Atto secondo

 

Scena prima

Campagna aperta: in fondo collinetta praticabile: come nell'atto primo.
Alcuni Contadini, e Contadine intente a diversi lavori: ai lati veduta di bosco.
Lisotta, ed Eurilla che lavorano, e cantano con gli altri il seguente coro. Rusticone appiè del colle.

 Q 

contadini, contadine, Lisotta, Eurilla, Rusticone

 

CORO

La tempesta è già calmata.  

Il periglio è omai svanito:

ride il cielo, e un'aura grata

scherza, e invita a lavorar.

 

contadini, contadine, Eurilla, Lisotta ->

RUSTICONE

In che razza d'impiccio diabolico  

son io con questi cari forestieri?

Oh quanto volentieri

me li torrei d'intorno! Ove son iti?

Che progetti hanno in testa or che di nuovo

tornar denno a parlarci? Il mio segreto

è riposto in me sol: pur non son cheto.

Certe tronche parole... certi sguardi...

mi par che si sospetti, e si potria

leggermi in faccia la bricconeria.

Pensiamci un poco su: caso che mai

dovessi confessar che a me fu data

l'Olimpia che si cerca...

Questo caso è impossibile, ma posto,

che possibile diventi... al punto estremo

non potresti dir che questa Olimpia è Lisa?

Bravissimo! in tal guisa

fo contessa la figlia;

mi assicuro Eurilletta, a cui col tempo

l'affare imbroglierò sì che si accordi

a diventar mia moglie...

oh che bestia! oh che bestia!

e pria non ci pensai... ma la cassetta?

Dirò che fu involata:

vadan poscia a cercar dov'è celata.

Non resta che Sandrino: io gli ho promessa

per questa sera stessa

la man della Lisotta: è necessaria

una spiritosetta invenzione

degna di Rusticone

per ritardar le cose... ei viene... ah figlio,

(piange)

figlio, piangi con me.

 

<- Sandrino

SANDRINO

Che cosa è nato?

RUSTICONE

Piangi, e poi te 'l dirò. La nostra Lisa

la tua sposa futura,

quella bella ragazza...

SANDRINO

Cos'ha?

RUSTICONE

Poveri noi! Divenne pazza.

SANDRINO

La Lisa!

RUSTICONE

La mia figlia.

SANDRINO
(ridendo)

Via non c'è mal: difetto di famiglia.

RUSTICONE

Tu ridi?

SANDRINO

Rido certo...

lasciate ch'io la sposi

e ve la do guarita.

RUSTICONE

Che? Sposarla?

Ella d'altro non parla

che di nozze di principi, e di conti.

Corre da valli a monti

cercando i forestieri,

beffandosi di noi.

SANDRINO

Non c'è che questo?

Io la prendo com'è.

RUSTICONE

Ed io non te la do.

SANDRINO

E me 'l dite sì franco?

RUSTICONE

Son suo padre,

e posso comandarlo.

SANDRINO

Me l'avete promessa.

RUSTICONE

Saggia, ma non ossessa.

SANDRINO

Ed io la voglio

se avesse addosso settecento diavoli.

RUSTICONE

Eh va' via, che sei pazzo.

SANDRINO

O datemi la Lisa, o ch'io m'ammazzo.

 

Senza la mia Lisotta  

vivere non potrei.

Il core io diedi a lei,

né ad altra io mai darò.

Non chiedo, e non m'importa,

che pazza, o savia sia;

la bella Lisa è mia,

com'è la sposerò!

Siete ostinato ancora?

Ancor dite di no?

Ah padre crudele...

ah barbara sorte...

a un'alma fedele

voi date la morte;

e già che il volete

meschino morrò.

Ma pria lo vedrete,

vendetta farò.

(parte verso il bosco)

Sandrino ->

 

Scena seconda

Rusticone solo.

 

 

Fa' pur quel che ti pare;  

di te non ho paura: il piano mio

coi due spioni eccellenze

è per bacco eccellente!

Andiamci un po' ad unir coll'altra gente.

(va sul colle)

Rusticone ->

 

Scena terza

Eurilla, poi Lisotta con falce in mano, indi Rusticone.

<- Eurilla

 

EURILLA
(scende a destra)

Di momento in momento  

cresce il mio turbamento,

la mia confusion... Questo timore

del genitor... le insolite carezze...

la gelosa custodia...

i detti misteriosi... e sopra tutto

l'inclinazion che a mio dispetto ancora

per quel signore io sento...

 

<- Lisotta

LISOTTA

Cara signora falce garbatissima,

andate un poco al diavolo; vi pare

d'esser voi cosa degna

di stare in una man da gentildonna?

Oh con un'altra gonna,

con una ricca scuffia, anelli e gioie!

Come sarò più bella.

EURILLA

E segui ancora a far la pazzerella?

Cara la mia Lisotta

finisci questi sogni.

LISOTTA

E cosa ci entra

ne' fatti miei la signorina?

EURILLA

Io parlo

perché ti voglio ben, perché mi spiace

che faccia certe cose,

che ti rendon ridicola, perché

mia sorella tu sei,

e perché i torti tuoi son torti miei.

LISOTTA

Troppe grazie! Anzi ascolta

s'è ver che mi vuoi ben, non dir giammai

che tu sei suora mia.

EURILLA

Perché?

LISOTTA

Perché non posso

crederti mia sorella.

Siamo troppo dissimili.

EURILLA

Oh per bacco

non vorrei somigliarti.

Tu giri tutto il dì, ciarli, civetti,

parli senza ritegno, odi il lavoro,

sei libera con tutti, insulti, oltraggi

me, tuo padre, il tuo sposo; io...

LISOTTA

Tu sciocchissima

chiacchieri per invidia:

credi tu ch'io non sappia,

che quando alcun mi guarda,

mi vagheggia, mi loda,

crepi di rabbia, e resti una marmotta?

EURILLA

O povera Lisotta!

Come ti burli! sappi,

che in un dì mi vorrei far correr dietro

tutto quanto il villaggio, se volessi

far le cose che fai:

ma non le farò mai; la sfacciataggine,

l'ardir, la vanità, la sfrontatezza

diverte, fa piacer, ma non s'apprezza.

I primi a biasimarla

son quelli che la cercano;

ma una giovine onesta,

contegnosa, modesta

anche dai dissoluti

si rispetta, s'ammira, e si desia;

e n'hai l'esempio in me, sorella mia.

LISOTTA

Oh che esempio! oh che esempio! ignorantissima!

EURILLA

Lisotta, olà Lisotta

non istancar il mio buon cor; se seguiti,

ti pentirai.

LISOTTA

Che muso

da fare ch'io mi penta! Puf!

EURILLA

Finiscila.

LISOTTA

Pif!

EURILLA

Finiscila dico: tu non lo sai

quel ch'io farò se tu sdegnar mi fai.

 

EURILLA

Son più dolce assai del zucchero,  

amorosa, e di buon core:

ma ancor io mi sento un'anima,

ma ogni serpe ha il suo velen.

E se un dì mi farai perdere

la pazienza, la prudenza,

mi saprò da te difendere,

saprò quel che far convien.

LISOTTA

Saprai far? contadinaccia!

Cosa è quel che far saprai?

Ch'io ti dica peggio assai,

ch'io ti strappi mezzo il crin!

 
(qui sorte Rusticone ma non è veduto)

<- Rusticone

 

EURILLA

Io vorrei, che osassi torcermi

o toccarmi un pel d'un braccio,

giuro al ciel che di te faccio

quel che far non sa Sandrin.

LISOTTA

Meschinella!

EURILLA

Petulante!

 
(Eurilla prende con forza Lisotta per la mano, e la gira destramente attorno alcune volte)

EURILLA

Se ti prendo, tracotante

resti là come un pulcin.

Insieme

LISOTTA

Oh che forza da gigante!

Resto qua come un pulcin.

 

RUSTICONE

Brava, brava, castiga, mia figlia,

questa pazza che ognor ci scompiglia,

e tu sciocca, dov'è più la bocca,

la baldanza, l'ardire dov'è?

EURILLA

Caro padre, si fece per gioco.

Deh, sorella perdona al mio foco:

dammi un bacio, ritorna al mio seno,

e fa' pace per sempre con me.

LISOTTA

Sì ti bacio, t'abbraccio, ti stringo;

(sallo il ciel se non simulo, e fingo:

maledetta ha più forza di me.)

RUSTICONE

Oh che cor! Che dolcezza, che tratto:

inginocchiati, testa da matto;

(a Lisotta)

all'onor della nostra famiglia

oh che figlia, oh che figlia, oh che figlia!

no che al mondo l'uguale non v'è.

(Vedo ben che non nacque da me.)

Zitto! Udite che suono?

 
(si sente da lontano un preludio di strumenti da fiato)
 

EURILLA

Che musica gentil!

LISOTTA
(sempre allegramente)

Saran sicuro

quei cavalier, che vengono per me.

RUSTICONE

Son essi per mia fé: olà giudizio!

(a Lisotta)

Tu Eurilla mia qui sta'.

(si mette Eurilla dietro le spalle)

LISOTTA

Or gli effetti vedrem di mia beltà.

 

Scena quarta

Milord, e Leandro preceduti da una banda di strumenti da fiato e seguìti da alcuni Servi riccamente vestiti: un di questi porta un gran bacile coperto. Séguito di Contadini, e Contadine.

<- Milord, Leandro, banda, servi, contadini, contadine

 

MILORD

Già che il ciel, cari amici,  

s'oppone ai voti nostri, e vane furo

le mie cure, le vostre, onde scoprire

la sospirata erede, io voglio almeno

pria di tornar in Scozia una memoria

del mio core lasciarvi.

EURILLA

(Oh cielo! ei parte?

Morir mi sento.)

RUSTICONE

(Bravo! se ne va!)

LISOTTA

Partirete anco voi?

LEANDRO
(con caricatura)

Ah sì purtroppo

partir deggio, o mia vita.

LISOTTA

(piano a Leandro, poi si ritira)

Andate al diavolo.

MILORD

Quest'oro o buona gente

dividete tra voi: tu che sei padre

di sì buone ragazze

tieni quest'orologio.

(se lo cava dal fianco)

RUSTICONE

Mille grazie.

(Fin qui l'affar va bene.)

LEANDRO

(Come gitta i quattrini! Facea meglio

a regalarli a me.)

MILORD

Voi, mie carine,

queste bagatelluccie.

(scopre il bacile)

Godete ad amor mio! (Vedrem se giova

o s'è inutil tal prova.)

LISOTTA

Oh quante cose!

Lasciatemi veder: che bel monile!

che fibbie! che smanigli!

e questo anello è d'oro!

 
(nel prendere molte cose a un tratto Lisotta lascia cadere un ritrattino: Eurilla lo prende, e lo guarda con sorpresa, Milord la sta osservando)
 

LEANDRO

Sì cara mia!

LISOTTA

Questo lo vo' per me.

E questo ancor, e questo che cos'è?

LEANDRO

Uno specchio.

LISOTTA

Uno specchio? oh caro! oh buono!

guardate un poco come bella io sono!

MILORD

(Attonita mi pare.)

EURILLA

(Oh dèi che palpiti,

che tumulto, che moti

entro il sangue io mi sento.)

(guarda il ritratto)

LEANDRO

(Intendo il gergo.)

MILORD

Cosa state guardando,

Eurilletta vezzosa?

EURILLA

Signor, guardo un sembiante

per me sì interessante.

RUSTICONE

(Che diavolo sarà?)

MILORD

Quello è il ritratto

della sposa del conte di Clerval.

RUSTICONE

(Non sento mai tal nome

senza che mi si rizzino le chiome.)

EURILLA

È mio?

MILORD

Vostro se aggradavi.

RUSTICONE

Ignorante!

Cosa ne vuoi tu fare?

 

EURILLA

Lo voglio baciare  

da sera a mattino,

vicino vicino

vo' porlo al mio cor.

Oh quanto quest'anima

consola, ed alletta!

Andar deh lasciatemi

soletta soletta;

in quello la vista

vo' pascere ognor.

(parte)

Eurilla ->

 

MILORD

(Oh numi, e qual sarà  

se non è questa di Clerval la figlia.)

LEANDRO

(Son fuori di me per meraviglia.)

RUSTICONE

(Presto si scopre tutto.)

LISOTTA

Ed io me n' vado

a pulirmi, e guardarmi a modo mio;

grazie alla lor bontà, padroni addio.

 

Lisotta, banda, servi, contadini, contadine ->

 

Scena quinta

Rusticone, Milord, e Leandro.

 

MILORD

(Son stordito.)  

RUSTICONE

(Son morto.)

LEANDRO

(La cosa è evidentissima.)

MILORD

(Seguitiamo coll'arte.) Rusticone

confabuliamo un po' così tra noi.

Qual è la primogenita

delle figliole tue?

RUSTICONE
(risoluto)

È morta.

LEANDRO
(con ironica furberia)

È morta!

MILORD

E qual di quelle due

è la più vecchia?

RUSTICONE

Che domande!

MILORD

Ho in testa

un pensiero utilissimo per lei.

RUSTICONE

(Non so qual deggia dir.)

LEANDRO

(Parmi imbrogliato.)

RUSTICONE

(baciagli ridendo la mano)

Signor vi son ben grato.

MILORD

E quale è dunque?

RUSTICONE

Ve lo può dir chiunque. (Io non vorrei

che prove della nascita chiedesse.)

MILORD

Dimmelo tu.

RUSTICONE

Se bene mi ricordo,

Eurilla prima nacque.

LEANDRO
(come sopra)

Se bene si ricorda!

RUSTICONE

Certamente.

Ho tante cose in mente.

MILORD

Ove son nate?

RUSTICONE

L'una

in Londra è nata, e l'altra nell'America.

(Mi vorrei pur schermire.)

MILORD

(Ah volpe, volpe

ti coglierò) In qual anno

tu sei stato maritato?

RUSTICONE

Uh uh! è cosa antica.

MILORD

Avesti molti figli?

RUSTICONE

N'ebbi... n'ebbi.

La storia è un po' lunghetta: or con bell'ordine

tutto vi ridirò: le cose mie

son limpide, son chiare:

(convien coll'arte impasticciar l'affare).

 

L'anno mille settecento  

cinquantotto, o poco più:

forte al punto: state attento,

mi sposai con una giovane

fior di grazie, e di virtù.

Tre figliuole il ciel mi diè,

perché una, e due fan tre:

e fan tre nel modo stesso

una, un'altra, e un'altra appresso.

In vent'anni tre figliuole,

che per altro or son due sole

perché l'altra più non c'è.

Non è poi la gran famiglia;

e si tratta che ogni figlia,

benché resti senza madre,

quando è figlia di buon padre,

bella, o brutta, brutta o bella,

sempre è figlia, sempre è quella,

e si deve maritar.

Questo conto è così chiaro,

che l'intende anche un notaro,

lo so io, lo sanno tutti,

e non v'è da replicar.

(Gliel'ho fatta, son confusi,

son storditi, son delusi:

che diletto, che spassetto,

più non san cosa pensar.)

(parte)

Rusticone ->

 

Scena sesta

Milord, e Leandro, poi Eurilla.

 

MILORD

Udisti?  

LEANDRO

Udii.

MILORD

Ti sembra

che resti più alcun dubbio?

LEANDRO

Ah! questa è certo

l'Olimpia che cercate.

Ma come poi convincerlo?

MILORD

Di questo

a me lascia la cura: i passi suoi

tu seguita frattanto; e quanto puoi

cerca d'intrattenerlo: è ben ch'io sappia

dove va, quel che fa, con chi favella,

cosa tenta, che dice: intanto voglio

Eurilla ancor veder: forse da lei

prenderan nuovi lumi i dubbi miei.

Eccola: quanta è vaga!

(si ritira)

 

Leandro ->

<- Eurilla

EURILLA

Oh caro! oh benedetto! il più bel volto  

non vidi a' giorni miei: pare che anch'esso

mi guardi, e rida! ah!

 
(vedendo Milord, mette un grido)
 

MILORD

Cosa avete, Eurilla?

Perché fuggite? Ho forse

occhi da far paura a una fanciulla?

EURILLA

Signore... nulla... nulla... il padre mio

è sì rigido meco, e s'ei mi trova...

e poi voi già partite, e più non giova.

MILORD

No, mia vita, non parto

se non trovasi Olimpia.

EURILLA

E voi l'amate,

signor, codesta Olimpia?

MILORD

Io l'amerei

se fosse come voi.

EURILLA

Perché no 'l sono!

MILORD

Ci avreste voi piacer?

EURILLA

Signor mio sì;

m'amereste così.

MILORD

E chi sa che no 'l siate?

EURILLA

Ah! Rusticone

dice ch'io son sua figlia.

MILORD

Egli è un briccone

voi sua figlia non siete.

EURILLA

Oh dèi! Se fosse vero!

MILORD

Almen cara io lo spero! I nostri cori

ci dicon troppe cose:

e poi questo ritratto...

EURILLA

Oh quanto io l'amo!

MILORD

Ei vi somiglia affatto.

EURILLA

Che dite? Ei mi somiglia? Perdonate:

ma sembrami signor, che voi scherziate.

 

EURILLA

Modesto è quel ciglio.  

MILORD

E il vostro è così.

EURILLA

Quel labbro vermiglio.

MILORD

Vermiglio è ancor qui.

EURILLA

Adorna quel viso

gentil maestà.

MILORD

Tra il dolce del riso

si vede anco qua.

EURILLA E MILORD

L'affetto, il diletto

crescendo in me va.

MILORD

Quei crini guardate.

EURILLA

Son folti, son neri.

MILORD

Quegli occhi osservate.

EURILLA

Son lieti, e sinceri.

MILORD

Le tinte...

EURILLA

Vivaci.

MILORD

Gli sguardi...

EURILLA

Loquaci.

MILORD

E tutto il sembiante...

EURILLA

Spirante bontà.

MILORD

Quei crini, quegli occhi,

quei sguardi gentili

son tutti simìli

in grazia, e beltà.

EURILLA

Oh stelle che palpiti

nel seno mi sento,

che dolce preludio,

che intender non fa!

MILORD

Che moti! che palpiti!

che strano contento!

Se Olimpia non sei

oh dèi! Qual sarà?

 
(Eurilla parte, Milord vuol partire ma sentendo parlare torna indietro)

Eurilla ->

 

Scena settima

Sandrino, Leandro, e Milord.

<- Sandrino, Leandro

 

SANDRINO

Sì signore: io medesmo lo trovai,  

non son ancor due ore,

chiuso nell'orto.

LEANDRO

E avea

la zappa ancora in mano

e il mantello per terra?

SANDRINO

Quante volte

ve lo deggio ridir?

LEANDRO

E si vedea

mosso il terren di fresco?

SANDRINO

Questo poi

si può vedere ancora.

LEANDRO

E sì confuso

quando sorpreso l'hai ti parve?

SANDRINO

Sì.

LEANDRO

All'amico si voli. Ah siete qui.

Capiste?

MILORD

Ho già capito.

Sai dov'ora è quel birbo?

LEANDRO

Appiè del colle,

smanioso, ed attonito

poco prima il raggiunsi: ivi con arte,

come voi m'ordinaste, io lo trattenni;

alfin fugggimmi: io venni

per avvisarvi, e ritrovai per via

il villan che vedeste, il qual narrommi

le cose che sentiste,

oltre varie querele

di Rusticon, di Lisa,

che in isposa ei pretende.

MILORD

Ah non si tardi!

(a Sandrino)

Tu presto a casa vola, teco prendi

due abiti villeschi, e qui li porta:

tu qui sta' fin ch'io torno.

(a Leandro)

Io vado a dar certi ordini,

e a pigliar meco alcun della mia gente.

 

Milord ->

SANDRINO

(partendo)

E la Lisa fia mia?

LEANDRO

Sicuramente.

Or cosa farò qui? ma vien Lisotta...

Con questa mattarella

divertiamci un pochino.

 

Sandrino ->

 

Scena ottava

Leandro, e Lisa ornata di tutti gli abbigliamenti guardandosi nello specchio.

<- Lisotta

 

LISOTTA

Questi occhi, queste ciglia,  

questo nasin di neve,

questo bocchin di rose

non poteano esser cose

nate da un contadino: ah son più bella

di Venere, del sole, e dell'aurora.

Mi potessi veder di dietro ancora.

Che cosa fate qui?

LEANDRO

Sto vagheggiando

questo nasin di neve,

questo bocchin di rose,

e l'altre belle cose.

LISOTTA

Non siete ancor partito?

LEANDRO

Vi dispiace,

ch'io partito non sia?

(Eppur costei non mi dispiaceria.)

LISOTTA

Certo certo mi spiace.

LEANDRO

Perché?

LISOTTA

Perché non posso più vedervi

senza alterar il fisico.

LEANDRO

Come mia cara?

LISOTTA

Il «cara»,

lasciatelo un po' stare.

LEANDRO

Io mi uccido, mi strozzo

se ancora seguitate...

LISOTTA

Sì ammazzatevi,

ma via di qua.

LEANDRO

Perché cotanta collera?

LISOTTA

Perché quand'uno sa che dée partire

non dée venire a far l'innamorato;

non se ne parli più, v'ho congedato.

 

LEANDRO

Eccomi a piedi tuoi,    

abbi di me pietà.

Farò quel che tu vuoi,

non partirò di qua!

Per quei begli occhi il giuro,

che fer le mie catene,

per quella man mio bene,

che palpitar mi fa.

S

 

LISOTTA

Alzatevi, e ascoltate.  

Voi non siete sì bello

com'è l'altro signor vostro compagno.

LEANDRO

(Manco mal che me 'l dice.)

LISOTTA

Io l'amo più di voi.

LEANDRO

Me n'ero accorto.

LISOTTA

Vo' che così adornata

mi veda; se gli piaccio,

forbitevi la bocca,

che la bella Lisotta a voi non tocca:

s'ei poi facesse il matto;

fatta è la vostra sorte, io sono vostra,

vi sposo, e buona notte: va pulito?

LEANDRO

Ottimamente.

LISOTTA

E voi da buon marito

pensate a divertirmi: io voglio in tutti

i dì delle mie nozze

i possibili gusti, e feste, e giochi,

e ballo a più di mille,

e invito a più di cento,

e una musica poi da far spavento.

 

Non vo' già che mi suonino  

pive, sampogne, o pifferi,

chitarre, o colascioni,

tamburi, lire, o nacchere,

né sveglie, né bussoni,

ribecche, o dabuddà.

Ci voglio li violini,

arpe, oboè, salteri,

viole, violoncelli,

e flauti traversieri,

fagotti e contrabbassi,

e i clarinetti, e i timpani,

e le trombette, e i corni,

e tutti li strumenti

che s'usano in città.

(parte)

Lisotta ->

 

Scena nona

Leandro, poi Milord.

 

LEANDRO

Quanto è cara costei  

nella sua bizzarria.

 

<- Milord

MILORD

Leandro eccomi a te, tieni quest'arme,

quest'abito ti metti, e vieni meco.

LEANDRO

Dove dobbiamo andar?

MILORD

Furtivamente

di Rusticon nell'orto

introdur ci dobbiam: più inosservati

al favor di quest'abiti

ai villani sarem: indi improvvisa

sarà la mia scoperta a quell'indegno:

vedrà quel che san far amore, e sdegno.

(partono)

Milord, Leandro ->

 
 

Scena decima

Orto come al primo atto.
Sandrino sulla sommità del muro che accomoda due scale; poi Milord, Leandro, e séguito di Gente per le scale, indi Rusticone, Eurilla, Lisotta, e Contadini.

 Q 

Sandrino

 

SANDRINO

Preparate ho già le scale,  

ed ancor non viene il conte:

zitto: il veggio appiè del monte:

ehm, ehm, ehm, venite qua.

Rusticone è fuor di casa,

ho pur colto un buon momento:

che vendetta! che contento!

A burlarmi imparerà.

(discende nell'orto)

 

<- Milord, Leandro, gente

MILORD

(dalla sommità del muro poi discende)

Tutto tace, alcun non viene:

segua ognuno i passi mie;

oh che colpo se va bene

per quel perfido sarà.

SANDRINO

Questo è il loco ove l'amico

vidi già scavar la fossa.

 
(Sandrino conduce Milord alla fossa; gli altri discendono)
 

MILORD

Ah che mossa è qui la terra!

(a Sandrino)

Per di dentro l'uscio serra,

sicché alcun non possa entrar.

MILORD

Una prova manifesta

spero qui di trovar.

Insieme

LEANDRO E SANDRINO

Una prova manifesta

spera qui di trovar.

 

CORO

Io non so che storia è questa

né com'ha da terminar.

LEANDRO

Al di fuor levi la scala

chi nell'orto ultimo cala.

MILORD
(a Sandrino e Leandro)

Voi scavate, e voi frattanto

state ai buchi ad osservar.

LEANDRO

Ehi mi par che venga gente.

MILORD

Seguitate, non fa niente.

SANDRINO

Vien lo stesso Rusticone.

MILORD

Venga venga, quel briccone:

badi ognuno al suo lavoro,

che un tesoro dée qui star.

CORO

Badi ognuno al suo lavoro,

che un tesoro dée qui star.

 

<- Rusticone

RUSTICONE

Ah chi v'è nell'orto mio!

MILORD

Fate presto: scavo anch'io.

RUSTICONE

Me meschin! Rubato io sono.

(guarda nell'orto dall'albero)

Figlie, ai ladri, ai ladri o gente,

un soccorso per pietà.

MILORD

Qualche cosa veder parmi,

che risplende sotto terra.

 

<- Eurilla, Lisotta

RUSTICONE, EURILLA E LISOTTA

Gente, amici, all'armi, all'armi;

ah gettiam la porta a terra!

MILORD

Ecco ecco: fuor cavate.

RUSTICONE, EURILLA E LISOTTA

Meco gli urti raddoppiate:

assassini malandrini,

vi vo' tutti scorticar.

GLI ALTRI

Oh che gioia, o che contento,

sento l'alma giubilar.

MILORD

Presto aprite, e ritiratevi,

e veggiam cosa san far.

 
(Rusticone entra precipitosamente con legno in mano. Milord si cava l'abito villesco, e si vede l'ordine)
 

RUSTICONE

Oh dèi! sogno, o son desto?  

MILORD

Non sogni, non sogni,

scellerato villano! in me ravvisa

il figlio di milord

signor di questi lochi: il cielo alfine,

e la prudenza mia tutto scoperse

le tue menzogne, e i tradimenti tuoi.

Empio! or nega se puoi,

che a te si diede di Clerval la figlia,

e che di queste due l'una non sia?

RUSTICONE

Ah signor, ascoltate...

MILORD

Taci... io voglio,

che l'intero villaggio

le tue colpe conosca;

(ad alcuni del suo seguito)

a radunarlo

o miei fidi volate: a voi frattanto

questo scrigno confido,

quel ribaldo consegno,

e con la vera la supposta figlia.

Nella pubblica piazza

verrete:

(a Rusticone)

al mondo in faccia

tu le chiavi ne porta

tutto si scoprirà.

RUSTICONE

Figlie... amici... signor...

MILORD

Non c'è pietà...

 

Tu perfido osasti  

mancare di fede,

tu un padre ingannasti,

che in guardia ti diede

la speme, l'oggetto

del tenero amor.

Per te in basso stato

oppresso languio,

ch'il cielo, ch'il fato

destina al cor mio;

paventa l'effetto

d'un giusto rigor.

E intanto il mio bene

consoli le pene,

che l'ore di giubilo

s'appressano al cor.

 
(parte con Sandrino e Leandro)

Milord, Sandrino, Leandro ->

 

Scena undicesima

Rusticone, Lisotta, ed Eurilla.

 

RUSTICONE

(Rusticone al ripiego.) Ah mia signora...  

(s'inginocchia)

LISOTTA

Cosa vegg'io!

RUSTICONE

Perdon per carità

EURILLA

(Cos'è tal novità?)

RUSTICONE

Sappiate ch'io...

LISOTTA

Voi...

EURILLA

Cosa sarà mai?

RUSTICONE
(con un sospiro risoluto)

Vostro padre non sono.

LISOTTA

Eterni dèi?

Chi è dunque il padre mio?

RUSTICONE

Il conte di Clerval.

LISOTTA
(lietissima)

Il conte? il conte, ond'io

sono la contessina?

RUSTICONE

Sì la contessa Olimpia.

EURILLA

Oh me meschina!

LISOTTA

Ah l'ho detto! L'ho detto!

Ed altri no 'l credea.

RUSTICONE

In faccia al mondo

confesso il fallo, anzi l'inganno mio;

un briccone son io, merito peggio.

Ma la vostra bontà

so che m'impetrerà grazia, e perdono.

In casa mia cresceste,

v'amai sempre qual figlia,

per non perdervi solo

padre vostro mi finsi, e come tale

vi diedi alcuna volta

qualche schiaffetto, e pizzico paterno;

ma in fondo questo cor vi rispettava

per la dama che siete.

LISOTTA

Alzati miserabile,

della clemenza mia prova gli effetti:

e fatevi avanti, prosternatevi,

chinatevi, atterratevi:

io sono sua eccellenza la contessa;

e inposterum sarò la Milordessa.

EURILLA

Oh ciel più non resisto!

(vuol partire)

LISOTTA

Ehi bifolchetta,

dove vai? Presto qui: pensa che adesso

son la padrona tua: ti fo la grazia

di baciarmi la mano.

A te: più gentilmente.

E tu pubblicamente un'altra volta

domandami perdon di tanti torti,

che sin oggi mi festi,

(a Rusticone)

e della libertà che ti prendesti.

RUSTICONE

Eccellenza? eccellenza perdonate!

E pizzichi, e ceffate,

e pugni, e bastonate

fur sintomi d'amor.

LISOTTA

Recate presto

a milord la novella;

ditegli che sul fatto

mandi a me la sua gente onde incontrarmi,

e in gran treno alla piazza accompagnarmi.

E voi messi spedite in nome nostro

per vicini villaggi, ed ordin date

di condur suonatori d'ogni sorte

fuori delle mie porte, e tutta notte

fin che l'alba s'appressa

farmi una serenata da contessa.

 
(parte seguita dai contadini, dai servi del conte, e da Rusticone)

Lisotta, gente, Rusticone ->

 

Scena dodicesima

Eurilla sola.

 

 

Alfin son sola; alfine  

posso un libero sfogo

a quest'alma lasciar... barbare stelle!

Perché tante sventure, e tanti affanni

inventaste per me? l'oscuro stato

ove mi pose la fierezza vostra

forse poco a voi parve,

senza offrir vane larve

al credulo mio core

d'illusorie grandezze, e di splendore?

Dove or vado? che fo? con qual coraggio

potrò guardar, potrò parlar a un padre,

che rifiuta il mio cor? milord... oh numi,

nascondasi a me stessa

un'idea troppo vana: ad altri il cielo

serbò sorte sì bella;

infelice si torni, e pastorella.

 

Sola, e mesta tra i tormenti    

passerò languendo gli anni:

e farò de' miei lamenti

campi, e selve risuonar.

Mi vedrà la notte, e il giorno

neri oggetti all'alma intorno,

e una barbara speranza,

che vorrei, né so lasciar.

Ah perché spietato amore

nel mio core entrasti mai;

perché vidi i cari rai,

onde appresi a sospirar?

(parte)

S

Sfondo schermo () ()

Eurilla ->

 
 

Scena tredicesima

Piazza pubblica.
Rusticone, e Lisotta coperta bizzarramente di fiori, in mezzo di vari Contadini, e Contadine.

 Q 

Rusticone, Lisotta, contadine, contadini

 

CORO

Evviva la bella  

sposina novella,

l'erede, la figlia

del nostro signor.

Finor fu la gioia

di questa pendice;

ma a ciel più felice

or guidala amor.

LISOTTA

Al giubilo vostro

s'unisce anche il nostro,

e grazie vi rendo

miei cari pastor.

Vi lascio per sempre

boscaglie, e contadi,

palazzi, e cittadi

mi chiamano a lor.

CORO

Evviva la bella

sposina novella,

l'erede, la figlia

del nostro signor.

 

RUSTICONE

Soffrite, signora,

ancora un amplesso.

LISOTTA

Quest'ultimi istanti

t'è tutto concesso.

RUSTICONE

Che teneri pianti

mi vengon dal cor!

Insieme

LISOTTA

Che teneri pianti

gli vengon dal cor!

 
 

Scena quattordicesima

Milord, Leandro, e detti.

<- Milord, Leandro

 

MILORD

(senza veder Lisotta)  

Ah voli al mio seno

l'amato tesoro,

e un dolce ristoro

in me troverà.

LISOTTA

Son pronta, son lesta

vedetemi qua.

MILORD E LEANDRO

Oh stelle! la Lisa

del conte è la figlia?

LISOTTA

La Lisa.

RUSTICONE

La Lisa.

TUTTI

(accennando Rusticone)

Giurato ei ce l'ha.

MILORD

Ah perfido, ancora

deluder mi tenti?

Ma i tuoi tradimenti

ciascuno or vedrà.

RUSTICONE

Signore...

MILORD

Ti scosta

malnato villano:

le prove ho in mia mano

di tue falsità.

RUSTICONE E LISOTTA

La coda anche in questo

il diavol porrà.

MILORD

Eurilla non veggo:

ah dove sarà!

LEANDRO

Sandrin con Eurilla

s'appressano già.

 

Scena ultima

Sandrino, Eurilla, e detti.

<- Sandrino, Eurilla

 

EURILLA

Eccellenza ai vostri piedi  

prende gli ultimi congedi,

contadina sventurata

destinata a sospirar.

RUSTICONE

Temeraria in sua presenza...

Insieme

LISOTTA

Temeraria in mia presenza...

 

MILORD

Sorgi, e lasciala parlar.

SANDRINO

Che colei contessa sia?

Ne comincio a dubitar.

EURILLA E SANDRINO

Lieti giorni di contento

sien compagni al viver vostro,

ed a me qualche momento

non vi spiaccia di pensar.

MILORD

Ah l'iniquo invan pretende

tanto bene a me involar.

SANDRINO

Che sia qualche furberia

che il birbon cercò inventar?

EURILLA

Io tornando, in campi, e selve

piangerò tra piante, e belve.

Dal destino assai punita

per quel ben che osai sperar.

LISOTTA
(ad Eurilla)

Dunque addio.

MILORD

Resta mia vita.

Il tuo pianto, il tuo dolore

saprò tosto consolar.

Qua la cassa: e tu ribaldo

fuor la chiave, e s'apra presto,

il suo inganno manifesto

ora io spero al mondo far.

LISOTTA, EURILLA, RUSTICONE, SANDRINO E CORO

Oh che rabbia, che dispetto!

ma saprommi vendicar.

Là non v'è che gemme, ed oro;

guarda pur quanto ti par.

Nuovo raggio di speranza

mi comincia a balenar.

Che ricchezze, che tesoro!

quel briccon volea rubar.

MILORD

Non c'è altro? e tante carte,

che Clerval commise a te?

RUSTICONE

Giuro a Venere, ed a Marte

altro il conte a me non diè.

MILORD

Guardiam dunque, qui saranno.

(guardando di nuovo entro la cassetta)

Non c'è nulla.

SANDRINO

Un altro inganno.

MILORD
(alle ragazze)

Ma cos'è codesta cifra?

A. I. F.!... che mai vuol dire?

Io non so cosa capir...

LISOTTA, EURILLA, RUSTICONE, SANDRINO E CORO

A. I. F.

LISOTTA

La cosa è chiara:

A: a; I: io; F: felice.

RUSTICONE

Brava brava così dice:

così intendere si dé.

MILORD

Questo poi nulla significa,

no che il senso tal non è,

voi che dite, Eurilla mia?

LISOTTA

Quella sciocca cosa fa?

EURILLA

Se a lui carte fur commesse,

e le carte egli non ha.

Qui saran le carte stesse,

ed allor si capirà.

A. I. F. Aprasi Il Fondo.

LEANDRO E MILORD

Ah veggiam poter del mondo.

RUSTICONE E LISOTTA

S'apra il fondo: ah ah ah!

MILORD, LEANDRO

C'è un secreto in verità.

MILORD

Spingi presto!

TUTTI

Eterni dèi!

La scoperta qui si fa.

 
(apresi il fondo, ed escono molte carte)
 

MILORD

Trema ribaldo, trema:

or scopriremo il vero.

Qui scrisse il conte stesso.

Leggi Leandro: adesso

vedrem chi Olimpia sia,

o se ingannommi il cor.

RUSTICONE E LISOTTA

Chi pensato avria

tal contrattempo ancor!

LEANDRO

«Bambinella di quattr'anni

io lasciai misera figlia

al mio fido Rusticone

che alla madre appien somiglia.»

SANDRINO, MILORD E EURILLA

Che alla madre appien somiglia.

LEANDRO

«A lui diedi una porzione

del denar che avea salvato,

ed il resto gli ho lasciato

per la figlia meschinella,

e gli indizi che sia quella

onde togliere ogni equivoco,

e salvare un tal tesoro

scritti son del foglio al piè.»

MILORD

Leggi lento: il meglio or viene.

SANDRINO E EURILLA

Bene bene per mia fé.

LEANDRO

«Naso grande, e mano candida

capel nero, e ciglio oscuro

largo il fianco, il piè brevissimo,

bianco il dente, un neo sul volto,

sottil labbro, e rubicondo,

ampia fronte, e viso tondo,

e vicino al destro orecchio

semicerchio porporino.»

LEANDRO E MILORD

Ah che tutto è appien conforme!

CORO

Colorito, segni, e forme

mano, bocca, naso, e crin.

RUSTICONE

Figlia, è fatta la frittata.

Ah Lisotta sventurata,

felicissimo Sandrin!

MILORD
(a Rusticone)

Scellerato, or qual dirai,

che di quelle Olimpia sia?

SANDRINO
(a Lisotta)

Bricconcella or vanterai

la tua nobile genia.

RUSTICONE

Ah peccai... signor... peccai...

ecco qua la figlia mia,

(addita Lisotta)

ecco Olimpia, ed ecco un misero

che vi chiede carità.

MILORD

No fellon...

EURILLA

Ah ch'io da lui

ebbi ognor segni d'affetto:

perdonate al poveretto,

io per lui chiedo pietà.

MILORD

Idol mio, vieni al tuo sposo.

Questo tratto generoso

più al mio cor cara ti fa.

Ti perdono, tutto oblio...

SANDRINO

E l'esempio seguo anch'io:

Lisa mia, vieni un po' qua.

LISOTTA

Vengo vengo, Sandrin bello,

e cervello ho fatto già.

TUTTI

O che amabili maniere

o che gare di bontà!

UNA PARTE

Ecco come in quella CIFRA

ogni cosa si decifra

per la mia felicità.

Insieme

L'ALTRA PARTE

Ecco come in quella CIFRA

ogni cosa si decifra

per la mia fatalità.

 

TUTTI

Questa CIFRA dunque viva,

e con lei gli sposi amanti,

e tra gridi e suoni, e canti

dolci auguri al ciel s'innalzino

di futura ilarità.

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo

Campagna aperta: in fondo collinetta praticabile; ai lati veduta di bosco.

contadini, contadine, Lisotta, Eurilla, Rusticone
 
Rusticone
contadini, contadine, Eurilla, Lisotta ->

In che razza d'impiccio diabolico

Rusticone
<- Sandrino

Rusticone
Sandrino ->

Fa' pur quel che ti pare

Rusticone ->
<- Eurilla

Di momento in momento

Eurilla
<- Lisotta

Eurilla, Lisotta e Rusticone
Son più dolce assai del zucchero
Eurilla, Lisotta
<- Rusticone
 

(da lontano un preludio di strumenti da fiato)

 
Eurilla, Lisotta, Rusticone
<- Milord, Leandro, banda, servi, contadini, contadine

Già che il ciel, cari amici

Lisotta, Rusticone, Milord, Leandro, banda, servi, contadini, contadine
Eurilla ->

Oh numi, e qual sarà

Rusticone, Milord, Leandro
Lisotta, banda, servi, contadini, contadine ->

Son stordito / Son morto

Milord, Leandro
Rusticone ->

Udisti? / Udii. / Ti sembra

Milord
Leandro ->
Milord
<- Eurilla

Oh caro! oh benedetto! il più bel volto

Eurilla e Milord
Modesto è quel ciglio
Milord
Eurilla ->
Milord
<- Sandrino, Leandro

Sì signore: io medesmo lo trovai

Sandrino, Leandro
Milord ->

Leandro
Sandrino ->
Leandro
<- Lisotta

Questi occhi, queste ciglia

Alzatevi, e ascoltate

Leandro
Lisotta ->

Quanto è cara costei

Leandro
<- Milord

Milord, Leandro ->

Orto come al primo atto; muro che accomoda due scale.

Sandrino
 
Sandrino, Milord, Leandro
Preparate ho già le scale
Sandrino
<- Milord, Leandro, gente
 
Sandrino, Milord, Leandro, gente
<- Rusticone
 
Sandrino, Milord, Leandro, gente, Rusticone
<- Eurilla, Lisotta
 

Oh dèi! sogno, o son desto?

gente, Rusticone, Eurilla, Lisotta
Milord, Sandrino, Leandro ->

Rusticone al ripiego. Ah mia signora...

Eurilla
Lisotta, gente, Rusticone ->

Alfin son sola; alfine

Eurilla ->

Piazza pubblica.

Rusticone, Lisotta, contadine, contadini
 
Coro, Lisotta e Rusticone
Evviva la bella
Rusticone, Lisotta, contadine, contadini
<- Milord, Leandro
Milord, Lisotta, Leandro, Rusticone e Coro
Ah voli al mio seno
Rusticone, Lisotta, contadine, contadini, Milord, Leandro
<- Sandrino, Eurilla
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena ultima
Campagna, collinetta in distanza. Orticello contadinesco murato; alcuni alberi di fuori che sporgono nell'orto. Ricca sala antica, con sedili, ed un seggiolone nel mezzo. Orticello come prima. Bosco: piccola pianura nel mezzo con due alberi paralleli in poca distanza. Campagna aperta: in fondo collinetta praticabile; ai lati veduta di bosco. Orto come al primo atto; muro che accomoda due scale. Piazza pubblica.
Atto primo

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