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Maria Stuarda

MARIA STUARDA

Tragedia lirica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Giuseppe BARDARI.
Musica di Gaetano DONIZETTI.

Prima esecuzione: 30 dicembre 1835, Milano.


Personaggi:

ELISABETTA regina d'Inghilterra

soprano

MARIA Stuarda, regina di Scozia, prigioniera in Inghilterra

soprano

Roberto, conte di LEICESTER

tenore

Giorgio TALBOT conte di Shrewbury

basso

Lord Guglielmo CECIL gran tesoriere

basso

ANNA Kennedy, nutrice di Maria

mezzosoprano


Cori e comparse:
Cavalieri - Dame d'onore - Famigliari di Maria
Guardie reali - Paggi - Cortigiani - Cacciatori - Soldati di Forteringa

L'azione è nel palagio di Westminster e nel castello di Fotheringay.
Epoca 1587.


Parte prima

[Sinfonia]

Scena prima

Galleria nel palagio di Westminster.
Coro di Cavalieri e Dame.

[Introduzione]

CORO

I

Qui si attenda. Ella è vicina

dalle giostre a far ritorno.

De' Brettoni la regina

è la gioia d'ogni cuor.

II

Quanto lieto fia tal giorno

se la stringe ad alto amor.

(una voce di dentro annunzia la regina)

II

Sì, per noi sarà più bella

d'Albion la pura stella,

quando unita la vedremo

della Francia allo splendor.

TUTTI

Festeggianti ammireremo

la possanza dell'amor.

Scena seconda

Elisabetta, Talbot, Cecil, Cortigiani, Paggi.

ELISABETTA

Sì, vuol di Francia il rege

col mio cor l'anglo trono.

Incerta ancor io sono

di accoglier l'alto invito, ma se il bene

de' fidi miei Britanni

fa che d'imene all'ara io m'incammini,

reggerà questa destra

della Francia e dell'Anglia ambo i destini.

ELISABETTA

(Ahi! Quando all'ara scorgemi

un casto amor del cielo,

quando m'invita a prendere

d'imene il roseo velo,

un altro oggetto involami

la cara libertà!

E mentre vedo sorgere

fra noi fatal barriera,

a nuovo amor sorridere

quest'anima non sa.

TALBOT

In tal giorno di contento

di Stuarda il sol lamento

la Bretagna turberà?

CORO

I

Grazia, grazia alla Stuarda.

II

Grazia.

III

Grazia.

TUTTI

(meno Cecil)

Grazia.

ELISABETTA

(imponendo)

Olà.

Di un dolce istante giubilo

turbato io non credea.

Perché sforzarmi a piangere

sul capo della rea,

sul tristo suo destin?

CECIL

Ah! Dona alla scure quel capo che desta

fatali timori, discordia funesta,

finanche fra ceppi, col foco d'amor.

ELISABETTA

Tacete: non posso risolvere ancor.

Ah! Dal ciel discenda un raggio

che rischiari 'l mio intelletto:

forse allora in questo petto

la clemenza parlerà.

Ma se l'empia mi ha rapita

una speme al cor gradita,

giorno atroce di vendetta

tardo a sorger non sarà.

CECIL

Ti rammenta, Elisabetta,

ch'è dannosa ogni pietà.

TALBOT E CORO

Il bel cor d'Elisabetta

segua i moti di pietà.

[Recitativo dopo l'introduzione]

ELISABETTA

Fra voi perché non veggio

Leicester? Egli sol resta lontano

dalla gioia comune?

CECIL

Eccolo.

Scena terza

Leicester, che bacia la mano ad Elisabetta, e detti.

ELISABETTA

Oh, conte!

Or io di te chiedea.

LEICESTER

Deh! Mi perdona

se a' tuoi cenni indugiai! Che imponi?

ELISABETTA

(Elisabetta si toglie un anello, lo contempla, e lo consegna a Leicester)

Prendi:

reca l'anello mio

di Francia all'inviato; al prence suo

rieda pur messagger che già d'imene

l'invito accetto. (E non si cangia in viso!)

Ma che il serto ch'ei m'offre

ricusare non posso;

che libera son io.

Prendilo. (Ingrato!)

LEICESTER

(con indifferenza)

Or ti obbedisco...

ELISABETTA

(a Leicester)

Addio.

(parte seguita dalle dame, da' grandi, da lord Cecil; Talbot va per seguirla, Leicester lo prende per la mano, e seco lui si avanza sulla scena)

Scena quarta

Leicester, e Talbot.

[Recitativo e Duetto]

LEICESTER

Hai nelle giostre, o Talbot,

chiesto di me?

TALBOT

Io sì.

LEICESTER

Che brami dunque?

TALBOT

Favellarti. Ti sia

tremenda e cara ogni parola mia.

In Forteringa io fui...

LEICESTER

Che ascolto!

TALBOT

Vidi

l'infelice Stuarda...

LEICESTER

Ah! Più sommesso

favella in queste mura. E qual ti parve?

TALBOT

Un angelo d'amor, bella qual era,

e magnanima sempre...

LEICESTER

Ah! Troppo indegna

di rio destino! E a te che disse? Ah! Parla...

TALBOT

Posso in pria ben securo

affidarmi al tuo cor?

LEICESTER

Parla: te 'l giuro.

TALBOT

(cavandosi dal seno un foglio ed un ritratto)

Questa imago, questo foglio

or per me Maria t'invia:

di sua mano io gli ebbi, e pria

del suo pianto li bagnò.

LEICESTER

Oh piacer!...

TALBOT

Con quale affetto

il tuo nome pronunziò!...

LEICESTER

Ah! Rimiro il bel sembiante

adorato ~ vagheggiato...

ei mi appare sfavillante

come il dì che mi piagò.

Parmi ancor che su quel viso

spunti languido un sorriso,

ch'altra volta a me sì caro

la mia sorte incatenò.

TALBOT

Al tramonto è la sua vita,

ed aita a te cercò...

LEICESTER

Oh memorie! Oh cara imago!

Di morir per lei son pago.

TALBOT

Or che pensi?

LEICESTER

Liberarla,

o con lei pur io morrò...

TALBOT

Di Babington il periglio

non ancor ti spaventò?

LEICESTER

Ogni tema, ogni periglio

io per lei sfidar saprò.

Insieme

LEICESTER

Se fida tanto

colei mi amò,

dagli occhi il pianto

le tergerò.

E se pur vittima

restar degg'io,

del fato mio

superbo andrò.

TALBOT

Se fida tanto

colei ti amò,

se largo pianto

finor versò,

di un'altra vittima

non far che gema

se all'ora estrema

sfuggir non può.

(Talbot parte. Leicester s'avvia dalla parte opposta e s'incontra con la regina. Si scorgono nel di lui volto segni di agitazione e confusione)

Scena quinta

Elisabetta e Leicester.

[Scena e Duetto]

ELISABETTA

Sei tu confuso?

LEICESTER

Io no... (Che incontro!)

ELISABETTA

Talbot

teco un colloquio tenne?

LEICESTER

È ver. (Che fia?)

ELISABETTA

Sospetto ei mi divenne.

Tutti colei seduce! Ah! Forse, o conte,

messagger di Stuarda ei ti giungea?

LEICESTER

Vani sospetti! Ormai di Talbot è nota

la fedeltà.

ELISABETTA

Pure il tuo cor conosce.

Svelami 'l ver: l'impongo.

LEICESTER

(Oh ciel!) Regina!...

ELISABETTA

Ancor me 'l celi? Intendo.

(vuol partire. È fortemente agitata)

LEICESTER

Ah non partir!... M'ascolta!... Deh! Ti arresta!...

Un foglio...

ELISABETTA

(severa rivolgendosi)

Il foglio a me.

LEICESTER

(Sorte funesta!)

Eccolo; al regio piede

io lo depongo. Ella per me ti chiede

di un colloquio il favor.

ELISABETTA

Sorgete, o conte.

Troppo fate per lei... Crede l'altera

di sedurmi così: ma invan lo spera.

(apre il foglio, legge rapidamente, e si commuove)

ELISABETTA

Quali sensi!

LEICESTER

(Ella è commossa.)

ELISABETTA

Ch'io discenda alla prigione!

LEICESTER

Sì, regina...

ELISABETTA

(con riso beffardo)

Ov'è la possa

di chi ambia le tre corone?

LEICESTER

Come lampo in notte bruna,

abbagliò... fuggì... sparì!

ELISABETTA

Al ruotar della fortuna

tant'orgoglio impallidì.

LEICESTER

(come sopra)

Ah pietà! Per lei l'implora

il mio cor...

ELISABETTA

Ch'ella possiede,

non è ver?

LEICESTER

(Quel dir m'accora.)

ELISABETTA

Nella corte ognuno il crede.

LEICESTER

E s'inganna...

ELISABETTA

(Mentitore.)

LEICESTER

Sol pietade a lei mi unì.

ELISABETTA

(Egli l'ama... oh mio furore!)

È leggiadra? Parla.

LEICESTER

Ah, sì!...

Era d'amor l'immagine,

degli anni sull'aurora:

sembianza avea di un angelo

che appare, ed innamora:

era celeste l'anima,

soave il suo respir.

Bella ne' dì del giubilo,

bella nel suo martir.

ELISABETTA

A te lo credo. È un angelo

se tu le dai tal vanto:

se allo squallor di un carcere

è d'ogni cor l'incanto...

lo so che alletta ogni anima,

lusinga ogni desir...

(Se tu l'adori, o perfido,

paventa il mio soffrir.)

LEICESTER

Vieni.

ELISABETTA

(Lo chiede il barbaro.)

LEICESTER

Appaga il mio desir.

ELISABETTA

Dove? Quando?

LEICESTER

In questo giorno

al suo carcere d'intorno

per la caccia che si appresta

scenderai nella foresta...

ELISABETTA

Conte, il vuoi?

LEICESTER

Te n' prego.

ELISABETTA

Intendo...

(Alma incauta.) A te mi arrendo.

LEICESTER

Ah! Sol tu, sol tu potrai

la gemente consolar.

ELISABETTA

Te 'l concedo. (Ma vedrai

se saprommi vendicar.

Insieme

ELISABETTA

Sul crin la rivale

la man mi stendea,

il serto reale

strapparmi credea;

ma, vinta l'altera,

divenne più fiera:

di un core diletto

privarmi tentò.

Ah! Troppo mi offende,

punirla saprò.)

LEICESTER

Deh! Vieni, o regina,

ti mostra clemente,

vedrai la divina

beltade dolente:

sorella le sei...

pietade per lei,

ché l'odio nel petto

assai ti parlò.

La calma le rendi,

e pago sarò.

(partono)

Parte seconda
Scena prima

Parco di Forteringa. Ambi i lati sono folti di alberi: il mezzo si apre in una vasta veduta che confina col mare.
Maria esce dal bosco. Anna la segue più lenta; le Guardie sono a vista degli spettatori.

[Scena e Cavatina]

ANNA

Allenta il piè, regina.

MARIA

E che! Non ami

che ad insolita gioia il seno io schiuda?

Non vedi? Carcer mio

è il cielo aperto... io lo vagheggio... oh, cara

la voluttà che mi circonda!

ANNA

Il duolo

sai che ti attende in queste mura?

MARIA

Oh piante,

amiche piante! Le coprite voi

al timido pensiero... Oh! Quale incanto

l'universo ha per me!... Libera parmi

spaziare nel cielo,

come l'aura che spira, e riposarmi

nel dolce nido de' miei teneri anni.

Guarda: su' prati appare

odorosetta e bella

la famiglia de' fiori... a me sorride,

e il zeffiro, che torna

da' lieti lidi di Francia,

ch'io gioisca mi dice

come alla prima gioventù felice.

Oh nube! Che lieve per l'aria ti aggiri,

tu reca il mio affetto, tu reca i sospiri

al suolo beato che un dì mi nudrì.

Deh! Scendi cortese, mi accogli sui vanni,

mi rendi alla Francia, m'invola agli affanni.

Ma cruda la nube pur essa fuggì

al suolo beato che un dì mi nudrì.

(suoni di caccia lontani)

CORO

(di dentro)

Al bosco, alla caccia. ~ Il cervo si affaccia

dal colle muscoso, ~ poi va baldanzoso

del rivo alle sponde: ~ si specchia nell'onde.

Correte veloci ~ quel cervo a ferir.

MARIA

Qual suono! Quai voci, a' dolci piaceri

chi mai mi richiama degli anni primieri?

Di Scozia sui monti guidavami allora

destriero fuggente le belve a seguir.

Immagini care! Presenti l'ho ancora:

ah! Sono felice nel bel sovvenir.

ANNA

Parmi il segno di caccia reale!

Si avvicinano i suoni... i destrieri...

CORO

(di dentro)

La regina...

MARIA

Qual nome fatale!!!

ANNA

Chi ti opprime pe 'l parco se n' va.

MARIA

Nella pace del mesto riposo

vuol colpirmi di nuovo spavento.

Io la chiesi... e vederla non oso:

tal coraggio nell'alma non sento...

resti, ah resti sul trono adorata.

Il suo sguardo da me sia lontano.

Troppo, ah! troppo, son io disprezzata:

tace in tutti per me la pietà.

ANNA

Ella giunge...

MARIA

Fuggiamo, fuggiamo:

contenersi il mio core non sa.

(Anna si allontana)

Scena seconda

Leicester, e Maria.

[Recitativo dopo la cavatina]

MARIA

No, non m'inganno! O cielo!

Leicester tu?

LEICESTER

Qui viene

chi t'adora a spezzar le tue catene.

MARIA

Libera alfin sarò? Dal carcere mio

libera? E a te il dovrò? Lo crede appena

l'agitato mio cor.

LEICESTER

Qui volge il piede

Elisabetta; al suo real decoro

di pretesto è la caccia.

Tu la vedrai... Ove ti mostri a lei

inchinevol, sommessa...

MARIA

Io no.

LEICESTER

Lo déi.

[Duetto]

MARIA

Ah no! Giammai discendere

a tal viltà potrei.

LEICESTER

Se m'ami... ah! Tu lo déi.

MARIA

Lo deggio?

LEICESTER

Il vuole amor.

MARIA

Ben io comprendo a quale

me trascinar vorresti;

ad una mia rivale

tal onta promettesti;

ma vil non ti credea

verso chi geme e muor.

Non io, non io son rea,

regina io sono ancor.

LEICESTER

Ah! Più di pria t'adoro...

È immenso l'amor mio:

sei sola il mio tesoro,

non infedel son io,

non curo il mondo intero...

sol bramo il tuo bel cor.

Tu sei per mio pensiero

l'immagine d'amor.

MARIA

Non v'ha reo che ti assomigli!

LEICESTER

Credi, credi, io te sol amo.

MARIA

E l'obbrobrio mi consigli?

LEICESTER

Te felice e salva io bramo;

e se alfine a me ti pieghi,

vivrem lieti in sen d'amor.

MARIA

Perché espormi a tal rossor?

Non è in me vigor cotanto

per piegarmi innanzi all'empia,

onde vago è il tuo pensier.

Ma se priva d'ogni orgoglio

supplicassi alfin colei,

sol per te, per te il farei,

per piegarmi al tuo voler.

LEICESTER

Ah! M'opprime quel vederti

tanto incerta e sì tremante:

non temer, quest'alma amante

vive sol nel tuo pensier.

Senza fasto e senza orgoglio

qui verrà chi ti fe' oppressa:

fia la grazia a te concessa,

se tu cedi al mio voler.

(Maria parte, Leicester va frettolosamente all'incontro d'Elisabetta)

Scena terza

Elisabetta, Leicester, Cecil, Cavalieri, Cacciatori, ecc.

[Finale I]

ELISABETTA

(a Leicester)

Che loco è questo?

LEICESTER

Forteringa.

ELISABETTA

Oh conte!

Ove mi scorgi?

LEICESTER

Non dubbiar: Maria

sarà in breve guidata al tuo cospetto

dal saggio Talbot.

ELISABETTA

A qual per te discendo

sacrificio! Lo vedi...

Discosta i cacciatori

da' contigui viali: è troppo ingombro

di popoli il sentier.

(ad un cenno di Leicester si scostano i cacciatori)

CECIL

(piano ad Elisabetta)

Vedi, regina,

come l'Anglia ti adora. Ah! Tu lo sai

qual capo ella ti chiede.

ELISABETTA

(a Cecil)

Taci.

LEICESTER

(piano ad Elisabetta)

Deh! Ti rammenta

che a dar conforto alla dolente vita

di una sorella io ti guidai... la mano

che di squallor la cinse

al contento primier può ridonarla.

ELISABETTA

(Io l'aborro!... Ei non fa che rammentarla.)

Scena quarta

Maria condotta da Talbot, Anna, e detti.

TALBOT

(di dentro)

Vieni.

MARIA

Deh! Lascia... al mio

asil mi riconduci.

TUTTI

Eccola.

MARIA

(ad Anna)

Oh dio!

(breve silenzio. Gli attori restano gli uni dirimpetto agli altri)

ELISABETTA

(È sempre la stessa:

superba, orgogliosa,

coll'alma fastosa

m'inspira furor...

Ma tace: sta oppressa

da giusto terror)

LEICESTER

(La misera ha impressi

in volto gli affanni,

né gli astri tiranni

si placano ancor.

Salvarla potessi

da tanto dolor.)

CECIL

(Vendetta repressa

scoppiare già sento,

né in tale cimento

mi palpita il cor.

Fia vittima oppressa

di eterno dolor.)

MARIA

(Sul viso sta impressa

di quella spietata

la rabbia sfrenata,

l'ingiusto livor.

Quest'anima è oppressa

da crudo timor.)

TALBOT

(Almeno tacesse

nel seno reale

quell'ira fatale,

che barbaro oppresse

un giglio d'amor.)

ANNA

(Nell'anima ho impressa

la tema funesta:

oh quale si appresta

cimento a quel cor!

Ciel! Salva l'oppressa

da nuovo rancor.)

LEICESTER

(ad Elisabetta)

Deh! L'accogli.

ELISABETTA

(a Leicester)

Sfuggirla vorrei.

TALBOT

(a Maria)

Non sottrarti.

MARIA

(a Talbot)

L'abisso ho vicino.

ELISABETTA

(a Leicester)

Troppo altera.

LEICESTER

(ad Elisabetta)

Da un crudo destino

avvilita dinanzi ti sta.

(Maria va ad inginocchiarsi ai piedi di Elisabetta)

MARIA

Morta al mondo, ah! morta al trono,

al tuo piè son io prostrata,

solo imploro il tuo perdono:

non mostrarti inesorata.

Ah sorella! Omai ti basti

quanto oltraggio a me recasti!

Deh! Solleva un'infelice

che riposa nel tuo cor.

ELISABETTA

No, quel loco a te si addice:

nella polve e nel rossor.

ANNA, LEICESTER E TALBOT

Il suo fato sia sicuro:

mi commuove il suo rancor.

CECIL

(piano ad Elisabetta)

Non dar fé, te ne scongiuro,

a quel labbro mentitor.

MARIA

(Sofferenza.) A me sì fiera

chi ti rende?

ELISABETTA

Chi? Tu stessa:

l'alma tua, quell'alma altera,

vile, iniqua...

MARIA

(E il soffrirò?)

ELISABETTA

Va'... lo chiedi, o sciagurata,

ai rimorsi tuoi funesti,

ed all'ombra invendicata

del marito che perdesti;

al tuo braccio... all'empio core,

che tra' vezzi dell'amore

sol delitti e tradimenti,

solo insidie macchinò.

MARIA

(a Leicester, fremendo)

Ah Roberto!

LEICESTER

(a Maria)

Oh dio! Che tenti?

MARIA

(a Leicester)

Più resistere non so...

LEICESTER

(a Maria)

Chiama in sen la tua costanza:

qualche speme ancor ti avanza.

Non ti costi onore e vita

una grazia a te impartita,

un favor che al nostro affetto

tante volte il ciel negò.

ELISABETTA

Quali accenti al mio cospetto!

Parla, o conte.

LEICESTER

(E che dirò?)

ELISABETTA

Ov'è mai di amor l'incanto,

e quel volto amabil tanto?

Se a lodarlo ognun si accese

a favori un premio rese;

ma sul capo di Stuarda

onta eterna ripiombò.

MARIA

(irrompendo)

Quale insulto! Oh ria beffarda!

ANNA, LEICESTER E TALBOT

Che favelli! Taci.

MARIA

No.

(ad Elisabetta)

Di Bolena oscura figlia

parli tu di disonore?

E chi mai ti rassomiglia?

In te cada il mio rossore,

profanato è il soglio inglese,

donna vile, dal tuo piè.

Ma quel vel che ti difese

fia rimosso un dì per me.

TUTTI

(fuori d'Elisabetta e Maria)

Quali accenti! Ella delira.

ELISABETTA

Guardie! Olà.

(Cecil si scosta un momento, dopo ritorna accompagnato dalle guardie, che circondano Maria)

TUTTI

(fuori d'Elisabetta e Maria)

Perduta ella è.

ELISABETTA

Va', preparati fremente

a soffrir l'estremo fato:

sul tuo sangue abominato

la vergogna io spargerò.

Nella scure che ti aspetta

troverai la mia vendetta.

(alle guardie)

Trascinate la furente

che sé stessa condannò.

CECIL

Sull'audace il ciel possente

la vendetta ormai segnò.

(Elisabetta parte velocemente: Cecil la segue)

MARIA

Grazie, o ciel! Alfin respiro,

da' miei sguardi ell'è fuggita:

al mio piè resto avvilita,

la sua luce si oscurò.

Or guidatemi alla morte:

sfiderò l'estrema sorte.

Di trionfo un sol momento

ogni affanno compensò.

LEICESTER

Ti ho perduta, o sconsigliata,

quando salva ti bramai,

quando fido a te tornai

l'empia folgore scoppiò.

Nel tuo volto io già vivea,

de' tuoi sguardi mi pascea.

Ah! Fu l'ombra del contento,

né mai più la rivedrò.

ANNA E TALBOT

Qual orrore! Oh sventurata!

Tu offendesti Elisabetta...

Fia tremenda la vendetta

che all'offesa destinò.

Ma gemente più di un core

fia per te, pe 'l tuo dolore.

Ah! Qual dai, qual dai tormento

a chi salva ti bramò.

Insieme

ANNA, LEICESTER E TALBOT

Ti ha perduta un sol momento

che di sdegno il cor tentò.

MARIA

Di trionfo un sol momento

ogni affanno compensò.

SOLDATI

Taci... vieni... trema, trema

ogni speme a te mancò,

del supplizio l'onta estrema

la regina a te serbò.

Variante censurata - Scena IV

Vietato dalla censura, questo testo venne comunque cantato dalla cantante Malibran nelle prime esecuzioni milanesi.

MARIA

Figlia impura di Bolena

parli tu di disonore?

Meretrice indegna oscena,

su te cada il mio rossore.

Profanato è il soglio inglese

vil bastarda dal tuo piè.

Ma quel vel che ti difese

fia rimosso un dì per me.

Parte terza
Scena prima

Galleria nel Palagio di Westminster.
La Regina sedendo ad un tavolino sul quale è un foglio, e Cecil in piedi.

[Scena e Terzetto]

CECIL

E pensi? e tardi? e vive

chi ti sprezzò? Chi contro te raguna

Europa tutta, e la tua sacra vita

minacciò tante volte?

ELISABETTA

Alla tua voce

sento piombarmi al core

tutto il poter del mio deriso onore.

Ma... Oh dio! Chi mi assicura

da ingiuste accuse?

CECIL

Il cielo, e la devota

Albione, e il mondo intero,

ove la fama de' tuoi pregi suona,

e del cor di Stuarda, e dei delitti,

e delle ingiurie a te recate...

ELISABETTA

Ah! Taci...

Oltraggiata son io... Come l'altera!

Come godea del breve suo trionfo!

Quai sguardi a me lanciava! Ah! Mio fedele,

io voglio pace, ed ella a me l'invola...

CECIL

Né di turbarti ancora

cessa se vive.

ELISABETTA

(con impeto)

Ho risoluto... mora.

(prende la penna per segnare il foglio; poi si arresta indecisa, e si alza)

Quella vita a me funesta

io troncar, troncar vorrei,

ma la mano, il cor s'arresta,

copre un velo i pensier miei.

Veder l'empia, udirla parmi,

atterrirmi, spaventarmi,

e la speme della calma

minacciosa a me involar.

Giusto ciel! Tu reggi un'alma

facil tanto a dubitar.

CECIL

Ah! Perché così improvviso

agitato è il tuo pensiero?

Non temer che mai diviso

sia da te l'onor primiero,

degli accenti proferiti,

degli oltraggi non puniti,

ogn'inglese in quest'istante

ti vorrebbe vendicar.

Segna il foglio, ch'hai dinante:

fia viltade il perdonar.

ELISABETTA

Sì.

Scena seconda

Leicester, e detti.

LEICESTER

Regina!

(Elisabetta vedendo Leicester segna rapidamente il foglio; e lo dà a Cecil)

ELISABETTA

(indifferente)

A lei si affretti

il supplizio.

LEICESTER

Oh ciel! Quai detti!...

(vedendo il foglio)

Forse quella?

CECIL

È la sentenza.

ELISABETTA

La sentenza, o traditor...

Io son paga!...

LEICESTER

E l'innocenza

tu condanni!

ELISABETTA

(severa)

E parli ancor?

LEICESTER

Deh! Per pietà sospendi

l'estremo colpo almeno:

a' prieghi miei ti rendi,

o scaglialo al mio seno:

niun ti può costringere,

libero è il tuo voler.

CECIL

(piano ad Elisabetta)

Non ascoltar l'indegno

or che già salva sei:

per chi ti ardeva il regno

più palpitar non déi.

Il dì che all'empia è l'ultimo,

di pace è il dì primier.

ELISABETTA

Vana è la tua preghiera,

son ferma in tal consiglio:

nel fin di quell'altera

è il fin del mio periglio.

Dal sangue suo più libero

risorge il mio poter.

LEICESTER

Di una sorella, o barbara,

la morte hai tu segnato!

ELISABETTA

E spettator ti voglio

dell'ultimo suo fato:

(insultandolo)

sì, perderai l'amante

dopo il fatale istante

che il bellico metallo

tre volte scoppierà.

LEICESTER

E vuoi ch'io vegga?

ELISABETTA

Taci.

LEICESTER

È morta ogni pietà.

ELISABETTA

Vanne, indegno: ti leggo nel volto

il terrore che in seno ti piomba,

al tuo affetto prepara la tomba

quando spenta Stuarda sarà.

LEICESTER

Vado, vado: ti appare sul volto

che deliri, che avvampi di sdegno.

Un conforto, un amico, un sostegno

nel mio core la misera avrà.

CECIL

Ah regina! Serena il tuo volto,

alla pace, alla gloria già torni:

questo, ah! Questo il più bello dei giorni

pe 'l tuo soglio, per l'Anglia sarà.

(partono)

Parte quarta
Scena prima

Appartamenti di Maria Stuarda nel castello di Forteringa.
Maria sola.

[Scena e Duetto]

La perfida insultarmi

volea nel mio sepolcro, e l'onta intera

su lei ricadde... oh vile! E non son io

la figlia di Tudorri? E qual trionfo

spera ottener da me, che non la copra

d'infamia eterna? E Leicester... forse

l'ira della tiranna a lui sovrasta.

Di tutti, ah! son la sventurata io sola.

Scena seconda

Cecil, Talbot, e detta.

MARIA

(a Cecil)

Che vuoi?

CECIL

Di triste incarco

io vengo esecutor... è questo il foglio

che de' tuoi giorni omai l'ultimo segna.

MARIA

Così nell'Inghilterra

vien giudicata una regina? A morte

perché dannai tre vittime? Spiranti

fra i tormenti più atroci

strappar loro dal seno ingiuste accuse?

Oh iniqui! E i finti scritti...

CECIL

Il regno...

MARIA

Basta.

Vanne: Talbot rimanti.

CECIL

Brami un sacro ministro che ti guidi

nel cammin della morte?

MARIA

Io lo ricuso.

Sarò, qual fui, straniera

a voi di culto.

CECIL

(partendo)

(Ancor superba e fiera!)

Scena terza

Talbot e Maria.

[Scena e Duetto]

MARIA

Oh mio buon Talbot!

TALBOT

Io chiesi

grazia ad Elisabetta di vederti

pria dell'ora di sangue.

MARIA

Ah! Sì, conforta,

togli quest'alma all'abbandono estremo.

TALBOT

E pur con fermo aspetto

quell'avviso feral da te fu accolto.

MARIA

Ah Talbot! Il cor non mi leggesti in volto:

ei ne tremava... E Leicester?

TALBOT

Debbe

venirne spettator del tuo destino.

La regina l'impone...

MARIA

Oh l'infelice!

A qual serbato fia

doloroso castigo! Ei che possente

in mezzo allo splendor che l'abbagliava

i mali miei compianse. E la tiranna

esulterà... Né ancora

piomba l'ultrice folgore?

TALBOT

Che parli?

MARIA

Tolta alla Scozia, al trono, ed al mio culto,

presso colei volli un asil di pace,

ed un carcer trovai... Sol mi restava

solo Roberto da quel dì che il cielo

fu muto a' miei sospiri!

TALBOT

Che favelli?

MARIA

Ah no, Talbot, giammai... delle mie colpe

lo squallido fantasma

fra il cielo e me sempre si pone, e i sonni

agli estinti rompendo, dal sepolcro

evoca la sanguigna ombra d'Arrigo...

E i giovanili errori,

come aerei vapori, io veggo errarmi

muti, muti d'intorno e spaventarmi.

Talbot, li vedi tu? Del giovin Rizzio

scorgi l'esangue spoglia? E Botuello...

TALBOT

Ahimè! Deh! Riconforta

lo smarrito pensier. Già ti avvicini

a' secoli immortali... Al ceppo reca

puro il tuo cor d'ogni terreno affetto.

MARIA

Sì, per lavar miei falli

misto col sangue scorrerà il mio pianto.

Ascolta... io vo' deporli

nel fedele tuo seno.

TALBOT

Parla.

MARIA

Un amico in te ritrovo almeno!

Quando di luce rosea

il giorno a me splendea,

quando fra liete immagini

quest'anima godea,

amor mi fe' colpevole,

mi aprì l'abisso amor.

Al dolce suo sorridere

non fu il mio cor più forte:

Arrigo! Arrigo misero,

per me soggiacque a morte;

ma la sua voce lugubre

mi piomba in mezzo al cor.

Ombra adirata! Plàcati

in sen la morte io sento.

Ti bastin le mie lagrime

ti basti il mio tormento.

Perdona ai lunghi gemiti,

e invoca il ciel per me.

TALBOT

Da dio perdono ogni anima

implorerà per te.

Un'altra colpa a piangere

ancora ti resta...

MARIA

E quale?

TALBOT

Noto non ti era Babington?

MARIA

Taci: fu error fatale.

TALBOT

Pensa ben che un dio possente

è dei falli il punitore,

che al suo sguardo onniveggente

mal si asconde un falso core.

MARIA

No, giammai sottrarsi al cielo

si potrebbe il mio pensiero:

ah mio fido! Un denso velo

ha finor coperto il vero.

Sì, te 'l giura un cor che langue,

che da dio chiede pietà.

Insieme

TALBOT

Lascia contenta al carcere

la tua dolente vita,

andrai conversa in angelo

al dio consolator.

E nel più puro giubilo

l'anima tua rapita,

si scorderà dei palpiti

dell'agitato cor.

MARIA

Or che morente è il raggio

della mia debil vita,

il cielo sol può rendere

la pace al mesto cor.

Ah! Se di troppe lagrime

quest'alma fu nudrita,

cessino i lunghi palpiti

nell'ultimo dolor.

(partono)

Scena quarta

Sala nel castello che mette agli appartamenti di Maria.
Gran porta chiusa in fondo. Notte.
Coro di Familiari di Maria.

[Finale II]

CORO

I

Vedeste?

II

Vedemmo...

I

Qual truce apparato!

Un ceppo, la scure.

II

La funebre sala

TUTTI

E il popol festante vicino alla scala

del palco fatale... Che vista! Che orror!

CORO

I

La vittima attende lo stuolo malnato.

II

La vittima regia. Oh instabile sorte!

TUTTI

Ma d'una regina la barbara morte

all'Anglia fia sempre d'infamia e rossor.

Scena quinta

Anna, e detti.

CORO

Anna.

ANNA

Qui più sommessi favellate.

CORO

La misera dov'è?

ANNA

Mesta abbattuta

ella si avanza. Deh! Col vostro duolo

non aggravate il suo rancor.

CORO

Tacciamo.

Scena sesta

Maria vestita di nero, e Talbot.

MARIA

Io vi rivedo alfin.

CORO

Noi ti perdiamo!

MARIA

Vita miglior godrò. Solo vorrei

che voi serbaste in cor viva memoria

di chi vi amò.

CORO

Sarà l'imago tua

sempre scolpita in noi.

MARIA

Contenta io volo

all'amplesso di dio... ma voi fuggite

questa terra d'affanno.

Nel franco suolo troverete asilo

presso il cortese fratel mio... Felici

tutti vi bramo... Ah! Vieni,

o mia diletta Rosemunda, al seno!

Prendi: di amore in pegno

aureo monil ti dono... e tu, Geltrude,

serba il mio anello... Voi

una mia rimembranza anco otterrete.

CORO

Il duol ci spezza il cor!

MARIA

Deh! Non piangete!

Anna tu sola resti

tu che sei la più cara... eccoti un lino

di lagrime bagnato... agli occhi miei

farai lugubre benda allor che spenti

saran per sempre al giorno.

(le dà il fazzoletto)

Ma voi piangete ancor? Meco vi unite,

miei fidi, e al ciel clemente

l'estrema prece alziam devota e ardente.

(s'inginocchia e tutti con lei)

Insieme

MARIA

Deh! Tu di un'umile

preghiera il suono

odi, o benefico

dio di pietà.

All'ombra accoglimi

del tuo perdono,

altro ricovero

l'alma non ha.

TUTTI

Deh! Tu di un'umile

preghiera il suono

odi, o benefico

dio di pietà.

All'ombra accoglila

del tuo perdono,

altro ricovero

ella non ha.

MARIA

È vano il pianto

il ciel m'aita

CORO

Scorda l'incanto

della tua vita.

MARIA

Tolta al dolore,

tolta agli affanni,

d'eterno amore

mi pascerò.

CORO

Distendi un velo

su' corsi affanni

benigno il cielo

ti perdonò.

(si ode nel castello il primo sparo del cannone)

TUTTI

Oh colpo!

Scena settima

Si apre la porta in fondo, e lascia vedere una scala discendente, alla cui vetta sono due Guardie. Cecil, viene dalla scale, e detti.

CECIL

È già vicino

del tuo morir l'istante. Elisabetta

vuol che sia paga ogni tua brama... Parla.

MARIA

Da lei tanta pietà non aspettai

lieve favor ti chieggo. Anna i miei passi

al palco scorga, ed il sospiro estremo

dal mio voli al suo petto.

CORO

Io gelo.

ANNA

Io tremo.

CECIL

Ella verrà.

MARIA

Se accolta

hai la prece primiera altra ne ascolta:

Di un cor che more reca il perdono

a chi mi offese, mi condannò.

Dille che lieta resti sul trono,

che i suoi bei giorni non turberò.

Sulla Bretagna, sulla sua vita,

favor celeste implorerò.

Ah! Dal rimorso non sia punita:

tutto col sangue cancellerò.

CORO

Scure tiranna! Tronchi una vita,

che di dolcezza ci ricolmò.

CECIL

(La sua baldanza restò punita:

fra noi la pace tornar vedrò.)

Scena ultima

Leicester e detti, poi Sceriffi.

LEICESTER

(dal fondo)

Ah!

TALBOT

(a Maria)

Giunge il conte.

MARIA

A qual ei viene

lugubre scena.

LEICESTER

(a Maria)

Io ti rivedo

perduta... oppressa da ingiuste pene...

vicina a morte.

MARIA

(a Leicester)

Frena il dolor.

Addio per sempre.

CECIL

Si avanza l'ora.

LEICESTER

Ah! Ch'io non posso lasciarti ancora.

Scostati, o vile.

(a Cecil che vuole allontanarlo da Maria le di cui ginocchia egli abbraccia)

MARIA

(a Leicester)

Taci.

LEICESTER

(sorgendo)

Tremate

iniqui tutti che la immolate.

TALBOT

Te stesso perdi.

LEICESTER

Temete un dio

dell'innocenza vendicator!

(scoppio di cannone. Viene lo sceriffo, e gli ufficiali che circondano Maria)

TUTTI

(meno Maria e Cecil)

Ah! Che non posso nel sangue mio

spegner il cieco vostro furor!

(Cecil fa cenno a Maria d'incamminarsi. Ella si volge a Leicester che, facendo forza a sé stesso le si avvicina. Maria si appoggia al di lui braccio)

MARIA

(a Leicester)

Ah! Se un giorno da queste ritorte

il tuo braccio salvarmi dovea,

or mi guidi a morire da forte

per estremo conforto d'amor.

E il mio sangue innocente versato

plachi l'ira del cielo sdegnato,

non richiami sull'Anglia spergiura

il flagello di un dio punitor.

CECIL

Or dell'Anglia la pace è secura

la nemica del regno già muor.

(Maria parte fra i sceriffi. Anna la segue)

CORO

Quali accenti! Qual fiera sventura!

Infelice!... Innocente ella muor!

Fine del libretto.

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Locandina Parte prima Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Parte seconda Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Variante censurata - Scena IV Parte terza Scena prima Scena seconda Parte quarta Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ultima