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Polifemo geloso

POLIFEMO GELOSO

Favoletta da rappresentarsi cantando.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Gabriello CHIABRERA.
Musica di ANONIMO.

Prima esecuzione: anno 1615, Firenze.


Personaggi:

POLIFEMO

sconosciuto

SATIRO

sconosciuto

ACI

sconosciuto

GALATEA

sconosciuto


Coro di Ninfe.

La scena è sulle rive presso il monte Etna.

Argomento

Polifemo innamorato di Galatea, accortosi ch'ella amava Aci, per gelosia si querela, e fa minaccia di vendicarsi.

Atto unico
Scena prima

Polifemo, Satiro, Coro.

POLIFEMO

Vientene, o Galatea,

e qual dolcezza hassi a cercar nell'onda?

Vientene ove ogni fronda

di distinto color smaltano i fiori;

ove olmi ombrosi e viti

ci fanno schermo dagl'estivi ardori:

ove mugghi e nitriti

al dolce sonno altrui non son molesti;

vientene, o Galatea,

e lascia ch'a suo senno il mar tempesti.

SATIRO

Qual rimbombo di canti?

Chi sulle balze d'Etna alza la voce?

È Polifemo atroce;

arso per Galatea forte sospira,

sì come fan gli amanti.

POLIFEMO

Da fulmini celesti

colse via men d'ardore

il fier sotto questa alpe oggi sepolto,

che da' begli occhi tuoi, che 'n me volgesti

dolci da prima, io non raccolsi in core;

o sotto aria gentil d'un nobil volto

nova Cariddi e Scilla!

Deh, solo un dì tranquilla

ferma i rapidi passi al mio lamento,

e fuggi poi come per l'aria il vento.

SATIRO

Come il grande oceano

sazio non è giammai di raccòr fiumi,

sì d'altrui pianto Amor non è mai sazio;

o Polifemo, ti lamenti invano

sovra il tuo duro strazio.

POLIFEMO

Lasso, che far deggio io?

Perduta la speranza, almen piangendo

non porgerò conforto al dolor mio?

SATIRO

Assaltala con preghi;

non è sì duro core

ch'a la fin non si pieghi.

POLIFEMO

Così far mi dispongo;

cercherò la superba fuggitiva,

or presti forza alle mie voci Amore;

andiam per questa riva.

CORO

Fama corse in queste sponde,

che dicea,

come uscendo fuor de l'onde

Galatea

qui fa co' suoi begli occhi il ciel sereno;

e disvelando l'or dei crin lucenti

e la neve del seno

fa tutti i cor contenti.

Or di qui giusta vaghezza

ci consiglia

a mirar l'alta bellezza

di sue ciglia,

fonte nel nostro cor d'almo piacere,

dandoci a divider con certa prova

l'ammirabil potere

che 'n donna si ritrova.

Scena seconda

Aci, Galatea, Coro.

ACI

Dolce del mio cor foco,

che 'n gioco mi rivolge ogni martire,

in me di tua beltà spento il desire

sol mirerassi allora

che 'n occidente apparirà l'aurora.

GALATEA

Dolce del mio cor foco,

che 'n gioco mi rivolgi ogni tormento,

in me di tua bellezza il desir spento

allor potrà mirarsi

che questa onda di mar potrà fermarsi.

CORO

Maggior ben per Amor non si concede,

se dove è gran beltate

non è minor la fede.

ACI

Sparsa la chioma al vento in questi lidi

coglievi fior, che sul mattino apriro,

quando da prima, o Galatea, ti vidi;

ti vidi, e fra diletto e fra martiro

se n'andò la mia vita in un sospiro.

GALATEA

Contra le fere del tuo veltro i morsi

svegliando andavi per li monti etnei

quando la prima volta, Aci, ti scorsi;

ti scorsi, e ciò che fu dir non saprei

de l'alma accesa e degli spirti miei.

CORO

Di questa rimembranza

Amore ordisce i nodi

onde disciorsi il cor non ha possanza.

ACI

Felicissimo Adone,

che per te rimirasti in grave ardore

la figlia di Dione,

statti in riposo e ti si quieti il core,

ch'io preda fatto di più bel disio

di Citerea l'alta bellezza oblio.

GALATEA

E tu, candida luna,

che in braccio all'amator sul Latmio monte

scendi per l'aria bruna,

gelosa nube non ti sieda in fronte,

ch' io posta in foco a meraviglia altiero,

non serbo in cor d'Endimion pensiero.

CORO

Quando Amore

punge un core

ma da giusto desio non lo discioglie,

sua saetta

ci diletta,

e l'impiagato cor non sente doglie.

O possente,

d'arco ardente

saettator ben noto, odi mia voce:

a mia vita

dà ferita

ma che non sia di stral troppo feroce.

Scena terza

Polifemo, Coro.

POLIFEMO

Deh, dove son fuggiti,

deh, dove son spariti

gli occhi, de' quali a' rai

io son cenere omai?

Aure, ch'errate in questa parte e 'n quella

deh, recate novella

de l'alma luce loro,

aure, ch'io me ne moro.

CORO

Ecco di Galatea l'orrido amante;

procuriam che cantando

egli disfoghi il petto;

di così novi accenti

noi prenderem diletto.

POLIFEMO

Ninfe, deh, dite, o ninfe,

ove trovar posso io

l'altiera Galatea?

Ch'almen della sua vista io riconforti

mia pena acerba e rea.

CORO

Colà dove t'addito

fra le siepi pendose

dianzi ella si nascose

quando ver' noi movevi;

cantale tuoi martìri: hanno gran forza

le parole amorose.

POLIFEMO

Luci serene,

che mia libertate

ognor gravate

di più ree catene,

a così lunga fede

dunque nulla pietà, nulla mercede?

Or col più forte

de' suoi strali Amore

piagando il core

mi conduca a morte,

benché sul primo giorno

dolce a' vostri be' rai volasse intorno.

Ma se mia vita

per sì lungo spazio

in duro strazio

se ne va fornita,

fia l'acerbo costume

scura nube di biasmo al vostro lume.

Mio sol desire

dopo tanti affanni,

dopo tanti anni,

mitigate l'ire;

della gran fiamma onde ardo

solo sia refrigerio un vostro sguardo.

CORO

Questo è non lieve assalto;

pàrtiti o Polifemo; ella ha vergogna

di qui venirti innanzi;

noi sarem seco, ed opreremo ogni arte

a ciò ch'ella addolcisca i suoi desiri,

e le caglia non men de' tuoi martiri.

POLIFEMO

Ripongo in vostra mano

e mia vita e mia morte;

oh pur vostra pietate

per questo afflitto non si sperda invano.

CORO

Di diamante il petto armate

contra Amore, egri mortali;

che la punta dei suoi strali

avvelena alta beltate.

Per ciascuno oggi si miri

di sue forze esempio estremo,

un ciclopo, un Polifemo,

giù dal cor traggo sospiri;

tra l'angosce e tra i martiri

di gran pianto il petto allaga

e nutrisce occulta piaga

nelle vene arse infocate.

Scena quarta

Aci, Galatea, Coro.

GALATEA

Chi nutrisce tua speme

cor mio? Chi fiamme cresce a' tuoi desiri?

ACI

Duo begli occhi lucenti.

GALATEA

Chi raddolcisce il fiel de' tuo' martiri?

ACI

Pur duo begli occhi ardenti.

GALATEA

E chi ti doppia, e chi t'inaspra i guai?

ACI

Di duo begli occhi i rai.

GALATEA

Ma chi t'ancide? E chi t'avviva anciso?

ACI

Di duo begli occhi il riso.

CORO

Mettete ali alle piante;

ecco il rio Polifemo;

a quanta furia gelosia lo spinga

ben lo mostra il sembiante.

Scena quinta

Polifemo, Satiro, Coro.

POLIFEMO

Doppia, doppia le piume,

vanne per l'aria a volo; io ben vendetta

prenderò del mio duolo;

esecrabil costume,

femmina che 'n tradir sol si diletta.

SATIRO

Aperta è la cagione,

onde per te fu sorda, onde fu dura;

empia, d'un vil garzone

preda era fatta; esempio

odioso oltre misura.

POLIFEMO

Monti, selvosi monti,

cui de' miei gran sospir già scosse il vento,

e voi, scure foreste, a cui ben conti

sono i passati dì del mio tormento,

omai del sangue spento

de l'indegno amator fiumi attendete;

rosso e sparso il vedrete in questo piano,

monti, voi ve 'l vedrete,

ché Polifemo non minaccia invano.

SATIRO

È gran ragion ch'ei cada,

e l'empia Galatea lo pianga morto,

che per caduco fior di vil bellezza

vivo l'amava a torto.

POLIFEMO

Con sì nobile fede

adunque, iniqua, tua beltade amai,

ed or la mia mercede

ad un stranier tu dai?

O d'ogni orso più fiera

ch'alberghi orrido monte

perano i raggi tuoi, della tua fronte

pera quel lume, pera!

SATIRO

La femminil bellezza

di solo tradimento

ha qui tra noi vaghezza.

POLIFEMO

Fulmine alto da cielo arsa disperga

tua perfida bellezza, o Galatea,

ed irato Ocean te la sommerga;

perano gli occhi tuoi, per cui dovea

perir d'ogni miseria un'alma in fondo

quando a be' raggi tuoi più forte ardea;

ed anco il nome tuo, deh, pera al mondo.

SATIRO

Lascia omai le querele

e corri a vendicarti;

sei tu forse gigante

solamente di nome e di sembiante?

CORO

Frema e mugghi a sua voglia,

che per mugghiare è nato;

mostro cotanto odioso

come ardiva sperare d'essere amato?

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40 (W)

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