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Motezuma

MOTEZUMA

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Girolamo Alvise (Luigi) GIUSTI.
Musica di Antonio Lucio VIVALDI.

Prima esecuzione: 14 novembre 1733, Venezia.


Personaggi:

MOTEZUMA imperator del Messico

basso

MITRENA sua moglie

soprano

TEUTILE loro figlia

soprano

FERNANDO generale dell'armi spagnole

soprano

RAMIRO suo fratello minore

contralto

ASPRANO generale dei messicani

soprano


Soldati spagnoli. Soldati messicani.



Argomento

È famosa l'istoria della conquista del Messico sotto la condotta del valorosissimo Fernando Cortes in cui diede mirabili contrassegni di prudenza, e valore. Ne scrisse con minor sospetto di tutti gl'autori la famosa penna del De Solis, e quantunque giudicato il più interessato nelle glorie di quest'eroe, nulladimeno io lo giudico il più sincero. Molte furono le azioni generose, ed invitte di questo duce per arrivare al sospirato confine; ma per ridurmi quant'è possibile alla brevità dell'azione, io mi raccolgo nel tempo, che da Motezuma imperator del Messico fu il Cortes con il suo seguito ricevuto nella capitale. Suppongo l'amistà benché simulata, che fra quelle due nazioni correva, i pretesti per li quali fu interrotta la pace, e rappresento nel presente dramma le calamità dell'ultimo giorno in cui restò quel gran principe soggiogato, e vinta la monarchia. Tutto ciò, che di vero abbandono, e che di verisimile aggiungo è per adattarmi alla scena, e perché meno imperfetto, che sia possibile comparisca il presente dramma intitolato MOTEZUMA.

Le voci, fato, numi, destino, ed altre sono termini poetici, che nulla offendono la religion dell'autore, ch'è cattolico.

Atto primo
Scena prima

Parte della laguna del Messico, che divide il palazzo imperiale dal quartiere spagnolo, con ponte magnifico da cui restano uniti li due piani.
Si vedono le reliquie d'una battaglia seguita.
Motezuma con spada alla mano, poi Mitrena.

MOTEZUMA

Son vinto eterni dèi! Tutto in un giorno

lo splendor de' miei fasti, e l'alta gloria

del valor messican cade svenata.

Anche la prova usata

degl'incanti è delusa, e par ch'il cielo

rivolto il guardo suo, più non rimiri

le angustie mie, gl'universal sospiri.

Sposa... figlia... grandezze...

sudditi... amici... un dardo

vibrate nel mio sen; ma, solo, invano

fra le stragi comun, fra tanti guai

cerco inutil riparo.

MITRENA

Olà che fai?

Ove da te lontano

trovar speri pietà? Ne' mali estremi

si perdon l'alme vili. Al fasto ibero

ceda il Messico pur, e l'India, e il mondo.

Ma resti superior nell'empia sorte

la mia gloria, il tuo cor sino alla morte.

MOTEZUMA

Mira di sangue tinta

correr l'onda funesta.

Fiamme... rovine, e questa

angusta al regio piè povera arena

lo spagnolo tiran lasciarmi appena.

Numi consiglio! Oh dèi! Sposa infelice

ov'è dimmi la figlia? Ah, se il destino

la natia libertà gli lascia ancora,

cada senza dimora,

pria, che l'empio trionfi, e sia soggetta

a una violenza, o a una brutal vendetta.

MITRENA

Modera amato sposo

questi eccessi funesti.

Respireremo un giorno,

se costante sarai. Le sue vicende

hanno ancora gl'eroi. Chissà!...

MOTEZUMA

Non resta

per me speme, che basti a consolarmi.

MITRENA

Abbiam sudditi, ed armi. Armata anch'io

farò l'ultime prove

d'esperienza, e valor... Ma ti confondi?

Il coraggio dov'è?...

Scena seconda

Teutile, e detti.

TEUTILE

Padre t'ascondi.

Di te per ogni parte

si ricerca, si chiede. Il suo trionfo

a perdita maggior l'ispano ascrive,

se tu, signor, se Motezuma vive.

MOTEZUMA

Di me?

MITRENA

Venga il superbo,

e dal mio fianco tolga

con lo sforzo maggior dell'armi sue

il monarca, se può.

MOTEZUMA

Non ha bisogno

dell'ombra tua questa mia destra ancora.

Vedrà l'ingrato or ora

la mia forza il mio cor... Ah sposa mia

se di nome simil ancor sei degna;

tu lo dimostra. Coraggiosa intanto

prendi...

(le dà un coltello)

Questo ti serva

di strumento a mostrar il tuo gran core,

e pria ch'il traditore,

stringa le destre di servil catena,

passa il cor della figlia, e poi ti svena.

Gl'oltraggi della sorte

non teme un'alma grande;

si vince con la morte

anche la crudeltà.

Tutto ne' casi miei

forse temer dovrei,

ma il tuo costante core

nulla temer mi fa.

Scena terza

Mitrena, e Teutile.

MITRENA

Oh comando! Oh dovere!

Suddita... sposa... e madre,

sommi dèi, che farò? Tutta vacilla

nel cimento crudel la mia costanza.

TEUTILE

Madre poco di tempo omai t'avanza.

Svenami, il colpo affretta,

giusto è il comando. Il Messico abbattuto

cade già invendicato. Il padre è oppresso,

oppressa è la tua forza; e l'infedele,

ch'esser base dovea di quest'impero

traditor già ci offende.

MITRENA

Ah non è vero.

Suddito pria che amante

fu Ramiro al tuo re. Desso al germano

soggetto vive, e dallo stesso impara

servir prima al dover. Un molle affetto

figlia presto svanisce, e un'alma grande

misura senza pena

le sue vicende, e ogni passion raffrena.

TEUTILE

Oh sforzo! Oh dura legge.

MITRENA

In petto forte,

trionfa la ragion. Un cor istesso

ama, disama, e si distingue in questo

l'alma illustre, e volgar. Quest'è l'estremo

de' giorni tuoi. Tu sol adesso apprendi

a morire da forte, e pria che l'empio

usurpator ti vegga

pianger, e sospirar; pria che tu serva

d'ornamento volgar a' suoi trionfi,

ecco; il padre ubbidisci, e senza pena

prendi... (sì lo dirò) prendi, e ti svena.

(gli dà il coltello consegnatogli da Motezuma)

Là sull'eterna sponda

d'orrida, e flebil onda,

ombra seguace or or

sì sì m'avrai.

Quanto sia il mio tormento

figlia non ti rammento;

mira la doglia in me,

pensa all'amor per te,

quanto t'amai.

Scena quarta

Teutile, poi Fernando con séguito di Spagnoli, che calan dal ponte.

TEUTILE

Che legge è questa mai!

Nel fior degl'anni miei

da un eccesso di gioia a un altro passo

di miserie, e tormenti?

Ma se più amar non deggio

pena è il morir, e il non morir è peggio.

FERNANDO

Ferma Teutile. Al mio sospetto dona

un atto di rigor. Cercai finora

d'ospite, e di legato usar le leggi;

ma tradita la pace, or che assalito

vidi il popolo mio, la sua difesa

fu giusto esercitar; già oppresso il volgo,

le milizie abbattute, è a me soggetto

di Messico il destin. Ma non vedersi

fra lo stuolo de' vinti ora il più forte

troppo dà, che temer. Il padre ancora

di barbaro preserva

la ferocia, l'ardir. Ei, che s'asconde,

da sospetto non lieve,

e a me un ostaggio or con ragion si deve.

TEUTILE

Che sento... Oh traditor!

MOTEZUMA

(sul ponte)

(Oh figlia vile!)

TEUTILE

La figlia d'un monarca

in ostaggio a Fernando? Il sangue illustre

di tanti semidei

così ingrato avvilissi?

Numi se i regi sono

vostre immagini care, a voi s'aspetta

tutti noi vendicar.

MOTEZUMA

Faran vendetta.

(inarca un dardo)

FERNANDO

Di che t'offendi?

TEUTILE

(osservando Motezuma)

Oh dio! Taci spietato...

MOTEZUMA

Arrida al colpo mio vindice il fato.

(scocca l'arco, e ferisce Fernando)

FERNANDO

Son tradito...

Scena quinta

Ramiro, e detti.

RAMIRO

German...

FERNANDO

Armi crudeli...

MOTEZUMA

Or che l'empio perì, l'onda mi celi.

FERNANDO

Donde è uscito lo strale?

RAMIRO

Io non lo vidi

FERNANDO

Olà del reo si cerchi. A te Ramiro

ciò commetto scoprir; senza riguardo

la vendetta userò. Dell'opre mie

la giustizia m'è duce, e sanno i numi

il mio cor la mia fede, e i miei costumi.

Dallo sdegno, che m'accende

agitato questo core

già punisce il traditore

che quel dardo m'avventò.

Giova al perfido talora

la viltà d'un nero eccesso,

ma poi sempre resta oppresso

dall'error, ch'il seguitò.

Scena sesta

Ramiro, e Teutile.

RAMIRO

Mirarti appena ardisco

idolo mio; qual mutazion è questa?

TEUTILE

Ingrato ancor ti resta

arte per ingannarmi? Alfin palesi

sono li vostri inganni.

RAMIRO

Sentimi o cara almen.

TEUTILE

No che m'affanni.

Vivo dell'amor tuo

in sicura balia. Per mia cagione

si disarman le schiere; a te confido

i segreti del regno. Il padre istesso,

la madre, e quest'impero

dal tuo labbro, infedel, tutto pendea.

Tutto per te dovea

servir di gloria, indi per noi di freno,

e solo per nutrir l'aspide in seno.

RAMIRO

Memoria serbo ancor...

TEUTILE

Lo vidi a prova.

Ma poco adesso giova

rammentar cose vane, e assai remote;

già sono l'opre, e le tue glorie note.

RAMIRO

Che mai vorresti?

TEUTILE

Al regno

render vorrei la pace,

veder estinto il lampo

dell'armi vostre, e licenziato il campo.

RAMIRO

Vorresti assai, ma invano

l'amor da me pretende,

ciò, che l'onor, e la mia gloria offende.

TEUTILE

Dunque darò al tuo merto

anch'io sol quell'amore,

che si può dare ad un inimico aperto.

Barbaro più non sento

pena per te, né amor,

t'aborre già il mio cor,

come t'amai.

Tu, quanto costi a me

l'amarti, e la mia fé

perfido traditor,

tu ben lo sai.

Scena settima

Ramiro solo.

Infausto dì, quante sciagure veggo

imminenti al mio cor. L'alto pensiero

del german mi spaventa;

l'impresa mi tormenta, e con dolore

veggo perdersi in essa il caro amore.

Tace il labbro, ed il mio affetto

col dover è sempre in guerra.

Fatto scopo è questo petto

d'ogni affanno, e di dolor.

Il germano in me condanna,

e del cor chiama tiranna

la mia pena, ed il mio amor.

Scena ottava

Camera con porta praticabile nel mezzo.
Motezuma vestito alla spagnola, poi Teutile, e Ramiro.

MOTEZUMA

Numi, se ancor pietosi

volgete i guardi vostri

verso un misero re, deh secondate

i miei disegni, e il braccio mio guidate

queste nemiche spoglie,

solo trofeo, che vanto

dell'ibera possanza, hanno potuto

celarmi ad ogni guardo,

or mi saran strumento,

per arrivar al sospirato intento.

Ecco la figlia rea... Contro dell'empia

s'usi il primo rigor, e già che teme

la morte più, che di restar soggetta,

sia lo scopo primier di mia vendetta.

(si ritira in disparte)

Scena nona

Teutile seguita da Ramiro.

TEUTILE

(smaniando)

Seguimi.

RAMIRO

Che ricerchi?

TEUTILE

Diasi tregua allo sdegno... Ah non vedesti?

Egli s'asconde forse... In ogni parte

stesi il passo, e cercai. Numi che affanno.

RAMIRO

Che ragioni?... Ove vai?...

TEUTILE

(sospesa)

Forse m'inganno.

Ma non errai. Vedesti

Ramiro il genitor?

RAMIRO

Non sai, che l'onda

ei volontario elesse

delle perdite sue termine or ora?

TEUTILE

Come... il padre morì?

MOTEZUMA

(No vivo ancora!)

TEUTILE

Io ti conobbi; oh quanto

piansi per te. Ben da lontan ti vidi

venir fra cento acciari, e allor che volli

correrti incontro, e ribaciar umile

la tua destra, il tuo piè...

MOTEZUMA

Scostati o vile.

È questo il cenno mio? a questa salma

schernita, e prigioniera

tant'affetto riserbi?

TEUTILE

Ah non m'è cara.

MOTEZUMA

Dunque a morir, e a non amar impara.

(impugna la spada per uccider Teutile, vien fermato da Ramiro)

RAMIRO

Ferma.

TEUTILE

S'agghiaccia il cor.

MOTEZUMA

Che folle ardire.

RAMIRO

Deh ti mova a pietà...

(tenendo la spada di Motezuma)

MOTEZUMA

L'uso del brando

empio lasciami pur.

(Ramiro vede venir Fernando)

RAMIRO

Ecco Fernando.

TEUTILE

Fernando! O dio che fia?

MOTEZUMA

Venga io l'attendo.

RAMIRO

Nasconditi signor. (Siamo in cimento.)

(spinge verso la porta Motezuma)

TEUTILE

Celati padre mio.

(incalzandolo lo nascondono)

MOTEZUMA

Che fier tormento.

(lo nascondono)

Scena decima

Fernando, e detti.

FERNANDO

Ramiro, il tempo questi

ti rassembra dell'ozio, e degl'amori.

(guardando per la scena)

RAMIRO

Come, con so...

FERNANDO

Che cerchi?

Sì turbato perché?... Mi guardi appena?

MOTEZUMA

(Che sdegno!)

TEUTILE

(Che tormento!)

RAMIRO

(Oh ciel che pena!)

FERNANDO

Vanne. De' nostri alberghi

ogni varco si guardi. Io da lontano

cento volanti pini

vidi l'onda solcar. Assai m'importa

scoprir la meta lor, e il suo cammino.

Vanne, osserva, e riporta.

RAMIRO

(Oh rio destino!)

FERNANDO

Perché immobil così?

RAMIRO

Parto...

FERNANDO

Ma resti?

RAMIRO

(Che eventi mai son questi!)

FERNANDO

I cenni miei

vola tosto a eseguir.

RAMIRO

Che pena o dèi!

Scena undicesima

Fernando, Teutile, e Motezuma nascosto.

FERNANDO

Qual silenzio è mai questo? In te discerno

principessa un orror, che dà sospetto.

Fosser Ramiro mai

reo di qualche viltà?

TEUTILE

T'inganni assai.

Non è del tutto spenta

nel suo cor la virtù. Sebben nemico,

sente il proprio dover. Di tua vendetta

ministro è sì, ma il sangue mio rispetta.

Scena dodicesima

Ritorna frettoloso Ramiro, e detti.

RAMIRO

German, signor, alla vicina arena,

fra cento armati legni,

giunge in aria di pace a noi Mitrena.

MOTEZUMA

(Mitrena!)

FERNANDO

Che desia?

RAMIRO

Libera chiede

la venuta, il ritorno, ed a te giura

l'istessa libertà.

FERNANDO

Venga sicura.

RAMIRO

(a Motezuma piano nel partir)

Taci, e celati ancor.

TEUTILE

Respiro un poco.

RAMIRO

(N'abbia cura il destin.)

(parte)

MOTEZUMA

(Numi, che foco.)

FERNANDO

Donami, principessa,

libertà per momenti.

TEUTILE

Io non offendo

con la presenza mia l'alto congresso.

FERNANDO

Ma quel riguardo stesso,

ch'io non avrei, forse Mitrena offende.

Parti.

TEUTILE

(Che far degg'io?)

FERNANDO

Parti, così desio.

TEUTILE

Strane vicende.

Scena tredicesima

Fernando, poi Mitrena, ed Asprano.

FERNANDO

(ai soldati)

Olà, con ogni pompa

l'alta donna incontrate.

MOTEZUMA

(Simulata virtù.)

MITRENA

No, no, fermate.

Ove io comando, e impero,

do l'onor, no 'l ricevo.

MOTEZUMA

(E questo è vero.)

FERNANDO

In ogni forma io devo,

anche ove par, che imperi,

gl'avantaggi scordar con bel pretesto,

ed accordar alle vittorie il resto.

ASPRANO

Che orgoglio!

MOTEZUMA

(Ah non resisto.)

MITRENA

Io non arrivo

sola, qual mi rimiri

in ammanto privato, e in questo loco,

per dar esca al tuo fasto. I tuoi vantaggi

sono ancora pendenti, e sin che resta

pietra a pietra congiunta, e pochi in vita

la vittoria non è (credi) compita.

FERNANDO

Ma sin che quest'acciaro

regger saprò, per vendicar l'offesa

quei pochi ancora non avran difesa.

(Motezuma esce con spada alla mano, che tosto gli vien levata da Ramiro, e lui si ritira di nuovo)

Scena quattordicesima

Ramiro, e detti.

MOTEZUMA

(contro Fernando)

Empio, ma pria morrai!

RAMIRO

Fermati.

(levandogli la spada)

MOTEZUMA

(disarmato)

Oh rio destin.

FERNANDO

(volgendosi al rumore vede Ramiro con spada alla mano)

Ferma, che fai?

MITRENA

(Motezuma? Che vidi!)

ASPRANO

In qual arnese!

FERNANDO

Che mirate occhi miei?

RAMIRO

Tutto è palese.

FERNANDO

Empio con l'armi in pugno?

Che tenti? Ora discerno

qual disegno fomenti. A me quel brando.

RAMIRO

Eccolo.

FERNANDO

In esso mira

la maggior d'ogni colpa. Il mio sospetto

s'accresce con ragion. Olà soldati

vigilate fedeli, e ad ogni ingresso

raddoppiato il presidio,

non esca alcun, se no 'l comando io.

MITRENA

Mi spaventa il comando.

RAMIRO

Odimi almeno.

FERNANDO

Intesi, e vidi appieno.

Di qual delitto mai

la tua nascita oscuri! E chi poteo

darti impulso simil?

MOTEZUMA

(esce impetuoso)

Io sono il reo.

MITRENA

Ohimè!

ASPRANO

Che miro o stelle!

MOTEZUMA

(a Fernando)

Segui la donna imbelle,

che di te incauta fida,

superbo ad ingiuriar. Piega la fronte,

tu, che il talamo vanti

del maggior dei monarchi, a quest'altero

gran domator dell'universo intero.

FERNANDO

Non m'adular signor. Mira se il cielo

che risorger ti fa, col tuo coraggio

ti guida adesso a tributarmi omaggio.

MOTEZUMA

Empio, che dir vorrai?

FERNANDO

Che in me non puoi

macchia trovar, che la mia gloria adombri,

vo' dir ch'in campo aperto

sino ad ora pugnai; che non pretesi

con arte vil mai procurar vittorie,

che son vergini alfin le nostre glorie.

MITRENA

Ma l'armi tue...

FERNANDO

Con queste

la ragion difendiam del ciel del mondo

e s'è capace poi,

anche un re di delitto, o d'atto indegno

s'usan quell'armi istesse,

per castigar questo monarca, e il regno.

MITRENA

(O dio.)

MOTEZUMA

Di qual delitto...

FERNANDO

È già palese

Motezuma l'insidia. Il tempo, il loco,

le spoglie, che tu menti,

son veraci argomenti

d'una pubblica colpa, e d'un delitto,

che offende ogni ragion, ogni diritto.

ASPRANO

Gelo d'orror.

MITRENA

L'ira crudel pavento.

MOTEZUMA

A qual eccesso omai.

FERNANDO

Soldati, avvinta

resti la regia destra

di servili catene.

MOTEZUMA

Empio...

MITRENA

Crudel che fai?

FERNANDO

Tanto conviene.

RAMIRO

Troppo german...

FERNANDO

Non più. La colpa sua

pubblica al mondo merta,

una pubblica pena.

Olà, s'adempia.

(soldati pongono in catene Motezuma)

MITRENA

Ah no... Ferma... t'arresta...

stelle, che ingiuria è questa!

Il maggior d'ogni re, con quella pena,

che a un vil plebeo si aspetta,

tu, Fernando, punisci! E voi soffrite

numi del nostro cielo

il sacrilego torto?

(a' spagnoli)

E voi potete

a sì barbaro duce

senza timor, soldati,

e servir e ubbidir... Misero sposo...

sfortunata Mitrena...

o tormento... o rossor... vergogna eterna...

Questa, ingrati, è virtù? Questi i costumi,

che dalla Spagna vostra, e dall'Europa

al nostro mondo oppresso,

a confusion di chi resiste a voi,

portate e seminate illustri eroi?

FERNANDO

Non più: darò a suo tempo

ragion dell'opre mie. Non ho rimorso,

che mi turbi la mente; io so, tu sai,

qual rispetto mostrai, e se sinora

nei militar maneggi

tutte osservai di cavalier le leggi.

I cenni d'un sovrano

impara ad adorar,

quella superba mano

principia ad inchinar,

e il capo altero.

Dalla sua pena un re

sempre lontan non è,

così degl'altri ancor

complici del tuo error

far non dispero.

(parte seguìto da Ramiro)

Scena quindicesima

Motezuma, Mitrena, ed Asprano.

MOTEZUMA

Confesso, non discerno

ove son, con chi parlo! A questo segno

in faccia del mio regno

per confusion, e a mio maggior tormento

mi costringe il destin? Ma non s'estingue

o il valore, o l'ardir. Sposa, a te resta,

cui libera ti dona

al ritorno la via, far mie vendette;

e già che l'empio manca

contro me ad ogni legge, omai procura

che resti almen lo stolto

fra le rovine mie oggi sepolto.

Se prescritta è in questo giorno

sposa amata la mia morte,

non temer, che sempre intorno

spirto errante ti sarò.

O nell'armi, o nei riposi

che fantasmi rigorosi

gl'empi tutti inquieterò.

Scena sedicesima

Mitrena, ed Asprano.

MITRENA

Parte l'afflitto sposo, e seco porta

la vergogna, il disprezzo eterni dèi,

voi, ch'il Messico tutto or affliggete,

pietosi difendete

contro questo tiran, e questo mostro,

il pubblico, il privato, il rito vostro;

ed io costante giuro,

che se verso di noi siete clementi,

v'offrirò sull'altar mille innocenti.

S'impugni la spada,

ci vegga l'ingrato

si mora, si cada,

ma sia il nostro fato

di gloria, e d'onor.

O sposo adorato

mi pesa il tuo duolo,

e provo tormento

da questo dolor.

Scena diciassettesima

Asprano solo.

Non m'avvilisco ancor. Sebben oppressa

è la regia possanza, io non dispero

raccor numero tal d'armi, d'armati,

ch'abbian questi pirati

onde sudar l'altera fronte ancora

cento piroghe ogn'ora

altrettante canoe da un cenno solo

pendon dal labbro mio, e poi gran parte

per Mitrena de' suoi, de' casi miei

prenderan nel cimento, i nostri dèi.

Nell'aspre sue vicende

più fiera in me si rende

pietà, fede, ed amor.

Esprimerà il valore

più l'agonie del core

di quel che faccia il labbro

spiegando il mio dolor.

Variante aria di Mitrena

Atto I, scena XVI.

MITRENA

A svenar il mostro gl'empi

piombi pur vostra saetta

tutta sdegno, e crudeltà.

Da voi soli, o dèi, l'aspetta

questo regno, i vostri tempi

per giustizia, o per pietà.

Atto secondo
Scena prima

Sala d'udienza pubblica con due sedie nel quartiere de' spagnoli.
Teutile, ed Asprano.

TEUTILE

Vani i consigli sono. Aspran, non vedi

a qual eccesso giunge

di Fernando l'ardir? Destin simile

non è degno d'un re.

ASPRANO

Soffri Teutile.

Non sarà sempre ferma

per essi la fortuna. Ora si pensi

usar i mezzi tutti,

perché i barbari sian arsi, e distrutti.

TEUTILE

Ma Ramiro?...

ASPRANO

Perdona, altri pensieri

denno occuparti. I messicani afflitti

per le vostre sciagure

sospirano vedervi. Il tuo bel volto

consolarli potrà. Vieni...

TEUTILE

Ti seguo.

E il genitor?

ASPRANO

Di questo

a me lascia la cura. Già son pronte

le canoe, le piroghe; in campo uniti

restanti guerrier impazienti

attendono il momento

d'incenerir questo perverso nido,

e scempio far di questo duce infido.

Brilleran per noi più belle,

più pietose quelle stelle,

che ferali, e sanguinose

or minacciano terror.

Spesso il cielo irato freme,

sparge orror, tuona, e balena,

indi poi si rasserena,

e consola duolo, e speme

dell'afflitto agricoltor.

Scena seconda

Teutile, poi Fernando.

TEUTILE

Principio a respirar. Qualche conforto

d'Aspran la fé mi reca, e non dispero,

che risorger ancor possa l'impero.

FERNANDO

Se i Messican non hanno

miglior duce di lui, poca difesa

potranno usar in sì famosa impresa.

TEUTILE

Dunque, perché si chiude

il passo al genitor? Con qual ragione

giustificar pretendi

la sua vil prigionia? Se il genio tuo

bellicoso, e sovran solo ti porta

ad atti di virtù, perché correggi

con un atto crudel tant'altri egregi?

FERNANDO

Non più egualmente vano

è il tuo zelo, e il consiglio. Io non ricevo

leggi da te; itene al campo vostro,

gl'altri verran.

TEUTILE

Ma quando?

In te rimiro...

FERNANDO

Troppo dicesti. Olà, venga Ramiro.

TEUTILE

Così dunque...

FERNANDO

Non più. Parti. Altre cure

m'opprimono la mente.

TEUTILE

Partirò sì crudel, ma il cor ardito

forse vedrò del tuo rigor pentito.

Il nocchiero coraggioso,

che non teme la corrente

dell'oceano tempestoso

si sommerge, e poi si pente

tardi allor del suo gran cor.

Tu che troppo in te confidi

guarda ingrato, che non provi

rea la sorte, i numi infidi,

che non sia tardo il dolor.

Scena terza

Fernando, poi Ramiro.

FERNANDO

Grav'è l'impegno mio, ma più di tutto

mi spaventa il germano. Ei s'avvicina.

RAMIRO

Eccomi a' cenni tuoi. Non ti dia pena

sconsolato vedermi. Ha sue ragioni

anche questo dolor.

FERNANDO

Di che t'affanni?

RAMIRO

Si credono tiranni

tutti i nostri consigli. Io non dissento

ai giusti sdegni tuoi.

Ma, che un monarca poi

resti oppresso così senza difesa

dura legge mi par, e grave offesa.

FERNANDO

Dunque un eccesso credi

punir le colpe, e con le pene altrui

dar ai sudditi esempio? Il re feroce

due volte in questo giorno

procurò la mia morte, e tu lo sai,

ch'alli trasporti suoi lasciato il freno,

complice fosti col silenzio almeno.

RAMIRO

Colpa di ciò...

FERNANDO

T'intendo

amor con tuo svantaggio

generoso ti rende... Ecco Mitrena.

Da lunge a me s'avanza.

Parti.

RAMIRO

Spiegati pria.

FERNANDO

No, il tuo rossore

già palesa il tuo cor.

RAMIRO

Povero core.

Quel rossor, che in volto miri

non accusa il mio rispetto,

e non sono i miei sospiri

contrassegni di timor.

Le tue glorie anch'io secondo,

ma più dolce ti vorrei,

che ammirasse tutto il mondo

la pietade, e il tuo valor.

Scena quarta

Mitrena, e Fernando.

MITRENA

Fernando, il gran momento

s'avvicina fra noi. Sentimi ancora

ma con quella virtù, che a me dettasti

né l'animo contrasti

fortuna, o ambizion. Anche un momento

rammenta senza pena,

che Fernando sei tu, ch'io son Mitrena.

(si pone a sedere)

FERNANDO

Fortunato momento, in cui m'è dato

gloria a te d'ubbidir. Del mio costume

prova n'avesti, e sai,

ch'io non trascorsi mai

le misure del giusto, onde favella,

ma pensa favellando,

che Mitrena tu sei, ch'io son Fernando.

MITRENA

Vivea fra l'ombre ancora

di natia cecità, fuori del mondo,

ignobile, negletta,

questa vasta region. Fra mille errori

di culto, e di costume

ogni mente sommersa oltre misura

il metodo passava

d'una civil, e regolar coltura.

Per secoli sì lunghi

furo i popoli miei cotanto idioti

ch'anco i propri tesor gl'erano ignoti.

Ma rischiarar tal nube

un dì alfin si dovea. Questo era scritto

nei decreti del ciel, né si potea

tanto eseguir, se la natura, e il cielo

non apriva l'arcano, onde potesse

un seminume al mondo

la linea trapassar co' suoi eletti

per incogniti mar sinor negletti.

FERNANDO

Sensi d'adulazion poco veraci...

MITRENA

Parlo de' pregi tuoi. M'ascolta, e taci.

Giungesti sul confine

di Cozumel alfine. Al primo sbarco

di quell'idiota gente,

qual flagello facesti io non rammento

(che troppo dà tormento

i principi riandar, e troppo è dura

anche a pensar una simil sciagura).

Solo dirò, ch'al balenar dell'armi

a quei semplici ignote, e dal terrore

lor nemico maggior restaro vinte

cento province, e cento a te rendessi

tributarie, e soggette. E non contento

d'aver con tal progresso

tolto lo stato ad un monarca afflitto,

ch'usurpar gli vorresti il nome istesso.

FERNANDO

Troppo, regina, offendi...

MITRENA

Taci crudel, il tuo delitto intendi.

Talor sagace usasti

con accorte maniere, e rei consigli

il manto venerato

d'ospite, e di legato, e benché fosse

tepida ancor di sangue

la tua destra infedel, con regio core

fosti accolto da noi. De' tuoi precetti

uso facemmo, e in apparenza onesta

potesti usar tant'arte,

che dell'intimo ancor restassi a parte.

Fremono i grandi, e d'amistà sì stretta

con ragion si sospetta. Io, che preveggo

qualch'estremo da lor, senza riguardo

uso il consiglio; e perché il foco acceso

sì facil non s'ammorza,

pongo in uso il poter, uso la forza.

Alfin qualor in pace

ammirando, viviamo, i tuoi costumi,

senza tener de' numi,

veggo infranta ogni legge, e sento usarmi

cento violenze, e la cittade in armi.

FERNANDO

T'inganni così ardito...

MITRENA

Soffri ancora un momento, ho già compito

si scuote il mio consorte

a vista della morte. I suoi vassalli

con l'esempio richiama, e si difende,

ma come invan contende

l'uomo all'alto voler de' sommi dèi,

distrutto è il campo, e vincitor tu sei.

Da un sì felice effetto

perdi tutto il rispetto. Ombra non resta

di pietà, di virtù. Tutto si strugge

il forte cade, e cade ancor chi fugge,

e a tanti orridi aspetti

di rovine, di pianti, e d'aspre pene,

sposo, figlia (crudel) langue in catene.

(si leva dalla sedia)

Orsù v'è tempo ancora

d'emendarti, se vuoi. Libera il passo

alla figlia, al consorte, e con gl'avanzi

dell'armi tue questo dominio sgombra.

Usa, se non t'ingombra

rio vapor di grandezza, ancora un giorno

la virtù che dettasti. O se resisti

nell'ingordo pensier altero, e infido,

a battaglia mortal oggi ti sfido.

FERNANDO

Scusa con troppo eccesso,

l'opre mie tu dipingi. I sensi miei

sì crudeli non son. Chetati, e senti

più brevi assai, ma più veraci accenti.

(torna a sedere)

Ministro, e non tiranno

dal ciel d'Europa a queste parti estreme

d'occidente passai. L'oceano immenso

solcai per ogni parte, e furo noti

prima d'ora quei mar, che credi ignoti.

Giunsi ne' regni tuoi, vinsi, pugnai,

ma prima tutte usai

di clemenza, e virtù l'opre, e le leggi,

e de' miei fatti egregi

testimoni voi foste, allor, che amici

nelle viscere vostre a noi donaste

con sacri, e forti impegni

fede soggiorni (più) vittime, e regni.

MITRENA

Ma poi?...

FERNANDO

Di che ti lagni?...

Forse, perché ozioso

non mirai trucidar gl'avanzi ancora

de' fidi miei? Non v'è ragion, che basti

l'opre mie a condannar. Io non t'offesi,

se, me pugnando, e tutti i miei difesi.

Motezuma è crudel. Contro me stesso

so l'insidie, che usò. So, che detesta

il tuo saggio pensier i suoi trasporti;

ma quanto adesso importi,

ch'egli viva in arresto, io solo intendo,

perché ragion né vo' da te, né rendo,

che poi con ciglio altera

guerra m'intimi, io non rifiuto mai

l'occasioni di gloria.

Scena quinta

Motezuma in catena con Soldati, e detti.

MOTEZUMA

E guerra avrai

dammi una spada, e allora

vedrai, se facil tanto

è la nostra caduta eroe del mondo.

MITRENA

(verso Motezuma)

O dio... rompi il disegno

MOTEZUMA

Altra legge non ho, che del mio sdegno.

FERNANDO

Vidi il vostro valor.

MOTEZUMA

Disarma, o vile

tu il petto ancor. In singolar cimento

vieni, se puoi, ch'allor con armi pari

misurerem i sitibondi acciari.

FERNANDO

(ai soldati)

Olà, disciolto resti

l'invincibil eroe. Tosto vedrai,

quale sia il mio timor. Se tanto avanza

da superar alla mia destra ancora,

si coroni l'impresa, e poi si mora.

(nel partir Mitrena lo ferma)

MITRENA

Ferma... T'arresta...

MOTEZUMA

O vil.

MITRENA

Udite...

FERNANDO

È vano...

MITRENA

Dunque?...

FERNANDO

Non più; vedrete

se vi farò fra poco

di questo ferro impallidir al lampo.

MITRENA

Ah no...

MOTEZUMA

Lascialo pur.

FERNANDO

Al campo.

MOTEZUMA E FERNANDO

Al campo.

A battaglia, a battaglia t'aspetta

il mio brando, lo sdegno, l'onor.

MOTEZUMA

Sazierò la mia vendetta

nel tuo sangue, o traditor.

FERNANDO

Poco è un dardo, una saetta

all'insano tuo furor.

MITRENA

Nel funesto aspro periglio

cieli, ohimè! Pietà, consiglio,

sposo, oh dio! signor, pietà.

FERNANDO

Non la merta, e non l'avrà.

MOTEZUMA

Più m'irrita tua viltà.

FERNANDO

Che barbaro orgoglio!

MOTEZUMA

Che vile cordoglio!

Insieme

FERNANDO

Che genio crudel.

MOTEZUMA

Che sorte crudel.

MITRENA

Che giorno crudel.

MITRENA

Pensa a noi, pensa al tuo regno.

MOTEZUMA

Penso a me, penso al mio sdegno

FERNANDO

L'ostinato

del suo fato l'ira gode provocar.

MOTEZUMA

Vil, tu vuoi co' prieghi tuoi

più superbo l'empio far.

MITRENA

Voi stelle placate

quest'anime irate.

FERNANDO

Su al campo, su all'armi.

MOTEZUMA

Sì sì a vendicarmi.

MOTEZUMA E FERNANDO

E allor tu dirai

MOTEZUMA, FERNANDO E MITRENA

O sorte spietata! O rigido ciel.

A battaglia, a battaglia t'aspetta

il mio brando, lo sdegno, l'onor.

Scena sesta

Campo spazioso corrispondente ad un ampio seno della marina vicino all'accampamento.
Ramiro con Séguito de' spagnoli, poi Asprano.

RAMIRO

Consolatevi amici; è già vicino

il termine prescritto

alli nostri sudor. Poiché rinasce,

benché inerme però, l'ardir nemico,

di nuova gloria occasion mi porge

la sorte, che oggidì per noi risorge.

ASPRANO

Cadran, superbi, forse

questi eccelsi trofei. Coraggio, ed armi

non mancano al mio re. Saprà ben egli

di tante ingiurie, ed onte

farvi mentir, e impallidir la fronte.

Scena settima

Fernando, e detti.

FERNANDO

Lo faccia, e s'ha coraggio,

di cui, lo vanti, al paragon s'avanzi.

(a Ramiro)

Olà, senza dimora

tu la pugna prepara,

e al rauco suon de' militar strumenti

l'ultima delle imprese omai si tenti.

RAMIRO

Io volo ad ubbidir.

(parte Ramiro con partita di soldati, gl'altri restano)

FERNANDO

Di te potrei

scempio atroce ora far; ma tal svantaggio

non voglio dar al tuo monarca, al regno

togliendole sì tosto eroe sì degno.

Sei troppo, troppo facile

a crederti guerriero

il pallido sembiante

il passo tuo tremante

vile ti mostra ognor,

e menzognero.

Mirami in volto pria,

vanta virtù, e valor

quel tuo perverso cor

presto mi proverà

crudel, e fiero.

Scena ottava

Asprano solo.

Mi deride, mi sprezza,

che insolita fierezza,

non intesa virtù; barbara sorte!

A che dunque mi serbi

forse a mirar le leggi

calpestate da un empio, e i miei dispreggi

D'ira, e furor armato,

nemico a questo regno,

fa pompa d'empietà.

Legge non ha l'ingrato,

nel barbaro disegno,

il suo furor non ha.

Scena nona

Fernando incalzando Motezuma.

FERNANDO

Fermati non fuggir, se tanto sei

invincibil, e forte, a che il cimento

vai schermendo così?

MOTEZUMA

Stelle, che sento!

Tu di viltà m'accusi? Eccomi all'armi,

che non potrà lasciarmi,

se nemica è la sorte, ora in oblio

il mio nume sovran, e il braccio mio.

FERNANDO

Ma di pallor ti veggo

sparso il torbido volto, Ancor ti resta

accesso alla pietà. Renditi vinto,

cedi l'armi, e l'impero,

vivi ad altro destin.

MOTEZUMA

Ah non fia vero.

Anche d'atto sì vil osi tentarmi?

FERNANDO

Dunque impara a morir.

MOTEZUMA

All'armi.

MOTEZUMA E FERNANDO

All'armi.

(segue l'abbattimento fra loro due)

MOTEZUMA

Né cadi ancor?

FERNANDO

Barbaro ancor resisti?

(ritornano a combattere)

FERNANDO

Renditi.

MOTEZUMA

Anima ardita.

FERNANDO

Cadrai, fellon.

MOTEZUMA

Manco... Soldati aita.

(si ritirano combattendo)

Li Soldati messicani opprimono Fermando. Si muovono gli Spagnoli ed attaccano l'abbattimento, qual cessato e tutti ritirati, esce Ramiro che ferma una partita di Spagnoli, che par, che fuggano.

Scena decima

Ramiro, poi Teutile.

RAMIRO

Che fate? Ove correte

valorosi guerrier? Deh non lasciate

ch'io spettator rimiri

della vostra viltà con gl'occhi miei

prove tanto funeste, Ecco lo stuolo

dell'armate canoe; se il suo progresso

voi compagni lasciate, è a noi sicura

l'estrema, e la più vil d'ogni sciagura.

TEUTILE

Fuggi Ramiro. Ad onta

dello sdegno temer per te deggio.

RAMIRO

Principessa ove vai.

TEUTILE

Dal campo io vengo,

ove di stragi, e morti

confusa rimirai l'orrida scena

de' vostri pochi appena

la vittoria vantar forse potranno.

Universal è il danno. Il padre stesso

combattendo mira stanco, ed afflitto

dopo lungo conflitto, e molto sangue

ritirarsi pugnando,

ma seco prigionier trarsi Fernando.

RAMIRO

Fernando, e come?

TEUTILE

A singolar cimento

era col genitor, ma sopraffatto

da numero infinito

della plebe confusa

dopo lunga difesa oppresso cadde.

RAMIRO

Ed or...

TEUTILE

In luogo forte

sotto buona custodia a rio destino

il padre lo riserba; e perché temo

di te ancora crudel la sorte stessa,

ti prego, ti scongiuro

fuggi, il Messico omai poco è sicuro.

RAMIRO

Ch'io fugga? Olà compagni

divisi a sì gran uopo

venga meco una parte, e l'altra armata

d'accese faci alle canoe nemiche

movi guerra mortal. Fra quelle fiamme

sepolte in mezzo all'onde

della nostra vendetta al fiero lampo

una fra tante sol non abbia scampo.

TEUTILE

Fermati...

RAMIRO

S'eseguisca.

(parte de' soldati montano i brigantini, e incendiano le canoe)

TEUTILE

I miei tormenti

così stimi crudel?

RAMIRO

Invan mi tenti,

perdona io non rammento

se non d'esser soldato. Ogn'altro affetto

lascio in oblio, che troppo

nel mio petto guerrier emuli sono

la vendetta, l'onor, la gloria, il trono.

In mezzo alla procella

corre la navicella

in questa parte, e in quella,

ma pure si difende

dal mar, dalla tempesta,

e a naufragar non va.

Combatte nel mio petto

la gloria con l'affetto

ma quest'invitto core

soddisferà l'onore,

l'amor appagherà.

Scena undicesima

Teutile sola.

Vanne crudel, distruggi

con empio cor quest'infelici avanzi

della nostra grandezza. Esca a torrenti

dalle pubbliche vie misto di polve

il sangue messican. Calpesta ingrato,

i numi, i templi, e ogni ragion sconvolta,

l'eccidio universal vanta una volta.

Ma pria ch'il cor afflitto

per te ingrato sospiri, i torti miei

vo', che termini alfin la fiamma stessa

dal cui rigor ogni speranza è oppressa.

(va per lanciarsi nel foco delle canoe, e incontra Mitrena)

Scena dodicesima

Mitrena, e detta.

MITRENA

Fermati, il tuo destino

figlia, poco sospendi. È già prescritta

di noi tutti la morte, ma la sorte

nel decreto crudel anche pietosa

riserba agl'occhi nostri

la gioia di veder quella vendetta,

che consolar potria

la tua, del genitor, la morte mia.

TEUTILE

Inutile riparo.

MITRENA

Ma capace intanto,

per far, che non riporti

l'usurpator superbo

fuor del Messico nostro oltr'al confine

la memoria fatal di mie rovine.

Scena tredicesima

Asprano, e detti.

ASPRANO

Principessa... signora...

Ahi mal funesto caso

per colmar di dolor vostra costanza

vi sovrasta di nuovo!

MITRENA

Aspran, che porti?

ASPRANO

I maghi al loro nume

Uccilibos ricorsi,

per impetrar ai pubblici perigli

qualche giusto riparo, ebbero, o stelle,

oracolo sì fiero,

che mi fa inorridir.

TEUTILE

Ma che rispose?

ASPRANO

«Teutile, ed un ispano

col sacrificio loro

l'impero, e il genitor salvar potranno»;

ciò disse, e ad un istante

Motezuma presente alla grand'ara

stesa intrepido allor la destra forte,

la figlia, ed un ispan giurò alla morte.

TEUTILE

O dèi!

MITRENA

Misera figlia!

(vengono i sacerdoti del tempio)

ASPRANO

Eccolo, stuolo insano

dei ministri del tempio. Oh cieli t'invola.

TEUTILE

Dove raminga, e sola

tra gl'incendi di guerra, e abbandonata?

MITRENA

Oracolo crudel!

ASPRANO

Sorte spietata!

MITRENA

Fermatevi un momento

sacre turbe, e donate

ad una madre afflitta

l'uso del suo dolor. Figlia infelice,

ahi del destino atroce

ch'a te sola sovrasta, io ne risento

il tormento maggior d'ogni tormento.

Misera chi fu mai

di me regina, sposa,

madre più sventurata? I numi istessi

congiurano a svenar gl'affetti miei

e sono resa ormai

degl'uomini bersaglio, e degli dèi.

TEUTILE

Non irritar ti prego,

madre, l'alto poter de' numi irati,

se il gran nume ricerca,

per placar l'ira sua, solo il mio sangue,

questo sangue si versi, e sia mia gloria

offrir all'ara sua

una salma a penar sino avvezza,

per sì pubblico ben, e sua salvezza.

MITRENA

Troppo violento sento,

figlia, il tormento mio. Per superarlo

io non appresi ancora

la forza, o la virtù. Stelle crudeli!

Oracolo tiranno!

Dura legge del ciel! O me infelice!

TEUTILE

Madre al tuo cor disdice

quest'eccesso di duol, restane in pace,

soffri un altro dolor nella mia morte,

né invidiar la sorte

data a me per salvar la patria oppressa

ch'il vuol il ciel, e lo vorrei io stessa.

Un guardo, oh dio

madre diletta

al duolo mio,

uno al mio amore,

e quel dolore m'ucciderà.

Deh soffri, o cara,

mia sorte amara

con alma forte,

per me la morte

non ha terrore

pena non ha.

Scena quattordicesima

Mitrena, ed Asprano.

MITRENA

Vanne, che vendicata

la tua morte sarà. Se il ciel ricerca

il sacrificio unito

della figlia innocente, e d'un ispano

Fernando dée morir. Quest'è l'oggetto

del divino furor. Il sangue infido

dia memoria funesta a questo lido.

Olà Fernando mora.

No, sospendete ancora...

Qual orror mi sovrasta... O dio che pena!

Ma chi l'odio raffrena!...

Chi l'ira mia corregge, e toglie all'are

le vittime richieste? Ah non v'è scampo

cada l'eroe tiranno

s'ubbidisca al voler de' sommi dèi,

che vani son tutti i riguardi miei.

ASPRANO

E chi sarà sì ardito,

che a sua fronte resista? Anche in catena

atterrisce col guardo

i più costanti cor.

MITRENA

Taci codardo

se tu nutrisci ancora,

ch'il più forte rassembri, un tal timore

giust'è, ch'il ciel protegga il suo valore.

ASPRANO

Dunque addita la forma.

MITRENA

In ogni lato

in un tempo medesmo all'alta mole,

ove rinchiuso vive,

il foco distruttor tosto s'appresti,

così tolti i pretesti

alla vostra viltà, veggasi l'empio

cader senza difesa

vittima al ciel, e alla comune offesa.

ASPRANO

Ad eseguir vo tosto. (Oh legge fiera!)

MITRENA

Cada estinto il superbo, e il mondo pera.

La figlia, lo sposo

m'affligge, mi svena,

lo sdegno, la sorte

m'accresce la pena,

e misero, oh dio

in mille affanni ho il cor.

Turbata la mente

non vede, non sente,

tra sdegno, ed amore

il povero core

confonde il dolor.

Atto terzo
Scena prima

Parte remota della città con torre.
Ramiro guidando fuori dalla porta Fernando, e Soldati.
Si vedono sulla porta prostesi alquanti Messicani uccisi.

RAMIRO

Esci german, pria che peggior destino

ti sovrasti a momenti. Il re nemico

per obbedir a vaticini indegni

degl'oracoli suoi, il sangue tuo

in enigma richiesto, all'empio altare

intrepido destina; e già mi sembra

veder l'armata turba,

e il furente monarca in breve d'ora

troncar la fuga, ed insultarti ancora.

FERNANDO

Qual oracolo è questo?

RAMIRO

In altro tempo

più a lungo lo saprai. Spero, che vinta

in ciò, che poco resta

la messica possanza

con l'oracolo stesso il cor confuso

del re crudel render saprò deluso.

FERNANDO

Lo voglia il ciel. Ma in avvenir più cauto

sarò anch'io nel fidarmi.

RAMIRO

Pochi vi sono in armi.

Questi pochi combatti, ed io frattanto

abbatterò le porte

del sacrilego tempio, ove raccolti

i più ostinati, invano

son spernator del sacrificio umano.

FERNANDO

Lodo l'impresa. Adempia,

ciò, che brama il destin, che sempre è degno

del tuo valor, e di pietà il disegno.

L'aquila generosa

cade talor oppressa,

perché l'insidia ascosa,

né può veder, né sa;

ma dall'artiglio uscita

si mostra grande, e invita

ed il nemico istesso

impallidir poi fa.

Scena seconda

Ramiro, poi Motezuma con Soldati.

RAMIRO

Or ch'è salvo il german con ogni pompa

l'amante si difenda. Ecco il monarca.

Celatevi, che voglio

suo disegno scoprir.

(si ritirano tutti)

MOTEZUMA

(ai suoi messicani)

Partite; io basto

l'empio duce svenar. Itene voi

di Mitrena in difesa. Almen la sposa

difendetemi o dèi, che nei tumulti

esente sia dai militari insulti.

(partono i soldati di Motezuma, esso con spada alla mano si avanza verso la torre)

Che miro! Esangui al suolo

son li custodi? Il varco aperto? O stelle!

Fuggì forse Fernando? Ah non sia vero

numi qual tradimento? Ancora a questo

mi riserba il destin?... Giorno funesto?

(entra nella torre solo, esce Ramiro e soldati)

RAMIRO

Olà chiudete amici

il difficil ingresso, e degli estinti

queste soglie sgombrate. A' miei disegni

giovi, ch'il re ristretto

viva lontan dai militar perigli,

e giacché miglior sorte

pietoso il ciel a tutti noi destina

fugga, se può, l'universal rovina.

Anche in mezzo dei contenti

sente l'alma la sua pena

e d'amore la catena

toglie ognor la pace al cor.

Ma una voce lusinghiera

par mi dica spera spera,

che ad amor, risponde amor.

Scena terza

Asprano, con séguito di Guastatori, che abbattono la porta della torre, ed attaccano il fuoco per ogni parte.

ASPRANO

Eseguite soldati. Il primo impegno

sia chiuder ogni varco, onde potesse

sottrarsi il prigionier. Da cento lati

s'accostino le faci,

e giacché vuol così sua fiera sorte

il gran duce spagnol abbia la morte

in ogni canto ormai

va ascendendo la fiamma.

MOTEZUMA

(dall'alto della torre)

Aspran che fai?

ASPRANO

Questa del mio sovrano

la favella mi par!

MOTEZUMA

Volgiti Asprano.

ASPRANO

(volgendosi lo vede)

Motezuma... signor...

MOTEZUMA

Lascia spietato

di rammentar quel nome

or tradito da te. Vorrà il destino

salvarmi a tuo dispetto, e potrà forse

far del tuo cor fellon orrido scempio,

che possa altrui sempre servir d'esempio.

(si ritira)

ASPRANO

T'inganni... Ei parte... O dio... confuso resto.

Oh comando fatal che inganno è questo?

Dal timor, dallo spavento

mesto il core, e l'alma sento

tormentato, disperato

mi preparo a lagrimar.

Dal destin spietato, e amaro

chi difender può il mio re?

Che farò? Non v'è riparo:

sorte rea che si può far?

Scena quarta

Mitrena con séguito de' suoi principali.

MITRENA

Ecco, fedeli miei, là nelle fiamme,

che ascendono fastose in polve resta

l'invincibile eroe. Recate agl'altri

sì felice destin. Fernando, è estinto,

che estinto alfin, ditegli pur, vedeste

quell'uomo che immortal finor credeste,

e dite che ci avanza,

poiché l'empio morì qualche speranza.

Nella stagion ardente

minaccia il ciel sovente;

ma il suo rigor non dura,

e rende più sicura

la calma al passegger.

Risorgerà fra poco

questo abbattuto impero

e con ragione spero

miglior pace goder.

Scena quinta

Tempio, ove nel fondo si vede la porta principale chiusa, a lato il simulacro di Uccilibos con l'ara ornata per il sacrificio.
Sacerdoti alla messicana, che in abito candido guidano all'ara Teutile.
Teutile, poi Mitrena.

TEUTILE

Meno apparati, e meno

testimoni di duol. Il ciel riceve

gl'attributi dell'alme, e poco onora

le vittime sacrate

quest'apparenza vana,

che mostra sol la debolezza umana.

L'agonie dell'alma afflitta

non curate eccelsi dèi

tollerate i pianti miei

sfogo umano di dolor.

Se costante a voi rassegno

su quest'ara il sangue mio,

voi rendete pace al regno

alla madre, al genitor.

Scena sesta

Mitrena, e detti, poi Asprano.

MITRENA

Figlia una volta ancora

lascia ch'i uffici adempia

di madre sconsolata; anche un momento

dividasi il mio cor; e doni in parte

la maestà di regina

agl'affetti di madre il primo luogo...

e soffra il ciel quest'innocente sfogo.

TEUTILE

Madre non t'agitar...

MITRENA

Ah non intendi

figlia il dolor qual sia

di madre afflitta! Ogn'altro

è fugace, è legger, ma questo eccede

con eccesso di pena il mio dolore

né 'l puoi veder, se non mi vedi il core.

TEUTILE

Ma conviene ubbidir...

MITRENA

Strana... infelice

necessità. Se il cielo

con le vittime sue vuol che si sveni

l'affetto, e la passion... o legge dura,

ch'il merto mio, che il sacrificio oscura.

Ma vien Aspran... Torbido, e mesto move

il passo irresoluto?

Olà eseguisti è ver. Morì Fernando...

O numi... Non rispondete?

TEUTILE

Tremo a mirarlo.

MITRENA

I miei pensier confonde.

Parla. Tu già eseguisti

io ne vidi gl'effetti... È morto l'empio.

ASPRANO

Io fui troppo fedel, sebben nel seno

un'incognita forza

mi dicea non lo far; ma il mobil volgo

famelico di sangue

eseguendo alla cieca i cenni tuoi

invece di Fernando

fra le fiamme voraci... O dèi...

MITRENA

Finisci.

ASPRANO

Non ho cor di spiegarlo.

MITRENA

O che tormento!

ASPRANO

Motezuma morì...

MITRENA

Stelle, che sento.

TEUTILE

Misero genitor.

MITRENA

Spietati dèi!

Come... dove... il vedesti.

ASPRANO

Io stesso il vidi.

Io gli parlai della sublime parte

di quell'ardente torre ove rinchiuso

Fernando era prigion.

MITRENA

E lui?...

ASPRANO

Non so che sia.

MITRENA

Ma come entrò lo sposo?...

ASPRANO

Io non so dirti

so ben che per sottrarlo

tutta l'arte impugnai, ma quando vidi

l'incendio tant'era,

che fu ogni studio vano, onde convenne

al misero monarca

l'altrui pena soffrir.

MITRENA

Non più l'intendo

l'impazienza sua

di dar morte all'ispan gli costa assai.

Misera in tanti guai,

che farò? Chi consiglia?... Ah dove sei

sposo mio ben!... Sei morto?

Questo è il primier conforto,

che prometton le stelle,

e questi sono gl'oracoli del cielo?

Fiero destin... O sorte...

Tremo... pavento... impallidisco... e gelo...

ASPRANO

Non feci che ubbidir...

MITRENA

Dunque è un errore

degl'occhi tuoi ciò che riporti. Dunque

vincitori siam noi. Fernando estinto

fugace a nuoto varca

la messica laguna,

e in altro lido le sue forze aduna?

TEUTILE

L'infelice delira.

MITRENA

Coraggio amici. Ecco opportuno il tempo.

Si attacchi il fuggitivo

e per la strada stessa

seminata di stragi, e di delitti

al suo venir, nel suo ritorno trovi

contro lui nuove morti, e stragi nuovi.

TEUTILE

Madre infelice.

MITRENA

O dio... Ma che!... Vaneggio!

Speme crudel tu mi lusinghi invano.

Invan dipingo agl'occhi una vendetta.

Ch'impossibile è ormai. Ah il ciel placato

non è ancora per noi. Con nuovi modi

sempre irato minaccia,

ed a maggior sciagura

vuol il tuo sangue, e i mali miei non cura.

Ahi qual rumor...

(vien gettata a terra la porta del tempio, ed entra Ramiro con séguito)

ASPRANO

Ecco tracolla il mondo.

TEUTILE

Su via presto svenate

questa salma infelice.

Scena settima

Ramiro, Soldati, e detti.

RAMIRO

Ah v'ingannate.

(prende Teutile e la conduce via)

TEUTILE

Lasciami ingrato.

RAMIRO

Vieni cara se brami il ciel placato.

MITRENA

Numi, che orror!

RAMIRO

Amici non tardate

ad eseguir tutti i comandi miei.

Miseri ora vedrete

quanta possanza avranno i vostri dèi.

(parte con Teutile. Li spagnoli abbattono i simulacri del tempio, e partono)

Scena ottava

Mitrena, ed Asprano.

ASPRANO

Vo' seguir l'infelice, perché temo

nell'eseguir costoro

il sacrilego fatto enorme, ed empio

che tremi il suol, e che dirocchi il tempio.

Scena nona

Mitrena sola, poi Motezuma.

MITRENA

Ed ho cor di soffrir! E taccio ancora!

E resisto! E non moro! E taccio ancora

da tutti abbandonata

vedova sconsolata:

persa la figlia; e desolato il regno,

senza cor: senza nume, e senza speme.

In odio al ciel: nelle sciagure estreme

che fate oziosi dèi?

L'ingiurie tollerate

di quest'empi così? M'avveggo adesso,

che vinti siete, e vi convien alfine

meco perir nelle comun rovine.

Dunque, che farò mai?

Copra il sol i suoi rai. Notte funesta

ingombri queste luci. Il sonno eterno

nell'oblio seppellisca i miei rossori,

le perdite, gl'affanni;

i rimorsi tiranni, i miei dolori.

(mentre vuol uccidersi è trattenuta da Motezuma)

MOTEZUMA

Sposa ferma la destra.

MITRENA

E vivi ancora?

MOTEZUMA

Pria vendetta si faccia, e poi si mora.

Due colpi di noi degni

coronin l'opre nostre. I duci ispani

trionfano superbi

sulle nostre rovine. E già sicuri

con pompa militar fanno solenne

la caduta del regno; la mia morte,

della figlia l'ingiurie, e tue ritorte.

MITRENA

Ancor vivi signor: sogno, o traveggio

tu vivi, e con quel core

sempre invito sovran, ed indefesso.

MOTEZUMA

Fosse la sorte mia qual son l'istesso.

MITRENA

Ma come ti sottraesti

dalla fiamma crudel?

MOTEZUMA

Occulta via

nota a me sol per sotterraneo chiostro

mi condusse sicuro. Il grand'inganno

innocente però m'è noto noto appieno.

MITRENA

L'error della tua morte

quante lacrime (o dio) costa al mio core.

MOTEZUMA

Lo so; né senza amore

sospirai di poter nel caso rio

darti sposa mio ben l'estremo addio.

MITRENA

Dunque andiamo a morir.

MOTEZUMA

Sugl'occhi infami

cadiam de' due Germani.

MITRENA

Ma pria gl'usurpator superbi, e ingrati

cadano a nostri piè vinti, o svenati.

(partono)

Scena decima

Motezuma solo.

Stelle vinceste. Ecco un esempio al mondo

della vostra incostanza. Ecco un monarca,

che solo si vantava

di possanza simil ai vostri dèi

ludibrio della plebe

reso scherzo d'ognun, vinto, ed oppresso.

Fatto servo ben vil dell'altrui glorie

argomento felice a nuove storie.

Dov'è la figlia, dov'è il mio trono

non son più padre, più re non sono

la sorte barbara non ha più affanno

non ha più fulmine il ciel tiranno,

ch'esser terribile possa per me.

Vede l'istesso nemico fatto,

che non può farmi più sventurato,

che se m'uccide, crudel non è.

Scena undicesima

Gran piazza nella Città del Messico con ornamenti per il trionfo. Schiavi messicani, e bandiere calate da una parte, dall'altra le schiere vincitrici degli Spagnoli.
Fernando, Ramiro, e Teutile.

CORO

Al gran genio guerriero

la caduta d'un impero

l'alte glorie

le vittorie

duce invitto ognun ascriva

viva il monarca ispan

Fernando viva.

FERNANDO

Popoli vinti, il cui destin vi porta

nuovo re ad adorar, e nuovi numi.

Con opre, e con costumi

più corretti, e più degni

in avvenir pensate

non meritar de' nuovi dèi li sdegni.

Quel soglio ove m'assido

non è soglio per me. Or che lo prendo

alla Spagna lo cedo, e lo difendo.

CORO

Al gran genio guerriero

la caduta d'un impero

l'alte glorie

le vittorie

duce invitto ognun ascriva

viva il monarca ispan

Fernando viva.

Scena ultima

Motezuma, e Mitrena in disparte, Aspran s'avanza, e detti.

MOTEZUMA

(piano a Mitrena)

Seguimi, e non temer.

MITRENA

Eccomi armata.

ASPRANO

Anch'io sovrano duce

della tua gloria imitator non meno

al soglio del tuo re mi prostro, e giuro

vassallaggio fedel.

MITRENA E MOTEZUMA

Muori spergiuro!

(ad un tempo istesso Motezuma s'avventa contro Fernando, Mitrena contro Ramiro per ucciderli; ma sono trattenuti il primo da Asprano, l'altra da Teutile, che gli levano all'improvviso l'armi)

Insieme

TEUTILE

Madre che fai?... Che nuovo eccesso?

ASPRANO

Signor che fai?... Che nuovo eccesso?

MOTEZUMA

Empio è sempre per noi quel cielo stesso.

TEUTILE

(a Mitrena)

T'accheta.

MITRENA

Infida sorte.

MOTEZUMA

(a Fernando)

Dammi la morte pur.

FERNANDO

L'ire deponi.

MOTEZUMA

Ecco la destra rea, di me disponi.

MITRENA

Me pria crudel castiga

se in me colpa simil trovi, e condanni.

MOTEZUMA

Non raddoppiar gl'affanni

gl'occhi miei riserbando a tanta pena.

FERNANDO

Vivete anime grandi; anzi vi voglio

ambo salvi, ambo amici, ed ambo al soglio.

MITRENA

Come!

MOTEZUMA

Crudel lusinga.

FERNANDO

Al mio sovrano

dipendenza giurate, e non ricuso

voi lasciar nell'impero, e poscia unito

ad imeneo ben degno

Ramiro il mio german lasciarvi in pegno.

MOTEZUMA

Nozze troppo funeste.

RAMIRO

Anzi volute

dall'oracolo vostro; ecco adempito

il suo voler col sacrificio nostro.

ASPRANO

Sacrificio felice!

MOTEZUMA

(Oh gran mistero!)

TEUTILE

Impossibil rassembra.

MITRENA

Eppur è vero.

ASPRANO

(a Motezuma)

Che risolvi?

TEUTILE

(a Mitrena)

Non parli.

MOTEZUMA

(O che tormento!)

MITRENA

(guardando Motezuma)

Io contenta l'approvo.

MOTEZUMA

Anch'io v'assento.

MITRENA

Datevi alme felici

se vostri amor il più sicuro pegno

che la virtude alfin vinse lo sdegno.

MOTEZUMA

Ne' vostri dèi gran verità si scorge

cade il Messico è ver, ma poi risorge.

CORO

Imeneo, che sei d'amori

dolce ardor, nodo immortale

per la coppia alma, e reale

stringi l'alma, e annoda i cori.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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