Atto terzo

 

Scena prima

Parte interna della fortezza, nella quale è ritenuto prigione Arbace. Cancelli in prospetto. Picciola porta a mano destra, per la quale si ascende alla reggia.
Arbace, poi Artaserse.

Bozzetti

 Q 

Arbace

 

ARBACE

Perché tarda è mai la morte,  

quando è termine al martir?

A chi vive in lieta sorte

è sollecito il morir.

 

<- Artaserse

ARTASERSE

Arbace.  

ARBACE

Oh dèi, che miro! In questo albergo

di mestizia e d'orror chi mai ti guida?

ARTASERSE

La pietà, l'amicizia.

ARBACE

A funestarti

perché vieni o signor?

ARTASERSE

Vengo a salvarti.

ARBACE

A salvarmi!

ARTASERSE

Non più. Per questa via,

che in solitaria parte

termina della reggia, i passi affretta;

fuggi cauto da questo

in altro regno e quivi

rammentati Artaserse, amalo e vivi.

ARBACE

Mio re, se reo mi credi,

perché vieni a salvarmi? E se innocente,

perché debbo fuggir?

ARTASERSE

Se reo tu sei,

io ti rendo una vita

che a me donasti. E se innocente, io t'offro

quello scampo che solo

puoi tacendo ottener. Fuggi, risparmia

d'un amico all'affetto

d'ucciderti il dolor. Placa i tumulti

di quest'alma agitata. O sia che cieco

l'amicizia mi renda o sia che un nume

protegga l'innocenza, io non ho pace,

se tu salvo non sei. Parmi nel seno

una voce ascoltar che ognor mi dica,

qualor bilancio e la tua colpa e il merto,

che il fallo è dubbio, il beneficio è certo.

ARBACE

Signor lascia che io mora. In faccia al mondo

colpevole apparisco ed a punirmi

t'obbliga l'onor tuo. Morrò felice,

se a l'amico conservo e al mio signore

una volta la vita, una l'onore.

ARTASERSE

Sensi non anco intesi

su le labra d'un reo! Diletto Arbace

non perdiamo i momenti. All'onor mio

basterà che si sparga

che un segreto castigo

già ti punì. Che funestar non volli

di questo dì la pompa, in cui mirarmi

l'Asia dovrà la prima volta in trono.

ARBACE

Ma potrebbe il tuo dono

un giorno esser palese. E allora...

ARTASERSE

Ah parti;

amico io te ne priego e se pregando

nulla ottener poss'io, re te 'l comando.

ARBACE

Ubbidisco al mio re. Possa una volta

esserti grato Arbace. Ascolti intanto

il cielo i voti miei;

regni Artaserse e gli anni

del suo regno felice

distinguano i trionfi. Allori e palme

tutto il mondo vassallo a lui raccolga,

lentamente ravvolga

i suoi giorni la parca e resti a lui

quella pace ch'io perdo,

che non spero trovar fino a quel giorno

che alla patria e all'amico io non ritorno.

 

L'onda dal mar divisa    

bagna la valle, il monte,

va passaggiera in fiume;

va prigioniera in fonte.

Mormora sempre e geme

fin che non torna al mar.

Al mar dov'ella nacque,

dove acquistò gli umori,

dove dai lunghi errori

spera di riposar.

(parte)

S

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Arbace ->

 

Scena seconda

Artaserse.

 

 

Quella fronte sicura e quel sembiante  

non l'accusano reo. L'esterna spoglia

tutta d'un'alma grande

la luce non ricopre

e in gran parte dal volto il cor si scopre.

 

Nuvoletta opposta al sole  

spesso il giorno adombra e vela

ma non cela il suo splendor.

Copre invan le basse arene

picciol rio col velo ondoso,

che rivela il fondo algoso

la chiarezza dell'umor.

(parte)

Artaserse ->

 

Scena terza

Artabano con séguito di Congiurati, poi Megabise, tutti da' cancelli, a guardia de' quali restano i Congiurati.

<- Artabano, congiurati

 

ARTABANO

Figlio, Arbace, ove sei? Dovrebbe pure  

ascoltar le mie voci. Arbace? O stelle!

Dove mai si celò? Compagni intanto

ch'io ritrovo il mio figlio,

custodite l'ingresso.

(entra fra le scene a mano destra)

Artabano ->

 

<- Megabise

MEGABISE
(alli congiurati)

E ancor si tarda?

Ormai tempo saria... Ma qui non vedo

né Artabano né Arbace!

Che si fa? Che si pensa, in tanta impresa

che lentezza è mai questa?

Artabano, signore.

(entrando fra le scene a mano sinistra)

Megabise ->

 

<- Artabano

ARTABANO

(uscendo dall'istesso lato per il quale entrò ma da strada diversa)

O me perduto!

Non trovo il figlio mio. Gelar mi sento;

temo... Dubito... Ascoso

forse in quest'altra parte io non invano...

Megabise!

(incontrandosi in Megabise, quale esce dall'istesso lato per il quale entrò ma da strada diversa)

<- Megabise

MEGABISE

Artabano!

ARTABANO

Trovasti Arbace?

MEGABISE

E non è teco?

ARTABANO

O dèi!

Crescono i dubbi miei.

MEGABISE

Spiegati, parla,

che fu d'Arbace?

ARTABANO

E chi può dirlo. Ondeggio

fra mille affanni e mille

orribili sospetti. Il mio timore

quante funeste idee forma e descrive!

Chi sa che fu di lui! Chi sa se vive!

MEGABISE

Troppo presto a l'estremo

precipiti i sospetti. E non potrebbe

Artaserse, Mandane, amico, amante

aver del prigioniero

procurata la fuga? Ecco la via

che alla reggia conduce.

ARTABANO

E per qual fine

la sua fuga celarmi? Ah Megabise

no più non vive Arbace

e ognun pietoso al genitor lo tace.

MEGABISE

Cessin gli dèi l'augurio. Ah ricomponi

i tumulti del cor. Sia la tua mente

men torbida e più pronta,

che l'impresa il richiede.

ARTABANO

E quale impresa

vuoi ch'io pensi a compir, perduto il figlio?

MEGABISE

Signor che dici? Avrem sedotti invano

tu i reali custodi ed io le schiere?

Risolviti; a momenti

va del regno le leggi

Artaserse a giurar. La sacra tazza

già per tuo cenno avvelenai. Vogliamo

perder così vilmente

tanto sudor, cure sì grandi?

ARTABANO

Amico,

se Arbace io non ritrovo,

per chi deggio affannarmi? Era il mio figlio

la tenerezza mia. Per dargli un regno

divenni traditor; per lui mi resi

orribile a me stesso; e lui perduto

tutto dispero e tutto

veggo de' falli miei rapirmi il frutto.

MEGABISE

Arbace estinto o vivo

dalla tua mano aspetta

il regno o la vendetta.

ARTABANO

Ah questa sola

in vita mi trattien, sì Megabise

guidami dove vuoi, di te mi fido.

MEGABISE

Fidati pur, che a trionfar ti guido.

 

Ardito ti renda,  

t'accenda di sdegno

d'un figlio il periglio,

d'un regno l'amor.

È dolce ad un'alma

che aspetta vendetta

il perder la calma

fra l'ire del cor.

(parte)

Megabise ->

 

Scena quarta

Artabano.

 

 

Trovaste avversi dèi  

l'unica via d'indebolirmi; al solo

dubbio che più non viva il figlio amato,

timido, disperato

vincer non posso il turbamento interno

che a me stesso di me toglie il governo.

 

Figlio se più non vivi,  

morrò; ma del mio fato

farò che un re svenato

preceda messaggier.

Infin che il padre arrivi

fa' che sospenda il remo

colà sul guado estremo

il pallido nocchier.

(parte)

Artabano ->

 
 

Scena quinta

Gabinetto negli appartamenti di Mandane.
Mandane, poi Semira.

 Q 

Mandane

 

MANDANE

O che all'uso de' mali  

istupidisca il senso o ch'abbian l'alme

qualche parte di luce

che presaghe le renda, io per Arbace

quanto dovrei non so dolermi. Ancora

l'infelice vivrà. Se fosse estinto

già purtroppo il saprei. Porta i disastri

sollecita la fama.

 

<- Semira

SEMIRA

Alfin potrai

consolarti Mandane. Il ciel t'arrise.

MANDANE

Forse il re sciolse Arbace?

SEMIRA

Anzi l'uccise.

MANDANE

Come!

SEMIRA

È noto a ciascun; benché in segreto

ei terminò la sua dolente sorte.

MANDANE

(O presagi fallaci! O giorno! O morte!)

SEMIRA

Eccoti vendicata, ecco adempito

il tuo genio crudel. Ti basta? O vuoi

altre vittime ancor? Parla.

MANDANE

Ah Semira,

soglion le cure lievi esser loquaci

ma stupide le grandi.

SEMIRA

Alma non vidi

della tua più inumana. Al caso atroce

non v'è ciglio che sappia

serbarsi asciutto e tu non piangi intanto.

MANDANE

Picciolo è il duol, quando permette il pianto.

SEMIRA

Va' se paga non sei; pasci i tuoi sguardi

su la trafitta spoglia

del mio caro germano. Osserva il seno,

numera le ferite e lieta in faccia...

MANDANE

Taci, parti da me.

SEMIRA

Che io parta e taccia!

Fin che vita ti resta

sempre intorno m'avrai. Sempre importuna

render i giorni tuoi voglio infelici.

MANDANE

E quando io meritai tanti nemici!

 

Mi credi spietata?  

Mi chiami crudele?

Non tanto furore,

non tante querele,

che basta il dolore

per farmi morir.

Quell'odio, quell'ira

d'un'alma sdegnata,

ingrata Semira,

non posso soffrir.

(parte)

Mandane ->

 

Scena sesta

Semira.

 

 

Forsennata, che feci! Io mi credei  

condivider l'affanno,

a me scemarlo e pur l'accrebbi. Allora

che insultando Mandane

qualche ristoro a questo cor desio,

il suo trafiggo e non risano il mio.

 

Non è ver che sia contento  

il veder nel suo tormento

più d'un ciglio lagrimar.

Che l'esempio del dolore

è uno stimolo maggiore

che richiama a sospirar.

(parte)

Semira ->

 

Scena settima

Arbace, poi Mandane.

<- Arbace

 

ARBACE

Né pur qui la ritrovo. Almen vorrei  

dell'amata Mandane

calmar gli sdegni e l'ire,

rivederla una volta e poi partire.

In più segreta parte

forse potrò... Ma dove

temerario m'inoltro? Eccola, o dèi!

Ardir non ho di presentarmi a lei.

(si ritira in disparte inosservato)

 

<- Mandane, paggio

MANDANE

Olà, non si permetta in queste stanze

a veruno l'ingresso.

(ad un paggio, il quale ricevuto l'ordine rientra dalla scena donde è uscito Arbace)

paggio ->

 

Eccovi alfine,

miei disperati affetti

eccovi in libertà. Del caro amante

versai barbara il sangue. Il sangue mio

(impugna uno stile in atto d'uccidersi)

è tempo di versar.

ARBACE

Fermati.

MANDANE

Oh dio!

(vedendo Arbace le cade lo stile)

ARBACE

Quale ingiusto furor...

MANDANE

Tu in questo luogo!

Tu libero! Tu vivo!

ARBACE

Amica destra

i miei lacci disciolse.

MANDANE

Ah fuggi, ah parti;

misera me! Che si dirà, se alcuno

qui ti ritrova? Ingrato

lasciami la mia gloria.

ARBACE

E chi poteva

mio ben senza vederti

la patria abbandonar?

MANDANE

Da me che vuoi

perfido traditor?

ARBACE

No, principessa,

non dir così. So ch'hai più bello il core

di quel che voi mostrarmi; è a me palese;

tu parlasti, o Mandane, e Arbace intese.

MANDANE

O mentisci o t'inganni o questo labro

senza il voto dell'alma

per uso favellò.

ARBACE

Ma pur son io

ancor la fiamma tua.

MANDANE

Sei l'odio mio.

ARBACE

Dunque crudel t'appaga,

ecco il ferro, ecco il sen, prendi e mi svena.

(presentandole la spada nuda)

MANDANE

Saria la morte tua premio e non pena.

ARBACE

È ver, perdona, errai;

ma questa mano emenderà...

(in atto d'uccidersi)

MANDANE

Che fai?

Credi forse che basti

il sangue tuo per appagarmi? Io voglio

che pubblica, che infame

sia la tua morte e che non abbia un segno,

un'ombra di valor.

ARBACE

Barbara, ingrata,

morrò come a te piace,

(getta la spada)

torno al carcere mio.

(in atto di partire)

MANDANE

Sentimi Arbace.

ARBACE

Che vuoi dirmi?

MANDANE

Ah no 'l so.

ARBACE

Sarebbe mai

quello che mi trattiene

qualche resto d'amor?

MANDANE

Crudel che brami,

vuoi vedermi arrossir? Salvati, fuggi,

non affliggermi più.

ARBACE

Tu m'ami ancora,

se a questo segno a compatirmi arrivi.

MANDANE

No, non crederlo amor ma fuggi e vivi.

 

ARBACE

Tu vuoi ch'io viva o cara  

ma se mi nieghi amore

cara mi fai morir.

 

MANDANE

Oh dio, che pena amara!

Ti basti il mio rossore;

più non ti posso dir.

 

ARBACE

Sentimi...

MANDANE

No.

ARBACE

Tu sei...

MANDANE

Parti dagli occhi miei,

lasciami per pietà.

 

MANDANE E ARBACE

Quando finisce, o dèi,

la vostra crudeltà!

Se in così gran dolore

d'affanno non si muore,

qual pena ucciderà?

(partono)

Mandane, Arbace ->

 
 

Scena ottava

Luogo magnifico destinato per la coronazione di Artaserse. Trono da un lato con sopra scettro e corona. Ara nel mezzo accesa con simulacro del sole.
Artaserse ed Artabano con numeroso Séguito e Popolo.

 Q 

<- Artaserse, Artabano, séguito, popolo

 

ARTASERSE

A voi popoli io m'offro  

non men padre che re. Siatemi voi

più figli che vassalli. Il vostro sangue,

la gloria vostra e quanto

è di guerra o di pace acquisto o dono

vi serberò; voi mi serbate il trono

e faccia il nostro core

questo di fedeltà cambio e d'amore.

Sarà del regno mio

soave il freno. Esecutor geloso

delle leggi io sarò. Perché sicuro

ne sia ciascun, solennemente il giuro.

(una comparsa reca una sottocoppa con la tazza)

<- comparsa

ARTABANO

Ecco la sacra tazza. Il giuramento  

abbia nodo più forte;

(porge la tazza ad Artaserse)

compisci il rito. (E beverai la morte.)

comparsa ->

ARTASERSE

«Lucido dio per cui l'april fiorisce,

per cui tutto nel mondo e nasce e muore,

volgiti a me; se il labro mio mentisce

piombi sopra il mio capo il tuo furore,

languisca il viver mio, come languisce

questa fiamma al cader del sacro umore,

(versa sul foco parte del liquore)

e si cangi, or che bevo, entro il mio seno

la bevanda vital tutta in veleno».

(in atto di bevere)

 

Scena nona

Semira e detti.

<- Semira

 

SEMIRA

Al riparo signor. Cinta la reggia  

da un popolo infedel, tutta risuona

di grida sediziose e la tua morte

si procura, si chiede.

ARTASERSE

Numi!

(posa la tazza su l'ara)

ARTABANO

Qual alma rea mancò di fede?

ARTASERSE

Ah, che tardi il conosco,

Arbace è il traditore.

SEMIRA

Arbace estinto!

ARTASERSE

Vive, vive l'ingrato. Io lo disciolsi,

empio con Serse, e meritai la pena

che il cielo or mi destina.

Io stesso fabricai la mia ruina.

ARTABANO

Di che temi o mio re? Per tua difesa

basta solo Artabano.

ARTASERSE

Sì corriamo a punir...

(in atto di partire)

 

Scena decima

Mandane e detti.

<- Mandane

 

MANDANE

Ferma o germano;  

gran novelle io ti reco;

il tumulto svanì.

ARTASERSE

Fia ver? E come?

MANDANE

Già la turba ribelle

seguendo Megabise era trascorsa

fino all'atrio maggior. Quando chiamato

dallo strepito insano accorse Arbace.

Che non fe', che non disse in tua difesa

quell'anima fedel! Mostrò l'orrore

dell'infame attentato. Espresse i pregi

di chi serba la fede. I merti tuoi,

le tue glorie narrò. Molti riprese,

molti pregò, cangiando aspetto e voce

or placido, or severo ed or feroce.

Ciascun depose l'armi e sol restava

l'indegno Megabise

ma l'assalì, ti vendicò, l'uccise.

ARTABANO

(Incauto figlio!)

ARTASERSE

Un nume

m'inspirò di salvarlo. È Megabise

d'ogni delitto autor.

ARTABANO

(Felice inganno!)

ARTASERSE

Il mio diletto Arbace

dov'è? Si trovi e si conduca a noi.

 

Scena undicesima

Arbace e detti.

<- Arbace

 

ARBACE

Ecco Arbace, o monarca, a' piedi tuoi.  

ARTASERSE

Vieni, vieni al mio sen; perdona amico

s'io dubitai di te. Troppo è palese

la tua bella innocenza; ah fa' ch'io possa

con franchezza premiarti. Ogni sospetto

nel popolo diliegua e rendi a noi

qualche ragion del sanguinoso acciaro

che in tua man si trovò, della tua fuga,

del tuo tacer, di quanto

ti fece reo.

ARBACE

S'io meritai signore

qualche premio da te, lascia ch'io taccia;

il mio labro non mente;

credi a chi ti salvò. Sono innocente.

ARTASERSE

Giuralo almeno. E l'atto

terribile e solenne

faccia fede del vero. Ecco la tazza

al rito necessaria. Or seguitando

della Persia il costume,

vindice chiama e testimonio un nume.

ARBACE

Son pronto.

(prende in mano la tazza)

MANDANE

(Ecco il mio ben fuor di periglio.)

ARTABANO

(Che fo? Se giura, avvelenato è il figlio.)

ARBACE

«Lucido dio per cui l'april fiorisce,

per cui tutto nel mondo e nasce e muore...»

ARTABANO

(Misero me!)

ARBACE

«Se il labro mio mentisce,

si cangi entro il mio seno

la bevanda vital...»

(in atto di voler bere)

ARTABANO

Ferma; è veleno.

ARTASERSE

Che sento!

ARBACE

Oh dèi!

ARTASERSE

Perché finor tacerlo?

ARTABANO

Perché a te l'apprestai.

ARTASERSE

Ma qual furore

contro di me?

ARTABANO

Dissimular non giova;

già mi tradì l'amor di padre. Io fui

di Serse l'uccisore. Il regio sangue

tutto versar volevo. È mia la colpa,

non è d'Arbace. Il sanguinoso acciaro

per celarlo io gli diedi. Il suo pallore

era orror del mio fallo. Il suo silenzio

pietà di figlio. Ah se minore in lui

la virtù fosse stata o in me l'amore,

compivo il mio disegno

e involata t'avrei la vita e il regno.

ARBACE

Che dice!

ARTASERSE

Anima rea! M'uccidi il padre;

della morte di Dario

colpevole mi rendi; a quanti eccessi

t'indusse mai la scelerata speme.

Empio morrai.

ARTABANO

Noi moriremo insieme.

(snuda la spada e seco Artaserse in atto di difesa)

ARBACE

Stelle!

ARTABANO

Amici, non resta

ch'un disperato ardir. Mora il tiranno.

(le guardie sedotte si pongono in atto d'assalire)

ARBACE

Padre che fai?

ARTABANO

Voglio morir da forte.

ARBACE

Deponi il ferro o beverò la morte.

(in atto di bere)

ARTABANO

Folle che dici?

ARBACE

Se Artaserse uccidi,

no, più viver non devo.

ARTABANO

Eh lasciami compir.

(come sopra)

ARBACE

Guardami, io bevo.

(come sopra)

ARTABANO

Fermati figlio ingrato.

Confuso, disperato

vuoi che per troppo amarti un padre cada?

Vincesti ingrato figlio, ecco la spada.

(getta la spada e le guardie sollevate si ritirano fuggendo)

séguito ->

MANDANE

O fede!  

SEMIRA

O tradimento!

ARTASERSE

Olà seguite

i fugaci ribelli ed Artabano

a morir si conduca.

ARBACE

Oh dio! Fermate;

signor, pietà.

ARTASERSE

Non la sperar per lui.

Troppo enorme è il delitto. Io non confondo

il reo coll'innocente. A te Mandane

sarà sposa, se vuoi; sarà Semira

a parte del mio trono;

ma per quel traditor non v'è perdono.

ARBACE

Toglimi ancor la vita. Io non la voglio,

se per esserti fido,

se per salvarti il genitore uccido.

ARTASERSE

O virtù che innamora!

ARBACE

Ah non domando

da te clemenza; usa rigor; ma cambia

la sua nella mia morte. Al regio piede

chi ti salvò ti chiede

(s'inginocchia)

di morir per un padre. In questa guisa

s'appaghi il tuo desio;

è sangue d'Artabano il sangue mio.

ARTASERSE

Sorgi, non più. Rasciuga

quel generoso pianto anima bella.

Chi resister ti può? Viva Artabano

ma viva almeno in doloroso esiglio;

e doni il tuo sovrano

l'error d'un padre alla virtù d'un figlio.

 

CORO

Giusto re, la Persia adora  

la clemenza assisa in trono,

quando premia col perdono

d'un eroe la fedeltà.

La giustizia è bella allora

che compagna ha la pietà.

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Parte interna della fortezza; cancelli in prospetto; picciola porta a destra.

Arbace
 
Arbace
<- Artaserse

Arbace / Oh dèi, che miro!

Artaserse
Arbace ->

Quella fronte sicura e quel sembiante

Artaserse ->
<- Artabano, congiurati

Figlio, Arbace, ove sei?

congiurati
Artabano ->
congiurati
<- Megabise

congiurati
Megabise ->
congiurati
<- Artabano

congiurati, Artabano
<- Megabise

congiurati, Artabano
Megabise ->

Trovaste avversi dèi

congiurati
Artabano ->

Gabinetto negli appartamenti di Mandane.

Mandane
 

O che all'uso de' mali

Mandane
<- Semira

Semira
Mandane ->

Forsennata che feci!

Semira ->
<- Arbace

Né pur qui la ritrovo.

(Arbace si ritira in disparte)

Arbace
<- Mandane, paggio

Arbace, Mandane
paggio ->

(Arbace si rivela)

Mandane, Arbace ->

Luogo magnifico destinato per la coronazione di Artaserse; trono da un lato con scettro e corona; ara nel mezzo accesa con simulacro del sole.

<- Artaserse, Artabano, séguito, popolo

A voi popoli io m'offro

Artaserse, Artabano, séguito, popolo
<- comparsa

Ecco la sacra tazza. Il giuramento

Artaserse, Artabano, séguito, popolo
comparsa ->

Artaserse, Artabano, séguito, popolo
<- Semira

Al riparo signor

Artaserse, Artabano, séguito, popolo, Semira
<- Mandane

Ferma o germano

Artaserse, Artabano, séguito, popolo, Semira, Mandane
<- Arbace

Ecco Arbace, o monarca, a' piedi tuoi

Artaserse, Artabano, popolo, Semira, Mandane, Arbace
séguito ->

O fede! / O tradimento!

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima
Giardino interno nel palazzo de' re di Persia corrispondente a diversi appartamenti; vista della reggia,... Reggia. Appartamenti reali. Gran sala del real consiglio con trono da un lato, sedili dall'altro; tavolino e sedia alla destra del... Parte interna della fortezza; cancelli in prospetto; picciola porta a destra. Gabinetto negli appartamenti di Mandane. Luogo magnifico destinato per la coronazione di Artaserse; trono da un...
Atto primo Atto secondo

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