Atto secondo

 

Scena prima

Anticamera di Metilda.
Eurillo.

 Q 

Eurillo

 

 

Padron miglior del mio  

al mondo non si dà.

Tutto tutto è bontà.

È bravo, liberal, saggio, obligante,

ma troppo sta su l'aria del galante,

e sarebbe una gioia,

s'amasse un poco meno a far la foia.

 

Il servir innamorati  

è un tormento da morir:

sono spiriti dannati,

e con essi star legati

è peggior d'ogni martir.

 

Scena seconda

Errea e il detto.

<- Errea

 

ERREA

Il servir innamorati  

è mia gioia, e mio desir;

con piacer, con affetto

io servo il tuo padron. Tu li dirai

che mi faccia saper tutto il concerto,

che con due stranieri ha stabilito:

e poi sarà servito.

Ma tu crudel non pensi punto a me.

EURILLO

Perché pensar a te?

ERREA

Se tu sapessi

quanti per questo viso amor travaglia.

EURILLO

Io non saprei che far d'un'anticaglia,

tu non sei più fanciulla:

tu vuoi ch'io t'ami e non mi doni nulla.

ERREA

Cosa vuoi ch'io ti dia? vuoi ch'io ti baci?

EURILLO

A la cometa non si giuocan baci.

Dammi questa medaglia.

ERREA

Non sapresti che farne: è un'anticaglia.

 

Io non amo un cor avaro;  

se si vende

la beltà, più non m'accende,

e discaro

m'è 'l piacer se costa caro.

Eurillo, Errea ->

 

Scena terza

Almaro e Idalba.

<- Almaro, Idalba

 

ALMARO

Non mi negar aita  

vanne a Metilda, parla

de la morte d'Henrico; afferma, e giura.

IDALBA

Io non ho come te l'alma spergiura.

ALMARO

Io ti prego.

IDALBA

Non posso.

ALMARO

Ti scongiuro.

IDALBA

Non devo.

ALMARO

Prendi almen questo don.

IDALBA

Nulla ricevo.

 

Scena quarta

Ircano senz'essere osservato, ed i suddetti.

<- Ircano

 

IRCANO

(Incontro qui gli amanti,  

vo' tenermi in disparte.)

 

ALMARO

Che farò per piegarti?

IDALBA

È vana ogn'arte.

ALMARO

Tu sei troppo crudele.

IDALBA

Son più di te fedele.

IRCANO

(Parlan d'amor. Forse scoperta è Idalba?)

ALMARO

Vuoi risolverti al fin? che fai, che pensi?

IDALBA

S'ho da dirti i miei sensi

penso ch'a torto una spietata adori,

quante son ne l'impero

donne d'alta fortuna

ch'in merito, e beltà, non cedon punto

a questa tua fierissima Metilda.

IRCANO

(In bellezze Metilda ha poche pari,

in merito nessuna.)

IDALBA

Ti parlerò sol d'una,

che solo di te parla

e ch'in te solo pensa

se cade il sol, e se risorge l'alba.

ALMARO

Chi sarà questa?

IDALBA

È l'infelice Idalba.

ALMARO

Ora il mistero intendo.

IDALBA

Io la vidi giungendo

a la reggia d'augusto.

Là delle tue promesse istrutta fui.

ALMARO

Era fanciulla allora:

né la conoscerei, se la vedessi;

si promette talor senza riflessi.

IRCANO

(Obligante risposta a chi l'adora.)

 

IDALBA

Se non l'ami hai cor d'acciaro,  

crudo Almaro:

sa che regna nel tuo petto

altro affetto,

e pur sempre le sei caro.

 

ALMARO

Metilda ha l'amor mio: non v'è riparo.  

IRCANO

(Si riscalda il discorso, e troppo dura;

è tempo che mi scopra.)

(ad Almaro)

Signor eccomi pronto a' cenni tuoi.

Io farò che la schiava

dirà quel che tu vuoi.

(ad Idalba)

Simula più che puoi.

ALMARO

Vien meco Lidauro, A' nostri affari

provederemo insieme;

in te solo è riposta ogni mia speme.

 

(rivolgendosi ad Idalba)

Ma voi labra vezzosette  

risolvete di parlar;

quattro sole parolette

darian fine al mio penar.

Almaro, Ircano ->

 

Scena quinta

Idalba.

 

 

Sì sì risolvo al fin servir l'ingrato,  

e per giovargli offenderò me stessa.

Forse mai non s'udio

un esempio d'amor simile al mio.

 

Che non può l'amor tiranno  

s'io son fabra del mio mal?

S'io procuro il proprio danno

per servir un disleal?

Idalba ->

 

Scena sesta

Metilda.

<- Metilda

 

 

Dopo sì crudi influssi  

stelle volgete in me benigni i rai.

Consolatemi,

assistetemi,

soccorretemi o cieli in tanti guai.

 

 

Parvi un tempo beata

ed or di me, non può veder il sole

donna più sfortunata.

S'è ver ch'Henrico è morto,

Metilda è disperata;

non ha il mondo per me pace, o conforto;

ma che fece nell'Asia il mio consorte

per meritar la morte,

ed io per irritarvi, in che peccai?

 

 

Dopo sì crudi influssi

stelle volgete in me benigni i rai.

Consolatemi,

assistetemi,

soccorretemi o cieli in tanti guai.

 

 

Troppo infausta per tutto ho la fortuna,

discorde è l'Inghilterra,

Ricardo prigioniero:

m'intenerisce Henrico,

m'imbarazza la guerra,

Almaro m'importuna,

e turban la mia pace amori, ed armi;

non mancan d'arrivarmi

tutti i mali ch'io temo.

Il sol ben che desio non torna mai.

 

 

Dopo sì crudi influssi

stelle volgete in me benigni i rai.

Consolatemi,

assistetemi,

soccorretemi o cieli in tanti guai.

 

Lunghi nembi di doglie, e di pianti  

da la sorte per breve seren,

e del dolce ch'inebria gli amanti

non ci lascia che fiele, e velen.

 

Scena settima

Almaro, Metilda, ed Eurillo.

<- Almaro, Eurillo

 

ALMARO

Donna real, se da l'eroiche prove  

del tuo viril coraggio

ad esser forte ogni gran cor impara,

a nuovi assalti il tuo vigor prepara.

METILDA

Che mi destini il ciel gioia, o tormento

io son già preparata ad ogni evento.

ALMARO

Il colpo è doloroso:

ma s'improvviso mal troppo contrista,

reca doglia minor piaga prevista.

Su la morte d'Henrico

la schiava, ed il guerrier m'han trattenuto

con evidenze, e circostanze tali,

che pur troppo è sicura

la sua fatal sventura.

METILDA

Falli venir, voglio ascoltarli anch'io:

starà sospeso intanto

fra la speme, e 'l timor l'animo mio.

ALMARO

Cerca Eurillo i stranieri, e qui li mena:

(a parte)

ed ad Errea dirai,

che più non tardi a preparar la scena.

EURILLO

Ubbidito sarai.

Eurillo ->

 

Scena ottava

Almaro, e Metilda.

 

METILDA

Sfronda il gel con duri oltraggi  

orni e faggi;

ma 'l bel verde de le palme

sotto i ghiacci illeso sta:

né si mutan le grand'alme

per crudeli avversità

ALMARO

Ad un soffio estinta giace

debil face:

ma 'l sol chiuso in nubi oscure

i suoi rai mantien ancor.

Né fan perder le sventure

lume, e forza a regio cor.

 

Scena nona

Metilda, Almaro, Ircano, Idalba, Eurillo, e poi Errea.

<- Ircano, Idalba, Eurillo

 

METILDA
(ad Ircano)

Voglio che tu mi narri  

com'Henrico morì, ma dimmi il vero.

IRCANO

Ei morì prigioniero

le ferite, e 'l dolor...

METILDA

Come fu preso?

IRCANO

Dal fiero Saladino

in quel fatal conflitto

che tutti quasi i nostri eroi distrusse,

sotto un monte d'estinti, e di feriti

pria sepolto, che vinto

restò preso ed avvinto, ed in Damasco

fra barbare catene

chiuse del viver suo l'illustri scene.

METILDA

Quanto sarà?

IRCANO

Quattr'anni, o poco svario.

METILDA
(ad Idalba)

E tu come lo sai?

IDALBA

Vorrei poterti dir tutto il contrario.

METILDA

Hai d'Henrico veduto, o pur udito

il miserabil fine?

IDALBA

Egualmente percossa

ho la vista, e la mente

da quest'aspro accidente:

e se dai fede ai pianti

credilo agli occhi miei più ch'a la bocca.

 
(qui giunge Errea piangendo)

<- Errea

 

ERREA

Tutta mi struggo in lacrime  

son morta di dolor.

ALMARO

E perché piangi?

ERREA

Ch'ognun cominci a piangere;

mi sento l'alma a frangere,

è morto il mio signor.

METILDA

Come lo sai?

ERREA

Mentr'incerto, e confuso

tra speranza, e timore

ondeggiava il pensiero,

per via d'incanti ho penetrato il nero.

METILDA

E come hai fatto?

ERREA

I demoni costretti

m'hanno fatto veder fra tetri orrori

di carcere profondo

Henrico incatenato, e moribondo.

E se veder lo vuoi

lo mostrerem di nuovo a gli occhi tuoi.

METILDA

Per chiarirmi lo voglio:

ma se pecco in eccesso

di curioso zelo

all'amor coniugal perdoni il cielo.

 
Errea forma il circolo, e gira la verga in movimenti magici.
 

ERREA

Demoni che venite

da l'infernal voragine

a' miei carmi ubbidite:

ne la lor vera immagine

Henrico, e la prigion qui trasferite.

O demoni ubbidite!

 

ALMARO

Quest'orrida sventura

mi rasserena il cor.

IRCANO

Io son pieno di stupor.

EURILLO

Io di paura.

IDALBA

Rimorso, orror, dispetto.

METILDA

Tenerezza, e dolor.

METILDA E IDALBA

M'ingombra il petto.

ERREA

Vano dell'arte mia, non è l'effetto.

 

ERREA

O demoni ubbidite!

 
 
Mentre Errea replica «O demoni ubbidite» si va mutando la scena, e d'anticamera si fa squallida, e tenebrosa prigione, dov'appare l'immagine d'Henrico languente, e sanguinoso fra le catene, ed avanti li spettatori, che restano attoniti, così parla.

 Q 

 

Scena decima

S'osservi che non è Henrico che parla; ma il diavolo con sensi empi, e sacrileghi.

<- Henrico

 

HENRICO

Morirò fra strazi, e scempi,    

e dirassi ingiusti dèi

che salvando i vostri tempi

io per voi tutto perdei.

S

Sfondo schermo () ()

 

HENRICO

Chi vorrà da qui innanzi  

per la causa del ciel sacrificarsi,

se tali son de la pietà gl'avanzi?

Chi per la libertà de' vostri altari

esporrà libertà, vita, ed impero,

se date la vittoria a chi v'offende,

e lasciate perir chi vi difende?

Ma di chi t'abbandona

lascia Henrico la cura, e solo pensa

a l'amata consorte:

o Metilda, Metilda

non m'affligge il morire,

perché è 'l fin d'ogni male:

il mio più fier martire,

e la pena maggior de l'altre pene

è che perdendo te perdo ogni bene.

Ti lascio in congiunture

pericolose, e dure.

Se m'ami, ama lo stato,

turbato, e disunito:

cerca un degno marito,

che t'ami, e ti difenda. Il mio decoro,

la sicurezza tua... ma più non posso

dirti Metilda... Addio, ti bacio, e moro.

 
 
 
Qui sparisce la prigione, e ritorna la prima scena dell'anticamera.

Henrico ->

 Q 

 

Scena undicesima

Tutti i sopradetti.

 

ERREA

Qui rimanga chi vuol io scampo via;  

non ebbi tal paura in vita mia.

IDALBA

Sol di me stessa ho da dolermi ahi lassa,

se per giovar altrui

de le miserie mie la fabra io fui.

 

IRCANO

Di questi affetti tuoi  

così sanar ti puoi:

non rompe chi spera

i lacci d'amor,

allor che dispera

si libera un cor.

Idalba, Ircano, Eurillo ->

 

Scena dodicesima

Metilda, Errea, Almaro.

 

METILDA

S'eccessivo è 'l tormento  

a cui mi condannate o stelle infide,

perché viver mi lascia, e non m'uccide?

ERREA

Risento al par di te l'acerbo colpo

ma non rimedia punto

a sì vivo martire

il disperarsi ed il voler morire.

ALMARO

Asciuga i tuoi begli occhi

e questa tenerezza

che piange un morto amore

s'impieghi a ravvivar chi per te more.

METILDA

E ti par tempo Almaro

di parlarmi d'amor?

ALMARO

In tempi a punto

perigliosi, e funesti

cercar marito, e difensor dovresti,

s'al desir de' vassalli,

s'a l'amor mio contrasti,

devi almen ubbidir chi tanto amasti.

ERREA

Te ne supplica Errea, lo stato, Almaro,

lo vuol Henrico stesso. A tanti preghi

meritata mercé più non si neghi.

 

METILDA

Ossa care illustri ceneri  

sempre sempre io v'amerò:

e gli affetti miei più teneri

sol a voi consacrerò.

 

ALMARO

Vuoi dunque ch'anch'io mora?  

ERREA

Consolalo signora.

METILDA

Almaro al tuo valor io devo assai,

de l'amor non mi curo:

s'a seguir le tue voglie

costringo il cor pudico,

lo faccio sol per ubbidir Henrico.

Metilda ->

 

Scena tredicesima

Almaro ed Errea.

 

ALMARO

Che non ti devo Errea? se spiro, e vivo  

al tuo favor l'ascrivo.

ERREA

Vivi, e godi signor son tutta tua.

 

ALMARO

L'ingrata si rende  

e lascia il rigor;

in queste vicende

trionfa il mio cor.

Almaro ->

 

Scena quattordicesima

Errea.

 

 

Ho contentato Almaro,  

o se così mi contentasse Eurillo.

L'inquieto mio cor saria tranquillo.

 

Io consolo i cori amanti,  

ma per me non v'è pietà;

per domar l'alme sprezzanti

han più forza degli incanti

le malie della beltà.

Errea ->

 

Scena quindicesima

Idalba.

<- Idalba

 

Ne' stigi orrori  

alma non v'è

che s'addolori

al par di me.

 

 

Ardo d'ira, e d'amore  

odio Almaro, e me stessa;

che per amarlo troppo

ne' tradimenti suoi lo secondai.

Quante volte pensai

assalirlo, e svenarlo,

e quell'infido core,

che non posso co' gli occhi, aprir col ferro.

Pera (dicea tra me) quel mostro indegno

e di donna infiammata

se non cura l'amor provi lo sdegno;

se non conosce Idalba

ai vezzi, ai preghi, ai pianti,

che la conosca a le vendette almeno:

ma nel cor de gli amanti

quand'è sprone il furor, l'amor è freno.

 

Scena sedicesima

Ircano ed Idalba.

<- Ircano

 

IRCANO

E porti ancor vano desio nel seno?  

E non avranno fine i tuoi deliri?

Forse ti fe' nutrir l'invitto padre

fuor degli usi del sesso,

fra gli esercizi di guerriere squadre,

acciò poi si vedesse

arder d'un amor folle

la figlia sua degenerante, e molle?

IDALBA

Appunto ancor io penso a ciò che pensi:

voglio andar all'assalto;

mostrar in quel cimento

ch'ho petto ed ardimento,

che son figlia d'augusto, e che le stelle

non mi dier petto imbelle.

IRCANO

Io non approvo

impeto così strano.

IDALBA

V'anderò senza Ircano.

IRCANO

E sola crederai.

IDALBA

Tu non m'impedirai.

IRCANO

Una figlia nel campo, e senza scorta?

IDALBA

Quest'a me poco importa.

IRCANO

Farai tal disonor al sangue svevo?

IDALBA

Farò quel che mi piace.

IRCANO

Io quel che devo.

 

La sfrenata gioventù  

quand'il senso la flagella

la ragion non ode più.

Scuote il giogo, e si ribella

a la gloria, a la virtù.

 

Ircano, Idalba ->

 

Scena diciassettesima

Monte Calcario.
Una nube porta Henrico col leone sopra quel monte.

 Q 

<- Henrico

 

HENRICO

Dopo tanti perigli  

un genio tutelare

per insolite strade

mi rende al fin a le natie contrade;

negli estremi bisogni

giungo ancor opportuno

per assister lo stato

e consolar Metilda. Alfin placati

si cangeranno i fati, e men rubelle

gl'influssi lor mitigheran le stelle,

ma stanche ed aggravate

a gl'inviti del sonno

resister le mie luci omai non ponno.

(cominciando ad addormentarsi)

Dolce oblio de le sventure

che ristori

stanche membra, afflitti cori,

porgi pace a le mie cure:

vieni pure dolce oblio...

 
S'addormenta Henrico; appare un Demone con disegno di rapirlo dormendo.
 

Scena diciottesima

Demone, Henrico.

<- Demone

 

DEMONE

Il mio nemico a punto  

è dove l'attendevo;

tanto lo seguitai ch'al fin l'ho giunto.

Qui non gli gioveranno i numi amici,

s'in Asia vigilò per farmi guerra,

lo coglierò dormendo

e passerà per le tartaree porte

da breve sonno ad una eterna morte.

 
Avvicinandosi il Demone il leone rugge, Henrico si sveglia, e salta in piedi.
 

HENRICO

Che veggo? ero sorpreso

s'il leon non ruggia!

 
Il Demone leva in aria il leone, e lo lascia cadere, e gli rompe una coscia. Henrico l'accarezza, e conduce seco.
 

DEMONE

Belva indiscreta

tu me la pagherai. Fiaccati il collo.

Che terribile tracollo!

HENRICO

Io porgerò soccorso

al mal, che per me soffri.

Vieni fido leone.

(voltandosi al Demone e partendo)

Tu non trionfi ancor spirto fellone.

DEMONE

Mi fuggirà la preda,

quando ne le mie reti io la credea?

E prenderan gli egri mortali a scherno

il poter de l'inferno?

S'armi per vendicar l'ingiurie mie

quant'ha d'ingiusto, e d'orrido la guerra;

si desoli la terra:

furori, e tirannie

con incendi, con morti, e con rapine

turbin le cose umane, e le divine.

 

Pigri spirti che fate là giù?  

Si sconvolga, e getti il mondo

in discordia e servitù.

Furie, e vizi venite qua su,

fuor de l'erebo profondo

per far guerra a la virtù.

Sfondo schermo () ()

 
Escono di sotto terra vari Spirti che rappresentano le passioni con i vizi, e fanno un balletto, che finisce il second'atto.
 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Anticamera di Metilda.

Eurillo
 

Padron miglior del mio

Eurillo
<- Errea

Il servir innamorati

Eurillo, Errea ->
<- Almaro, Idalba

Non mi negar aita

Almaro, Idalba
<- Ircano

(Ircano senz'essere osservato)

Incontro qui gli amanti

Metilda ha l'amor mio

(Ircano si scopre)

Idalba
Almaro, Ircano ->

Sì sì risolvo al fin servir l'ingrato

Idalba ->
<- Metilda

Dopo sì crudi influssi

Metilda
<- Almaro, Eurillo

Donna real, se da l'eroiche prove

Metilda, Almaro
Eurillo ->

Sfronda il gel con duri oltraggi

Metilda, Almaro
<- Ircano, Idalba, Eurillo

Voglio che tu mi narri

Metilda, Almaro, Ircano, Idalba, Eurillo
<- Errea

Tutta mi struggo in lacrime

Squallida, e tenebrosa prigione.

(appare l'imagine d'Henrico languente)

Metilda, Almaro, Ircano, Idalba, Eurillo, Errea
<- Henrico

Chi vorrà da qui innanzi

Metilda, Almaro, Ircano, Idalba, Eurillo, Errea
Henrico ->

Ritorna la prima scena dell'anticamera.

Qui rimanga chi vuol io scampo via

Metilda, Almaro, Errea
Idalba, Ircano, Eurillo ->

S'eccesivo è 'l tormento

Vuoi dunque ch'anch'io mora?

Almaro, Errea
Metilda ->

Che non ti devo Errea?

Errea
Almaro ->

Ho contentato Almaro

Errea ->
<- Idalba

Ardo d'ira, e d'amore

Idalba
<- Ircano

E porti ancor vano desio nel seno?

Ircano, Idalba ->

Monte Calcario.

(una nube porta Henrico col leone)

<- Henrico

Dopo tanti perigli

(s'addormenta Henrico; appare un Demone con disegno di rapirlo)

Henrico
<- Demone

Il mio nemico a punto

(il leone rugge, Henrico si sveglia)

(il demone leva in aria il leone, e lo lascia cadere)

(di sotto terra escono vari spirti, e fanno un balletto)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima
Spiaggia del Mediterraneo con mare tempestoso. Atrio del palazzo ducale in Luneburgo. Giardino reale. Deserto con alberi e nido di grifone. Anticamera di Metilda. Squallida, e tenebrosa prigione. Ritorna la prima scena dell'anticamera. Monte Calcario. Sala reale con apparato di convito nuziale. Bardevico assediata. Porta della città di Luneburgo.
Atto primo Atto terzo

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