Atto terzo

 
Appare una camera adorna, vagamente scompartita da formelle che portano istoriette del romanzo di Tristano, tra uccelli fiori frutti imprese. Ricorre sotto il palco, intorno alle pareti, un fregio a guisa di festone dove sono scritte alcune parole d'una canzonetta amorosa

 Q 

«Meglio m'è dormir gaudendo
c'avere penzieri vegghiando.»
A destra, nell'angolo, è un letto nascosto da cortine ricchissime; a sinistra, un uscio coverto da una portiera grave; in fondo, una finestra che guarda il mare Adriatico. Dalla parte dell'uscio è, sollevato da terra due braccia, un coretto per i musici con compartimenti ornati da gentili trafori. Presso la finestra è un leggio con suvvi aperto il libro della «Historia di Lancillotto del lago», composto di grandi membrane alluminate che costringe la legatura forte di due assicelle vestite di velluto vermiglio. Accanto v'è un lettuccio, una sorta di ciscranna senza spalliera e bracciuoli, con molti cuscini di sciamito, posto quasi a paro del davanzale, onde chi vi s'adagi scopre tutta la marina di Rimino. Su un deschetto è uno specchio d'argento a mano, tra ori canne coppette borse cinture e altri arredi. Grandi candelieri di ferro s'alzano presso il coretto. Scannelli e predelle sono sparsi all'intorno; e dal mezzo del pavimento sporge il maniglio di una cateratta, per la quale di questa camera si può accendere in un'altra.
 

Scena prima

Si vede Francesca davanti al libro, in atto di leggere. Le Donne sedute sulle predelle in fondo trapungono gli orli di un sopralletto, ascoltando l'istoria; e ciascuna porta appeso alla cintura un alberello di vetro pieno di perle minute e di stricche d'oro. Il sole del nascente marzo batte sullo zendado chermisino e ne trae un bagliore diffuso che accende i volti chinati all'opra dell'ago. La Schiava è presso al davanzale ed esplora attentamente il cielo.

Francesca, Donella, Biancofiore, Garsenda, Altichiara, Smaragdi

 

FRANCESCA

(leggendo)  

E Galeotto dice: «dama, abbiatene

pietà». «Ne avrò» dice ella «tal pietà,

come vorrete; ma non mi richiede

di niente»...

 
Le donne ridono. Francesca si getta sui cuscini di sciamito, torbida e molle.
 

GARSENDA

Madonna,

come mai era tanto vergognoso

il cavaliere Lancillotto?

BIANCOFIORE

Mentre

la povera reina si struggeva

di dargli quello ch'ei non dimandava!

DONELLA

Dirgli doveva: «o cavalier valente,

vostra malinconia non val niente».

FRANCESCA

Donella, taci! Stanca

sono di trastullarmi con le vostre

ciance. Smaragdi, lo sparviero torna?

SMARAGDI

Dama, non torna: s'è sviato.

 
Francesca si sporge dalla finestra e spia.
 

DONELLA

Certo

si perderà, Madonna.

Male faceste a togliergli la lunga.

FRANCESCA

Corri, Donella,

dallo strozziere e digli l'avvenuto,

che lo cerchi per tutto.

 
Donella lascia l'ago e s'invola.

Donella ->

 

BIANCOFIORE

(come intonando una canzone a ballo)

«Nova in calen di marzo

o rondine, che vieni

dai reami sereni d'oltremare»...

FRANCESCA

Oh, sì, sì, Biancofiore,

la musica, la musica!

 
Le donne si levano leste a ripiegare lo zendado.
 

FRANCESCA

Cerca di Simonetto, Biancofiore.

BIANCOFIORE

Sì, madonna.

FRANCESCA

E voglio una ghirlanda

di violette.

Oggi è calen di marzo.

BIANCOFIORE

Voi l'averete, madonna, e leggiadra.

FRANCESCA

Andatevi con dio.

 
(escono tutti)

Biancofiore, Garsenda, Altichiara ->

 

Scena seconda

Francesca si volge alla schiava che spia ancora il cielo per la finestra.

 

FRANCESCA

O Smaragdi, non torna?  

SMARAGDI

Dama, non torna.

Non ti rammaricare.

FRANCESCA

Ah, Smaragdi, che vino mi recasti

quella sera, alla torre mastra, quando

la città era in arme? Affatturato?

SMARAGDI

Dama, che dici?

FRANCESCA

Come

se tu recato avessi un beveraggio

perfido, il mal s'apprese

alle vene di quelli che bevvero,

e la mia sorte si rincrudelì.

SMARAGDI

Calpestatemi! Calpestatemi! Tra due

pietre schiacciami il capo.

FRANCESCA

Su, levati! Non hai colpa mia povera

Smaragdi, non hai colpa.

Ah ragione mia, reggi

e non dare la volta!

Chi mi possiede? Un demone mi tiene.

Non so pregare, non so più pregare...

SMARAGDI
(a bassa voce)

Vuoi che lo chiami?

FRANCESCA

(trasalendo)

Chi?

L'hai tu veduto montare a cavallo,

messer Giovanni?

SMARAGDI

Sì, dama,

col vecchio e con messer Malatestino.

FRANCESCA

Io n'ho paura. Guardami da lui!

SMARAGDI

Di chi paura hai tu, dama?

FRANCESCA

Paura

ho di Malatestino.

SMARAGDI

Ti spaventa

forse quell'occhio suo cieco?

FRANCESCA

No, l'altro,

quello che vede. È terribile.

SMARAGDI

Dama,

non disperare! Ascolta,

ascolta. Io getterò

una sorte su chi ti fa paura.

Conosco il beveraggio che allontana

e dismemora. Tu gliel'offrirai...

T'insegnerò l'incanto...

 

Scena terza

Irrompono nella stanza le Donne, seguite dai Musici. Donella porta quattro ghirlandette di narcisi bianchi, sospese a un filo d'oro che insieme le lega.

<- Donella, Biancofiore, Garsenda, Altichiara, musici

 

DONELLA

Abbiamo i suonatori  

per la canzone a ballo,

con cennamella piffero liuto

ribecco e monacordo.

 
Eretta fra le cortigiane, Francesca guarda come trasognata e non sorride né parla.
 

BIANCOFIORE

(avanzandosi)

Et ecco la ghirlanda

di violette.

(le offre la ghirlanda, con un atto di grazia)

Possa malinconia con ciò passare!

 
Francesca la prende, mentre Altichiara toglie dal deschetto lo specchio e lo tien levato dinanzi al viso di lei che s'inghirlanda. La schiava lentamente scompare dall'uscio.

Smaragdi ->

 

GARSENDA

Oggi è calen di marzo! Il canto vuol

ballo, e il ballo vuol canto.

Su, Simonetto, intona!

 
I Musici sulla tribuna cominciano un preludio. Donella scioglie il filo d'oro e distribuisce le ghirlande di narcisi alle compagne, che s'inghirlandano; e tiene per sé l'una che porta due alette di rondine, segno d'officio singolare. Biancofiore trae da una reticella quattro rondini di legno dipinto che hanno sotto il petto una specie di manico breve, e ne dà una a ciascuna Compagna; la quale atteggiandosi alla danza, la tiene impugnata e sollevata nella sinistra mano.
 

BIANCOFIORE E GARSENDA

Marzo è giunto e febbraio  

gito se n'è col ghiado.

Or lasceremo il vaio

per veste di zendado,

e andrem passando a guado

acque di rii novelli

tra chinati arboscelli verzicanti,

con stromenti e con canti in compagnia

di presti drudi o nella prateria

iscegliendo viole

ove redole più l'erba, de' nudi

piedi che al sole v'ebbe primavera.

 

ALTICHIARA E DONELLA

Deh creatura allegra,

conduci, questa danza

in veste bianca e negra

com'è tua costumanza.

Poi fa qui dimoranza

nella camera adorna

ch'è chiara quando aggiorna e quando annotta

per l'istoria d'Isotta fior d'Irlanda,

che vi si vede: e sieti una ghirlanda

nido, né ti rincresca,

poiché la fresca donna che qui siede

non è Francesca ma sì

 
Le Danzatrici con rapido giro si volgono tutte a Francesca disponendosi in una fila e tenendo l'una mano, che tiene la rondine, e l'altra verso di lei; e cantano assieme l'ultima parola della stanza:
 

TUTTE

Primavera!

 
Al principiare della volta (poi fa qui dimoranza) riappare sull'uscio la Schiava. Mentre i Musici fanno la chiusa, ella si avvicina lentamente alla Dama e le sussurra qualcosa che subito la turba ed agita.

<- Smaragdi

 

FRANCESCA

Andate in allegrezza per la corte,  

fino a vespro. Conducili, Donella.

Felice primavera!

 
I Musici discendono dal coretto sonando ed escono. Le Donne inchinano la dama e van dietro ai suoni, con sussurri, con risa. La Schiava rimane. Francesca s'abbandona alla sua ansietà. Dà qualche passo per la stanza, smarritamente. Con un moto subitaneo, va a chiudere le cortine dell'alcova, che sono disgiunte e lasciano intravedere il letto. Poi si accosta al leggio, getta uno sguardo al libro aperto; ma nel volgersi, con un lembo del suo vestimento ella smuove il liuto che cade e geme a terra. Trasale, sgomentata.

musici, Biancofiore, Garsenda, Altichiara, Donella ->

 

 

No, Smaragdi, no! Va', va', corri e digli

che non venga!

(s'odono i suoni lontanare. La schiava va verso la porta. Francesca fa un gesto verso di lei come per trattenerla.

Smaragdi!

 
La Schiava esce. Dopo alcuni attimi, una mano solleva la portiera: ed appare Paolo Malatesta. L'uscio dietro di lui si chiude.

Smaragdi ->

 

Scena quarta

I due Cognati si guardano, nel primo istante, senza trovar parola, entrambi scolorando. Ancora s'odono i suoni lontanare per il palagio. Dalla finestra la camera s'inaura del giorno che declina.

<- Paolo

 

FRANCESCA

Benvenuto, signore mio cognato.  

PAOLO

Ecco, son venuto, avendo udito

i suoni, per portarvi il mio saluto,

il saluto del mio ritorno.

FRANCESCA

Assai

presto siete tornato: con la prima

rondine. Le mie donne

eran qui che cantavan la ballata

per salutare il marzo.

PAOLO

Di voi, Francesca,

novelle mai non m'ebbi

laggiù. Nulla più seppi

di voi, da quella sera perigliosa

che m'offeriste una coppa di vino

e mi diceste addio

con la buona ventura.

FRANCESCA

Non m'è nella memoria

questo, signore. Io ho molto pregato.

PAOLO

Non vi sovviene?

FRANCESCA

Io ho molto pregato.

PAOLO

Io ho molto sofferto.

 

FRANCESCA

Paolo, datemi pace!    

È dolce cosa vivere obliando,

almeno un'ora, fuor della tempesta

che ci affatica.

Non richiamate, prego,

l'ombra del tempo in questa fresca luce

che alfine mi disseta.

Pace in questo mare

che tanto era selvaggio

ieri, et oggi è come la perla. Datemi,

datemi pace!

S

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PAOLO

Inghirlandata  

di violette m'appariste ieri

a una sosta, in un prato

dove mi ritrovai

io solo, dilungandomi gran tratto

dalla scorta. Appariste

con le viole; e vi tornò sul labbro

una parola che da voi fu detta:

perdonato ti sia con grande amore!

FRANCESCA

Tal parola fu detta,

e la gioia perfetta se n'attende...

Ora sedete qui alla finestra.

Sedete qui. Parlatemi di voi.

Come avete vissuto?

PAOLO

Perché volete voi

ch'io rinnovi nel cor la miseria

di mia vita? Mi fu a noia, e spiacque

tutto ch'altrui piaceva.

Nemica ebbi la luce,

amica ebbi la notte,

ove su dal silenzio di me stesso

nata e dal fondo dell'eterna doglia,

simile alla sorgente che disseta

e simile alla fiamma che riarde,

freschezza e incendio, lenimento e piaga,

or torbida ruggente come fiaccola,

or mite come lampada,

una visitatrice

si chinava su me, quasi a nutrirsi

dell'assidua mia veglia;

e, quando si partiva

al tremar delle stelle,

non più foco né fonte

era, ma il vostro viso...

FRANCESCA

Ah, Paolo, Paolo!

PAOLO

...il vostro viso

mostrava ella nudato al mio dolore.

FRANCESCA

Paolo, se perdonato

vi fu, perché vi rilampeggia ancora

sotto i cigli la colpa?

Ahi, che già sento all'arido

fiato sfiorir la primavera nostra!

(ella si toglie dal capo la ghirlanda e la pone sul libro aperto ch'è da presso)

PAOLO

Ora perché vi togliete dal capo

la ghirlanda?

FRANCESCA

Ho sentito

che già non è più fresca.

PAOLO

(s'accosta al leggio e si china sul libro)

Ah la parola che i miei occhi incontrano!

E Galeotto dice: «dama, abbiatene

pietà». «Ne avrò» dice ella «tal pietà,

come vorrete; ma non mi richiede

di niente»... Volete seguitare?

FRANCESCA

Guardate il mare come si fa bianco!

PAOLO

Leggiamo qualche pagina, Francesca!

(leggendo)

«Certamente, dama» dice

allora Galeotto «ei non si ardisce,

né vi domanderà mai cosa alcuna

per amore, perché teme».

Et ella dice...

(trae leggermente Francesca per la mano)

Ora leggete voi

quel ch'essa dice. Siate voi Ginevra.

 
(le loro fronti si avvicinano chinandosi sul libro)
 

FRANCESCA

(leggendo)

«Certamente, dice essa, io gli prometto:

ma che egli sia mio et io tutta sua,

e che emendate sien tutte le cose

mal fatte»... Basta, Paolo.

PAOLO

No! No! Leggete ancora.

 
I loro volti pallidi sono chini sul libro, così che le guance quasi si sfiorano.
 

FRANCESCA

(seguitando soffocatamente)

«E la reina vede il cavaliere

che non ardisce di fare di più.

Tra le braccia lo serra lungamente

lo bacia in bocca»...

 
Egli fa quell'atto istesso verso la cognata, e la bacia. Quando le bocche si disgiungono, Francesca vacilla e s'abbandona sui guanciali.
 

PAOLO

Francesca!

FRANCESCA

(con la voce spenta)

No, Paolo!

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

Camera adorna, vagamente scompartita da formelle che portano istoriette del romanzo di Tristano, tra uccelli fiori frutti imprese; ricorre sotto il palco, intorno alle pareti, un fregio a guisa di festone dove sono scritte alcune parole d'una canzonetta amorosa; a destra, nell'angolo, è un letto nascosto da cortine ricchissime; a sinistra, un uscio coverto da una portiera grave; in fondo, una finestra che guarda il mare Adriatico; dalla parte dell'uscio è, sollevato da terra due braccia, un coretto per i musici con compartimenti ornati da gentili trafori; presso la finestra è un leggio con aperto il libro della Historia di Lancillotto del lago, composto di grandi membrane alluminate che costringe la legatura forte di due assicelle vestite di velluto vermiglio; accanto v'è un lettuccio, una sorta di ciscranna senza spalliera e bracciuoli, con molti cuscini di sciamito, posto quasi a paro del davanzale, onde chi vi s'adagi scopre tutta la marina di Rimini; su un deschetto è uno specchio d'argento a mano, tra ori canne coppette borse cinture e altri arredi; grandi candelieri di ferro s'alzano presso il coretto; scannelli e predelle sono sparsi all'intorno; e dal mezzo del pavimento sporge il maniglio di una cateratta, per la quale di questa camera si può accendere in un'altra.

Francesca, Donella, Biancofiore, Garsenda, Altichiara, Smaragdi
 

E Galeotto dice: dama, abbiatene

Francesca, Biancofiore, Garsenda, Altichiara, Smaragdi
Donella ->

Francesca, Smaragdi
Biancofiore, Garsenda, Altichiara ->

O Smaragdi, non torna?

Francesca, Smaragdi
<- Donella, Biancofiore, Garsenda, Altichiara, musici

Abbiamo i suonatori

Francesca, Donella, Biancofiore, Garsenda, Altichiara, musici
Smaragdi ->

(danza)

Biancofiore e Garsenda, Altichiara e Donella
Marzo è giunto e febbraio
Francesca, Donella, Biancofiore, Garsenda, Altichiara, musici
<- Smaragdi

Andate in allegrezza per la corte

Francesca, Smaragdi
musici, Biancofiore, Garsenda, Altichiara, Donella ->

Francesca
Smaragdi ->
Francesca
<- Paolo

Benvenuto, signore mio cognato

Paolo, datemi pace!

Inghirlandata di violette

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta
Una corte, nelle case dei Polentani, contigua a un giardino che brilla di là da una chiusura... Appare una piazza d'una torre rotonda, nelle case dei Malatesti; due scale laterali di dieci gradini salgono... Camera adorna, vagamente scompartita da formelle che portano istoriette del romanzo di Tristano, tra uccelli... Sala ottagona, di pietra bigia, con cinque de' suoi lati in prospetto; in alto, sulla nudità della pietra,... Camera adorna, con il letto incortinato, con la tribuna dei musici, col leggio che regge...
Atto primo Atto secondo Atto quarto

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