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Il pirata

IL PIRATA

Melodramma in due atti.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Felice ROMANI.
Musica di Vincenzo BELLINI.

Prima esecuzione: 27 ottobre 1827, Milano.


Personaggi:

ERNESTO duca di Caldora, partigiano della casa d'Angiò

baritono

IMOGENE moglie di Ernesto anticamente amante di Gualtiero

soprano

GUALTIERO già conte di Montalto, e partigiano del re Manfredi, ora fuoruscito e capo de' pirati aragonesi

tenore

ITULBO compagno di Gualtiero

tenore

Goffredo, tutore un tempo di Gualtiero, ora SOLITARIO

basso

ADELE damigella di Imogene

soprano


Cori e comparse: Pescatori, Pescatrici, Pirati, Cavalieri, Dame e Damigelle.

La scena è in Sicilia; nel castello di Caldora, e nelle vicinanze. L'azione è del 13º secolo.

Avvertimento

Il duca Ernesto di Caldera, potentissimo signore siciliano, amava perdutamente la bella Imogene, e la desiderava in isposa; ma il cuore di lei era prevenuto per Gualtiero, conte di Montalto. Il duca di Caldera per vendicarsi del preferito rivale, che col vecchio padre d'Imogene seguiva le parti di Manfredi, si pose a favorire i disegni di Carlo d'Angiò e tanto fece, che, spento Manfredi, il partito angioino trionfò in Sicilia, e Gualtiero, vinto in battaglia, fu perseguitato e proscritto.

Fuggì questi in Aragona; il cui re, nemico degli angioini, pretendeva al dominio della Sicilia; ma non rinvenne in quel regno la protezione ch'egli sperava. Altro partito non gli rimase per danneggiare i suoi nemici, che quello di armare una squadra di pirati aragonesi, coi quali corseggiando per ben dieci anni, fece aspra guerra agli angioini, sperando sempre di poter vendicarsi, e di ricuperare l'amante. Ma questa era per esso perduta, poiché il duca di Caldora avea fatto prigioniero il vecchio padre d'Imogene, e costretta la misera a comprare la di lui vita col dono della sua mano.

L'ardimento dei Pirati giunse a tale, che Carlo d'Angiò spedir dovette contro di loro tutte le forze della Sicilia, affidandone il comando al duca di Caldora. Scontraronsi le due squadre sull'acque di Messina; e dopo un lungo combattimento, Gualtiero fu vinto, e obbligato a fuggire con un solo vascello. Sopraggiunto quindi da una burrasca, fu gittato sulle coste della Sicilia, non lungi da Caldora, ov'egra ed afflitta languiva l'infelice Imogene.

A questo punto comincia l'azione. Quel che poscia avvenisse, si vedrà nel melodramma. L'autore ha cercato di esser più chiaro che per lui si poteva; se non vi è riuscito, se ne incolpi la necessità di esser breve.

Atto primo

[Sinfonia]

Scena prima

Spiaggia di mare in vicinanza di Caldora.
Sul dinanzi della scena si vede un antico monastero, ricetto di un Solitario.
All'alzar del sipario è già cominciata un'orrenda tempesta. Vedesi una nave in grave pericolo, sbattuta qua e là dai venti e dai flutti. La riva e gli scogli sono pieni di Pescatori, che si sforzano di soccorrere i miseri, vicini a naufragare. Il Solitario gli incoraggisce. A poco a poco tutto il luogo si copre di Popolo. La tempesta è al suo colmo.

[N. 1 - Introduzione]

DONNE

Ciel! qual procella orribile

terra sconvolge, e mar!

I miseri a salvar

vana è ogni cura.

SOLITARIO

Non disperate, o figli,

non son perduti ancor:

v'ha un nume protettor

della sventura.

UOMINI

(dagli scogli)

Urta la nave...

DONNE

Ahi! miseri!

UOMINI

Pere ciascun...

DONNE

Che orror!

SOLITARIO

Lassi! preghiam per lor.

Preghiamo amici.

TUTTI

Nume, che imperi ai turbini,

che affreni i venti; il mar,

deh! non abbandonar

quegl'infelici.

UOMINI

Lo schifo, lo schifo. ~ Coraggio! costanza!

Al vento resiste... s'inoltra, si avanza...

evita gli scogli... contrasta coll'onde...

si appressa alle sponde... più rischio non v'ha.

SOLITARIO E DONNE

Al nume clemente ~ sien grazie rendute

di loro salute ~ di tanta bontà.

TUTTI

Notizia del caso ~ si rechi a Caldora.

Accorra al riparo ~ la nobil signora.

Ospizio conforto ~ nel proprio castello

ai lassi stranieri ~ cortese darà.

Un giorno felice ~ estima sol quello,

che puote dar prova ~ di nuova pietà.

Scena seconda

I Cori partono frettolosi; intanto vengono dalle rive i Naufraghi salvati dai Pescatori.
Gualtiero sostenuto da Itulbo è in mezzo a loro. Il Solitario accorre ad essi con sommo interessamento.

[N. 2 - Recitativo e cavatina]

Recitativo

GUALTIERO

Io vivo ancor! A me nemici io trovo

fin gli elementi.

SOLITARIO

Oh ciel! qual voce!

ITULBO

Ah! taci;

frenati per pietà... tradir ti vuoi?

GUALTIERO

In qual lido giungemmo? Ove siam noi?

SOLITARIO

(Ah! è desso!) In seno amico,

sventurato, sei tu.

GUALTIERO

Quai detti!

ITULBO

(Io tremo!)

SOLITARIO

Ah! Gualtiero!

GUALTIERO

Goffredo!

SOLITARIO

Al sen ti premo.

GUALTIERO

Oh! mio secondo padre,

mio saggio istitutor, tu in queste spoglie?

In sì povero tetto?

SOLITARIO

Ah! te perduto,

ogni bene io perdei... qui tristo, e solo

a pianger vivo la tua morta fama,

la tua vergogna, e la tua casa in fondo.

E tu?...

GUALTIERO

Di mia vendetta ho pieno il mondo...

ma indarno. Il vile Ernesto,

il mio persecutor, vive, ed esulta

dell'ingiusto mio bando, e di mie pene...

ma dì... che fa Imogene?

Mi è fida ancora? E d'ogni nodo è sciolta?

SOLITARIO

Lasso! e pur pensi?...

GUALTIERO

A lei soltanto... ascolta.

Cavatina

Nel furor delle tempeste,

nelle stragi del pirata,

quella immagine adorata

si presenta al mio pensier,

come un angelo celeste,

di virtude consiglier.

Piango allora in mezzo all'ira,

pace ai vinti allor concedo,

e onorato ancor mi credo

capitano e cavalier...

Se Imogene non m'inspira,

sono un mostro, un masnadier.

SOLITARIO

Infelice! ed or che speri?

GUALTIERO

Nulla io spero... ed amo, e peno.

Ma l'orror de' miei pensieri

questo amor disgombra almeno.

Egli è un raggio, che risplende

nelle tenebre del cor.

La mia vita omai dipende

da Imogene, dall'amor.

Scena terza

Pescatori, che ritornano, e detti.

[N. 3 - Coro]

CORO

Del disastro di questi infelici

per noi conscia la nobil signora,

ella stessa ne vien da Caldora

le pietose tue cure a partir.

SOLITARIO

(Oh! periglio! ti affretta a seguirmi.

Sei perduto, se a lei non ti ascondi.)

GUALTIERO

Sì mutato chi mai può scoprirmi?

SOLITARIO

Ella al certo.

GUALTIERO

Chi è dessa?... rispondi.

SOLITARIO

Deh! no 'l chiedere.

GUALTIERO

Come? che dici?

SOLITARIO

Ti fia noto: or ti è d'uopo fuggir.

SOLITARIO E ITULBO

Vieni, fuggi... tu sei fra nemici.

GUALTIERO

Né poss'io disfidarli, e morir!

Per te di vane lagrime

mi nutro ancor, mio bene:

speranza mi fa vivere

di possederti ancor.

Se questo avessi a perdere

conforto in tante pene,

ah! non potrei più reggere,

vorrei la morte allor.

Insieme

SOLITARIO E ITULBO

Deh! taci, incauto, e frenati;

non dar di te sospetto:

mill'occhi in te si affissano,

ti svela il tuo furor.

CORO

(in disparte)

Donde sì cupi gemiti?

Perché sì tristo aspetto?

Quella, che tanto l'agita,

è smania, e non dolor.

(il Solitario conduce Gualtiero nella sua abitazione. Indi ritorna ad Itulbo)

Scena quarta

Solitario, Itulbo e Pirati.

SOLITARIO

Alla pietosa donna

itene incontro voi.

(partono i pescatori)

(Itulbo ritorna; il Solitario lo prende in disparte)

Grave periglio

vi minaccia, o stranier. Tutti in Caldora

per legge antica aver dovete albergo

un giorno almeno, e di Caldora il duca

è di Gualtiero il più crudel nemico.

ITULBO

Tutte dell'odio antico

mi son palesi assai

le rie ragioni.

SOLITARIO

Ah! la più ria non sai.

Estinto il re Manfredi,

e Carlo vincitor, fuggì proscritto

l'infelice Gualtier, lasciando in preda

al fiero Ernesto e all'angioine squadre

la cara amante, e dell'amante il padre.

ITULBO

Ah! delle sue sventure

fu questa la peggior.

SOLITARIO

Restò Imogene

d'ogni soccorso priva, all'ire esposta

del signor di Caldora. Ogni sua speme

era posta in Gualtiero, e ai patrii lidi

ella fidava di vederlo un giorno.

Ma corse fama intorno

che gloria, onor, dover posti in non cale,

condottier di pirati aragonesi

era fatto Gualtier... Deserta allora,

perduta ogni speranza...

ITULBO

Prosegui...

SOLITARIO

Ah! la duchessa a noi si avanza.

A lei Gualtier si asconda.

Io corro a lui... Tu cauto parla, e pensa

che ogni sospetto esser potria funesto.

ITULBO

In me riposa... (Ah! qual cimento è questo!)

(il Solitario rientra nell'abitazione)

Scena quinta

Imogene, Adele, Damigelle e detti.
Tutti le vanno incontro.

[N. 4 - Recitativo e cavatina]

Recitativo

IMOGENE

Sorgete: è in me dover quella pietade,

che al soccorso m'invia degli stranieri,

che qui tragge a posar caso o tempesta:

antica legge di Caldora è questa.

Chi siete, o sventurati?

Donde scioglieste?

ITULBO

La regal Messina

lasciammo ieri; ed a Palermo vôlte

eran le nostre vele.

IMOGENE

A Palermo! Ah! solcaste un mar crudele.

Campo d'orribil guerra,

o stranieri, è quel mar.

ITULBO

(Cielo!)

IMOGENE

Vi occorse

di quei pirati alcun?

ITULBO

Essi fur vinti,

spersi... distrutti...

IMOGENE

E il duce lor?

ITULBO

Il duce?

(Qual mai richiesta?) È forse in ceppi, o spento.

IMOGENE

Spento!...

ADELE

Ah! che fai? ti frena.

(allontanandola dai pirati)

IMOGENE

(Oh! mio spavento!)

(ad un cenno d'Adele i pirati si discostano. Imogene prende Adele in disparte)

Cavatina

Lo sognai ferito, esangue,

in deserta, ignuda, riva...

tutta intrisa del suo sangue,

da miei gridi il ciel feriva...

Né una voce rispondea;

l'aura istessa, il mar tacea:

era sorda la natura

al mio pianto, al mio dolor.

Insieme

ADELE

(Cessa... deh!... scacciar procura

queste immagini d'orror.)

CORO

(Ella geme: ignota cura

l'infelice affligge ognor.)

IMOGENE

Quando a un tratto il mio consorte

mi si affaccia irato e bieco.

Io, mi grida, il trassi a morte,

e mi afferra, e tragge seco...

muta, oppressa, sbigottita,

lunge, lunge io son rapita...

e mi seguita sui venti

un sospir di lui che muor...

quel sospiro io sento ancor.

ADELE

Vane larve tu paventi:

calma, incauta, il tuo terror.

ITULBO

(Che intendea con quegli accenti?

Qual sospetto io sento in cor!)

IMOGENE

Questo sogno o mia fedele,

avverato appien comprendo.

GUALTIERO

Cielo! è dessa!

(si presenta dall'abitazione del Solitario; ma questi lo ritira e lo astringe a rientrare)

IMOGENE

Oh dio! che intendo?...

Qual mai gemito suonò!

ITULBO

Egli è un naufrago dolente...

egro, misero, demente...

cui fortuna, e il mar crudele

d'ogni bene dispogliò...

IMOGENE

Si soccorra... (Oh cara Adele!

Qual tumulto in me destò!)

Sventurata, anch'io deliro,

tutta assorta in vano affetto:

io ti vedo in ogni oggetto,

o tormento del mio cor!

Ah! sarai, finch'io respiro,

al pensiero, al cor presente:

ah! cagione eternamente

tu sarai del mio dolor.

SOLITARIO, ADELE E CORO

Al castel tranquilla riedi;

gli stranieri aita avranno.

Tu lo vedi; il loro affanno

troppo affligge il tuo bel cor.

(Imogene parte col séguito)

Scena sesta

Loggia nel castello di Caldora, che mette ai giardini. È notte.
Entrano i Pirati bevendo e abbandonandosi alla disordinata loro gioia.
Sopraggiunge quindi Itulbo a frenarli.

[N. 5 - Coro di pirati]

PIRATI

Viva! viva!... Chi risponde?

Ripetiamo... Viva! viva!...

(porgono l'orecchio: l'eco ripete gli evviva)

Egli è il vento... il suon dell'onde

che si frangon sulla riva...

alla gioia de' pirati

prende parte e terra, e mar.

Zitto, zitto, sconsigliati,

non ci stiamo a palesar.

Ascoltate... alcun s'appressa.

Egli è Itulbo...

(vanno incontro a lui, e tumultuosamente gli offrono da bere)

Prendi... senti...

ITULBO

Si avvicina la duchessa;

separatevi, imprudenti.

CORO

La duchessa!

ITULBO

Guai se viene

chi noi siamo a sospettar!

CORO

Guai, sì, guai! tacer conviene:

bever tosto, e lungi andar.

Versa... tocca... presto... presto...

ITULBO

Piano amici...

CORO

Un solo evviva.

Chi risponde... Il vento è questo...

l'onda infranta in sulla riva...

Alla gioia de' pirati

prende parte e terra, e mar.

ITULBO

Sconsigliati!

CORO

Allegri, allegri!

La bottiglia ci rintegri

di cotanto faticar.

(si ritirano, e a poco a poco le loro voci si perdono in lontananza)

Scena settima

Imogene, e Adele.

[N. 6 - Recitativo e duetto]

Recitativo

IMOGENE

Ebben?

(incontrandola)

ADELE

Verrà. Lungi da' suoi, sepolto

in profondi pensieri, io lo rinvenni,

e il tuo desir gli esposi.

IMOGENE

Ed ei ti disse?

ADELE

Nulla. In me gli occhi affisse

muto, perplesso; indi sull'orme mie

mosse tacito sempre, e a passo lento.

IMOGENE

Vanne, e veglia qui presso ad ogni evento.

(Adele parte)

Scena ottava

Imogene, indi Gualtiero.

Duetto

IMOGENE

Perché cotanta io prendo

d'uno stranier pietà? Mesto sul cuore

tuttor mi suona il gemer suo dolente. ~

Eccolo. ~ Oh! come io tremo a lui presente!

(Gualtiero giunge in fondo al teatro a passi lenti, e resta ravvolto nel suo mantello senza guardare Imogene)

IMOGENE

Stranier... la tua tristezza

nella gioia de' tuoi, prova mi è certa,

che a te fortuna fu più cruda assai...

Parla... ti avrebbe mai

tutto rapito il mar? Poss'io con l'oro?...

GUALTIERO

Nulla... il mondo per me non ha tesoro.

IMOGENE

Intendo... Hai tu nell'onde

perduto forse un adorato oggetto,

un congiunto, un amico!... Ah! non poss'io

consolarti, o stranier... Io stessa, io stessa

inconsolabil vivo.

GUALTIERO

È ver, d'ogni conforto il ciel m'ha privo

sono orrendi i miei mali...

IMOGENE

Eppur sollievo

sperar puoi di tua famiglia in seno,

nel patrio suol...

GUALTIERO

Io!... son deserto in terra:

famiglia, e patria empio destin mi ha tolto.

IMOGENE

(Si accresce il mio terror, se più l'ascolto.)

Poiché d'alcuna aita

giovarti non mi lice, addio... Se un giorno

fia che ti tragga degli altari al piede

il tuo dolor, prega per me, che sono

più di te sventurata.

(per partire)

GUALTIERO

(appressandosi con violenza)

Odimi... arresta...

invan ricusi... a me fuggir non puoi.

IMOGENE

Fuggirti non poss'io?... Chi sei? che vuoi?

GUALTIERO

Ch'io parli ancor? Voce suonava un giorno

che ognun potea scordar senza delitto,

fuor che tu sola...

IMOGENE

Oh! chi sei tu? favella...

rispondi per pietà...

GUALTIERO

Può la sventura

mutar di travagliato esule il volto

ad ogni sguardo, non a quel d'amante,

nel di cui seno è impresso.

(si scopre)

IMOGENE

Giusto cielo!...

GUALTIERO

Ah! Imogene!

IMOGENE

È desso! è desso!

(si abbandona tremante nelle sue braccia, indi se ne allontana sbigottita)

Tu sciagurato! Ah! fuggi...

questa d'Ernesto è corte.

GUALTIERO

Lo so... ma tu distruggi

dubbio peggior di morte.

Qui dove impera Ernesto

come sei tu? perché?

IMOGENE

Nodo fatal, funesto,

a me l'unisce...

GUALTIERO

Ah te!

No, non è ver: no 'l credo...

no, non mi fosti tolta.

IMOGENE

Misera me!

GUALTIERO

Che vedo?

Piangi? Oh! furor!

IMOGENE

Mi ascolta.

Il genitor cadente,

in ria prigion languente,

perìa se al duca unirmi

io ricusava ancor...

GUALTIERO

Empia!... così tradirmi!

IMOGENE

Periva il genitor.

Insieme

GUALTIERO

Pietosa al padre! e meco

eri sì cruda intanto!

Ed io deluso, e cieco

vivea per te soltanto!

Mille soffria tormenti,

l'onde sfidava, i venti,

sol per vederti in seno

del mio persecutor!

Perfida! Hai colmo appieno

de' mali miei l'orror.

IMOGENE

Ah! tu d'un padre antico

tu non tremasti accanto:

scudo al pugnal nemico

ei non avea che il pianto...

I lunghi suoi tormenti

non furo a te presenti,

non lo vedesti pieno

d'affanno e di squallor...

Non maledirmi almeno;

ti basti il mio dolor.

IMOGENE

Alcun s'appressa... Ah! lasciami,

guai se tu fossi udito!

GUALTIERO

Or che tu m'hai tradito,

nessun tremar mi fa.

(escono le damigelle di Imogene col figlio suo. Essa lo vede, e grida atterrita)

IMOGENE

Ah! figlio mio!

GUALTIERO

(percosso)

Che ascolto?

Scostati...

(afferra il fanciullo e ne allontana Imogene)

IMOGENE

(spaventata)

Oh ciel!

GUALTIERO

(contemplandolo fremente)

Qual volto!

Figlio è d'Ernesto...

(la sua mano si arresta sul pugnale)

IMOGENE

Ah! è mio...

È figlio mio... pietà!

(al grido d'Imogene, Gualtiero si arresta perplesso, indi commosso le restituisce il figlio)

Insieme

GUALTIERO

Bagnato dalle lagrime

d'un cor per te straziato,

lo rendo alle tue braccia,

lo dono al tuo dolor.

Ti resti per memoria

d'un nodo sciagurato;

eterno sia rimprovero

del mio tradito amor.

IMOGENE

Non è la tua bell'anima,

non è, Gualtier, cambiata...

in queste dolci lagrime

io la ritrovo ancor.

Deh! fa che pegno scorrano

ch'io moro perdonata...

sian dono amaro ed ultimo

d'un infelice amor.

(Gualtiero si scioglie da lei, e rapidamente si allontana)

Scena nona

Imogene e Damigelle, indi Adele.

[N. 7 - Recitativo, coro e aria]

Recitativo

IMOGENE

Grazie, pietoso ciel! grazie ti rende

il materno mio cor.

(abbraccia il fanciullo, indi lo rende alle damigelle)

Ite... vegliate

sull'innocente, e non ardisca alcuna,

se pur cara le sono,

rammentar quel che vide.

(le damigelle partono col fanciullo: odesi musica guerriera)

Ahimè! qual suono?

Che rechi, Adele?

ADELE

Inaspettato arriva

il duca vincitor.

IMOGENE

Egli!... gran dio!

In qual momento ei giunge!

ADELE

Il popol vola

incontro al suo signor, e di festiva

e lieta pompa già Caldora splende.

Vieni: te sola attende

il nobile corteggio.

IMOGENE

Andiamo. Ah! questo

d'ogni fiero mio caso è il più funesto!

(partono)

Scena decima

Esterno del Palazzo di Caldora, illuminato.
Marcia militare; applauso de' Cavalieri; indi Ernesto.

Coro marcia

CORO DI GUERRIERI

Più temuto, più splendido nome

del possente signor di Caldora

non intese Sicilia finora

della fama sui vanni volar.

La fortuna gli porse le chiome,

la vittoria seguì le sue vele;

sallo appieno il pirata crudele,

che la possa ne ardiva sfidar.

In un giorno le squadre fur dome,

che dell'onde usurpavan l'impero;

in un giorno fu vinto Gualtiero,

in un giorno fu libero il mar.

Più temuto, più splendido nome

non si udì per Sicilia echeggiar.

Aria

ERNESTO

Sì, vincemmo, e il pregio io sento

di sì nobile vittoria;

ma che vostra è la mia gloria

cavalieri, io sento ancor.

Se divisi nel cimento

fur gli affanni e le fatiche,

dividete in mura amiche

la mia gioia, il mio splendor.

CORO

Come in guerra invitto e audace,

sei cortese e umano in pace;

la bontade nel tuo cuore

va del pari col valor.

ERNESTO

(Nel sangue nemico,

mi tinsi furente,

ma l'anima ardente

saziarsi non può.

Tu vivi, o Gualtiero,

tu fuggi impunito,

quel sangue aborrito

versato non ho.)

Scena undicesima

Imogene, Adele, Damigelle, e detti.
Ernesto va incontro ad Imogene.

[N. 8 - Recitativo]

ERNESTO

Mi abbraccia, o donna... Che vegg'io? dimessa,

afflitta tanto troveranno i prodi

la consorte del duce? Al mio trionfo

tal prendi parte?

IMOGENE

Di vederti illeso

mi allegro io solo; altro non lice ad egra

languente donna, ed a qual punto il sai.

ERNESTO

Tristo è il tuo stato; e mi è palese assai.

Ma volto in meglio ei fia, ché a te por mente

quindi io potrò... né più lasciarti io spero.

Il traditor Gualtiero

fugge sconfitto, né che più risorga

a nuova guerra, e ancor mi sfidi, io temo.

IMOGENE

(E s'ei giungesse? Oh mio terrore estremo!)

ERNESTO

Ma dì: qual sei pietosa.

Desti a' naufraghi asilo?

IMOGENE

(Oh! ciel!)

ERNESTO

Contezza

dell'esser loro hai certa?

IMOGENE

Agl'infelici

dar pria soccorso, e interrogarli poscia

fu il mio pensier.

ERNESTO

A me dinanzi io quindi

il duce loro appello,

col Solitario, che dal mar fremente

li ricettò primiero.

Eccoli.

Scena dodicesima

Solitario, Gualtiero, Itulbo, Pirati e detti.

(si fermano in fondo)

IMOGENE

(Aita, o cielo!)

SOLITARIO

(piano a Gualtiero)

Ardir, Gualtiero.

(si avanza)

Degli stranieri accolti

nell'ospital tua terra, eccoti innanzi,

signore, il condottier.

ERNESTO

A me si appressi.

E sincero risponda.

(Gualtiero vorrebbe presentarsi, ed è prevenuto da Itulbo)

ITULBO

Eccomi.

IMOGENE

(Il suo disegno, o ciel, seconda.)

(Gualtiero rimane confuso fra i pirati; Ernesto osserva attentamente Itulbo)

ERNESTO

All'accento, al manto, all'armi

tu non sei di questi lidi.

GUALTIERO

(Oh furor! e ho da frenarmi?)

ITULBO

In Liguria il giorno io vidi.

ERNESTO

E tu sei?

IMOGENE

Di quello stato

capitano venturier.

ERNESTO

Quelle terre asilo han dato

a un fellone, al vil Gualtier.

GUALTIERO

Vile!

SOLITARIO

Ah! taci sconsigliato!

ITULBO

Là si accoglie ogni stranier.

ERNESTO

Ma soccorso ei vi rinviene

di navigli e di corsari...

Mi è sospetto ognun, che viene

da quei lidi, e da quei mari...

Finché meglio a me dimostro

non è il nome, e l'esser vostro,

in Caldora resterete

rispettati prigionier.

ITULBO

(Prigionieri!)

IMOGENE

(Ahimè!)

SOLITARIO

(Ti frena.)

ITULBO

Cruda legge, o duca, imponi.

(a Imogene)

Tu che sai la nostra pena,

nobil donna, t'interponi.

IMOGENE

Ah! signor... così inclemente

non ti trovi amica gente.

Da fortuna afflitti, oppressi,

infelici assai son essi;

il ritorno ai patri lidi

ai dolenti non negar.

GUALTIERO

Traditor!

SOLITARIO

Deh! taci!

ERNESTO

(dopo aver pensato)

Il vuoi?

Partan dunque al nuovo albore.

ITULBO

Generosa!... a' piedi tuoi

rendiam grazie del favore.

(tutti i pirati si prostrano ad Imogene. Gualtiero con essi)

GUALTIERO

Imogene!... un solo accento...

IMOGENE

Sorgi... oh!... dio!... non ti svelar!

(Italbo e il Solitario si volgono ad Ernesto: e egli parla sottovoce ai cavalieri. Gualtiero sorge fra i pirati e parla furtivamente ad Imogene)

[N. 9 - Quintetto]

Tutti.

Insieme

GUALTIERO

Parlarti ancor per poco,

pria di partir, pretendo...

in solitario loco,

qual più tu vuoi, t'attendo...

se tu ricusi... trema...

per te, per lui, pe 'l figlio...

notte per tutti estrema

questa, o crudel, sarà.

IMOGENE

Scostati... oh! dio! te 'l chiedo,

l'impongo a te piangendo...

l'ultimo mio congedo

abbi in tal punto orrendo.

Non ti ostinar... ti prema

del tuo mortal periglio...

della mia pena estrema,

del mio terror pietà.

Insieme

ERNESTO

Io volgo in cor sospetti,

ch'io stesso non comprendo:

all'opre loro, ai detti

giovi vegliar fingendo...

ITULBO E SOLITARIO

Osserva... ah! tutto ancora

il mio timor riprendo...

lo sconsigliato ignora

il suo periglio orrendo...

Insieme

ERNESTO E CAVALIERI

Quieti esplorar ci prema

se approdi alcun naviglio:

se v'ha cagion di tema

l'acciar li preverrà.

ITULBO, SOLITARIO, ADELE E DAMIGELLE

A questa prova estrema

reggiam con fermo ciglio:

si asconda altrui la tema,

che palpitar ci fa.

[N. 10 - Finale]

GUALTIERO

Ebben, cominci, o barbara,

la mia vendetta.

(si muove furibondo verso d'Ernesto)

IMOGENE

(con un grido)

Ah!... io moro.

(s'abbandona fra le braccia delle sue damigelle)

ERNESTO

(volgendosi)

Che avvenne?

(accorrendo da lei)

ITULBO E SOLITARIO

(a Gualtiero allontanandolo)

Insano! scostati.

GUALTIERO

(Oh! qual furor divoro!)

ERNESTO

Donde sì strano e subito

dolore in lei! perché?

DAMIGELLE

Egra, languente, e debole

più dell'usato forse,

tal non dovea l'improvvida

al ciel notturno esporse...

ERNESTO

Alle sue stanze traggasi.

DAMIGELLE

Vedi: ritorna in sé.

(Imogene si scuote... cerca sbigottita Gualtiero e veggendolo in distanza fra i suoi prorompe in un grido)

Tutti.

Insieme

IMOGENE

Ah! partiamo: i miei tormenti

sian celati ad ogni sguardo.

Tremo, avvampo... gelo ed ardo...

gonfio in sen mi scoppia il cor.

ERNESTO

Imogene! (Quali accenti!)

Qual delirio in lei si desta?

Pena, ambascia non è questa,

ma trasporto, ma furor.

CAVALIERI

Infelice! (Quali accenti!)

Qual delirio in lei si desta?

Pena, ambascia non è questa,

ma trasporto, ma furor.

GUALTIERO

Raffrenar mie furie ardenti

la ragione invan si attenta;

all'acciar la man si avventa,

alla strage anela il cor.

ITULBO E SOLITARIO

Vieni, fuggi, omai cimenti

co' la tua la nostra vita...

Deh! risparmia la smarrita;

ella more di terror.

DAMIGELLE

Ah! signor, sì strani accenti

tu condona a donna oppressa...

(Per pietade di te stessa

vieni, ascondi il tuo dolor!)

Imogene è tratta altrove dalle sue Damigelle. Gualtiero da Itulbo e dal Solitario è trascinato fuori. Ernesto, in mezzo ai suoi Cavalieri, rimane assorto in gravi pensieri.

Cala il sipario.

Atto secondo
Scena prima

Sala che mette alle stanze d'Imogene.
Coro di Damigelle, indi Adele.

[N. 11 - Coro d'introduzione]

DAMIGELLE

Che rechi tu? non cessa

ella dal pianto ancora?

ADELE

Meno agitata e oppressa,

sonno cercar sembrò.

Itene voi per ora;

qui sola io veglierò.

TUTTE

Prolunghi il ciel pietoso

il breve suo riposo:

pace per lei sia questa,

che desta ~ aver non può.

(le damigelle si ritirano)

Scena seconda

Adele e Imogene.

[N. 12 - Recitativo e duetto]

Recitativo

ADELE

Vieni; siam sole alfin... nell'atrio estremo

scender potrem non viste.

IMOGENE

(per partire, indi reggendosi appena)

Ah! no, non posso.

È da terror percosso,

sbigottito è il mio cor.

ADELE

Gualtier non parte,

se te non vede... ei me 'l giurò pur ora.

E vicina, tu il vedi, è ormai l'aurora.

IMOGENE

Funesto passo è questo,

spaventoso, me 'l credi... eppur mi è forza

compirlo, e prevenir colpa maggiore.

Andiam... Ma qual rumore!

Alcun s'appressa.

ADELE

A queste soglie! in questa

ora sì tarda!... Ah! fuggi, è il duca.

Scena terza

Ernesto e dette.

ERNESTO

(ad Imogene che vuol ritirarsi)

Arresta:

(ad un cenno d'Ernesto Adele parte)

ognor mi fuggi!... Omai venuto è il tempo

ch'io mi ti ponga al fianco, e squarci il velo

di cui ti copri del tuo sposo al guardo.

Morbo accusar bugiardo

più del tuo duol non vale... egro è il tuo cuore,

il tuo cor solo.

IMOGENE

Ah! sì d'affanno ei muore.

Lontana, il sai, profonda

e inesauribil fonte

hanno i miei mali. Una famiglia oppressa,

un genitor estinto...

ERNESTO

(interrompendola)

E un nodo, aggiungi,

un detestato nodo, e il non mai spento

pe 'l tuo Gualtiero amor...

IMOGENE

Oh ciel! che sento?

Che mai rimembri? Ahi crudo!

Ti basti ch'io son tua, che madre io sono

del figlio tuo; né ritentar mia piaga...

ch'ella gema in segreto almen t'appaga.

Duetto

ERNESTO

Tu mi apristi in cor ferita

della tua più sanguinosa

empia madre e iniqua sposa,

mal tu celi un cieco amor.

IMOGENE

Quando al padre io fui rapita

questo amor non era arcano:

tu volesti la mia mano,

né curasti avere il cuor.

ERNESTO

Oh furore! E il vil Gualtiero

ami dunque... ed io t'ascolto!

L'ami? parla...

IMOGENE

(con somma espressione sempre crescendo)

Io l'amo, è vero;

ma qual s'ama un uom sepolto;

ma d'amor che non ha speme,

che desio, che ben non ha:

col mio cuor si strugge insieme,

col mio cuore insiem morrà.

Insieme

ERNESTO

Ah! lo veggo; per sempre mi è tolta

ogni speme di un tenero affetto:

non mi resta che il tristo diletto

di straziar chi dolente mi fa.

IMOGENE

Ah! Lo sento: fra poco disciolta

fia quest'alma dal fragil suo velo;

e trovar le fia dato nel cielo

quel riposo che in terra non ha.

Scena quarta

Si presenta un Cavaliere, che consegna un foglio ad Ernesto.

ERNESTO

Che rechi?

IMOGENE

(Ahimè! che fia?)

ERNESTO

(leggendo)

Gualtiero in queste sponde!

IMOGENE

Ciel!

ERNESTO

Nella corte mia

il malfattor s'asconde!

IMOGENE

Ah! no 'l pensar...

ERNESTO

Oh! rabbia!

La sposa a lui parlò.

Empia! che in mano io l'abbia...

Parla... dov'è?

IMOGENE

No 'l so.

ERNESTO

Io... io... lo rinverrò.

Insieme

IMOGENE

Ah! fuggi, spietato,

l'incontro fatale:

ignudo il pugnale

sul capo ti sta.

Di sangue assetato

già scende... già piomba;

ah! teco alla tomba

il figlio trarrà.

ERNESTO

Al giusto suo fato

un nume lo guida;

che più ci divida

barriera non v'ha.

Trafitto, svenato

già cade, già langue...

col vile suo sangue

il tuo scorrerà.

(Ernesto si scioglie furiosamente da Imogene; essa lo segue smarrita)

Scena quinta

Loggia nel castello di Caldora come nell'atto primo. L'alba è vicina. Gualtiero ed Itulbo.

[N. 13 - Scena e terzetto]

GUALTIERO

Lasciami: forza umana

non può mutar mia voglia.

ITULBO

A morte esponi

te stesso, e i tuoi, se indugi ancor, se fugge

l'ora prefissa dal feroce Ernesto.

GUALTIERO

Io no 'l pavento: alla vendetta io resto.

Ella sarà tremenda,

se ricusa Imogene udir l'estrema

proposta mia... non replicar. Stian pronti

i nostri fidi al cenno: a caro prezzo,

se mi seconda Itulbo,

venderem nostre vite a quel superbo.

ITULBO

La mia risposta io serbo

all'ora del cimento.

GUALTIERO

Odo di passi

incerto calpestio,

è dessa, è dessa... omai ti scosta.

ITULBO

Addio.

(parte)

Scena sesta

Imogene e Gualtiero.

IMOGENE

Eccomi a te, Gualtiero,

l'ultima volta a te... Sian brevi i detti,

poiché scoperto sei.

Parla: che brami?

GUALTIERO

Ormai saper te 'l déi.

Mi cerca Ernesto... offrirmi

a lui degg'io... pronto è l'acciar... io vibro,

se non mi segui.

IMOGENE

Oh! che di' tu?

GUALTIERO

Due navi

mi raggiunser de' miei... pugnar poss'io;

pur vo' fuggir... ti ama il crudele: ei provi

di perderti l'affanno.

IMOGENE

Ah! no: giammai...

Son rea, Gualtiero, ed infelice assai.

Parti.

GUALTIERO

Non lo sperar. Il mio destino

qui m'incatena: qui vendetta o morte

avrò fra poco.

IMOGENE

E speri tu?

GUALTIERO

L'ignoro.

Altro non so, che di te privo io moro.

Terzetto

(Imogene vorria rispondere, e piange. Gualtiero è intenerito)

Vieni: cerchiam pei mari

al nostro duol conforto.

Per noi tranquillo un porto

l'ampio oceàno avrà.

IMOGENE

Taci: rimorsi amari

ci seguirian per l'onda:

lido che a lor ci asconda

l'immenso mar non ha.

GUALTIERO

Crudele! e vuoi?...

IMOGENE

Correggere

l'error, di cui siam rei.

GUALTIERO

E deggio dunque?

IMOGENE

Vivere,

e perdonar tu déi.

GUALTIERO

Oh! legge amara e barbara!

IMOGENE

Ma giusta... addio, Gualtier.

Scena settima

Ernesto in fondo alla scena, e detti.

ERNESTO

(Gualtiero!... è desso.)

GUALTIERO

Ah! sentimi.

ERNESTO

(Oh! gioia! è in mio poter.)

Insieme

GUALTIERO

Cedo al destino orribile,

che d'ogni ben mi priva;

ma comandar ch'io viva,

barbara, non puoi tu.

IMOGENE

Tutto è ad un cor possibile,

quando lo guida onore;

del tuo destin maggiore

ti renderà virtù.

ERNESTO

(Empi! su voi terribile

il mio furor già pende:

più spaventoso ei scende

quando frenato è più.)

IMOGENE

Parti alfine: il tempo vola.

GUALTIERO

Ah! un addio.

ERNESTO

(avanzandosi)

L'estremo ei sia.

IMOGENE

Cielo!

GUALTIERO

(arretrandosi)

Ernesto!

IMOGENE

(ponendosi in mezzo)

Ah! va'; t'invola!

ERNESTO

Fuggi invano all'ira mia...

GUALTIERO

Io fuggir! furente, insano,

ti cercai due lustri invano...

né la sete del tuo sangue

per due lustri in me scemò.

Esci meco.

ERNESTO

Sì, ti seguo.

IMOGENE

Ah! pietade!

GUALTIERO E ERNESTO

Sangue io vo'...

Insieme

IMOGENE

Me ferite, me soltanto...

ch'io perisca... io sola, io sola... ~

Ah dal cielo, o sol, t'invola,

nega il giorno a tanto orror.

GUALTIERO E ERNESTO

Ti allontana... è vano il pianto...

sangue io voglio, e fia versato. ~

Sei pur giunto, o dì bramato

di vendetta e di furor!

(partono)

(esce Adele co' le damigelle, Imogene si getta nelle sue braccia)

Scena ottava

Adele, Imogene e Damigelle.

[N. 14 - Recitativo e coro]

Recitativo

ADELE

Sventurata! fa' core...

alle tue stanze riedi... Ella non m'ode;

pallida, fredda, muta. Oh! ciel! rimovi

da queste mura l'infortunio orrendo,

che ne minaccia!

Odesi da lontano strepito, e tumulto di battaglia.

IMOGENE

Ove son io?... Che intendo?

(riscuotendosi)

Cozzar di brandi, e voci,

di tumulto e furor... Ah! ch'io divida,

ch'io disarmi i crudeli!

ADELE

E tu vorresti?...

IMOGENE

Separarli, o perir. ~ Invan mi arresti!

(parte frettolosa; Adele e le damigelle la seguono)

Scena nona

Atrio terreno nel castello: d'ambi i lati passaggi, che mettono alle altre sale: di fronte grandi arcate, oltre le quali vedesi l'esterno; con cascata d'acqua, su cui passa un ponte, che conduce al castello.
Al suono di lugubre marcia i Soldati di Ernesto entrano coll'armi di lui, e ne fanno un trofeo. - Vengono quindi i Cavalieri, tutti afflitti e pensosi, indi Adele e le Damigelle.
Tutti si aggruppano intorno al trofeo.

Coro

CAVALIERI E DAMIGELLE

Lasso! perir così

degli anni suoi sul fior

e per chi mai? per chi?

Per man d'un traditor,

d'un vil pirata!

ADELE E DAMIGELLE

Oh! sciagurato regno,

che perdi il tuo sostegno!

Ma tu, per cui morì,

in sì funesto dì,

più sventurata!

Insieme

CAVALIERI

Vendetta intiera, atroce,

giuriamo ad una voce: ~

è vile; e senza onor

chi non persegue ognor

il rio pirata.

ADELE E DAMIGELLE

Vendetta intiera, atroce,

giurate ad una voce: ~

è vile; e senza onor

chi non persegue ognor

il rio pirata.

(i cavalieri giurano vendetta sull'armi d'Ernesto)

Scena decima

Da una delle gallerie del fondo si avanza Gualtiero ravvolto nel suo manto, in aria cupa e pensoso.

[N. 15 - Scena e aria]

ADELE

Giusto cielo! Gualtier!

CORO

Gualtiero! Ed osi

mostrarti a noi? Pera il fellon...

GUALTIERO

(con voce imponente)

Fermate.

Nessun si appressi. Uomo non v'ha che possa

né spaventar, né disarmar Gualtiero.

Largo al partir sentiero

apersi a' miei seguaci, e all'ira vostra

me volontario espongo.

Vendicatevi alfin: l'acciar depongo.

(getta il ferro)

ADELE

Che sento?

CORO

Oh! insano ardir!

GUALTIERO

La morte attendo

senza tremar.

CORO

La morte? Eppur conviene

che t'oda in prima, e ti condanni il pieno

de' cavalier consiglio.

GUALTIERO

Ebben si aduni,

senza indugiar. Potria fuggirvi ancora

la vittima di mano... ancor possenti

e a tutto osar capaci

io conosco, o guerrieri, i miei seguaci.

(breve silenzio. Gualtiero volge gli occhi d'intorno, ravvisa Adele, e a lei si avvicina commosso)

Aria

Tu vedrai la sventurata

che di pianto oggetto io resi;

le dirai che s'io l'offesi,

pur la seppi vendicar.

Forse un dì con me placata,

alzerà per me preghiera,

e verrà pietosa a sera

sul mio sasso a lagrimar.

Odesi suono di trombe dalla sala del consiglio.

CAVALIERI

Già si aduna il gran consesso;

vieni, e pensa a discolparti.

GUALTIERO

Condannato da me stesso,

io non penso che a morir.

CAVALIERI

Ah! costretti a detestarti,

pur diam lode a tanto ardir.

GUALTIERO

Ma non fia sempre odiata

la mia memoria, io spero;

se fui spietato e fiero,

fui sventurato ancor.

E parlerà la tomba

alle pietose genti

de' lunghi miei tormenti,

del mio tradito amor.

CAVALIERI

Ah! parlerà la tomba

de' tuoi misfatti ancor.

(parte coi cavalieri)

Scena undicesima

Adele e Damigelle.

[N. 16 - Recitativo e finale]

Recitativo

ADELE

Udiste?... È forza, amiche,

compiangere il crudel; gemere è forza

un magnanimo cuor degenerato

per avverso destin... ma chi s'appressa?

La misera Imogene,

assorta in suo dolor...

CORO

Lassa! a che viene?

Scena dodicesima

Imogene, tenendo il figlio per mano, s'inoltra a lenti passi, guardando intorno smarrita.

Ella è delirante.

Scena, aria e finale

IMOGENE

Oh! s'io potessi dissipar le nubi

che mi aggravan la fronte!... è giorno, o sera?

Son io nelle mie case, o son sepolta?

ADELE

Lassa! vaneggia.

IMOGENE

(prendendola in disparte)

Ascolta...

geme l'aura d'intorno... ecco l'ignuda

deserta riva, ecco giacer trafitto

al mio fianco un guerrier... ma non è questo,

non è questo Gualtier... è desso Ernesto.

Ei parla... ei chiama il figlio...

il figlio è salvo... io lo sottrassi ai colpi

dei malfattori... a lui si rechi... il vegga

lo abbracci, e mi perdoni anzi ch'ei mora.

Deh! tu, innocente, tu, per me l'implora!

Col sorriso d'innocenza,

co' lo sguardo dell'amor,

di perdono, di clemenza,

deh! favella al genitor.

Digli, ah! digli che respiri,

che sei libero per me;

che pietoso un guardo ei giri

a chi tanto oprò per te.

Odesi dalla sala del consiglio un lugubre suono.

IMOGENE

Qual suono ferale

echeggia, rimbomba?

Del giorno finale

è questa la tromba!

Udite...

CAVALIERI

(dalle sale)

Il consiglio

condanna Gualtier.

IMOGENE

Gualtiero! oh periglio!...

Egli è prigionier!

Spezzate i suoi nodi,

ch'ei fugga lasciate...

che veggo? ai custodi

in mano lo date...

il palco funesto,

per lui s'innalzò.

Oh, sole! ti vela

di tenebre oscure...

al guardo mi cela

la barbara scure...

ma il sangue già gronda;

ma tutta m'innonda...

d'angoscia, d'affanno,

d'orrore morrò.

ADELE E DAMIGELLE

Ah! vieni: riparati

a stanze più chete:

altrove procurati

conforto, quiete.

(Delira, demente,

consiglio non sente...

al duol, che l'opprime

più regger non può.

(parte correndo: le damigelle la seguono)

Scena tredicesima

Gualtiero in mezzo alle Guardie, e Cavalieri, indi Itulbo e Pirati, per ultimo Imogene co' le sue Damigelle.

CAVALIERI

La tua sentenza udisti,

il tuo destin ti è noto;

ma noi possiam di un voto

farti contento ancor.

Parla che vuoi?

GUALTIERO

Null'altro,

fuor che spedita morte;

incontro alla sua sorte

vola ansioso il cor.

CAVALIERI

Pago sarai... guidatelo

tosto a morir... quai grida!...

Odesi gran tumulto di dentro.

VOCI LONTANE

Viva Gualtier.

CAVALIERI

Ci assalgono

i fidi suoi... si uccida.

Si precipitano da varie parti i Pirati.

ITULBO

Voi soli, voi morrete...

compagni, il difendete...

Si azzuffano e si disviano combattendo; esce Imogene trattenuta dalle sue Damigelle.

IMOGENE

Lasciatemi, lasciatemi,

io vo' saper chi muor.

(Gualtiero attraversa il ponte inseguito da' suoi ecc.)

Gualtiero! Gualtier!...

GUALTIERO

(ai pirati)

Scostatevi,

l'impone il vostro duce.

Una aborrita luce

fuggo così.

(si precipita dal ponte)

(Imogene con un grido sviene nelle braccia delle sue damigelle)

TUTTI

Che orror!

Fine del libretto.

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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima