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Semiramide riconosciuta

SEMIRAMIDE RICONOSCIUTA

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Pietro METASTASIO.
Musica di Leonardo VINCI.

Prima esecuzione: 6 febbraio 1729, Roma.


Personaggi:

SEMIRAMIDE in abito virile sotto nome di Nino re degli Assiri, amante di Scitalce, conosciuto ed amato da lei antecedentemente nella corte d'Egitto come Idreno

soprano

MIRTEO principe reale d'Egitto, fratello di Semiramide da lui non conosciuta e amante di Tamiri

soprano

IRCANO principe scita amante di Tamiri

contralto

SCITALCE principe reale d'una parte dell'Indie creduto Idreno da Semiramide, pretensore di Tamiri ed amante di Semiramide

soprano

TAMIRI principessa reale de' Battriani amante di Scitalce

soprano

SIBARI confidente e amante occulto di Semiramide

tenore






Alle dame

Non v'è di noi chi non conosca che quanto appartiene a questo teatro sia di vostra ragione; onde nel presentarvi la Semiramide riconosciuta non ne pretendiamo il merito d'una nuova offerta. Vogliamo bensì rammentarvi in tal guisa che quando vi degnaste di soffrire che il teatro suddetto si adornasse col vostro nome, vi obbligaste tacitamente a sostenere col vostro favore tutto ciò che in esso doveva in avvenire esser esposto al giudizio del pubblico, e che dipendendo da voi, siccome lo rendeste il più glorioso, il renderlo ancora il più fortunato, siate in debito di farlo. Che da voi dipenda non v'è chi ne dubiti, poiché ciascuno conviene che sia d'un peso incomparabile l'approvazione di quelle, le quali in questo forse più che in ogni altro clima favorite dal cielo, hanno giustamente così gran parte fra i

pensieri e le cure degli animi più gentili. Che siate in debito di farlo lo richiedono la sollecita attenzione, con cui ci studiamo di compiacervi, ed il profondo rispetto, col quale ossequiosamente ci protestiamo umilissimi, devotissimi, ossequiosissimi servitori.

Li possessori del teatro

Argomento

È noto per l'istorie che Semiramide ascalonita, di cui fu creduta madre una ninfa d'un fonte e nutrici le colombe, giunse ad esser consorte di Nino re degli Assiri, che dopo la morte di lui regnò in abito virile facendosi credere il picciolo Nino suo figliuolo, aiutata alla finzione dalla similitudine del volto e dalla strettezza colla quale vivevano non vedute le donne dell'Asia, e che alfine riconosciuta per donna fu confermata nel regno dai sudditi che ne avevano esperimentata la prudenza ed il valore. L'azione principale del dramma è questo riconoscimento di Semiramide, al quale per dare occasione e per togliere nel tempo istesso l'inverisimilitudine della favolosa origine di lei, si finge che fosse figlia di Vessore re di Egitto, che avesse un fratello chiamato Mirteo educato da bambino nella corte di Zoroastro re de' Battriani, che s'invaghisse di Scitalce principe d'una parte dell'Indie, il quale capitò nella corte di Vessore col finto nome d'Idreno, che non avendolo potuto ottenere in isposo dal padre fuggisse seco, che questi nella notte istessa della fuga la ferisse e gettasse nel Nilo per una violenta gelosia fattagli concepire per tradimento da Sibari suo finto amico, e non creduto rivale, e che indi, sopravvivendo ella a questa sventura, peregrinasse sconosciuta e che poi le avvenisse quanto d'istorico si è accennato di sopra. Il luogo in cui si rappresenta l'azione è Babilonia, dove concorrono diversi principi pretendenti al matrimonio di Tamiri principessa ereditaria de' Battriani, tributaria di Semiramide creduta Nino. Il tempo è il giorno destinato da Tamiri alla scelta del suo sposo, quale scelta chiamando in Babilonia il concorso di molti principi stranieri, altri curiosi della pompa, altri desiderosi dell'acquisto, somministra una verisimile occasione di ritrovarsi Semiramide nel luogo istesso e nell'istesso giorno col fratello Mirteo, coll'amante Scitalce e col traditore Sibari, e che da tale incontro nasca la necessità del di lei scoprimento.

Atto primo
Scena prima

Gran portico del palazzo reale corrispondente alle sponde dell'Eufrate. Trono da un lato, alla sinistra del quale un sedile più basso per Tamiri. In faccia al suddetto trono tre altri sedili. Ara nel mezzo col simulacro di Belo deità de' Caldei, gran ponte praticabile con statue, navi sul fiume, vista di tende e Soldati su l'altra sponda.
Semiramide creduta Nino con Guardie e poi Sibari.

SEMIRAMIDE

Olà; sappia Tamiri

che i principi son pronti,

che fuman l'are, che al solenne rito

di già l'ora s'appressa,

che il re l'attende.

(ricevuto l'ordine parte una guardia. Nel mentre che parla Semiramide, esce Sibari guardandola con meraviglia)

SIBARI

(Io non m'inganno, è dessa.)

Lascia che a' piedi tuoi...

(s'inginocchia)

SEMIRAMIDE

Sibari! (O dèi!)

S'allontani ciascun. (Che incontro!)

(le guardie si ritirano indietro)

Sorgi.

Dall'Egitto in Assiria

quale affar ti conduce?

SIBARI

È noto altrove

che la real Tamiri

dell'impero de' Battri unica erede

qui scegliendo lo sposo oggi decide

l'ostinate contese

che il volto suo, che il suo retaggio accese.

Sperai fra queste mura

in sì bel giorno accolta

tutta l'Asia mirar ma non sperai

in sembianza viril sul trono assiro

di ritrovar la sospirata e pianta

principessa d'Egitto

Semiramide.

SEMIRAMIDE

Ah taci; in questo luogo

Nino ciascun mi crede e il palesarmi

vita, regno ed onor potria costarmi.

SIBARI

Che ascolto! È teco Idreno?

Che fa? Dov'è?

SEMIRAMIDE

Di quell'ingrato il nome

non rammentarmi.

SIBARI

A lui straniero e ignoto

nel tuo real soggiorno

il cor donasti...

SEMIRAMIDE

E abbandonai con lui

la patria, il regno, il genitor, le nozze

del monarca numida.

Sibari te 'l rammenti?

SIBARI

E come mai

obliar lo potrei, s'ogni tua cura

tu m'affidavi allor, se duce io stesso

de' reali custodi a tua richiesta

agio concessi alla notturna fuga?

SEMIRAMIDE

E pur no 'l crederai, l'istesso Idreno

che m'indusse a fuggir tentò svenarmi.

SIBARI

Quando?

SEMIRAMIDE

La notte istessa

ch'io seco andai, del Nilo

dalla pendente riva

ei mi gettò ferita e semiviva.

SIBARI

Ma la cagione?

SEMIRAMIDE

Oh dio!

La cagione io non so.

SIBARI

(La so ben io.)

E rimanesti in vita?

SEMIRAMIDE

Unica e lieve

fu la ferita e la selvosa sponda

co' pieghevoli salci

la caduta scemò, mi tolse a morte.

SIBARI

Qual fu poi la tua sorte?

SEMIRAMIDE

Lungo fora il ridirti

quanto errai, che m'avvenne. In mille guise

spoglia e nome cangiai,

scorsi cittadi e selve,

fra tende e fra capanne

il brando strinsi, pascolai gli armenti,

or felice, or meschina

pastorella, guerriera e pellegrina.

Finché il monarca assiro,

fosse merito o sorte,

del talamo real mi volle a parte.

SIBARI

Ma ti conobbe?

SEMIRAMIDE

No. Finsi che un fonte

l'origine mi desse e che agli augelli

de' primi giorni miei dovea la cura.

SIBARI

E all'estinto tuo sposo

non successe nel regno il picciol Nino?

SEMIRAMIDE

Il crede ognun; la somiglianza inganna

del mio volto col suo.

SIBARI

Ma come soffre

il legittimo erede

te nel suo trono?

SEMIRAMIDE

Effeminato e molle

fu mia cura educarlo. Ora in mia vece

gode vivendo in femminili spoglie

nella reggia racchiuso e il regno teme,

non lo desia.

SIBARI

Che narri! (E quando spero

miglior tempo a scoprirle i miei martiri?

Ardir.) Sappi...

SEMIRAMIDE

(vedendo venir Tamiri)

T'accheta, ecco Tamiri.

Scena seconda

Tamiri con Séguito, e detti.

TAMIRI

Nino, deve al tuo zelo

oggi l'Asia il riposo, io degli affetti

la libertà.

SEMIRAMIDE

Ma Babilonia deve

alla bellezza tua l'aspetto illustre

de' principi rivali. E questa cura,

ch'io di te prendo, all'ombra

del tuo gran genitor, che fu d'Assiria

più difensor che tributario, io deggio.

Vengano; al fianco mio

principessa t'assidi

e i merti di ciascun senti e decidi.

(una guardia va sul ponte e accenna che vengano)

Semiramide va sul trono. Tamiri a sinistra nel sedile. Sibari in piedi a destra e intanto preceduti dal suono d'istromenti barbari, passano il ponte Mirteo, Ircano e Scitalce col loro séguito, quali si fermano fuori del portico e poi entrano l'un dopo l'altro quando tocca loro a parlare.

Scena terza

Mirteo, Ircano, Scitalce e detti.

MIRTEO

Al tuo cenno gran re, deposte l'armi

si presenta Mirteo. Fra gli altri anch'io

alla vaga Tamiri offro la mano.

L'Egitto...

IRCANO

(a Mirteo interrompendolo)

Odi; la bella

che fra noi si contende è quella?

MIRTEO

(ad Ircano)

È quella.

L'Egitto è il regno mio...

IRCANO

(a Semiramide)

Del Caucaso natio

fin dal giogo selvoso

vien l'arbitro de' Sciti amante e sposo.

MIRTEO

Ircano, a quel ch'io veggio

tu d'Assiria i costumi ancor non sai.

IRCANO

Perché?

SEMIRAMIDE

Tacer tu déi,

parli il prence d'Egitto.

IRCANO

In Assiria il parlar dunque è delitto?

MIRTEO

L'Egitto è il regno mio; sospiri e pianti,

rispetto e fedeltà sono i miei vanti.

SEMIRAMIDE

Siedi principe e spera; a lei che adori

non è il tuo merto ascoso.

(Mirteo va a sedere)

(piano a Tamiri)

Qual ti sembra Mirteo?

TAMIRI

(piano a Semiramide)

Molle e noioso.

SEMIRAMIDE

Or narra i pregi tuoi.

IRCANO

Dunque a vostro piacer...

TAMIRI

Parla se vuoi.

IRCANO

E ben io parlerò. Dove a lor piace

regnano i Sciti. Al variar dell'anno

variano i lor confini, erranti abbiamo

e le cittadi e i tetti

e son le nostre mura i nostri petti.

Quei pianti, quei sospiri

non son pregi fra noi; pregio allo Scita

è l'indurar la vita

al caldo, al gel delle stagioni intere

e domar combattendo uomini e fere.

TAMIRI

È noto.

SEMIRAMIDE

Or siedi Ircano.

(Ircano va a sedere)

SEMIRAMIDE

(piano a Tamiri)

Qual ti sembra costui?

TAMIRI

(piano a Semiramide)

Barbaro e strano.

SEMIRAMIDE

Venga Scitalce.

SIBARI

(O stelle! Io veggo Idreno!

Qual arrivo funesto!)

SEMIRAMIDE

(piano a Sibari vedendo Scitalce)

Sibari oh dio! Questo è Scitalce?

SIBARI

È questo.

SEMIRAMIDE

Sarà.

SCITALCE

(Numi, che volto!) Il re novello

Ircano dimmi è quel ch'io miro?

IRCANO

È quello.

SCITALCE

Sarà.

SEMIRAMIDE

Prence il tuo nome

dunque è Scitalce?

SCITALCE

Appunto.

SEMIRAMIDE

(Qual voce!)

SCITALCE

(Qual richiesta!

Io gelo.)

SEMIRAMIDE

(Io vengo meno.)

SCITALCE

(Semiramide è questa.)

SEMIRAMIDE

(È questi Idreno.)

IRCANO

(a Scitalce)

Tu impallidisci amico.

Perché?

SCITALCE

Perché mi vedo

sì gran rivale a fronte.

MIRTEO

Io non lo credo.

TAMIRI

Nino, tu avvampi in volto.

Che fu?

SEMIRAMIDE

Così m'accendo

per costume talora.

TAMIRI

(Io non l'intendo.)

SEMIRAMIDE

Fin dall'indico clima

ancor tu vieni alla real Tamiri

il tributo ad offrir de' tuoi sospiri?

SCITALCE

Io... (Che dirò?) Se venni...

Non sperai... Mi credea... Ma veggo... (Oh dèi!)

SEMIRAMIDE

(Si confonde il crudel sugl'occhi miei.)

TAMIRI

Siedi Scitalce, il turbamento io credo

figlio d'amor né a paragon d'ogn'altro

picciol merito è questo.

SCITALCE

Ubbidisco.

SEMIRAMIDE

(Infedel.)

SCITALCE

(ad Ircano)

(Sogno o son desto!)

Ma veramente è quegli

il successor della corona assira?

IRCANO

Non te 'l dissi.

SCITALCE

Sarà.

(siede)

IRCANO

Questi delira.

TAMIRI

(piano a Semiramide)

Nino, perché non chiedi

qual mi sembri costui?

SEMIRAMIDE

(piano a Tamiri)

Perché ravviso

in quel volto fallace

segni d'infedeltà.

TAMIRI

(Però mi piace.)

SEMIRAMIDE

(O gelosia!)

IRCANO

Che più s'attende? È tempo

che Tamiri decida.

TAMIRI

Son pronta.

SEMIRAMIDE

(Ohimè!) Ma prima

giurar si dée di tollerar con pace

la scelta d'un rivale. Il nume e l'ara

eccovi o prenci.

MIRTEO

Ogni tuo cenno è legge.

(s'alza e va all'ara)

SCITALCE

(come sopra)

(Son fuor di me.)

(s'alza e va all'ara)

SEMIRAMIDE

(Spergiuro.)

MIRTEO

Io l'approvo.

SCITALCE

Io l'affermo.

(Scitalce e Mirteo pongono la mano sul l'ara stando uno per parte)

IRCANO

Io l'assicuro.

(s'alza e non parte dal suo luogo)

SEMIRAMIDE

Ircano al nume, all'ara

non t'avvicini?

IRCANO

No, giurai né voglio

seguir l'altrui costume;

questa è l'ara de' Sciti e questo è il nume.

(ponendo la mano al petto e accennando la spada)

TAMIRI

(Qual asprezza!)

IRCANO

Si sceglie

oggi lo sposo o resta

altro rito a compir?

TAMIRI

No, del mio core

il genio ormai farò palese.

SEMIRAMIDE

(Ah temo

che Scitalce sarà!)

TAMIRI

L'ardir d'Ircano,

di Mirteo l'umiltà veggo ed ammiro;

ma un non so che...

SEMIRAMIDE

Sospendi

la scelta o principessa; un lieve impegno

questo non è; del tuo riposo anch'io

son debitor. Meglio pensando, almeno

me dal rossor di poco saggio assolvi.

Esamina, rifletti e poi risolvi.

TAMIRI

Abbastanza pensai.

IRCANO

Dunque favelli.

(Semiramide s'alza e seco tutti)

SEMIRAMIDE

No principi v'attendo

entro la reggia all'oscurar del giorno.

Ivi a mensa festiva

sarem compagni e spiegherà Tamiri

ivi il suo cor. Voi tollerate intanto

il breve indugio.

MIRTEO

Io non m'oppongo.

IRCANO

Ed io

mal soffro un re de' miei contenti avaro.

SEMIRAMIDE

Desiato piacer giunge più caro.

(a Tamiri)

Non so se più t'accendi

a questa, a quella face

ma pensaci, ma intendi,

forse chi più ti piace

più traditor sarà.

Avria lo stral d'amore

troppo soavi tempre,

se la beltà del core

corrispondesse sempre

del volto alla beltà.

(parte con Sibari)

Scena quarta

Tamiri, Mirteo, Ircano e Scitalce.

SCITALCE

(Che vidi! Che ascoltai!

Semiramide vive!

Ma non l'uccisi io stesso?

O sognavo in quel punto o sogno adesso.)

TAMIRI

Sì pensoso o Scitalce? Ami o non ami?

Sprezzi o brami i miei lacci?

Da lunge avvampi e da vicino agghiacci.

SCITALCE

Perdonami o Tamiri,

se tu sapessi... Oh dio!

TAMIRI

Parla.

SCITALCE

Se parlo

più confusa ti rendo.

TAMIRI

O tutto mi palesa o nulla intendo.

SCITALCE

Vorrei spiegar l'affanno,

nasconderlo vorrei;

e mentre i dubbi miei

così crescendo vanno,

tutto spiegar non oso,

tutto non so tacer.

Sollecito, dubbioso,

penso, rammento e vedo

e agli occhi miei non credo,

non credo al mio pensier.

(parte)

Scena quinta

Tamiri, Mirteo, Ircano.

TAMIRI

Più che ad ogn'altro spiace

la dimora a Scitalce, ei pensa e tace.

IRCANO

Non curar di quel folle

il silenzio, i pensieri.

Godi di tua ventura

che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.

Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.

MIRTEO

Che fai, non ti rammenti

il comando reale?

IRCANO

E il re qual dritto

ha di frapporre ai miei cortesi affetti

o limiti o dimore?

TAMIRI

Ma tu conosci amor? Dicesti Ircano

che tutto il tuo piacere

è domar combattendo uomini e fere.

IRCANO

È ver, ma il tuo sembiante

non mi spiace però; godo in mirarti;

e curioso il guardo

più dell'usato intorno a te s'arresta.

TAMIRI

Gran sorte inver del mio sembiante è questa.

Che quel cor, quel ciglio altero

senta amor, goda in mirarmi

non lo credo, non lo spero.

Tu vuoi farmi insuperbir.

O pretendi allor che torni

ai selvaggi tuoi soggiorni

rammentar così per gioco

l'amoroso mio martir.

(parte)

Scena sesta

Ircano e Mirteo.

IRCANO

La principessa udisti? Ella superba

va degli affetti miei. Misero amante

ti sento sospirar, ti veggo afflitto.

Cangia, cangia desio

e per consiglio mio torna in Egitto.

MIRTEO

Sei degno di pietà, se non distingui

dall'ossequio il disprezzo. In quegli accenti

ti rinfaccia Tamiri

che de' meriti tuoi troppo presumi.

IRCANO

Io de' vostri costumi intendo meno

quanto gli ascolto più. Qui le parole

dunque han sensi diversi? A voglia altrui

qui si parla e si tace; al regio cenno

deve un'alma adattar gli affetti suoi;

chi mai mi trasse a delirar con voi!

MIRTEO

In questa guisa Ircano

in Assiria si vive. Amando ancora

imitar ti conviene il nostro stile.

Con lingua più gentile alle reine

si ragiona d'amor. Non son già queste

l'erranti abitatrici

dell'ircane foreste.

IRCANO

E qual è mai

questo vostro d'amar nuovo costume?

MIRTEO

Qui la beltà d'un volto

rispettoso s'ammira;

si tace, si sospira,

si tollera, si pena,

l'amorosa catena

si soffre volontier, benché severa.

IRCANO

E poi s'ottien mercede?

MIRTEO

E poi si spera.

IRCANO

Miserabil mercé! Meglio fra noi

si trattano gli amori. Al primo sguardo

senza taccia d'audace

si palesa l'ardor. Cangia d'affetto

ciascun a suo talento,

ama finché è diletto

e tralascia d'amar quando è tormento.

MIRTEO

O barbaro è il costume

o non s'ama fra voi. Gioia è la pena.

Ed un'alma fedele

sé per l'amato ben pone in oblio.

IRCANO

Ciascun segua il suo stile, io seguo il mio.

Maggior follia non v'è

che per godere un dì

questa soffrir così

legge tiranna.

Io giuro amore e fé

a più d'una beltà

né serbo fedeltà

quando m'affanna.

(parte)

Scena settima

Mirteo.

Felice te, se puoi

sopra gli affetti tuoi

regnar così. Ma non è ver; se un giorno

al par di me cadrai

in servitù d'una crudele e bella,

sarai men franco e cangerai favella.

Bel piacer saria d'un core

quel potere a suo talento

quando amor gli dà tormento

ritornare in libertà.

Ma non lice e vuole amore

che a soffrir l'alma s'avvezzi

e che adori anche i disprezzi

d'una barbara beltà.

(parte)

Scena ottava

Orti pensili.
Scitalce e Sibari.

SIBARI

Amico in rivederti

o qual piacere è il mio! Signor perdona

se col nome d'amico ancor ti chiamo.

Per Idreno in Egitto

non per Scitalce il principe degl'Indi

sai pur ch'io ti conobbi.

SCITALCE

Allor giovommi

nome e grado mentir. Così sicuro

per render pago il giovanil desio

vari costumi appresi,

molto errai, molto vidi e molto intesi.

Ah non avessi mai

portato il piè fuor dal paterno tetto,

che ad agitarmi il petto

o somigliante o vera

tornar sugli occhi miei

Semiramide infida or non vedrei.

SIBARI

Semiramide! Come?

È teco? Ove s'asconde?

SCITALCE

E così cieco

Sibari sei, non la ravvisi in Nino?

SIBARI

(Ah la conobbe.)

SCITALCE

A me la scopre assai

il girar de' suoi sguardi

placidi al moto, il favellar, la voce,

la fronte, il labbro e l'una e l'altra gota

facile ad arrossir. Ma più d'ogn'altro

il cor che al noto aspetto

subito torna a palpitarmi in petto.

SIBARI

Eh t'inganna il desio. Se fosse tale

al germano Mirteo nota sarebbe.

SCITALCE

No, che bambino ei crebbe

nella reggia de' Battri.

SIBARI

E poi trascorsi

tre lustri son da che fuggì d'Egitto

né più di lei novella

fra noi s'intese e ognun la crede estinta.

SCITALCE

Chi più di me dovrebbe

crederla estinta? In quella notte istessa

che fuggì meco, io la trafissi.

SIBARI

Oh dio!

Che facesti?

SCITALCE

E doveva

impunita restar? Tutto fu vero

quanto svelasti a me. Nel luogo andai

destinato da lei. Venne l'infida,

meco fuggì ma poi

non lungi dalla reggia

l'insidie ritrovai. Cinto d'armati

v'era il rivale.

SIBARI

E il conoscesti?

SCITALCE

In parte

pago sarei, se il ravvisava; in lui

potrei l'ira sfogar.

SIBARI

(Non sa ch'io fui.)

Ma come ti salvasti

dal nemico furor?

SCITALCE

Fra l'ombre e i rami

mi dileguai ma prima

del Nilo in su la sponda

l'empia trafissi e la balzai nell'onda.

SIBARI

Dunque di sua sventura

fu cagione il mio foglio! E non bastava

punirla con l'oblio?

SCITALCE

È ver; troppo trascorsi, il veggo anch'io.

Ma chi frenar può mai

gl'impeti dello sdegno e dell'amore.

Disperato, geloso

appagai l'ira mia; ma non per questo

la pace ritrovai. Sempre ho sugli occhi

sempre il tuo foglio, il mio schernito foco,

la sponda, il fiume, il tradimento, il loco.

SIBARI

Serbi il mio foglio ancor? Perché non togli

un fomento al tuo duolo?

SCITALCE

Io meco il serbo

per gloria tua, per mia difesa.

SIBARI

Almeno

cauto lo cela; è qui Mirteo, potrebbe

della germana i torti

contro me vendicar.

SCITALCE

Vivi sicuro.

Ma non scoprir che Idreno

in Egitto mi finsi.

SIBARI

Alla mia fede

lieve prova domandi; io te 'l prometto.

Ma tu scaccia dall'alma

quel fallace desio che ti figura

Semiramide in Nino. Offri a Tamiri

oggi tranquillo il core

e dal primo ti sani un nuovo amore.

Come all'amiche arene

l'onda rincalza l'onda,

così sanar conviene

amore con amor.

Piaga d'acuto acciaro

sana l'acciaro istesso

ed un veleno è spesso

riparo all'altro ancor.

(parte)

Scena nona

Scitalce, poi Tamiri.

SCITALCE

Chi sa! Forse il desio

ingannar mi potrebbe; al re si vada,

si torni a riveder.

(in atto di partire)

TAMIRI

Dove Scitalce?

SCITALCE

Al monarca d'Assiria, a lui degg'io

di nuovo favellar.

TAMIRI

L'istessa brama

di ragionar con te Nino dimostra.

SCITALCE

Vado.

TAMIRI

Un momento ancora

che il re così m'attenda.

SCITALCE

Ma non conviene

che il re così m'attenda.

TAMIRI

Il re s'appressa.

Fermati.

SCITALCE

(vedendo Semiramide)

(Oh dio! Che dubitarne, è dessa.)

Scena decima

Semiramide, e detti.

TAMIRI

(a Nino)

Signor, brama Scitalce

teco parlar.

SEMIRAMIDE

(Vorrà scoprirsi.) Altrove

piacciati, o principessa,

portare il piè. Tutta agli accenti suoi

lascia la libertà.

TAMIRI

Parto. S'ei m'ami

scorgi... Chiedi...

SEMIRAMIDE

Va' pur. So quel che brami.

(Tamiri parte)

(Siam soli, or parlerà.)

SCITALCE

(Partì Tamiri,

or con me si palesa.)

SEMIRAMIDE

(Il rossor lo ritarda.)

SCITALCE

(Teme quel cor fallace.)

SEMIRAMIDE

(Tace e mi guarda.)

SCITALCE

(Ancor mi guarda e tace.)

SEMIRAMIDE

Principe tu non parli?

Impallidisci, avvampi e sei confuso?

SCITALCE

Signor, nel tuo sembiante

una donna incostante

che in Egitto adorai

veder mi parve e mi turbò la mente.

Quella crudel mi figurai presente.

SEMIRAMIDE

Tanto simile a Nino

era dunque colei?

SCITALCE

Simile tanto

che sotto un'altra spoglia

quell'infida direi che in te s'annida.

SEMIRAMIDE

Se fu simile a me, non era infida.

SCITALCE

Ah menzognera, ah ingrata,

anima senz'amore,

nata per mio rossore,

nata per mia sventura...

SEMIRAMIDE

Olà! Scitalce

così meco ragiona?

SCITALCE

Io m'ingannai. Perdona

uno sfogo innocente.

Quella crudel mi figurai presente.

SEMIRAMIDE

Se presente al tuo sguardo,

siccome è al tuo pensiero,

fosse colei, non ti vedrei sì fiero.

Dell'ingiuste querele,

di tanti sdegni tuoi pietà, perdono

forse le chiederesti

e perdono e pietà forse otterresti.

SCITALCE

(Questo di più! L'ingrata

vegga ch'io non la curo.) Ah se tu vuoi,

questo mio core oppresso

felice tornerà.

SEMIRAMIDE

(Si scopre adesso.)

Libero parla.

SCITALCE

Oh dio!

Temo lo sdegno tuo.

SEMIRAMIDE

Del mio perdono

non dubitar; spiegati pur.

SCITALCE

Vorrei

pietosa a' miei martiri

mercé del tuo favor render Tamiri.

SEMIRAMIDE

(O smania! O gelosia!)

SCITALCE

Ella è la fiamma mia,

adoro il suo sembiante...

SEMIRAMIDE

Non più. (Fingiam.) Ti compatisco amante.

Parlerò con Tamiri e la tua brama

più che non credi a favorir m'appresto.

SCITALCE

Ecco appunto Tamiri, il tempo è questo.

SEMIRAMIDE

(Importuno ritorno!) Odimi, intanto

ch'io le parlo di te, colà dimora.

SCITALCE

Vado. (Si turba.)

(si ritira in un lato della scena)

SEMIRAMIDE

(Ed io resisto ancora!)

Scena undicesima

Tamiri, e detti.

TAMIRI

Perdonami s'io torno

impaziente a te. Quali predici

venture all'amor mio?

SEMIRAMIDE

(piano a Tamiri)

Poco felici.

Sudai finora invano

con Scitalce per te. Di lui ti scorda,

non è degno d'amor.

TAMIRI

Perché?

SEMIRAMIDE

(piano a Tamiri)

Per ora

più non cercar. Ti basti

saper che non si trova

il più perfido core, il più rubello.

SCITALCE

(a Semiramide)

Signor parli di me?

SEMIRAMIDE

Di te favello.

SCITALCE

(E pure impallidisce.)

(torna al suo luogo)

TAMIRI

A lui si chieda

perché si fa rivale

d'Ircano e di Mirteo.

SEMIRAMIDE

(piano a Tamiri)

Fermati e seco

non ragionar, se la tua pace brami.

TAMIRI

Ma la cagion?

SEMIRAMIDE

Tu sei

semplice nell'amore ed egli ha l'arte

di affascinar chi sue lusinghe ascolta.

SCITALCE

Nino.

SEMIRAMIDE

Eh taci una volta,

non turbarmi così.

SCITALCE

Ma qui si tratta

del mio riposo e compatir tu déi

se bramoso di quello

io turbo la tua pace.

SEMIRAMIDE

Lo so, di te favello.

SCITALCE

(E pur le spiace.)

(in atto di ritornare al suo luogo)

TAMIRI

Senti Scitalce, alfin dai labbri tuoi

quando fia che s'intenda

quel che ascondi nel seno?

SCITALCE

In seno ascondo

un incendio per te. Da tue pupille

escono a mille a mille

ad impiagarmi i dardi.

Mancherà, se più tardi

a temprare il mio foco,

esca alla fiamma, alle ferite il loco.

SEMIRAMIDE

(Perfido!)

SCITALCE

(Si tormenti.)

TAMIRI

Io non intendo

se siano i detti tuoi finti o veraci,

eccedi e quando parli e quando taci.

SCITALCE

(a Semiramide)

Se intende sì poco

ch'ho l'alma piagata,

tu dille il mio foco,

tu parla per me.

(Sospira l'ingrata,

contenta non è.)

Sai pur che l'adoro,

che peno, che moro,

che tutta si fida

quest'alma di te.

(Si turba l'infida,

contenta non è.)

(parte)

Scena dodicesima

Semiramide, e Tamiri.

TAMIRI

Udisti il prence? Egli è diverso assai

da quel che lo figuri.

SEMIRAMIDE

Io lo previdi

che poteva ingannarti. Ah tu non sai

quanto a finger è avvezzo. A suo piacere

con fallaci maniere ad ora ad ora

s'accende e si scolora; il pianto, il riso

sa richiamar sul viso allor che vuole

né son figlie del cor le sue parole.

TAMIRI

Pur non sembra così.

SEMIRAMIDE

Di quel crudele

non fidarti o Tamiri; altro interesse

non ho che il tuo riposo.

TAMIRI

Io ben m'avvedo

del zelo tuo ma sì crudel no 'l credo.

Ei d'amor quasi delira

e il tuo labbro lo condanna;

ei mi guarda e poi sospira

e tu vuoi che sia crudel!

Ma sia fido, ingrato sia

so che piace all'alma mia.

E se piace allor che inganna,

che sarà quando è fedel?

(parte)

Scena tredicesima

Semiramide, poi Ircano e Mirteo.

SEMIRAMIDE

Sarà dunque Scitalce

sposo a Tamiri e tollerar lo deggio!

Lo sia. Qual cura io prendo

d'un traditor? Potessi almen spiegarmi,

dirgli ingrato, infedel; ma in gran periglio

pongo me stessa; ah che farò! Vorrei

e parlare e tacer. Dubbiosa intanto

e non parlo e non taccio,

di sdegno avvampo e di timore agghiaccio.

(vedendo Ircano e Mirteo)

Principi, i vostri affetti

son sventurati.

MIRTEO

E donde il sai?

SEMIRAMIDE

Tamiri

scoperse il suo pensier.

IRCANO

Come?

SEMIRAMIDE

Non giova

consumare in querele il tempo invano.

MIRTEO

Che far possiamo?

SEMIRAMIDE

Ad un rival si lascia

così libero il campo? Andate a lei,

ditele i vostri affanni,

pietà chiedete e se mercé bramate

qualche stilla di pianto ancor versate.

IRCANO

Non è sì vile Ircano.

MIRTEO

A placar quell'ingrata il pianto è vano.

SEMIRAMIDE

Voi non sapete quanto

giovi a destar faville

quell'improvviso pianto

che versan due pupille

in faccia al caro ben.

Ogni bellezza altera

va dell'altrui dolore;

si rende poi men fiera

e alfin germoglia amore

alla pietade in sen.

(parte)

Scena quattordicesima

Mirteo, ed Ircano.

MIRTEO

Che pensi Ircano?

IRCANO

Hai tu coraggio?

MIRTEO

Il brando

risponderà, quando tu voglia.

IRCANO

Andiamo

l'importuno rivale

uniti ad assalir. S'accerti il colpo,

mora Scitalce e poi

tolto il rival deciderem fra noi.

MIRTEO

Così mostri il rispetto

all'ospite real? Così conservi

la fé promessa ed i giurati patti?

Per assalir un sol cerchi con frode

vergognoso vantaggio

e tal prova domandi al mio coraggio?

IRCANO

Che rispetto? Che fede? Il mio furore

chiede vendetta. Io tollerar non deggio

ch'altri usurpi quel cor. Tremi Scitalce,

tremi d'Ircano alla fatal minaccia.

La sua caduta è certa,

qualunque usar mi piaccia

ascosa frode o violenza aperta.

Talor se il vento freme

chiuso negli antri cupi,

dalle radici estreme

vedi ondeggiar le rupi

e le smarrite belve

le selve abbandonar.

Se poi della montagna

esce dai varchi ignoti,

o va per la campagna

struggendo i campi interi

o dissipando i voti

de' pallidi nocchieri

per l'agitato mar.

(parte)

Scena quindicesima

Mirteo.

D'un indomito scita

barbari sensi! Ei minor pena crede

meritar la sventura

che tollerarla; e da un'indegna frode

spera felicità. Se a questo prezzo

la destra di Tamiri

solo acquistar si può, sia d'altri. Ed io

privo dell'idol mio

che mai farò? N'andrò ramingo e solo

in solitarie sponde

rammentando il mio duolo all'aure, all'onde.

Rondinella, a cui rapita

fu la dolce sua compagna,

vola incerta, va smarrita

dalla selva alla campagna

e si lagna intorno al nido

dell'infido cacciator.

Chiare fonti, apriche rive

più non cerca, al dì s'invola,

sempre sola, e finché vive

si rammenta il primo amor.

Atto secondo
Scena prima

Sala regia illuminata in tempo di notte. Varie credenze d'intorno. Gran mensa imbandita nel mezzo con quattro sedili intorno ed una sedia in faccia.
Sibari, poi Ircano con spada nuda.

SIBARI

Ministri, al re sia noto

che già pronta è la mensa.

(parte una guardia)

È giunto il tempo

che l'accortezza mia

col morir di Scitalce il grave inciampo

mi tolga d'un rivale e m'assicuri

che mai scoprir non possa

la sua voce, il mio scritto

quanto Sibari un dì finse in Egitto.

IRCANO

E pur il giungerò. Dov'è Scitalce?

Ov'è Tamiri? È questo

il luogo della mensa?

SIBARI

E qual furore

t'arma la destra?

IRCANO

Io vuò Scitalce estinto.

SIBARI

(Ah di costui lo sdegno

scompone il mio disegno.)

IRCANO

Additami dov'è!

SIBARI

Vana è l'impresa.

Come speri assalirlo

nella reggia racchiuso,

a Tamiri vicino,

fra i custodi reali, al fianco a Nino?

IRCANO

Opprimerò con lui

Nino, i custodi e questa reggia intera.

Né potranno sottrarlo ai colpi miei

tutti armati in difesa i vostri dèi.

SIBARI

Ah non turbin le risse

il piacer della mensa.

IRCANO

E tu non sai

qual torto mi sovrasti?

SIBARI

Il so. Condanno

l'ingiustizia in Tamiri e compatisco

il tuo giusto furor ma che farai?

IRCANO

Che farò? Mi vedrai

dell'ingiusto imeneo troncare il laccio.

(in atto di partire)

SIBARI

Ferma.

IRCANO

Non m'arrestar.

SIBARI

Ma tu non brami

Scitalce estinto?

IRCANO

Sì.

SIBARI

Dunque ti placa,

egli morrà, fidati a me; salvarlo

sol potrebbe il tuo sdegno.

IRCANO

Io non t'intendo.

Corro prima a svenarlo e poi l'arcano

mi spiegherai.

(in atto di partire)

SIBARI

Ma senti. (A lui conviene

tutto scoprir.) Poss'io di te fidarmi?

IRCANO

Parla.

SIBARI

Per odio antico

Scitalce è mio nemico; il torto indegno

che al tuo merto si fa cresce il mio sdegno.

Ond'io, ma non parlar, già nella mensa

preparai la sua morte.

IRCANO

E come?

SIBARI

È certo

che Scitalce è lo sposo. A lui Tamiri

dovrà, come è costume,

il primo nappo offrir; per opra mia

questo sarà d'atro veleno infetto.

IRCANO

Se m'inganni...

SIBARI

Ingannarti! E chi sottrarmi

potrebbe al tuo furore!

Passami allor con questo ferro il core.

IRCANO

Mi fiderò ma poi...

(ripone la spada)

SIBARI

Taci, che il re già s'avvicina a noi.

Scena seconda

Semiramide, Tamiri, Mirteo, Scitalce, preceduti da Ballerini, seguìti da Paggi, Cavalieri e detti.

SEMIRAMIDE

Ecco il luogo o Tamiri

ove gli altrui sospiri

attendono da te premio e mercede.

(Io tremo e fingo.)

TAMIRI

Ogni misura eccede

la real pompa e nella reggia assira

non s'introdusse mai

con più fasto il piacer.

MIRTEO

Qui la tua cura

del ricco Gange e dell'eoe maremme

i tesori e le gemme

tutte adunò.

SCITALCE

Da mille faci e mille

vinta è la notte e ripercosso intorno

fiammeggia oltre il costume

fra l'ostro e l'or moltiplicato il lume.

SEMIRAMIDE

Scitalce, al nuovo sposo

io preparai la fortunata stanza

pegno dell'amor mio.

SCITALCE

(Finge costanza.)

Ah se quello foss'io

chi più di me saria felice?

SEMIRAMIDE

(Ingrato.)

IRCANO

(a Scitalce)

Come mai del tuo fato

puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede

che il più degno tu sei.

MIRTEO

Che ascolto! Ircano

chi mai ti rese umano?

Dov'è il tuo foco e l'impeto natio?

IRCANO

Comincio amico ad erudirmi anch'io.

TAMIRI

Così mi piaci.

MIRTEO

È molto.

SCITALCE

(a Semiramide e a Tamiri)

Io non intendo

se da senno o per gioco

parla così.

IRCANO

(M'intenderai fra poco.)

SEMIRAMIDE

Più non si tardi, ognun la mensa onori.

Dopo seduta nel mezzo Semiramide, siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce, alla sinistra Mirteo e poi Ircano. Sibari in piedi appresso Ircano. Intanto sinfonia, coro e ballo.

CORO

Il piacer, la gioia scenda

fidi sposi al vostro cor.

Imeneo la face accenda,

la sua face accenda Amor.

PARTE DEL CORO

Fredda cura, atro sospetto

non vi turbi e non v'offenda

e d'intorno al regio letto

con purissimo splendor...

CORO

Imeneo la face accenda,

la sua face accenda Amor.

PARTE DEL CORO

Sorga poi prole felice

che ne' pregi egual si renda

alla bella genitrice,

all'invitto genitor.

CORO

Imeneo la face accenda,

la sua face accenda Amor.

PARTE DEL CORO

E se fia che amico nume

lunga età non vi contenda,

a scaldar le fredde piume,

a destarne il primo ardor...

CORO

Imeneo la face accenda,

la sua face accenda Amor.

SEMIRAMIDE

In lucido cristallo aureo liquore

Sibari a me si rechi.

SIBARI

(Ardir mio core.)

(va a prender la tazza)

IRCANO

(Il colpo è già vicino.)

MIRTEO

Oh dio s'appressa

il momento funesto.

TAMIRI

Che gioia!

SCITALCE

Che sarà!

SEMIRAMIDE

Che punto è questo!

SIBARI

Compito è il cenno.

(Sibari posa la sottocoppa con la tazza avanti a Semiramide e va a lato d'Ircano)

SEMIRAMIDE

(dà la tazza a Tamiri)

Or prendi

Tamiri e scegli. Il sospirato dono

presenta a chi ti piace

e goda quegli il grand'acquisto in pace.

TAMIRI

Il dubbio o prenci in cui finor m'involse

l'eguaglianza de' merti

discioglie il genio e non offende alcuno

se al talamo ed al trono

l'un o l'altro solleva.

Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva.

(posa la tazza avanti Scitalce)

SEMIRAMIDE

Io lo previdi.

MIRTEO

Oh sorte!

SCITALCE

(Ah qual impegno!)

SIBARI

(Or s'avvicina a morte.)

IRCANO

Via Scitalce, che tardi? Il re tu sei.

SCITALCE

(E deggio in faccia a lei

annodarmi a Tamiri!)

TAMIRI

(a Semiramide)

Egli è dubbioso ancora.

SEMIRAMIDE

Alfin risolvi.

SCITALCE

E Nino

lo comanda a Scitalce?

SEMIRAMIDE

Io non comando,

fa' il tuo dover.

SCITALCE

Sì lo farò. (L'ingrata

si punisca così.) D'ogn'altro amore

mi scordo in questo punto... Ah non ho core.

(volendo bere e poi s'arresta)

Porgi a più degno oggetto

il dono o principessa, io non l'accetto.

(posa la tazza)

TAMIRI

Come!

SIBARI

(O sventura!)

IRCANO

(a Scitalce)

E lei ricusi, allora

che al regno ti destina?

Non s'offende in tal guisa una regina.

SEMIRAMIDE

(ad Ircano)

Qual cura hai tu, se accetta

o se rifiuta il dono?

MIRTEO

Lascialo in pace.

IRCANO

(a Scitalce)

Io sono

difensor di Tamiri; e tu non devi

la tazza ricusar, prendila e bevi.

TAMIRI

(ad Ircano)

Principe invan ti sdegni; ei col rifiuto

non me, sé stesso offende

e al demerito suo giustizia rende.

IRCANO

No no, voglio ch'ei beva.

TAMIRI

Eh taci. Intanto

per degno premio al tuo cortese ardire

l'offerta di mia mano

ricevi tu con più giustizia Ircano.

IRCANO

Io!

TAMIRI

Sì.

(prende la tazza per darla ad Ircano)

Con questo dono

te destino al mio trono, all'amor mio.

IRCANO

(piano a Sibari)

Sibari che farò?

SIBARI

(piano ad Ircano)

Mi perdo anch'io.

TAMIRI

Perché taci così? Forse tu ancora

vuoi ricusarmi?

IRCANO

No, non ti ricuso;

penso... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso.)

SEMIRAMIDE

(ad Ircano)

Principe tu non devi

un momento pensar, prendila e bevi.

Troppo il rispetto offendi

a Tamiri dovuto.

MIRTEO

Ma parla.

TAMIRI

Ma risolvi.

IRCANO

Ho risoluto.

(s'alza e prende la tazza)

Vada la tazza a terra.

(getta la tazza)

SCITALCE

E qual furore insano...

IRCANO

Così riceve un tuo rifiuto Ircano.

TAMIRI

Ah questo è troppo!

(s'alza e seco tutti)

Ognun disprezza il dono,

dunque ridotta io sono

a mendicar chi le mie nozze accetti?

Forse per oltraggiarmi

in Assiria veniste? O il mio sembiante

è deforme a tal segno

che a farlo tollerar non basti un regno?

SEMIRAMIDE

È giusta l'ira tua.

MIRTEO

Dell'amor mio

dovresti o principessa...

TAMIRI

Alcun d'amore

più non mi parli. Io sono offesa e voglio

punito l'offensor. Scitalce mora.

Ei col primo rifiuto

il mio dono avvilì. Chi sua mi brama

a lui trafigga il petto,

venga tinto di sangue ed io l'accetto.

(a Scitalce)

Tu mi disprezzi ingrato

ma non andarne altero;

trema d'aver mirato

superbo il mio rossor.

Chi vuol di me l'impero

passi quel core indegno.

Voglio che sia lo sdegno

foriero dell'amor.

(parte)

Scena terza

Semiramide, Scitalce, Mirteo, Ircano e Sibari.

SEMIRAMIDE

(Il mio bene è in periglio

per essermi fedel.)

IRCANO

Scitalce andiamo.

All'offesa Tamiri

il dono offrir della tua testa io voglio.

SCITALCE

Vengo e di tanto orgoglio

arrossir ti farò.

(Scitalce in atto di partire seguìto da Ircano)

SEMIRAMIDE

(Stelle, che fia!)

MIRTEO

Arrestatevi olà, l'impresa è mia.

IRCANO

Io primiero al cimento

chiamai Scitalce.

MIRTEO

Io difensor più giusto

son di Tamiri.

IRCANO

Ella di te non cura

né mai ti scelse.

MIRTEO

Ella ti sdegna, offesa

dal tuo rifiuto.

IRCANO

E tu pretendi?...

MIRTEO

E vuoi?...

SCITALCE

Tacete, è vano il contrastar fra voi.

A vendicar Tamiri

venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo,

solo io sarò né mi sgomento io solo.

(in atto di partire)

SEMIRAMIDE

Fermati (oh dio).

SCITALCE

Che chiedi?

SEMIRAMIDE

In questa reggia

sugl'occhi miei Tamiri

il rifiuto soffrì; prima d'ogn'altro

io son l'offeso e pria d'ogn'altro io voglio

l'oltraggio vendicar; qui prigioniero

resti Scitalce e qui deponga il brando.

Sibari sia tuo peso

la custodia del reo.

SCITALCE

Come?

SIBARI

Che intendo!

SEMIRAMIDE

(Così non mi paleso e lo difendo.)

SCITALCE

Ch'io ceda il brando mio?

SEMIRAMIDE

Non più, così comando, il re son io.

SCITALCE

Così comandi e parli

a Scitalce così? Colpa sì grande

ti sembra il mio rifiuto? Ah troppo insulti

la sofferenza mia, qui potrei farti

forse arrossire.

SEMIRAMIDE

Olà t'accheta e parti.

SCITALCE

Ma qual perfidia è questa! Ove mi trovo!

Nella reggia d'Assiria o fra i deserti

dell'inospita Libia! Udiste mai

che fosse più fallace

il Moro infido o l'Arabo rapace?

No no; l'arabo, il moro

han più idea di dovere,

han più fede tra loro anche le fiere.

(getta la spada)

Voi che le mie vicende,

voi che i miei torti udite

fuggite, sì fuggite.

(ad Ircano)

Qui legge non s'intende,

(a Mirteo)

qui fedeltà non v'è.

(a Semiramide)

E puoi tiranno, e puoi

senza rossor mirarmi?

Qual fede avrà per voi

chi non la serba a me?

(parte con Sibari)

Scena quarta

Semiramide, Ircano, e Mirteo.

SEMIRAMIDE

(Conoscerai fra poco

che son pietosa e non crudel.)

MIRTEO

Perdona

signor s'io troppo ardisco. Il tuo comando

Scitalce a un punto e la mia speme oltraggia.

IRCANO

Perché mi si contende

il trionfar di lui?

SEMIRAMIDE

Chi mai t'intende!

Or Tamiri non curi ed or la brami?

MIRTEO

Ma tu l'ami o non l'ami?

IRCANO

No 'l so.

SEMIRAMIDE

Se amavi allor, come in te nacque

d'un rifiuto il desio?

IRCANO

Così mi piacque.

MIRTEO

Se ti piacque così, perché la pace

or mi vieni a turbar?

IRCANO

Così mi piace.

MIRTEO

Strano piacer, dell'amor mio ti fai

rivale Ircano ed il perché non sai.

IRCANO

Quante richieste! Alfine

che vorreste da me?

SEMIRAMIDE

Da te vorrei

ragion dell'opre tue.

MIRTEO

Saper desio

qual core in seno ascondi.

SEMIRAMIDE

Spiegati.

MIRTEO

Non tacer.

SEMIRAMIDE

Parla.

MIRTEO

Rispondi.

IRCANO

Saper bramate

tutto il mio core?

Non vi sdegnate

lo spiegherò.

Mi dà diletto

l'altrui dolore,

perciò d'affetto

cangiando vo.

Il genio è strano,

lo veggo anch'io.

Ma tento invano

cangiar desio;

l'istesso Ircano

sempre sarò.

(parte)

Scena quinta

Semiramide, Mirteo.

MIRTEO

Vedi quanto son io

sventurato in amore. Un tal rivale

si preferisce a me.

SEMIRAMIDE

Non è Tamiri

sposa finor; molto sperar tu puoi.

Scitalce è prigionier, si rese Ircano

dell'imeneo col suo rifiuto indegno.

Facilmente otterrai la sposa e il regno.

MIRTEO

Che giova il merto; io soffrirò ma poi

chi ragion mi farà? Forse Tamiri?

SEMIRAMIDE

Avranno i tuoi sospiri

da lei mercede. A tuo favore io stesso

tutto farò. Ti bramerei felice.

MIRTEO

Come goder mi lice

la tua pietà?

SEMIRAMIDE

Ti meravigli o prence

perché il mio cor non vedi.

Tu più caro mi sei di quel che credi.

MIRTEO

Io veggo in lontananza

fra l'ombre del timor

di credula speranza

un languido splendor

che inganna e piace.

Avvezzo a ritrovarmi

son io fra tante pene

che basta a consolarmi

l'immagine d'un bene,

ancor fallace.

(parte)

Scena sesta

Semiramide.

Di Scitalce il rifiuto

è una prova d'amor. Questa mi toglie

de' tradimenti suoi

l'immagine dal cor. Questa risveglia

le mie speranze e questa

mille teneri affetti in sen mi desta.

T'intendo amor. Mi vai

la sua fé rammentando e non gl'inganni.

Quanto è facile mai

nella felicità scordar gli affanni!

Il pastor se torna aprile

non rammenta i giorni algenti.

Dall'ovile all'ombre usate

riconduce i bianchi armenti

e l'avene abbandonate

fa di nuovo risuonar.

Il nocchier placato il vento

più non teme o si scolora.

Ma contento in su la prora

va cantando in faccia al mar.

(parte)

Scena settima

Appartamenti terreni.
Sibari, poi Ircano.

SIBARI

L'accortezza a che val, se ognor con nuovi

impensati accidenti

la fortuna nemica

d'ogni disegno mio le fila intrica.

Tutto ho tentato invano,

vive Scitalce e sa la trama Ircano.

IRCANO

Vieni Sibari.

SIBARI

E dove?

IRCANO

A Tamiri.

SIBARI

Perché?

IRCANO

Voglio che a lei

discolpi il mio rifiuto.

SIBARI

Il suo pensiero

come appagar?

IRCANO

Con palesarle il vero.

SIBARI

Il vero!

IRCANO

Sì. Tu le dirai ch'io l'amo,

che per non ber la morte

io ricusai, ch'era la tazza aspersa

di nascosto velen, che tua la cura

fu d'apprestarlo e che dai detti tui

l'inganno a favorir sedotto io fui.

SIBARI

Signor che dici? E pubblicar vogliamo

un delitto comun. Reo della frode

saresti al par di me. Fra lor di colpa

differenza non hanno

chi meditò, chi favorì l'inganno.

IRCANO

D'un desio di vendetta alfin Tamiri

mi creda reo, non del rifiuto e sappia

perché la ricusai.

SIBARI

Troppo mi chiedi,

ubbidir non poss'io.

IRCANO

Ebben, taccia il tuo labbro e parli il mio.

(in atto di partire)

SIBARI

Senti. (Al riparo.) Il tuo parlar scompone

un mio pensier che può giovarti.

IRCANO

E quale?

SIBARI

Pria che sorga l'aurora io di Tamiri

possessor ti farò.

IRCANO

Come?

SIBARI

Al tuo cenno

sull'Eufrate non hai

navi, seguaci ed armi?

IRCANO

Ebben, che giova?

SIBARI

Ai reali giardini il fiume istesso

bagna le mura e si racchiude in quelli

di Tamiri il soggiorno; ove tu voglia

col soccorso de' tuoi

l'impresa assicurar, per tal sentiero

rapir la sposa e a te recarla io spero.

IRCANO

Dubbia è l'impresa.

SIBARI

Anzi sicura. Ognuno

sarà immerso nel sonno; a questa insidia

non v'è chi pensi e incustodito è il loco.

IRCANO

Parmi che a poco a poco

mi piaccia il tuo pensier ma non vorrei...

SIBARI

Eh dubitar non déi. Fidati, io vado

mentre cresce la notte

il sito ad esplorar; tu co' più fidi

dell'Eufrate alle sponde

sollecito ti rendi.

IRCANO

A momenti verrò, vanne e m'attendi.

SIBARI

Vieni, che poi sereno

alla tua bella in seno

ti troverà l'aurora

quando riporta il dì.

Farai d'invidia allora

impallidir gli amanti

e senza affanni o pianti

tu goderai così.

(parte)

Scena ottava

Ircano, poi Tamiri, indi Mirteo.

IRCANO

O qual rossore avranno

se m'arride il destino

e Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino.

TAMIRI

Che si fa? Che si pensa? Ancor non turba

il valoroso Ircano

né pur con la minaccia i sonni al reo?

IRCANO

Hai difensor più degno, ecco Mirteo.

TAMIRI

Prence che rechi? È vinto

Scitalce ancor?

MIRTEO

Si vincerà, se basta

esporre a tua difesa il sangue mio.

TAMIRI

Il tuo pronto desio

avrà premio da me.

IRCANO

Degno d'affetto

veramente è Mirteo. Rozzo in amore

non è come son io. Ne sa gl'arcani.

È sprezzato e no 'l cura;

è offeso e non s'adira.

Con legge e con misura

or piange ed or sospira;

e pur alla sua fede

un'ombra di speranza è gran mercede.

MIRTEO

No 'l nego.

TAMIRI

Al nuovo giorno

sarà forse mio sposo. Ei non invano

a mio favor s'affanna.

IRCANO

Fortunato Mirteo. (Quanto s'inganna.)

Tu sei lieto, io vivo in pene,

ma se nacqui sventurato

che farò? Soffrir conviene

del destin la crudeltà.

Voi godete; io del mio fato

vado a piangere il rigore.

Così tutta al vostro amore

lascerò la libertà.

(parte)

Scena nona

Tamiri, e Mirteo.

MIRTEO

Felice me, se un giorno

pietosa ti vedrò.

TAMIRI

Se di Scitalce

pria non sei vincitor, tu di Tamiri

possessor non sarai.

MIRTEO

L'avrei punito

s'ei fosse in libertà. Nino lo rese

suo prigionier.

TAMIRI

Perché?

MIRTEO

Per vendicarti.

TAMIRI

Per vendicarmi! E chi richiese a lui

questa vendetta! Io voglio

che il punisca un di voi.

MIRTEO

Libero ei vada,

eccomi pronto.

TAMIRI

A me lascia la cura

della sua libertà. Tu pensa al resto.

MIRTEO

Ubbidirò ma poi

stringerò la tua destra?

TAMIRI

Io mi spiegai

abbastanza con te.

MIRTEO

Sì, ma potresti

pentirti ancor.

TAMIRI

(Quant'è importuno!) Ingiusto

è il tuo timore.

MIRTEO

Oh dio,

così avvezzo son io

invano a sospirar che sempre temo,

sempre m'agita il petto...

TAMIRI

Mirteo cangia favella o cangia affetto.

Io tollerar non posso

un languido amator che mi tormenti

con assidui lamenti,

che mai lieto non sia, che sempre innanzi

mesto mi venga e che tacendo ancora

con la fronte turbata

mi rimproveri ognor ch'io sono ingrata.

MIRTEO

Tiranna, e qual tormento

ti reco mai, se timido e modesto

di palesarti appena

ardisco il mio martir? Sola a sdegnarti

tu sei fra tante e tante

al sospirar d'un rispettoso amante.

Fiumicel, che s'ode appena

mormorar fra l'erbe e i fiori,

mai turbar non sa l'arena

e alle ninfe ed ai pastori

bell'oggetto è di piacer.

Venticel, che appena scuote

picciol mirto o basso alloro,

mai non desta la tempesta

ma cagione è di ristoro

allo stanco passegger.

(parte)

Scena decima

Tamiri, poi Semiramide.

TAMIRI

E qual sul mio nemico

ragione ha Nino! Io chiederò... Ma viene.

Signor, perché si tiene

prigioniero Scitalce?

SEMIRAMIDE

A tuo riguardo.

Voglio che a' piedi tuoi supplice, umile

ti chieda quell'altero

e perdono e pietà.

TAMIRI

Gran pena invero.

Eh non basta al mio sdegno. Io vuò che il petto

esponga al nudo acciaro. Io vuò che sia

la sua vita in periglio e se un rivale

sugl'occhi miei gli trafiggesse il seno

nel suo morir sarei contenta appieno.

SEMIRAMIDE

Ah mal conviene a tenera donzella

mostrar fuor del costume

di brama sì tiranna il core acceso.

TAMIRI

Parli così perché non sei l'offeso.

La sua morte mi giova.

SEMIRAMIDE

(Lo sdegno con l'amor venga alla prova.)

Tamiri ascolta. Alfine

ho desio d'appagarti e già che vuoi

Scitalce estinto io la tua brama adempio.

Ma non chiamarmi poi barbaro ed empio.

TAMIRI

Anzi giusto, anzi amico

chiamar ti deggio.

SEMIRAMIDE

In solitaria parte

farò che innanzi a te cada trafitto.

TAMIRI

Sì sì. Del tuo delitto

tardi ingrato da me pietà vorrai.

SEMIRAMIDE

Che bel piacer avrai del nudo acciaro

vedergli al primo colpo

della morte il terror correr sul viso.

Veder più volte invano

la prigioniera mano

sforzar le sue catene

per dar soccorso alle squarciate vene.

Inutilmente il labbro

tentar gli accenti, la pupilla errante

i rai cercar della smarrita luce,

e alternamente il capo

a vacillare astretto

or sul tergo cadergli ed or sul petto.

TAMIRI

Oh dio.

SEMIRAMIDE

(Già impallidisce.) Odimi. Allora

prima che affatto ei mora

aprigli il sen con le tue mani istesse.

Allor...

TAMIRI

Non più.

SEMIRAMIDE

Strappagli allor quel core

e poi...

TAMIRI

Taci una volta.

SEMIRAMIDE

(Ha vinto amore.)

TAMIRI

A immagini sì fiere

o qual pietade ho intesa.

SEMIRAMIDE

Tu parli di pietade e sei l'offesa?

TAMIRI

Troppo crudel mi vuoi.

SEMIRAMIDE

Ma che vorresti?

TAMIRI

Vorrei...

Scena undicesima

Sibari, e detti.

SIBARI

(a Semiramide)

Come imponesti

Scitalce è qui.

SEMIRAMIDE

L'ascolterò fra poco,

di' che m'attenda.

(Sibari parte)

E ben risolvi, a lui

condoni il fallo?

TAMIRI

No.

SEMIRAMIDE

Dunque s'uccida.

TAMIRI

Né pur.

SEMIRAMIDE

Vedi ch'io deggio

Scitalce udir, spiegami i sensi tuoi.

TAMIRI

Sì digli...

SEMIRAMIDE

Che?

TAMIRI

Dirai... Di' ciò che vuoi.

Non so se sdegno sia,

non so se sia pietà

quella che l'alma mia

così turbando va.

Forse tu meglio assai

l'intenderai di me.

Pensa che odiar vorrei,

pensa che il reo mi piace.

De' giorni miei la pace

tutta confido a te.

(parte)

Scena dodicesima

Semiramide, poi Scitalce senza spada.

SEMIRAMIDE

S'avanzi il prigionier. Mi balza in petto

impaziente il cor. Più non poss'io

coll'idol mio dissimular l'affetto.

SCITALCE

Eccomi, che si chiede? A nuovi oltraggi

vuoi forse espormi? O di mia morte è l'ora?

SEMIRAMIDE

E come hai cor di tormentarmi ancora?

Deh non fingiamo più. Dimmi che vive

nel petto di Scitalce il cor d'Idreno.

Io ti dirò che in seno

vive del finto Nino

Semiramide tua, che per salvarti

ti resi prigionier, ch'io fui l'istessa

sempre per te, che ancor l'istessa io sono.

Torna torna ad amarmi e ti perdono.

SCITALCE

Mi perdoni! E qual fallo?

Forse i tuoi tradimenti?

SEMIRAMIDE

O stelle! O dèi!

I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?

Tu puoi pensarlo?

SCITALCE

Udite. Ella s'offende

come mai non avesse

tentato il mio morir, com'io veduto

non avessi il rival, come se alcuno

non m'avesse avvertito il mio periglio.

Rivolgi altrove o menzognera il ciglio.

SEMIRAMIDE

Che sento! E chi t'indusse

a credermi sì rea?

SCITALCE

So che ti spiacque,

la tua frode svanì. Dell'innocenza

i numi ebber pietà.

SEMIRAMIDE

Que' numi istessi,

se v'è giustizia in cielo,

dell'innocenza mia facciano fede.

Io tradir l'idol mio! Tu fosti e sei

luce degl'occhi miei,

del mio tenero cor tutta la cura.

Ah se il mio labbro mente

di nuovo ingiustamente

come già fece Idreno

torni Scitalce a trapassarmi il seno.

SCITALCE

Tu vorresti sedurmi; un'altra volta

perfida m'ingannasti;

trionfane e ti basti.

Più le lagrime tue forza non hanno.

SEMIRAMIDE

Invero è un grand'inganno

a uno straniero in braccio

sé stessa abbandonar, lasciar per lui

la patria, il genitore.

Se questo è inganno, e qual sarà l'amore?

SCITALCE

Eh ti conosco.

SEMIRAMIDE

E mi deride! Udite

se mostra de' suoi falli alcun rimorso?

Io priego, egli m'insulta,

io tutta umile, egli di sdegno acceso,

la colpevole io sembro ed ei l'offeso.

SCITALCE

No no, la colpa è mia; purtroppo io sento

rimorsi al cor ma sai di che? Di un colpo

che lieve fu, che non t'uccise allora.

SEMIRAMIDE

Barbaro non dolerti, hai tempo ancora.

Eccoti il ferro mio, da te non cerco

difendermi o crudel; saziati, impiaga,

passami il cor, già la tua mano apprese

del ferirmi le vie. Mira, son queste

l'orme del tuo furor; ti volgi altrove?

Riconoscile ingrato e poi mi svena.

SCITALCE

Va', non ti credo.

SEMIRAMIDE

O crudeltade! O pena!

(Tradita, sprezzata

che piango? che parlo!

se pieno d'orgoglio

non crede il dolor.)

(a Scitalce)

Che possa provarlo

quell'anima ingrata,

quel petto di scoglio,

quel barbaro cor!

(Sentirsi morire

dolente e perduta!

Trovarsi innocente!

Non esser creduta!

Chi giunge a soffrire

tormento maggior?)

(parte)

Scena tredicesima

Scitalce.

Partì l'infida e mi lasciò nel seno

un tumulto d'affetti

fra lor nemici. Il suo dolor mi spiace,

la sua colpa aborrisco; e il core intanto

di rabbia freme, e di pietà sospira.

E mi si desta il pianto in mezzo all'ira.

Così fra i dubbi miei

son crudo a me, non son pietoso a lei.

Passegger, che su la sponda

sta del naufrago naviglio,

or al legno ed or all'onda

fissa il guardo e gira il ciglio.

Teme il mar, teme l'arene,

vuol gittarsi e si trattiene

e risolversi non sa.

Pur la vita e lo spavento

perde alfin nel mar turbato.

Quel momento fortunato

quando mai per me verrà!

(parte)

Atto terzo
Scena prima

Campagna su le rive dell'Eufrate con navi che sono incendiate, mura de' giardini reali da un lato con cancelli aperti.
Ircano con séguito di Sciti armati, parte su le navi e parte
su la riva del fiume.

IRCANO

Che fa? Che tarda? Impaziente ormai

la sposa attendo; il nuovo sol già nasce

e Sibari non torna. Ah qualche inciampo

all'impresa trovò. Ma genti ascolto!

È Sibari che vien, Tamiri è mia.

(alle genti su le navi)

Compagni ora vi bramo

solleciti al partir.

Scena seconda

Sibari con spada nuda e detto.

SIBARI

Signor fuggiamo.

IRCANO

E Tamiri dov'è?

SIBARI

Fuggiam, che tutta

di grida femminili

suona la reggia e al femminil tumulto

accorrono i custodi; argine intanto

faran que' pochi sciti

che mi desti all'impresa. Ah, già che il fato

non arrise al disegno,

due vittime togliamo al regio sdegno.

IRCANO

Quest'è la sposa a cui trovarmi in braccio

dovea l'aurora? E tu senza Tamiri

a me ritorni avanti?

SIBARI

Era vano arrischiarmi incontro a tanti.

IRCANO

Ah codardo, quel sangue,

che temesti versar, sparger vogl'io.

SIBARI

Qual ingiusto desio?

E pur colpa non ho...

IRCANO

Cadi trafitto,

sempre in te punirò qualche delitto.

(Ircano cava la spada e Sibari fa lo stesso difendendosi)

Scena terza

Mirteo con spada nuda e detti.

MIRTEO

(di dentro)

Traditori, al mio sdegno

non potrete involarvi.

Esce Mirteo inseguendo alcuni Sciti, che si ritirano alle navi, e dopo lui escono gli Assiri. Tutti con l'armi.

(Sibari veduto Mirteo lascia l'attacco)

SIBARI

Aita o prence.

A difender Tamiri

non basto incontro a lui.

MIRTEO

Barbaro scita,

fra voi colle rapine

si contrastan gli amori?

IRCANO

A tuo dispetto

la sposa avrò.

MIRTEO

L'avrai! Correte assiri,

distrugga il ferro, il fuoco

e le navi e i guerrieri.

IRCANO

Ti svenerò, superbo.

MIRTEO

Invan lo speri.

Ircano, Mirteo e Sibari si diviano combattendo, gli Sciti balzano dalle navi e segue incendio delle dette con zuffa fra gli Sciti e gli Assiri, quale terminata colla fuga de' primi, escono di nuovo combattendo Ircano e Mirteo e resta Ircano perditore.

MIRTEO

Cedi il ferro o t'uccido.

IRCANO

A me l'acciaro

non toglierai, se non rimango estinto.

MIRTEO

No no, vivrai ma disarmato e vinto.

(Mirteo disarma Ircano; e getta la spada)

IRCANO

Crudel destino!

MIRTEO

Assiri,

al re lo scita altero

prigionier conducete.

IRCANO

Io prigioniero!

MIRTEO

Sì, fremi traditor.

IRCANO

Di mie sventure

sarà prezzo il tuo sangue.

MIRTEO

Eh di minacce

tempo non è; grazia e pietade implora.

IRCANO

Grazia e pietà! Farò tremarvi ancora.

Scoglio avvezzo agli oltraggi

e del cielo e del mar giammai non cede.

Impazienti al piede

gli fremon le tempeste,

i folgori sul capo, i venti intorno

e pur di tutti a scorno

in mezzo ai nembi procellosi e neri

fa da lunge tremar navi e nocchieri.

Il ciel mi vuole oppresso;

ma su le mie ruine

il vincitore istesso

impallidir farò.

E se l'ingiusto fato

vorrà ch'io cada alfine,

cadrò ma vendicato,

ma solo non cadrò.

(parte)

Scena quarta

Mirteo, poi Sibari.

MIRTEO

Inutile furor.

SIBARI

Mirteo, respira.

Tu il barbaro opprimesti, i suoi seguaci

io dispersi e fugai; salva è Tamiri,

lode agli dèi.

MIRTEO

Quanto ti deggio, amico.

SIBARI

Il tradimento infame

chi preveder potea! Fu gran ventura

ch'io primiero ascoltassi

lo strepito dell'armi; accorsi e vidi

cinto da quegl'infidi

di Tamiri il soggiorno, aperto il varco

del giardino reale, Ircano armato,

disposto ogni nocchier, sciolto ogni legno.

Compreso il reo disegno

m'inorridì, m'opposi, il brando strinsi

pronto a ceder la vita

ma non la preda al temerario scita.

MIRTEO

Ah prendi in questo amplesso

d'un'eterna amistà Sibari un pegno.

Tu mi rendi la pace; io piangerei

privo dell'idol mio.

SIBARI

L'opre dovute

alcun merto non hanno.

MIRTEO

Che fido cor!

SIBARI

(Che fortunato inganno!)

MIRTEO

Ecco, un rival di meno

per te mi trovo.

SIBARI

Il tuo maggior nemico

non t'è noto però.

MIRTEO

Lo so, Scitalce

funesto è all'amor mio.

SIBARI

Solo all'amore?

Ah Mirteo no 'l conosci.

MIRTEO

Io no 'l conosco?

SIBARI

No. (S'irriti costui.) Scitalce è quello

che col nome d'Idreno

ti rapì la germana.

MIRTEO

Oh dèi, che dici!

Donde Sibari il sai?

SIBARI

Noto in Egitto

egli mi fu; del tuo gran padre allora

ero i custodi a regolare eletto,

quando tu pargoletto

crescevi in Battra a Zoroastro appresso.

MIRTEO

Potresti errar.

SIBARI

Non dubitarne, è desso.

MIRTEO

Ah la pugna s'affretti,

si voli a Nino, il traditor s'uccida.

(in atto di partire)

SIBARI

Ove o prence ti guida

un incauto furor? Taci, che Nino

troppo amico è a Scitalce; e non t'avvedi

che da voi la sua cura

prigionier l'assicura? Ov'è la pena

minacciata con fasto,

per deludervi solo, al suo delitto?

Troppo credulo sei.

MIRTEO

Lo veggo e intanto

che deggio far?

SIBARI

Dissimular lo sdegno,

accertar la vendetta; un vile acciaro

basta a compirla e tuo rossor saria

s'ei per tua man cadesse.

MIRTEO

Ardo di sdegno,

non soffre l'ira mia freno o ritegno.

In braccio a mille furie

sento che l'alma freme,

sento che unite insieme

colle passate ingiurie

tormentano il mio cor.

Quella l'amor sprezzato

dentro il pensier mi desta;

e mi rammenta questa

l'invendicato onor.

(parte)

Scena quinta

Sibari.

SIBARI

Quell'ira ch'io destai

inutile non è. Scitalce estinto

dal dubbio mi difende

ch'ei palesi il mio foglio

e di lei che m'accende

un inciampo mi toglie al letto e al soglio.

So che questa lusinga

di delitto in delitto ognor mi guida;

ma il rimorso a che giova?

Dopo un error commesso

necessario si rende ogn'altro eccesso.

Quando un fallo è strada al regno

non produce alcun rossore,

son del trono allo splendore

nomi vani onore e fé.

Se accoppiar l'incauto ingegno

la virtù spera all'errore,

non adempie alcun disegno,

non è giusto e reo non è.

(parte)

Scena sesta

Gabinetti reali.
Semiramide, poi Mirteo.

SEMIRAMIDE

No 'l voglio udir. Da questa reggia Ircano

parta a momenti.

(una comparsa, ricevuto l'ordine da Semiramide, s'inchina e parte)

Egli perdé nel vile

tradimento intrapreso

ogni ragione all'imeneo conteso.

Mirteo dal tuo valore

riconosce Tamiri...

MIRTEO

Ove s'asconde?

Che fa Scitalce? Al paragon dell'armi

perché non vien?

SEMIRAMIDE

La principessa offesa

tace e solo Mirteo pugnar desia?

MIRTEO

S'ella i suoi torti oblia

io mi rammento i miei;

Scitalce è un traditor.

SEMIRAMIDE

(Che ascolto o dèi!)

MIRTEO

Tu la pugna richiesta

contendermi non puoi, legge è del regno.

Al popolo, alle squadre

la chiederò, se me la neghi; quando

né pur l'ottenga, a trucidar l'indegno

saprò d'un vil ministro armar la mano

e poi non è l'Egitto assai lontano.

SEMIRAMIDE

Qual impeto è mai questo? A me ti fida

caro Mirteo, ti sono amico e penso

al tuo riposo al par di te.

MIRTEO

Tu pensi

a difender Scitalce, egli t'è caro.

Questa è la cura tua, tutto m'è noto.

SEMIRAMIDE

(Che favellar?)

MIRTEO

Risolvi o l'ira mia

libera avvamperà.

SEMIRAMIDE

Taci, un momento

ti chiedo sol, t'appagherò, m'attendi

nelle vicine stanze e torna intanto

a richiamar quel mansueto stile

che t'adornò finora.

MIRTEO

Indarno il chiedi.

Quand'è l'ingiuria atroce

alma pigra allo sdegno è più feroce.

(parte)

Scena settima

Semiramide, poi Scitalce.

SEMIRAMIDE

Che vuol dir quello sdegno!

Chi lo destò! Al germano

forse nota son io, Scitalce è noto.

Oh dio! Per me pavento,

tremo per lui. Che far dovrò? Consiglio

io non trovo al periglio.

Almeno in tanto affanno

ritrovassi placato il mio tiranno.

(s'incontra in Scitalce)

SCITALCE

Basta la mia dimora? E fin a quando

deggio un vile apparir? M'uccidi o rendi

al braccio, al piè la libertade e l'armi.

SEMIRAMIDE

Tu ancora a tormentarmi

colla sorte congiuri? Ah siamo entrambi

in gran periglio, io temo

che Mirteo ci conosca; ai detti suoi,

all'insolito sdegno

quasi chiaro si scorge; e se mai vero

fosse il sospetto, egli vorrà col sangue

punir la nostra fuga e quando invano

pur lo tentasse, al popolo ingannato

al tumulto potria farmi palese.

Sollecito riparo

chiede la sorte mia, pensaci o caro.

SCITALCE

Rendimi il brando e poi

faccia il destino.

SEMIRAMIDE

Un periglioso scampo

questo saria. Ve n'è un miglior.

SCITALCE

Non voglio

da te consigli.

SEMIRAMIDE

Ascolta.

Non ti sdegnare; un imeneo potrebbe

tutto calmar; la mano

se a me tu porgi...

SCITALCE

E l'ascoltarti è vano.

(in atto di partire)

SEMIRAMIDE

Sentimi per pietà. Se me 'l concedi

che mai ti può costar?

SCITALCE

Più che non credi.

(in atto di partire)

SEMIRAMIDE

Odi un momento e poi

vanne pur dove vuoi libero e sciolto.

SCITALCE

Via, per l'ultima volta ora t'ascolto.

SEMIRAMIDE

(Quanto è crudel!) Se la tua man mi porgi

tutto in pace sarà. Vedrà Mirteo

col felice imeneo

giustificato in noi l'antico errore;

più rivale in amore

non gli sarà Scitalce, quando uniti

voi siate in amistà; l'armi d'Egitto,

le forze del tuo regno, i miei fedeli,

se ben scoperta io sono,

saran bastanti a conservarmi il trono.

O sarei pur felice

quando giungessi a terminar la vita

coll'idol mio, col mio Scitalce unita.

Che risolvi? Che dici?

Parla, ch'io già parlai.

SCITALCE

Rendimi il brando

s'altro a dir non ti resta.

SEMIRAMIDE

Così rispondi? E qual favella è questa?

Meglio si spieghi il labbro

né al mio pensiero il tuo pensier nasconda.

SCITALCE

Ma che vuoi ch'io risponda?

Che brami udir? Ch'una spergiura, un'empia,

ch'una perfida sei? Che invan con questi

simulati pretesti

mi pretendi ingannar? Ch'io non ti credo,

che pria d'esserti sposo esser vorrei

sempre in ira agli dèi,

dal suol sepolto o incenerito adesso?

Lo sai né giova replicar l'istesso.

SEMIRAMIDE

E questa è la mercede

che rendi a tanto amore,

anima senza legge e senza fede?

Tradita, disprezzata,

ferita, abbandonata,

mi scopro, ti perdono,

t'offro il talamo, il trono

e non basta a placarti

e a pietà non ti desti.

Qual fiera t'educò? Dove nascesti?

SCITALCE

E ancor con tanto orgoglio...

SEMIRAMIDE

Taci, ingiurie novelle udir non voglio.

Custodi olà!

(esce una guardia e ricevuto l'ordine parte)

Rendete

il brando al prigionier.

Libero sei,

va' pur dove ti guida

il tuo cieco furor, vanne ma pensa

ch'oggi ridotta alla sventura estrema

vendicarmi saprò, pensaci e trema.

Fuggi dagl'occhi miei

perfido, ingannator.

Ricordati che sei,

che fosti un traditor,

ch'io vivo ancora.

Misera a chi serbai

amore, fedeltà,

a un barbaro che mai

non dimostrò pietà,

che vuol ch'io mora.

(parte)

Scena ottava

Scitalce, poi Tamiri.

SCITALCE

E può con tanto fasto

simular fedeltà? Sogno o son desto!

Io non m'inganno, è questo

pur di Sibari il foglio. «Amico Idreno

ad altro amante in seno

Semiramide tua...» Folle a che giova

de' suoi falli la prova

da un foglio mendicar, se agli occhi miei

scoperse il cielo i tradimenti rei?

Ah si scacci dal petto

la tirannia d'un vergognoso affetto.

(partendo s'incontra in Tamiri)

TAMIRI

Prence con chi t'adiri?

SCITALCE

Alfin bella Tamiri

m'avveggo dell'error. Teco un ingrato

so che finora io fui ma più no 'l sono,

concedimi, io lo chiedo, il tuo perdono.

TAMIRI

(Nino parlò per me.) Senti Scitalce?

S'io ti credessi appieno

tutto mi scorderei ma in te sospetto

di qualche ardor primiero

viva la fiamma ancor.

SCITALCE

No, non è vero.

TAMIRI

Chi diverso ti rese?

SCITALCE

Nino fu che m'accese

d'amor per te, mi liberò, mi sciolse,

mi fe' arrossir d'ogn'altro laccio antico.

TAMIRI

(Quanto fa la pietà d'un vero amico!)

Finger tu puoi; no 'l crederò se pria

la tua destra non stringo.

SCITALCE

Ecco la destra mia, vedi se fingo.

TAMIRI

Sì, lo sdegno detesto,

prendi.

(nell'atto che vuol dargli la mano esce Mirteo)

Scena nona

Mirteo, e detti.

MIRTEO

Che ardir? Che tradimento è questo?

Così vieni a pugnar? Chi ti trattiene?

Più non sei prigionier, libero il campo

il re concede, a che tardar? Raccogli

que' spiriti codardi.

SCITALCE

Mirteo, per quanto io tardi

troppo sempre a tuo danno

sollecito sarò.

MIRTEO

Dunque si vada.

TAMIRI

(a Mirteo)

No no, già tutto è in pace,

che tu pugni per me più non intendo.

SCITALCE

(a Tamiri)

Eh lasciami pugnar. Prence t'attendo.

(a Tamiri)

Odi quel fasto?

Scorgi quel foco?

Tutto fra poco

vedrai mancar.

Al gran contrasto

vedersi appresso

non è l'istesso

che minacciar.

(parte)

Scena decima

Tamiri, e Mirteo.

TAMIRI

(S'impedisca il cimento,

si voli al re.)

(in atto di partire)

MIRTEO

Così mi lasci? Ascolta.

TAMIRI

Perdona, un'altra volta

t'ascolterò.

MIRTEO

Dunque mi fuggi?

TAMIRI

Oh dio!

Non ti fuggo, t'inganni.

MIRTEO

E perché mai

così presto involarti?

TAMIRI

Mirteo per pace tua lasciami e parti.

MIRTEO

Per pace mia! Tiranna ad un rivale

quando porgi la mano...

TAMIRI

Prence non più, tu mi tormenti invano.

Non poté la tua fede,

non seppe il volto tuo rendermi amante;

adoro altro sembiante,

sai che d'altre catene ho cinto il core.

MIRTEO

Ma la ragion?

TAMIRI

Ma la ragione è amore.

D'un genio che m'accende

tu vuoi ragion da me?

Non ha ragione amore

o se ragione intende,

subito amor non è.

Un amoroso foco

non può spiegarsi mai.

Di' che lo sente poco

chi ne ragiona assai,

chi ti sa dir perché.

(parte)

Scena undicesima

Mirteo.

Or va', servi un'ingrata; il tuo riposo

perdi per lei, consacra ai suoi voleri

tutte le cure tue, tutti i pensieri.

Ecco con qual mercé

poi si premia la fé di chi l'adora.

Diviene infida e ne fa pompa ancora.

Sentirsi dire

dal caro bene:

«ho cinto il core

d'altre catene»

quest'è un martire,

quest'è un dolore

che un'alma fida

soffrir non può.

Se la mia fede

così l'affanna,

perché tiranna

m'innamorò?

(parte)

Scena dodicesima

Anfiteatro con cancelli chiusi dai lati e trono da una parte.
Semiramide con Guardie e Popolo, Sibari, poi Ircano.

SEMIRAMIDE

Fra tanti affanni miei

vorrei... Ma poi mi pento

e palpitando io vo...

IRCANO

(di dentro)

A forza io passerò.

SIBARI

Quai grida io sento!

IRCANO

(alle guardie entrando in scena)

Mi si contende il varco?

SEMIRAMIDE

E qual ardire

qui ti trattien? Così partisti? Adempi

il mio cenno così?

IRCANO

Vuò del cimento

trovarmi a parte anch'io; lasciar non voglio

la destra di Tamiri ad altri in pace.

SEMIRAMIDE

Tu quella destra audace

non ricusasti? Altra ragion non hai.

IRCANO

La morte io ricusai

non la sua destra. Avvelenato il nappo

Sibari aveva, io non mancai di fede.

SIBARI

Mentitor, chi non vede

che m'incolpi così, perché Tamiri

non ti lasciai rapir. Folle vendetta,

menzogna pueril.

IRCANO

Come! (M'avvampa

di rabbia il cor.) Di rapir lei non ebbi

il consiglio da te, da te l'aita?

Tu sei...

SEMIRAMIDE

Troppo m'irrita

la tua perfidia. A contrastarti il passo

non lo vide Mirteo? Di tue menzogne

arrossisci una volta.

IRCANO

Il mio disegno

solo a punir costui...

SEMIRAMIDE

Eh taci indegno, io te conosco e lui.

Ircano è il menzognero,

è Sibari il fedel.

IRCANO

No, non è vero.

Ei sa meglio ingannarti.

SEMIRAMIDE

Tu vorresti ingannarmi; o taci o parti.

IRCANO

Di rabbia, di sdegno

mi sento morire.

Tacere o partire!

Partire o tacer!

Ah lasciami pria

punir quell'indegno...

SEMIRAMIDE

Non più, si dia della battaglia il segno.

Mentre Semiramide va sul trono, Ircano si ritira ad un lato in faccia a lei. Sibari resta alla sinistra del trono, suonano le trombe, s'aprono i cancelli, dal destro de' quali viene Mirteo e dall'opposto Scitalce, ambedue senza spada, senza cimiero e senza manto.

Scena tredicesima

Mirteo, Scitalce e detti.

MIRTEO

(guardando Scitalce)

(Al traditore in faccia il sangue io sento

agitar nelle vene.)

SCITALCE

(guardando Semiramide)

(Io sento il core

agitarsi nel petto in faccia a lei.)

SEMIRAMIDE

(Spettacolo funesto agli occhi miei!)

(due capitani delle guardie presentano l'armi a Scitalce e a Mirteo e si ritirano appresso i cancelli)

IRCANO

(Io non parlo e m'adiro.)

SIBARI

(Io temo e spero.)

SEMIRAMIDE

Principi, il cor guerriero

dimostraste abbastanza; ognun ravvisa

nella vostra prontezza il vostro ardire.

Ah le contrade assire

non macchi il vostro sangue, io so che il campo

contendervi non posso e no 'l contendo.

Sol coi prieghi pretendo

la tragedia impedir. Vivete e sia

prezzo di tanto dono

la vita mia, la mia corona, il trono.

MIRTEO

No, desio vendicarmi.

SCITALCE

No, l'ira mi trasporta.

MIRTEO

All'armi.

SCITALCE

All'armi.

SEMIRAMIDE

(O giusti dèi son morta.)

(mentre si battono esce frettolosa Tamiri)

Scena ultima

Tamiri, e detti.

TAMIRI

Mirteo, Scitalce, oh dio!

Fermatevi, che fate?

È inutile la pugna, io la richiesi,

io più non la desio.

MIRTEO

Se a te non piace,

è necessaria a me; vendico i miei

non i tuoi torti; è un traditor costui,

mentisce il nome, egli s'appella Idreno,

egli la mia germana

dall'Egitto rapì.

SIBARI

(Stelle che fia!)

SCITALCE

Saprò qualunque io sia...

SEMIRAMIDE

Mirteo t'inganni.

Io conosco Scitalce,

quell'Idreno non è.

MIRTEO

L'ascondi invano.

Nella reggia d'Egitto

Sibari lo conobbe, egli l'afferma.

SIBARI

(Ahimè!)

SCITALCE

(a Sibari)

Tu mi tradisci

perfido amico?

(a Mirteo)

È ver, mi finsi Idreno,

t'involai la germana.

MIRTEO

Ove si trova

Semiramide rea? Parla! Rispondi

pria che io versi il tuo sangue.

SEMIRAMIDE

(Oh dio mi scopre!)

SCITALCE

No 'l so, con questa mano

il petto le passai

e fra l'onde del Nilo io la gittai.

TAMIRI

Che crudeltà!

IRCANO

Che ascolto!

MIRTEO

A tanto eccesso

empio giungesti?

SCITALCE

(cava il foglio e lo dà a Mirteo)

In questo foglio vedi

s'ella fu, s'io son reo;

Sibari lo vergò, leggi Mirteo.

SIBARI

(Tremo.)

SEMIRAMIDE

(Che foglio è quello?)

MIRTEO

(legge)

«Amico Idreno,

ad altro amante in seno

Semiramide tua porti tu stesso.

L'insidia è al Nilo appresso. Ella, che brama

solo esporti al periglio

di doverla rapir, ti finge amore,

fugge con te ma col disegno infame

di privarti di vita

e poi trovarsi unita

a quello a cui la stringe il genio antico.

Vivi; ha di te pietà Sibari amico.»

SEMIRAMIDE

(Anima rea.)

SIBARI

(Che incontro.)

SEMIRAMIDE

E tanto ardisti

Sibari d'asserir? Di nuovo afferma

s'è verace quel foglio o menzognero.

Guardami.

SIBARI

(Che dirò!) Sì tutto è vero.

SEMIRAMIDE

(O tradimento!)

MIRTEO

Appieno

Sibari io non t'intendo. In questo foglio

tu di Scitalce amico

l'avverti d'un periglio; e poi ti sento

accusarlo, irritarmi

perch'ei rimanga oppresso.

Come amico e nemico

di Scitalce si fa Sibari istesso?

SIBARI

Allor... (Mi perdo...) Io non credea... Parlai...

MIRTEO

Perfido ti confondi. Ah Nino è questi

un traditor, dal labbro suo si tragga

a forza il ver.

SEMIRAMIDE

(Se qui a parlar l'astringo

al popolo mi scopre.) In chiuso loco

costui si porti e sarà mia la cura

che il tutto a me palesi.

SIBARI

In questa guisa

Nino mi tratti? A che portarmi altrove?

Qui parlerò.

SEMIRAMIDE

No, vanne, i detti tuoi

solo ascoltar vogl'io.

SCITALCE

Perché?

MIRTEO

Resti.

IRCANO

Si senta.

SIBARI

Udite.

SEMIRAMIDE

(Oh dio!)

SIBARI

Semiramide amai. Lo tacqui; intesi

l'amor suo con Scitalce. A lei concessi

agio a fuggir; quanto quel foglio afferma

finsi per farla mia.

SCITALCE

Numi! Fingesti?

Io pur con lei fuggendo

vidi il rival, vidi gli armati.

SIBARI

Io fui

che mal noto fra l'ombre

sul Nilo v'attendea. Volli assalirti

vedendoti con lei

ma fra l'ombre in un tratto io vi perdei.

SCITALCE

Ah perfido. (Che feci!)

SIBARI

Udite; ancora

molto mi resta a dir.

SEMIRAMIDE

Sibari basta.

IRCANO

No pria si chiami autore

de' falli apposti a me.

SIBARI

Tutti son miei.

SEMIRAMIDE

Basta, non più.

SIBARI

No, non mi basta.

SEMIRAMIDE

(O dèi!)

SIBARI

Già che perduto io sono,

altro lieto non sia. Popoli a voi

scopro un inganno, aprite i lumi; ingombra

una femmina imbelle il vostro impero.

SEMIRAMIDE

(s'alza in piedi sul trono)

Taci. (È tempo d'ardir.) Popoli è vero.

Semiramide io son; del figlio invece

regnai finor ma per giovarvi. Io tolsi

del regno il freno ad una destra imbelle

non atta a moderarlo; io vi difesi

dal nemico furor; d'eccelse mura

Babilonia adornai.

Coll'armi io dilatai

i regni dell'Assiria. Assiria istessa

dica per me se mi provò finora

sotto spoglia fallace

ardita in guerra e moderata in pace.

(depone la corona sul trono)

Se sdegnate ubbidirmi, ecco depongo

il serto mio, non è lontano il figlio,

dalla reggia vicina

porti sul trono il piè.

CORO

Viva lieta e sia reina

chi finor fu nostro re.

(Semiramide si ripone in capo la corona)

MIRTEO

Ah germana.

SEMIRAMIDE

Ah Mirteo.

(scende dal trono ed abbraccia Mirteo)

SCITALCE

Perdono o cara.

Son reo...

(s'inginocchia)

SEMIRAMIDE

(porge la mano a Scitalce)

Sorgi e t'assolva

della mia destra il dono.

SCITALCE

Oh dio! Tamiri,

coll'idol mio sdegnato

io ti promisi amor.

TAMIRI

Tolgano i numi

ch'io turbi un sì bel nodo; in questa mano

ecco il premio, Mirteo, da te bramato.

(Tamiri dà la mano a Mirteo)

SCITALCE

Anima generosa!

MIRTEO

O me beato!

IRCANO

Lasciatemi svenar Sibari e poi

al Caucaso natio torno contento.

SEMIRAMIDE

(ad Ircano)

D'ogni esempio maggiori

principe i casi miei vedi che sono;

sia maggior d'ogn'esempio anche il perdono.

CORO

Donna illustre il ciel destina

a te regni, imperi a te.

Viva lieta e sia reina

chi finor fu nostro re.

Fine del libretto.

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