Atto terzo

 

Scena prima

Le fonti del Ladone.
Calisto.

 Q 

Calisto

 

 

Restino imbalsamate  

nelle memorie mie

le delizie provate.

Fonti limpide, e pure

al vostro gorgoglio

la mia divina, ed io,

coppia diletta, e cara

ci baceremo a gara,

e formeremo melodie soavi,

qui dove con più voci Eco risponde,

unito il suon de' baci, al suon dell'onde.

 

T'aspetto, e tu non vieni  

pigro, e lento

mio contento;

m'intorbidi i sereni;

anima, ben, speranza,

moro nella tardanza.

T'attendo, e tu non giungi.

Luminosa

neghittosa,

con spine il cor me pungi.

Deh vieni, e mi ristora,

moro nella dimora.

 

Scena seconda

Giunone, le Furie, Calisto.

<- Giunone, Le furie

 

GIUNONE

Dalle sponde tartaree a questa luce  

gelosia vi conduce,

non men furia di voi, triste sorelle.

L'acherentee facelle,

gl'aspidi preparate, il mio dolore

vo' medicar col tosco, e col rigore.

 

LE FURIE

Imponi, disponi, de' nostri veleni,  

impera severa al foco, alla face,

tormento non lento al tuo contumace

porremo, daremo infino che s'abbia

spiantata, smorzata l'accesa tua rabbia.

 

CALISTO

Mi si fa gelo il sangue.  

Qual orridezza miro?

Non la possono gl'occhi, ohimè, soffrire;

tutta terrore altrove il piede io giro.

GIUNONE

Putta sfacciata, e rea, credi fuggire

degl'adulteri tuoi sozzi e nefandi

i castighi sovrani, e memorandi?

(Calisto in orsa)

 

Ora nelle mie piume  

ti conduca il tuo Giove,

e in libidini nove

dalle tue sordidezze

tragga le sue dolcezze.

A fremiti indistinti,

che formerà quella tua bocca oscena

i sospiri accompagni, e rese impure

le labbra sue, che generaro il mondo

baci della sua fera il volto immondo.

Errerai per le selve, e per i monti

fatta d'orsi compagna, e sempre teco

per boschi, e per caverne

sarà lo sdegno mio rapido, e cieco.

Ecco germane inferne

chi tormentar dovete;

ve la consegno, andate,

e per colli, e foreste ella agitate.

Calisto ->

 

LE FURIE

A mille faville del nostro Acheronte,  

ardenti, ferventi la fera accendete,

ogn'angue nel sangue ammorzi la sete:

s'offenda, l'orrenda, ch'offese Giunone,

sdegnosa, gelosa, la dèa ciò n'impone.

Le furie ->

 

Scena terza

Giunone.

 

 

Racconsolata, e paga  

torna all'Etra Giunone:

alla punita vaga

del tuo sleal tonante, hai sciolto il gelo,

non ti sarà più tormentoso il cielo.

In guisa tal si devono punire

del letto marital l'offese amare:

e così castigare,

se potessero, ancora

dovrebbero le donne i lor mariti,

che sazi d'elle, ognora

ravvivano nel sen novi appetiti.

Mogli mie sconsolate

noi sempre siam l'offese, e abbiamo il torto.

Lasciate dal conforto

morian spesso di sete in mezzo al fiume.

La notte nelle piume,

stanchi ne' gusti loro i rei mariti,

stan sempre sonnacchiosi, o risentiti.

Perché noi non gridiamo

ci dan de' baci insulsi, e senza mele,

e le nostre querele

sprezzano, quasi di serventi, o schiave.

Sarà il giogo soave,

quando sapremo oprare audaci, e scaltre,

ch'il nostro dolce non trapassi ad altre.

Giunone ->

 

Scena quarta

Mercurio, le Furie, Giove, Calisto.

<- Mercurio, le furie, Giove, Calisto

 

MERCURIO

Perfide, ancora osate  

di tormentar le contentezze a Giove?

Scendete a' vostri abissi, e ripiombate

sien da voi flagellati

i colpevoli mostri, i rei dannati.

le furie ->

 

GIOVE

Bella mia sospirata,  

semplicetta ingannata

dagl'affetti amorosi

di quel supremo dio, che regge il mondo,

dall'intimo, e profondo

del latteo sen scaccia il terror, che fiero

l'anima ti sgomenta: entro del core

t'infonde le sue glorie il tuo motore.

 

CALISTO

O re dell'universo  

ricreata mi sento

al tuo divino accento.

Degl'aspidi nocenti

più le rabbie non provo,

delle facelle ardenti

mi s'ha l'incendio estinto; io mi rinnovo

formo voci, e parole

riumanata, e miro

nella prima figura il cielo, il sole.

GIOVE

Te mineran poch'anni

di serpi loro in globi i presti corsi

che su quei, che tu miri eterei scanni

vestita di zaffiri,

di stelle indiademata,

con la prole comune,

ad onta di Giunon divinizzata,

accrescerai piropi al firmamento,

ed al dolce concento

di celebre armonia

l'ambrosia beverai; resa infinita,

e del mio sempiterno eterna vita.

CALISTO

Eccomi ancella tua.

Disponi a tuo piacere,

monarca delle sfere,

di colei, che creasti,

che con frode felice, o mio gran fato

accorla ti degnasti

nel tuo seno beato.

GIOVE

Regolar del Destino

anco Giove non puote i gran decreti:

sotto il manto ferino

convien, che tu ritorni,

per i patrii contorni

in orsa errando, infin, che si consumi

l'influsso reo, che registrato vive

negl'eterni volumi.

Sempre però invisibile custode

t'assisterà Mercurio, e sempre avrai

teco, gelosi, i miei pensieri, e rai.

Ma pria, ch'il velo irsuto

ti ricopra le membra, o mia dolcezza,

l'immortale bellezza

dell'Empireo, in cui devi

fasta diva, albergar, mostrar ti voglio.

Il futuro cordoglio

di tuoi selvaggi errori

preziosi licori

raddolciranno, onde tu lieta poi,

piena d'alto ristoro

in forma vil non sentirai martoro.

CALISTO

Tanto caduca, e frale

creata umanitade

non merta ottimo nume:

pure di tua bontade

d'innalzar l'opre sue sempre è costume.

 

GIOVE

Al cielo s'ascenda.    

S

MERCURIO

Al cielo si vada.

GIOVE E MERCURIO

È questa la strada,

che rende immortale.

GIOVE

Mio foco fatale,

son Giove, e tormento.

CALISTO

Beata mi sento

a questa salita.

GIOVE

Per te mia tradita.

CALISTO

Mercé del mio dio.

CALISTO E GIOVE

O dolce amor mio.

MERCURIO

A questi ardori

scocchi, baleni,

doppi splendori

l'arcier di Delo.

CALISTO, GIOVE E MERCURIO

Al cielo, al cielo.

Mercurio, Giove, Calisto ->

 

Scena quinta

Endimione, Silvano, Pane.

<- Endimione, Silvano, Pane

 

ENDIMIONE

Che non l'ami volete?  

Non posso, no.

Io morir vo.

Uccidete, uccidete.

 

SILVANO

Più, che sciocco, esser puoi libero  

col negare amore, e l'idolo.

Che di te cura non prendono,

e morir prima desideri,

che formar questo ripudio?

PANE

Porta il vento, come polvere

giuramenti, e non si possono

scior così d'amore i vincoli.

Dunque a un sì, dovrossi credere,

di quel reo che vive in carcere?

ENDIMIONE

S'appunto, traditrice

degli affetti del core,

vi rispondesse la mia bocca un sì

di rinnegar la dèa, che mi ferì,

non li credete. Il fulgido suo volto,

s'amano l'ombre, anco amerò sepolto.

 

Che non l'ami bramate?

Non posso, no.

Pria morir vo'.

Svenatemi, svenate.

 

PANE E SILVANO

Legato agl'aceri  

costui si maceri;

e Delia misera

qui venga poscia

a far l'esequie

alla sua requie.

 

Scena sesta

Diana, Endimione, Pane, Silvano.

<- Diana

 

DIANA

Numi vili, e plebei  

nelle griotte apprendeste

dalle fere compagne, ad esser rei.

ENDIMIONE

Me felice. Qui arriva

la mia lucida diva.

DIANA

Lasciate gl'innocenti,

se i miei dardi pungenti

irritar non volete. Il piè caprino

v'inselvi, o vi ritragga agl'antri cupi,

sconosciuti dal sol, tra gl'orsi, e i lupi.

 

PANE

O cruda trivia  

perché al mio gemere

tuo core impietrasi?

Perché al mio piangere

tuo petto indurasi?

Perché volubile

sdegni quel nobile

del mondo, simbolo,

che lusinghevole

baciasti un secolo?

SILVANO E PANE

Torna piacevole

bella trigemina,

e gioie semina

nel sen d'un languido,

a cui ti fecero

doni pieghevole

torna piacevole.

 

DIANA

Mentite semibelve,  

e calunnie sfacciate

tessete, fabbricate.

Non amò Cinzia, e s'ama

ama indole acuta, e la virtude

di nobile pastor, che stende i voli

dell'intelletto suo di là da poli.

Ma partite vi dico o dèi villani,

e sfogate de' cori

con pari forme i disonesti ardori.

 

SILVANO

Pane, l'ore si gettono    

a trar il mel dagl'aspidi.

Partiamo, e col suo astronomo

quest'orgogliosa lascisi,

e per vendetta gridasi

della mordace ingiuria.

Cinzia la casta dèa, tutta è lussuria.

S

PANE

Sì sì Silvan, si pubblichi

di costei la libidine

da un contrario cupidine.

SILVANO E PANE

Rapiti dalla furia

Cinzia la casta dèa tutta è lussuria.

Silvano, Pane ->

 

Scena settima

Diana, Endimione.

 

DIANA

Ti segua questo dardo  

coppia sozza, e difforme;

io calcherei quell'orme

saettatrice fiera,

vendicatrice arciera,

ma non vo' lasciar solo

tra questi orror selvaggi

chi mi dà luce a' raggi.

 

ENDIMIONE

Vivo per te pietosa,  

spiro per te clemente,

gioia mia luminosa,

pena mia risplendente.

Pria, che te rinnegare

morir, morir volea

martirizzato, o dèa.

 

DIANA

Tanto dunque tu m'ami?  

Chi me l'attesterà?

ENDIMIONE

Il cor, che teco sta;

con l'alma congiurato

nel tuo petto volò.

Io vivo effeminato, e cor non ho.

DIANA

Incatenare io voglio

occhi miei chiari, e belli,

questi vostri ribelli:

temo, ch'a voi tornati

vadano in altro seno

per essere adorati.

ENDIMIONE

Sarà la prigionia

dell'anima, del core

felice o cor mio caro, anima mia

scusa mio dolce amore

se liberi gl'affetti

con troppo arditi detti

la lingua innamorata esprime, e spiega:

l'umiltà del mio stato, e l'espressiva

innalza, e affida la tua grazia, o diva.

DIANA

Se son qual tu mi chiami,

perché meco complisci, o mio vezzozo?

Lusinghiero amoroso

contentezza maggiore

la deitade mia provar non puole,

quanto sentir le dolci tue parole

chiamarmi anima, e core.

Ma vo', che tu abbandoni

questi boschi pelasgi, e questi monti

per fuggire i rigori

de' numi delle selve, e de' pastori.

Gelosa del tuo bene

condur ti voglio sulle ionie arene.

Là del Latimio eccelso

segretarie le cime

de' nostri ardor faremo:

tu modesto, ed io casta

lassù ci baceremo.

ENDIMIONE

Il bacio, il bacio basta

ad amatore onesto;

il bacio sol desio, non chiedo il resto.

Son del senso signore

né il foco vil m'incenerisce il core.

 

DIANA E ENDIMIONE

Dolcissimi baci  

un nettare siete,

che sempre le faci

d'amor accrescete.

Il bacio che muore

al bacio dà vita,

la gioia è infinita.

Ch'indugi, e dimore?

Il labbro

ch'è fabbro

di tanta dolcezza

se n' vada a baciare,

mio ben, mia bellezza.

Sfondo schermo () ()

Diana, Endimione ->

 
 

Scena ottava

L'empireo.
Coro di Menti celesti, Calisto, Giove, Mercurio.

 Q 

menti celesti, Calisto, Giove, Mercurio

 

CORO DI MENTI CELESTI

Le stelle più belle  

sfavillino,

e brillino.

L'alto motore

novo splendore

a ciel prepara.

A Giove cara

quassù goderai

vestita di rai.

Le stelle più belle

sfavillino,

e brillino.

 

CALISTO

È l'anima incapace  

di tante glorie, e nelle glorie immersa,

terrena pellegrina,

della patria divina

la notizia già persa

chiusa nella materia, in parte acquista.

Oh splendore, oh bellezza, oh pompa, oh vista.

GIOVE

Questi alberghi stellati

siano tuoi nidi, e morta anco la morte,

disciolta la compagine del mondo,

estinto il sol, che biondo

la terra indora, e che gl'arreca il giorno;

in quest'alto soggiorno

fatto di pure, e incorruttibil tempre,

meco bella vivrai gl'anni di sempre.

 

CALISTO

Anima senti  

qual stanza rara

a te prepara

premio d'amor,

il tuo motor?

Allegrezza, ho pieno il petto

di diletto,

né puoi tu

nel cor mio capire or più.

 

CORO

Il ciel rida

a' contenti

della fida

al gran dio degl'elementi.

Dive menti

ancor noi la melodia

raddoppiamo, e l'armonia.

 

GIOVE

Arciera mia, discendi,  

e nella doppia carcere terrena

raddolcita la pena

d'esser quassù rapita in breve attendi.

Vanne Mercurio seco,

e difensore, ignoto al lume umano,

per l'erta, e per il piano

seguirai l'orsa bella

destinata già stella.

MERCURIO

D'obbedirti mai stanco,

gl'assisterò, dio tutelare, al fianco.

 

CALISTO

Mio tonante.  

GIOVE

Vaga amante.

CALISTO

Lieta.

GIOVE

Mesto.

CALISTO

Parto.

GIOVE

Resto.

MERCURIO

Presto il fato v'unirà.

CALISTO

Vado o Giove.

GIOVE

O bella va'.

 

Calisto, Mercurio ->

CORO

Va', va' beata  

da questo polo,

ch'in breve a volo,

tutta adornata

d'eterni rai,

ritornerai.

 
 

Dopo la scena terza dell'atto terzo

Il Bifolco nelle fonti del Ladone.

(nessuno)

<- bifolco

 

 

Gira, volta, cammina  

mi son condotto alfine alla cantina:

io non formava

io non formava passo,

che non nascesse un sasso:

sterpi, tronchi, incontrai, che camminavano,

farfalle, che m'orbavano,

zanzaroni giganti

a torme, ed a masnade.

Oh maledette strade.

Ma fuori di periglio

non vo' pensarvi più.

A bevere s'attendi. A ber, su, su.

Di qual esser vuoi pieno

caro vuoto mio vaso?

Del biondo, o del vermiglio?

Io voglio il tuo consiglio;

il nero con tua pace

a me più aggrada, e piace.

Ma vo' mutar bevanda

questa volta a capriccio.

Ohimè tutto m'arriccio,

spirto, fiato non ho.

Versa la botte il vin, chi la sbucò?

Qual Licurgo maligno

spande d'Osiri per disprezzo il sangue?

A tue ferite o doglio il meschin langue.

Bottaccio empito sei.

Vi lascio in cura il resto amici dèi.

 

Dolce vita  

saporita

del mio cor

buon licor

che vuoi tu, che vuoi lasciarmi?

Vieni vieni a rifiorarmi

entra, entra: ti ricevo.

Fiasco mio gorgoglia, io bevo.

 

 

Qual insipido è questo?  

Io sono assassinato,

son morto avvelenato.

Ah meschinaccio me

acqua, acqua quest'è.

Da tosco tale infetto

da me bottaccio reo lontan va', va'.

Acqua nel ventre mio non entrerà.

Per un bicchier divino

tutto il mare darei

de' ricchi Nabatei.

Vo' bevendo morir nella cantina,

e farmi seppellire entro una tina.

Ma chi beve, non more;

l'anima è il sangue, e 'l vino

forma il sangue più fino.

Dunque chi beve più, viver più deve:

al vino, al vin; che vive più, chi beve.

 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Le fonti del Ladone.

Calisto
 

Restino imbalsamate

Calisto
<- Giunone, Le furie

Dalle sponde tartaree a questa luce

Mi si fa gelo il sangue

(Calisto trasformata in orsa)

Ora nelle mie piume

Giunone, Le furie
Calisto ->
Giunone
Le furie ->

Racconsolata, e paga

Giunone ->
<- Mercurio, le furie, Giove, Calisto

Perfide, ancora osate

Mercurio, Giove, Calisto
le furie ->

Bella mia sospirata

(Calisto riumanata)

O re dell'universo

Giove, Mercurio, Calisto
Al cielo s'ascenda
Mercurio, Giove, Calisto ->
<- Endimione, Silvano, Pane

Più, che sciocco, esser puoi libero

 
Pane e Silvano
Legato agl'aceri
Endimione, Silvano, Pane
<- Diana

Numi vili, e plebei

Pane e Silvano
O cruda trivia

Mentite semibelve

Endimione, Diana
Silvano, Pane ->

Ti segua questo dardo

Tanto dunque tu m'ami?

Diana e Endimione
Dolcissimi baci
Diana, Endimione ->

L'empireo.

menti celesti, Calisto, Giove, Mercurio
 
Coro di menti celesti
Le stelle più belle

È l'anima incapace

Calisto e Coro
Anima senti

Arciera mia, discendi

Calisto e Giove, Mercurio
Mio tonante

(Calisto diventa una costellazione)

menti celesti, Giove
Calisto, Mercurio ->
 
<- bifolco

Gira, volta, cammina

Bifolco
Dolce vita

Qual insipido è questo?

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Dopo la scena terza dell'atto terzo
L'antro de L'eternità. Selva arida. Foresta. Le cime del monte Liceo. La pianura dell'Erimanto. Le fonti del Ladone. L'empireo.
Prologo Atto primo Atto secondo

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