Atto unico

 
[N. 1 - Sinfonia e Introduzione]

 N 

 

Scena prima

Sala in un albergo di campagna, che introduce in diverse stanze numerate. Notte oscura e tempestosa.
Don Parmenione, che mangia e beve ad una tavola rusticamente imbandita e rischiarata da un lucerniere: Martino seduto in disparte, che approfitta dei di lui avanzi, malgrado lo spavento che soffre al fragore dei tuoni, ed al chiaror dei lampi.

 Q 

Parmenione, Martino

 

PARMENIONE

Frema in cielo il nembo irato,  

scoppi il tuono e fischi il vento;

che qui placido e contento

io mi voglio ristorar.

Quanto è dolce il mar turbato

dalle sponde il contemplar!

 
(tuoni)
 

MARTINO
(si spaventa)

Ah saette maledette,

deh lasciatemi mangiar!

PARMENIONE

Cos'è stato?

MARTINO

Eh niente, niente.

PARMENIONE

Ma tu tremi.

MARTINO

Ah! non signore.

PARMENIONE

Tien, e mangia allegramente.

MARTINO

Tante grazie...

 
(tuono)
 

 

Ohimè, che orrore!

(lascia cadere il piatto ricevuto dal padrone e vuol fuggire)

PARMENIONE

Senti, olà!

MARTINO

(si ferma)

Che comandate?

PARMENIONE

Dove vai?

MARTINO

Non m'arrestate.

PARMENIONE

Scaccia, bestia, il tuo timore.

MARTINO

Non vi posso contentar.

PARMENIONE

Cosa fai là sciocco in piè?

Siedi qui vicino a me.

Se anche vedi il ciel cascar,

mangia, bevi e non badar.

MARTINO

Voi morir mi fate affé,

o seduto, o stando in piè.

Par che debba il ciel cascar.

Come posso non tremar?

 
(Don Parmenione sforza il suo servo a sedere vicino a lui, facendolo tacere e mangiare, per quanto è possibile, tranquillamente)
 

Scena seconda

Il conte Alberto, accompagnato da un Domestico, il quale, dopo aver gettato la valigia del padrone a canto a quella di don Parmenione, si addormenta sopra una panca, e detti.

<- Alberto, domestico

 

ALBERTO

Il tuo rigore insano,  

fiero destin, sospendi:

quel dio d'amore offendi,

che scorta mia si fa.

Tu gli elementi invano

a danno mio fomenti;

di te, degli elementi

amor trionferà.

 
(tuono e lampo)
 

MARTINO

Misericordia!... Aiuto!

(cade con la sedia)

ALBERTO

Chi è là?

PARMENIONE

Siam noi.

ALBERTO

Chi siete?

PARMENIONE

Dal tempo trattenuto

qui un forestier vedete.

ALBERTO

E la cagion medesima

me pur condotto ha qua.

MARTINO

E chi sa quando il diavolo

da qui ci porterà!

PARMENIONE

Dunque facciamo un brindisi

con questo vin perfetto.

ALBERTO

L'amico invito accetto

di vostra urbanità.

 
(stando in piedi empiono i bicchieri, mentre timoroso Martino sta in disparte osservandoli)
 

PARMENIONE E ALBERTO

Viva Bacco il dio del vino,  

viva il sesso femminino!

che al piacer ogn'alma desta,

che fa i cori giubilar;

e anche in mezzo alla tempesta

sa i perigli disprezzar.

MARTINO

Che terribile destino

a tai pazzi star vicino!

Riscaldata han già la testa

non san più cos'han da far;

ma già un fulmine la festa

viene or ora a terminar.

 
(toccano i bicchieri, e li vuotano, poi si rimettono a sedere)
 

ALBERTO

Grato conforto è l'incontrar per viaggio  

un passeggier cortese!

PARMENIONE

Il fortunato

in caso tal son io.

ALBERTO

Bene obbligato.

Se v'aggrada, possiamo

a Napoli recarci in compagnia.

PARMENIONE

Quella, signor, non è la strada mia.

MARTINO

Come!

PARMENIONE

A che c'entri tu?

ALBERTO

Me ne dispiace;

perché in paese ignoto

fra tanta oscurità può facilmente

l'un per l'altro cammin prendere in fallo,

chi solo, come me, viaggia a cavallo.

PARMENIONE

Esser deve l'affar di gran premura,

che a Napoli vi chiama.

ALBERTO

Un matrimonio.

PARMENIONE

Bravo!

ALBERTO

Certo.

PARMENIONE

La sposa

voi conoscete?

ALBERTO

Ohibò. Molto impaziente

sono anzi di vederla, e giacché parmi,

che la tempesta omai sia per finire,

con vostra permission voglio partire.

PARMENIONE

Come v'aggrada.

MARTINO

E noi?

PARMENIONE

Taci.

ALBERTO

Su presto

le valigie riprendi, andiam, che ho fretta.

Vi ringrazio di nuovo, e vi saluto.

PARMENIONE

Mille felicità.

ALBERTO

Molto tenuto.

 
(Alberto scuote il suo servo, che non ben desto ancora, prende senza avvedersi la valigia dell'altro forestiere per quella del suo padrone, e lentamente con lui s'allontana)

Alberto, domestico ->

 

Scena terza

Parmenione, Martino.

 

MARTINO

E noi qui che facciam?  

PARMENIONE

Noi partiremo.

MARTINO

Per Napoli?

PARMENIONE

Si sa.

MARTINO

Ma perché dire

di non volerci andar, perché con l'altro

uniti non ci siam?

PARMENIONE

Perché non voglio

far sapere ad ognuno i fatti miei,

perché soffrir non posso,

d'andar con chi può farmi i conti addosso.

MARTINO

Sarà bene così.

PARMENIONE

Paghiamo il conto,

e poi si vada.

 
(va per aprire la valigia, dove tiene il denaro)
 

MARTINO

A meraviglia.

PARMENIONE

Oh bella!

 
(si sforza inutilmente d'aprir la valigia)
 

MARTINO

Cos'è?

PARMENIONE

Per tua indolenza il forestiere

con la valigia sua cambiò la mia.

MARTINO

Credo, che un mal per voi questo non sia.

PARMENIONE

Che dici?

MARTINO

Eh c'intendiam.

PARMENIONE

Presto, va'...

MARTINO

Dove?

PARMENIONE

Le mie carte... il denaro... il passaporto...

Corri...

MARTINO

Ma dove mai?

PARMENIONE

Corri a cercarlo.

MARTINO

Nel suo galoppo, al buio ove trovarlo?

PARMENIONE

Ma intanto?...

MARTINO

Intanto approfittar bisogna

del favor della sorte.

PARMENIONE

E vuoi?...

MARTINO

Lasciate,

ch'ei sia l'indagator di tal scoperta.

PARMENIONE

Cosa fai?

MARTINO

Cosa faccio? Eccola aperta.

 
(spezza il lucchetto, strappa la catena ed apre la valigia)
 

PARMENIONE

Oh che ribaldo!

MARTINO

Zitto: ecco una borsa.

PARMENIONE

Lascia star...

MARTINO

Quante gioie! Oh! oh! un ritratto.

PARMENIONE

Mostralo.

MARTINO

Che vi par?

PARMENIONE

Che bella cosa!

MARTINO

Chi diavolo sarà?

PARMENIONE

Quest'è la sposa.

MARTINO

Buono! Qui c'è un grand'abito da gala.

PARMENIONE

Oh, che vaga, e gentil fisionomia!

MARTINO

Che fina biancheria!

PARMENIONE

M'incanta.

MARTINO

Un passaporto...

PARMENIONE

Un passaporto!

(lo prende)

MARTINO

Certo: e molte cambiali. Io ve l'ho detto,

che non vi pentirete.

PARMENIONE

Oh che bel colpo!

Più resister non posso.

MARTINO

Ebben?...

PARMENIONE

Si faccia.

MARTINO

Come!

PARMENIONE

Riponi presto entro ogni cosa.

MARTINO

E volete?...

PARMENIONE

Per me voglio la sposa.

 
[N. 2 - Aria]

 N 

PARMENIONE

Che sorte, che accidente,  

che sbaglio fortunato!

Amor mi vuol beato,

ed io ringrazio amor.

Martino, allegramente!

andiamo a farci onor.

MARTINO

Ma come?...

PARMENIONE

Che scioccone!

Non sai capir?

MARTINO

Che cosa?

PARMENIONE

Osserva che boccone,

che pasta deliziosa

considera il mio cor.

MARTINO

Piuttosto d'un bastone

vi toccherà il favor.

PARMENIONE

Che bestia, che buffone,

che ignobile timor!

D'arrogarsi un nome finto  

veramente il passo è ardito,

e può mettermi in procinto

di mangiare il pan pentito;

ma se l'oro all'altro io rendo,

se rinunzio a ogn'altro effetto,

l'interesse non offendo,

non pregiudico l'onor.

E poi questo bel visetto

fa scusabile ogni error.

 

MARTINO

Ebben don Parmenione?...  

PARMENIONE

Io sono il conte Alberto.

MARTINO

Alberto voi?

PARMENIONE

Sì certo.

È questo il passaporto,  

che mi conduce in porto;

è questo il gran ricapito,

che ha sottoscritto amor.

 

MARTINO

Ma per pietà...

PARMENIONE

Finiscila...

 

Non odo i tuoi consigli,

non curo più perigli:

amore bricconcello,

m'ha colto nel cervello;

e questa cara immagine

mi pizzica, mi stuzzica,

in petto mi fa crescere

dall'allegrezza il cor.

 
(Martino ripone tutti gli effetti nella valigia, e portandola seco, segue il padrone, che pieno d'entusiasmo lo ha preceduto)

Parmenione, Martino ->

 
 

Scena quarta

Grand'atrio terreno in casa della marchesa elegantemente addobbato, con ampio verone di prospetto, che mette nel giardino, e con varie porte laterali, che introducono ai rispettivi loro appartamenti.
Don Eusebio, Ernestina, Servi.

 Q 

Eusebio, Ernestina, servi

 

EUSEBIO

Non lo permetto.  

ERNESTINA

Il mio dover...

EUSEBIO

Scusate:

dell'urbano trattar so la maniera.

ERNESTINA

Ma in questa casa io son per cameriera.

EUSEBIO

Il caso vostro esige

rispetto, e compassione, e mia nipote

sua compagna vi chiama, e non sua serva.

ERNESTINA

So, che molta bontà per me conserva,

ma in circostanze tali...

EUSEBIO

È ver, si tratta

d'un sposalizio in grande;

e lo sposo da noi splendidamente

oggi si accoglierà.

ERNESTINA

Dunque...

EUSEBIO

Per questo

in uffizi servili il vostro grado

non dovete abbassar; ché se vi piace

manifestar per noi qualche premura,

agli altri il comandar sia vostra cura.

ERNESTINA

Ebben, permetterete?...

EUSEBIO

Anzi: a voi, presto

attenti i cenni suoi tutti ascoltate

e quanto essa dirà, fate e disfate.

(via)

Eusebio ->

 

ERNESTINA

Eppur del mio destino  

non mi posso lagnar, se in mezzo a tante

mie sciagure infinite...

Basta, non ci pensiam: voi mi seguite.

 
(parte coi servi)

Ernestina, servi ->

 

Scena quinta

Berenice, indi Ernestina, e detta.

<- Berenice

 
[N. 3 - Cavatina]

 N 

BERENICE

Vicino è il momento,    

che sposa sarò.

Eppure contento

il core non ho.

Il solito ardire

non trovo più in me,

mi sento languire,

né intendo perché.

Mal dal timore oppressa

la mia ragion non resti:

arbitra di sé stessa

l'anima mia si desti;

e ceda solo ai palpiti

d'un corrisposto amor.

S

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Sposarsi ad un, che non s'è mai veduto,  

senza saper, se brutto, o bello ei sia,

mi sembra una pazzia;

ma un certo non so che se in lui non trovo,

che col mio modo di pensar combina...

 

<- Ernestina

 

Oh, te appunto io volea, cara Ernestina!  

ERNESTINA

Comandate.

BERENICE

Io per te non ho comandi.

ERNESTINA

Ma almen...

BERENICE

Già sai che al figlio d'un suo amico

il mio buon genitor pria di morire

destinò la mia man.

ERNESTINA

Lo intesi a dire.

BERENICE

E sai, che dopo i viaggi suoi lontani

questo sposo a me ignoto

oggi qui giungerà?

ERNESTINA

Ciò pur m'è noto.

BERENICE

Nell'incertezza, ch'ei mi piaccia, e ch'io

a lui possa piacer, mia dolce amica,

ho bisogno di te.

ERNESTINA

Parlate.

BERENICE

Io voglio

cambiar teco di nome.

ERNESTINA

In qual maniera?

BERENICE

Diventando tu sposa, io cameriera.

ERNESTINA

Che dirà vostro zio?

BERENICE

Con noi d'accordo

seconderà il progetto.

ERNESTINA

E qual motivo

v'induce?

BERENICE

E che, non lo conosci ancora?

Di noi due vo' scoprir chi l'innamora.

ERNESTINA

Pensate...

BERENICE

Ho già pensato.

ERNESTINA

Un tal pretesto...

BERENICE

Tu pensa a compiacermi, io penso al resto.

 

Berenice, Ernestina ->

 

Scena sesta

Don Parmenione in abito da gala, e Martino.

<- Parmenione, Martino

 

PARMENIONE

Eccomi al gran cimento.  

MARTINO

Aiuto!

PARMENIONE

Cosa fai?

MARTINO

Tremo all'aspetto

della tempesta, che per noi s'imbruna.

PARMENIONE

Eh, bisogna arrischiar, per far fortuna.

MARTINO

Ma se...

PARMENIONE

Taci, ubbidisci, e fa', che ognuno

sia dell'arrivo tuo tosto informato.

MARTINO

Già non guarisce mai, chi pazzo è nato.

(via)

Martino ->

 

PARMENIONE

L'unico dubbio mio sta nel sapere,  

se sono il preceduto, o il precedente;

ma d'ogni inconveniente

mi trarran questi fogli: e giacché a tutto

son pronto a rinunziar, fuorché alla sposa,

non sarà il fallo mio, poi sì gran cosa.

Chi mai s'avanza? È dessa... oh che portento!

Fatti onor Parmenione, il primo omaggio

si vada a tributarle.

 

Scena settima

Ernestina, e Parmenione

<- Ernestina

 

ERNESTINA

(Alma coraggio!)  

 
[N. 4 - Quintetto]

 N 

 

PARMENIONE

Quel gentil, quel vago oggetto,    

che a voi sposo il ciel destina,

tutto foco s'avvicina

alla cara sua metà.

S

ERNESTINA

Io m'inchino con rispetto

alla vostra civiltà.

PARMENIONE

(Non s'accorda col ritratto.)

ERNESTINA

(È bizzarro, ma grazioso.)

PARMENIONE

(Eh non serve! il colpo è fatto.)

ERNESTINA

(S'egli fosse almen mio sposo.)

ERNESTINA E PARMENIONE

(Ma non parla?... Cosa fa?...)

PARMENIONE

Marchesina!

ERNESTINA

Mio contino!

PARMENIONE

Io son qui.

ERNESTINA

Qui sono anch'io.

PARMENIONE

Posso?...

ERNESTINA

Andiamo da mio zio,

che al vedervi esulterà.

PARMENIONE

Con voi sono, a voi m'arrendo

lucidissima mia stella!

qual s'arrende il pulcinella

a chi muovere lo fa.

ERNESTINA

(Più lo guardo, più m'accendo

a quel garbo, a tanto brio.)

Andiam presto da mio zio,

che al vedervi esulterà.

 
(via)

Parmenione, Ernestina ->

 

Scena ottava

Alberto, e Berenice da parti opposte incontrandosi.

<- Alberto, Berenice

 

ALBERTO

Se non m'inganna il core  

coi palpiti, ch'io provo,

quella beltà in voi trovo,

che sposa mia sarà.

BERENICE

Degna d'un tanto onore

no, mio signor, non sono;

altra l'illustre dono

di vostra man godrà.

ALBERTO

Come?

BERENICE

Vi ho detto il vero.

ALBERTO

Dunque?...

BERENICE

In error voi siete.

ALBERTO

Ma voi?...

BERENICE

Non conto un zero.

ALBERTO

La sposa mia?...

BERENICE

Vedrete.

ALBERTO

Mi sembra un impossibile.

BERENICE

Vero vi sembrerà.

ALBERTO

Oh sventurato errore,

oh perdita affannosa!

Perché non è mia sposa

questa gentil beltà?

BERENICE

Oh generoso amore,

oh mio destin beato!

Sposo di lui più grato

l'alma bramar non sa.

 

Scena nona

Don Eusebio, e detti, indi don Parmenione con Ernestina.

<- Eusebio

 

EUSEBIO

Dov'è questo sposo?  

BERENICE

È qui per l'appunto.

EUSEBIO

Oh siete alfin giunto!

ALBERTO

Vi son servitor.

 

<- Parmenione, Ernestina

PARMENIONE

Dov'è questo zio?

ERNESTINA

È lì, no 'l vedete?

PARMENIONE

Oh alfin permettete...

EUSEBIO

Chi siete signor?

PARMENIONE

Io son don Alberto

or vostro parente.

BERENICE

Voi proprio?

PARMENIONE

Sì certo.

ALBERTO

Ed io?...

PARMENIONE

Non so niente.

BERENICE, ERNESTINA E EUSEBIO

Che strana sorpresa,

che caso inaudito!

Chi è il vero marito,

chi è mai l'impostor?

ALBERTO E PARMENIONE

Ravviso il rivale,

conosco l'imbroglio;

ma ardito esser voglio,

qui vano è il timor.

EUSEBIO

Orsù, spiegatevi.

ALBERTO, PARMENIONE

Cosa ho da dire?

BERENICE

Legittimatevi.

ERNESTINA

Fate sentire...

ALBERTO

Io son lo sposo.

PARMENIONE

Quello son io.

EUSEBIO

Le prove io voglio, perché son zio.

PARMENIONE

Le prove? Subito: eccole qua.

ALBERTO

Le prove? Oh perfida temerità!

EUSEBIO

Tutto va in regola.

PARMENIONE

Mi son spiegato.

BERENICE E ERNESTINA

Voi state mutolo.

ALBERTO

Sono ingannato.

PARMENIONE

Non gli credete, non gli badate;

queste son frottole male inventate.

Ch'io son lo sposo provato è già.

EUSEBIO

Dunque lasciateci in libertà.

ALBERTO

La mia valigia, gli effetti miei

prima tu rendere, vile, mi déi,

e poi del resto si parlerà.

EUSEBIO

Dunque lasciateci in libertà.

ALBERTO

Spoglia quell'abito.

PARMENIONE

Meglio parlate.

EUSEBIO

Questa è una cabala.

PARMENIONE

Non v'alterate.

EUSEBIO

Posso...

PARMENIONE

Tacete.

ALBERTO

Voglio...

PARMENIONE

Finite.

EUSEBIO

Sono...

PARMENIONE

Cedete.

ALBERTO

Sento...

PARMENIONE

Partite.

BERENICE E ERNESTINA

Ma via calmatevi per carità.

TUTTI

Di tanto equivoco, di tal disordine  

nel cupo, orribile, confuso vortice

urta, precipita, s'avvolge, rotola,

perduto il cerebro per aria va.

Ma si dissimuli, che senza strepito

già tutto in seguito si scoprirà.

 

Alberto, Berenice, Eusebio, Parmenione, Ernestina ->

 

Scena decima

Martino, poi don Eusebio.

<- Martino

 

MARTINO

Non so più cosa far. Cauto m'impone  

il timor del bastone

d'evitar chi si sia: vuol l'appetito,

che ad incontrar qualche pagnotta io vada;

onde trovando, o non trovando alcuno,

bastonato morir devo, o digiuno.

 

<- Eusebio

EUSEBIO

Voi chi siete?

MARTINO

(Ecco il caso.)

EUSEBIO

Ebben?

MARTINO

Signore!...

Io sono il servitore...

EUSEBIO

Del forestiero?

MARTINO

Appunto.

EUSEBIO

E qui che fate?

MARTINO

Io? Niente.

EUSEBIO

Dunque andate.

MARTINO

Vorrei...

EUSEBIO

Non serve il replicar.

MARTINO

Ma almeno...

EUSEBIO

Andate dico.

MARTINO

E dove?

EUSEBIO

Oh che insensato!

in cucina a mangiar.

MARTINO

(Ripiglio fiato.)

 
(via)

Martino, Eusebio ->

 

Scena undicesima

Ernestina, indi Alberto.

<- Ernestina

 
[N. 5 - Recitativo ed Aria]

 N 

 

ERNESTINA

Oh qual destino è il mio! Perdo un ingrato  

che mi sedusse: a vagheggiarmi un nuovo

amante arriva, e questi...

 

<- Alberto

ALBERTO

Oh alfin vi trovo!  

ERNESTINA

Che cercate, signor?

ALBERTO

Ragione io cerco

dell'insulto sofferto.

ERNESTINA

E sostenete ancor?...

ALBERTO

D'essere Alberto.

ERNESTINA

Il vostro ardir...

ALBERTO

È quell'ardir, che nasce

dal vero onor. Da un impostor tradito,

dall'apparenza condannato io sono;

ma il dritto mio, lo sbaglio vostro in breve

risarcito sarà.

ERNESTINA

Qualunque dritto

meco, signor, voi richiamate invano,

che vostra esser non può mai questa mano.

ALBERTO

Voi dunque in mio danno

i torti vostri agli altrui torti unite?

Se un preventivo, e fortunato affetto

occupa il vostro cor, approvo, e lodo

sì bella ingenuità; ma se v'induce

un error tanto ingiusto ad insultarmi,

trovar la via saprò di vendicarmi.

 

D'ogni più sacro impegno  

sciolta pur sia la fede,

amor da voi non chiede

chi amor per voi non ha.

Pèra, chi vuol costringere

d'un cor la libertà.

Ma se un sospetto indegno

di soverchiarmi intende,

quel generoso sdegno,

che il mio decoro accende,

dalla ragione armato,

un vano ardir confondere,

e impallidir farà.

(parte)

Alberto ->

 

ERNESTINA

Quei fermi accenti, quel sicuro aspetto  

nel mirar, nel sentire,

impossibile par ch'abbia a mentire.

 

Ernestina ->

 

Scena dodicesima

Berenice, indi don Parmenione.

<- Berenice

 
[N. 6 - Duetto]

 N 

 

BERENICE

Per conoscere l'inganno, un espediente  

chi m'insegna a trovar? Ho un gran sospetto,

che questo sposo un temerario sia,

un basso avventuriere;

ma il vero come mai si può sapere?

 

<- Parmenione

PARMENIONE

(Fino adesso va ben.)  

BERENICE

(Voglio provarmi.)

PARMENIONE

Oh! chi vedo?

BERENICE

(inchinandosi)

Signor!...

PARMENIONE

Brava, ragazza:

tu mi piaci.

BERENICE

Davver?

PARMENIONE

Certo: e se trovo

in te condotta, e abilità discreta,

della mia protezione

forse ti onorerò.

BERENICE

(Che mascalzone!)

PARMENIONE

Cosa?

BERENICE

Troppo favore.

PARMENIONE

Io già ho fissato,

dopo il mio sposalizio,

di tener varie donne al mio servizio;

onde...

BERENICE

Dopo?

PARMENIONE

Si sa.

BERENICE

Badate bene

a quel proverbio, che facendo il conto

senza l'oste, talvolta

si va a rischio di farlo un'altra volta.

PARMENIONE

Olà! Men confidenza: e se ti preme

di stare in questa casa,

bada di non mi far mai la dottora,

o ch'io...

BERENICE

Signor! Non siete sposo ancora.

PARMENIONE

Se no 'l son, lo sarò.

BERENICE

Ci son dei dubbi.

PARMENIONE

Quai dubbi?

BERENICE

Che appianar prima dovete,

e poi ci parlerem.

PARMENIONE

Come! in tal guisa

una vil serva in faccia mia favella,

e non trema?

BERENICE

Sbagliate: io non son quella.

PARMENIONE

E chi sei dunque?

BERENICE

Io sono un farfarello,

che girar fa 'l cervello

a chi non ha giudizio.

PARMENIONE

Orsù! T'accheta,

lasciami.

BERENICE

Io son...

PARMENIONE

Via dillo, in tua malora.

BERENICE

Io sono...

PARMENIONE

Una servaccia ardimentosa.

BERENICE

Oh! tutt'altro, signore: io son ~ la sposa.

 

PARMENIONE

Voi la sposa!    

S

BERENICE

Appunto io stessa.

PARMENIONE

Ma quell'altra?

BERENICE

È mia sorella.

PARMENIONE

(Se ciò ver, l'ho fatta bella.)

BERENICE

(S'incomincia a imbarazzar.)

 

PARMENIONE

D'un parlar sì stravagante

non son molto persuaso;

pur se quella siete a caso,

il mio sbaglio è da scusar.

BERENICE

Per un vero, e gran birbante

presso ognun qui voi passate;

ma il contrario se provate,

anch'io so quel ch'ho da far.

 

PARMENIONE

Le mie lettere...

BERENICE

Ho vedute.

PARMENIONE

I ricapiti?...

BERENICE

Li ho letti.

PARMENIONE

Quai son dunque i miei difetti?

BERENICE

Or vi voglio esaminar.

Il padre vostro si porta bene?

PARMENIONE

Egli sanissimo è sempre stato.

BERENICE

Ma se ci ha scritto, ch'era ammalato?

PARMENIONE

Egli ha voluto così scherzar.

BERENICE

Come si chiama vostra sorella?

PARMENIONE

Ha un brutto nome, detta è Pandora.

BERENICE

Nelle sue lettere si scrive Aurora.

PARMENIONE

Io la più giovine volli indicar.

BERENICE

E del processo che nuove avete?

PARMENIONE

Il tribunale ci dà ragione.

BERENICE

Ma qual è il punto della questione?

PARMENIONE

Non so spiegarvelo, lungo è l'affar.

 

BERENICE

(Non c'è più equivoco, mi trovo a segno,

scoperto è il perfido vile impostore.

Un foco, un impeto mi sento in core,

non so la collera dissimular.)

PARMENIONE

(Sempre più critico divien l'impegno,

d'un passo simile quasi mi pento:

un certo brivido al cor mi sento,

ma forza e spirito convien mostrar.)

 

BERENICE

E così, contino mio?  

PARMENIONE

Cosa far per voi poss'io?

BERENICE

Mi saluti il genitore.

PARMENIONE

Lo farò con tutto il core.

BERENICE

E la cara sua sorella?

PARMENIONE

Sempre è buona quanto bella.

BERENICE

Guadagnato è già il processo?

PARMENIONE

Così almen mi fu promesso.

BERENICE

Dunque tutto va a dovere?

PARMENIONE

Tutto va, come ha d'andar.

 

BERENICE

Ah uomo petulante,  

incomodo, arrogante!

cessate di mentire,

scoperto è il vostro ardire;

voi siete un impostore,

un vile avventuriere,

e queste le maniere

non sono di trattar.

Per forza, o per amore

da qui dovrete andar.

 

PARMENIONE

Ragazza impertinente,

ridicola, imprudente!

A te non rendo conti,

da te non voglio affronti;

io sono un uom d'onore,

un cavalier son io,

so dire il fatto mio,

so il modo di trattar.

Per forza o per amore

mi voglio vendicar.

 

Berenice, Parmenione ->

 

Scena tredicesima

Don Eusebio, Ernestina, e Martino.

<- Eusebio, Ernestina, Martino

 

EUSEBIO

Qui non c'è scampo.  

ERNESTINA

Qui parlar bisogna.

MARTINO

Cosa ho da far?

EUSEBIO

La verità ci spiega.

MARTINO

La verità! Ma come mai, signore,

pretenderla si può da un servitore?

ERNESTINA

Meno pretesti.

EUSEBIO

Il tuo padron vogliamo

conoscere da te.

MARTINO

Vorrei...

ERNESTINA

Palesa

il suo nome.

MARTINO

Mi spiace.

EUSEBIO

Il suo casato...

MARTINO

V'assicuro...

ERNESTINA

Il suo stato...

EUSEBIO

Quel che fa.

ERNESTINA

Quel che pensa.

MARTINO

E voi bramate?...

ERNESTINA

Tutto scoprir da te.

MARTINO

Dunque ascoltate...

 
[N. 7 - Aria]

 N 

Il mio padrone è un uomo,    

ogun che il vede il sa:

rassembra un galantuomo,

e forse tal sarà.

Vecchio non è, né giovine,

né brutto, né avvenente,

non è un villan, né un principe,

né ricco, né indigente.

È in somma un di quegli esseri

comuni in società.

Portato è per le femmine,

gli piace il vino, e il gioco,

amante è di far debiti,

ma di pagarli poco;

tutto censura, e critica,

benché sia un ignorante,

con tutti fa il sensibile,

ma di sé solo è amante,

procura ognor di vivere

in pace, e in sanità;

è in somma di quegli esseri

comuni in società.

(fugge)

S

Sfondo schermo () ()

Martino ->

 

EUSEBIO

Senti, aspetta, ove vai?  

(lo insegue)

Eusebio ->

 

ERNESTINA

Se fosse vero,  

ciò che vero pur sembra, io spererei

di vedere appagati i voti miei.

(parte)

Ernestina ->

 

Scena quattordicesima

Don Parmenione, ed Alberto incontrandosi.

<- Parmenione, Alberto

 

ALBERTO

Voi qui appunto io cercava.  

PARMENIONE

Ed io correva

giusto in traccia di voi.

ALBERTO

Dopo l'eccesso

della vostra impostura

non arrossite ancor?

PARMENIONE

Dopo d'avermi

tolta la mia valigia

mostrate tanto ardir?

ALBERTO

Dei cenci vostri

io non ne so che far.

PARMENIONE

Io non mi curo

delle vostre ricchezze.

ALBERTO

Ebben, sul fatto

io le voglio.

PARMENIONE

Le avrete,

quando gli effetti miei mi renderete.

ALBERTO

E il finto nome, il compromesso onore,

gli ingiusti oltraggi, la mal tolta sposa

chiedon riparo.

PARMENIONE

Oh questa è un'altra cosa!

ALBERTO

Resistete?

PARMENIONE

Si sa.

ALBERTO

Così a un par mio?...

PARMENIONE

Un mio pari risponde.

ALBERTO

Soffrir non so...

PARMENIONE

Ceder non posso...

ALBERTO

Io giuro

che vi farò pentir.

PARMENIONE

Ed io protesto

che non mi pentirò.

 

Scena quindicesima

Berenice, e detti

<- Berenice

 

BERENICE

Qual chiasso è questo?  

PARMENIONE

Tu qui che vuoi?

BERENICE

Più flemma.

ALBERTO

(Oh quanto è bella!)

PARMENIONE

Ebben, che cerchi?

BERENICE

Se per mia disgrazia

lo sposo foste voi, nulla io ricerco;

ma se poi...

ALBERTO

Se la prova,

che lo sposo son io fosse evidente?...

BERENICE

Allor parlerei diversamente.

PARMENIONE

Tanto meglio.

BERENICE

Eh, già so ch'altra v'accende

di me più vaga, e più gentil donzella.

PARMENIONE

La tua padrona, e la mia sposa è quella.

BERENICE

Bravo da ver.

ALBERTO

Dunque restiam d'accordo,

che se l'altra è la sposa, io ve la cedo,

e gli insulti sofferti a voi perdono.

PARMENIONE

Ottimamente.

ALBERTO

Ma del vero Alberto

se il premio è questo, l'usurpato nome,

i lesi dritti, l'onor mio tradito,

e questa man, che m'appartiene, io voglio.

PARMENIONE

E così finirà qualunque imbroglio.

 
[N. 8 - Recitativo ed Aria]

 N 

 

BERENICE

Ma se incerti voi siete,  

quale la sposa sia, dubbia non meno

del mio destin, dell'esser vostro io sono;

né tai patti si fanno in mia presenza,

prima di conseguir la mia licenza.

 

 

Voi la sposa pretendete,  

voi mi fate il cascamorto:

ma, signori miei, chi siete,

chi ha ragion di voi, chi ha torto?

Se l'intrigo mi sciogliete,

qualche cosa nascerà.

PARMENIONE

Se voi sposa esser bramate,

io non son più il conte Alberto.

ALBERTO

Se il mio cor non rifiutate,

io vi sposo, ancorché incerto.

BERENICE

Che parole inzuccherate.

Che obbligante ingenuità!

Deh non tradirmi, amore,

in sì fatal mistero!

Tu mi rischiara il vero,

in tanta oscurità

PARMENIONE, ALBERTO

Se siete un uom d'onore,

io sono un uom sincero:

si scopra prima il vero,

e poi si parlerà.

 

BERENICE

E così, nessun favella?  

ALBERTO

Mia vi voglio ad ogni costo.

PARMENIONE

Per me scelta ho l'altra bella.

BERENICE

Vo' saper la verità.

ALBERTO

Io v'ho detto.

PARMENIONE

Io v'ho risposto.

ALBERTO, PARMENIONE

Stabilito il patto è già.

 

BERENICE

Io non soffro quest'oltraggio,  

chi voi siete io vo' sapere:

d'ingannarmi chi ha coraggio,

chi ha deciso di tacere,

qui scoperto, smascherato,

vilipeso resterà;

e d'un misero attentato

tardi poi si pentirà.

(parte)

Berenice ->

 

ALBERTO

Fermatevi.  

PARMENIONE

Che c'è?

ALBERTO

L'impegno preso

dovete mantener.

PARMENIONE

Son pronto.

ALBERTO

Insieme

verificar dobbiam qual sia la sposa.

PARMENIONE

E poi, come si è detto...

ALBERTO

Il patto convenuto avrà l'effetto.

 

Parmenione, Alberto ->

 

Scena sedicesima

Don Eusebio, Ernestina, indi don Parmenione.

<- Eusebio, Ernestina

 

ERNESTINA

Il suo trascorso alfine  

un capriccio sarà, non un delitto.

EUSEBIO

Ma se ancor non parlava il servitore,

io parente sarei d'un impostore.

ERNESTINA

Non mi pare.

EUSEBIO

Perché?

ERNESTINA

Perché diretto

egli aveva a me sola ogni desio.

 

<- Parmenione

PARMENIONE

Eccomi al vostro piè, bell'idol mio.  

ERNESTINA

Lo sentite?

EUSEBIO

Oh! la burla

v'invito a terminar: già l'esser vostro

più un mistero non è.

PARMENIONE

Se anche lo fosse,

vengo io stesso a finire ogni questione,

e più Alberto non son, son Parmenione.

ERNESTINA

Voi Parmenion di Castelnuovo?

PARMENIONE

Appunto,

del conte Ernesto, or gravemente infermo,

l'amico io son, scelto a inseguir la sua

fuggitiva sorella.

ERNESTINA

Voi trovata l'avete: ecco io son quella.

PARMENIONE

Voi!

EUSEBIO

Che sento!

ERNESTINA

Ah! purtroppo io fui sedotta

da un'alma scellerata,

che vincer non potendo il mio rigore,

sola qui mi lasciò!

PARMENIONE

Che traditore!

EUSEBIO

Or comprendo...

PARMENIONE

Non più: giacché m'è tolto

di punir quell'indegno, all'onor vostro

un riparo sarà forse non vano,

l'offerta ch'io vi fo della mia mano.

 
[N. 9 - Finale]

 N 

 

 

Quello, ch'io fui, ritorno,  

chiedo all'error perdono:

se sposo vostro io sono,

più che bramar non so.

ERNESTINA

D'un si prezioso dono

l'offerta accetterò.

EUSEBIO

Ma chi sarà frattanto

quell'altro forestiero?

PARMENIONE

Egli è lo sposo vero,

già tutto io vi dirò.

ERNESTINA

Che bel momento è questo!

PARMENIONE

Che fortunato giorno!

EUSEBIO

Io sbalordito resto.

PARMENIONE

Io vostro ognor sarò.

Insieme

ERNESTINA

Io vostra ognor sarò.

ERNESTINA, EUSEBIO E PARMENIONE

A propagar si vada

l'inaspettato evento.

Del giubilo, che sento,

ognuno a parte io vo'.

 

Eusebio, Ernestina, Parmenione ->

 

Scena diciassettesima

Alberto, e Berenice.

<- Alberto, Berenice

 

BERENICE E ALBERTO

Oh quanto son grate  

le pene in amore,

se premio al dolore

è un tanto piacer!

 

BERENICE

Fidarmi poss'io?

ALBERTO

E ancor stai dubbiosa?

BERENICE

Tu sei dunque mio.

ALBERTO

Tu sei la mia sposa.

BERENICE E ALBERTO

Un tenero io provo

tumulto nel petto.

A tanto diletto

si perde il pensier.

 

Scena ultima

Martino, e detti, indi don Eusebio con Ernestina e don Parmenione.

<- Martino

 

MARTINO

Miei signori, allegramente,  

ogni imbroglio è accomodato.

BERENICE

Cosa dici?

ALBERTO

Cosa è stato?

MARTINO

Ciò ch'è stato, non val niente,

buono è ciò che seguirà.

ALBERTO

Dunque?...

BERENICE

Parla...

MARTINO

Appunto or viene,

chi più chiaro parlerà.

 

<- Eusebio, Ernestina, Parmenione

EUSEBIO

Ah nipote!

ERNESTINA

Amica mia!

PARMENIONE

Io son vostro servitore.

BERENICE

D'onde vien quest'allegria?

ALBERTO

D'onde mai tal buon umore?

EUSEBIO

Non vedete?

ERNESTINA

Non capite?

PARMENIONE

D'ascoltar se favorite,

tutto noto si farà.

Voi padron mi avete eletto

per un gioco della sorte

delle vostre proprietà:

io per esserlo in effetto,

volli ancor, che la consorte

diventasse mia metà;

e fu sol questo ritratto,

che colpevole mi ha fatto

di sì gran bestialità.

BERENICE

Come mai?...

ALBERTO

Di mia sorella

il ritratto è questo qua.

Alla sposa mia novella

era in dono destinato.

PARMENIONE

Vidi anch'io d'aver sbagliato,

ma allor tardi era di già.

EUSEBIO

Dunque?...

PARMENIONE

Invece ho ritrovato,

ciò che appunto io ricercava.

MARTINO

Così amore ha qui pigliato

due piccioni ad una fava.

PARMENIONE

Spero poi, che scuserete...

BERENICE

Già scusato appien voi siete.

ERNESTINA

Io per me contenta sono.

ALBERTO

Io v'abbraccio, e vi perdono.

EUSEBIO

Ed un doppio matrimonio

la burletta finirà.

TUTTI

D'un sì placido contento  

sia partecipe ogni core,

e costante il dio d'amore

renda il nostro giubilar;

e se a caso l'occasione

l'uom fa ladro diventar,

c'è talvolta una ragione,

che lo può legittimar.

 

Fine (Atto unico)

[N. 1 - Sinfonia e Introduzione]

Sala in un albergo di campagna, che introduce in diverse stanze numerate; notte oscura e tempestosa.

Parmenione, Martino
 

(tuono)

 
Parmenione, Martino
<- Alberto, domestico

(il domestico si addormenta)

Alberto, Martino e Parmenione
Il tuo rigore insano

(tuono e lampo)

 
Parmenione e Alberto, Martino
Viva Bacco il dio del vino

Grato conforto è l'incontrar per viaggio

(il domestico viene svegliato e prende per sbaglio la valigia sbagliata)

Parmenione, Martino
Alberto, domestico ->

E noi qui che facciam? / Noi partiremo.

[N. 2 - Aria]

Parmenione, Martino
Che sorte, che accidente

Ebben don Parmenione?...

Parmenione, Martino
È questo il passaporto

 
Parmenione, Martino ->

Grand'atrio terreno in casa della marchesa elegantemente addobbato, con ampio verone di prospetto, che mette nel giardino, e con varie porte laterali, che introducono ai rispettivi loro appartamenti.

Eusebio, Ernestina, servi
 

Non lo permetto. / Il mio dover... / Scusate

Ernestina, servi
Eusebio ->

Eppur del mio destino

Ernestina, servi ->
<- Berenice

[N. 3 - Cavatina]

Sposarsi ad un, che non s'è mai veduto

Berenice
<- Ernestina

Oh, te appunto io volea, cara Ernestina!

Berenice, Ernestina ->
<- Parmenione, Martino

Eccomi al gran cimento.

Parmenione
Martino ->

L'unico dubbio mio sta nel sapere

Parmenione
<- Ernestina

Alma coraggio!

[N. 4 - Quintetto]

Parmenione, Ernestina
Quel gentil, quel vago oggetto
Parmenione, Ernestina ->
<- Alberto, Berenice
Alberto, Berenice
Se non m'inganna il core
Alberto, Berenice
<- Eusebio
Eusebio, Berenice, Alberto, Parmenione, Ernestina
Dov'è questo sposo?
Alberto, Berenice, Eusebio
<- Parmenione, Ernestina
 
Alberto, Berenice, Eusebio, Parmenione, Ernestina ->
<- Martino

Non so più cosa far. Cauto m'impone

Martino
<- Eusebio

Martino, Eusebio ->
<- Ernestina

[N. 5 - Recitativo ed Aria]

Oh qual destino è il mio! Perdo un ingrato

Ernestina
<- Alberto

Oh alfin vi trovo!

Alberto, Ernestina
D'ogni più sacro impegno
Ernestina
Alberto ->

Quei fermi accenti, quel sicuro aspetto

Ernestina ->
<- Berenice

[N. 6 - Duetto]

Per conoscere l'inganno, un espediente

Berenice
<- Parmenione

Fino adesso va ben / Voglio provarmi

E così, contino mio?

Berenice e Parmenione
Ah uomo petulante
Berenice, Parmenione ->
<- Eusebio, Ernestina, Martino

Qui non c'è scampo / Qui parlar bisogna

[N. 7 - Aria]

Eusebio, Ernestina
Martino ->

Senti, aspetta, ove vai? / Se fosse vero

Ernestina
Eusebio ->

Se fosse vero

Ernestina ->
<- Parmenione, Alberto

Voi qui appunto io cercava / Ed io correva

Parmenione, Alberto
<- Berenice

Qual chiasso è questo?

[N. 8 - Recitativo ed Aria]

Ma se incerti voi siete

Berenice, Parmenione, Alberto
Voi la sposa pretendete

E così, nessun favella?

Parmenione, Alberto
Berenice ->

Fermatevi. / Che c'è? / L'impegno preso

Parmenione, Alberto ->
<- Eusebio, Ernestina

Il suo trascorso alfine

Eusebio, Ernestina
<- Parmenione

Eccomi al vostro piè, bell'idol mio

[N. 9 - Finale]

Parmenione, Ernestina e Eusebio
Quello, ch'io fui, ritorno
Eusebio, Ernestina, Parmenione ->
<- Alberto, Berenice
Berenice e Alberto
Oh quanto son grate
Alberto, Berenice
<- Martino
Alberto, Berenice, Martino
<- Eusebio, Ernestina, Parmenione
 
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena ultima
Sala in un albergo di campagna, che introduce in diverse stanze numerate; notte oscura e tempestosa. Grand'atrio terreno in casa della marchesa elegantemente addobbato, con ampio verone di prospetto, che mette...
[N. 1 - Sinfonia e Introduzione] [N. 2 - Aria] [N. 3 - Cavatina] [N. 4 - Quintetto] [N. 5 - Recitativo ed Aria] [N. 6 - Duetto] [N. 7 - Aria] [N. 8 - Recitativo ed Aria] [N. 9 - Finale]

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