Atto terzo

 

Scena prima

Logge, e prigioni.
Laurindo prigione, Osmano con un Fanciulletto.

 Q 

Laurindo

 

LAURINDO

 

Duri lacci Argia sciogliete:

prigioniera un dio mi tiene.

Ha superbe le catene

chi d'amor è nella rete.

IIº

Se ristretto il cor vedete

fra l'angustie di fortuna,

che per me tormenti aduna,

a che fine il piè stringete

duri lacci Argia sciogliete.

 

<- Osmano, Fanciulletto

OSMANO

O come lieto a rivederti io torno  

Salamina gradita

della mia gioventù dolce soggiorno!

S'oggi il fil di mia vita

tronca la parca avara

morte felice impetro,

e dov'ebbi già cuna, avrò feretro.

Ma quanto, oh dio, mi pesa

di tua vita dolente

pargoletto innocente?

Come, ahi misero, come

a tuoi regii natali

avrai fortune eguali

figlio senza fortuna, e senza nome!

 

FANCIULLETTO

 

Io nacqui infelice,

soggetto al dolore:

fortuna migliore

sperar non mi lice.

IIº

La mia genitrice

mi negan le stelle,

sciagure novelle

il cor mi predice.

 

OSMANO

Taci figlio, deh taci.  

Questa canuta etade,

che per soverchio d'anni omai vacilla,

a forza di pietade

in lacrime amarissime si stilla.

Alla bontà del cielo

volgi misero i lumi,

chi porge voti ai numi

non s'affatica invano.

LAURINDO

Com'a tempo giungesti? Osmano, Osmano?

OSMANO

O ciel chi mi ravvisa, e chi m'appella?

LAURINDO

Un'afflitta donzella.

OSMANO

Dormo, veglio, o vaneggio?

Voce del tutto ignota

udir non parmi, eppur alcun, non veggio.

LAURINDO

Volgi Osmano fedele

a questi ferri i lumi,

e da laccio crudele

mira avvinta colei,

ch'in mezzo a folte piante

in cura ti lasciò picciolo infante.

OSMANO

Che mirate occhi miei?

La tua voce, il tuo volto

da me ben si ravvisa.

Ma come in questa guisa

in abito virile, e prigioniera?

LAURINDO

Sotto i maligni influssi

di mia stella severa

a morir innocente io mi condussi.

OSMANO

Dunque morir tu dèi?

LAURINDO

Morir degg'io, se non mi porgi aita.

OSMANO

L'anima spenderei

purché fossi a tuo pro, nonché la vita.

In si grave periglio

consolati frattanto: ecco il tuo figlio.

LAURINDO

O figlio, o sangue mio?

FANCIULLETTO

Mia madre è quella,

che di morte favella?

OSMANO

Sì figlio.

LAURINDO

Io son colei

luce che gl'occhi miei:

FANCIULLETTO

Lasciami Osmano mio:

se muor la genitrice,

voglio morire anch'io.

LAURINDO

O di barbaro padre

figlio troppo cortese, in che peccasti?

Ah che sol causa fue

il fallo mio delle miserie tue.

Prendi figlio innocente

i primi del mio labbro,

oppur gl'ultimi baci,

e s'ancor pertinaci

le stelle oggi vorranno

rapire a te la madre, a me la vita,

negar non mi potranno

questa gioia infinita,

ch'io v'abbracci, e non vi baci, o care,

sospirate da me la notte, e 'l die

delle viscere mie viscere mie.

OSMANO

O gran forza del sangue.

LAURINDO

Non più, vattene Osmano,

e fuor dal regio soglio

quel pargoletto ascondi, indi a Filaura

porgerai questo foglio:

ma s'il mio ben ti preme,

usa prudenza, ed arte,

che solo in quelle carte

della mia libertà posta è la speme.

OSMANO

Io vo: tu spera intanto

nella propria innocenza,

che sol render ti può libera, e sciolta.

Qual oro ella risplende,

e nel fango sepolta

delle calunnie altrui, macchia non prende.

Osmano, Fanciulletto ->

 

Scena seconda

Dema, Feraspe.

<- Dema, Feraspe

 

DEMA

 

Incaute femmine,

che vagheggiate

la gioventù,

a sì leggera estate,

non credete mai più.

Giovinetto sembiante è vago, e bello

ma chi pelo non ha, manco ha cervello.

IIº

Chi fede stabile

in garzoncello

cercando va,

si lambicca il cervello

per riformar l'età,

giovinetto in amor gode felice,

ma contento non è, se non lo dice.

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FERASPE

Dove tanto crucciosa,  

bella Dema amorosa?

DEMA

Ferma Feraspe. Ohimè,

non mi toccar.

FERASPE

Perché?

DEMA

Perché certi zerbini,

qual appunto sei tu pelati, e molli

son tutti rompicolli.

FERASPE

Dema t'inganni affé.

DEMA

Lungi, lungi da me.

FERASPE

Parlar ti deggio.

DEMA

Parla, ma da lontano.

FERASPE

Che paventi da me?

DEMA

Temo il mio peggio.

FERASPE

Il tuo timore è vano.

DEMA

No, no, tu sei fanciullo.

FERASPE

Ma però son costante.

DEMA

Mostri d'esser amante,

poi ti prendi trastullo.

FERASPE

O questo no.

DEMA

Io non ti credo, ohibò.

La tua bella persona

faria rompermi il collo.

Com'ha fatto Selino alla padrona.

 

Scena terza

Aceste, Feraspe, Dema.

<- Aceste

 

ACESTE

Sire d'alte novelle,  

figlie d'un regio sdegno

apportator ne vegno.

FERASPE

Di' tosto. E che sarà?

ACESTE

Già l'eccesso intendesti

di lesa maestà.

FERASPE

Tutto m'è noto.

ACESTE

Or sappi, ch'Atamante

al supplizio, ai tormenti

condannata ha la figlia, e i delinquenti.

DEMA

Ahi Dorisbe infelice.

FERASPE

Onde il sapesti?

ACESTE

Dal rege istesso, e questi

poch'anzi fulminò crudo, e severo

d'irrevocabil legge alti decreti.

Udite, ei disse o miei fedeli, udite.

Dorisbe è rea di morte,

ed in breve intervallo

dée la copia mal nata

lavar col proprio sangue il proprio fallo:

ma poich'è legge usata

nell'impero di Cipro,

che guerriera sentenza

decida a' contumaci

la colpa, o l'innocenza,

voglio prima ch'il sole in grembo all'onda

l'aurea quadriga asconda,

che s'altrui di Dorisbe

o del prence Selin desia lo scampo

abbia della tenzon libero il campo.

Sarà del gran cimento

il mio giusto furore

giudice, e spettatore.

Quello de' due malvagi

punirò con la morte,

il di cui difensore

fia nell'agon men fortunato, o forte.

Qui cruccioso nel ciel le luci affisse,

così giura Atamante, e più non disse.

FERASPE

O come bene il cielo

a' miei desiri arride?

Venga, se puote Alcide

contro Feraspe al campo,

che di quest'armi il lampo

la bella prigioniera

ad onta di Selino, e della sorte

sottrarrà dagl'oltraggi, e dalla morte.

Vanne Dema a Dorisbe,

e narra che Feraspe,

non più garzone errante,

ma figlio di Toante,

ch'a Negroponte impera

oggi a tenzon guerriera

per suo scampo s'accinge.

Pugnerò, vincerò,

né sia, che per Dorisbe

la mia vita risparmi.

Non più. Seguimi Aceste. All'armi, all'armi.

Feraspe, Aceste ->

 

DEMA

Ma figlio di Toante  

ch'a Negroponte impera?

Ben conobbi alla cera

un non so che di principe reale,

che mi toccò dei sensi il principale.

Vanne Feraspe invitto,

ed all'ostil furore

mostra nel gran conflitto,

ch'un prence alla beltà pari ha 'l valore.

Ma che mi giova. Ohimè!

Queste bellezze tue non son per me.

Dema ->

 
 

Scena quarta

Città.
Filaura, Osmano, Alceo.

 Q 

Filaura, Osmano, Alceo

 

FILAURA

 

Fuggi pur dal mio sen

o lusinghiero amor:

non vo' più nel mio cor

il tuo dolce velen.

Se un laccio m'avvolse,

vendetta lo sciolse,

già libero ho il piè.

Fuggi nume crudel, che vuoi da me?

IIº

Non mi lusinghi più

speme fallace il cor:

più non ti rendo amor

quest'alma in servitù.

Sicura difesa

d'amor all'impresa

vendetta mi diè:

fuggi nudo fanciul, che vuoi da me?

 

ALCEO

Dunque Filaura mia  

vedrai del bel Laurindo

l'oscura prigionia,

i ceppi, le catene,

i supplizi, le pene

e fors'anco la morte infame, e dura.

Né commover ti senti la natura.

OSMANO

Con questo foglio o bella

un garzon prigioniero a te m'invia.

FILAURA

Dimmi, come s'appella?

OSMANO

Non so.

FILAURA

Certo è Laurindo. O ciel che fia?

OSMANO

Supplice a te s'inchina; in quella carta

vedrai ciò, che desia

l'infelice prigione.

ALCEO

Buona notte barbone.

OSMANO

O quanto più contento

saresti o Momo imberbe,

se crescer ti potessi il pelo al mento.

ALCEO

Ben comprese costui

dov'il mio mal si cova.

Tu m'hai colto alla fé: chi cerca trova.

FILAURA

Qual pietade improvvisa

con temeraria forza

mi scorre in seno, e la giust'ira ammorza?

OSMANO

Se mai, donna cortese

delle sciagure altrui pietà ti spinse

a generose imprese,

deh con pietosa aita

soccorri un'infelice

che morendo per te, chiede la vita.

FILAURA

Filaura, e che risolvi?

Sdegno perché t'involi, amor che brami?

Ah che debil bersaglio

per due nemici è un'alma,

e distinguer non vaglio,

se vendetta, o pietà prenda la palma.

Ma che? Ceda lo sdegno, amor trionfi.

Torna veglio a colui,

che sebbene è crudele, è la mia vita.

Digli, che fatta ardita

vo' sottrarlo da morte, ed or m'accingo,

benché derisa e oppressa,

a dargli per risposta

la libertà, la vita, e poi me stessa.

ALCEO

Pur alfin si pentì.

Senza far complimento.

Le donne d'oggi dì

si voltan tutte, come foglie al vento.

OSMANO

Dalle spoglie mentite

del vago prigioniero

lusingata costei

di schernir Atamante oggi s'affanna,

né scorge l'infelice,

che per tradir altrui, sé stessa inganna.

Per nutrirvi di dolor

con fortuna egri mortali

congiurato è 'l dio d'amor.

Quanto folli, quanto frali.

Rassembrate,

se lassate,

che v'acciechi

una donna, un fanciullo, ed ambi ciechi.

Alceo, Filaura, Osmano ->

 

Scena quinta

Lurcano, Solimano.

<- Lurcano, Solimano

 

LURCANO

Alla guerra, alla guerra, all'armi, all'armi  

di fanti, e cavalli

al suon delle trombe

s'ingrombin le valli

la terra rimbombe,

e purché Lurcano

dall'armi lontano

la pelle risparmi,

ognun corra alla guerra, all'armi, all'armi.

 

SOLIMANO

Costui d'armi favella. O qual timore  

con tirannici artigli

mi stringe il core, e di Selino ingrato

mi predice i perigli?

LURCANO

Più d'ogni altro credei

nella fuga esser bravo,

ma con questo alla fé la perderei.

Amico ti son schiavo.

SOLIMANO

Ove te n' fuggi?

LURCANO

Ora sì che m'adiro.

Ch'io fugga, te ne menti, io mi ritiro.

SOLIMANO

Almen dimmi perché?

LURCANO

L'armi non fan per me.

SOLIMANO

Di qual armi paventi?

LURCANO

Or ti spedisco.

La vita, e l'onestade a campo aperto

di Selin si cimenta, e di Dorisbe.

SOLIMANO

Ah, ch'il mio dubbio è certo.

LURCANO

E chi di loro

per sentenza real vinto rimane,

s'accinga a rio martoro,

che merta un fallo osceno,

se non la forca, la galera almeno.

SOLIMANO

O Selino infelice.

LURCANO

Addio ti lascio.

SOLIMANO

Ascolta; non partir.

LURCANO

Che vuoi di più?

SOLIMANO

Vieni al campo ancor tu.

LURCANO

Folle se 'l credi.

SOLIMANO

Sarai forse d'aita.

LURCANO

Ch'io cimenti la vita,

non l'insegna Catone.

SOLIMANO

Almen qui resta.

LURCANO

Non mi romper la testa

con puntigli d'onor, ch'io non mi pento;

se tu per complimento

corri a farti guerriero,

sei più pazzo di me, che so 'l mestiero.

(parte)

Lurcano ->

 

Scena sesta

Laurindo, Solimano.

<- Laurindo

 

LAURINDO

O bella libertà...  

SOLIMANO

Non è questi Laurindo?

LAURINDO

...quanto gradita altrui, noiosa a me.

SOLIMANO

Ma come in libertà?

LAURINDO

Che mi giova esser disciolta...

SOLIMANO

Disciolta?

LAURINDO

...mentre avvolta

fra catene

di tormenti amor mi tiene?

SOLIMANO

Son desto?

LAURINDO

Se fra ceppi il cor si sta.

SOLIMANO

Oppur vaneggio?

LAURINDO

Servitù non cura il piè.

O bella libertà,

quanto gradita altrui, noiosa a me.

SOLIMANO

Spoglia mentita, e finta

una donzella asconde.

Qual memoria indistinta

l'anima mi confonde...

LAURINDO

O cara servitù...

SOLIMANO

Non rassembra colei?

LAURINDO

...quanto noiosa altrui, gradita a me.

SOLIMANO

Ma come in servitù?

LAURINDO

Che mi vale esser fuggita...

SOLIMANO

Fuggita?

LAURINDO

...se tradita

da un ingrato,

ogni scampo ho disperato?

SOLIMANO

E l'ombra?

LAURINDO

Libertà non bramo più...

SOLIMANO

Oppure è d'essa?

LAURINDO

...di fuggir non speri il piè.

O cara servitù

quanto noiosa altrui gradita a me.

 

 

Folle? Ma che pens'io?  

Su su corrasi al campo;

si combatta, si mora, e al morir mio

sciolgasi dal suo laccio

d'un empio traditor l'alma lasciva;

purché mora Selino, Argia non viva.

SOLIMANO

Come ratto se n' va? Dove Laurindo?

LAURINDO

Dove Marte rimbomba.

SOLIMANO

Corri forse al tuo scampo?

LAURINDO

Anzi alla tomba.

SOLIMANO

Deh Laurindo gentil, se chiudi in petto

scintilla di pietà, stilla d'affetto,

per Selino t'adopra,

che se non trova aita

perde l'onore, e con l'onor la vita.

LAURINDO

Consolati buon servo

che per lui solo a marziale arringo

disperato m'accingo:

ma digli o Solimano,

che chi sempre dovria

a danni di Selino

strage ruina, e scempio

implorar dalla sorte,

per confonder un empio

con eccessi d'amor, corre alla morte.

 

SOLIMANO

Non più stelle tiranne, o dio, non più.  

Abbastanza son pure

scesi da' vostri giri

turbini di sciagure, e di martiri.

Infelice appien quaggiù

cieca sorte altrui non fe',

se colpito anco non è

dall'ingiurie di lassù.

Non più stelle tiranne, o dio, non più.

 
 

Scena settima

Anfiteatro.
Atamante.

 Q 

Atamante

 

 

Dure noie, che rendete

il mio cor sì miserabile:

che del mondo il fasto è labile

insegnar forse volete?

Ben lo so, ben l'imparai,

e provai,

che l'impero è un lieve gioco,

un vascello di paglia in mar di foco.

IIº

Occhi miei, che distillate

per dolor onde amarissime,

che son l'ore fugacissime

del gioir forse mostrate?

Ben lo so, ben l'imparai,

e provai,

che d'un re sono i contenti

caratteri di polve in preda ai venti.

 

 

Ma perché mi querelo?  

Forse i ferri, i veleni

mancheranno al mio regno

per torre altrui la vita, a me lo sdegno?

Sì sì mora Selino,

uccidasi Dorisbe,

pera l'empio lenone

delle vergogne mie,

e pria che fugga il die

di tre vittime infami

sgorghi nel suolo immondo

il sangue abominoso:

quindi m'appelli il mondo

pria giusto re, che genitor pietoso.

 

Scena ottava

Aceste, Atamante.

<- Aceste

 

ACESTE

Sire, il prence Feraspe  

di Negroponte erede

qui volge armato il piede.

Araldo io vegno, egli in disparte i segni

della battaglia attende,

e campion di Dorisbe

perder sé stesso, o lei disciorre intende.

ATAMANTE

Così prode guerriero

non si rifiuta in Cipro.

Campion l'accetto, e vincitor lo spero.

Aceste ->

 

Scena nona

Solimano, Atamante.

<- Solimano

 

SOLIMANO

Sire, di qua non lungi  

sconosciuto un guerriero

a pro del mio signor la spada cinge.

ATAMANTE

È di Cipro, o straniero?

SOLIMANO

Non so.

ATAMANTE

Ma chi l'astringe

a pugnar sconosciuto?

SOLIMANO

A me no 'l disse.

ATAMANTE

Costui finger procura.

SOLIMANO

Il campo ei chiede,

e già tutto nell'armi,

qual si costuma, è chiuso.

ATAMANTE

Venga, non lo ricuso.

Ma che si tarda? Olà

da canori metalli

diansi dell'armi i cenni,

e scorga il ciprio regno

come fulmina irato un regio sdegno.

Solimano ->

 

Scena decima

Laurindo, Feraspe, Atamante.
Coro di Soldati.

<- soldati, Laurindo, Feraspe

 

CORO

Rimbombate al suon dell'armi  

cupe valli,

e de' rauchi metalli

al fragor l'aria assordate,

di Nettuno entro la sponda

frema l'onda,

e risponda ai fieri carmi.

Rimbombate al suon dell'armi.

 
Segue la battaglia fra Laurindo, e Feraspe.
 

FERASPE

Renditi, o ch'io t'uccido.  

ATAMANTE

O ciel, che miro?

LAURINDO

L'armi e 'l campo ti cedo; alla vendetta,

non al trionfo aspiro.

ATAMANTE

E qual folle ardimento

dai ceppi ti disciolse

per condurti al cimento?

LAURINDO

L'onor mi rese ardito.

ATAMANTE

Chi ti diè libertà?

LAURINDO

Fu l'innocenza.

ATAMANTE

Ma di chi?

LAURINDO

Di tua figlia.

ATAMANTE

S'innocente, è Dorisbe, a che la spada

impugnasti a suo danno?

FERASPE

Egli delira.

LAURINDO

Selino è reo di morte.

ATAMANTE

Ma perché lo difendi?

LAURINDO

A te non cale, e déi

le tue leggi osservar, se giusto sei.

FERASPE

Non lieve arcano asconde

nella mente costui.

ATAMANTE

Ma però si confonde.

LAURINDO

Uccidasi Selino.

FERASPE

Disciolgasi Dorisbe.

ATAMANTE

Partite: a me s'aspetta

la pietà, la vendetta.

FERASPE

Non è reo, chi non erra.

LAURINDO

Non dée viver un empio.

ATAMANTE

Olà partite.

LAURINDO

Si discopra l'inganno.

ATAMANTE

O vicende!

LAURINDO

O fortuna!

FERASPE

O re tiranno!

Laurindo, Feraspe, soldati ->

 

Scena undicesima

Atamante, Dorisbe, Selino.
Due Paggi con tazze di veleni.

<- Dorisbe, Selino, due paggi

 

ATAMANTE

Dell'intricato enigma  

saprò ben io col ferro

nuovo Alessandro sviluppare i nodi.

Voi campioni sì prodi

del faretrato dio,

che dar l'assalto osaste

alla rocca real dell'onor mio

ambi di paro erraste,

e se fu pari il male,

sia dell'error anco la pena eguale.

DORISBE

Dunque senza fallire

a Cipro si condanna

una figlia a morire?

Insieme

SELINO

Dunque senza fallire

il genitor condanna

un principe a morire?

 

ATAMANTE

Non da quest'alma offesa

ricetto alla pietà:

morir dovete; io così voglio. Olà

questo a vostri imenei

nettare il ciel destina, e ben potete

smorzar l'arida sete

dal vostro cieco ardore

ogni vivente impari,

che negl'orti d'amore

son dolci i fiori, e sono i frutti amari.

DORISBE

O padre ingiusto e rio.

Insieme

SELINO

O re malvagio e rio.

 

ATAMANTE

Non più. Gioite. Addio.

Atamante, due paggi ->

 

Scena dodicesima

Dorisbe, Lurcano, Selino.

 

DORISBE

Pietà, numi, pietà; moro innocente.  

Ma tu padre non già, barbaro mostro,

cui la corona, e l'ostro

con il velo dei sensi

ponno offuscar della ragione i lumi,

dimmi dove apprendesti

di barbaro i costumi!

Qual demone a mio danno

con leggi da tiranno

t'addottrinò la mente?

Pietà, numi, pietà; moro innocente.

 

<- Lurcano

LURCANO

Terminata la festa  

vo' comparir anch'io, ma qui sì beve.

Che cerimonia è questa?

SELINO

Io sol, Dorisbe, reo

son delle colpe tue,

e se morir conviene

lascia a me solo o sospirato bene

tutt'il martir, ch'è destinato a due.

Per sì funesta uscita

chiudi all'alma le porte,

che faresti, o mia vita,

troppo bella la morte.

Porgete a me porgete

servi pietosi ambe le tazze. Io solo

per dar vita a Dorisbe,

trangugerò i veleni

di quanti per la terra

strisciano a danno umano atri colubri.

LURCANO

O che nozze lugubri?

SELINO

Dorisbe io parto. Addio.

LURCANO

Un saluto a Caronte in nome mio.

SELINO

Il principe dei Traci

che sol visse per te, per te si more.

 

Scena tredicesima

Laurindo, Atamante, Dorisbe, Selino, Lurcano.

<- Laurindo, Atamante

 

LAURINDO

Fermati traditore.  

DORISBE

Ohimè respiro.

ATAMANTE

Anco ardisci d'opporti

temerario lenone a miei decreti?

Uccidasi Laurindo.

LAURINDO

Ottimo sire,

deh pria ch'un infelice

si condanni a morire,

lascia, che per brev'ora

di quest'alme tradite

l'innocenza palesi, e poi si mora.

DORISBE

Stelle ancor non v'intendo.

ATAMANTE

O qual pietade

improvvisa m'assale?

Parla, ma non mentire.

LAURINDO

Alma reale

non conosce menzogne. Or tu m'ascolta,

e s'io parlo con frode,

fa' di questa mia vita orrido scempio.

SELINO

E si crede a quest'empio?

ATAMANTE

Taci.

LAURINDO

Prima a Dorisbe

e vita, e libertà donar tu déi,

ch'uccidendo la figlia, ingiusto sei.

ATAMANTE

Ma se con questi lumi il fallo io vidi:

m'inganni, o mi deridi?

LAURINDO

Il ver ti parlo.

Dorisbe a me rispondi

la pura verità. Chi fu l'amante

ch'al giardino attendevi?

DORISBE

O dio, non so.

LAURINDO

Non lo nasconder, no.

DORISBE

Laurindo.

ATAMANTE

Ma Selino

com'allor presente?

DORISBE

A lui stesso lo chiedi.

LAURINDO

Io per inganni

quivi il condussi.

ATAMANTE

Ed a qual fine?

SELINO

O dio?

LAURINDO

Per macchinar i danni,

d'un traditor rubello.

ATAMANTE

Dunque reo tu sarai.

LAURINDO

E reo m'appello.

LURCANO

Do la volta al cervello.

ATAMANTE

Or se Dorisbe

d'amar confessa, e al tuo desir consente

com'è dunque innocente?

LAURINDO

Quanto finor narrai

nella mente riponi.

E ch'innocente sia, tosto il vedrai.

ATAMANTE

A sì lievi ragioni

l'anima non riposa.

LURCANO

Omai disvela

questa cifra noiosa.

LAURINDO

Or tu Selino

ti prepara alla morte, a questi eventi

sa condurre il destino

la perfidia mortal.

SELINO

Barbaro menti.

LAURINDO

A me rispondi pria,

non amasti Dorisbe?

SELINO

L'amai.

LAURINDO

Dimmi perché?

SELINO

Perch'è degna d'amore.

LAURINDO

E non per altro?

SELINO

A che tanto m'aggiri?

Per chiederla consorte.

LAURINDO

A quante indegno

regie consorti aspiri?

Corri forse o mendace

di lascivia al bersaglio,

per far nel regno tuo barbaro trace,

di regine un serraglio?

SELINO

Che favole racconti?

LAURINDO

Or dimmi Argia:

figlia del re Toante.

 

Scena quattordicesima

Feraspe, Laurindo, Selino, Atamante, Dorisbe, Lurcano.

<- Feraspe

 

FERASPE

Che ascolto infelice?  

LAURINDO

Tua consorte non è?

Non gli desti la fé?

SELINO

Mente chi 'l dice.

LAURINDO

Tu menti, o traditore, e questo foglio

dal proprio sangue tuo firmato, e scritto

non palesa il delitto?

LURCANO

Eccoci a un altro imbroglio.

 

LAURINDO

Leggi perfido, leggi,  

ovver per non mirarlo

volgi a terra quei lumi

vergognosi e funesti.

Dimmi così calpesti

della fé, dell'onor, del ciel le leggi?

Leggi perfido leggi.

 

ATAMANTE

Or che rispondi?

SELINO

Sire.

ATAMANTE

Parla.

SELINO

Ad Argia

diedi la fede mia.

ATAMANTE

Tu tremi?

SELINO

Argia.

ATAMANTE

Di' pur, che molto importa.

SELINO

Chi mi consiglia? È morta.

FERASPE

Ah traditore?

LAURINDO

Non macchinar inganni

che non è morta Argia, vive a tuoi danni.

FERASPE

Respira, alma respira.

ATAMANTE

Ma dove il piè rigira

la tradita donzella?

Ben saperlo tu déi.

LAURINDO

Se doni a preghi miei

quanto chieder desio, tutto saprai.

ATAMANTE

Ciò che domandi, io lo prometto, avrai.

LAURINDO

Poich'altro a te non manca,

ingannator superbo,

per meritar di traditore il nome,

rimira queste chiome,

che ti legaro il core;

ravvisa questo seno,

cui rapisti l'onore;

conosci quell'Argia

ch'anima tua chiamasti,

sol per meglio tradir l'anima mia.

Ecco, o giusto regnante,

contumace Laurindo, Argia tradita,

innocente Dorisbe, e reo Selino.

 

Scena quindicesima

Osmano con il Fanciulletto, Argia, Atamante, Selino, Dorisbe, Feraspe, Lurcano.

<- Osmano, Fanciulletto

 

OSMANO

Pur si scoperse; o forza del destino!  

LAURINDO
Argia

Va' demone terreno

tra le furie di Stige,

forma del proprio seno

nuovo inferno a tuo danno,

ch'a punir un tiranno

in tante colpe immerso

è poco l'universo.

Ecco o peste del mondo

di tua lascivia il frutto.

Questo è tuo figlio, e mio,

e se tradisti, o dio,

l'incauta genitrice,

svena quest'infelice,

che con lingua latrante, e pargoletta

al giustissimo ciel grida vendetta.

Vanne cara Dorisbe,

vieni figlio innocente,

segui amato Feraspe,

fuggi da questo mostro

del giorno che rimira,

dell'aure, che respira affatto indegno,

conduci al patrio regno

questa madre infelice:

e tu barbaro godi,

se pur goder ti lice,

ch'in lacrime di sdegno anch'io mi struggo

tradita venni, e vendicata fuggo.

Laurindo, Fanciulletto, Dorisbe, Feraspe ->

 

Scena sedicesima

Selino, Atamante, Osmano, Solimano, Lurcano.

 

SELINO

Disserratevi abissi, io vengo a piangere.  

Son reo di tradimenti,

artefice d'inganni,

congiurate a miei danni ombre dolenti.

Nel centro delle pene

convinto dal suo bene

un tiranno d'amor

l'ingratissimo cor desia di frangere.

Disserratevi abissi, io vengo a piangere.

 

ATAMANTE

Eppur sento nel core  

ad onta del mio sdegno

nascer qualche pietà figlia d'amore.

LURCANO

Che pietà, che perdono a quest'indegno?

Non vedete padrone,

che cera di briccone?

OSMANO

Mal conosce sé stesso

colui, ch'altri condanna.

SELINO

A morire, a morire.

SOLIMANO

Eppur cadesti o sire

nel presagito laccio. Ecco ove guida

un amoroso dardo,

infelice Selino? Ah fossi stato

tu più cauto in amore, io più bugiardo.

SELINO

Contro l'ira del fato

non han forza i mortali.

Parti, e taci, se m'ami,

e se men aspra brami

farmi incontrar la morte, in Tracia vola

e 'l mio gran padre Alì quieta, e consola.

Palesa il mio fallir, di', ch'ogni cura

per mio scampo tralasci,

e narra qual mi vedi, e qual mi lasci.

SOLIMANO

Piuttosto anch'io morrò.

OSMANO

Signor attendi.

Costui vinto dal duolo

o delira, o s'infinge.

ATAMANTE

E tu, che prendi

cura del suo penar, dimmi chi sei?

OSMANO

Tal io mi son, che forse

appagarti saprò.

ATAMANTE

Ma che ti spinge

ad osservar un reo,

se delira, o se finge?

LURCANO

Padron non gli credete: egl'è un ebreo.

OSMANO

Torno a dir, che dai mali

ha confusa la mente,

o finge con la patria anco i natali.

ATAMANTE

E che rileva ciò.

OSMANO

Tanto, ch'un giorno

ti potresti pentire. Il re de' Traci,

già canuto, e mal vivo

di cui figlio poch'anzi

quel garzon si vantò, di figli è privo.

ATAMANTE

E come ciò sapesti?

OSMANO

A Bisanto l'intesi.

ATAMANTE

Or chi sia questi

che suo figlio si noma?

OSMANO

Un da corsari

rapito entro le fasce in questi mari.

ATAMANTE

Rapito entro le fasce in questi mari?

Come dunque d'Alì figlio s'appella?

OSMANO

Venduto a lui bambino

fu qual figlio nutrito

con nome di Selino,

indi erede acclamato, e riverito.

SOLIMANO

Tutt'è ver, ma quel regno,

come principe l'ama: anzi l'adora.

ATAMANTE

E quant'è che fu ciò?

OSMANO

La prima aurora

pur ier varcò dopo vent'anni.

ATAMANTE

O dio?

LURCANO

Non ne vo' sentir più. Barboni addio.

 

Lurcano ->

ATAMANTE

Ma dimmi, il primo nome  

di Selino qual fu?

OSMANO

Dirollo: ma...

ATAMANTE

Non temer.

OSMANO

Lucimo...

ATAMANTE

Che?

OSMANO

Lucimoro.

ATAMANTE

O dèi quest'è mio figlio.  

OSMANO

Appunto questi

è 'l figlio, che perdesti.

ATAMANTE

Ma tu, come ciò sai?

OSMANO

S'a me condoni

le scorse negligenze, or l'udrai.

ATAMANTE

Parla, ch'io t'assicuro.

OSMANO

Ecco a' tuoi piedi

quell'infelice Osmano,

quel servo a te fedele,

cui da barbara mano

di pirata crudel

fu rapito il tuo figlio.

ATAMANTE

O ciel che veggio?

OSMANO

Questo, invitto regnante,

ch'alla morte condanni

è di Cipro l'infante, io già molt'anni,

che dalla tracia servitù mi sciolsi

discoperto l'avrei,

se la fortuna, o 'l fato

non avessi cangiato

per tema del tuo sdegno i pensier miei.

SOLIMANO

Signor, dubbio non ha. Questo è lo schiavo,

che venne con Selino,

poi fuggì di improvviso.

Alla voce all'aspetto, io lo ravviso.

ATAMANTE

O figlio, o dolce figlio.

SELINO

O mio re.

ATAMANTE

Mio tesoro.

SELINO

La gioia mi confonde.

ATAMANTE

Io t'abbraccio.

SELINO

Io t'adoro.

 

Scena diciassettesima

Argia, Dorisbe, Feraspe, Atamante, Lucimoro, Solimano, Osmano, Fanciulletto.

<- Laurindo, Dorisbe, Feraspe, Fanciulletto

 

ATAMANTE

Adesso intendo  

di Venere i presagi, onde mi sgrida,

ch'io no 'l perda per sempre, o non l'uccida,

mira amata Dorisbe, e rendi intanto

grazie devote al ciel; quest'è mio figlio

da noi tant'anni sospirato, e pianto.

DORISBE

Lucimoro!

SELINO
Lucimoro

Dorisbe?

DORISBE

Io pur ti trovo e pur ti stringo al seno:

s'amante non osai, fratello almeno.

Insieme

SELINO
Lucimoro

Io pur ti miro e pur ti stringo al seno:

se sposo non potei, sorella almeno.

 

SELINO
Lucimoro

Ma tu nume adorato  

a sdegno, o dio, mi prendi?

LAURINDO
Argia

Ma tu crudele ingrato

sempre sempre m'offendi?

SELINO
Lucimoro

Ti prego.

LAURINDO
Argia

Mi fuggisti.

SELINO
Lucimoro

T'adorai.

LAURINDO
Argia

Mi tradisti.

SELINO
Lucimoro

Perdona al mio fallire.

LAURINDO
Argia

Non merita pietà.

SELINO
Lucimoro

Dunque morir degg'io?

LAURINDO
Argia

Non mi risolvo.

SELINO
Lucimoro

Deh placati.

LAURINDO
Argia

Chissà?

SELINO
Lucimoro

Sarai di Lucimoro?

LAURINDO
Argia

E tu d'Argia?

LAURINDO
Argia

Sì torna ad amar anima mia.

Insieme

SELINO
Lucimoro

Sì lascia il rigor anima mia.

 

FERASPE

O fortunata coppia!  

SOLIMANO

O felici vicende!

LAURINDO
Argia

Sire, amante Feraspe

è di Dorisbe, e servo, un doppio nodo

stringa a me Lucimoro, a lui Dorisbe.

Mertano i nostri affetti

se fu doppio il soffri, doppi i diletti.

ATAMANTE

Giurai bella costante

d'appagar le tu voglie.

Di Feraspe mia figlia oggi sia moglie.

FERASPE

Generoso Atamante.

DORISBE

Cortese genitor.

ATAMANTE

Non più. Le pompe

per sì lieti imenei

ad apprestar m'invio,

voi me seguite o vegli.

FANCIULLETTO

Osmano addio.

Atamante, Osmano ->

 

Scena diciottesima

Argia, Lucimoro, Feraspe, Dorisbe, Fanciulletto, Alceo.

 

FERASPE, DORISBE, LAURINDO E SELINO
(Argia e Lucimoro)

 

Alle gioie, ai diletti, ai vezzi, ai baci.

Amanti che fate

codardi che siete?

Se vincer bramate

pugnando godete.

Nel campo d'amore

è vile quel core,

che segue le paci.

Alle gioie, ai diletti, ai vezzi, ai baci.

IIº

Chi brama gioire

s'accinga a penare,

che dona il soffrire

dolcezze più care.

Da lunga speranza,

ottien la costanza,

contenti veraci.

Alle gioie, ai diletti, ai vezzi, ai baci.

Sfondo schermo () ()

 

Laurindo, Selino, Fanciulletto, Dorisbe, Feraspe ->

<- Alceo

ALCEO

Argia? Dorisbe? Sposi?  

Sì. Che giova esclamare, e farsi roco?

Per divertir gl'amanti

dall'amoroso gioco

una mandra ci vuol di negromanti.

Scusa, o perdon vorrei,

per Alceo, per Filaura, e dalle spose

ottenuto l'avrei.

Ma in così lieto giorno

voglion ben altro, che eunuchi intorno.

 

Un amante è qual torrente,  

che dal monte alla pianura,

precipitoso scende.

Gonfio di sciolte nevi il corso prende,

e se poco dura

atterrisce la gente, e dove passa,

rompe le sponde, e gl'argini fracassa.

IIº

Se talor gonfia un torrente,

tanto più le valli ingombra,

quanto più d'acque abbonda.

I prati, e campi, e gl'altrui letti inonda:

ma se Giuno disgombra

dall'aere le nubi, il rio si stanca

e per il proprio letto onda gli manca.

Alceo ->

 

Scena ultima

Venere. Innocenza.
Coro di Numi, che cantano.
Coro di Amorini, che ballano in cielo.
Coro di Soldati, che ballano in terra.

<- Venere, Innocenza, numi, amorini, soldati

 

VENERE

Ecco, o bella Innocenza,  

del tuo lungo soffrire il fine, il porto.

Abbattuta la frode

si consuma. Si rode, e negl'abissi

resta l'inganno eternamente assorto.

INNOCENZA

Delle rotanti sfere,

opra del tuo gran figlio, al bel sereno

trionfante ritorno.

Già dell'invidia a scorno,

al suo diletto in seno,

gode la bell'Argia

i bramati contenti.

Imparate o viventi

da vicende sì belle,

che chi sa ben soffrir, vince le stelle.

 

VENERE E INNOCENZA

Viva Cipro, e Negroponte.  

CORO

Viva Cipro, e Negroponte.

VENERE E INNOCENZA

Gioite mortali

ch'il cielo v'arride.

VENERE

Non sempre omicide

son l'ire fatali.

Supera l'Innocenza

di nemico destino i sdegni, e l'onte.

Viva Cipro, e Negroponte.

CORO

Viva Cipro, e Negroponte.

 
Si balla.
 
 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Logge, e prigioni.

Laurindo
 

(Laurindo prigioniero)

Laurindo
<- Osmano, Fanciulletto

O come lieto a rivederti io torno

Fanciulletto
Io nacqui infelice

Taci figlio, deh taci

Laurindo
Osmano, Fanciulletto ->
Laurindo
<- Dema, Feraspe

Dove tanto crucciosa

Laurindo, Dema, Feraspe
<- Aceste

Sire d'alte novelle

Laurindo, Dema
Feraspe, Aceste ->

Ma figlio di Toante

Laurindo
Dema ->

La città di Salamina.

Filaura, Osmano, Alceo
 

Dunque Filaura mia

Alceo, Filaura, Osmano ->
<- Lurcano, Solimano

Costui d'armi favella

Solimano
Lurcano ->
Solimano
<- Laurindo
Laurindo e Solimano
O bella libertà

Folle? Ma che pens'io?

Anfiteatro per combattere.

Atamante
 

Ma perché mi querelo?

Atamante
<- Aceste

Sire, il prence Feraspe

Atamante
Aceste ->
Atamante
<- Solimano

Sire, di qua non lungi

Atamante
Solimano ->
Atamante
<- soldati, Laurindo, Feraspe

(battaglia fra Laurindo e Feraspe)

Renditi, o ch'io t'uccido

Atamante
Laurindo, Feraspe, soldati ->
Atamante
<- Dorisbe, Selino, due paggi

(i paggi con tazze di veleni)

Dell'intricato enigma

Dorisbe, Selino
Atamante, due paggi ->
Dorisbe, Selino
<- Lurcano

Terminata la festa

Dorisbe, Selino, Lurcano
<- Laurindo, Atamante

Fermati traditore

Dorisbe, Selino, Lurcano, Laurindo, Atamante
<- Feraspe

Che ascolto infelice?

(Laurindo rivela di essere Argia)

Dorisbe, Selino, Lurcano, Laurindo, Atamante, Feraspe
<- Osmano, Fanciulletto

Pur si scoperse; o forza del destino!

Selino, Lurcano, Atamante, Osmano
Laurindo, Fanciulletto, Dorisbe, Feraspe ->

Eppur sento nel core

Selino, Atamante, Osmano
Lurcano ->

Ma dimmi, il primo nome

(Selino rivela di essere Lucimoro)

O dèi quest'è mio figlio

Selino, Atamante, Osmano
<- Laurindo, Dorisbe, Feraspe, Fanciulletto

Adesso intendo di Venere i presagi

Selino e Laurindo
Ma tu nume adorato

O fortunata coppia!

Selino, Laurindo, Dorisbe, Feraspe, Fanciulletto
Atamante, Osmano ->
Feraspe, Dorisbe, Laurindo e Selino
Alle gioie, ai diletti, ai vezzi, ai baci
Laurindo, Selino, Fanciulletto, Dorisbe, Feraspe ->
<- Alceo

Argia? Dorisbe? Sposi?

Alceo ->
<- Venere, Innocenza, numi, amorini, soldati

Ecco, o bella Innocenza

Venere e Innocenza, Coro
Viva Cipro, e Negroponte

(amorini, che ballano in cielo; soldati, che ballano in terra)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena ultima
Mare, e porto. Mare, e porto con vista della fortezza di Salamina. Cortil regio. Il tempio di Venere. Appartamenti di Filaura. Giardino con vista del palazzo reale. Logge, e prigioni. La città di Salamina. Anfiteatro per combattere.
Prologo Atto primo Atto secondo

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