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Ifigenia in Aulide

IFIGENIA IN AULIDE

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Apostolo ZENO.
Musica di Antonio CALDARA.

Prima esecuzione: 5 novembre 1718, Vienna.


Attori:

AGAMENNONE re di Micene

tenore

CLITENNESTRA sua moglie

soprano

IFIGENIA loro figliola

soprano

ACHILLE principe di Tessaglia, amante di Ifigenia

tenore

ELISENA principessa di Lesbo, amante di Achille

soprano

ULISSE re di Itaca

baritono

TEUCRO uno de' capitani greci, amante di Elisena

contralto

ARCADE confidente di Agamennone

basso


La scena è in Aulide.

Comparse. Paggi con Ifigenia. Paggi con Clitennestra. Paggi con Elisena. Di Argivi con Agamennone. Di Greci con Clitennestra, e con Ifigenia. Di Mirmidoni con Achille. Di Itacensi, Ulisse. Di Schiavi lesbi con Elisena. Di Salamini con Teucro.

Argomento

L'armata greca, la quale si era allestita per andarsene contro Troia sotto il comando di Agamennone, re di Micene, fu da venti contrari trattenuta più mesi nel porto di Aulide. Si ricorse all'oracolo di Diana; e l'indovino Calcante diede in risposta, che mai si navigherebbe a Troia, se prima non si placasse l'ira di Diana con la morte, e col sacrificio di Ifigenia, figliuola del re Agamennone. Questo sacrificio è uno dei più celebri fatti appresso i poeti, i quali però assai diversamente l'han riferito. Alcuni hanno asserito, che veramente Ifigenia fosse sacrificata. Così Eschilo, Euripide, Sofocle, ed altri. Alcuni sono stati di parere, che Diana mossane a pietà l'avesse rapita nel punto del sacrificio dalle mani di Calcante, e portata in Tauride, facendo, che in vece di lei rimanesse uccisa una cerva, o altro animale. Euripide mostra di essere stato anch'egli di questo sentimento, e Ovidio ne parla nelle sue Metamorfosi. Altri finalmente hanno scritto, che una Ifigenia fu veramente sacrificata, non già la figliuola di Agamennone, ma una figliuola di Elena, natale in segreto da Teseo, avanti che fosse sposa di Menelao, re di Sparta, al quale non confidò mai questo suo segreto e primo matrimonio con Teseo, e per conseguenza a lui e a tutti tenne occulta la nascita di questa sua Ifigenia, la quale fece allevare sotto altro nome; e io gli do quello di Elisena. Questa terza opinione, che è sostenuta da Euforione Calcidense, da Alessandro Pleuronio, e da Stesicoro Imereo, riportati da Pausania nel Libro II è stata seguitata da me nell'ordinamento del dramma: poiché la prima menava la favola a un fine troppo tragico, e la seconda ad uno scioglimento troppo incredibile. Nelle prime maniere l'argomento è stato maneggiato dall'incomparabile Euripide, e nella terza dal famoso Racine. Confesso di aver tolto assai dall'uno, e dall'altro, ad oggetto di render meno imperfetto, che per me fosse possibile, il mio componimento, dove gli amori di Achille, e di Ifigenia, l'andata di quello a Lesbo, donde ne condusse Elisena prigione, ed altre circostanze della favola non sono senza istorico fondamento.

Atto primo
Scena prima

Porto di Aulide ingombrato dalle navi, e dalle tende de' Greci, tutte illuminate di notte alla foggia militare. Altre navi in lontano nel mare con vele spiegate, che vengono verso il porto, anch'esse illuminate.
Teucro con séguito di Greci.

TEUCRO

Lungi, o greci, il timor. Son legni amici

quei che d'Aulide al porto

spingon' aure seconde. Io riconosco

le note insegne, e 'l sempre invitto Achille.

Presa già Lesbo, ei riconduce a noi

la vittoria, che il segue. Alla sua spada

han riserbato i numi,

che la Frigia, e 'l suo Ettorre al piè gli cada.

(si accostano le navi, dalle quali sbarcano Achille, e parte de' suoi soldati)

Scena seconda

Achille, Teucro, e séguito di Greci, e Tessali.

ACHILLE

Asia tremi, Argo festeggi:

greco braccio è sempre invitto.

Cadde Lesbo, e tra ritorte

la sua sorte

piange il tessalo sconfitto.

Asia tremi, Argo festeggi:

greco braccio è sempre invitto.

Teucro, in Aulide ancora

dorme notti infingarde il greco campo?

Già 'l Tessalo è sconfitto:

Lesbo già cadde; e in pigro, e lungo sonno

l'egre vostre pupille

stan chiuse ancor, quando trionfa Achille?

TEUCRO

Valoroso Pelide,

chi può contra gli dèi? Sciolte dal lido

fendean le prore achee l'onda tranquilla,

ma che? Del vento amico

cessa il favor: soffia l'avverso, e a forza

in Aulide respinge i nostri abeti.

D'all'ora il vento tacque:

l'onda immobil divenne:

e già n'è tolto il navigare a Troia.

ACHILLE

Io vi precederò. Trarrò in catene

Priamo, e l'altera prole,

qual da Lesbo ora trassi

la vergine reale.

TEUCRO

O dio? Elisena?

ACHILLE

Quella

sì cara a Teucro. Allor che a lei messaggio

fosti de' Greci, il so, nacque il tuo amore.

TEUCRO

In Aulide Elisena?

ACHILLE

Così vi fosse Ifigenia, mia bella,

mia nobil fiamma?

TEUCRO

E come?

Tu l'ultimo a saper sei la sua sorte?

ACHILLE

Mi sei nunzio di bene, o di sciagura?

TEUCRO

Al nuovo sol nel campo

fia la real tua sposa.

ACHILLE

Quai nozze? Parla.

TEUCRO

Ifigenia, la figlia

del gran re di Micene,

fia di tue palme il premio illustre.

ACHILLE

O amore!

No 'l credo a te: no 'l credo all'alma: è tanto

il piacer, che mi opprime. Ecco Elisena,

che già si affretta al lido. Io seco lascio

in libertà il tuo amore.

In Aulide mi chiama

non certo appien di sua fortuna il core.

Se a debole pupilla,

a lunga notte avvezza,

il chiaro dì sfavilla,

si perde ancor fra l'ombre, e 'l sol non vede.

Così quest'alma amante,

che a lungo fra martiri

languì per bel sembiante,

intende la sua sorte, e non la crede.

Se a debole pupilla,

a lunga notte avvezza,

il chiaro dì sfavilla,

si perde ancor fra l'ombre, e 'l sol non vede.

Scena terza

Elisena sbarcata con séguito d'altri Greci, e Teucro.

ELISENA

Già libera, e regnante,

or cattiva, ed ancella, in me rivedi

la misera Elisena.

TEUCRO

Ah principessa!

Data avessi a' miei detti a l'or più fede,

che priva or non saresti

di libertà, e di regno.

ELISENA

Era ne' fati,

che fra i trofei del valoroso Achille

fosse ancora Elisena.

TEUCRO

Tua sciagura è minor di quel che temi.

Fra barbari non sei.

ELISENA

Che sperar posso,

serva, straniera, anche a me stessa ignota?

So, che sangue real m'empie le vene,

ma la fonte mi è ascosa.

Il nome di Elisena

non è quel, che sortii da' miei natali.

TEUCRO

Calcante, al cui saper tutto è presente,

in Aulide or soggiorna. Ei de' tuoi casi...

ELISENA

Ah Teucro? Quel momento,

che svelerà dell'esser mio l'arcano,

l'ultimo fia della mia vita ancora.

TEUCRO

Come?

ELISENA

Senza perir non mi è permesso

conoscer genitori, e non me stessa.

Non mente Apollo.

TEUCRO

Oscuro

s'apre il nume a' mortali.

Svelinsi i tuoi natali; e di Elisena

perirà il falso nome.

Sol questo è il tuo periglio;

che sì gentil non ti formar gli dèi,

perché sì tosto spenta

fosse del lor poter l'opra più bella,

e insieme agli occhi miei l'opra più cara.

ELISENA

Qual tempo scegli a palesarti amante?

TEUCRO

Quello, in cui dir mi lice

ch'amo Elisena, e non la sua fortuna.

ELISENA

Ma quello, in cui mi è tolto

l'arbitrio di riamarti. Intendi, intendi

tutta la mia sciagura. Adoro Achille.

TEUCRO

Che ascolto! Achille? Il distruttor di Lesbo?...

ELISENA

E 'l più amabile oggetto agli occhi miei.

TEUCRO

Ch'ami Achille guerriero, è suo gran vanto,

ch'ami Achille nemico, è tua gran pena;

ma ch'ami Achille sposo, è tua gran colpa.

ELISENA

Qual fiero annuncio? Achille sposo? O dio!

Quando? Di chi? Deh! Tosto

la morte mia compisci.

TEUCRO

Ifigenia,

di Agamennone figlia,

sarà di Achille. Ei l'ama; e al nuovo giorno...

ELISENA

Ifigenia sarà di Achille?

TEUCRO

E 'l nodo...

ELISENA

Non più: molto dicesti: io molto intesi.

TEUCRO

Lo so: messaggio infausto

non è caro allo sguardo; e grave duolo

ne' suoi primi trasporti ama esser solo.

Non ho cor così spietato,

che a un amor, che è sfortunato,

pianger nieghi, e sospirar.

D'ampio fiume, che già inonda,

mal si tenta il corso, e l'onda

porre in ceppi, e riparar.

Non ho cor così spietato,

che a un amor, che è sfortunato,

pianger nieghi, e sospirar.

Scena quarta

Elisena.

Ifigenia sposa di Achille? Ed io

sarò in Aulide giunta

per veder la rival?... No; pria quell'ara,

che al funesto imeneo le faci appresta,

bagnerò col mio sangue; e a piè del nume

spirando l'alma forte,

vedran le greche attonite pupille,

ch'io aveva un cor degno di amare Achille.

A vista del crudele,

ma amabile idol mio,

quest'anima fedele

con gioia spirerò.

Forse di morir sì forte

pietà, se non amore,

in lui risveglierò;

o con sì nobil sorte

della rival nel core

invidia desterò.

A vista del crudele,

ma amabile idol mio,

quest'anima fedele

con gioia spirerò.

Scena quinta

Cortile dinanzi al palazzo di Aulide.
Agamennone, Arcade.

ARCADE

Sorta a gran pena è l'alba; e mentre ogni altro

in Aulide riposa,

tu, duce e re, stai sospiroso, e vegli?

AGAMENNONE

A chi in umil fortuna

pago è di quanto basta, invidia io porto.

Chi regge altrui, più misero è di tutti.

ARCADE

Onde il tuo duol? Del grande Atreo tu figlio,

re invitto, illustre sposo,

e padre...

AGAMENNONE

Ah! Tal non fossi...

Ma no... tu non morrai... Pria mi si strappi

l'alma dal sen, che dal mio cor l'assenso.

ARCADE

Signor...

AGAMENNONE

Mio fido, ascolta,

sai, che per vento avverso,

dopo tre lune in Aulide n'è forza

stare oziosi. Alla gran dea di Cinto,

che qui si adora, un sacrificio offrimmo,

Nestore, Ulisse, il mio germano, ed io.

Non v'era altri nel campo. Agghiaccio, e sudo,

Arcade, in rammentarlo. Odi, qual diede

l'indovino Calcante

oracolo funesto a padre amante.

Greci, Troia cadrà: propizio vento

spingerà vostre vele al frigio lido.

Ma vergine real, che sia del sangue

d'Elena, pria si sveni all'ara mia,

si sacrifichi, o greci, Ifigenia.

ARCADE

Tua figlia?

AGAMENNONE

Tutto il sangue

mi si gelò. Vista, favella, e moto,

tutto perdei. Rinvenni al duolo, all'ira.

Il cielo condannai. Giurai sull'ara

non ubbidir la cruda legge; e volli

depor' lo scettro, e dar congedo al campo.

O dio! Perché no 'l fei? L'accorto Ulisse,

seppe voci trovar di sì gran forza,

che vinto alfin mi arresi, e della figlia

diedi alla morte, o inquo padre, il voto.

ARCADE

O voto infausto! O sacrificio orrendo!

AGAMENNONE

Scrissi alla moglie, e 'l quarto giorno è questo,

che d'Argo a noi guidasse Ifigenia.

ARCADE

Con qual pretesto?

AGAMENNONE

Di promesse nozze.

ARCADE

Con chi?

AGAMENNONE

Col forte Achille.

ARCADE

Senza temer del giovine feroce

l'amor deluso, e 'l provocato sdegno?

AGAMENNONE

Achille era lontano, e si credea,

che la Tessaglia, e Lesbo ancor gran tempo

dovessero arrestarlo.

ARCADE

Or giunse al campo. Onde il rimedio al male?

AGAMENNONE

(mostra una lettera ad Arcade)

Qui scrivo a Clitennestra,

che torni in Argo; e che a stagion migliore

differite ha le nozze Achille istesso.

(gliela dà)

Prendi, o mio fido, e tosto

lor vanne incontro. Ah! Se la figlia il passo

mette in Aulide, è morta.

Cauto in tacer l'arcano aggiungi a questa,

che dell'indugio delle nozze attese

tutta la colpa ha 'l nuovo amor di Achille

con la schiava Elisena.

ARCADE

Ciò che tacer, ciò che dir debba intesi.

Sprone al core, ed ali al piede

ho da fede, ~ e da pietà.

Lieto resta: che al mio zelo

giusto il cielo ~ arriderà.

Sprone al core, ed ali al piede

ho da fede, ~ e da pietà.

Scena sesta

Agamennone, e Achille.

ACHILLE

Al tessalo rubello,

e all'amica sua Lesbo

più non affidi, alto signor de' Greci,

l'orgoglioso Ilion le sue speranze.

Quello in calma è rimesso; e sotto il peso

delle argive catene

questa di un vano ardir soffre le pene.

AGAMENNONE

Prence, le tue vittorie

hanno rapido volo. In brevi soli

Tessaglia hai doma, e conquistata hai Lesbo;

e dall'alte sue torri

il Troiano superbo

scorgendone le fiamme, e le faville,

vide il suo fato, e riconobbe Achille.

ACHILLE

Miei facili trionfi

di troppa lode, e se non mente il grido,

di troppo premio onori,

e sarà ver, che in breve

con l'imeneo della real tua figlia

io sarò de' viventi il più beato?

AGAMENNONE

(Che mai dirò?) Mia figlia è ancora in Argo.

ACHILLE

Sarà nel campo, anzi che cada il sole.

AGAMENNONE

Faccia voti il tuo amor, ch'ella stia lunge.

ACHILLE

De' miei voti il più caro è il rivederla.

AGAMENNONE

In Aulide non mai, se è ver, che l'ami.

ACHILLE

D'Aulide partirò sposo felice.

AGAMENNONE

Torniamo in Argo. Ivi otterrai la figlia.

ACHILLE

Ad Argo tornerem, Troia distrutta.

AGAMENNONE

Pugna per Troia il cielo, il vento, e 'l mare.

ACHILLE

Temo assai più di loro un vil ritorno,

che disonori il nome greco, e 'l mio.

AGAMENNONE

Che sul fior dell'etade Ilio sia tomba

del prode Achille, hanno prescritto i fati.

Altrove avrai vita più lunga, e lieta.

ACHILLE

Sia tosto, o tardi, ha da morir chi nasce.

Ma vita neghittosa è ignobil morte,

e visse assai chi può morir con gloria.

AGAMENNONE

Senza Troia cercar, dal ciel protetta,

mancan'altri trofei degni di Achille?

ACHILLE

No, no: per Troia io venni; e Troia io voglio.

Ivi l'onor mi chiama, ed io vi corro.

Altro a' numi non chiedo,

che l'aura amica, e quando ogn'altro ancora

nieghi seguirmi, io solo

son co' miei fidi a vendicar bastante

del tuo fratello, e della Grecia i torti.

In Argo poi di nuovi allori adorno,

e delle spoglie di un sconfitto regno,

verrò, d'Ifigenia sposo più degno.

Sull'ali della spene, e del desio

spiegava l'amor mio ~ felice il volo;

ma il volo gli troncò nembo funesto.

Ora dal basso suolo

sui vanni della gloria, e del valore

l'oppresso amore ~ a sollevar mi appresto.

Sull'ali della spene, e del desio

spiegava l'amor mio ~ felice il volo;

ma il volo gli troncò nembo funesto.

Scena settima

Agamennone, poi Arcade, e Ulisse.

AGAMENNONE

Per quale invidia di contrario fato

a tali eroi fia chiuso

il cammino dell'Asia?

(si mette in atto pensoso)

ARCADE

Troppo offendi il mio re, troppo il mio duce.

ULISSE

Sovra me ne cadrà l'ira, e la pena.

ARCADE

Aprir non ti conviene il regal foglio.

ULISSE

Né a te convien recarlo, ove ne nasca

alla Grecia, e al tuo re vergogna, e danno.

AGAMENNONE

Arcade! O dèi!

ARCADE

Signor, fede non giova,

ove forza preval. L'anello, e il foglio

sono in poter di Ulisse.

Ragion fu vana, e vana ogni difesa;

e a te s'aspetta il vendicar l'offesa.

Scena ottava

Agamennone, e Ulisse.

AGAMENNONE

Qual ragion ti sospinge a farmi oltraggio?

ULISSE

Guardami, e poi rispondo.

AGAMENNONE

Che sì, ch'a vista del possente Ulisse

temerò, qual fanciullo, ombre e fantasmi?

ULISSE

Conosci quest'anello, e questo foglio?

AGAMENNONE

Ciò che è mio riconosco. A me lo rendi.

ULISSE

No, se prima non l'abbia

letto per tua vergogna a tutti i Greci.

AGAMENNONE

E lecito ti festi aprirlo chiuso?

ULISSE

Per veder le tue frodi, e prevenirle.

AGAMENNONE

Chi a ciò t'indusse?

ULISSE

Io stesso,

d'Argo attendendo Ifigenia promessa.

AGAMENNONE

Dell'opre mie sei giudice, o custode?

ULISSE

Il feci, e 'l dovea far; né son tuo servo.

AGAMENNONE

E dispor non poss'io d'una mia figlia?

ULISSE

Da te già offerta alla comun salute

non è più tua.

AGAMENNONE

Non compro

gli altrui piaceri con le mie sciagure.

ULISSE

O allor di frode, o d'incostanza or pecchi.

AGAMENNONE

Cangio voler, quando il cangiarlo è bene.

ULISSE

Par degno a te con falsi giuramenti

tutta ingannar la Grecia?

AGAMENNONE

E a te par giusto,

che ad Elena si sveni Ifigenia?

ULISSE

Quella ritor giurasti al frigio amante.

AGAMENNONE

Il re giurò, ma non il padre allora.

Elena resti, e Ifigenia non mora.

ULISSE

Dunque hai prefisso?...

AGAMENNONE

Il mio ritorno in Argo,

pria che arrivi al figlia.

ULISSE

E noi ti avremo alzato al sommo impero...

AGAMENNONE

Eh! Questa volta poco

giova ad Ulisse il favellare accorto.

ULISSE

Giovi l'altrui. Su: va': congeda il campo.

Credi Nestore vile? Inermi i Greci?

Muto Calcante? Ah! Temi,

temi a' suoi detti il militar tumulto.

Tra i numi, e te sapran gli Achei, qual parte

debban seguir. La vittima promessa

vorranno a forza, e la vorran gli dèi,

poiché gli dèi l'han chiesta.

AGAMENNONE

Ulisse, addio.

Difenderla sapremo Achille, ed io.

(in atto di partire s'incontra con Teucro)

Scena nona

Teucro, e li suddetti.

TEUCRO

Signor...

AGAMENNONE

Teucro, che rechi?

TEUCRO

Giunse in Aulide or ora

tua regal donna, e la diletta figlia.

AGAMENNONE

(Cieli! Son morto.)

TEUCRO

Io con sì lieto avviso

qui le prevenni. Esse gli applausi intanto

ricevono de' duci, e de' soldati.

D'Ifigenia si ammira

l'alta beltade, e 'l portamento onesto;

e tra i viva, onde intorno

rimbomba il ciel, l'un chiama

lo sposo avventurato. Altri te dice

genitor più felice, a cui cotanto...

AGAMENNONE

Teucro, non più. (Freno a gran pena il pianto.)

TEUCRO

Nella prole, e nel comando

sei beato e padre, e re.

Ma tu sol stai sospirando,

e dal volto un cor traspira,

che contento ancor non è.

Nella prole, e nel comando

sei beato e padre, e re.

Scena decima

Agamennone, e Ulisse.

AGAMENNONE

Eccomi al duro passo,

che sì temei. Deluse

son l'arti mie. Non mi giovò accortezza

contra l'insidie di fortuna avversa.

Ahi! Con qual volto incontrerò la moglie?

Ahi! Con qual core abbraccerò la figlia?

Misere! A liete nozze

voi qui guida un mio cenno, e avrete morte:

che due vittime a un tratto

cadrete, una dal duolo, una dal ferro.

E dall'uno, e dall'altro io pur trafitto

morrò con voi. Deh! Ulisse,

abbimi almen pietade, e scusa il pianto.

Se piango re, son vile,

ma, se padre non piango, io son crudele.

ULISSE

Signor, son padre anch'io. Giusto è 'l tuo duolo;

ma che? Dove il lagnarsi al mal non giova,

mostri senno, e valore uom saggio, e forte.

AGAMENNONE

Ulisse, un buon consiglio è agevol cosa.

Ma, se qui del tuo figlio

si agitasse il destin, non so, se tanto

saresti forte.

ULISSE

Il colpo

fatto è necessità. Giunta è l'attesa

vittima. Il sa calcante.

Tu l'hai giurata.

AGAMENNONE

E la darò. S'innalzi

l'infausto altare. In breve

io vi trarrò la misera. Ma intanto

fa', che taccia Calcante; e ad una madre

si occulti il sacrificio.

Temo l'ire feroci

del suo dolor. Deh! Pria restassi estinto.

ULISSE

Vinta è già Troia, or che te stesso hai vinto.

Veggo già. Che ai greci legni

spira il vento, il mar s'inchina;

e già trema alla vicina

sua caduta Ilio orgoglioso.

Ma se l'Asia andrà sconfitta,

se d'invitta

avrà Grecia un maggior grido,

tutto tutto

sarà gloria, e sarà frutto

del tuo cor sì generoso.

Veggo già. Che ai greci legni

spira il vento, il mar s'inchina;

e già trema alla vicina

sua caduta Ilio orgoglioso.

Scena undicesima

Agamennone, Clitennestra, Ifigenia.

CLITENNESTRA

Signor di questa vita, e di quest'alma,

ecco la tua, non meno

serva, che moglie. Ecco la cara figlia,

che qui per tuo voler d'Argo ho condotta.

IFIGENIA

Padre, con qual contento

la tua pur ti rivede

ubbidiente figlia!

Deh! Mi concedi di baciar tua destra.

AGAMENNONE

O assai più ch'altro, a me dilette, e care,

sposa, figlia, vi abbraccio.

Con qual cor vi rivegga, il dican queste

lagrime mie per tenerezza espresse.

Deh! Non le prender, figlia,

per tristo augurio alle future nozze:

che la soverchia gioia

spremer può ancor dalle pupille il pianto.

CLITENNESTRA

Dopo sì lunga amara lontananza

con qual piacere in te riveggo anch'io

il re più grande.

IFIGENIA

Io 'l genitor più illustre.

AGAMENNONE

Non il più lieto.

IFIGENIA

Ebben ti leggo in fronte

l'alma appien non tranquilla.

CLITENNESTRA

E fuor di tuo costume il guardo abbassi.

AGAMENNONE

(Che dir potrò?)

IFIGENIA

Sospiri? Hai meco forse

cagion di sdegno? Io d'esser rea non credo.

AGAMENNONE

Tu rea non lei, ma sventurato io sono.

CLITENNESTRA

Che manca a tua grandezza?

AGAMENNONE

L'interna pace. Sotto il grave pondo

delle pubbliche cure il cor sta oppresso.

IFIGENIA

Ora ad Ifigenia diasi il tuo core.

Tempo hai di darlo al regno.

AGAMENNONE

Eccomi tuo. Non altro affetto or m'empie

che quel di padre.

IFIGENIA

Il guardo

pur mi volgi con pena.

AGAMENNONE

Sinché potrò mirarti, io sarò lieto.

Ma lungo spazio d'anni

oggi dividerà l'una dall'altro.

CLITENNESTRA

Lascia l'infausta guerra, e torna ad Argo.

AGAMENNONE

Vorrei poterlo; e non poterlo or duolmi.

IFIGENIA

Pera chi ne ha colpa, Elena, e Troia.

AGAMENNONE

Quando piaccia agli dèi, vi andrò; ma quanto,

quanto ci ha da costar la sua ruina.

IFIGENIA

Potessi almen colà seguirti anch'io.

AGAMENNONE

Altro luogo ti attende, ed altro cielo.

IFIGENIA

Vi sarò con la madre?

AGAMENNONE

No: questo ancora dal destin ci è tolto.

IFIGENIA

Dai cari genitori in terra estrana

vivrò dunque lontana? E dove? E quanto?

AGAMENNONE

A te, vergine, e figlia,

saper di più non lice.

IFIGENIA

Né più richiedo. Al tuo voler mi accheto.

CLITENNESTRA

Ma perché non ti affretti a scior da queste

spiagge le greche navi, e a disfar Troia?

AGAMENNONE

Placar prima si deve

con vittima solenne il cielo irato.

IFIGENIA

Presto si svenerà?

AGAMENNONE

Più presto ancora,

che non vorrei.

IFIGENIA

Permesso

a me pur sia di accompagnarla all'ara,

coronata di fiori, e in lieto canto?

AGAMENNONE

O dio!

IFIGENIA

Perché ammutisci? Al sacrificio

deh! Tua bontà mi doni esser presente.

AGAMENNONE

Figlia, sì, vi sarai. (Figlia innocente!)

Di questo core

parte migliore,

non anche intendi

se ben tu vedi

la doglia mia.

Tu a me la chiedi,

né dirla io posso,

perché ho timore,

di contristarti,

qual essa sia.

Di questo core

parte migliore,

non anche intendi

se ben tu vedi

la doglia mia.

Scena dodicesima

Clitennestra, e Ifigenia.

IFIGENIA

A me sì strano accoglimento il padre?

Onde mai da sé stesso

così diverso?

CLITENNESTRA

Figlia,

uso è dell'uom, da mille cure ingombro,

aver mente sconvolta, e fosco ciglio.

IFIGENIA

Altre volte il mio aspetto

in noioso pensier gli era conforto.

CLITENNESTRA

Il vicino imeneo,

che ti svelle da lui, forse è sua pena.

IFIGENIA

Piaccia agli dii, che questo

sia solo il suo dolor, la mia sciagura.

CLITENNESTRA

S'altro affanno il molesti

Arcade a me fedel dirallo in breve.

Tu nel real palazzo

mi attendi. Ivi ne avrai più certi avvisi,

e dello sposo ancora.

Non è senza tua pena,

il so, non arrossir, la sua dimora.

E con gli occhi, e col pensiero

tu lo cerchi, e tu lo chiami.

Nell'indugio tormentoso

già si sente

o geloso,

o impaziente

il tuo cor, perché ben ami.

E con gli occhi, e col pensiero

tu lo cerchi, e tu lo chiami.

Scena tredicesima

Ifigenia.

Ah! Se il mio cor di minor fiamma ardesse,

a voi chi mi torrebbe,

o dolci genitori? Amor di sposo,

quanto mi costi omai?

Pur sarò tua. Da questa

sospirata fortuna

l'anima amante ogni suo bene attenda,

e ciò ch'ella mi toglie, ella mi renda.

Il mio core,

il genitore,

la tua gloria, e la tua fede,

tua mi chiede,

o sposo amato.

Tu sarai della mia spene

solo oggetto, unico bene,

tu mio nume, e tu mio fato.

Il mio core,

il genitore,

la tua gloria, e la tua fede,

tua mi chiede,

o sposo amato.

Segue il ballo di Paraninfi, e termina l'atto primo.

Atto secondo
Scena prima

Passeggio di verdura nel giardino reale.
Ifigenia, ed Elisena.

IFIGENIA

Difendermi non posso

da un segreto timor.

ELISENA

Di che ti turbi?

IFIGENIA

Nella bella Elisena

temo un trofeo di Achille.

ELISENA

Beltà, se pur ne ho in volto,

non ha con che allettar, quando è infelice.

IFIGENIA

Come fior per rugiada,

crescon'anche per pianto e grazie, e vezzi.

ELISENA

Ardon'oggi per te le sacre tede.

Per te il talamo, e l'ara

si coronan di rose; e andrai di Achille

oggi sposa...

IFIGENIA

Eppur temo...

ELISENA

Che?

IFIGENIA

Me lontana, Achille

è sollecito amante; e me vicina,

è noncurante sposo.

Che fa? Qual grande impresa or sì l'ingombra?

Sì pigro è l'amor tuo?

ELISENA

Forse infedele...

IFIGENIA

No: da macchia sì vile,

lo assolve la sua gloria; ed io lo sgrido

di trascurato, sì; non mai d'infido.

Scena seconda

Clitennestra, e le suddette.

CLITENNESTRA

La tua gloria, e la mia chiedono, o figlia,

che fuor d'Aulide tosto

muoviamo il passo, e ritorniamo ad Argo.

IFIGENIA

Per qual cagion?

CLITENNESTRA

Siamo tradite entrambe;

e Achille è 'l traditor. Più non si affretta

il perfido al tuo nodo.

Troia pria vada in ceneri, e in faville,

e poscia Ifigenia sarà di Achille.

ELISENA

Che ascolto!

CLITENNESTRA

Al grave oltraggio

arrossir veggo, e impallidir tue guance.

Armati di virtù. Sinora amasti

in Achille l'eroe. Fuggi ora da esso

degli uomini il più vile, il più incostante.

ELISENA

Il più spergiuro, ed il più ingrato amante.

IFIGENIA

Ah! Tu Elisena ancor?

CLITENNESTRA

N'ode Elisena?

Ecco la nuova fiamma, ond'arde l'empio.

I vezzi di costei n'han tolto Achille.

IFIGENIA

(Ben poc'anzi il temea l'alma oltraggiata.)

ELISENA

(Achille ama Elisena? O me beata!)

IFIGENIA

Ma, se di tal perfidia

conscio era il padre, a che chiamarmi al campo?

CLITENNESTRA

Tardi ei seppe l'offesa, e d'Argo allora

n'avea tratte il suo cenno.

IFIGENIA

Tosto a che non spedir fido messaggio

com l'avviso del torto?

CLITENNESTRA

Altro messo, altro foglio era spedito;

ma fortuna si oppose.

IFIGENIA

E certa è la sciagura?

CLITENNESTRA

Arcade, alla cui fede

il re commesso avea l'infausto avviso,

tutto mi espose.

IFIGENIA

O scellerato Achille!

CLITENNESTRA

Tempo fia di lagnarci. Or la partenza

sollecita esser dée. La impone il padre.

Arcade ne fia guida.

Io corro ad affrettarla, e tu, mia figlia,

gli affetti tuoi con la ragion consiglia.

Amasti in quel cor perfido

la fede, e la virtù;

ma amar non devi più

quel cor, che con viltà

mancò di fede,

ha troppo di baldanza,

chi reo d'infedeltà

con pena e con costanza

amar si vede.

Amasti in quel cor perfido

la fede, e la virtù.

Scena terza

Ifigenia, ed Elisena.

IFIGENIA

D'Argo farmi venir l'ingrato Achille,

per tradirmi così? Poco era all'empio

l'infedeltà, se non vi unia lo scherno?

Ed io sì dileggiata

tornerò ad Argo? Iniquo,

va', conta fra' tuoi fasti

d'Ifigenia tradita

l'amor deluso, e le bugiarde nozze.

O dio! Qui piango; e la rival trionfa.

ELISENA

(Se le asconda il mio amor.) Vergine eccelsa,

vede il ciel, se ho pietà di tua sciagura.

IFIGENIA

Ben misera son io,

che sin nella rival desto pietade,

quando invidia dovrei.

ELISENA

Rival mi temi? Amar chi a ferro, e fuoco?...

IFIGENIA

Sì; tu l'ami, o superba.

Tra l'ire, tra le morti, e tra gl'incendi

e di Lesbo, e de' tuoi ti piacque Achille;

e fra i pianti, e fra i ceppi

a quel perfido cor piacque Elisena;

e sin d'allora, iniqui,

meditaste il mio scorno, e la mia pena.

ELISENA

Tropp'oltre, Ifigenia, ti porta il duolo:

ma convien degli amanti

i deliri scusar. Schiava qual sono,

al par di te nacqui al comando, e al regno,

e forse ho un cor, che più del tuo n'è degno.

IFIGENIA

Fra i titoli, che ostenti, addita il padre.

ELISENA

Prole d' Atride esser non lice a tutti.

IFIGENIA

Qui regna il mio. Vendicherà i miei torti.

ELISENA

Una spoglia d'Achille altri non teme.

IFIGENIA

Mal fidi a un traditor la tua speranza.

ELISENA

Con altri piangerò, s'io sia tradita.

IFIGENIA

L'altera donna alle mie pene insulta;

ma non andrò di sì' gran torto inulta.

Scena quarta

Achille, e le suddette.

ACHILLE

Ed è ver, principessa? E non m'inganno?

Né fu bugiardo il grido!

Fuor d'ogni mia speranza

tu in Aulide? Poc'anzi

perché a' miei voti il tuo gran padre il tacque?

Perché il negò?

IFIGENIA

Dell'agitato core

frena il tumulto. In breve

d'Aulide partirò; né Ifigenia

turberà le tue gioie.

ACHILLE

E quale, o dio!...

IFIGENIA

Hai di che restar lieto. Achille, addio.

Addio, infido: addio per sempre.

Vorrei torti col mio aspetto

la memoria ancor di me.

(Ah! Perdessi col tuo affetto

la memoria anch'io di te.)

Addio, infido: addio per sempre.

Vorrei torti col mio aspetto

la memoria ancor di me.

Scena quinta

Achille, ed Elisena.

ACHILLE

Fu Ifigenia?... Fu Achille?...

Che partì? Che rimase?...

Addio, infido: addio per sempre.

L'alma fida in che peccò?

Veglio? Sogno? O dio! No 'l so.

ELISENA

(Tanto s'agita il prence, e più non l'ama?)

ACHILLE

Intendo. Entro quel cor freddi sospetti

sparse lingua bugiarda; e tu, Elisena,

tu quella fosti...

ELISENA

Io, prence?

ACHILLE

O per vendetta de' sofferti mali,

o per invidia de' mal nati amori.

ELISENA

Qual odio mi rinfacci? O qual fiacchezza?

ACHILLE

Se furor ti ha sospinta,

troppo fosti inumana.

Ma, se amor ti ha sedotta,

odi qual ti promette, e qual ti giura

dovuta ricompensa Achille irato.

Ti fuggirò qual angue;

ti aborrirò qual mostro;

e te qual serva abbietta,

farò, recisa il crin, sordida i panni,

trar ne' più vili uffici

abominevol vita, e dì infelici.

Passerò,

con chi svenò

il più dolce de' miei voti,

ogni meta nel furor.

E per te sarò egualmente

implacabile in vendetta,

miserabile in amor.

Passerò,

con chi svenò

il più dolce de' miei voti,

ogni meta nel furor.

Scena sesta

Elisena, e poi Teucro.

ELISENA

Rapitemi a me stessa, o furie, o pene.

Lasciarmi il giorno è la miseria estrema.

Morirò, sì: ma prima, alme superbe,

feroce, inesorabile, tremenda,

del vostro letto agiterò le faci,

onde torbida luce a voi ne scenda.

TEUCRO

Mia principessa...

ELISENA

Teucro,

eccomi tua, se m'ami. Ecco la destra.

TEUCRO

Cangi sì tosto affetti?

ELISENA

Ad Achille mi tolse ira, e dispetto,

ed a Teucro mi dona amore, e fede.

TEUCRO

Cara destra, in te bacio un sì bel dono.

ELISENA

Ora vedrò, se il donator ti è caro.

TEUCRO

Che far degg'io per meritarti?

ELISENA

Il nodo sciorre d'Ifigenia col fiero Achille.

TEUCRO

Difficile cimento alla mia fede.

ELISENA

Tutto può chi ben' ama, e tutto ardisce.

TEUCRO

Il tempio, e l'ara all'imeneo si appresta.

ELISENA

Anche in porto talor naufraga il pino.

Credilo: sì vicino

non è Achille a goder. V'è qualche arcano,

che ancor non ben intendo.

Agamennone è afflitto. Achille in pena.

Delusa è Ifigenia. Medita ad Argo

Clitennestra il ritorno.

Tu, che del saggio Ulisse hai l'amistade,

cerca scoprirne in sì folt'ombre il vero.

Udisti? Io non dispero,

se hai fede, se valore, e se ardimento

veder me vendicata, e te contento.

Non vo' se deggio piangere,

sola piangere, e invendicata.

Tu consola, e tu difendi

il mio sdegno, ed il tuo amore;

mostra fede; e poi m'attendi

non spergiura, e non ingrata.

Non vo' se deggio piangere,

sola piangere, e invendicata.

Scena settima

Teucro.

Ira in femmina amante

è qual spurio vapor, che avvampa, e sfuma.

Sciolto a gran pena il nodo, in Elisena

risorgeran più forti

le speranze, e le fiamme, e Teucro allora

altro non ne otterrà frutto e vantaggio,

che lo sprezzo di lei, l'odio di Achille.

Pur si serva con fede,

quanto l'onor, quanto il dover richiede.

Tutto fa nocchiero esperto

nell'incerto ~ ondoso regno,

onde il frale errante legno

scorra il mare, e afferri il porto.

Ma che può, se avversa stella

o furor di ria procella

fa, ch'ei rompa a duro scoglio,

e dall'onde ei resti assorto?

Tutto fa nocchiero esperto

nell'incerto ~ ondoso regno,

onde il frale errante legno

scorra il mare, e afferri il porto.

Scena ottava

Agamennone, e Ulisse.

ULISSE

Nei mali irreparabili l'indugio

anch'esso è mal. Tu generoso or dona

ciò che devi costretto.

Tale in grave tempesta

getta le ricche merci il buon nocchiero;

e più spedito, e lieve

scorre sull'onde il combattuto legno.

AGAMENNONE

Del crudo sacrificio

pronti i ministri son? L'altare? Il rogo?

ULISSE

La vittima sol manca.

AGAMENNONE

Verrà tosto, verrà.

ULISSE

D'atto sì grande

sta ignaro il campo.

AGAMENNONE

E stiasi ancora; e tardo

a Clitennestra, o dio! ne giunga il grido.

ULISSE

Vedi, che a te ne vien la regal donna.

Tu con arte procura allontanarla

dal fianco della figlia;

e se l'arte non giova, usa il comando:

che, se l'uom non avesse

sovra la moglie impero signorile,

saria troppo infelice, e troppo vile.

È debolezza

temer cotanto

le grida, e 'l pianto

di molle femmina,

che nel dolore

ragion non ha.

La tua fermezza

le faccia core;

e dal tuo intrepido

ciglio sereno,

se non fortezza,

rispetto almeno

apprenderà.

È debolezza

temer cotanto

le grida, e 'l pianto

di molle femmina,

che nel dolore

ragion non ha.

Scena nona

Clitennestra, e Agamennone.

CLITENNESTRA

Onta, e dolor me con la figlia ad Argo

già richiamava. In sull'uscir del campo

rattenne i nostri passi il fido Achille.

Ei, pria che cada il giorno,

vuol le nozze promesse. Arde di sdegno,

e cerca l'impostor per dargli pena

pari all'offesa. Or tu consenti al nodo.

AGAMENNONE

L'approvo, o Clitennestra, e quanto posso

vi applaudo, e ne son lieto.

CLITENNESTRA

La tua fede già data,

e la matura età d'Ifigenia

la chiama ad altro letto.

AGAMENNONE

E ad altro cielo.

CLITENNESTRA

O con qual gioia all'ara

io l'ostie elette spargerò di fiori;

e accenderò le faci coniugali.

AGAMENNONE

No. Questa vota io chiedo

ossequio, più che amor.

CLITENNESTRA

Regina, e madre

me allontani dal tempio?

AGAMENNONE

Tu gli altri figli a regger torna in Argo:

qui delle nozze avrà la cura il padre.

CLITENNESTRA

Perché sì fiera legge?

AGAMENNONE

Al tuo grado real mal si conviene

star fra' soldati.

CLITENNESTRA

E mal conviene al mio

tenero affetto abbandonar la figlia.

AGAMENNONE

Compiacermi ricusi, allor che prego?

CLITENNESTRA

Quando prego fu mai più strano, e iniquo?

AGAMENNONE

Forte ragione a ciò voler mi astringe.

CLITENNESTRA

A te il peso dell'armi, a te del regno

tocca la grave cura:

a me quella dei figli, e della casa.

AGAMENNONE

Ostinata ti abusi

di mia bontà; ma sappi,

che, quando onesta cosa

un marito, ed un re voglia, e dimandi,

anche i preghi di lui sono comandi.

Ubbidisci; e non cercar

la ragion del mio voler.

Col soffrir

nell'ubbidir

avrà merto il tuo dover.

Ubbidisci; e non cercar

la ragion del mio voler.

Scena decima

Clitennestra.

Povero sesso! Schiavo

per tirannica legge

all'uom, perché di forza,

non perché di ragione egli ci avanza.

Scena undicesima

Ifigenia, e Clitennestra.

IFIGENIA

Al mio pudico amor perdona, o madre,

tacer non sa l'alta mia gioia. Achille,

che pria per tuo comando,

e poi per mio destino ad amar presi,

dopo un fiero timor trovo fedele.

CLITENNESTRA

Oggi a lui ti unirà sacro imeneo.

IFIGENIA

Sparge sol d'amarezza i miei contenti

il saper, che quel laccio,

che mi unisce allo sposo, a te mi toglie.

CLITENNESTRA

Eh! ben presto ripara

le perdite di figlia amor di moglie.

Scena dodicesima

Achille, e le suddette.

ACHILLE

Tutto mi arride. Il re tuo padre è certo

di mia innocenza. Ogni ragion, ch'io volli

recarne a mia difesa,

egli troncò con amoroso amplesso.

Mosse indi il passo frettoloso al tempio,

ed io col lieto annuncio a voi ne venni.

CLITENNESTRA

I sensi di quel core amor ti dica.

ACHILLE

Né questo solo è il mio piacer. Calcante,

se pur degno è di fede, oggi ci giura

gli dèi propizi, e l'aure amiche, e l'onde.

Il mio destin solo da te dipende;

e sola al tempio Ifigenia si attende.

Scena tredicesima

Arcade, e li suddetti.

ARCADE

Sola si attende, e a te recar mi è imposto

il paterno comando;

ma tu, signor, cui tanto

di forza, e di valor diedero i numi,

se pietade, se amor ti alberga in seno,

dell'ingannnata Ifigenia previeni

la dura iniqua sorte,

né far, che vada un'innocente a morte.

ACHILLE

A morte Ifigenia?

CLITENNESTRA

Cieli?

IFIGENIA

Che ascolto?

ARCADE

Tema fosse, o rispetto,

tacqui finor. Ma già le fiamme, il ferro,

le bende, l'ara... ah! Quando

abbia ancora a cader sovra il mio capo

la più barbara pena,

pietà dal sen mi strappa

il mal taciuto arcano, e vuol ch'io parli.

CLITENNESTRA

Pria della figlia hai già la madre uccisa.

Arcade, o dio! Su, parla.

ARCADE

Tu sei sposo; tu madre.

Se Ifigenia vi è cara,

toglietela al furor d'iniquo padre.

Ei la chiede all'altar, per farne al nume

sanguinoso olocausto.

ACHILLE

Il re?

IFIGENIA

Mio padre?

CLITENNESTRA

Ucciderà la figlia?

ARCADE

L'ucciderà, se la guidate al tempio.

IFIGENIA

Misera! In che peccai?

ACHILLE

Qual furor sì l'acceca?

CLITENNESTRA

E donde è tratto

nelle sue carni a insanguinar sé stesso?

ARCADE

Dal mendace Calcante. Egli, cui giova

far, che parlino i numi a suo talento,

l'oracolo ha formato. Afferma, e giura,

che, quando non si uccida Ifigenia,

né mai Troia cadrà, né mai da queste

fatali infauste rive

sciorran le navi argive.

IFIGENIA

Son queste le mie nozze?

CLITENNESTRA

L'empio con tal pretesto

chiamarmi in Argo?

ACHILLE

Ei far ch'io stesso a morte

guidi la cara sposa?

CLITENNESTRA

O frode inqua! O barbaro consorte!

ARCADE

(a Clitennestra)

Se il tuo amor

(ad Achille)

se il tuo valor

non fa scudo all'innocente,

di una madre è vano il pianto.

E se soffri il grave oltraggio,

tu di eroe, tu di possente

più non hai la gloria, e 'l vanto.

(a Clitennestra)

Se il tuo amor

(ad Achille)

se il tuo valor

non fa scudo all'innocente,

di una madre è vano il pianto.

Scena quattordicesima

Achille, Clitennestra, Ifigenia.

CLITENNESTRA

La più misera donna,

la più dolente madre,

deh! permetti, o signor, che qui protesa

le tua ginocchia abbracci.

(s'inginocchia)

ARCADE

Regina...

CLITENNESTRA

Ah! mi rammenta

la mia miseria, e non la mia grandezza.

Madre sì sfortunata

può cadere al tuo piè senza arrossire.

ARCADE

O sorgi, o partirò: che non conviene

né al tuo stato, né al mio soffrirti in atto

di soverchia umiltade.

CLITENNESTRA

(si leva)

Signor, questa è tua sposa.

Io per te la educai. Qui a' tuoi sponsali

la guidò l'amor mio; ma l'infelice

qui da barbaro padre è a te rapita;

e qui l'ha tratta il sol tuo nome a morte.

Tu la difendi, e salva. Ah! Per cotesta

vincitrice tua destra, e per la tua

immortal genitrice, ancor te n' prego:

il tuo amore le sia

e padre, e sposo, e tempio, e asilo, e nume.

Se l'abbandoni, è morta Ifigenia.

ACHILLE

Non morirà. Meco risparmia i pianti.

Piangendo offendi, e mal conosci Achille.

IFIGENIA

(Per mia cagion risse preveggo, e mali.)

CLITENNESTRA

Mi consola il tuo amor. Figlia, rimanti

qui col tuo sposo. Io corro,

ove il dolor mi chiama, ove il furore,

omai cerchi Calcante

altra vittima al nume; o a piè dell'ara

vedrà il crudel, vedran le greche squadre

pria della figlia oggi cader la madre.

(ad Ifigenia)

O vincerò di un perfido

che a morte ti condanna,

la legge empia, e tiranna,

o teco io morirò.

(ad Achille)

Ma se il tuo cor, che freme

di un'ira generosa,

difenderà la sposa,

io madre ancor sarò.

(ad Ifigenia)

O vincerò di un perfido

che a morte ti condanna,

la legge empia, e tiranna,

o teco io morirò.

Scena quindicesima

Achille, Ifigenia.

ACHILLE

A me lagrime, e preghi? Ove si tratta

della tua vita, o cara,

ha di stimoli duopo il cor di Achille?

Ma non basta salvarti.

Già corro a punir l'empio, e a vendicarti.

IFIGENIA

Deh! Ferma...

ACHILLE

Il re spergiuro

or tradisce amistà, natura, e fede.

Ma di sì grave oltraggio

l'empio, il crudel mi renderà ragione;

e cinto ancor da mille spade, e mille

farà tremarlo il vilipeso Achille.

IFIGENIA

Fermati, o dio! Se m'ami.

Quel crudel, quell'iniquo,

alla cui vita minaccioso insulti,

qualunque e' sia, mi è padre.

ACHILLE

Tuo carnefice dillo, e non tuo padre.

IFIGENIA

Padre: sì. Lo dirò, più di me stessa,

e al par di Achille, a me diletto, e caro.

ACHILLE

Ingrata? Ei vuol tua morte: io tua salvezza.

IFIGENIA

Se fosse in suo poter tormi al mio fato,

credi, ch'egli alzeria ferro omicida?

Costretto mi condanna, e ne è dolente.

ACHILLE

Chi può dar legge a lui sovrano, e duce?

IFIGENIA

Impone la mia morte il cielo, o 'l padre?

ACHILLE

Punisce, e non comanda il ciel le colpe.

IFIGENIA

Profondi, imperscrutabili gli arcani

son degli dèi.

ACHILLE

Se non s'intende il nume,

perché ti uccide il padre?

IFIGENIA

Ubbidisce con fede, e ne ha il merto.

ACHILLE

Ameresti, o crudel, più la tua vita,

se più amassi lo sposo.

IFIGENIA

Amo la vita.

E l'amo anche di più, dacché la veggo

sì cara a te.

ACHILLE

Dunque al mio amor si lasci

la libertà di un generoso colpo.

IFIGENIA

Senti: se i giorni miei

tu salvassi così, ti aborrirei.

Scena sedicesima

Clitennestra, e li suddetti.

CLITENNESTRA

Signor, senza il tuo amore,

perduta è Ifigenia. Verran fra poco

fieri custodi. A me si chiude il tempio;

e di madre dolente, e irata moglie

al pianto, ai gridi il re si cela, e toglie.

ACHILLE

Regina, addio. Né a me l'altar vietarsi,

né a me saprà occultarsi il fiero Atride.

IFIGENIA

Ah! Madre! Ah sposo!

CLITENNESTRA

A che lo arresti?

ACHILLE

Invano.

IFIGENIA

Deh! per ultimo dono ancor m'ascolta.

Signor, veggo il tuo sdegno.

Conosco il padre. A lui

non si presenti un irritato amante.

Parlino all'amor suo pianti di figlia,

e gemiti di madre.

Chissà, che non lo tocchi

giusta pietà?

ACHILLE

Gelosa del comando,

non conosce pietà l'alma superba.

CLITENNESTRA

E codarda paventa i greci armati.

IFIGENIA

Dell'amor, e del sangue udrà le voci.

CLITENNESTRA

Ei più non sa d'esser marito e padre.

IFIGENIA

Io 'l duro cuore ammollirò col pianto.

Qual danno dà l'indugio?

ACHILLE

Orsù: ti si compiaccia. Itene entrambe.

Ravvivate in quel core

la sbandita ragione.

Sospirate; piangete;

minacciatelo ancor dell'ira mia.

Ma persista, o si pieghi,

sicché a quest'occhi, il giuro, il dì sfaville,

non morrà Ifigenia.

Può Calcante mentir, ma non Achille.

Se mai fiero leon vede assalita

da alpestre cacciator la sua compagna,

il bosco e la campagna ~ empie fremendo,

in suon muggendo ~ di pietà, e di rabbia.

Sormonta ogni riparo, infrange ogni asta:

tutto scompiglia, e guasta;

né fa ritrar dalla feroce pugna

l'acuto dente, e l'ugna,

che non la miri insanguinar la sabbia.

Se mai fiero leon vede assalita

da alpestre cacciator la sua compagna,

il bosco e la campagna ~ empie fremendo,

in suon muggendo ~ di pietà, e di rabbia.

Scena diciassettesima

Ifigenia, e Clitennestra.

IFIGENIA

Sia la speranza, o virtude, io sento l'alma

oltre l'uso tranquilla.

In tal uopo ben presto un cor di padre

con pietà si consiglia.

Madre, si speri ancor.

CLITENNESTRA

Si speri, o figlia.

IFIGENIA

Verace, o menzognera,

ti credo, o lusinghiera

mia speranza.

Il raggio tuo sereno,

se non rimedio al duolo,

sarà conforto almeno

alla costanza.

Verace, o menzognera,

ti credo, o lusinghiera

mia speranza.

Segue il ballo di Giardinieri, e termina l'atto secondo.

Atto terzo
Scena prima

Sala regia.
Elisena, e Teucro.

TEUCRO

All'amistà di Ulisse

io ne deggio l'arcano; e tu al mio amore.

ELISENA

Pur ti vedrò punita,

superba Ifigenia.

TEUCRO

Pria che tramonti il giorno, udrai sua morte.

ELISENA

Teucro, ne temo ancor. Si tace a' Greci

l'oracolo funesto.

Pietà, natura, e sovra ogni altro, o dio!

Sarà l'amor d'Achille in sua difesa.

TEUCRO

Troppo importa alla Grecia,

che mora Ifigenia. Chi può salvarla,

quando parli Calcante?

ELISENA

E s'egli tace?

Non tacerà Elisena.

TEUCRO

Dove te n' corri?

ELISENA

A divulgare al campo

il mal taciuto arcano.

TEUCRO

Ira feroce, e inopportuna ad atto

indegno or ti trasporta.

Lascia, che si maturi

l'evento, e poi risolvi. Io sarò teco.

ELISENA

Piacemi. Ancor per poco, ire, tacete.

TEUCRO

Non ti parlo di mia fede:

non di amor; non di mercede.

Maggior fiamma or t'arde in seno.

Non affida a mar, che freme,

le sue merci, e la sua speme

buon nocchier; ma tempo aspetta

più tranquillo, e più sereno.

Non ti parlo di mia fede:

non di amor; non di mercede.

Scena seconda

Elisena.

Fuor di questa, ch'io premo,

reggia nemica io non trarrò le piante,

che più certo il destin d'Ifigenia

non mi si sveli. Il tutto

osserverò non osservata. Nulla

sfuggirà all'odio mio:

nulla al mio amor. Folle! Che dissi? Amore?

Più non lo dir. Sei troppo offeso, o core.

Vergogna, e dispetto

scacciò dal mio petto

l'idea di un'ingrata

spietata beltà.

Fra l'ire e le morti

l'amai senza colpa;

ma dopo i miei torti

l'amarla è viltà.

Vergogna, e dispetto

scacciò dal mio petto

l'idea di un'ingrata

spietata beltà.

Scena terza

Agamennone, e Clitennestra, da varie parti.

CLITENNESTRA

(Con che intrepida fronte

viene il crudel.)

AGAMENNONE

La figlia

si attende al tempio. A Clitennestra piace

non ubbidir. Sprezza il comando, e 'l nume.

CLITENNESTRA

Fuor della figlia altro mancava all'ara?

AGAMENNONE

Nulla: le vesti, le ghirlande, i fochi...

CLITENNESTRA

Di vittima non parli?

AGAMENNONE

E le giovenche apparecchiate ancora,

che da vergine man svenar si denno.

CLITENNESTRA

E le giovenche ancor?

AGAMENNONE

Sì. (Qual richiesta?)

Scena quarta

Ifigenia, e li suddetti.

CLITENNESTRA

Di Agamennone figlia, e cara figlia,

a tempo giugni, e attesa.

Or bacia al dolce padre,

che vuol condurti ei stesso

al tempio, all'imeneo, la regal destra.

AGAMENNONE

Che miro? O dio! Figlia, tu pieghi a terra

l'egre pupille? E piangi? E teco ancora

piange la madre? Iniquo,

Arcade disleal, tu mi tradisti.

(si abbandona sopra una sedia)

IFIGENIA

Padre, non ti turbar. Non sei tradito.

Da Ifigenia ubbidito

sarà il tuo cenno. Questa,

che è pur tuo dono, miserabil vita

puoi ripigliarti. Io lieta,

senza accusar te di spietato, e crudo,

saprò stender al ferro il collo ignudo.

AGAMENNONE

(Che affanno è il mio?)

IFIGENIA

Ma questo dal tuo labbro,

questo non attendea fiero comando

la tua, dirollo ancor, figlia innocente.

Signor, deh! ti sovvenga,

ch'io pria ti chiamai padre, e pria d'ogni altro

tu figlia mi chiamasti. O quante volte

strettami al seno, e cinte

al mio tenero collo ambe le braccia,

quante volte, il rammenta, a me dicesti:

quando fia mai quel giorno,

ch'io stesso ti accompagni a liete nozze,

e unita ti miri a illustre sposo?

Questo era il giorno. Io lo sperava almeno.

AGAMENNONE

(Mi scoppia il cor.)

IFIGENIA

Ma quali

son le mie nozze? Qual lo sposo? E quali

le faci maritali? Ecco tu stesso

al mio rogo le accendi,

e di questa mi privi amabil vita.

Ah! Se pietà non hai di me tua figlia,

pietà, signor, dell'infelice madre.

Vedi, che tutta si distilla in pianto.

Pietà ancor di te, che i tuoi gran pregi

col nome oscuri d'inumano, e d'empio.

Stendimi alfin la destra, indizio e pegno

(gli prende la mano)

di bontade, e di amore, ond'io la baci.

Fissa in questo mio volto,

qual già solevi, le amorose ciglia;

e in te mi addita il padre. Io son tua figlia.

CLITENNESTRA

(Ben ha di sasso il cor s'egli non cede.)

AGAMENNONE

Figlia, potessi pur con la mia morte

ricomprar la tua vita.

Ma sono avversi i numi. Il sol tuo sangue

chiedono irati. Io contra lor che posso?

Ceder convien. Giunta all'estremo, o figlia,

sei di tua vita. Un atto

degno di te lo chiuda. I numi stessi,

da cui sei condannata,

n'abbian rossore; e sia

l'ombra d'Ifigenia d'Ilio il terrore,

della Grecia l'amore.

Vieni, cor mio, mio sangue. Invita, e forte

prendi l'ultimo amplesso... e vanne a morte.

IFIGENIA

Più del cielo, e più del fato,

padre amato,

mi fa fede il tuo dolore,

che innocente ho da morir.

In quest'ultimo congedo,

non ti prego più di vita:

sol ti chiedo

di dar pace al tuo martir.

Più del cielo, e più del fato,

padre amato,

mi fa fede il tuo dolore,

che innocente ho da morir.

Scena quinta

Clitennestra, Agamennone.

CLITENNESTRA

Ben si vede, che prole

sei del malvagio Atreo.

Come ti soffre il cor?...

AGAMENNONE

Donna, ti accheta.

Non farà il tuo gridar,

ciò che non fece

dell'infelice il pianto.

CLITENNESTRA

Mi vieti anche il dolermi?

AGAMENNONE

Mi è grave il far ciò che costretto io faccio,

e mi è grave il non farlo.

CLITENNESTRA

E qual necessità ti vuol crudele?

AGAMENNONE

Quella, che mi vuol misero.

CLITENNESTRA

Tu solo

fabbro sei di tua colpa, e di tua pena.

AGAMENNONE

Oh! Fosse in mio poter ciò che vorrei.

CLITENNESTRA

Per Elena no 'l fai? No 'l fai per Troia?

Pensi ad Elena, e Troia il tuo germano,

cui tanto preme la non casta moglie.

Con la sua Ermione ei la riscatti; e resti

alla patria, allo sposo, a noi la figlia.

AGAMENNONE

A noi chiedono questa i numi irati:

questa da noi vorranno i Greci armati.

CLITENNESTRA

La difenda il tuo amore, e quel di Achille.

AGAMENNONE

Temo la civil guerra, e la detesto.

CLITENNESTRA

Di', che temi depor scettro, e comando.

AGAMENNONE

Orsù, taci, e mi lascia.

CLITENNESTRA

Sola dunque a Micene, e disperata

ritornerò? Non lo pensar. Quand'altro

non possa il mio dolore,

a svenar ti prepara e figlia, e madre.

AGAMENNONE

Alla miseria mia basta un delitto.

CLITENNESTRA

Vedi bontà! Vedi innocenza! Iniquo!

L'uccisor della figlia

teme uccider la madre. Ah! Tu di lei,

io di me stessa ho già disposto. Addio.

Del mio morir solo l'arbitrio è mio.

Preparati a svenar e figlia, e madre,

consorte, e padre,

ma senza amore,

senza pietà.

Sì, sì:

l'amor ti pervertì:

e nel tuo core

entrò col fasto

la crudeltà.

Preparati a svenar e figlia, e madre,

consorte, e padre,

ma senza amore,

senza pietà.

Scena sesta

Agamennone.

Oh! Non avessi altro a temer, che lei,

e l'alte sue querele. Ah! Figlia, figlia,

tu la mia tema sei, tu la mia pena.

Qual mi pregò? Qual pianse?

Paterne tenerezze, amor, natura

vi sento. Invan resisto. A voi mi dono.

Custodi, Arcade venga.

Assolvetemi, o dèi. Padre ora sono.

Scena settima

Arcade, Agamennone.

ARCADE

Pronto al sovrano impero...

AGAMENNONE

Arcade, errasti

mal tacendo l'arcano. Io scuso un fallo,

cui la pietà fu consigliera, e guida.

Or con l'alma più fida

l'error correggi.

ARCADE

E che far debbo?

AGAMENNONE

Vanne,

ma tosto e fuor del campo

per la men nota via figlia e consorte

tornino in Argo; e tu le scorta. Io pure

da Calcante otterrò, che al nuovo giorno

sospenda il sacrificio.

ARCADE

Al regio cenno

non frammetto dimore.

(parte)

AGAMENNONE

Quanto sei grande in cor di padre, o amore!

Qual quercia da più venti,

da amor battuto, e d'ira

povero cor, respira

in breve calma.

Timor di dubbi eventi

non turbi quel riposo,

che dopo il tempestoso

nembo, che l'agitò, gode quest'alma.

Qual quercia da più venti,

da amor battuto, e d'ira

povero cor, respira

in breve calma.

Scena ottava

Bosco sacro di Diana.
Teucro con Soldati.

TEUCRO

D'aspidi, e serpi al velenoso morso

trovò l'arte rimedio.

Ma dall'ira, e dall'odio

di femmina feroce

qual riparo v'è mai? Scorre Elisena

di tenda in tenda; e divulgando intorno

d'Ifigenia il destino, e la sua fuga,

mette il campo in tumulto. Ulisse è in armi.

Grida Calcante; e tutti

son d'Aulide i sentier chiusi, e guardati.

A me questa è commessa

segreta via... la miser se n' viene.

Compiangerla poss'io, ma non salvarla.

Scena nona

Clitennestra, Ifigenia, Arcade, e Teucro.

ARCADE

Dal sacro orror di questa

selva protetti, a miglior lido il passo

affrettiamo, o regina.

CLITENNESTRA

Il ciel ne arrida.

IFIGENIA

Il ciel vuol la mia morte. Ecco armi, e genti.

CLITENNESTRA

O bugiarde speranze!

ARCADE

O certi mali!

TEUCRO

Siamo, o donna real, vergine illustre,

egualmente infelici:

voi, cui soffrir convien casi sì acerbi;

io, che nunzio ne sono.

CLITENNESTRA

Teucro, che fia?

TEUCRO

Son tutti in arme i greci.

CLITENNESTRA

A che?

TEUCRO

Per la tua figlia.

CLITENNESTRA

Principio infausto di peggiore evento.

TEUCRO

E gridano, che a morte ella sia tratta.

CLITENNESTRA

Per qual sua colpa?

TEUCRO

Per voler de' numi.

CLITENNESTRA

Né a pro dell'infelice alcun si adopra?

TEUCRO

Quasi all'invitto Achille

fu periglio fatal la sua difesa.

IFIGENIA

Deh! Qual periglio e' corse?

TEUCRO

Di rimanerne lapidato, e ucciso.

IFIGENIA

Chi osò tanto misfatto?

TEUCRO

I greci tutti.

IFIGENIA

Né de' suoi Mirmidoni

il drappello fedel corse in sua aita?

TEUCRO

Fur questi i primi a minacciarlo; ed egli

resister non potendo, il piè ritrasse.

CLITENNESTRA

Chi nel campo commosse il fier tumulto?

Scena decima

Elisena, e detti.

ELISENA

Vuoi saperne l'autor? Vedilo, o donna,

in Elisena. Or tu, rival, superba

più non andrai de' miei disprezzi, ed onte.

CLITENNESTRA

O furia! O mostro!

ELISENA

Ecco gli arcieri, e Ulisse

lor capitano, e guida.

Qui per contender seco

(a Clitennestra)

né a te gioverà pianto

(a Ifigenia)

né a te innocenza.

TEUCRO

Io parto:

che a spettacol sì crudo il cor non regge.

(parte)

CLITENNESTRA

(ad Arcade)

Tu pur di Achille in traccia

vanne.

ARCADE

E al dolente padre, Aulide, ancora

sarai lido esecrando,

se potrai sopportar tanto misfatto.

(parte)

Scena undicesima

Ulisse con Guerrieri, Clitennestra, Ifigenia, ed Elisena.

ULISSE

(a Clitennestra)

Il crudo ufficio, ond'io qui venni, ho preso,

(ad Ifigenia)

non perché del tuo pianto, o del tuo sangue

vago mi sia: che ne ho pietà, qual deggio.

Parlan con le mie voci i greci tutti:

anzi parlano i numi. È lor comando

d'Ifigenia la morte.

Datti pace, o regina; e tu la fronte

piega all'alto decreto,

vergine generosa.

Ritrarsi, opporsi è un provocar gl'insulti.

Non ch'io cotanto ardisca;

ma costor non avrieno egual rispetto

a voi, del mio signor figlia, e consorte.

Scena dodicesima

Achille con Séguito, e li suddetti.

ACHILLE

Ben l'avranno ad Achille, o avranno morte.

CLITENNESTRA

(L'alma respira.)

ULISSE

Achille, opra d'uom saggio

non è l'opporsi al cielo.

ACHILLE

E tollerar l'offese

opra non è d'uom forte.

ULISSE

Siati più a cor la patria...

ACHILLE

Eh! non ascolto

chi fabbro è di menzogne.

ULISSE

So usar, quando convenga, e lingua e braccio.

ACHILLE

Di questo or ti fia d'uopo.

ULISSE

E questo or s'armi.

(danno di mano alle spade)

ELISENA

(Crescon le risse, e gli odi.)

ULISSE E ACHILLE

All'armi, all'armi.

ELISENA

(Io qui mi celo, e ascolto.)

(si ritira)

IFIGENIA

Duci, fermate. Ifigenia ve n' prega.

Uditemi, e se cose

dirò dalle passate assai diverse,

le dirò, qual chi scosso

da lungo sonno, apre le luci, e vede

non pria veduti oggetti.

Ecco che in me tien fissi

gli occhi la Grecia tutta. Aure propizie

ella attende a' suoi legni:

vittoria a' suoi guerrieri; e vedrà in breve

Paride estinto, Ilio disfatto ed arso.

Tutto, tutto avverrà con la mia morte.

Di tanti, che qui sono uomini eletti,

qual v'è mai che paventi,

o rifiuti la morte? Io tanto vile

sarò, che timor n'abbia?

E di sì degna impresa arresti il corso?

O ignominia! O rimorso

peggior di morte! Andiamo, Greci, andiamo.

Figlia son della patria.

Ecco il petto, ecco il capo. Applaudo al colpo,

che a voi rechi salute, a me dia gloria.

Questi, questi saran pregi immortali.

La mia dote, i miei figli, i miei sponsali.

ULISSE

O fortezza! O virtù di nobil alma!

ACHILLE

Me presente, e me sposo, aperta e piana

pensi la via, che ti conduca a morte?

No, no: morrò per te, se tu ricusi

di viver meco.

IFIGENIA

Ah! Questo,

questo dell'alma era il desio più caro,

viver di Achille. Aspro destin ce l' vieta.

Soffrilo in pace. Vivi,

pugna, vinci, trionfa. Il sangue mio

t'innaffierà gli allori.

Questa della tua fede ultima prova

ti chiedo: vivi; o s'altro

mi resta, onde pregarti, ad Elisena

rendi la libertà, rendi il suo regno.

Io perdono al tuo sdegno:

ella almeno perdoni al cener mio.

Addio, mio sposo: addio per sempre, addio.

ACHILLE

Un addio sì funesto io non ricevo.

La mia gloria, e 'l mio amor vuol, che tu viva;

o che teco io pur cada;

né cadrò solo. Al tempio

ti precedo, e ti attendo.

Nulla prometter posso,

se di tutto dispero.

In faccia al padre, al sacerdote, al nume

farem ciò che richiede

a te virtude, a me valore, e fede.

Sposa, addio: ma questo, o cara,

non sarà l'estremo addio,

che il cor mio ~ prenda da te.

In sì amara ~ iniqua sorte

sarai tolta a ingiusta morte

o dal cielo, oppur da me.

Sposa, addio: ma questo, o cara,

non sarà l'estremo addio,

che il cor mio ~ prenda da te.

Scena tredicesima

Ifigenia, Clitennestra, Ulisse.

IFIGENIA

O dio! Parte sdegnoso, e 'l suo furore,

quant'ella sia, mi fa sentir la morte.

ULISSE

Vergine, al sacro ingresso

stanno armati i più forti

del nostro campo, e ne sia escluso Achille.

Rassicurati. In lui

d'Ifigenia vivrà gran parte. L'altra

ne avrà la gloria: e la più vil sia spenta.

IFIGENIA

(ad Ulisse)

Or morrò più tranquilla, e più contenta.

(a Clitennestra)

Madre, è già tempo... Ah! Madre,

perché tacita inondi

di lagrime le gote?

CLITENNESTRA

È giusto il pianto

in madre sconsolata.

IFIGENIA

L'avermi generata

non a te sol, ma alla comun salute,

sia tuo conforto, e pace.

CLITENNESTRA

Rifiuto ogni conforto, e ne dispero.

IFIGENIA

Fammi cor, te ne prego, e di umil figlia

gli ultimi voti adempi.

CLITENNESTRA

Ben sai, ch'ogni tuo prego a me fu legge.

IFIGENIA

Morta ch'io sia, non oltraggiar tue gote,

non lacerar tue chiome, e bruno ammanto

le tue membra non cuopra.

Per chi muor per la patria, è ingiusto il pianto.

Le dilette sorelle, e 'l dolce Oreste

bacia per me. Ma più che d'altro, o madre,

ti prego, al caro padre

non rinfacciar mia morte,

e qual sempre l'amasti, amalo ancora.

CLITENNESTRA

No: converrà, che ognora

odi il tuo, più che padre,

carnefice spietato.

IFIGENIA

Salvarmi egli volea. No 'l volle il fato.

CLITENNESTRA

Altro per te far deggio?

IFIGENIA

Serba la mia memoria. Io parto, o madre.

Chi di voi mi accompagna al tempio, al rogo?

ULISSE

Sarà tua guida Ulisse.

CLITENNESTRA

Io pur ti seguirò, misera figlia.

ULISSE

Questo ti vieta il tuo signore, e sposo.

CLITENNESTRA

Senza tormi di vita

staccarmi non potrai da questi panni.

IFIGENIA

Madre, rimanti. A vista

io sarei del tuo pianto assai men forte.

Più temo il tuo dolor, che la mia morte.

Madre diletta, abbracciami.

Più non ti rivedrò.

Perdona al genitore.

Conservami il tuo amore.

Consolati: non piangere;

e in pace io morirò.

Madre, rimanti. A vista

io sarei del tuo pianto assai men forte.

Scena quattordicesima

Clitennestra, Ulisse.

CLITENNESTRA

Ferma. O dio! Qual mi lasci... Io manco... Io moro...

(sviene, ed Ulisse la sostiene)

ULISSE

La misera vien meno.

Voi seguite la figlia. Io questo deggio

pietoso ufficio alla regina vostra.

(partono le guardie dietro Ifigenia)

Sovra questo si posi

rustico seggio. O numi,

val tanto Elena, e Troia?

(la posa sopra uno sterpo appoggiata ad un albero)

Erto, e scosceso è 'l colle,

su cui si estolle

il tempio eccelso

del merto, e dell'onor.

Non poggia all'alte cime

valor sublime,

se pria non lassi

tra sterpi e sassi

orme ben grandi

di sangue, e di sudor.

Erto, e scosceso è 'l colle,

su cui si estolle

il tempio eccelso

del merto, e dell'onor.

Scena quindicesima

Clitennestra.

Figlia, figlia, ove sei?

Tu senza me correr' a morte? In vita

io senza te qui rimanermi? E al pianto?

Ferma. Ah! Tu non mi ascolti, e forse or cadi.

(si leva)

Ecco in quest'ora, in questo

punto la mano, e 'l ferro

alza l'empio ministro. In questo il vibra

nella tenera gola. In questo spira

l'alma innocente. Ascondi, Febo, ascondi

in notte eterna il giorno.

Altre volte gli Atridi

tu han costretto a fuggir, colmo di orrore,

per non mirar meno esecrando eccesso.

E tu, ferro crudel, dopo la figlia

vieni, e me pure uccidi. È quello, è questo

lo stesso sangue. Qual pietà te arresta?

Qual furor me sospinge?

Già vengo. Già mi appresso.

Già sono all'ara. Al sordo

nume, all'empio marito

già sugli occhi mi sveno; e della figlia

sul caro busto esangue

m'esce tra i freddi baci e l'alma, e 'l sangue.

Ah! Che, se fossi estinta,

non sentirei così

la fiera doglia mia

peggior di morte.

Ma, se la cara figlia,

ch'era il mio cor, morì,

esser non può che sia

del fiero mio dolor l'alma più forte.

Ah! Che, se fossi estinta,

non sentirei così

la fiera doglia mia

peggior di morte.

Scena sedicesima

Piazza d'Aulide con gran facciata di tempio. Navi in lontano.
Elisena, e Teucro.

ELISENA

Asta vibrata si richiama invano.

Un tardo pentimento

non ripaga la piaga, e non la sana.

TEUCRO

Tant'ira in te poc'anzi

contro dell'infelice? Ora per lei

tanto dolor?

ELISENA

Mi ha vinta

la tua miseria, e più la sua virtude.

TEUCRO

Nobil pietà.

ELISENA

Quanto l'invidio! O quanto!

Ella muor tra gli applausi

di tutta Grecia, e con l'amor di Achille.

TEUCRO

E quest'amor fa la tua pena.

ELISENA

Ah! Teucro,

una forza maggior, ch'io non intendo,

mi chiama all'ara infausta. Ivi gli dèi,

chissà? Fine imporranno a' mali miei.

Nell'anima agitata

si svegli un non so che,

che mi rapisce a sé.

È invidia? È sdegno? È amor?

È gelosia? È furor?

Vorrei; ma ne ho timor.

Temo; né so perché.

Scena diciassettesima

Clitennestra, Teucro.

CLITENNESTRA

Perfidi, a me si vieta

l'ara profana? A me la figlia estinta?

Tanto si teme il mio dolor?

TEUCRO

Regina...

CLITENNESTRA

Eolo, scatena gli Austri più feroci;

apriti, o mare, in più profondi abissi.

T'irriti, e non ti plachi

l'orrendo sacrificio. Ecco che il cielo

tuona, balena, fulmina.

Trema la terra. Un dio,

un dio vendicator per me combatte.

Scena diciottesima

Arcade, e detti.

ARCADE

Sì: combatte per te. Già 'l grande Achille

co' suoi Tessali in fuga

messi ha i custodi. Egli è all'altare, e al fianco

d'Ifigenia. Grida, minaccia, freme.

Sospeso è 'l sacrificio. Il re tuo sposo

per non veder la strage,

o per celare il pianto,

sta del suo regio manto

coperto il volto. In mano

allo stesso Calcante

trema la scure, e sembra,

ch'ei la vittima offerta

tema ferire, o che ne cerchi un'altra.

Andiam, regina. Il tuo campion ti attende,

per renderti la figlia.

CLITENNESTRA

Arcade, andiamo.

Ma non è questi Ulisse? O quali in volto

segni di gioia ei porta!

Sì: ch'egli è desso. Ah! Che mia figlia è morta.

Scena diciannovesima

Ulisse, e li suddetti.

ULISSE

No: ti consola. Vive,

vive tua figlia.

CLITENNESTRA

Ulisse,

è viva Ifigenia? Vive mia figlia?

ULISSE

Vive tua figlia. Ifigenia morendo

placò la dea: l'aure ci rese amiche

CLITENNESTRA

O sempre falso Ulisse! O sempre infausto!

ULISSE

Né più verace mai, né mai fui nunzio

di più lieti successi.

Ifigenia morì. Vive tua figlia.

CLITENNESTRA

Vive, il so, negli Elisi ombra infelice.

ULISSE

Spira quest'aure, e veste

di carni, e d'ossa il bel corporeo velo,

e fia sposa ad Achille.

CLITENNESTRA

Ma come e viva, e morta? Io non intendo.

ULISSE

In Elisena è morta

un'altra Ifigenia.

TEUCRO

Morta Elisena?

Sacrificio crudel! Teucro infelice!

(parte verso il tempio)

ARCADE

Spesso il riso dell'un pianto è dell'altro.

CLITENNESTRA

Ma come?

ULISSE

Odi prodigio, e l'alma accheta.

Tutto fremea nel tempio. Achille, e i greci

già stringevano il ferro:

quand'ecco entra Elisena. Allor Calcante,

che pria sembrava timoroso, e incerto,

prende novello aspetto; e pien del nume,

che l'agitava, in voce alta, e tremenda

gridò: Fermate. Il cielo

per mia bocca a voi parla. Un altro sangue

d'Elena ei chiede, e un'altra Ifigenia.

Ella è presente. A lei

Elena è madre. Di segrete nozze

l'ebbe da Teseo, e Ifigenia chiamolla.

Io ne fui testimonio. Io d'allor la vidi,

ch'elle perir dovea, quando col nome

d'Ifigenia fosse svelato a' Greci

il suo fato, e 'l suo sangue.

Quindi con altro nome a tutti crebbe,

ed a te stessa ignota. Or qui l'ha tratta

il suo destino. Eccola, o greci.

Questa è l'Ifigenia dal ciel richiesta.

ARCADE

O strano caso!

CLITENNESTRA

O meraviglia!

ULISSE

Immoto

resta ciascun: poi gli occhi

corrono tutti ad Elisena. A terra

ella tenendo i suoi, stavasi in atto

pensoso, sì, ma non scomposto, e grave.

Se le appressa Calcante.

Morte le annuncia, e per condurla all'ara

già stende il braccio. «Lungi,»

grida Elisena, «lungi,

senza l'empia tua mano

saprò morir, né smentirò qual sono.»

disse, e di nobil ira accesa in volto,

corre all'altare, e 'l sacro

coltel ne afferra, e se lo immerge in seno.

E cade, e versa il sangue, e muor da forte,

e fiera sul bel volto è ancor la morte.

CLITENNESTRA

Sparga or tra l'ombre le sue furie ultrici.

ULISSE

Al suo cader tuona, e balena il cielo.

Di luce più serena

l'aria sfavilla. Agitan l'aria i venti.

Il mar lieto ne mugge, e un grato orrore

occupa tutti. Ecco già s'apre il tempio;

e tra gli applausi, e i viva

n'esce la degna coppia

e più amante, e più illustre, e più giuliva.

(s'apre il tempio)

Scena ultima

Agamennone, Ifigenia, Achille, séguito di Greci, e i suddetti.

CORO

Gli avversi fati

son già placati.

Gode, e trionfa

virtù, ed amor.

PARTE DEL CORO

Ai giochi, ai canti,

felici amanti,

dopo il sofferto

rischio, e dolor.

L'ALTRA PARTE

A Troia, a Troia,

forti guerrieri.

Sia tutto in gioia

fede, e valor.

CORO

Gli avversi fati

son già placati.

Gode, e trionfa

virtù, ed amor.

CLITENNESTRA

Vieni ai materni amplessi,

diletta figlia.

IFIGENIA

O cara madre!

CLITENNESTRA

O specchio

e di amore, e di ardir, Pelide invitto,

qual dono a me tu rendi?

Qual bene a te serbasti?

AGAMENNONE

Non più inutili indugi. A noi seconde

ecco son l'aure, e l'onde.

ACHILLE

Or tremi Priamo, e la superba reggia.

ARCADE

O giorno fortunato!

IFIGENIA

O amore!

CLITENNESTRA

O gioia!

TUTTI

Alle navi, alle navi. A Troia, a Troia.

IFIGENIA E ACHILLE

A noi seconde

son l'aure, e l'onde.

Al frigio lido

passi il terror.

CORO

Son già placati

gli avversi fati.

Gode, e trionfa

virtù, ed amor.

Licenza.

LICENZA

Parte, e d'Ilio trionfa il forte Atride;

ma sono i suoi trionfi,

più che di sua fortezza,

premio di sua virtù. Serve con merto

ai comandi del nume, e ottien vittoria.

Grande, o Carlo, è tua gloria,

perché più grande è tua pietà. Fortuna

non combatte per te. Per te, che reggi

col cielo i voti tuoi, milita il cielo.

Ei ti dà regni in guerra, ei regni in pace;

e umile in tua grandezza,

tu serbi de' suoi doni un cor più grande;

e fai più meritar di quel, che ottieni.

Quindi il tuo nome augusto

è de' cesari il fregio. Ovunque ei s'ode,

o si teme, o si applaude; e già la fama

che sol de' fasti suoi suona, e rimbomba,

stanco ha 'l volo per lui, rauca la tromba.

La vittoria

segue, o Carlo, i tuoi vessilli;

e la gloria

posa all'ombra de' tuoi lauri.

Tu con l'armi, e con le leggi

tal ci reggi,

e ci difendi,

che ne rendi

l'età d'oro, e la restauri.

La vittoria

segue, o Carlo, i tuoi vessilli;

e la gloria

posa all'ombra de' tuoi lauri.

PARTE DEL CORO

Nel nome augusto

si onori, e canti

il saggio, il giusto,

il vincitor.

L'ALTRA PARTE

Ma la grand'alma

più esulta, e gode,

che di sua lode,

del nostro amor.

TUTTI

Nel nome augusto

si onori, e canti

il saggio, il giusto,

il vincitor.

Segue il ballo de' Marinari.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ultima