Atto secondo

 

Scena prima

Salone magnifico.
Teodosio, Varane, e Probo, e loro Séguito.

 Q 

<- Teodosio, Varane, Probo, seguito, altro seguito

 

TEODOSIO

Va' Probo, e fa' che augusta  

più sollecito il passo a noi rivolga.

PROBO

Impaziente è amore.

(parte)

Probo ->

 

TEODOSIO

E tu questi perdona  

d'innamorato seno impeti, e voti

principe amico.

VARANE

Ah provo anch'io qual pena

sia la speme, e l'indugio in chi ben ama.

TEODOSIO

Tra poco il mio diletto

qui compirsi vedrai, vedrai la degna

cagion dell'ardor, vedrai del volto

le amabili sembianze,

la modestia del guardo,

l'onesto portamento, e allor dirai,

che se pari al suo bello è il mio piacere

non v'è cor più felice,

né più amante del mio.

VARANE

(Atenaide mio bene

così dirò nel tuo possesso anch'io.)

 

Scena seconda

Atenaide, Probo, e detti.

<- Atenaide, Probo

 

VARANE

O dèi! La mia Atenaide  

veggo in Eudossa?

ATENAIDE

Ahimè Varane?

TEODOSIO

(a Varane)

Questa

principe, è la mia Eudossa;

(ad Atenaide)

e questi, o sposa

è il principe Varane.

ATENAIDE

(Che mai dirò?)

VARANE

(Son io ben desto? I sensi

traveggon forse!) Eudossa, Eudossa è questa?

PROBO

Scelta all'augusto trono.

TEODOSIO

E scelta al nostro

marital letto, imperatrice, e sposa.

VARANE

Ma come?... Ah Probo... E sarà ver?... (Son morto.)

TEODOSIO

Quale stupor? Troppo sorprende i cori

la beltà di quel volto;

e tu, cara, i belli occhi

alza dal suolo, ove gli tieni affissi;

e in aver sì gran prence

spettator di tue nozze

non arrossir; stendi la destra, ei stesso

seguirà al tempio i nostri passi. Andiamo.

VARANE

Che? Seguirvi Varane? Questi lumi

saranno il testimon d'un imeneo?

No... Prima... Ah giusti dèi,

con qual fulmine orrendo

prendeste ad atterrar la mia costanza?

TEODOSIO

Che ascolto? A quai trasporti

si dà in preda il tuo labbro?

Qual turbamento è il tuo?

Tu impallidisci? E tu pur anche Eudossa

perché? Parla; onde mai? Svela l'arcano.

ATENAIDE

Sire... (Mi manca il cor.)

VARANE

Parli Teodosio.

Parli Varane. È vero.

Non son più di me stesso,

le pene, e i turbamenti

nascono in me da quel fatale oggetto...

oh dio... misero core... è forza, o sire,

ch'io ceda al mio dolore,

sento, che nell'indugio

la mia stessa ragion divien furore.

 

Nel profondo cieco orrore  

mi precipita il mio fato,

già spietato a questo cor.

Vincerà fiero il rigore

disperato il mio furor.

Varane, seguito ->

 

Scena terza

Atenaide, Teodosio, e Probo.

 

TEODOSIO

Probo intender vorrei,  

ma il mio stesso desir, fa il mio spavento.

PROBO

Tutti, sì strano evento

m'occupa i sensi.

TEODOSIO

Rompi

Eudossa il tuo silenzio, e 'l vero esponi.

Agli occhi tuoi noto è Varane?

ATENAIDE

È noto.

TEODOSIO

Ed a quei di Varane è nota Eudossa?

ATENAIDE

Eudossa è ignota a lui, non Atenaide.

TEODOSIO

D'Atenaide non chiedo,

chiedo di te.

ATENAIDE

Per me rispondo, o dire,

quando per Atenaide a te rispondo.

TEODOSIO

Spiegati, (non intendo, e mi confondo.)

PROBO

(Oscuri enigmi.)

ATENAIDE

Allora,

che in Atene io vivea, non era Eudossa,

tal mi nomai, da che in Bisanzio giunsi.

TEODOSIO

E in Atene vivesti?...

ATENAIDE

Col nome d'Atenaide.

TEODOSIO

E là ti vide?...

ATENAIDE

Il principe Varane

offertomi dal caso, e non dal core.

TEODOSIO

Segui. Ei t'amò?

ATENAIDE

Finse d'amarmi almeno.

TEODOSIO

(Oh dèi!) Né spiacque a te la regal fiamma?

ATENAIDE

Arbitro fu del mio

il paterno voler.

TEODOSIO

Né arrise il padre

ad un amor, che ti facea regina?

ATENAIDE

Non so. So, ch'ei repente

alla patria mi tolse, ed a Varane.

TEODOSIO

Per qual destin?

ATENAIDE

Le sue ragioni ha 'l padre.

TEODOSIO

Né saperle poss'io?

ATENAIDE

Si temé forse

il giovane feroce, e più 'l suo amore.

Giovò la fuga; e in queste

mura si elesse un più sicuro asilo.

Qui di nome e di culto

cangiai, mi vide augusta, e qui a te piacque...

TEODOSIO

Basta così, basta, o fatal... qual dirti,

se Atenaide, o se Eudossa

deggia, non so. Nomi del pari infausti:

nomi spietati. Un mortal ghiaccio, un freddo

sudor mi scioglie. Partiti: io solo deggio

restar co' miei pensieri.

Quando fia tempo intenderai tua sorte.

ATENAIDE

La men crudel per me saria la morte.

 

Son colpevole a' tuoi lumi,  

ma innocente è 'l mesto cor.

Giusti numi, il vostro sguardo

ben, lo vede

pien di fede, e di dolor.

Atenaide ->

 

Scena quarta

Teodosio, e Probo.

 

TEODOSIO

Pulcheria a noi. Probo, tu vanne al tempio,  

e sorprendi le pompe

al festoso apparato,

e si congedi il popolo, e 'l senato.

PROBO

Gode scherzar su i nostri casi il fato.

(parte)

Probo ->

 

Scena quinta

Teodosio.

 

 

Smanie gelose, tormentosi affetti  

tutto in preda vi lascio,

il petto d'un monarca.

Ho in Varane un rival. Me 'l tace Eudossa,

ma l'infedel l'amava.

Perfida ingrata! Ancora

non sai, qual fia lo sdegno

d'un cesare geloso

d'un amator tradito.

Farò iniqua, farò, che tu non sia

né del rival, né mia.

E che il tuo nome, e la futura etade,

quando invidia dovea, svegli pietade.

 

Scena sesta

Teodosio, e Pulcheria.

<- Pulcheria

 

TEODOSIO

Vieni, ah vieni in aita  

d'un principe infelice.

Son tradito, o Pulcheria.

PULCHERIA

Lo so. Tutta da Probo

intesi la cagion delle tue pene.

TEODOSIO

Chi mai detto l'avria? Colei, che adoro

traea l'impura face

perfino all'ara; ed a recar venia

la spergiura sua fede in faccia ai numi!

PULCHERIA

S'Eudossa è rea, dov'è innocenza in terra?

TEODOSIO

Per te sola, o germana,

misero son. Tu mi lodasti Eudossa,

e l'amai nel tuo labbro,

pria che negli occhi suoi.

Deh! Perché a te credei? Perché lei vidi?

Oh fede! Oh vista! Oh amore! O cieli infidi!

PULCHERIA

Giustissime querele

vi fo ragion; ma, sire,

il tuo cor ne trionfi, e quella ingrata

sprezzatrice beltà sia disprezzata.

TEODOSIO

Qual consiglio a me dai?

PULCHERIA

Quel, ch'è più giusto.

TEODOSIO

Ma non quel, ch'è più caro.

PULCHERIA

Scenda l'indegna dal tuo soglio.

TEODOSIO

Oh dio!

Per vederla salir quel di Varane?

PULCHERIA

Dal tuo core l'esilia.

TEODOSIO

Perché ella passi al mio rival in seno?

PULCHERIA

Più non spiri quest'aure.

Vada colà, dove nemmeno il nome

te ne giunga all'udito.

Corro, o german. Vo', che per sempre Eudossa

s'allontani da te, né più ti veggia.

TEODOSIO

Più non mi veggia? Ah! Ferma.

So l'error suo: la sua perfidia ho nota,

ma il non vederla più mi saria morte.

PULCHERIA

Ma che far pensi?

TEODOSIO

Anzi che cada il giorno

esca dalla mia reggia

il superbo rival. Parta...

PULCHERIA

Varane?

TEODOSIO

Sì: la sua vista ira, e dolor m'accende.

Olà senza dimora,

se li rechi il mio cenno, ed ubbidisca.

PULCHERIA

Ah Teodosio! Ah fratel, per cieco affetto

dove te n' vai? Recar tu oltraggi, ed onte,

e recarli in Bisanzio,

a principe sì amico, e sì possente?

TEODOSIO

Così dunque a Teodosio

mancherà ogni conforto, ogni vendetta?

PULCHERIA

Forse un tuo inganno è 'l tuo sospetto. È cieco,

l'amante, ch'è geloso.

D'ogni idea si fa rischio,

d'ogni ombra un mostro. Ancora

il cor d'Eudossa esaminar conviene.

TEODOSIO

Facciasi. Ecco già corro

per sentiero migliore,

ciò, che far deggia, ha stabilito il core.

 

Vorresti, il so, vorresti amor tiranno,  

dopo la libertà tormi la gloria.

Ma la cauta ragion vede il tuo inganno,

e già fa disperar la tua vittoria.

Teodosio, altro seguito ->

 

Scena settima

Pulcheria, poi Marziano con Guardie.

 

PULCHERIA

Libera son dall'odioso nodo,  

che politica cieca

stringer volea. Qui viene il duce. Affetti

cauti vegliate alla difesa.

 

<- Marziano, guardie

MARZIANO

In onta  

di quel destin, che misero mi rende,

col tormi a questa reggia,

ove resta di me la miglior parte,

l'addio ne prendo almeno

con qualche pace, e un gran piacer vien meco.

PULCHERIA

Duce, qual fia?

MARZIANO

Quel di veder, che il fuoco,

ond'arde il fier Varane,

se n' vola ad altra sfera.

PULCHERIA

M'ami così? T'è grato,

ch'io perda una corona?

MARZIANO

Anzi l'acquisti,

se la tua conservi. Hai qui vassalli,

che non men de' tuoi cenni

adorano, o Pulcheria,

mi sia lecito dirlo, i tuoi belli occhi.

PULCHERIA

Se tanto, o duce, un cor vassallo osasse...

MARZIANO

V'è, chi osa tanto, o principessa. Ei fece

quanto poté per non amarti. Oppose

ragion virtù, dover: tutto fu indarno.

Reo lo vuole il tuo bel, rea la sua stella.

PULCHERIA

Duce, non più. Qualunque ei sia, gl'imponi,

o ch'ei corregga il temerario affetto,

o ch'ei lo chiuda in seno

cauto così, che non ne scoppi intorno

la più lieve favilla;

e buon per lui, che ignoto

m'è l'esser suo, né a te ben tutta io credo

la colpa sua. (Se più l'ascolto io cedo.)

MARZIANO

Poiché il misero deve

per te morir, non cura,

se il tuo sdegno l'uccida, o 'l suo dolore.

Vedi...

PULCHERIA

No, Marzian, saper non voglio,

né la colpa, né il reo. Sin che me 'l taci,

egli forse m'è caro, e degno è forse

del mio favor. Tu lieto

vanne all'armi, ai trionfi.

Ivi a core ti sia,

e la tua vita, e la memoria mia.

 

Sorge l'irato nembo,  

e la fatal tempesta

col sussurrar dell'onde,

ed agita, e confonde,

e il cielo, e 'l mar.

Ma sai, che in un baleno

fugge la nube infesta,

e il placido sereno

in cielo appar.

Pulcheria, guardie ->

 

Scena ottava

Marziano.

 

 

Tu parti, e intanto io resto  

tra la vita, e la morte

dubbioso di mia sorte.

Timido labbro è tua la colpa. «Io t'amo»,

dir non sapesti, ed ella,

o non t'intese appieno,

o se n' infinse almeno.

Vanne, e pria, che partir, dille, che l'ami.

E fa', che all'amor mio

ella dolce risponda, «e t'amo anch'io».

 

Bel piacer di fido core  

poter dir al caro oggetto:

per te peno, per te moro.

Ma diletto assai maggiore

è l'udir ch'egli risponda:

anch'io t'amo, anch'io t'adoro.

Sfondo schermo () ()

Marziano ->

 
 

Scena nona

Gabinetto imperiale.
Teodosio, e Leontino.

 Q 

Teodosio, Leontino

 

TEODOSIO

Convenia non tacerlo.  

LEONTINO

Mio fu l'error.

TEODOSIO

Teco n'è rea la figlia.

LEONTINO

M'ubbidì il suo silenzio.

TEODOSIO

Si cercò d'ingannarmi.

LEONTINO

Anzi di risparmiarti un gran sospetto.

TEODOSIO

Or più crudele egli mi rode in seno.

LEONTINO

Non val consiglio, ove dispone il fato.

TEODOSIO

Del vostro fallo è mia la pena.

LEONTINO

Credi

innocente la figlia, e sei felice.

TEODOSIO

Più avveduto mi rende il primo inganno.

Venga; e quest'alma il testimonio sia.

LEONTINO

Ma sdegno non ti turbi, o gelosia.

 

Se cieco affetto  

ti latra in petto,

ogni consiglio diventa error.

Ed è periglio

della ragione

il turbamento,

che affligge il cor.

Leontino ->

 

Scena decima

Teodosio, e Varane.

<- Varane

 

TEODOSIO

Quietatevi, o pensieri...  

VARANE

No, no convien, ch'io 'l veggia.

Invan mi si resiste.

TEODOSIO

Che fia? Quest'è Varane.

VARANE

Agitato, e confuso,

cesare a te ritorno.

Nel mio furor nulla conosco, e temo.

Eudossa è l'amor mio. Se in lei tu pensi

trovar la tua consorte,

cerca ancor la mia morte.

Sebben nella tua reggia,

e sebben tutte intorno

vegliano al fianco tuo l'arme vassalle,

vittima non m'avrai facile, e sola.

Vender a non vil costo

saprò la vita, e l'oppressore istesso

dalle ruine mie resterà oppresso.

TEODOSIO

Prence le tue minacce

mi fan pietà più, che spavento; e s'io

del cor seguir volessi

gl'impeti primi, apprenderia Varane,

come si parli a cesare in Bisanzio.

Di'? Qual oltraggio hai del mio amor? Corono

quella, ch'è tuo rifiuto.

Sposa non la volesti, io la fo augusta.

Perché sdegni, ch'io sia

possessor di quel bene,

che a te tolse alterezza, e frenesia?

VARANE

Ah! signor, già condanno

quel superbo pensier. Seguo il tuo esempio.

Degna stimo Atenaide

del tuo impero, del mio, di quel mondo.

TEODOSIO

Ma che pretendi?

VARANE

Oh dio!

Vorrei ciò, che 'l mio amore

far per te non saprà. Vorrei... Ma sire

quel, che spero, non so, né quel che parlo.

Pesi il tuo cor sé stesso, e vegga quanto

a pro d'un infelice

possa aver di virtù, possa esser grande.

Ecco vinto il fasto: ecco abbattuta

la mia vana fierezza.

Imploro tua bontade,

ah! Basti all'odio tuo vederti avante

il figlio d'Isdegarde supplicante.

TEODOSIO

Mi toccano i tuoi mali,

più che i trasporti. Senti: amo Eudossa,

ma l'amo con virtù. Vo', che l'amore

mi acquisti la sua fede, e non la forza.

Vo' lasciarla tra noi

in libertà di scelta:

sì, vo' dalla sua bocca udire il nostro

oracolo fatal. Se l'hai propizio,

godrò della tua sorte,

né un cor t'invidierò, che tuo esser volle.

Ma se per me decide, i nostri amori

più non turbar. Lascia, che meco in trono

regni la tua Atenaide, e non geloso

mira la sua grandezza, e 'l mio riposo.

VARANE

Al tuo voler m'inchino,

e dalla bella attendo,

o felice, o funesto il mio destino.

 

Scena undicesima

Atenaide, Probo, e detti.

<- Atenaide, Probo

 

TEODOSIO

Nelle tue nozze Eudossa  

io riponea tutto il mio ben. Ma poco

apprezzo la tua destra,

se mi manca il tuo core.

Questo tra me, e Varane

decida in libertà. Scelga tra noi

il più caro amator, non il più degno.

ATENAIDE

E che? Pensi ch'io possa?...

TEODOSIO

No, no, seco ti lascio. A lui sincero

parli il tuo cor. Qualunque

il voler ne sarà, giuro per questo,

che il crin mi cinge imperial diadema,

ne osserverò la legge.

Probo.

PROBO

Cesare.

TEODOSIO

Prendi

quest'aurea gemma: a quello

la recherai, che dall'amor d'Eudossa

sarà eletto in consorte.

PROBO

Ubbidirò.

VARANE

(Speme risorgi.)

TEODOSIO

Addio.

Benché sforzo sì grande,

vita, e felicità possa costarmi,

potrò bella Atenaide,

udir la tua sentenza, e non lagnarmi.

 

Al tribunal d'amore  

esamina il tuo core,

e scegli quel fra noi,

che più ti piace.

Decidi in libertà,

la tua felicità,

la nostra pace.

Teodosio ->

 

Scena dodicesima

Atenaide, Varane, e Probo.

 

PROBO

(In disparte qui attendo.)  

ATENAIDE

(Mi rinfranchi virtù.)

VARANE

(M'aiti amore.)

Il misero Varane, o tanto indarno

sospirata Atenaide,

avrà pur il piacer di favellarti.

ATENAIDE

Parli egli pur. Così comanda augusto.

VARANE

Intendo: col suo core

ti disponi ad udirmi,

col tuo non già, che troppo

egli arde a' danni miei d'odio funesto.

ATENAIDE

Deggio ubbidir: quanto far posso, è questo.

VARANE

E per me nulla puoi? Non che sazia

sei dell'aspre mie pene?

A un solo error, tanto supplizio? Oh dèi!

Per te, che non soffersi?

Qual mar, qual lido non tentai? Fin dove

de' sospir miei sull'ale

volar non feci d'Atenaide il nome?

Cor non fu, ch'a' miei pianti

negasse i suoi. S'è impietosito il cielo

col guidarmi in Bisanzio.

Un sol giorno, un sol punto

mi ti togliea per sempre. A tempo ancora

posso offrirti pentito, e nozze, e trono.

Atenaide, mio ben, pietà, perdono.

ATENAIDE

Principe, anche in Bisanzio

vieni a turbare la mia quiete? I mali

nel mio cielo natio per te sofferti

non ti bastano ancora?

VARANE

Eccomi a ripararli

col pentimento mio.

ATENAIDE

Tardo me 'l rechi,

e inutilmente il rechi.

Data è già la mia fede,

e di cesare io son.

VARANE

Sei di Varane,

se ben rifletti ai primi

giurati affetti.

ATENAIDE

A quei rifletto, a quelli,

che tu stesso tradisti,

a quei, ch'ora mi fanno augusta, e sposa.

VARANE

È ver, mirarti in fronte

il diadema de' cesari, è un gran fregio;

ma qui in grado d'augusta,

sarai serva a Pulcheria. In Persia io 'l primo

sarò de' tuoi vassalli,

ed a' sudditi miei

saranno i tuoi belli occhi, e leggi, e dèi.

ATENAIDE

Principe, è tempo alfine,

che in più liberi sensi il cor ti mostri.

Tutte le offerte tue, le tue lusinghe

non faranno, ch'Eudossa

a cesare sia ingrata;

e del tuo amor mi stimeresti indegna,

se tua potesse farmi un tradimento?

Tempo fu, che contento

volea farti il mio cor. Forse non senza

lagrime io ti perdei.

Forse ad esser d'altrui l'alma disposi

con violenza, e forse...

Ma che? Troppo già dissi.

Di cesare ora son. Data è la fede,

se non la destra. Esser di lui sol voglio.

Quando alla tua corona

nuovi imperi aggiungessi, e nuovi mondi,

e quando ancor per legge

di rio destin andar dovesse augusto

infelice, ramingo, e fuggitivo,

non cangerei desio, né cor, né fede,

e mi saria più dolce

con lui misera errar, con lui meschina,

ch'esser lieta con te, con te regina.

VARANE

Ebben facciasi. All'aspra

dura sentenza il mio sangue soscriva.

Vanne al talamo augusto

sul cadavere mio.

ATENAIDE

Tanto non chieggio,

prence da te. Soffri il tuo fato. Vivi

a più degna beltà, vivi a Pulcheria.

Questo al tuo amor, sol questo

favor dimando: ama Pulcheria, e vivi.

Probo, tu quella gemma

rendi...

VARANE

Ferma Atenaide.

Sugli occhi miei felice

non sia il rival. Lascia, ch'io volga altrove

e le lagrime, e l'ire.

Trema per lui. Morire

posso ben disperato,

ma non solo, non vil, né invendicato.

 

Il mio amore ~ diventa furore,  

rabbia spiro, e vendetta dal sen.

Non trabocchi

più pianto dagli occhi;

ma sia spruzzo di fiamma nel core,

e sul labbro si cangi in velen.

Varane ->

 

Scena tredicesima

Atenaide, e Probo.

 

PROBO

Temo, e compiango il suo dolor.  

ATENAIDE

Mi fanno

senso le sue querele,

ma così oprar degg'io.

Ei così dée soffrir. Probo, tu intanto

reca con questa gemma

al mio signor, e tuo la certa prova

di quella fé, con cui l'amo, e l'adoro.

PROBO

Eseguirò. (Nel core

sento d'amico prence il fier martoro.)

 

Vado a recar contenti  

a chi sospira, e pena

per tua gentil beltà.

In mezzo a tuoi tormenti

ei darà fede, appena

a quel piacer, che in petto

amor gli sveglierà.

Probo ->

 

Scena quattordicesima

Atenaide, poi Leontino.

 

ATENAIDE

Vinta è già la procella. Eccomi in porto.  

Né del primo terror mi resta in seno

il minor turbamento.

Il mio franco riposo

vien da virtù...

LEONTINO

Ma la virtude, o figlia,  

nuova fuga c'impone.

<- Leontino

ATENAIDE

Fuggir? Perché?

LEONTINO

La fiamma

dagli occhi tuoi ne' due monarchi accesa

a scoppiare è vicina in guerra atroce.

ATENAIDE

Cesare io scelsi, e al suo giudizio deve

acchetarsi Varane.

LEONTINO

Non lo sperar. Fede, che torni in danno,

non serbano i potenti, e men gli amanti,

se resti, avrai di che lagnarti. Andiamo.

ATENAIDE

Perdonami signor. Sposa d'augusto

sarò fra poco. Egli m'adora...

LEONTINO

Eh! Figlia,

sono gli amori in corte

di debol tempra. Ove le torni in grado

politica gli scioglie.

Più giova al greco impero il Perso amico,

ch'Eudossa imperatrice.

ATENAIDE

Mi fe' troppo infelice

la prima fuga, e pur l'impose onore.

Or l'impone il timor, né mancar posso

alla fé, che giurai.

LEONTINO

Incauta figlia ancor ti pentirai.

 

Aura d'amore, e fede  

a te volando intorno

t'arresta, o figlia il piede,

e pur t'inganna.

Lascia la fé, l'amor,

deh segui il genitor,

che vago del tuo ben

per te s'affanna.

Leontino ->

 

ATENAIDE

Troppo timore in seno  

ricetta il genitor. La mia speranza

m'addita un regio soglio,

né dal mio ben ritrarre il piede io voglio.

 

Eccelso trono, ~ fedel consorte,  

sono un dono, ~ che la sorte

così facile non dà.

Se lo perdo, è mia sciagura,

ma se lascio, è mia viltà.

Atenaide ->

 

Variante all'atto secondo

Dai libretti delle versioni precedenti.

 
Aria alternativa fine scena VIII.

Marziano

 

MARZIANO

Vezzosa bellezza  

da me, che si apprezza,

fortuna non ha.

Volto, che innamora,

s'è crudel, a chi s'adora,

merta sdegno, e non pietà.

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Salone magnifico.

<- Teodosio, Varane, Probo, seguito, altro seguito

Va' Probo, e fa' che augusta

Teodosio, Varane, seguito, altro seguito
Probo ->

E tu questi perdona

Teodosio, Varane, seguito, altro seguito
<- Atenaide, Probo

O dèi! La mia Atenaide

Teodosio, altro seguito, Atenaide, Probo
Varane, seguito ->

Probo intender vorrei

Teodosio, altro seguito, Probo
Atenaide ->

Pulcheria a noi. Probo, tu vanne al tempio

Teodosio, altro seguito
Probo ->

Smanie gelose, tormentosi affetti

Teodosio, altro seguito
<- Pulcheria

Vieni, ah vieni in aita

Pulcheria
Teodosio, altro seguito ->

Libera son dall'odioso nodo

Pulcheria
<- Marziano, guardie

In onta di quel destin

Marziano
Pulcheria, guardie ->

Tu parti, e intanto io resto

Marziano ->

Gabinetto imperiale.

Teodosio, Leontino
 

Convenia non tacerlo

Teodosio
Leontino ->
Teodosio
<- Varane

Quietatevi, o pensieri

Teodosio, Varane
<- Atenaide, Probo

Nelle tue nozze Eudossa

Varane, Atenaide, Probo
Teodosio ->

(Probo in disparte)

In disparte qui attendo

Atenaide, Probo
Varane ->

(Probo si fa vedere)

Temo, e compiango il suo dolor

Atenaide
Probo ->

Vinta è già la procella. Eccomi in porto

Atenaide
<- Leontino

Ma la virtude, o figlia

Atenaide
Leontino ->

Troppo timore in seno

Atenaide ->
Marziano
 
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Variante all'atto secondo
Loggiato corrispondente al palazzo imperiale. Cortile imperiale. Salone magnifico. Gabinetto imperiale. Cortile corrispondente al giardino. Galleria; notte. Ippodromo.
Atto primo Atto terzo

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