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L'impresario delle Canarie

L'IMPRESARIO DELLE CANARIE

Intermezzi.

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Libretto di Pietro METASTASIO.
Musica di Domenico SARRO.

Prima esecuzione: 1 febbraio 1724, Napoli.


Personaggi:

DORINA prima donna

soprano

NIBBIO impresario proveniente dalle isole Canarie

basso






Intermezzo primo
Scena unica

Dopo l'atto primo.
Dorina, poi Nibbio.

DORINA

Via sbrigatevi in fretta,

portate la spinetta, e da sedere.

(escono due donne, che portano la spinetta con sopra diverse carte di musica, e due sedie)

Che pazienza ci vuole

con queste cameriere!

Sanno pur che a momenti

aspetto un impresario,

e lasciano ogni cosa in confusione.

State attente al balcone

per farmi l'ambasciata,

ché intanto io rivedrò qualche cantata.

(partono le donne)

Questa è troppo difficile:

questa è d'autore antico,

senza tremuli, trilli e appoggiature,

troppo contraria alla moderna scuola,

che adorna di passaggi ogni parola.

Questa è al caso...

(vedendo venire una delle due donne, che poi se n'entra)

Chi vien? Fatelo entrare.

Sarà ben ch'io lo vada ad incontrare.

NIBBIO

Mia signora Dorina, al suo gran merito

profondissimamente io mi rassegno.

DORINA

Son sua serva umilissima,

e a maggior complimento io non m'impegno.

NIBBIO

Forse di tanto ardire

si meraviglierà?

DORINA

Mi fa favore.

NIBBIO

Anz'io mi do l'onore

di farle di me stesso, o bene o male

una dedicatoria universale.

DORINA

Star incomodo più non è dovere:

sieda vossignoria.

NIBBIO

Con la sua compagnia

incomodo si resta in ogni loco:

si sta vicino a lei sempre sul foco.

(siedono)

DORINA

(Che strano complimento!) Almeno io bramo

il suo nome saper.

NIBBIO

Nibbio mi chiamo,

canario di nazione,

e suo buon servitor di professione.

DORINA

Ella è molto obbligante.

NIBBIO

Io faccio il mio dovere.

Deve dunque sapere

che un teatro famoso

nell'isole Canarie è stato eretto.

Io vengo a solo oggetto

di far la compagnia;

ed in particolar vossignoria

ci dovrà favorir, quando non sdegni

la nostra offerta.

DORINA

Ho quattro o cinque impegni;

ma vedrò di servirla, ove m'accordi

un onorario comodo e decente.

NIBBIO

Io sono differente

da tutti gl'impresari,

e precipito a sacchi i miei denari.

DORINA

Dunque il nostro contratto

conchiuder si potrà.

Una difficoltà però mi resta.

NIBBIO

Qual è, signora?

DORINA

È questa:

io la lingua non so di quel paese,

e non m'intenderanno.

NIBBIO

Eh! non si prenda affanno.

Il libretto non deve esser capito;

il gusto è ripulito,

e non si bada a questo:

si canti bene, e non importi il resto.

DORINA

Nell'arie io son con lei,

ma ne' recitativi è un'altra cosa.

NIBBIO

Anzi in questi potrà

cantar con quella lingua che le pare,

ché allor, com'ella sa,

per solito l'udienza ha da ciarlare.

DORINA

Com'è così, va bene.

NIBBIO

Or le sue pretensioni

liberamente palesar mi può.

DORINA

Voglio pensarci e poi risolverò.

NIBBIO

Risolva, e le prometto

che avrà per onorario

il cor d'un impresario,

che, pieno di rispetto,

modesto e melanconico,

sempre d'amor platonico

per lei sospirerà.

Ci pensi e sappia intanto

che nascono in quell'isole

passeri che nel canto

sembrano tanti orfei;

e la beltà di lei,

se vien colà, mi creda,

gran preda ~ ne farà.

DORINA

Ell'ha troppa bontà.

NIBBIO

Ma vuol ch'io parta

senza farmi sentire una cantata?

DORINA

Son tanto raffreddata...

NIBBIO

Eh! non importa:

per dir un'aria sola

non bisogna gran fiato.

DORINA

Il cembalo è scordato.

NIBBIO

Questo non le farà gran pregiudizio.

DORINA

Non sono in esercizio.

NIBBIO

Qui canta per suo spasso.

DORINA

Non v'è chi suoni il basso.

NIBBIO

Da sé non vuol sonare

per non farmi goder la sua virtù.

DORINA

Ella mi vuol burlare.

NIBBIO

Eh! favorisca. (Io non ne posso più.)

DORINA

(va alla spinetta)

Sonerò per servirla;

ma resti in confidenza.

NIBBIO

Non dubiti, signora. (Oh che pazienza!)

DORINA

«Amor prepara»...

NIBBIO

Oh cara!

DORINA

...«le mie catene»...

NIBBIO

Oh bene!

DORINA

...«ch'io voglio perdere

la libertà.»

NIBBIO

Bel trillo in verità!

Che dolce appoggiatura!

È un miracolo, è un mostro di natura.

DORINA

«Tu m'imprigiona»...

NIBBIO

Oh buona!

DORINA

...«di lacci priva»...

NIBBIO

Evviva!

DORINA

...«no, che più vivere

l'alma non sa.»

NIBBIO

Da capo, in verità.

DORINA

Signor Nibbio, perdoni

la debolezza mia.

NIBBIO

Burla vossignoria:

ha una voce pastosa

che sembra appunto un campanel d'argento;

ed è miracolosa

nel divorar biscrome a cento a cento.

DORINA

Dal suo parlar comprendo

che di musica è intesa.

NIBBIO

Io me ne intendo,

però quanto è bastante

per picciol ornamento a un dilettante.

DORINA

Dunque non è dovere

ch'io non abbia a godere il gran vantaggio

di sentirla cantare.

NIBBIO

Io l'ubbidisco e non mi fo pregare.

(cava da saccoccia una cantata)

DORINA

Sarà la sua cantata

di qualche illustre autore?

NIBBIO

Son d'un suo servitore

e musica e parole.

DORINA

È ancor poeta?

NIBBIO

Anzi questo è il mio forte.

Ho una vena terribile,

tanto che al mio paese

feci quindici drammi in men d'un mese.

DORINA

Bella felicità! Via! Favorisca.

NIBBIO

Non è mia professione, e compatisca.

(va alla spinetta a cantare)

«Lilla, tiranna amata,

salamandra infocata,

all'Etna de' tuoi lumi arder vorrei»...

Noti, questa è per lei.

DORINA

Grazie le rendo.

(Che testa originale! Io non l'intendo.)

NIBBIO

...«fingi meco rigore

sol per prenderti spasso;

so ch'hai tenero il core,

bell'ostreca d'amore, e sembri un sasso.»

Che ne dice?

DORINA

È un portento.

La sua musa canaria

mi sorprende, o signor.

NIBBIO

Senta quest'aria.

DORINA

Non la voglio stancare.

NIBBIO

Se avessi da crepare

io la deggio servir.

DORINA

Grazie! (Che tedio!

Adesso ci rimedio.)

NIBBIO

«Perché, Lilla, perché

così crudel con me»...

DORINA

Che vuoi, Lisetta?

(finge di esser chiamata, e va alla scena a parlare)

NIBBIO

Disgrazia maledetta!

DORINA

Signor Nibbio, mi scusi,

deggio andare a un convito:

non s'aspetta che me; tutti vi sono.

NIBBIO

Giusto veniva il buono.

DORINA

Pazienza! Un'altra volta

potrà farmi favore.

NIBBIO

Ella perde il migliore.

DORINA

Sarà disgrazia mia.

NIBBIO

Senta, per cortesia, questa passata

piena di semituoni.

DORINA

Ma se non posso!

NIBBIO

Eh! via.

DORINA

No, mi perdoni:

scusi la confidenza.

NIBBIO

Pazienza!

DORINA

Già so che mi perdona.

NIBBIO

Padrona.

DORINA

Si lasci accompagnare.

NIBBIO

Le pare?

S'ella non entra in camera,

di qui non partirò.

DORINA

Per non tenerla incomoda,

dunque così farò.

NIBBIO

Io vado un poco a spasso,

ma torno adesso adesso.

DORINA

Se non la servo abbasso,

è per ragion del sesso.

NIBBIO

Son servitor di casa.

DORINA

Rimanga persuasa

ch'io non ho tale idea.

NIBBIO

Ma questa è sua livrea,

o che la voglia o no.

Intermezzo secondo
Scena unica

Dopo il secondo atto.
Dorina vestita da teatro con Sartori e Cameriere, e poi Nibbio.

DORINA

(in collera coi sartori)

Quest'abito vi dico che sta male:

da regina non è, non è alla moda:

un manto alla reale

deve aver dieci palmi e più di coda.

NIBBIO

Mi confermo qual fui:

son qui con la cantata.

DORINA

(alli suddetti, non guardando Nibbio)

(Ci mancava costui!) Serva obbligata.

Più corta questa parte;

tantin più, per favore.

NIBBIO

Recita questa sera?

DORINA

Sì signore.

Presto! presto! Che fate?

Un altro punto qui.

NIBBIO

Farà la prima donna?

DORINA

Signor sì.

Che manica storpiata!

Qui la voglio allargata:

in tutto ci si vede la miseria.

NIBBIO

Credo che avrà materia

da poter farsi onore.

DORINA

(Che noia!) Sì signore.

Pare che lo facciate per dispetto.

Larga, larga, vi ho detto.

Che razza di sartore!

NIBBIO

L'opera quanto dura?

DORINA

Sì signore.

NIBBIO

(Che risposta!)

DORINA

Partite,

levatevi di qui.

Lo porterò così per questa sera.

NIBBIO

Ma certo, che maniera

è questa di servire una signora?

Via, birbanti, in malora!

(alli sartori, li quali partono scacciati)

(Così la finirà.)

DORINA

Mi creda, in verità,

che non si può durare:

tutto da sé bisognerebbe fare.

NIBBIO

Non gliel niego; ma poi

scorderà questa pena,

allor che su la scena

sentirà da' vicini e da' lontani

le sbattute de' piedi e delle mani.

DORINA

Anzi appunto in teatro

son le pene maggiori.

Tanti diversi umori

a contentar si suda.

Uno cotta la vuole, e l'altro cruda.

Recitar è una miseria

parte buffa o parte seria.

Là s'inquieta un cicisbeo

per un guanto o per un neo.

Qua dispiace a un delicato

il vestito mal tagliato:

uno dice: «Mi stordisce»;

l'altro: «Quando la finisce?»

E nel meglio in un cantone,

decidendo, un mio padrone

si diverte a mormorar.

Se da un uomo più discreto

un di quei ripreso viene,

che non tagli, che stia cheto,

gli risponde, e dice bene:

«Signor mio, non v'è riparo:

io qui spendo il mio denaro;

voglio dir quel che mi par.»

NIBBIO

Signora, il suo gran merito

non sta soggetto a critica.

DORINA

Quello che più mi turba è che nell'opera

ho una scena agitata,

che finge Cleopatra incatenata;

e temo che la collera

m'abbia pregiudicata nella voce.

NIBBIO

Ed io, per mia disgrazia,

questa sera ho un impegno,

che mi toglie il piacere

di poterla vedere.

DORINA

Oh! mi dispiace:

l'approvazion di lei

gradita mi saria.

NIBBIO

Potrebbe in grazia mia

farmi godere una scenetta a solo?

DORINA

Lo farei volentieri ma, senza i lumi,

senza scene, istrumenti, e a pian terreno,

manca l'azione e comparisce meno.

NIBBIO

Questo non dà fastidio: si figuri

che qui l'orchestra suoni

co' soliti violini e violoni,

e che sia questa stanza

il fondo d'una torre, o quel che vuole.

Esca pur Cleopatra,

porti seco la perla e l'antimonio:

io son qui, se bisogna, un Marc'Antonio.

DORINA

Non occorre, ché il fatto non è quello:

è una lite che avea con suo fratello.

NIBBIO

Sarà per me bastante

la parte d'ascoltante.

Questo il cerino sia, questo il libretto:

faccia conto ch'io stia dentro un palchetto.

DORINA

«Ceppi, barbari ceppi, ombre funeste,

empie mura insensate,

come non vi spezzate,

mentre da queste ciglia

sgorga di pianto un mar?»...

NIBBIO

Povera figlia!

DORINA

«Non vien da strano lido

barbaro usurpatore a tormi il regno:

è Tolomeo l'infido,

il germano è l'ingrato

che mi scaccia dal soglio»...

NIBBIO

Oh che peccato!

DORINA

«Delle catene al peso, al mio tormento

più non resisto, e già languir mi sento»...

NIBBIO

Fa da vero, sicuro.

DORINA

«Ah, Tolomeo spergiuro,

godi del mio martoro:

prendi il trono che brami; io manco, io moro.»

NIBBIO

Acqua, poter del mondo!

Comparisse qualcuno!

DORINA

Oh, questa è bella! Io non ho mal nessuno.

NIBBIO

La fa sì naturale,

che ingannato mi son: veniamo all'aria.

DORINA

Finisce qui.

NIBBIO

Senz'altro?

DORINA

Sì signore.

NIBBIO

Ma questo è un grand'errore:

il poeta mi scusi. E dove mai

si può trovare occasion più bella

da mettere un'arietta

con qualche "farfalletta" o "navicella"?

DORINA

Dopo una scena tragica

vogliono certe stitiche persone

che stia male una tal comparazione.

NIBBIO

No, no, comparazione: in questo sito

una similitudine bastava;

e sa quanto l'udienza rallegrava?

DORINA

(Che sciocco!)

NIBBIO

In un mio dramma io mi ricordo,

dopo una scena simile,

che un'aria mia fu così ben accolta

che la gente gridava: «Un'altra volta!»

DORINA

Me la faccia sentire.

NIBBIO

Sì, sì: per lei forse potrà servire.

«La farfalla, che allo scuro

va ronzando intorno al muro,

sai che dice a chi l'intende?

Chi una fiaccola m'accende,

chi mi scotta per pietà?

Il vascello e la tartana,

fra scirocco e tramontana,

con le tavole schiodate

va sbalzando, ~ va sparando

cannonate ~ in quantità.»

DORINA

(Che poesia curiosa!)

Ella è particolare in ogni cosa.

NIBBIO

Più d'uno me l'ha detto, e dice il vero.

DORINA

Ma del nostro contratto

niente fin or si è fatto.

NIBBIO

Anzi è concluso.

DORINA

Come! Se il mio pensiero

non palesai peranco?

NIBBIO

Eccole un foglio in bianco

co' la mia firma: in esso

stenda pure un processo

di patti e condizioni:

purché venga con me, tutti son buoni.

DORINA

Troppo si fida; esperienza alcuna

di me non ha vossignoria finora.

NIBBIO

Non importa, signora.

DORINA

Ci porrò ch'io non recito

se non da prima donna, e che non voglio

che la parte sia corta.

NIBBIO

Signora, non importa.

DORINA

Che l'autor de' libretti

sia sempre amico mio, vi voglio ancora.

NIBBIO

Non importa, signora.

DORINA

E che, oltre l'onorario, Ella mi debba

dar sorbetti e caffè,

zucchero ed erba the,

ottima cioccolata con vainiglia,

tabacco di Siviglia,

di Brasile e d'Avana,

e due regali almen la settimana.

NIBBIO

Non m'importa: mi basta che un poco

si ricordi d'un suo servitore.

DORINA

Speri, speri, ché forse il mio core

il suo merto distinguer saprà.

NIBBIO

Ah! signora, la sola speranza

non mi serva, non giova per me.

DORINA

Eh! signore; ma troppo s'avanza:

si contenti per ora così.

NIBBIO

Ih! ma questa mi par scortesia:

tanta flemma soffrir non si può.

DORINA

Oh! che fretta! Bastar gli potria

di parlarne vicino al Perù.

NIBBIO

Uh! Ma tanto tenermi nel foco,

con sua pace, mi par crudeltà.

DORINA

Con sua pace, non è crudeltà.

Ma si spieghi: qual è il suo pensiero?

NIBBIO

Un affetto modesto e sincero.

DORINA

Me ne parli, ma quando sto in ozio.

NIBBIO

Ho paura che il nostro negozio

mai concluso fra noi non sarà.

DORINA

Non disperi: vedremo. Chi sa?

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40 (W)

Locandina Intermezzo primo Scena unica Intermezzo secondo Scena unica