Atto secondo

 

Scena prima

Camera di don Tritemio.
Eugenia e Lesbina.

 Q 

Lesbina, Eugenia

 

LESBINA

Venite qui, signora padroncina,  

tenete questo anello;

ponetevelo in dito.

Fate che il genitore ve lo veda;

lasciate che la sposa egli vi creda.

EUGENIA

Tu m'imbrogli, Lesbina, e non vorrei...

LESBINA

Se de' consigli miei

vi volete servir, per voi qui sono.

Quando no, ve 'l protesto, io v'abbandono.

EUGENIA

Deh, non mi abbandonare; ordina, imponi;

senza cercar ragioni,

lo farò ciecamente:

ti sarò, non temer, tutta obbediente.

LESBINA

Quest'anello tenete.

Quel che seguì, sapete;

e quel che seguirà

regola in avvenir ci porgerà.

EUGENIA

Ecco mio padre.

LESBINA

Presto;

ponetevelo al dito.

EUGENIA

Una sposa son io senza marito.

(si mette l'anello)

 

Scena seconda

Don Tritemio e dette.

<- Tritemio

 

TRITEMIO
(ad Eugenia)

A che gioco giochiamo?  

Corro, ti cerco e chiamo;

mi fuggi e non rispondi?

Quando vengo da te, perché ti ascondi?

EUGENIA

Perdonate, signor...

LESBINA

La poveretta

è un pochin ritrosetta.

TRITEMIO

Oh bella, affé!

Si vergogna di me, poi collo sposo

il suo cuore non è più vergognoso.

LESBINA

Vi stupite di ciò? Si vedon spesso

cotali meraviglie.

Soglion tutte le figlie

ch'ardono in sen d'amore

la modestia affettar col genitore.

TRITEMIO

Basta; veniamo al fatto.

(ad Eugenia)

È ver che avesti

dallo sposo l'anello?

LESBINA

Signor sì.

TRITEMIO
(ad Eugenia)

Parlo teco. Rispondi.

EUGENIA

Eccolo qui.

(mostra l'anello a don Tritemio)

TRITEMIO

Capperi! È bello assai.

Non mi credeva mai

che Nardo avesse di tai gioie in dito.

Vedi se t'ho trovato un buon marito?

EUGENIA

(Misera me, se tal mi fosse!)

TRITEMIO

Oh via,

codesta ritrosia scaccia dal petto;

queste smorfie oramai mi fan dispetto.

LESBINA

Amabile sposina,

mostrate la bocchina un po' ridente.

EUGENIA

(Qualche volta Lesbina è impertinente.)

TRITEMIO

È picchiato, mi par.

LESBINA

Vedrò chi sia.

(piano ad Eugenia)

Ehi, badate non far qualche pazzia.

(parte)

Lesbina ->

 

Scena terza

Don Tritemio, Eugenia, poi Lesbina che torna.

 

EUGENIA

(È molto, s'io resisto.)  

TRITEMIO

Affé, non ho mai visto

una donna di te più scimunita.

Figlia che si marita

suol esser lieta, al suo gioir condotta;

e tu stai lì che pari una marmotta?

EUGENIA

Che volete ch'io dica?

TRITEMIO

Parla o taci,

non me n'importa più.

Sposati, e in avvenir pensaci tu.

 

<- Lesbina

LESBINA

Signor, è un cavaliere

col notar della villa in compagnia,

che brama riverir vossignoria.

TRITEMIO

Vengano. (Col notaro?

Qualchedun che bisogno ha di denaro.)

LESBINA
(piano ad Eugenia)

È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio

d'evitar il periglio.

EUGENIA

(a Lesbina)

Andiam, Lesbina.

(s'inchina a don Tritemio)

Con licenza.

TRITEMIO

Va' pure.

EUGENIA

(Ahi, me meschina!)

(parte con Lesbina)

Lesbina, Eugenia ->

 

Scena quarta

Don Tritemio, poi Rinaldo e Capocchio notaro.

 

TRITEMIO

Se denaro vorrà, ghe ne darò,  

purché sicuro sia con fondamento,

e che almeno mi paghi il sei per cento.

Ma che vedo? È colui

che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?

Col notaro che vuol? che far intende?

 

<- Rinaldo, Capocchio

RINALDO

Compatite, signor...

TRITEMIO

La riverisco.

RINALDO

Compatite se ardisco

replicarvi l'incomodo. Temendo

che non siate di me ben persuaso,

ho condotto il notaro,

il qual patente e chiaro

di me vi mostrerà

titolo, parentela e facoltà.

TRITEMIO

(È ridicolo in vero.)

CAPOCCHIO

Ecco, signore,

l'istrumento rogato

d'un ricco marchesato;

ecco l'albero suo da cui si vede

che per retto cammino

vien l'origine sua dal re Pipino.

TRITEMIO

Oh capperi! che vedo?

Questa è una cosa bella in verità.

Ma della nobiltà, signor mio caro,

come andiamo del par con il denaro?

RINALDO
(a Capocchio)

Mostrategli i poderi,

mostrategli sinceri i fondamenti.

CAPOCCHIO

Questi sono istrumenti

di comprede, di censi, di livelli.

Questi sono contratti buoni e belli.

 

(mostrando alcuni fogli a guisa d'istrumenti antichi)

Nel quattrocento  

sei possessioni;

nel cinquecento

quattro valloni;

anno millesimo

una duchea,

mille trentesimo

una contea

emit et cætera.

Case e casoni,

giurisdizioni,

frutti annuali,

censi e cambiali.

Sic et cætera

cum et cætera.

(parte)

Capocchio ->

 

Scena quinta

Don Tritemio e Rinaldo.

 

TRITEMIO

La riverisco et cætera.  

Vada, signor notaro, a farsi, et cætera.

RINALDO

Ei va per ordin mio

a prender altri fogli, altri capitoli,

per provarvi di me lo stato e i titoli.

TRITEMIO

Sì, sì, la vostra casa

ricca, nobile, grande ognora fu.

Credo quel che mi dite, e ancora più.

RINALDO

Dunque di vostra figlia

mi credete voi degno?

TRITEMIO

Anzi degnissimo.

RINALDO

Le farò contradote.

TRITEMIO

Obbligatissimo.

RINALDO

Me l'accordate voi?

TRITEMIO

Per verità,

v'è una difficoltà.

RINALDO

Da chi dipende?

TRITEMIO

Ho paura che lei...

RINALDO

Chi?

TRITEMIO

La figliuola...

RINALDO

D'Eugenia non pavento.

TRITEMIO

Quando lei possa farlo, io son contento.

RINALDO

Ben, vi prendo in parola.

TRITEMIO

Chiamerò la figliuola.

S'ella non fosse in caso,

del mio buon cuor sarete persuaso.

RINALDO

Sì; chiamatela pur, contento io sono;

se da lei son escluso, io vi perdono.

TRITEMIO

Bravo! Un uom di ragion si loda e stima:

s'ella non vuole, amici come prima.

 

Io son di tutti amico,  

son vostro servitor.

Un uomo di buon cor

conoscerete in me.

La chiamo subito,

verrà, ma dubito,

sconvolta trovisi

da un non so che;

farò il possibile

pe 'l vostro merito,

che per i titoli,

per i capitoli

anche in preterito

famoso egli è.

(parte)

Tritemio ->

 

Scena sesta

Rinaldo, poi don Tritemio ed Eugenia.

 

RINALDO

Se da Eugenia dipende il piacer mio,  

di sua man, del suo cor certo son io.

Veggola che ritorna

col genitore al lato;

della gioia vicino è il dì beato.

 

<- Tritemio, Eugenia

TRITEMIO

Eccola qui; vedete se son io

un galantuomo.

RINALDO

Ognor tal vi credei,

benché foste nemico ai desir miei.

TRITEMIO

Eugenia, quel signore

ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?

EUGENIA

Tra le donne felici

la più lieta sarò, padre amoroso,

se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.

TRITEMIO

Brava, figliuola mia,

il rossor questa volta è andato via.

RINALDO
(a don Tritemio)

L'udiste? Ah, non tardate

entrambi a consolare.

TRITEMIO

Eppur pavento...

RINALDO

Ogni timor è vano:

in faccia al genitor mi dia la mano.

TRITEMIO

La mano? In verità

s'ha da far, s'ha da far... se si potrà.

(ad Eugenia)

Dammi la destra tua.

EUGENIA

Eccola.

TRITEMIO

(le prende la mano):

A voi.

(chiede la mano a Rinaldo)

Prendetela... bel bello,

che nel dito d'Eugenia evvi un anello.

Ora che mi ricordo,

Nardo con quell'anello la sposò;

e due volte sposarla non si può.

RINALDO

Come!

TRITEMIO
(ad Eugenia)

Non è così?

EUGENIA

Sposa non sono.

TRITEMIO

Ma se l'anello in dono

prendesti già delle tue nozze in segno,

non si può, figlia mia, scioglier l'impegno.

(a Rinaldo)

Voi che dite, signor?

RINALDO

Dico che tutti,

perfidi, m'ingannate;

che di me vi burlate e che son io

bersaglio del destin barbaro e rio.

TRITEMIO

La colpa non è mia.

EUGENIA

(Tacer non posso).

Udite: ah, svelar deggio

l'arcano, onde ingannato...

 

Scena settima

Lesbina e detti.

<- Lesbina

 

LESBINA
(a don Tritemio)

Signor padron, voi siete domandato.  

EUGENIA

(Ci mancava costei!)

TRITEMIO
(a Lesbina)

Chi è che mi vuole?

LESBINA

Un famiglio di Nardo.

TRITEMIO

Sente, signor? Del genero un famiglio

favellarmi desia;

onde vossignoria,

s'altra cosa non ha da comandare,

per cortesia, se ne potrebbe andare.

RINALDO

Sì, sì, me n'anderò, ma giuro ai numi

vendicarmi saprò.

EUGENIA

(Destin crudele!)

Rinaldo, questo cor...

RINALDO

Taci, infedele.

 

(or all'una, or all'altro)

Perfida figlia ingrata;    

padre spietato indegno,

non so frenar lo sdegno,

l'alma si scuote irata.

Empio, crudele, audace,

pace per me non v'è.

S

 

(a Lesbina)

E tu che alimentasti

sin ora il foco mio

colla speranza (oh dio!)

così tu m'ingannasti?

L'offeso cuor aspetta

vendetta ~ anche di te.

(parte)

Rinaldo ->

 

Scena ottava

Eugenia, don Tritemio e Lesbina.

 

LESBINA

(Obbligata davver del complimento!)  

TRITEMIO

(Ho un tantin di paura.)

EUGENIA

(Ahi che tormento!)

TRITEMIO

Orsù, signora pazza,

ho capito il rossor che cosa sia.

Quel che voglia colui, vado a sentire;

poi la discorrerem. S'ha da finire.

(in atto di partire)

LESBINA
(a don Tritemio)

Sì signor, dite bene.

TRITEMIO
(a Lesbina)

E tu, fraschetta,

tu alimentasti dell'amante il foco?

Vado, e ritorno; parlerem fra poco.

(parte)

Tritemio ->

 

Scena nona

Eugenia e Lesbina.

 

EUGENIA

Ah Lesbina crudele!  

Solo per tua cagion sono in periglio.

LESBINA

Loderete nel fine il mio consiglio.

Questa cosa finor mi pare un gioco;

non mi perdo, davver, per così poco.

EUGENIA

Prenditi questo anello.

LESBINA

Eh no, signora mia.

EUGENIA

Prendilo; o giuro al ciel, lo getto via.

LESBINA

Ma perché?

EUGENIA

Fu cagione

che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida;

quest'anello omicida

dinanzi agli occhi miei soffrir non vuò.

LESBINA

Se volete così, lo prenderò.

Eccolo nel mio dito.

Che vi par? Mi sta bene?

EUGENIA

Ah, tu sei la cagion delle mie pene.

 

Scena decima

Don Tritemio, e dette.

<- Tritemio

 

TRITEMIO

Oh genero garbato!  

(mostra un gioiello)

Alla sposa ha mandato

questo ricco gioiello.

Prendilo, Eugenia mia; guarda s'è bello.

EUGENIA

Non lo curo, signore...

TRITEMIO

Ed io comando

che tu prender lo debba; il ricusarlo

sarebbe una insolenza.

EUGENIA

Dunque lo prenderò per obbedienza.

(prende il gioiello)

Ma... vi chiedo perdono,

non mi piace, no 'l voglio; a te lo dono.

(lo dà a Lesbina)

LESBINA

Grazie.

TRITEMIO

Rendilo a me.

LESBINA
(piano a don Tritemio)

Signor padrone,

sentite una parola.

Se la vostra figliuola

è meco generosa,

lo fa perché di voi mi brama sposa.

TRITEMIO
(a Lesbina)

Lo crederò?

LESBINA

Signora,

non è ver che bramate

che sposa io sia? Nel darmi queste gioie,

confessatelo pur, vostro pensiero

non è che sposa sia Lesbina?

EUGENIA

È vero.

TRITEMIO

E tu che dici?

LESBINA

Io dico

che se il destino amico

seconderà il disegno,

le gioie accetto, e accetterò l'impegno.

 

Una ragazza,  

che non è pazza,

la sua fortuna

sprezzar non sa.

Voi lo sapete;

voi m'intendete,

questo mio core

si scoprirà.

Anche l'agnella,

la tortorella,

il suo compagno

cercando va.

(parte)

Lesbina ->

 

Scena undicesima

Eugenia e don Tritemio.

 

TRITEMIO

Dunque, giacché lo sai, te 'l dico anch'io;  

è questi il pensier mio:

dopoché tu sarai fatta la sposa,

anch'io mi sposerò questa fanciulla.

Piangi? sospiri? e non rispondi nulla?

Son stanco di soffrirti.

Oggi darai la man. S'ha da finire.

Se sei pazza, non vuò teco impazzire.

(parte)

Tritemio ->

 

EUGENIA

Pazza a ragion mi chiama

il genitor crudele,

se in faccia al mio fedele, al mio diletto,

ho tradito l'affetto

per celar follemente in sen l'arcano;

ed or mi lagno, ed or sospiro invano.

 

Misera, a tante pene    

come resisto, oh dio!

Il crudo affanno mio

ah, tollerar non so.

Dov'è l'amato bene?

Dove s'asconde, o cieli?

Amor, se non lo sveli,

più vivere non vuò.

(parte)

S

Sfondo schermo () ()

Eugenia ->

 
 

Scena dodicesima

Campagna.
Nardo suonando il chitarrino e cantando, e poi Rinaldo.

 Q 

Nardo

 

NARDO

Amor, se vuoi così,  

quel che tu vuoi, farò.

Io mi accompagnerò

in pace e sanità.

Ma la mia libertà

perciò non perderò.

Penare: signor no;

soffrir, gridare: oibò.

Voglio cantare;

voglio suonare;

voglio godere

fin che si può.

 

<- Rinaldo

RINALDO

Galantuom, siete voi  

quello che Nardo ha nome?

NARDO

Signor sì.

RINALDO

Cerco appunto di voi.

NARDO

Eccomi qui.

RINALDO

Ditemi: è ver che voi

aveste la parola

da don Tritemio per la sua figliuola?

NARDO

Sì signore, l'ho avuta;

la ragazza ho veduta;

mi piace il viso bello,

e le ho dato stamane anco l'anello.

RINALDO

Sapete voi qual dote

recherà con tai nozze al suo consorte?

NARDO

Ancor no 'l so...

RINALDO

Colpi, ferite e morte.

NARDO

Bagattelle, signor! E su qual banco

l'investita sarà, padrone mio?

RINALDO

Sul dorso vostro, e il pagator son io.

NARDO

Buono! Si può sapere,

almen per cortesia,

perché vossignoria

con generosità

allo sposo vuol far tal carità?

RINALDO

Perché di don Tritemio

amo anch'io la figliuola,

perché fu da lei stessa

la sua fede promessa a me suo sposo,

perché le siete voi troppo odioso.

NARDO

Dite davver?

RINALDO

Non mentono i miei pari.

NARDO

E i pari miei non sanno

per puntiglio sposare il lor malanno.

Se la figlia vi vuol, vi prenda pure.

Se mi burla e mi sprezza, io non ci penso;

so anch'io con la ragion vincere il senso.

Vi ringrazio d'avermi

avvisato per tempo;

ve la cedo, signor, per parte mia,

ché già di donne non v'è carestia.

RINALDO

Ragionevole siete

giustamente dal popolo stimato;

filosofo chiamato con ragione,

superando sì presto la passione.

Voi l'avete ceduta. A don Tritemio

la cosa narrerò tutta com'è,

e se contrasta, avrà da far con me.

(parte)

Rinaldo ->

 

Scena tredicesima

Nardo, poi Lesbina.

 

NARDO

Pazzo sarei davvero,  

se a costo di una lite,

se a costo di temere anche la morte,

procurar mi volessi una consorte.

Amo la vita assai;

fuggo, se posso, i guai;

bramo sempre la pace in casa mia

e non intendo altra filosofia.

 

<- Lesbina

LESBINA

Sposo, ben obbligata;

m'avete regalata.

Anch'io quando potrò,

qualche cosetta vi regalerò.

NARDO

No, no, figliuola cara,

dispensatevi pur da tal finezza.

Quand'ho un poco di bene, mi consolo,

ma quel poco di ben lo voglio solo.

LESBINA

Che dite? Io non v'intendo.

NARDO

Chiaramente

dunque mi spiegherò:

siete impegnata, il so, con altro amico;

e a me di voi non me n'importa un fico.

LESBINA

V'ingannate, lo giuro. E chi è codesto,

con cui da me si crede

impegnata la fede?

NARDO

È un forestiero

che mi par cavaliero,

giovane, risoluto, ardito e caldo.

LESBINA

(Ora intendo il mister: sarà Rinaldo.)

Credetemi, v'inganna.

Vostra sono, il sarò, ve l'assicuro;

a tutti i numi il giuro:

non ho ad alcuno l'amor mio promesso;

son ragazza, e ad amar principio adesso.

NARDO

Eppure in questo loco,

tutt'amor, tutto foco,

sostenne il cavaliero

che voi siete sua sposa.

LESBINA

Ah, non è vero.

Di mendace e infedel non vuò la taccia:

lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.

Qualch'error vi sarà, ve lo protesto.

Tenero cuore onesto

per voi serbo nel petto;

ardo solo per voi di puro affetto.

NARDO

(Impossibile par ch'ella m'inganni.)

LESBINA

Tenera sono d'anni,

ma ho cervello che basta, e so ben io

che divider amor non può il cor mio.

Voi siete il mio sposino;

e se amico destino a voi mi dona,

anche un re lascerei colla corona.

NARDO

S'ella fosse così...

LESBINA

Così è purtroppo.

Ma voi siete pentito

d'essere mio marito;

qualch'altra donna amate,

e per questo, crudel, mi discacciate.

NARDO

No, ben mio, no, carina,

siete la mia sposina; e se colui

o s'inganna, o m'inganna, o fu ingannato,

dell'inganno sarà disingannato.

LESBINA

Dunque mi amate?

NARDO

Sì, v'amo di core.

LESBINA

Siete l'idolo mio.

NARDO

Siete il mio amore.

 

Scena quattordicesima

La Lena e detti.

<- Lena

 

LENA

Signor zio, signor zio, che cosa fate?  

Lontano discacciate

colei che d'ingannarvi ora s'impegna.

D'essere vostra sposa non è degna.

LESBINA

(Qualche imbroglio novello.)

NARDO

Ha forse altrui

data la fé di sposa?

LENA

Eh, signor no.

Quel ch'io dico lo so per cosa vera:

ella di don Tritemio è cameriera.

LESBINA

(Ah maledetta!)

NARDO
(a Lesbina)

È ver quel ch'ella dice?

LESBINA

Ah misera, infelice!

Compatite, se tanto

amor mi rese ardita.

Finsi il grado, egli è ver, perché v'adoro.

Per voi languisco e moro.

Confesso il mio fallire,

ma voglio essere vostra oppur morire.

NARDO

(Poverina!)

LENA

Vi pare

che convenga sposare

a un uomo, come voi, femmina tale?

NARDO

Non ci vedo alcun male.

Per me nel vostro sesso

serva, o padrona sia, tutt'è lo stesso.

LESBINA

Deh, per pietà donate

perdono all'error mio.

NARDO

Se mi amate di cor, v'adoro anch'io.

Per me sostengo e dico,

ed ho la mia ragione,

che sia la condizione un accidente.

Sposar una servente

che cosa importa a me se è bella e buona?

Peggio è assai, s'è cattiva, una padrona.

 

Se non è nata nobile  

che cosa importa a me?

Di donna il miglior mobile

la civiltà non è.

Il primo è l'onestà;

secondo è la beltà;

il terzo è la creanza;

il quarto è l'abbondanza;

il quinto è la virtù,

ma non si usa più.

Servetta graziosa

sarai la mia sposa,

sarai la vezzosa

padrona di me.

(parte)

Nardo ->

 

Scena quindicesima

Lesbina e la Lena.

 

LENA

(Mio zio, ricco sfondato,  

non si puote scordar che vile è nato.)

LESBINA

Signora, mi rincresce

ch'ella sarà nipote

d'una senza natali e senza dote.

LENA

Certo che il zio poteva

maritarsi con meglio proprietà.

LESBINA

Che nella nobiltà

resti pregiudicato,

certamente è un peccato. Imparentarmi

arrossire dovrei

con una contadina come lei.

LENA

Son contadina, è vero,

ma d'accasarmi spero

con un uomo civil, poiché del pari

talor di nobiltà vanno i denari.

LESBINA

Udita ho una novella

d'un somar che solea

con pelle di leone andar coperto;

ma poi dal suo ragghiar l'hanno scoperto.

Così voi vi coprite

talor con i denari,

ma siete nel parlar sempre somari.

(parte)

Lesbina ->

 

Scena sedicesima

La Lena sola.

 

 

Se fosse in casa mia  

questa signora zia, confesso il vero,

non vi starei con essa un giorno intero.

Sprezza la contadina,

vuol far da cittadina,

perché nata in città per accidente,

perché bene sa far l'impertinente.

Eppur, quando ci penso,

bella vita è la nostra ed onorata!

Sono alla sorte ingrata

allorché mi lamento

d'uno stato ripien d'ogni contento.

 

La pastorella al prato  

col gregge se ne va,

con l'agnellino a lato

cantando in libertà.

Se l'innocente amore

gradisce il suo pastore,

la bella pastorella

contenta ognor sarà.

(parte)

Lena ->

 
 

Scena diciassettesima

Camera in casa di don Tritemio.
Don Tritemio e Lesbina.

 Q 

Tritemio, Lesbina

 

TRITEMIO

Che ardir, che petulanza!  

Questo signor Rinaldo è un temerario.

Gli ho detto civilmente

ch'Eugenia è data via;

egli viene a bravarmi in casa mia?

LESBINA

Povero innamorato!

Lo compatisco.

TRITEMIO

Brava!

Lo compatisci?

LESBINA

Anch'io

d'amor provo il desio:

desio però modesto;

e se altrui compatisco, egli è per questo.

TRITEMIO

Ami ancor tu, Lesbina?

LESBINA

Da questi occhi

lo potete arguire.

TRITEMIO

Ma chi?

LESBINA

(guardando pietosamente don Tritemio amoroso)

Basta...

TRITEMIO

Ma chi?

LESBINA

(mostrando vergognarsi)

No 'l posso dire.

TRITEMIO

Eh t'intendo, furbetta;

basta, Lesbina, aspetta

ch'Eugenia se ne vada

a fare i fatti suoi,

ed allor penseremo anche per noi.

LESBINA

Per me, come per lei,

si potrebbe pensar nel tempo stesso.

TRITEMIO

Via, pensiamoci adesso.

Quando il notaro viene,

ch'ho mandato a chiamar per la figliuola,

farem due cose in una volta sola.

LESBINA

Ecco il notaro appunto,

e vi è Nardo con lui.

TRITEMIO

Vengono a tempo.

Vado a prender Eugenia; in un momento

farem due matrimoni e un istrumento.

(parte)

Tritemio ->

 

Scena diciottesima

Lesbina, poi Nardo e Capocchio notaro, poi don Tritemio.

 

LESBINA

Oh, se sapessi il modo  

di burlar il padron, far lo vorrei.

Basta, m'ingegnerò;

tutto quel che so far, tutto farò.

 

<- Nardo, Capocchio

NARDO

Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio

ci ha mandati a chiamar perch'io vi sposi,

lo farò volentier; ma non vorrei

che vi nascesse qualche parapiglia,

qualche imbroglio novel tra serva e figlia.

LESBINA

La cosa è accomodata;

la figliuola sposata

sarà col cavalier che voi sapete,

ed io vostra sarò se mi volete.

NARDO

Don Tritemio dov'è?

LESBINA

Verrà a momenti.

Signor notaro, intanto

prepari bello e fatto

per un paio di nozze il suo contratto.

CAPOCCHIO

Come? Un contratto solo

per doppie nozze? Oibò.

Due contratti farò, se piace a lei,

che non vuò dimezzar gli utili miei.

LESBINA

Ma facendone un solo

fate più presto, e avrete doppia paga.

CAPOCCHIO

Quand'è così, questa ragion m'appaga.

NARDO

Mi piace questa gente

della ragione amica,

ch'ama il guadagno ed odia la fatica.

LESBINA

Presto dunque, signore:

finché viene il padrone,

a scriver principiate.

CAPOCCHIO

Bene, principierò.

Ma che ho da far?

LESBINA

Scrivete, io detterò.

 

CAPOCCHIO

In questo giorno et cætera,  

dell'anno mille et cætera,

promettono ~ si sposano...

(a Lesbina)

I nomi quali sono?

LESBINA

I nomi sono questi...

(Ohimè, vien il padron.)

 

<- Tritemio

TRITEMIO

Ehi, Lesbina.  

LESBINA

Signore.

TRITEMIO

Eugenia non ritrovo.

Sai tu dov'ella sia?

LESBINA

No certamente.

TRITEMIO

Tornerò a ricercarla immantinente.

Aspettate un momento,

signor notaro.

LESBINA

Intanto

lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.

TRITEMIO

Benissimo.

NARDO
(a don Tritemio)

La sposa

non è Lesbina?

LESBINA

Certo;

le spose sono due:

una Eugenia si chiama, una Lesbina.

Con una scritturina

due matrimoni si faranno, io spero:

non è vero, padrone?

TRITEMIO

È vero, è vero.

(parte)

Tritemio ->

 

LESBINA

Presto, signor notar, via, seguitate.  

NARDO

Terminiamo l'affar.

 

CAPOCCHIO

In questo giorno et cætera,  

dell'anno mille et cætera,

promettono ~ si sposano...

I nomi quali sono?

LESBINA

I nomi sono questi:

Eugenia con Rinaldo

dei conti di Pancaldo.

NARDO

Dei Trottoli Lesbina

con Nardo Ricottina.

CAPOCCHIO

Promettono ~ si sposano...

La dote qual sarà?

LESBINA

La dote della figlia

saranno mille scudi.

CAPOCCHIO

Eugenia mille scudi

pro dote cum et cætera.

NARDO

La serva quanto avrà?

LESBINA

Scrivete. Della serva

la dote eccola qua.

Due mani assai leste,

che tutto san far.

NARDO

Scrivete. Due mila

si puon calcolar.

LESBINA

Un occhio modesto,

un animo onesto.

NARDO

Scrivete. Sei mila

lo voglio apprezzar.

LESBINA

Scrivete. Una lingua,

che sa ben parlar.

NARDO

Fermate. Cassate.

Tre mila per questo

ne voglio levar.

CAPOCCHIO

Due mila, sei mila,

battuti tre mila,

saran cinque mila...

ma dite di che...

LESBINA E NARDO

Contenti ed affetti,

diletti ~ per me.

LESBINA, NARDO E CAPOCCHIO

Ciascuno lo crede,

ciascuno lo vede,

che dote di quella

più bella ~ non v'è.

 

<- Tritemio

TRITEMIO

Corpo di satanasso!

Cieli, son disperato!

Ah! m'hanno assassinato.

Arde di sdegno il cor.

LESBINA E NARDO

Il contratto

è bello e fatto.

CAPOCCHIO

Senta, senta, mio signor.

TRITEMIO

Dove la figlia è andata?

Dove me l'han portata?

Empio Rinaldo, indegno,

perfido rapitor.

CAPOCCHIO

Senta, senta, mio signor.

TRITEMIO

Sospendete.

Non sapete?

Me l'ha fatta

il traditor.

LESBINA

Dov'è Eugenia?

TRITEMIO

Non lo so.

NARDO

Se n'è ita?

TRITEMIO

Se n'andò.

CAPOCCHIO

Due contratti?

TRITEMIO

Signor no.

CAPOCCHIO

Casso Eugenia cum et cætera,

non sapendosi et cætera,

se sia andata o no et cætera.

 

TUTTI

Oh che caso, oh che avventura!

Si sospenda la scrittura,

che dappoi si finirà.

Se la figlia fu involata,

a quest'ora è maritata.

È presente ~ la servente;

quest'ancor si sposerà.

(partono)

Lesbina, Capocchio, Nardo, Tritemio ->

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Camera di don Tritemio.

Lesbina, Eugenia
 

Venite qui, signora padroncina

Lesbina, Eugenia
<- Tritemio

A che gioco giochiamo?

Eugenia, Tritemio
Lesbina ->

È molto, s'io resisto.

Eugenia, Tritemio
<- Lesbina

Tritemio
Lesbina, Eugenia ->

Se denaro vorrà, ghe ne darò

Tritemio
<- Rinaldo, Capocchio

Tritemio, Rinaldo
Capocchio ->

La riverisco et cætera

Rinaldo
Tritemio ->

Se da Eugenia dipende il piacer mio

Rinaldo
<- Tritemio, Eugenia

Rinaldo, Tritemio, Eugenia
<- Lesbina

Signor padron, voi siete domandato

Tritemio, Eugenia, Lesbina
Rinaldo ->

Obbligata davver del complimento!

Eugenia, Lesbina
Tritemio ->

Ah Lesbina crudele!

Eugenia, Lesbina
<- Tritemio

Oh genero garbato!

Eugenia, Tritemio
Lesbina ->

Dunque, giacché lo sai, tel dico anch'io

Eugenia
Tritemio ->

Eugenia ->

Campagna.

Nardo
 
Nardo
<- Rinaldo

Galantuom, siete voi

Nardo
Rinaldo ->

Pazzo sarei davvero

Nardo
<- Lesbina

Nardo, Lesbina
<- Lena

Signor zio, signor zio, che cosa fate?

Lesbina, Lena
Nardo ->

Mio zio, ricco sfondato

Lena
Lesbina ->

Se fosse in casa mia

Lena ->

Camera in casa di don Tritemio.

Tritemio, Lesbina
 

Che ardir, che petulanza!

Lesbina
Tritemio ->

Oh, se sapessi il modo

Lesbina
<- Nardo, Capocchio

Capocchio e Lesbina
In questo giorno et cætera
Lesbina, Nardo, Capocchio
<- Tritemio

Ehi, Lesbina

Lesbina, Nardo, Capocchio
Tritemio ->

Presto, signor notar, via, seguitate

Capocchio, Lesbina e Nardo, poi Tritemio
In questo giorno et cætera
Lesbina, Nardo, Capocchio
<- Tritemio
 
Lesbina, Capocchio, Nardo, Tritemio ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima
Giardino in casa di don Tritemio. Campagna con casa rustica. Salotto in casa di don Tritemio. Camera di don Tritemio. Campagna. Camera in casa di don Tritemio. Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
Atto primo Atto terzo

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