò.

CLEARCO

Deh non far col tuo dolore

nuova guerra a questo core,

o più regger non saprò.

ASPASIA

Ciel tiranno!

CLEARCO

Acerba sorte!

ASPASIA

Venga ormai, venga la morte.

ASPASIA E CLEARCO

Pace allor fra l'ombre almeno

l'alma mia trovar potrà...

Scena quarta

Cleone. Detti.

CLEONE

Corri, Alcéo, corri al mio seno.

CLEARCO

Ah, che parli?

ASPASIA

Che sarà?

CLEONE

Tu d'Eraclide sei figlio.

CLEARCO

Chi te 'l disse?

CLEONE

Giove istesso.

ASPASIA

Ah! cessato è il mio periglio.

CLEARCO

Alcéo

Ah! respira il core oppresso.

CLEONE

Tutto il re da me saprà.

(parte)

Scena quinta

Aspasia. Alcéo.

CLEARCO

Alcéo

Dunque?...

ASPASIA

Oh gioia!

CLEARCO

Alcéo

Aspasia.

ASPASIA

Alcéo.

CLEARCO

Alcéo

Mia sarai?...

ASPASIA

Potrà Imeneo

ASPASIA E CLEARCO

render lieta a noi l'età?

Ah, sì, placati alfine

splendono gli astri a noi;

e amor coi doni suoi

premio al soffrir darà.

(partono)

Scena sesta

Sala della reggia.
Eraclide. Egesta. Filosseno. Cleone. Deifile. Elpenore.
Coro d'Agrigentini. Coro di Locresi.

ERACLIDE

(a Cleone)

E fia certo?

EGESTA

(a Cleone)

E fia vero?

FILOSSENO

(a Cleone)

E fia palese?

CLEONE

Sì; non inganna il ciel.

EGESTA

Me 'l disse ognora

quell'interno terror.

ERACLIDE

Tutti di Giove

ora intendo i prodigi.

CLEONE

Un empio nodo

egli prevenne.

ERACLIDE

Ah, questi cari oggetti

ove son mai?... Né ancora?...

CLEONE

Eccoli.

ERACLIDE

Oh gioia!

Scena ultima

Alcéo. Aspasia. Detti.

CLEARCO

Alcéo

Ah, caro padre!

ERACLIDE

(abbracciando Alcéo)

Ah, figlio!

EGESTA

Ah, fratello!

CLEARCO

Alcéo

Ah, germana!

FILOSSENO

Ah, dolce amico!

ERACLIDE

Or più Giove non chiamo a me nemico.

CLEONE

Grazie vi rendo, o numi,

che tal gioia serbaste a questi lumi.

CLEARCO

Alcéo

Padre, signor, concedi

ch'io della man de' figli tuoi disponga?

ERACLIDE

Sì; nulla al tuo voler, nulla s'opponga.

CLEARCO

Alcéo

E ben; d'Alcéo consorte

Aspasia sia, di Filosseno Egesta;

egli in Locri a regnar vada con questa.

(ad Egesta)

Consenti?

EGESTA

Non ricuso.

FILOSSENO

Io grato ognora

di sì bei doni a te...

CLEARCO

Alcéo

Basta. Contenta

Aspasia sei?

ASPASIA

Felice.

ERACLIDE

Son placati gli dèi; tutto me 'l dice.

ERACLIDE

Il figlio ritrovo

lo stringo al mio seno:

giocondo, sereno,

dolcissimo dì!

CLEONE, EGESTA, FILOSSENO, DEIFILE E ELPENORE

(Giocondo sereno,

dolcissimo dì!)

ASPASIA

Se perdo il germano,

acquisto il consorte;

propizia la sorte

se cangia così!

CLEONE, EGESTA, FILOSSENO, DEIFILE E ELPENORE

(Propizia la sorte

se cangia così!)

CLEARCO

Alcéo

Or lieto, innocente

son figlio, ed amante;

oh dolce l'istante

che tutto scoprì!

CLEONE, EGESTA, FILOSSENO, DEIFILE E ELPENORE

(Oh dolce l'istante

che tutto scoprì!)

TUTTI

Di Sicilia or suoni altera

ogni piaggia, ogni pendice,

ed apprenda l'infelice

nei celesti a confidar.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena ultima