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Lucio Silla

LUCIO SILLA

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Giovanni DE GAMERRA, Pietro METASTASIO.
Musica di Wolfgang Amadeus MOZART.

Prima esecuzione: 26 dicembre 1772, Milano.


Attori:

Lucio SILLA dittatore

tenore

GIUNIA figlia di Cajo Mario, e promessa sposa di

soprano

CECILIO senatore proscritto

soprano

Lucio CINNA patrizio romano amico di Cecilio, e nemico occulto di Lucio Silla

soprano

CELIA sorella di Lucio Silla

soprano

AUFIDIO tribuno amico di Lucio Silla

tenore


Guardie. Senatori, Nobili, Soldati, Popolo, Donzelle.

La scena è in Roma nel palazzo di L. Silla, e ne' luoghi contigui al medesimo.

Altezze reali

Non ommetteremmo la possibile diligenza per sperare, che il presente spettacolo rimeritar possa il generoso gradimento delle aa. vv. rr.

Degnatevi perciò di riguardarlo con quella benignità, di cui ne abbiamo tante prove, ed animati da tal lusinga con profondissimo ossequio ci protestiamo di aa. vv. rr.

divotiss. obbligatiss. servitori

Gli associati nel Regio-ducal teatro.

Argomento

Son note nell'istoria le inimicizie di Lucio Silla, e di Mario. È palese altresì il modo con cui il primo trionfò del suo emulo. Non può a Silla negarsi il vanto di gran guerriero felice in tutte le sue marziali intraprese. Ma co' la crudeltà, coll'avarizia, co' la volubilità, e co' le dissolutezze adombrò la gloria del proprio valore. I molti suoi amori lo caratterizzarono per uomo celebre nella galanteria, quanto glorioso nell'armi, e questa inclinazione, come ci assicura Plutarco, gli fu compagna fino nell'età sua più avanzata. Lucio Cinna, da esso innalzato a sommi onori co' la promessa di secondarlo, e d'assisterlo, celò poi contro di lui sotto le sembianze dell'amicizia un odio il più implacabile. Aufidio tribuno, menzognero adulatore, fu quello, che precipitar facea Silla negl'eccessi i più vergognosi. Fra l'incostanza, l'avarizia, e la crudeltà, che lo dominavano, era soggetto talora a quei rimorsi, che non si allontanano da un core, in cui per anche non si sono affatto estinti i lumi della ragione, e gl'impulsi della virtù. Odioso a tutta Roma lo resero le stragi, l'usurpatasi dittatura, la proscrizione, e la morte di tanti cittadini, ma degna fu d'ogni encomio la volontaria sua abdicazione, per cui cedette le insegne di dittatore, richiamando in Roma tutti i proscritti, e anteponendo all'impero, e alle grandezze la tranquillità d'una oscura vita privata. Dall'istoria non meno rilevasi, che la famiglia dei Cecili fu sempre affezionatissima al partito di Caio Mario. (Plutarco in Syll.)

Da tali istorici fondamenti è tratta l'azione di questo dramma, la quale è per verità fra le più grandi, come ha sensatamente osservato il sempre celeste, e inimitabile sig. abate Pietro Metastasio, che co' la sua rara affabilità s'è degnato d'onorare il presente drammatico componimento d'una pienissima approvazione. Allorché questa proviene dalla meditazion profonda, e dalla lunga, e gloriosa esperienza dell'unico maestro dell'arte, esser deve ad un giovane autore il maggior d'ogni elogio.

Atto primo

[Ouverture]

Molto allegro (re maggiore) / Andante (la maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.

Scena prima

Solitario recinto sparso di molti alberi con rovine d'edifizi diroccati.
Riva del Tebro.
In distanza veduta del monte Quirinale con piccolo tempio in cima.
Cecilio, indi Cinna.

Recitativo

CECILIO

Ah ciel, l'amico Cinna

qui attendo invan. L'impazienza mia

cresce nel suo ritardo. Oh come mai

è penoso ogn'istante

al core uman se pende

fra la speme, e il timor! I dubbi miei...

ma non m'inganno. Ei vien. Lode agli dèi.

CINNA

Cecilio, oh con qual gioia

pur ti riveggio! Ah lascia,

che un pegno io t'offra or che son lieto appieno,

d'amistate, e d'affetto in questo seno.

CECILIO

Quanto la tua venuta

accelerò coi voti

l'inquieta alma mia. Quai non produsse

la tua tardanza in lei

smanie, e spaventi, e quali

immagini funeste

s'affollano al pensier. L'alma agitata

s'affanna, si confonde...

CINNA

Il mio ritardo altro motivo asconde.

Tutto da me saprai.

CECILIO

Deh non t'offenda

l'impazienza mia... Giunia, la cara,

la fida sposa è sempre

tutt'amor, tutta fé? Que' dolci affetti,

ch'un tempo mi giurò, rammenta adesso?

È 'l suo tenero core anche l'istesso?

CINNA

Ella estinto ti piange...

CECILIO

Ah come?... Ah dimmi!

Dimmi: e chi tal menzogna

osò d'immaginar?

CINNA

L'arte di Silla

per trionfar del di lei fido amore.

CECILIO

A consolar si voli il suo dolore.

(in atto di partire)

CINNA

Deh, t'arresta. E non sai,

che 'l tuo ritorno è così gran delitto,

che guida a morte un cittadin proscritto?

CECILIO

Per serbarmi una vita,

ch'odio senza di lei,

dunque lasciar potrei la sposa in preda

a un ingiusto, a un crudel?

CINNA

M'ascolta. E dove, di riveder tu speri

la tua Giunia fedel? nel proprio tetto

Silla la trasse...

CECILIO

E Cinna

ozioso spettator soffrì?...

CINNA

Che mai

solo tentar potea? Pur troppo è vano

il contrastar con chi ha la forza in mano.

CECILIO

Dunque, nemici dèi

di riveder la sposa

più sperar non poss'io?

CINNA

M'odi. Non lungi

da questa ignota parte

il tacito recinto

ergesi al ciel, che nelle mute soglie

de' trapassati eroi le tombe accoglie.

CECILIO

Che far degg'io?

CINNA

Passarvi

per quel sentiero ascoso,

che fra l'ampie rovine a lui ne guida.

CECILIO

E colà che sperar?

CINNA

Sai che confina

col palazzo di Silla. In lui sovente

da' fidi suoi seguita

fra 'l dì Giunia vi scende. Ivi sovente

alla mest'urna accanto

del genitor, la suol bagnar di pianto.

Sorprenderla potrai. Potrai nel seno

farle destar la speme,

che già s'estinse, e consolarvi insieme.

CECILIO

Oh me beato!

CINNA

Altrove

co' molti amici in tua difesa uniti

frattanto io veglierò. Gli dèi

oggi render sapran dopo una lunga

vil servitù penosa

la libertà a Roma, a te la sposa.

[N. 1 - Aria]

Allegro (si bemolle maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

Vieni ov'amor t'invita

vieni, che già mi sento

del tuo vicin contento

gli alti presagi in sen.

Non è sempre il mar cruccioso,

non è sempre il ciel turbato,

ride alfin, lieto e placato

fra la calma, ed il seren.

(parte)

Scena seconda

Cecilio solo.

Recitativo accompagnato

Andante (sol maggiore) / Allegro / Andantino / Allegro / Adagio

Archi.

Dunque sperar poss'io

di pascer gli occhi miei

nel dolce idolo mio? Già mi figuro

la sua sorpresa, il suo piacer. Già sento

suonarmi intorno i nomi

di mio sposo, mia vita. Il cor nel seno

col palpitar mi parla

de' teneri trasporti, e mi predice...

Oh ciel sol fra me stesso

qui di gioia deliro, e non m'affretto

la sposa ad abbracciar? Ah forse adesso

sul morir mio delusa

priva d'ogni speranza, e di consiglio

lagrime di dolor versa dal ciglio!

[N. 2 - Aria]

Allegro aperto (fa maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni.

Il tenero momento

premio di tanto amore

già mi dipinge il core

fra i dolci suoi pensier.

E qual sarà il contento,

ch'al fianco suo m'aspetta,

se tanto ora m'alletta

l'idea del mio piacer?

Scena terza

Appartamenti destinati a Giunia, con statue delle più celebri donne romane.
Silla, Celia, Aufidio, e Guardie.

Recitativo

SILLA

A te dell'amor mio, del mio riposo

Celia, lascio il pensier. Rendi più saggia

l'ostinata di Mario altera figlia.

E a non sprezzarmi alfin tu la consiglia.

CELIA

German sai, che finora

tutto feci per te. Vuò lusingarmi

di vederla cangiar.

AUFIDIO

Quella superba

co' le preghiere, e coi consigli invano

sia che si tenti. Un dittator sprezzato,

che da Roma, e dal mondo inter s'ammira,

s'altro non vale, usi la forza, e l'ira.

SILLA

E la forza userò. La mia clemenza

non mi fruttò che sprezzi,

e ingiuriose repulse

d'una femmina ingrata. In questo giorno

mi segua all'ara, e paghi

renda gli affetti miei.

O 'l nuovo sol non sorgerà per lei.

CELIA

Ah Silla, ah mio germano

per tua cagione io tremo,

se trasportar ti lasci a questo estremo.

Pur troppo, ah sì pur troppo

la violenza è spesso

madre fatal d'ogni più nero eccesso.

SILLA

Da tentar che mi resta,

se ostinata colei mi fugge, e sprezza?

CELIA

Adoprar tu sol devi arte, e dolcezza.

S'è ver, che sul tuo core

vantai finor qualche possanza, ah lascia,

che da Giunia me n' corra. Ella fra poco

da te verrà. L'ascolta

forse sia che una volta

cangi pensier.

SILLA

Di mia clemenza ancora

prova farò. Giunia s'attenda, e seco,

parli lo sposo in me. Ma non s'abusi

dell'amor mio, di mia bontade, e tremi,

se Silla alfine inesorabil reso

favellerà da dittatore offeso.

CELIA

German di me ti fida. Oggi più saggia

Giunia sarà. Finora

una segreta speme

forse il cor le nutrì. Se cadde estinto

lo sposo suo, più non le resta omai

amorosa lusinga. I preghi tuoi

cauto rinnova. Un amator vicino

se d'un lontan trionfa, il trionfare

d'un amator, che già di vita è privo,

è più agevole impresa a quel, ch'è vivo.

[N. 3 - Aria]

Grazioso (do maggiore) / Allegretto / Grazioso

Archi.

Se lusinghiera speme

pascer non sa gli amanti

anche fra i più costanti

languisce fedeltà.

Quel cor sì fido e tenero,

ah sì quel core istesso

così ostinato adesso

quel cor si piegherà.

(parte)

Scena quarta

Silla, Aufidio, e Guardie.

Recitativo

AUFIDIO

Signor, duolmi vederti

ai rifiuti, agl'insulti

esposto ancor. Alle preghiere umili

s'abbassi un cor plebeo. Ma Silla, il fiero

terror dell'Asia, il vincitor di Ponto

l'arbitro del senato, e che si vide

un Mitridate al suo gran piè sommesso,

s'avvilirà d'una donzella appresso?

SILLA

Non avvilisce amore

un magnanimo core, o se 'l fa vile,

infra gli eroi, che le provincie estreme

han debellate, e scosse,

un sol non vi saria, che vil non fosse.

In questo giorno, amico,

sarà Giunia mia sposa.

AUFIDIO

Ella sen viene.

Mira in quel volto espresso

un ostinato amore,

un odio interno, un disperato duolo.

SILLA

Ascoltarla vogl'io. Lasciami solo.

(Aufidio parte)

Scena quinta

Silla, Giunia, e Guardie.

SILLA

Sempre dovrò vederti

lagrimosa e dolente? Il tuo bel ciglio

una sol volta almeno

non fia che si rivolga a me sereno?

Cielo! tu non rispondi?

Sospiri? ti confondi? ah sì, mi svela

perché così penosa

t'agiti, impallidisci, e scansi ad arte

d'incontrar gli occhi tuoi negli occhi miei.

GIUNIA

Empio, perché sol l'odio mio tu sei.

SILLA

Ah no, creder non posso,

che a danno mio s'asconda

sì fiera crudeltà nel tuo bel core.

Hanno i limiti suoi l'odio, e l'amore.

GIUNIA

Il mio non già. Quant'amerò lo sposo,

tanto Silla odierò. Se fra gli estinti

l'odio giunge, e l'amor, dentro quest'alma

che ad onta tua non cangerà giammai,

egli il mio amor, tu l'odio mio sarai.

SILLA

Ma dimmi: in che t'offesi

per odiarmi così? che non fec'io,

Giunia, per te? La morte

il genitor t'invola, ed io ti porgo

nelle mie mura istesse

un generoso asilo. Ogni dovere

dell'ospitalità qui teco adempio,

e pur segui ad odiarmi, e Silla è un empio?

GIUNIA

Stender dunque dovrei le braccia amanti

a un nemico del padre? E ti scordasti

quanto contro di lui barbaro oprasti?

In doloroso esiglio

fra i cittadin più degni

languisce, e more alfin lo sposo mio,

e chi n'è la cagione amar degg'io?

Per tua pena maggior, di novo il giuro,

amo Cecilio ancor. Rispetto in lui

benché morto, la scelta

del genitor. Se l'inuman destino

dal fianco mio lo tolse

per secondare il tuo perverso amore

ah sì, viverà sempre in questo core.

SILLA

Amalo pur superba, e in me detesta

un nemico tiranno. Or senti. In faccia

di tanti insulti io voglio

tempo lasciarti al pentimento. O scorda

un forsennato orgoglio,

un inutile affetto, un odio insano,

o a seguir ti prepara

nell'Erebo fumante, e tenebroso

l'ombra del genitor, e dello sposo.

GIUNIA

Coll'aspetto di morte

del gran Mario una figlia

presumi d'avvilir? Non avria luogo

nell'alma tua la speme

ché oltraggia l'amor mio

se provassi, inumano,

di che capace è un vero cor romano.

SILLA

Meglio al tuo rischio, o Giunia,

pensa, e risolvi. Ancora

un resto di pietade

sol perché t'amo ascolto.

Ah sì meglio risolvi...

GIUNIA

Ho già risolto.

Del genitore estinto ognora io voglio

rispettare il comando;

sempre Silla aborrire,

sempre adorar lo sposo, e poi morire.

[N. 4 - Aria]

Andante ma adagio (mi bemolle maggiore) / Allegro / Adagio / Allegro

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

Dalla sponda tenebrosa

vieni o padre, o sposo amato

d'una figlia, e d'una sposa

a raccor l'estremo fiato.

Ah tu di sdegno, o barbaro

smani fra te, deliri,

ma non è questa, o perfido

la pena tua maggior.

Io sarò paga allora

di non averti accanto,

tu resterai frattanto

coi tuoi rimorsi al cor.

(parte)

Scena sesta

Silla, e Guardie.

Recitativo

SILLA

E tollerare io posso

sì temerari oltraggi? A tante offese

non si scuote quest'alma? E che la rese

insensata a tal segno? Un dittatore

così s'insulta, e sprezza

da folle donna audace?...

E pure, oh mio rossor! e pur mi piace!

Recitativo accompagnato

Allegretto (do maggiore) / Allegro assai

Archi.

Mi piace? E il cor di Silla

della sua debolezza

non arrossisce ancora?

Taccia l'affetto, e la superba mora.

Chi non mi cura amante

disdegnoso mi tema. A suo talento

crudel mi chiami. Aborra

la mia destra, il mio cor, gli affetti miei,

a divenir tiranno

in questo dì comincerò da lei.

[N. 5 - Aria]

Allegro (re maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.

Il desìo di vendetta, e di morte

sì m'infiamma, e sì m'agita il petto,

che in quest'alma ogni debole affetto

disprezzato si cangia in furor.

Forse nel punto estremo

della fatal partita

mi chiederai la vita,

ma sarà il pianto inutile,

inutile il dolor.

Andante (fa maggiore / la minore)

Archi, 2 oboe.

Scena settima

Luogo sepolcrale molto oscuro co' monumenti degli eroi di Roma.
Cecilio solo.

Recitativo accompagnato

Andante (la minore) / Allegro assai / Andante / Presto / Adagio

Archi, 2 oboe, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe.

Morte, morte fatal della tua mano

ecco le prove in queste

gelide tombe. Eroi, duci, regnanti

che devastar la terra,

angusto marmo or qui ricopre, e serra.

Già in cento bocche, e cento

dei lor fatti echeggiò stupito il mondo.

E or qui gl'avvolge un muto orror profondo.

Oh dèi!... chi mai s'appressa?

Giunia... la cara sposa?... Ah non è sola;

m'asconderò, ma dove? Oh stelle! in petto

qual palpito!... qual gioia!... e che far deggio?

Restar?... partire?... oh ciel!

Dietro a quest'urna a respirar mi celo.

(parte)

Scena ottava

S'avanza Giunia col séguito di Donzelle, e di Nobili al lugubre canto del seguente:

[N. 6 - Coro e arioso]

Andante mosso (mi bemolle maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe.

CORO

Fuor di queste urne dolenti

deh n'uscite alme onorate,

e sdegnose vendicate

la romana libertà.

Molto Adagio (do minore)

Archi, 2 oboe, 2 fagotti.

GIUNIA

O del padre ombra diletta

se d'intorno a me t'aggiri,

i miei pianti, i miei sospiri

deh ti movano a pietà.

Allegro (mi bemolle maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe.

CORO

Il superbo, che di Roma

stringe i lacci in Campidoglio,

rovesciato oggi dal soglio

sia d'esempio ad ogni età.

Recitativo accompagnato

... (mi bemolle maggiore)

Archi.

GIUNIA

Se l'empio Silla, o padre

fu sempre l'odio tuo finché vivesti,

perché Giunia è tua figlia,

perché il sangue romano ha nelle vene

supplice innanzi all'urna tua sen viene.

Tu pure ombra adorata

del mio perduto ben vola, e soccorri

la tua sposa fedel. Da te lontana

di questa vita amara

odia l'aura funesta...

(esce il séguito)

Scena nona

Cecilio, e detta.

Recitativo

CECILIO

Eccomi, o cara.

GIUNIA

Stelle!... io tremo!... che veggio?

Tu sei?... forse vaneggio?

Forse una larva, o pur tu stesso? Oh numi!

M'ingannate, o miei lumi?...

Ah non so ancor se a questa

illusion soave io m'abbandono!...

Dunque... tu sei...

CECILIO

Il tuo fedele io sono.

[N. 7 - Duetto]

Andante (la maggiore) / Molto allegro

Archi, 2 oboe, 2 corni.

GIUNIA

D'Eliso in sen m'attendi

ombra dell'idol mio,

ch'a te ben presto, oh dio

fia, che m'unisca il ciel.

CECILIO

Sposa adorata, e fida

sol nel tuo caro viso

ritrova il dolce Eliso

quest'anima fedel.

GIUNIA

Sposo... oh dèi! tu ancor respiri?

CECILIO

Tutto fede, e tutto amor.

GIUNIA E CECILIO

Fortunati i miei sospiri,

fortunato il mio dolor.

GIUNIA

Cara speme!

CECILIO

Amato bene.

(si prendon per mano)

Insieme

GIUNIA

Or ch'al mio seno

caro tu sei

m'insegna il pianto

degl'occhi miei

ch'ha le sue lagrime

anche il piacer.

CECILIO

Or ch'al mio seno

cara tu sei

m'insegna il pianto

degl'occhi miei

ch'ha le sue lagrime

anche il piacer.

Atto secondo
Scena prima

Portico fregiato di militari trofei.
Silla, Aufidio, e Guardie.

Recitativo

AUFIDIO

Te l' predissi, o signor, che la superba

più ostinata saria quanto più mostri

di clemenza, e d'amor?

SILLA

Poco le resta

da insultarmi così. Risolvi omai.

Morir dovrà. L'ho tollerata assai.

AUFIDIO

L'amico tuo fedele

può libero parlar?

SILLA

Parla.

AUFIDIO

Tu sai,

ch'eroe non avvi al mondo

senza gli emuli suoi. Gli Emili, e i Scipi

n'ebbero anch'essi, e di sue gesta ad onta

il glorioso Silla assai ne conta.

SILLA

Pur troppo io so.

AUFIDIO

Tu porgi

nella morte di Giunia a rei nemici

l'armi contro di te. D'un Mario è figlia,

e questo Mario ancor ne' propri amici

vive a tuo danno.

SILLA

E che far deggio?

AUFIDIO

In faccia

al popolo, e al senato

sia l'altera tua sposa. Un finto zelo

di sopir gli odi antichi

la violenza asconda. Al tuo volere

chi s'opporrà? Di numerose schiere

folto stuolo ti cinga. Ognun paventa

in te l'eroe, ch'ogni civil discordia

ha soggiogata, e doma

e a un sguardo tuo trema il senato, e Roma.

Signor del comun voto

t'accerta il tuo voler. La ragion sempre

segue il più forte, e chi fra mille squadre

a supplicar si piega?

Vuole, e comanda allorché parla, e prega.

SILLA

E se l'ingrata ancora

mi sprezza, e mi discaccia

al popolo, al senato, a Roma in faccia?

Che far dovrò?

AUFIDIO

L'altera

non s'opporrà. Quell'ostinato core

ceder vedrai nel pubblico consenso

del popolo roman.

SILLA

Seguasi, amico

il tuo consiglio. Oh ciel!... sappi... io ti scopro

la debolezza mia. Quando le stragi,

le violenze ad eseguir m'affretto

è il cor di Silla in petto

da più atroci rimorsi

lacerato, ed oppresso. In quei momenti

fieri contrasti io provo. Inorridisco,

voglio, tremo, amo, ed ardisco.

AUFIDIO

Quest'incostanza tua, lascia, che 'l dica,

i tuoi gran merti oscura. Ogni rimorso

della viltade è figlio. Ardito, e lieto

il mio consiglio abbraccia, e suo malgrado

la femmina fastosa

costretta venga a divenir tua sposa.

[N. 8 - Aria]

Allegro (do maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

Guerrier, che d'un acciaro

impallidisce al lampo,

a dar non vada in campo

prove di sua viltà.

Se or cede a un vil timore,

se or cede alla speranza,

e qual sarà incostanza

se questa non sarà?

(parte)

Scena seconda

Silla, indi Celia, e Guardie.

SILLA

Ah non mai non credea,

ch'all'uom tra 'l fasto, e le grandezze immerso

tanto costasse il divenir perverso.

CELIA

Tutto tentai finor. Preghi, promesse,

e minacce, e spaventi al cor di Giunia,

sono inutili assalti. Ah mio germano

immaginar non puoi

come per te...

SILLA

So quel, che dir mi vuoi.

Silla non è men grato a chi per lui

anche inutil s'adopra. In man del caso

se pende ogni successo, il proprio merto,

all'opere non scema

contrario evento. In questo dì mia sposa

Giunia sarà.

CELIA

Giunia tua sposa?

SILLA

Il come

non ricercar. Ti basti,

che pago io sia.

CELIA

Perché l'arcan mi celi,

e perché non rischiari

un favellar sì oscuro?

SILLA

(Perché in donna un arcano è mal sicuro.)

Il mio silenzio or non ti spiaccia, e m'odi.

Te pur sposa di Cinna

in questo giorno io bramo.

CELIA

(Oh me felice!)

Lascia, ah lascia, ch' a Cinna,

il tuo fido amico io rechi

così lieta novella. Il labbro mio

gli sveli alfin, ch'ei solo è il mio tesoro,

e che ognor l'adorai come l'adoro.

(parte)

SILLA

Ad affrettar si vada in Campidoglio

la meditata impresa, e la più ascosa

arte s'adopri, onde la mia nemica

al talamo mi segua. Ah sì conosco,

ch'ad ogni prezzo io deggio

il possesso acquistar della sua mano.

Rimorsi miei vi ridestate invano.

(parte con le guardie)

Scena terza

Cecilio senz'elmo, senza mento, e con spada nuda, che vuole inseguir Silla, e Cinna, che lo trattiene.

CINNA

Qual furor ti trasporta?

CECILIO

Il braccio mio

non ritener. Su' passi

del tiranno si voli. Il nudo acciaro

gli squarci il sen...

(in atto di partire)

CINNA

T'arresta.

Ma donde nasce questa

improvvisa ira tua?

CECILIO

Saper ti basti,

che prolungar non deggio

un sol momento il colpo...

CINNA

E il tuo periglio?

CECILIO

Non lo temo, e disprezzo ogni consiglio.

CINNA

Ah per pietà m'ascolta...

svelami... dimmi... oh ciel! Que' tronchi accenti...

que' furiosi sguardi...

le disperate smanie tue... gli sforzi

d'involarti da me... l'esporti ardito

a un cimento fatal... Mille sospetti

mi fan nascere in sen. Parla. Rispondi...

CECILIO

Tutto saprai...

CINNA

No, non sarà giammai,

ch' io ti lasci partir.

CECILIO

Perché ritardi

la vendetta comun?

CINNA

Sol perché bramo

che dubbiosa non sia.

CECILIO

Dubbiosa non sarà.

CINNA

Dunque tu vuoi

per un ardire intempestivo, e vano

troncare il fil di tutti i meditati

disegni miei? Giunia rivedi, e quando

amar per lei di più devi la vita

incauto corri ad un'impresa ardita?

Più non tacer. Mi svela

chi furioso a segno tal ti rende?

CECILIO

L'orrida rimembranza in cor m'accende

novi stimoli all'ira. Odi, e stupisci.

Poiché quest'alma oppressa

della mia sposa al fianco

trovò dolce conforto alla sua pena,

dal luogo tenebroso

allontanati appena

aveva Giunia i suoi passi, un legger sonno

m'avvolse i lumi. Oh cielo!

D'orrore ancor ne gelo! Ecco mi sembra

spalancata mirar la fredda tomba,

in cui l'estinte membra

giaccion di Mario. In me le cavernose

luci raccoglie, e 'l teschio

per tre volte crollando

disdegnoso, e feroce

sento, che sì mi grida in fioca voce:

«Cecilio a che t'arresti

presso la tomba mia? Vanne, ed affretta

della comun vendetta

il bramato momento. Ozioso al fianco

più l'acciar non ti penda. Ah se ritardi

l'opra a compir, che l'ombra invendicata

di Mario oggi t'impone, e ti consiglia,

tu perderai la sposa, ed io la figlia.»

Recitativo accompagnato

Allegro assai (re minore) / Presto

Archi.

CECILIO

Al fiero suon de' minacciosi accenti

l'alma si scosse. Il sonno

da sbigottiti lumi

s'allontanò. M'accese

improvviso furor. Strinsi l'acciaro,

né il rimorso piede io più ritenni,

ma 'l reo tiranno a trucidar qua venni.

Ah più non m'arrestar...

CINNA

Ferma. Per poco

dell'ira tua raffrena

i feroci trasporti. Ah sei perduto,

se in te Silla s'avvien...

CECILIO

Paventar deggio

d'un tiranno gli sguardi? Un'altra mano

trucidarlo dovrà? Non mai. Mi veggio

intorno ognor la bieca

ombra di Mario a ricercar vendetta;

e degl'accenti suoi

ad ogn'istante or ch'al tuo fianco io sono

mi rimbomba all'orecchie il fiero suono.

Lasciami...

CINNA

Ah se disprezzi

tanto i perigli tuoi, deh pensa almeno,

che dalla vita tua pende la vita

d'una sposa fedele. Oh stelle! E come

per così cari giorni...

CECILIO

Oh Giunia!... oh nome!...

Il sol pensiero, amico

che perderla potrei, del mio furore

ogn'impeto disarma. Ah corri, vola

per me svena il tiranno... Oh numi, e intanto

al mio nemico accanto

resta la sposa?... ahimè!... chi la difende...

ma s'ei qui giunge?... Oh dio! Qual fier contrasto,

qual pena, eterni dèi! Timore, affanno,

ira, speme, e furor sento in seno,

né so di lor chi vincerà! che penso?

E non risolvo ancora?

Giunia si salvi, o al fianco suo si mora.

[N. 9 - Aria]

Allegro assai (re maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.

Quest'improvviso tremito

che in sen di più s'avanza,

non so se sia speranza,

non so se sia furor.

Ma fra suoi moti interni

fra le mie smanie estreme,

o sia furore, o speme,

paventi il traditor.

(parte)

Scena quarta

Cinna, indi Celia.

Recitativo

CINNA

Ah sì, s'affretti il colpo. Il ciel d'un empio

se il castigo prolunga, attenderassi,

che de' tarquini in lui

gli scellerati eccessi

sian rinnovati a nostri tempi istessi?

CELIA

Qual ti siede sul ciglio

cura affannosa?

CINNA

Altrove

Celia, passar degg'io. Non m'arrestare...

CELIA

E ognor mi fuggi?

CINNA

Addio.

CELIA

Per un istante solo

m'ascolta, e partirai.

CINNA

Che brami?

CELIA

(Oh dèi! Parlar non posso, e favellar vorrei.)

Sappi, che il mio german...

CINNA

Parla.

CELIA

Desìa...

(Ah mi confondo, e temo,

che non mi ami il crudel.) Sì, sappi... (Oh stelle!

In faccia a lui che adoro

perché mi perdo? Oggi sarà mio sposo,

e svelargli non oso?...)

CINNA

Io non intendo

i tronchi accenti tuoi.

CELIA

(Finge l'ingrato!)

Or che dubbiosa io taccio

non ti favella in seno

il cor per me? Che dir poss'io? Pur troppo

ne' languidi miei rai

questo silenzio mio ti parla assai.

[N. 10 - Aria]

Tempo grazioso (sol maggiore)

Archi, 2 flauti.

Se il labbro timido

scoprir non osa

la fiamma ascosa

per lui ti parlino

queste pupille

per lui ti svelino

tutto il mio cor.

(parte)

Scena quinta

Cinna, indi Giunia.

Recitativo

CINNA

Di piegarsi capace

a un'amorosa debolezza l'alma

non fu di Cinna ancor. Ma se da folle

s'avvilisse così, no, non avria

la germana d'un empio usurpatore

il tributo primier di questo core.

Giunia s'appressa. Ah ch'ella può soltanto

la grand'opra compir, che volgo in mente.

Agitata, e dolente immersa sembra

fra torbidi pensier.

GIUNIA

Silla m'impone

che al popolo, e al senato io mi presenti;

l'empio che può voler? Sai ciò, che tenti?

CINNA

Forse più, che non credi

è la morte di Silla oggi vicina

per vendicar la libertà latina.

GIUNIA

Tutto dal ciel pietoso

dunque speriam. Ma intanto

alla tua cura io lascio

l'amato sposo mio. Deh se ti deggio

il piacer di mirarlo,

poiché lo piansi estinto, ah sì per lui

veglia, t'adopra, e resti

al tiranno nascoso.

CINNA

A me t'affida,

non paventar su' giorni suoi. M'ascolta,

ai padri in faccia e al popolo romano

Silla sai ciò, che vuol? Vuol la tua mano.

Con il consenso lor la violenza

giustificar pretende. Il suo disegno

tutto, o Giunia, io prevedo.

GIUNIA

Io son la sola

arbitra di me stessa. A un vil timore

ceda il senato pur, non questo core.

CINNA

Da te, se vuoi, dipende

Giunia un gran colpo.

GIUNIA

E che far posso?

CINNA

Al letto

segui l'empio tiranno ove t'invita,

ma in quello per tua man lasci la vita.

GIUNIA

Stelle! che dici mai? Giunia potria

con tradimento vil?...

CINNA

Folle timore.

Deh sovvienti, che ognora

fu l'eccidio de' rei

un spettacolo grato a' sommi dèi.

GIUNIA

S'è d'un plebeo pur sacra

fra noi la vita, e come

vuoi, che in sen non mi scenda un freddo orrore

nel trafiggere io stessa un dittatore?

Benché tiranno, e ingiusto,

sempre al senato, e a Roma

Silla presiede, e di sua morte invano

farmi rea tu presumi.

Vittima ei sia, ma della man dei numi.

CINNA

Se d'offender gli dèi

avesse un dì temuto

la libertà non dovria Roma a Bruto.

GIUNIA

Ma Bruto in campo armato,

non con una viltade

della latina libertade infranse

la catena servil. No, non fia mai

ch'a' dì futuri passi

il nome mio macchiato

d'un tradimento vil. Serbami, amico,

serbami il caro ben. Deh sol tu pensa

alla salvezza sua. Della vendetta

al ciel lascia il pensier.

Recitativo accompagnato

Allegro (si bemolle maggiore) / Andante

Archi.

Vanne. T'affretta.

Forse lungi da te potria lo sposo

per un soverchio ardir... l'impetuosa

alma sua ben conosci. Ah, per pietade,

fa', che rimanga ad ogni sguardo ascoso.

Digli, che se m'adora;

digli che se m'è fido

serbi i miei ne' suoi giorni. A te l'affido.

[N. 11 - Aria]

Allegro (si bemolle maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

Ah se il crudel periglio

del caro ben rammento

tutto mi fa spavento

tutto gelar mi fa.

Se per sì cara vita

non veglia l'amistà

da chi sperare aita

da chi sperar pietà?

(parte)

Scena sesta

Cinna solo.

Recitativo accompagnato

Vivace (re maggiore)

Archi.

Ah sì, scuotasi omai

l'indegno giogo. Assai

si morse il fren di servitù tiranna.

Se di svenar ricusa

Giunia quell'empio, un braccio

non mancherà, che timoroso meno

il ferro micidial l'immerga in seno.

[N. 12 - Aria]

Molto allegro (fa maggiore)

Archi.

Nel fortunato istante,

ch'ei già co' voti affretta

per la comun vendetta

vuò, che mi spiri al piè.

Già va una destra altera

del colpo suo felice

e questa destra ultrice

lungi da lui non è.

(parte)

Scena settima

Orti pensili.
Silla, Aufidio, e Guardie.

Recitativo

AUFIDIO

Signor, ai cenni tuoi

il senato fia pronto. Egli fra poco

t'ascolterà. D'elette squadre intorno

numerosa corona

ad arte io disporrò.

SILLA

L'amico Cinna

non ignori l'arcano. Il suo soccorso

è necessario all'opra. Ah che me stesso

più non ritrovo in me! Dov'io mi volga

della crudel l'immagine gradita

mi dipinge il pensier. Mi suona ognora

il caro nome suo fra i labbri miei,

e tutto parla a questo cor di lei.

AUFIDIO

Io già ti vedo al colmo

di tua felicità. Della possanza

usa, che 'l ciel ti diè. Roma, il senato,

e ogn'anima orgogliosa or che lo puoi

fa', che pieghin la fronte a' piedi tuoi.

(parte)

SILLA

Ah sì, di civil sangue

inonderò le vie, se Roma altera

alle brame di Silla, oggi s'oppone;

ho nel braccio, ho nel cor la mia ragione.

Giunia?... Qual vista! In sì bel volto io scuso

la debolezza mia... ma tanti oltraggi?

Ah che in vederla, oh dèi!

il dittatore offeso io più non sono;

de' suoi sprezzi mi scordo, e le perdono.

Scena ottava

Giunia, Silla, e Guardie.

GIUNIA

(Silla? L'odiato aspetto

destami orror. Si fugga!)

SILLA

Arresta il passo.

Sentimi per pietade. Il più infelice

d'ogni mortal mi rendi,

se nemica mi fuggi...

GIUNIA

E che pretendi?

Scostati, traditor! (Tremo, m'affanno

per l'idol mio!)

SILLA

Ah no, non son tiranno

come tu credi. È l'anima di Silla

capace di virtù. Quel tuo bel ciglio

soffrir più non poss'io così severo...

GIUNIA

Tu di virtù capace? Ah, menzognero!

(in atto di partire)

SILLA

Sentimi...

GIUNIA

Non t'ascolto.

SILLA

E vuoi...

GIUNIA

Sì voglio

detestarti, e morir.

SILLA

Morir?

GIUNIA

La morte

romano cor non teme.

SILLA

E puoi?...

GIUNIA

Sì posso

pria d'amarti, morir. Vanne, t'invola...

SILLA

Superba, morirai, ma non già sola.

[N. 13 - Aria]

Allegro assai (do maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.

D'ogni pietà mi spoglio

perfida donna audace;

se di morir ti piace

quell'ostinato orgoglio

presto tremar vedrò.

(Ma il cor mi palpita...

perder chi adoro?...

svenare barbaro,

il mio tesoro?...)

Che dissi? Ho l'anima

vile a tal segno?

Smanio di sdegno;

morir tu brami,

crudel mi chiami,

tremane, o perfida,

crudel sarò.

(parte con le guardie)

Scena nona

Giunia, indi Cecilio.

Recitativo

GIUNIA

Che intesi, eterni dèi? Qual mai funesto

e spaventoso arcan ne' detti suoi?

Sola non morirò? Che dir mi vuoi

barbaro... ahimè! Che vedo?...

lo sposo mio?... che fu?... che avvenne?... Ah dove

sconsigliato t'inoltri? In queste mura

sai, che non è sicura

la tua vita, e non temi

di respirar quest'aure

comuni a' tuoi nemici? In quest'istante

il tiranno partì. Tremo... deh, fuggi...

Ah se dell'empio il ciglio...

CECILIO

Giunia, il tuo rischio è 'l mio maggior periglio.

GIUNIA

Deh per pietà, se mi ami,

torna, mio bene, ah torna

nel tenebroso asilo. Il rimirarti

qual martirio è per me!

CECILIO

Non amareggi

il tuo spavento, o cara,

il mio dolce piacer.

GIUNIA

Piacer funesto,

se a un gelido spavento

abbandona il mio cor. Se de' tuoi giorni

decider può. T'ascondi. Ah da che vivo

no, che angustia simile...

CECILIO

Sola vuoi, ch'io ti lasci in preda a un vile?

So, ch' al senato in faccia il reo tiranno

con violenza ingiusta

al talamo vuol trarti, ed io, che t'amo

restar potrò senza morir d'affanno

lungi dal fianco tuo? Se invano un braccio,

un acciaro si cerca

per svenare un crudel, ch'odio, e detesto,

quell'acciaro, quel braccio eccolo è questo.

GIUNIA

Ahimè! Che pensi? esporti?...

Correr tu solo a un periglio estremo?...

CECILIO

Tu paventi di tutto, io nulla temo.

Frena il timor, mia speme, e ti rammenta,

ch'una soverchia tema in cor romano

esser puote viltà.

GIUNIA

Ma il troppo ardire

temerità s'appella. Ah sì ti cela,

né accrescere, idol mio, nel tuo periglio

nuove cagion di pianto a questo ciglio.

CECILIO

Eterni dèi! Lasciarti,

fuggire, abbandonarti

all'empie insidie, all'ira

d'un traditor, ch'alle tue nozze aspira?

GIUNIA

E che puoi temer, se meco resta

la mia costanza, e l'amor mio? Deh corri,

corri donde fuggisti. Al suo dolore,

a' suoi spaventi invola

il cor di chi t'adora;

se ciò non basta, io tel comando ancora.

CECILIO

E in questo giorno correndo

se al tiranno io mi celo,

chi veglia, o sposa, in tua difesa?

GIUNIA

Il cielo!

CECILIO

Ah che talvolta i numi...

GIUNIA

A che ti guida

cieco furor? Ad onta

de' miei timori ancor mi resti a lato?

Partir non vuoi? Corro a morire, ingrato.

CECILIO

Fermati... senti... Oh dèi!

Così mi lasci, e brami?...

GIUNIA

I passi miei

guardati di seguir.

CECILIO

Saprò morire,

ma non lasciarti.

GIUNIA

(Oh stelle!

Io lo perdo. Che fo?)

CECILIO

Cara, tu piangi?

Ah che il tuo pianto...

GIUNIA

Ah sì per questo pianto

per questi lumi miei di speme privi.

Parti, parti da me, celati, vivi!

CECILIO

A che mi sforzi!

GIUNIA

Alfine

lusingarmi poss'io di questo segno

del tuo tenero affetto?

Che rispondi, idol mio?

CECILIO

Sì tel prometto.

GIUNIA

Fuggi dunque, mio bene. Invan paventi,

se di me temi. Ah pensa,

pensa, che 'l ciel difende i giusti, e ch'io

d'altri mai non sarò. Di mie promesse

dell'amor mio costante

ch'aborre a morte un traditore indegno,

sposo, nella mia mano eccoti un pegno.

Recitativo accompagnato

Allegro (mi bemolle maggiore)

Archi.

CECILIO

Chi sa, che non sia questa

l'estrema volta, oh dio? ch'al sen ti stringo

destra dell'idol mio, destra adorata,

prova di fé sincera...

GIUNIA

No, non temere. Amami. Fuggi e spera.

[N. 14 - Aria]

Adagio (mi bemolle maggiore) / Andante (do minore) / Adagio (mi bemolle maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni.

CECILIO

Ah se a morir mi chiama

il fato mio crudele

seguace ombra fedele

sempre sarò con te.

Vorrei mostrar costanza

cara, nel dirti addio

ma nel lasciarti, oh dio!

Sento tremarmi il piè.

(parte)

Scena decima

Giunia, indi Celia.

Recitativo

GIUNIA

Perché mi balzi in seno

affannoso cor mio? Perché sul volto

or che lo sposo io non mi vedo accanto,

cade da' rai più copioso il pianto?

CELIA

Oh ciel! sì lagrimosa

sì dolente io t'incontro? Al suo destino

quell'anima ostinata alfin deh ceda

e sposa al dittator Roma ti veda.

GIUNIA

T'accheta per pietà.

CELIA

Se in duro esiglio

cade estinto Cecilio, a lui che giova

un'inutil costanza?

GIUNIA

(A questo nome

s'agghiaccia il cor.)

CELIA

Tu non mi guardi, e il labbro

fra i singhiozzi, e i sospir pallido tace.

Segui i consigli miei.

GIUNIA

Lasciami in pace.

CELIA

Bramo lieta vederti. Il mio germano

oggi me pur felice

render saprà. La mano

mi promise di Cinna. Ah tu ben sai,

ch'io l'adoro fedel. Più non rammento

i miei sofferti affanni

se sì cangiano alfin gli astri tiranni.

[N. 15 - Aria]

Allegro (la maggiore)

Archi.

Quando sugl'arsi campi

scende la pioggia estiva,

le foglie, i fior ravviva,

e il bosco, il praticello

tosto si fa più bello,

ritorna a verdeggiar.

Così quest'alma amante

fra la sua dolce speme

dopo le lunghe pene

comincia a respirar.

(parte)

Scena undicesima

Giunia sola.

Recitativo accompagnato

Andante (re minore) / Molto allegro

Archi.

In un istante oh come

s'accrebbe il mio timor! Pur troppo è questo

un presagio funesto

delle sventure mie! L'incauto sposo

più non è forse ascoso

al reo tiranno. A morte

ei già lo condannò. Fra i miei spaventi,

nel mio dolore estremo

che fo? Che penso mai? Misera io tremo.

Ah no, più non si tardi.

Il senato mi vegga. Al di lui piede

grazia, e pietà s'implori

per lo sposo fedel. S'ei me la nega

si chieda al ciel. Se il ciel l'ultimo fine

dell'adorato sposo oggi prescrisse,

trafigga me chi l'idol mio trafisse.

[N. 16 - Aria]

Allegro assai (do maggiore)

Archi.

Parto, m'affretto,

ma nel partire

il cor si spezza.

Mi manca l'anima,

morir mi sento

né so morire.

E smanio, e gelo,

e piango, e peno.

Ah se potessi,

potessi almeno

fra tanti spasimi,

morir così.

Ma per maggior mio duolo

verso un'amante oppressa

divien la morte istessa

pietosa in questo dì.

(parte)

Scena dodicesima

Campidoglio.
S'avanza Silla, ed Aufidio seguìto dai Senatori e dalle Squadre.

[N. 17 - Coro]

Allegro (fa maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni.

CORO

Se gloria il crin ti cinse

di mille squadre a fronte

or la temuta fronte

qui ti coroni Amor.

Stringa quel braccio invitto

lei, che da te s'adora.

Se con i mirti ancora

cresce il guerriero allor.

(compar Giunia fra i senatori)

Recitativo

SILLA

Padri coscritti, io che pugnai per Roma,

io, che vinsi per lei, io che la face

della civil discordia

col mio valore estinsi. Io che la pace

per opra mia regnar sul Tebro or vedo

d'ogni trionfo mio premio vi chiedo.

GIUNIA

(Soccorso, eterni dèi!)

SILLA

Non ignorate

l'antico odio funesto

e di Mario e di Silla. Il giorno è questo

in cui tutto mi scordo. Alla sua figlia

sacro laccio m'unisca, e il dolce nodo

plachi l'ombra del padre. Un dittatore,

un cittadin fra i gloriosi allori

altro premio non cerca a' suoi sudori.

GIUNIA

(Tace il senato, e col silenzio approva

d'un insano il voler?)

SILLA

Padri già miro

ne' volti vostri espresso

il consenso comun. Quei, che s'udiro

festosi gridi risuonar d'intorno

son del pubblico voto un certo segno.

Seguimi all'ara omai...

GIUNIA

Scostati indegno!

A tal viltà discende

Roma, e 'l senato? Un ingiurioso, un folle

timor l'astringe a secondar d'un empio

le violenze infami? Ah che fra voi

no, che non v'è chi in petto

racchiuda un cor romano...

SILLA

Taci, e più saggia a me porgi la mano.

AUFIDIO

Così per bocca mia

tutto il popol t'impon.

SILLA

Dunque mi segui...

GIUNIA

Non appressarti, o in seno

questo ferro m'immergo.

(in atto di ferirsi)

SILLA

Alla superba

l'acciar si tolga, e segua il voler mio.

Scena tredicesima

Cecilio, con spada nuda, e detti.

CECILIO

Sposa, ah no, non temer.

SILLA

(Chi vedo?)

GIUNIA

(Oh dio!)

AUFIDIO

(Cecilio?)

SILLA

In questa guisa

son tradito da voi? Del mio divieto

e delle leggi ad onta

tornò Cecilio, e seco Giunia unita

di toglier osa al dittator la vita?

Quell'audace s'arresti!

GIUNIA

Incauto sposo!

Signor...

SILLA

Taci, indegna, ch'omai

solo ascolto il furore.

(a Cecilio)

Al novo sole per mia vendetta,

o traditor, morrai.

Scena quattordicesima

Cinna, con spada nuda, e detti.

SILLA

Come? D'un ferro armato,

confuso, irresoluto

Cinna tu pur?...

CINNA

(Oh ciel, tutto è perduto;

qualche scampo ah si cerchi

nel cimento fatal!) Con mio stupore

col nudo acciaro io vidi

Cecilio infra le schiere

aprirsi un varco. La sua rabbia, i fieri

minacciosi occhi suoi d'un tradimento

mi fecero temer. Onde salvarti

da quella destra al parricidio intesa

corsi, e 'l brando impugnai per tua difesa.

SILLA

Ah vanne, amico, e scopri

se altri perfidi mai...

CINNA

Sulla mia fede

signor riposa, e paventar non déi.

(Quasi nel fiero incontro

io mi perdei!)

(parte)

SILLA

Olà quel traditore,

Aufidio si disarmi.

GIUNIA

Oh dio! Fermate!

CECILIO

Finché l'acciar mi resta

saprò farlo tremar.

SILLA

E giunge a tanto

la tua baldanza?

GIUNIA

(Oh dèi!)

SILLA

Cedi l'acciaro,

o ch'io...

CECILIO

Lo speri invan.

GIUNIA

Cecilio, o caro.

CECILIO

Ad esser vil m'insegna la sposa mia?

GIUNIA

Deh, non opporti!

CECILIO

E vuoi?...

GIUNIA

Della tua tenerezza una prova

vogl'io.

CECILIO

Dovrò?

GIUNIA

Dovrai

nella mia fede, e nel favor del cielo

affidarti, e sperar. Se ancor mio bene

dubbioso ti mostri, i giusti numi,

e la tua sposa offendi.

CECILIO

(Fremo.)

T'appagherò. Barbaro, prendi!

(getta la spada)

SILLA

Nella prigion più nera

traggasi il reo. Per poco

quest'aure a te vietate

respirar ti vedrò. Fra le ritorte

del tradimento audace

tu pur ti pentirai, donna mendace.

[N. 18 - Terzetto]

Allegro (si bemolle maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

SILLA

Quell'orgoglioso sdegno

oggi umiliar saprò.

CECILIO

Non lo sperare, indegno,

l'istesso ognor sarò.

GIUNIA

Eccoti, o sposo, un pegno,

ch'al fianco tuo morrò.

SILLA

Empi la vostra mano

merita sol catene.

Insieme

GIUNIA

Se mi ama il caro bene

lieta a morir me n' vo.

CECILIO

Se mi ama il caro bene

lieto a morir me n' vo.

Insieme

SILLA

Questa costanza intrepida

questo sì fido amore

tutto mi strazia il core

tutto avvampar mi fa.

GIUNIA E CECILIO

La mia costanza intrepida

il mio fedele amore

dolce consola il core

né paventar mi fa.

Atto terzo
Scena prima

Atrio, che introduce alle carceri.
Cecilio incatenato, Cinna, Guardie a vista, indi Celia.

Recitativo

CINNA

Ah sì tu solo, amico

ritenesti il gran colpo. Eran non lungi

al Campidoglio ascosi

gli amici tuoi, gli amici miei. Seguito

volea da questi infra le schiere aprirmi

sanguinoso sentier. Ma la prudenza

il furor moderò. Di tanti a fronte

che far potea cinto da pochi? Il cielo

novo ardir m'ispirò. Gli amici io lascio,

tacito il ferro io stringo, e in Campidoglio

m'avanzo. Allorché voglio

vibrare il colpo, in te m'affiso. Il ferro

nella man mi tremò. Nel tuo periglio

gelossi il cor. M'arresto, mi confondo

non so che dir. Quasi il segreto arcano,

il tiranno svelò. Ma il suo comando,

che di partir m'impose,

la confusione e il mio dolore ascose.

CECILIO

Giacché morir degg'io

morasi alfin. Sol mi spaventa, oh dèi!

la sposa mia...

CINNA

Non paventar di lei.

Entrambi io salverò.

CELIA

D'ascoltar Giunia

men sdegnoso, e men fiero

mi promise il german.

CECILIO

Giunia al suo piede?

E perché mai?

CELIA

Desìa

di placarne lo sdegno.

CECILIO

Invan lo brama.

CINNA

Odimi, Celia. È questo

forse il momento, ond'illustrar tu puoi

con opra sublime i giorni tuoi.

CELIA

Che far degg'io?

CINNA

M'è noto

a prova già tutto il poter, che vanti

sul cor di Silla. A lui t'affretta, e digli

che aborrito dal cielo, in odio a Roma,

se in sé stesso non torna, e se non scorda

un cieco amore insano

l'eccidio suo fatal non è lontano.

CELIA

Dunque il german...

CINNA

Incontrerà la morte

se non s'arrende a un tal consiglio.

CECILIO

Ah tutto,

tutto inutil sarà.

CELIA

Tentare io voglio

la difficile impresa, e se aver ponno

le mie preghiere il lor bramato effetto?

CINNA

La destra in guiderdone io ti prometto.

CELIA

Un così dolce premio

più animosa mi fa. Me fortunata,

se fra un orror sì periglioso, e tristo

salvo il germano, e 'l caro amante acquisto.

[N. 19 - Aria]

Allegro (si bemolle maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

Strider sento la procella

né risplende amica stella

pure avvolta in tanto orrore

la speranza coll'amore

mi sta sempre in mezzo al cor.

(parte)

Scena seconda

Cecilio, e Cinna.

Recitativo

CECILIO

Forse tu credi, amico

che Celia giunga a raddolcir un core

uso alle stragi, e che talor di sdegno

ingiustamente furibondo, ed ebro

fe' rosseggiar di civil sangue il Tebro?

CINNA

So quanto Celia puote

su quell'alma incostante, e Giunia ancora

forse placar potria

co' le lagrime sue...

CECILIO

La sposa mia

a qualche insulto amaro

invan s'espone. Un empio, un inumano

non si cangia sì presto. Onde abbandoni

il sentier del delitto

ch'ei suol calcar per lungo suo costume,

ci volle ognor tutto il poter d'un nume.

Ah no più non mi resta

né speme, né pietà. L'afflitta sposa

ti raccomando, amico. In pro di lei

vegli la tua amistà. Del mio nemico

vittima, ah no, non sia. Nel di lui sangue

vendica la mia morte,

e 'l mio spirito sdegnoso

nel regno degl'estinti avrà riposo.

CINNA

Ogni pensier di morte

si allontani da te. Se il cor di Silla

contro al dovere, e alla ragion s'ostina,

sulla propria rovina,

ne' suoi perigli estremi

quell'empio solo impallidisca, e tremi.

[N. 20 - Aria]

Allegro (re maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

De' più superbi il core

se Giove irato fulmina,

freddo spavento ingombra,

ma d'un alloro all'ombra

non palpita il pastor.

Paventino i tiranni

le stragi, e le ritorte,

sol rida in faccia a morte

chi ha senza colpe il cor.

(parte)

Scena terza

Cecilio, indi Giunia.

Recitativo

CECILIO

Ah no, che il fato estremo

terror per me non ha. Sol piango, e gemo

fra l'ingiuste catene

non per la morte mia, per il mio bene.

GIUNIA

Ah dolce sposo...

CECILIO

Oh stelle!

Come tu qui?

GIUNIA

M'aperse

la via fra quest'orrore

la mia fede, il mio pianto, il nostro amore.

CECILIO

Ma Silla... Ah parla. E Silla.

GIUNIA

L'empio mi lascia... Oh dio!

Mi lascia, ch'io ti dia... l'ultimo addio.

CECILIO

Dunque non v'è per noi

né pietà, né speranza?

GIUNIA

Al fianco tuo sol di morir m'avanza.

Che non tentai finor? Querele, e pianti,

sospiri, affanni, e prieghi

sono inutili omai

per quel core inumano

che chiede o la tua morte, o la mia mano.

CECILIO

Della mia vita il prezzo

esser può la tua man? Giunia frattanto

che mai risolverà?

GIUNIA

Morirti accanto.

CECILIO

E tu per me vorrai

troncar di sì be' giorni...

GIUNIA

E deggio, e voglio

teco morir. A questo passo, o caro,

m'obbliga, mi consiglia

l'amor di sposa, ed il dover di figlia.

Scena quarta

Aufidio con Guardie, e detti.

AUFIDIO

Tosto seguir tu déi

Cecilio i passi miei.

CECILIO

Forse alla morte...

parla... dimmi...

AUFIDIO

Non so.

CECILIO

Prendi, mia speme,

prendi l'estremo abbraccio...

GIUNIA

(ad Aufidio)

Rispondi... oh ciel!

AUFIDIO

Sempre obbedisco, e taccio.

CECILIO

Ah non perdiam, mia vita,

un passeggero istante,

che ne porge il destin. Parto, ti lascio,

e in sì tenero amplesso

ricevi, anima mia, tutto me stesso.

GIUNIA

Ah caro sposo... oh dèi!

Se uccider può il martoro,

perché vicina a te, perché non moro?

CECILIO

Quel pianto, oh dio! Ah sì quel pianto

non sai come nel seno... Ahimè! ti basti, o cara

sì ti basti il saper, che in questo istante

più d'un morir tiranno

quelle lagrime tue mi son d'affanno.

[N. 21 - Aria]

Tempo di minuetto (la maggiore)

Archi.

Pupille amate

non lagrimate

morir mi fate

pria di morir.

Quest'alma fida

a voi d'intorno

farà ritorno

sciolta in sospir.

(parte con Aufidio, e guardie)

Scena quinta

Giunia sola.

Recitativo accompagnato

Allegro (do maggiore) / Andante / Allegro / Adagio / Presto

Archi, 2 flauti, 2 trombe.

Sposo... mia vita... Ah dove,

dove vai? Non ti seguo? E chi ritiene

i passi miei? Chi mi sa dir?... ma intorno

altro, ahi lassa non vedo

che silenzio, ed orror! L'istesso cielo

più non m'ascolta, e m'abbandona. Ah forse,

forse l'amato bene

già dalle rotte vene

versa l'anima, e 'l sangue... Ah pria ch'ei mora

su quella spoglia esangue

spirar vogl'io... che tardo?

Disperata a che resto? Odo, o mi sembra

udir di fioca voce

languido suon, ch' a sé mi chiama? Ah sposo

se i tronchi sensi estremi

de' labbri tuoi son questi

corro, volo a cader dove cadesti.

[N. 22 - Aria]

Andante (do minore) / Allegro

Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 fagotti.

Fra i pensier più funesti di morte

veder parmi l'esangue consorte

che con gelida mano m'addita

la fumante sanguigna ferita

e mi dice: che tardi a morir?

Già vacillo, già manco, già moro

e l'estinto mio sposo, ch'adoro

ombra fida m'affretto a seguir.

(parte)

Scena sesta

Salone.
Silla, Cinna, Celia e Senatori.

Recitativo

SILLA

Celia, Cinna, non più. Roma, e 'l senato

di mia giustizia, e del delitto altrui

il giudice sarà.

CINNA

Più che non credi

di Cecilio la vita

necessaria esser puote.

CELIA

I giorni tuoi...

la disperata Giunia... il suo consorte

creduto estinto, e alle sue braccia or reso.

SILLA

So ch'ognor più l'odio comun m'han reso.

Ma un dittator tradito

vuol vendetta, e l'avrà. Stanco son io

di temer sempre, e palpitar.

La vita agitata, ed incerta

fra un barbaro spavento

è un viver per morire ogni momento.

CELIA

Ah speri invan, se speri

fra un eccidio funesto, e sanguinoso

trovar la sicurezza, ed il riposo.

CINNA

La furiosa Giunia correre tu vedrai

ad assodar le vie

di querele, e di lai. Destare in petto

può de' nemici tuoi quel lagrimoso ciglio...

SILLA

Vedo più che non pensi il mio periglio.

Amor, gloria, vendetta,

sdegno, timore, io sento

affollarmisi al cor. Ognun pretende

d'acquistare l'impero. Amor lusinga.

Mi rampogna la gloria. Ira m'accende.

Freddo timor m'agghiaccia.

M'anima la vendetta, e mi minaccia.

De' fieri assalti in preda,

alla difesa accinto,

di Silla il cor fia vincitore, o vinto?

Ma l'atto illustre alfine

decider dée, s'io merto

quel glorioso alloro,

che mi adombra la chioma,

e giudice ne voglio il mondo, e Roma.

Scena settima

Giunia con Guardie, e detti.

GIUNIA

Anima vil, da Giunia

che pretendi? Che vuoi? Roma, e 'l senato

nel tollerare un traditore ingegno

è stupido, e insensato a questo segno?

Padri coscritti innanzi a voi qui chiedo

e vendetta, e pietà. Pietade implora

una sposa infelice, e vuol vendetta

d'un cittadino, e d'un consorte esangue

l'ombra, che nuota ancora in mezzo al sangue.

SILLA

Calma gli sdegni tuoi, tergi il bel ciglio.

Inutile è quel pianto.

È vano il tuo furor. De' miei delitti

della mia crudeltade a Roma in faccia

spettatrice ti voglio, e in questo loco

di Silla il cor conoscerai fra poco.

Scena ottava

Cecilio, Aufidio, Guardie, e detti.

GIUNIA

(Lo sposo mio?)

CINNA

(Che miro?)

CELIA

(E quale arcan?)

CECILIO

(Che fia?)

SILLA

Roma, il senato

e 'l popolo m'ascolti. A voi presento

un cittadin proscritto,

che di sprezzar le leggi

osò furtivo. Ei, che d'un ferro armato

in Campidoglio alle mie squadre appresso

tentò svenare il dittatore istesso.

Grazia ei non cerca. Anzi di me non teme

e m'oltraggia, e detesta. Ecco il momento

che decide di lui. Silla qui adopri

l'autorità, che Roma

al suo braccio affidò. Giunia mi senta

e m'insulti, se può. Quell'empio Silla

quel superbo tiranno a tutti odioso

vuol che viva Cecilio, e sia tuo sposo.

GIUNIA

E sarà ver?... Mia vita...

CECILIO

Fida sposa, qual gioia...

qual cangiamento è questo?

AUFIDIO

(Che fu?)

CELIA

(Lodi agli dèi.)

CINNA

(Stupito io resto.)

SILLA

Padri coscritti, or da voi cerco, e voglio

quanto vergò la mano in questo foglio.

De' cittadin proscritti

ei tutti i nomi accoglie;

ciascun ritorni alle paterne soglie.

CECILIO

Oh, come degno or sei

del supremo splendor fra cui tu siedi!

GIUNIA

Costretta ad ammirarti alfin mi vedi.

AUFIDIO

(Ah che la mia rovina

certa prevedo!)

SILLA

In mezzo

al pubblico piacer, fra tante lodi,

ch'ogni labbro sincer prodiga a Silla,

e perché Cinna è il solo,

che infra occulti pensier confuso giace,

e diviso da me sospira, e tace?

Fedele amico...

(vuol abbracciarlo)

CINNA

Ah lascia

di chiamarmi così. Per opra mia

tornò Cecilio a Roma. In Campidoglio

per trucidarti io corsi, e armai non lungi

di cento anime audaci

e la mano, e l'ardir. Io sol le faci

a danni tuoi della discordia accesi...

SILLA

Tu abbastanza dicesti, io tutto intesi.

CELIA

(Dolci speranze addio!...)

SILLA

La pena or senti

d'ogni trama ascosa.

Celia germana mia sarà tua sposa.

GIUNIA

(Bella virtù!)

CECILIO

(Che generoso core!)

CINNA

E quale, oh giusto cielo,

mi s'accende sul volto

vergognoso rossor? Come poss'io...

SILLA

Quel rimorso mi basta, e tutto oblio.

CELIA

(Me lieta!)

(a Cinna)

Ah premia alfine

il mio costante amor. Della clemenza

mostrati degno, e di quel core umano

la virtù, la pietade...

CINNA

Ecco la mano.

SILLA

Qual de' trionfi miei

eguagliar potrà questo, eterni dèi?

AUFIDIO

Lascia, ch'a piedi tuoi

grazia implori da te. De' miei consigli,

delle mie lodi adulatrici or sono

pentito...

SILLA

Aufidio, sorgi. Io ti perdono.

Così lodevol opra

coronisi da me. Romani,

dal capo mio si tolga

il rispettato alloro, e trionfale;

più dittator non son, son vostro uguale.

(depone l'alloro)

Ecco alla patria resa

la libertade. Ecco asciugato alfine

il civil pianto. Ah no, che 'l maggior bene

la grandezza non è. Madre soltanto

è di timor, di affanni,

di frodi, e tradimenti. Anzi per lei

cieco mortal dalla calcata via

di giustizia, e pietà spesso travìa.

Ah sì conosco a prova

che assai più grata all'alma

d'un menzogner splendore

è l'innocenza, e la virtù del core.

[N. 23 - Finale]

Allegro (re maggiore)

Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

CORO

Il gran Silla a Roma in seno

che per lui respira, e gode

d'ogni gloria, e d'ogni lode

vincitore oggi si fa.

GIUNIA E CECILIO

Sol per lui l'acerba sorte

è per me felicità!

CINNA E SILLA

E calpesta le ritorte

la latina libertà.

TUTTI

Trionfò d'un basso amore

la virtude, e la pietà.

SILLA

Il trofeo sul proprio core

qual trionfo uguaglierà?

CORO

Se per Silla in Campidoglio

lieta Roma esulta, gode

d'ogni gloria, e d'ogni lode

vincitore oggi si fa.

Fine del libretto.

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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava