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La serva padrona

LA SERVA PADRONA

Intermezzo in due parti.

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Libretto di Gennarantonio FEDERICO.
Musica di Giovanni Battista PERGOLESI.

Prima esecuzione: 5 settembre 1733, Napoli.


Personaggi:

SERPINA

soprano

UBERTO

basso


Vespone, servo di Uberto, che non parla.



Parte prima

[Sinfonia]

Scena unica

Anticamera.
Uberto non interamente vestito, e Vespone di lui servo, poi Serpina.

[Aria]

UBERTO

Aspettare e non venire,

stare a letto e non dormire,

ben servire e non gradire,

son tre cose da morire.

Recitativo

Questa è per me disgrazia;

son tre ore che aspetto, e la mia serva

portarmi il cioccolatte non fa grazia,

ed io d'uscire ho fretta.

O flemma benedetta! Or sì, che vedo

che per esser sì buono con costei,

la causa son di tutti i mali miei.

(chiama Serpina vicino alla scena)

Serpina... Vien domani.

(a Vespone)

E tu altro che fai?

A che quieto ne stai come un balocco?

(Vespone cerca scusarsi)

Come? che dici? eh sciocco! Vanne, rompiti

presto il collo. Sollecita;

vedi che fa.

(Vespone va dentro)

Gran fatto! Io m'ho cresciuta

questa serva piccina.

L'ho fatta di carezze, l'ho tenuta

come mia figlia fosse! Or ella ha preso

perciò tanta arroganza,

fatta è sì superbona,

che alfin di serva diverrà padrona.

Ma bisogna risolvermi in buon'ora...

e quest'altro babbion ci è morto ancora.

SERPINA

L'hai finita? Ho bisogno

che tu mi sgridi? E pure io non sto comoda,

ti dissi.

UBERTO

(Brava!)

SERPINA

(a Vespone)

E torna! Se il padrone

ha fretta, non l'ho io, il sai?

UBERTO

(Bravissima!)

SERPINA

(a Vespone)

Di nuovo! Oh tu da senno

vai stuzzicando la pazienza mia,

e vuoi che un par di schiaffi alfin ti dia.

(batte Vespone)

UBERTO

Olà, dove si sta?

Olà, Serpina! Non ti vuoi fermare?

SERPINA

Lasciatemi insegnare

la creanza a quel birbo.

UBERTO

Ma in presenza del padrone?

SERPINA

Adunque

perch'io son serva, ho da esser sopraffatta.

Ho da essere maltrattata? No signore,

voglio esser rispettata,

voglio esser riverita come fossi

padrona, arcipadrona, padronissima.

UBERTO

Che diavol ha vossignoria illustrissima?

Sentiam, che fu?

SERPINA

Cotesto impertinente...

UBERTO

(a Vespone)

(accennando)

Queto tu...

SERPINA

Venne a me...

UBERTO

Queto, t'ho detto...

SERPINA

E con modi sì impropri...

UBERTO

(a Vespone)

Queto, queto... Che sii tu maledetto.

SERPINA

Ma me la pagherai.

UBERTO

Io costui t'inviai...

SERPINA

Ed a che fare?

UBERTO

A che far? Non ti ho chiesto

il cioccolatte, io?

SERPINA

Ben, e per questo?

UBERTO

E m'ha da uscir l'anima aspettando

che mi si porti?

SERPINA

E quando

voi prenderlo dovete?

UBERTO

Adesso. Quando?

SERPINA

E vi par ora questa? È tempo ormai

di dover desinare.

UBERTO

Adunque?

SERPINA

Adunque?

Io già no 'l preparai

voi di men ne farete,

padron mio bello, e ve ne cheterete.

UBERTO

Vespone, ora che ho preso

il cioccolatte già

dimmi: «Buon pro vi faccia e sanità.»

(Vespone ride)

SERPINA

Di chi ride quell'asino?

UBERTO

Di me, che ho più flemma d'una bestia.

Ma bestia non sarò,

più flemma non avrò,

il giogo scuoterò,

e quel che non ho fatto alfin farò!

[Aria]

(a Serpina)

Sempre in contrasti

con te si sta.

E qua e là,

e su e giù

e sì e no.

Or questo basti,

finir si può.

(a Vespone)

Ma che ti pare?

Ho io a crepare?

Signor mio, no.

(a Serpina)

Però dovrai

per sempre piangere

la tua disgrazia,

e allor dirai

che ben ti sta.

(a Vespone)

Che dici tu?

Non è così?

Ma così va!

Recitativo

SERPINA

In somma delle somme per attendere

al vostro bene io mal ne ho da ricevere?

UBERTO

(a Vespone)

Poveretta! la senti?

SERPINA

Per aver di voi cura, io, sventurata,

debbo esser maltrattata?

UBERTO

Ma questo non va bene.

SERPINA

Burlate, sì!

UBERTO

Ma questo non conviene.

SERPINA

E pur qualche rimorso aver dovreste

di farmi e dirmi ciò che dite e fate.

UBERTO

Così è, da dottoressa voi parlate.

SERPINA

Voi mi state sui scherzi, ed io m'arrabbio.

UBERTO

Non v'arrabbiate, capperi.

(a Vespone)

Ha ragione.

Tu non sai che ti dir? Va' dentro, prendimi

il cappello, la spada ed il bastone,

ché voglio uscir.

SERPINA

Mirate.

Non ne fate una buona, e poi Serpina

è di poco giudizio.

UBERTO

Ma lei

che diavolo vuol mai dai fatti miei?

SERPINA

Non vo' che usciate adesso,

gli è mezzodì. Dove volete andare?

Andatevi a spogliare.

UBERTO

E il gran malanno

che mi faresti...

SERPINA

Oibò, non occorre altro.

Io vo' così, non uscirete, io l'uscio

a chiave chiuderò.

UBERTO

Ma parmi questa

massima impertinenza.

SERPINA

Eh sì, suonate.

UBERTO

Serpina, il sai, che rotta m'hai la testa?

[Aria]

SERPINA

Stizzoso, mio stizzoso

voi fate il borïoso,

ma non vi può giovare.

Bisogna al mio divieto

star cheto, e non parlare.

E... Serpina vuol così.

Cred'io che m'intendete,

dacché mi conoscete

son molti e molti dì.

Recitativo

UBERTO

Benissimo.

(a Vespone)

Hai tu inteso? Ora al suo loco

ogni cosa porrà vossignoria,

ché la padrona mia vuol ch'io non esca.

SERPINA

Così va bene.

(a Vespone)

Andate, e non v'incresca...

(Vespone vuol partire e poi si ferma)

Tu ti fermi? Tu guardi?

Ti meravigli, e che vuol dir?

UBERTO

Sì, fermati,

guardami, meravigliati,

fammi de' scherni, chiamami asinone,

dammi anche un mascellone,

ch'io cheto mi starò,

anzi la man allor ti bacerò...

(bacia la mano a Vespone)

SERPINA

Che fa... che fate?

UBERTO

Scostati, malvagia.

Vattene, insolentaccia. In ogni conto

vo' finirla. Vespone,

in questo punto trovami una moglie,

e sia anche un'arpia, a suo dispetto

io mi voglio casare.

Così non dovrò stare

a questa manigolda più soggetto.

SERPINA

Oh! qui vi cade l'asino! Casatevi,

che fate ben; l'approvo.

UBERTO

L'approvate?

Manco mal, l'approvò.

Dunque io mi caserò.

SERPINA

E prenderete me?

UBERTO

Te?

SERPINA

Certo.

UBERTO

Affé!

SERPINA

Affé.

UBERTO

Io non so chi mi tien...

(a Vespone)

Dammi il bastone...

tanto ardir!

SERPINA

Oh! voi far e dir potrete

che null'altra che me sposar dovrete.

UBERTO

Vattene figlia mia.

SERPINA

Voleste dir mia sposa.

UBERTO

O stelle! o sorte!

Oh! Questa è per me morte.

SERPINA

O morte o vita,

così esser dée: l'ho fisso già in pensiero.

UBERTO

Questo è un altro diavolo più nero.

[Duetto]

SERPINA

Lo conosco a quegli occhietti

furbi, ladri, malignetti,

che, sebben voi dite no,

pur m'accennano di sì.

UBERTO

Signorina, v'ingannate.

Troppo in alto voi volate,

gli occhi ed io dicon no,

ed è un sogno questo, sì.

SERPINA

Ma perché? Non son grazïosa

non son bella e spiritosa?

Su, mirate, leggiadria,

ve' che brio, che maestà.

UBERTO

(Ah! costei mi va tentando;

quanto va che me la fa.)

SERPINA

(Ei mi par che va calando.)

Via, signore.

UBERTO

Eh! vanne via.

SERPINA

Risolvete.

UBERTO

Eh! Matta sei.

SERPINA

Son per voi gli affetti miei

e dovrete sposar me.

UBERTO

(Oh che imbroglio egli è per me!)

Parte seconda
Scena unica

Camera.
Serpina e Vespone in abito da soldato, poi Uberto vestito per uscire.

Recitativo

SERPINA

Or che fatto ti sei dalla mia parte,

usa, Vespone, ogn'arte:

se l'inganno ha il suo effetto,

se del padrone io giungo ad esser sposa.

Tu da me chiedi, e avrai,

di casa tu sarai

il secondo padrone, io te 'l prometto.

UBERTO

Io crederei, che la mia serva adesso,

anzi, per meglio dir, la mia padrona,

d'uscir di casa mi darà il permesso.

SERPINA

Ecco, guardate: senza la mia licenza

pur si volle vestir.

UBERTO

Or sì, che al sommo

giunta è sua impertinenza.

Temeraria! E di nozze

richiedermi ebbe ardir!

SERPINA

T'asconderai

per ora in quella stanza

e a suo tempo uscirai.

UBERTO

(accorgendosi di Serpina)

Oh qui sta ella.

Facciam nostro dover. Posso o non posso?

Vuole o non vuol la mia padrona bella?...

SERPINA

Eh, signor, già per me è finito il gioco,

e più tedio fra poco

per me non sentirà.

UBERTO

Cred'io che no.

SERPINA

Prenderà moglie già.

UBERTO

Cred'io che sì,

ma non prenderò te.

SERPINA

Cred'io che no.

UBERTO

Oh! affatto così è.

SERPINA

Cred'io che sì:

fa d'uopo ancor ch'io pensi a' casi miei.

UBERTO

Pensaci, far lo déi.

SERPINA

Io ci ho pensato.

UBERTO

E ben?

SERPINA

Per me un marito io m'ho trovato.

UBERTO

Buon pro vi faccia. E lo trovaste a un tratto

così già detto e fatto?

SERPINA

Più in un'ora

venir suol che in cent'anni.

UBERTO

Alla buon'ora!

Posso saper chi egli è?

SERPINA

L'è un militare.

UBERTO

Ottimo affé! Come si chiamare?

SERPINA

Il capitan Tempesta.

UBERTO

Oh! brutto nome.

SERPINA

E al nome sono i fatti

corrispondenti: egli è poco flemmatico.

UBERTO

Male.

SERPINA

Anzi è lunatico.

UBERTO

Peggio.

SERPINA

Va presto in collera.

UBERTO

Pessimo.

SERPINA

E quando poi è incollerito,

fa ruina, scompigli,

fracassi, un via, via.

UBERTO

Ci anderà mal la vostra signoria.

SERPINA

Perché?

UBERTO

S'è lei così schiribizzosa

meco, ed è serva: ora pensa

con lui essendo sposa. Senza dubbio

il capitan Tempesta

in collera anderà

e lei di bastonate

una tempesta avrà.

SERPINA

A questo poi Serpina penserà.

UBERTO

Me ne dispiacerebbe; alfin del bene

io ti volli, e tu 'l sai.

SERPINA

Tanto obbligata.

Intanto attenda a conservarsi, goda

colla sua sposa amata,

e di Serpina non si scordi affatto.

UBERTO

A te perdoni il ciel: l'esser tu troppo

borïosa venir mi fe' a tal atto.

[Aria]

SERPINA

A Serpina penserete

qualche volta, e qualche dì

e direte: «Ah! poverina,

cara un tempo ella mi fu.»

(Ei mi par che già pian piano

s'incomincia a intenerir.)

S'io poi fui impertinente,

mi perdoni: malamente

mi guidai: lo vedo, sì.

(Ei mi stringe per la mano,

meglio il fatto non può gir.)

Recitativo

UBERTO

(Ah! quanto mi sa male

di tal risoluzione, ma n'ho colpa io.)

SERPINA

(Di' pur fra te che vuoi

che ha da riuscir la cosa a modo mio.)

UBERTO

Orsù, non dubitare,

che di te mai non mi saprò scordare.

SERPINA

Vuol vedere il mio sposo?

UBERTO

Sì, l'avrei caro.

SERPINA

Io manderò per lui;

giù in strada ei si trattien.

UBERTO

Va'.

SERPINA

Con licenza.

Serpina parte.

UBERTO

Or indovina chi sarà costui!

Forse la penitenza

farà così di quanto

ella ha fatto al padrone. S'è ver, come mi dice, un tal marito

la terrà fra la terra ed il bastone.

Ah! poveretta lei! Per altro io penserei...

ma... ella è serva... ma... il primo non saresti...

dunque, la sposeresti?... Basta... Eh no, no, non sia.

Su, pensieri ribaldi andate via.

Piano, io me l'ho allevata:

so poi com'ella è nata... Eh! che sei matto!

Piano di grazia... Eh... non pensarci affatto...

ma... Io ci ho passïone,

e pur... quella meschina... Eh torna... oh dio!...

eh, siam da capo... Oh! che confusione.

[Aria]

Son imbrogliato io già;

ho un certo che nel core

che dir per me non so

s'è amore, o s'è pietà.

Sento un che, poi mi dice:

Uberto, pensa a te.

Io sto fra il sì e il no

fra il voglio e fra il non voglio,

e sempre più m'imbroglio.

Ah! misero, infelice,

che mai sarà di me!

Recitativo

Entra Serpina con Vespone in abito come sopra.

SERPINA

Favorisca, signor... passi.

UBERTO

Padrona.

(a Serpina)

È questi?

SERPINA

Questi è desso.

UBERTO

(Oh brutta cera!

Veramente ha una faccia tempestosa.)

E così, caro il capitan Tempesta,

si sposerà già questa mia ragazza?

O ben n'è già contento...

(Vespone accenna di sì)

O ben non vi ha

difficoltà?

(Vespone come sopra)

O ben... Egli mi pare

che abbia poche parole.

SERPINA

Anzi pochissime.

(a Vespone)

Vuole me?

(ad Uberto)

Con permissïone.

(e va a Vespone con cui si mette a parlar segreto)

UBERTO

(E in braccio

a quel brutto nibbiaccio

deve andar quella bella colombina?)

SERPINA

Sapete cosa ha detto?

UBERTO

Di' Serpina.

SERPINA

Che vuole che mi diate

la dote mia.

UBERTO

La dote tua? Che dote?

Sei matta?

SERPINA

Non gridate,

ch'egli in furia darà.

UBERTO

Può dar in furia

più d'Orlando furioso.

Che a me punto non preme.

SERPINA

Oh! Dio!

(Vespone finge di andare in collera)

SERPINA

Vedete pur ch'egli già freme.

UBERTO

(a Serpina)

Oh! che guai! Va' là tu! (Statti a vedere

che costui mi farà...) Ben, cosa dice?

SERPINA

Che vuole almeno quattromila scudi.

UBERTO

Canchero! Oh! questa è bella!

Vuole una bagattella!

Ah! padron mio...

(Vespone vuol mettere mano allo spada)

Non signore... Serpina...

che mal abbia. Vespone

dove sei?

SERPINA

Ma, padrone

il vostro male andate voi cercando.

UBERTO

Senti un po'. Con costui hai tu concluso?

SERPINA

Io ho concluso e non concluso. Adesso...

(finge di parlare con Vespone)

UBERTO

Statti a veder, che questo maledetto

capitano farà precipitarmi.

SERPINA

Egli ha detto...

UBERTO

Che cosa ha detto? (Ei parla per interprete.)

SERPINA

Che, o mi date la dote

di quattro mila scudi,

o non mi sposerà.

UBERTO

Ha detto?

SERPINA

Ha detto.

UBERTO

E se egli non ti sposa a me ch'importa?

SERPINA

Ma che mi avrete a sposar voi.

UBERTO

Ha detto?

SERPINA

Ha detto, o che altrimenti

in pezzi vi farà.

UBERTO

Oh! Questo non l'ha detto!

SERPINA

E lo vedrà.

UBERTO

L'ha detto... sì, signora.

(Vespone fa cenno di minacciare Uberto)

Eh! non s'incomodi,

che giacché per me vuol così il destino,

or io la sposerò.

SERPINA

Mi dia la destra

in sua presenza.

UBERTO

Sì.

SERPINA

Viva il padrone.

UBERTO

Va ben così?

SERPINA

E viva ancor Vespone.

(Vespone si leva i mustacchi)

UBERTO

Ah! ribaldo! tu sei? E tal inganno...

lasciami...

SERPINA

E non occorre

più strepitar. Ti son già sposa, il sai.

UBERTO

È ver, fatta me l'hai: ti venne buona.

SERPINA

E di serva divenni io già padrona.

[Duetto (a)]

SERPINA

Contento tu sarai,

avrai amor per me?

UBERTO

So che contento è il core

e amore avrò per te.

SERPINA

Di pur la verità.

UBERTO

Quest'è la verità.

SERPINA

Oh dio! mi par che no.

UBERTO

Non dubitar, oibò!

SERPINA

Oh sposo grazïoso!

UBERTO

Diletta mia sposetta!...

Insieme

SERPINA

Così mi fai goder.

UBERTO

Sol tu mi fai goder.

SERPINA

Se comandar vorrò,

disgusto non avrai

or serva più non son.

UBERTO

Disgusto non avrò,

se comandar vorrai:

ma con discrezion.

SERPINA

Quanto sei caro, quanto!

UBERTO

Quanto sei cara, quanto!

SERPINA E UBERTO

Quest'è per me piacer!

Variante del duetto finale

Finale in uso nel settecento, tratto dal «Flaminio» di G. B. Pergolesi e G. Federico, eseguito a Napoli nell'autunno 1735.

[Duetto (b)]

SERPINA

Per te ho io nel core

il martellin d'amore

che mi percuote ognor.

UBERTO

Mi sta per te nel core

con un tamburo amore,

e batte forte ognor.

SERPINA

Deh! senti il tippitì.

UBERTO

Lo sento, è vero, sì,

tu senti il tappatà.

SERPINA

È vero il sento già.

UBERTO

Ma questo ch'esser può?

SERPINA

Io no 'l so.

UBERTO

No 'l so io.

SERPINA

Ah caro.

UBERTO

Ah gioia.

SERPINA E UBERTO

Oh dio!

Ben te lo puoi pensar.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 15/05/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40 (W)

Locandina Parte prima Scena unica Parte seconda Scena unica Variante del duetto finale