Atto primo

 
[Sinfonia]

 N 

 

Scena prima

Cortile con una scala praticabile da un lato e dall'altro porta che introduce al giardino.
Don Tammaro che precipita dalle scale inseguito da donna Rosa con un bastone, Emilia, Lauretta e Calandrino, che la trattengono. Ippolito che sopraggiunge e non veduto ascolta.

 Q 

<- Tammaro, Rosa, Emilia, Lauretta, Calandrino

 
[Sestetto]

 N 

 

ROSA

Fuora, birbaccio, che in casa mia  

più non ti voglio: va' via di qua.

Fogli partitura

TAMMARO
(sempre con flemma)

Troppo mi onora vossignoria:

son tutte grazie, che lei mi fa.

EMILIA, LAURETTA E CALANDRINO

Ma che vergogna! ma che trattare!

 

<- Ippolito

IPPOLITO

(Qui si contrasta: voglio ascoltare.)

ROSA

Vo' disossarlo...

TAMMARO

Si serva pure...

ROSA

Vo' divorarti...

TAMMARO

Ho l'ossa dure.

ROSA

Con quella flemma crepar mi fa.

TAMMARO

Cara, non si alteri, che suderà.

EMILIA, LAURETTA E CALANDRINO

Ma via, finitela per carità.

IPPOLITO

(Il cor mi trema: che mai sarà!)

 

ROSA

Dunque ridotta, oh dio!  

son oggi ad un tal segno,

che il tenero amor mio,

che il mio severo sdegno,

in quel tuo curo tiranno

non hanno più valor?

L'abbiamo almeno queste

lagrime di dolor!

(affetta di piangere)

TAMMARO

De' vasi lagrimali

tergi quegli escrementi,

che appena li stivali

bagnan de' sapienti:

non giunge quell'affanno

di Socrate nel cor:

ché birri sono i pianti

del sesso ingannator.

 

ROSA

Ah bricconaccio, mi oltraggi ancora?  

Gli occhi dal capo vo' trarti fuora:

quegli occhi perfidi mangiar ti vo'.

TAMMARO
(sempre con flemma, come sopra)

Ecco qui gli occhi: la fronte è questa:

sempre il terz'occhio ti guarderò.

ROSA

Mi burla il perfido, voi lo vedete?

Non posso questa mandarla giù.

(si avvicina al marito nuovamente)

LAURETTA E CALANDRINO

Ma che vergogna! Sempre starete

col fiele in bocca a tu per tu.

TAMMARO

Non teme, Socrate: non la tenete:

la mazza affina la mia virtù.

EMILIA E IPPOLITO

(Barbari cieli, più strali avete?

tiranne stelle! non posso più!)

 
Recitativo

LAURETTA

Via padroni, non più: siete alla fine  

marito e moglie.

ROSA

Lo so: così mi avesse

mangiata l'orco prima di sposarlo!

Oltraggiarmi con tante porcherie!

Io non so che tu diamine ingarbugli.

Il fatto sta che se non lasci questa

tua pazza idea di maritar l'Emilia

con mastro Antonio il tuo barbiere...

EMILIA

Come? Che dite voi?

IPPOLITO

(Che ascolto!)

ROSA

Signor sì, signor sì, ti ha destinata

tuo padre a mastro Antonio.

EMILIA

E sarà vero?

TAMMARO

Sì, mia cara figlia,

il genitor ti rese genitrice.

EMILIA

(Misera me!)

IPPOLITO

(Ippolito infelice!)

LAURETTA

(Povera padroncina!)

CALANDRINO
(in segreto a don Tammaro)

Sostenete l'impegno e tollerate

qualunque impertinenza:

Socrate fu l'idea della pazienza.

TAMMARO

Odi, garrula pica:

non è più mastro Antonio

quel mastro Antonio, che fu mastro Antonio.

Filosofo divenne mastro Antonio:

gittò ranno e sapone,

vestì la toga e diventò Platone...

sua figlia Cilla sarà Aspasia.

ROSA

Ma dimmi, arcipazzissimo,

tu come insegni ad altri

filosofia, se appena sai di leggere?

TAMMARO

Appunto perché sono

una bestia solenne, io son filosofo.

Chi fu Socrate? un asino.

ROSA

Orsù: non più parole.

Tammaro, senti.

TAMMARO

Ah! Non guastarmi il timpano

con quel nome volgar: chiamami Socrate.

E tu da questo istante

ti chiamerai Xantippe,

essendo questo il nome,

che avea quell'altra indiavolata moglie,

di quel Socrate primo. Tu, mia figlia,

ti chiamerai Sofròsine;

tu, Calandrino, Simia, e tu, Lauretta

Saffo ti chiamerai.

LAURETTA

Che baffo e zaffio lei mi va dicendo,

io non lascio il mio nome.

TAMMARO

In casa mia

voglio che tutto sia grecismo: e voglio...

ROSA

Non posso più. Tammaro, patti chiari:

registra il cervello,

e non parlarmi più di mastro Antonio,

o farò... basta... basta.

TAMMARO

Mia Xantippe,

mia figlia è di Platone e le mie spalle

sono al vostro comando. Ho fatto tale

filosofico callo, che all'ingiurie

non sol non mi risento,

ma l'istesse mazzate io più non sento.

 
[Sestetto]

 N 

 

ROSA

Mi burla, il perfido: voi lo vedete.  

Non posso questa mandarla giù.

(si avventa contro il marito)

LAURETTA E CALANDRINO

Ma che vergogna! Sempre starete

col fiele in bocca a tu per tu!

TAMMARO

Non teme Socrate, non la tenete:

la mazza affina la mia virtù.

EMILIA E IPPOLITO

(Barbari cieli, più strali avete?

Tiranne stelle, non posso più!)

 
(parte don Tammaro, condotto via da Calandrino)

Tammaro, Calandrino ->

 

Scena seconda

Donna Rosa, Emilia, Lauretta e Ippolito.

 
Recitativo

IPPOLITO

(si fa avanti)

Ah, signora, pietà di un infelice!

EMILIA

Ippolito, tu qui!

IPPOLITO

Sì, bella Emilia,

qui celato ascoltai

il decreto fatal della mia morte,

e giù vado a morire.

EMILIA

Ingratissimo ciel, questo è martire.

(piange)

LAURETTA

Coraggio, signorina.

ROSA

Animo, buon amico.

Non dubitare che donna Rosa

è teco, sappi che costei

amo piucché se fosse

una mia propria figlia.

Udite: in ogni disperato caso,

e che cadesse il cielo, ad una fuga

io vi aprirò la via, ed anderete

ove vi guida amore.

EMILIA

Vorrei prima morire,

che macchiare il candor della mia stima

con un atto villano.

ROSA

Sposeresti il barbier?

EMILIA

Lo sposerei.

 
[Aria]

 N 

LAURETTA

Una rosa ed un giacinto  

se portate uniti in petto

bel piacer da quel mazzetto

bell'odor che n'uscirà.

Ma se a guasto tulipano

voi la rosa poi unite,

quell'odor più non sentite:

quella rosa marcirà.

Signorina, si stia bene:

lei giudizio già ne tiene:

già capisce, come va.

(parte)

Lauretta ->

 

Scena terza

Donna Rosa, Emilia e Ippolito.

 
Recitativo

IPPOLITO

Misero me!  

ROSA

Non ti avvilire, amico.

In questo punto io vado

dal mio Socrate bestia,

per farlo disdire, o per cucirlo

in un sacco di tela e seppellirlo.

IPPOLITO

Fermate: forse amore

mi suggerisce un mezzo,

facile più per ottenere l'Emilia;

(tra esso e donna Rosa)

vostro marito già non mi conosce:

voglio abbordarlo e finger che da Atene

io vengo adorator del suo gran nome:

e dando vento alle sue pazze vele,

gli chiederò la figlia.

ROSA

E ben, tentiamo questa strada ancora.

IPPOLITO

Crudele, ad onta

di quel tuo cuore, ad acquistarti io vado.

EMILIA

Ma che ti fece alfine? Alfin che disse?

Parlò la figlia allor; ma in ogni istante,

non sai, come mi parla in sen l'amante.

 
[Aria]

 N 

Pugnano nel mio petto  

l'amore e il dispetto,

e la fatal contesa

non è decisa ancor.

Questo dell'alta impresa

già vincitor si crede;

amor però non cede,

ma non dispera amor.

 
(partono)

Emilia, Rosa, Ippolito ->

 
 

Scena quarta

Solitario ritiro con qualche fontana.
Don Tammaro e Calandrino.

 Q 

Tammaro, Calandrino

 
Recitativo

TAMMARO

Simia, tu adesso devi  

partire per la Grecia.

CALANDRINO

Per la Grecia!

TAMMARO

Signor sì, per la Grecia: là ritrova

Diogene Laerzio

e digli che non manchi

di scriver la mia vita,

dov'è chi asserir possa,

ch'io Socrate non sia in carne e in ossa?

CALANDRINO

E chi lo può negare?

TAMMARO

E pur Xantippe

mogliema il niega; ma che vuoi? La sorte

di noi socrati è questa.

CALANDRINO

Che non passò quell'altro

Socrate primo co' la moglie sua?

Dice bensì che un giorno,

saltando a quella certo umor bestiale,

versò in testa al marito un orinale.

TAMMARO

Un orinale! Oggi Xantippe voglio,

che me ne versi in testa ventiquattro.

Ohibò: non voglio

che a scriver la mia storia si ritardi.

Partiti adesso adesso.

CALANDRINO

(Dunque partir dovrò, senza vedere

la cara Cilla mia!)

TAMMARO

Ti bacio, Simia mio.

CALANDRINO

A rivederci (Cara Cilla, addio.)

 
[Aria]

 N 

(Ah, che il core mi si spezza:  

Cilla mia, non posso più.)

Me ne vado e prego il cielo,

che a misura del suo zelo

gridi ognuno dalle... dalle:

ah, il baston per le sue spalle

vada sempre su e giù;

onde possa nella storia

la sua gloria andar più su.

Signorsì, sto singhiozzando:

così vado discacciando

dal mio cor la debolezza,

per lasciarci la virtù.

(Ah, che il core mi si spezza:

Cilla mia, non posso più.)

(parte)

Calandrino ->

 

Scena quinta

Don Tammaro, Calandrino che subito ritorna, e poi mastro Antonio e Cilla.

 
Recitativo

TAMMARO

Socrate, in questo tuo  

solitario ritiro, or va pensando

come possa Xantippe oggi onorarti

di un orinale in testa, e immortalarti.

 

<- Calandrino

CALANDRINO

Allegrezza, allegrezza:  

è arrivato Platone co' la figlia.

TAMMARO

(abbracciandolo)

Oh mio Platone! Oh lubrica fontana

dove bevono i dotti.

 

<- Antonio, Cilla

ANTONIO

Anzi, zampillo delli tuoi condotti.  

A te, mia figlia Aspasia,

vasa la mano a Socrate.

CILLA

Schitto la mano, né?

ANTONIO

E che borrisse

vasarle pure... mo te lo deceva.

CILLA

E che saccio, 'gnu pa': co' gnora zia

nuje 'nce vasammo 'n faccia.

ANTONIO

Ma l'ommo, nenna mia,

non se vasa, ché cacca.

CILLA

Porcaria!

CALANDRINO

(Bella semplicità che m'innamori!)

TAMMARO

(Quella innocenza mi rapisce!)

ANTONIO

Socrate,

venimmo al nostro quàtenos.

Sappi, ch'io sono stato

a conzurta' l'oracolo

nella Grotta Minarda,

pe' sapere chi fosse

il maggior sapio de la Magnagrecia:

e cierti pecorare,

che mm'hanno ditto ch'erano

li saciardote de lo nummo Apollo,

dapo' che mm'hanno 'n cuollo

attizzato li cane e consegnate

cierte poche vrecciate a li filiette,

da parte del gran dèo, lo capo bùttaro,

o sia lo capo saciardoto lloro,

l'oracolo mm'ha ditto:

e ccà co' no cravone mme l'ha scritto.

(mostra una carta sudicia)

TAMMARO

Che cartaccia bisunta!

ANTONIO

Te lo credo:

si nce teneva dinto arravogliate

lo saciardoto quatto mozzarelle?

TAMMARO

Via leggi. Questo oracolo

d'intendere mi preme.

ANTONIO

E sa che mmano, ch'è?

Leggimmo 'nzieme:

 
[Duetto]

 N 

TAMMARO E ANTONIO
(leggono)

«Sa che sa, se sa, chi sa,  

che se sa, non sa, se sa:

chi sol sa, che nulla sa,

ne sa più di chi ne sa.»

TAMMARO

In questo oracolo io ci trovo espressate

la battaglia dei cani e le sassate.

Cilla, Calandrino ->

 

Scena sesta

Don Tammaro e mastro Antonio.

 
Recitativo

TAMMARO

Siedi, Platone, e allunga  

le orecchie al mio parlar.

ANTONIO

Deponi pure.

TAMMARO

Dimmi: chi sono i cittadini?

ANTONIO

Puorce.

TAMMARO

Io non parlo di quelli di Sorrento:

degli uomini ti parlo.

ANTONIO

Scusami: io non capii le tue favelle.

TAMMARO

La patria come vive?

ANTONIO

Co le 'zelle.

TAMMARO

Non dico questo, diavolo!

ANTONIO

Ma si tu me 'mbruoglie

co st'argomiente tuoie,

parlame, senz'addimmennerme niente.

TAMMARO

Sempre domanda Socrate sapiente.

Ma parlerò più trito.

Or di': tua figlia

com'è inclinata al mascolino genere?

ANTONIO

Se nce fa tanto d'uòcchie.

TAMMARO

Bene: la sposerò.

ANTONIO

Ma tu non haje moglièreta?

TAMMARO

Socrate n'avea due.

ANTONIO

E quann'è chesto

salute, e lardo viecchio.

TAMMARO

Oh Socrate felice!

Non altro alfin ti manca,

che da Xantippe un orinale in testa.

(parte)

Tammaro ->

 

ANTONIO

Non dubitar, che l'occasione è chesta!

 

Scena settima

Mastro Antonio solo, indi donna Rosa, Emilia, Lauretta e Ippolito vestito alla greca.

 

ANTONIO

Non c'è che dire: Socrate  

è ommo granne, ma Pratone puro:

vide ca no pazzea.

Donne, dal ciel pozza cadervi in testa

Giove disciolto in perle

de no ruòtolo l'una.

 

<- Rosa

ROSA

Ah, ah, ah, ah...

ANTONIO
(piccato)

Gno'? mmr redite 'n faccia?

Questo è n'affrunto...

 

<- Emilia, Lauretta

LAURETTA

Ah, ah, ah...

ANTONIO

Tu puro?

 

<- Ippolito

IPPOLITO

Oh dio! Ah ah ah ah...

Chi siete voi?

ANTONIO

Pratone...

ROSA

Chi?

ANTONIO

Pratone...

Non sapite, Pratone lo felòseco?

ROSA

Tu filosofo?

ANTONIO

Io.

ROSA

E in che consiste

la tua filosofia?

ANTONIO

E io mo che saccio? Ve derrìa boscia.

 
[Aria]

 N 

Ch'è stato? Che bedite,  

che mme redite 'n faccia?

Che so' quacche mammuòcciolo

fatto de carta straccia?

Mmalora! So' feloseco

co' tanto de scagliune

e appriesso li guagliune

porzi' li tricche tracche

mme veneno a sparà.

Ved'osseria che smorfie!

Vi' la tentazione!

Po' dice ca Pratone

te sguarra na cità.

(parte)

Antonio ->

 

Scena ottava

Donna Rosa, Emilia, Lauretta, Ippolito e poi don Tammaro.

 
Recitativo

ROSA

Ma può trovarsi uomo più sciocco?  

IPPOLITO

Oh dio!

Per qual figura palpitar degg'io!

ROSA

Tacete: mio marito.

Fatevi avanti voi; noi qui da parte

osserveremo.

 

<- Tammaro

TAMMARO

Ma qui dov'è Platone?  

IPPOLITO

Socrate, onor del mondo, ti desidera

Ippolito, salute.

TAMMARO

E tu chi sei?

IPPOLITO

Un greco adorator del tuo gran nome.

TAMMARO

Un greco! Un greco voi!

IPPOLITO

Nacqui in Atene.

TAMMARO

Greco di Atene! Oh mio signor magnifico!

Che fortuna!... Baciamoci...

Io per Atene mi farei scannare!

E bene signor greco, vi dobbiamo

rendere alcun servigio?

IPPOLITO

Altro non chiedo dall'eccelso Socrate

se non che accetti in dono alcune poche

rarità della Grecia.

TAMMARO

(umiliandosi)

Mio signore!

IPPOLITO

In primis vi presento in questa scatola

due nottole di Atene imbalsamate.

Queste tre caraffine son ripiene

dell'acque di tre fiumi,

là nella Grecia rinomati tanto,

il Gran Meandro, il Simoenta e il Xanto.

Queste son vostre.

TAMMARO

Mie? Io mi subisso

nella mia confusione.

IPPOLITO

Compatite:

queste son bagatelle.

TAMMARO

E voi chiamate

bagatelle tre fiumi?

IPPOLITO

(Io crepo dalle risa.)

EMILIA

(Non posso più...)

(risoluta si accosta al padre)

ROSA

Fermati...

LAURETTA

Dove andate?

EMILIA

Signor padre...

TAMMARO

Scusi, signor greco...

EMILIA

Che greco dite voi? Tal'ei si finge

per avermi da voi con questo inganno:

confesso che ci amiamo

per quanto amar si può; ma l'amor mio

giammai non giunse ad usurpar que' dritti,

che sul cuor di una figlia

tutti del padre son. Della mia mano

disponete voi dunque.

ROSA

(La rabbia mi divora.)

TAMMARO

(dopo qualche riflessione, così parla con tutta le flemma, e gli restituisce i regali)

Signor greco, falsario,

questi sono i suoi fiumi e i pipistrelli,

se ne torni in Atene:

gli auguro buon viaggio e si stia bene.

 
[Aria]

 N 

IPPOLITO

Lagrime mie di affanno,  

sospiri del mio cor,

all'idol mio tiranno

spiegate il mio dolor.

Ma che mi giova, oh dio!

Piangere e sospirar,

se ingrato l'idol mio

non cura il mio penar?

Ah se crudele in seno

non ha pietà per me,

un fulmine, un veleno

ditemi almen dov'è.

(parte disperato)

Ippolito, Emilia, Lauretta ->

 

Scena nona

Donna Rosa e don Tammaro.

 
Recitativo

TAMMARO

Fermati, moglie, deggio parlarti.  

ROSA

(Affetterò dolcezza:

a torto tante volte

l'ho bastonato; ma da ora avanti

sarò con lui un oglio.)

TAMMARO

Senti, e stupisci.

Voglio pigliarmi un'altra moglie...

ROSA

(saltandogli co' le mani sul viso)

Prima

pigliar ti possa il diavolo. Briccone!

TAMMARO

Socrate primo in un istesso

tempo ebbe due mogli,

e due ne voglio anch'io.

ROSA

E chi sarà la nuova sposa?

TAMMARO

Aspasia, la figlia di Platone.

ROSA

(Io l'ho da subissar questo briccone!)

Ebben qualora vuoi

prenderti un'altra moglie,

voglio un altro marito anch'io pigliarmi.

TAMMARO

Ma lo sposo sarebbe?

ROSA

Eccolo appunto.

 

Scena decima

Ippolito e detti.

<- Ippolito

 

TAMMARO

(vedendo Ippolito)

Oh bella! Il signor greco  

delli due pipistrelli imbalsamati?

ROSA

Questi sarà lo sposo mio. Ippolito,

dammi la mano.

IPPOLITO

Come? Che significa questo?

ROSA

Lo saprai; secondami per ora.

E ben, signor filosofo,

non dite nulla?

TAMMARO

Non m'importa niente.

 
[Aria]

 N 

ROSA

(con espressione ad Ippolito)

Sempre in festa, sempre in gioco  

noi staremo, idolo amato.

(sottovoce al suddetto)

Or che parlo, vedi un poco

mio marito cosa fa:

non fa nulla?

(prendendo per il petto il marito)

Vien qua...

Tu sei uomo o sei cavallo?

Parla, di', rispondi a me.

Le finezze non son buone,

coll'ingiurie non si arriva,

non si arriva col bastone,

questa tua è malattia,

è malìa... che cos'è?

Ah che il pianto mi soffoca,

riflettendo al caso mio...

Fosse qui quella bizzoca

che mi fece unir con te!

(parte con Ippolito)

Rosa, Ippolito ->

 

Scena undicesima

Don Tammaro solo, indi Cilla e Calandrino e poi mastro Antonio.

 
Recitativo

TAMMARO

Gran festa stravagante!  

Necessaria però: ché senza questa,

non farebbe risalto la mia testa.

 

<- Cilla, Calandrino

CILLA

Socreta...  

TAMMARO

Aspasiuccia: io ti ho portato

un bel marito.

CILLA

No marito!

TAMMARO

Basta.

CALANDRINO

(Ohimè che sento!)

CILLA

E quanno mme lo date?

TAMMARO

Tra poco...

 

<- Antonio

ANTONIO

Allegramente, mastro Socrate:  

l'oracolo s'è sciuòveto, e tu si' stato

da tutte iudecato

pe lo chiù sapio de la Magnagrecia.

TAMMARO

A te mi umilio, arcofetente Apollo!

ANTONIO

Orsù, viene a la scola a fa' lezione

a li scolare tuoje.

Antonio, Tammaro ->

 

Scena dodicesima

Cilla e Calandrino.

 

CILLA

Maramé, se l'ha fatta mastro Socreta,  

e manco mm'ave dato

chello che m'ha 'impromisso...

(raccoglie in fretta le sue coserelle e le ripone in sacca)

CALANDRINO

Dunque tanto ti preme la promessa di Socrate?

CILLA

Sicuro, vi che specie: se tratta de

marito! Non lo lasso da pede...

CALANDRINO

Ascolta, ingrata: e puoi così lasciarmi,

dopo avermi ferito?

CILLA

T'aggio feruto?

CALANDRINO

Non dicesti d'amarmi?

CILLA

E ch'è stata qua' botta de cortiello?

CALANDRINO

No, cara: anzi vorrei,

che tu mi amassi sempre.

CILLA

Sì, t'amammo.

CALANDRINO

E mi vuoi per marito?

CILLA

Tanto bello.

CALANDRINO

E se venisse l'altro e ti volesse?

CILLA

Mme piglio a tutte duje: ché, non potesse?

CALANDRINO

Due mariti in un tempo!

Bella innocente!

CILLA

Che d'è? Tu ride? Oje scigna,

vi', ca mme 'mpesto, sa! Non te credisse

de trovar na locca;

ca lo judizio ll'agio nfi' a la vocca.

 
[Aria]

 N 

So' fegliolella,  

ma non so' nzemprece,

ca lle cervella

le tengo ccà.

Io saccio torcere,

saccio pelare,

saccio li gliommere

arravogliare:

e quanno è festa

porsì le zeze

da la fenesta

sapimmo fa'!

Vi' mo, don Pruocolo,

sta figliolella

si 'nzemprecella

se po' chiammà!

(partono)

Cilla, Calandrino ->

 
 

Scena tredicesima

Sotterraneo, o sia cantina, destinata per la scuola di Socrate. In fondo di essa, rustica scala praticabile, per la quale si ascende ad un passetto, che termina in alto con una piccola porta similmente praticabile. Da un lato della scena altra porta, dalla quale per pochi scalini si cala al piano: anche praticabili.
Donna Rosa, Lauretta e Ippolito; indi Emilia dalla porta vicino al piano, e poi don Tammaro, vestito da filosofo all'antica maniera seguìto da mastro Antonio e da quattro suoi Discepoli, vestiti ad uso de' pastori della Basilicata, e finalmente Cilla e Calandrino.

 Q 

Rosa, Lauretta, Ippolito

 
Recitativo

ROSA

Zitto: venite meco. Io non veduta  

voglio osservar quest'altra

pazzia di mio marito; e se mai vedo,

che co' la figlia di quel malandrino

faccia tantino il matto,

farò con fuoco terminar quest'atto.

Non temete, io qui sono.

 
(vanno per la scaletta e si celano dietro la porta superiore; nel tempo stesso che Emilia comparisce per l'altra porta vicino al piano e poi ritorna a celarsi)

<- Emilia

 

EMILIA

(E qui son io  

a difender, se occorre, il padre mio.)

 

<- Tammaro, Antonio, quattro discepoli

ANTONIO

Salute, mastro Socrate.  

TAMMARO

Basta, Platone, basta, non occorre

impegnar la tua lingua nel mio fondo.

(monta su una tina, assistito da mastro Antonio e dai suoi discepoli)

 

Diletti alunni, altissime speranze

della Basilicata.

Due sono i fondamenti

della filosofia: musica e ballo.

Fuggite i libri: questi

son la vergogna dell'umano genere,

son gli assassini della vita umana.

Credete a me: la vera

filosofia è quella d'ingrassare.

La musica diletta e fa dormire;

la ginnastica poi fa digerire.

ROSA

(Che testa squinternata!)

TAMMARO

Or io che son filosofo,

conoscendo superflui que' tre generi:

diatonico, cromatico, enarmonico,

risolvetti di rompere tre corde

al tetracordo mio ed una sola

ce ne lasciai appena; e da qui venne

quell'aureo detto poi,

tu mi hai rotto tre corde

e l'altra poco tiene. Or, riducendo

ad una corda sol tutta la musica.

E in conseguenza i musici

tutti legati ad una corda istessa,

con certezza sicura

la musica sarà facile, e pura.

ANTONIO

Mmalora! Tu venive

tutto 'sto zuco 'ncuorpo?

TAMMARO

Che succo? Io sono un asino;

or va' Simia, a pigliare

il mio nuovo istromento.

 

<- Calandrino, Cilla

CALANDRINO

Ecco qui l'istromento.  

(ritorna coll'istromento)

CILLA

Uh! Chista è na coscia di cavallo.

TAMMARO

Or ascoltate.

(appoggia l'istromento sulle spalle di Calandrino e suona)

 
[Aria]

 N 

Luci vaghe, care stelle,  

di quest'alma amati uncini:

sfavillanti cannoncini,

che smantellano il mio cor.

Or che dite? Questa corda

non l'accorda il dio d'amor?

Ne' suoi tuoni troverete,

che passione voi volete:

vuoi l'affanno? Ahi... ah...

Vuoi sospiri? Ehi... eh...

Vuoi lo sdegno? Ohi... oh...

Vuoi il pianto? Uhi... uh...

Ma le note le più belle

sono quelle poi d'amor.

 
Recitativo

ANTONIO

Orsù, Socrate è tiempo  

de datte lo triunfo, e bbuje fegliule,

zompanno attuorno a isso,

jate cantanno puro

chelle parole greche, che sapite.

 
[Finale I]

 N 

 
I Discepoli di don Tammaro cantano e saltano per istruirsi nella ginnastica e lo stesso fanno gli Attori, eccetto Cilla, che siede in un angolo e si diverte con i suoi straccetti e bambocci.

CORO

Andron apanton    

Socrates sofotatos.

S

Fogli partitura

ANTONIO

Patron apantalon

soreta scrofototos.

TAMMARO

Ton d'apamibomenos.

 

ANTONIO

Va chia' mmalora, ca nce spallammo...  

(saltando si urtano confusamente tra loro e vanno a terra)

CALANDRINO

Quand'io m'infiammo... salto a tempesta...

TAMMARO

Ohimè la testa!

CALANDRINO

La gamba, oh dio!

ANTONIO

Lo vraccio mio... mm'ha fatto trà.

CILLA

Ah, ah: 'sta vusta va no ducato.

TAMMARO

Ti hai fatto male?

CALANDRINO

Son rovinato.

ANTONIO

E io mo animale! vago a zompa'!

TAMMARO
(in aria magistrale)

Zitto: parentesi. Quando si tombola,

e si rompessero anche le costole,

non fa la macchina che solo smuoversi,

e il centro perdere la gravità.

ANTONIO

Ma vi' lo diavolo comm'a proposeto

ma scioscia a Socrate pe nce zuca'.

CILLA

Io voglio ridere: tornate a fa'.

CALANDRINO

Lesto, lestissimo: eccomi qua.

TAMMARO

E viva Simia; ma fatti in là.

ANTONIO

Via 'ncoronàmmolo; menammo va'.

 
(i discepoli cantano e saltano nuovamente, e poi mastro Antonio incorona don Tammaro)

CORO

Andron apanton  

Socrates scrofotatos.

ANTONIO

Patron apantalon

soreta scrofototos.

TAMMARO

Ton d'apamibomenos.

 
(gli mette in testa una corona di erba)

ANTONIO

Di pampini di quercia  

ricevi 'sta corona:

meriteresti in testa

na cercola in persona;

ma se le forze mancano,

pigliane almeno in cor.

TAMMARO

Questa corona accetto;

ma con Aspasia allato,

d'altra corona aspetto

vedermi incoronato.

Aspasia, co' la patria

dobbiamo farci onor.

CALANDRINO

(Che diavolo dice!

che razza di parlar!)

 
(donna Rosa sopraggiunge con Ippolito, che porta una chitarra, Lauretta e detti)

ROSA

Piazza... piazza...  

IPPOLITO

Date loco...

LAURETTA

Fate largo un altro poco.

ROSA

Scendi giù...

(fa calare di sopra la tina Don Tammaro e vi mostra essa)

TAMMARO

Tu che vuoi far?

ROSA

Di chitarrica armonia

un trattato voglio dar.

TAMMARO

Porcheria... porcheria...

ROSA
(ad Ippolito)

Ed a te, anima mia,

voglio il canto dedicar.

TAMMARO

Eresia... eresia...

IPPOLITO

Io già tocco l'istrumento

per l'orecchio dilettar.

TAMMARO

Non lo sento... non lo sento...

IPPOLITO

E tu canta e al bel concerto

fa quest'anime bear.

TAMMARO

Tradimento... tradimento...

ROSA

Taci, olà: né più parlar.

LAURETTA, IPPOLITO E CALANDRINO

Via tacete in carità.

CILLA E ANTONIO

Zitto mo; che nc'aje da fa'?

TAMMARO

Questa è cosa da crepar!

 
(Ippolito suona la chitarra e donna Rosa canta, intanto don Tammaro smania, si contorce e si ottura le orecchie)

ROSA

Volle il destino mio, volle il mio fato    

ch'io dessi ad un crudel questo mio core:

pascere lo facea quel dispietato

di lagrime, sospiri e di dolore.

Compassionando il suo dolente stato,

me lo ripresi alfin dal traditore:

ora lo dono a te, mio bene amato,

trattalo con dolcezza e con amore.

S

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Fogli partitura

 

TUTTI

Viva, viva...

TAMMARO

Viva un corno.

ROSA

Taci, olà: né più parlar.

Miei alunni pecorini,

sulle cetre e violini

fate voi la tarantella:

che ginnastica più bella

insegnar vi voglio qua.

 
I Discepoli di don Tammaro prendono le loro cetre e violini e suonano la tarantella; donna Rosa balla, chiamando in piazza tutti ad uno ad uno.
 

TAMMARO

Oh miei sudori buttati in aria!  

ANTONIO

Oh disonore dell'accademia!

ROSA, LAURETTA E IPPOLITO

Questa è ginnastica, cotesta è musica.

TAMMARO

È questo il filosofo che vi sgorgozzoli.

Andate al diavolo, scolari perfidi.

(con un legno caccia via i suoi discepoli, e gli dà séguito, e quelli fuggono, e tutti gli vanno appresso, eccetto Ippolito, che vien sorpreso da Emilia)

ROSA, LAURETTA, CILLA, CALANDRINO, ANTONIO E IPPOLITO

La Magnagrecia mi sentirà.

ROSA

È pazzo, è pazzo!

IPPOLITO E LAURETTA

Che bella scena! Ah, ah, ah!

CALANDRINO

Egli ammattisce per verità!

ANTONIO

Oh mondo ignaro! Mi fai pietà!

CILLA

E lo marito manco mme dà.

 

quattro discepoli, Rosa, Lauretta, Cilla, Calandrino, Antonio, Tammaro ->

(Emilia vien dalla porta prossima al piano, e sorprende Ippolito, ch'è restato solo)

EMILIA

Ferma, imprudente, e dimmi:  

qual legge mai consiglia,

che a maritar la figlia

si oltraggi il genitor?

IPPOLITO

Emilia mia, perdona:

è vero: io l'oltraggiai;

ma pensa pur, che assai

sono oltraggiato ancor.

EMILIA E IPPOLITO

Ah dove mai si vide

più tormentato cor?

 
(don Tammaro che ritorna nella scena con mastro Antonio ed indi tutti)

<- Tammaro, Antonio

TAMMARO

Io non mi fido più di resistere:  

Platone, ammazzami per carità.

ANTONIO

Te servarria con tutta l'anima,

ma il boja, amico, mme fa tremmà.

 

<- Rosa, Lauretta, Calandrino, Cilla

ROSA

È pazzo, è pazzo.

LAURETTA

Che bella scena, ah, ah, ah, ah!

CALANDRINO

Egli ammattisce per verità.

CILLA

E lo marito vi' si mme dà.

EMILIA E IPPOLITO

(Per me più fulmini il ciel non ha.)

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

[Sinfonia]

Cortile con una scala praticabile da un lato e dall'altro porta che introduce al giardino.

<- Tammaro, Rosa, Emilia, Lauretta, Calandrino

[Sestetto]

Rosa, Tammaro, Emilia, Lauretta, Calandrino, Ippolito
Fuora, birbaccio, che in casa mia
Tammaro, Rosa, Emilia, Lauretta, Calandrino
<- Ippolito

(Ippolito rimane in disparte)

 
Rosa, Tammaro, Lauretta e Calandrino, Emilia e Ippolito
Ah bricconaccio, mi oltraggi ancora?

Via padroni, non più

[Sestetto]

Rosa, Lauretta e Calandrino, Tammaro, Emilia e Ippolito
Mi burla il perfido: voi lo vedete
Rosa, Emilia, Lauretta, Ippolito
Tammaro, Calandrino ->

(Ippolito si fa avanti)

Ah, signora, pietà di un infelice!

[Aria]

Rosa, Emilia, Ippolito
Lauretta ->

Misero me! / Non ti avvilire, amico

[Aria]

Emilia, Rosa, Ippolito ->

Solitario ritiro con qualche fontana.

Tammaro, Calandrino
 

Simia, tu adesso devi partire

[Aria]

Tammaro
Calandrino ->

Socrate, in questo tuo solitario ritiro

Tammaro
<- Calandrino

Allegrezza, allegrezza

Tammaro, Calandrino
<- Antonio, Cilla

Anzi, zampillo delli tuoi condotti

[Duetto]

Tammaro e Antonio
Sa che sa, se sa, chi sa
Tammaro, Antonio
Cilla, Calandrino ->

Siedi, Platone, e allunga le orecchie

Antonio
Tammaro ->

Non c'è che dire

Antonio
<- Rosa

Antonio, Rosa
<- Emilia, Lauretta

Antonio, Rosa, Emilia, Lauretta
<- Ippolito

(Ippolito vestito alla greca)

[Aria]

Rosa, Emilia, Lauretta, Ippolito
Antonio ->

Ma può trovarsi uomo più sciocco?

Rosa, Emilia, Lauretta, Ippolito
<- Tammaro

Ma qui dov'è Platone?

[Aria]

Rosa, Tammaro
Ippolito, Emilia, Lauretta ->

Fermati, moglie, deggio parlarti

Rosa, Tammaro
<- Ippolito

Oh bella! Il signor greco

[Aria]

Tammaro
Rosa, Ippolito ->

Gran festa stravagante!

Tammaro
<- Cilla, Calandrino

Socreta / Aspasiuccia: io ti ho portato

Tammaro, Cilla, Calandrino
<- Antonio

Allegramente, mastro Socrate

Cilla, Calandrino
Antonio, Tammaro ->

Maramé, se l'ha fatta mastro Socreta

[Aria]

Cilla, Calandrino ->

Sotterraneo, o sia cantina, destinata per la scuola di Socrate; in fondo di essa, rustica scala per la quale si ascende ad un passetto, che termina in alto con una piccola porta; da un lato della scena altra porta, dalla quale per pochi scalini si cala al piano.

Rosa, Lauretta, Ippolito
 

Zitto: venite meco. Io non veduta

(Rosa, Lauretta e Ippolito si celano dietro la porta superiore)

Rosa, Lauretta, Ippolito
<- Emilia

(Emilia si cela per l'altra porta vicino al piano)

E qui son'io a difender

Rosa, Lauretta, Ippolito, Emilia
<- Tammaro, Antonio, quattro discepoli

Salute, mastro Socrate

Rosa, Lauretta, Ippolito, Emilia, Tammaro, Antonio, quattro discepoli
<- Calandrino, Cilla

Ecco qui l'istromento

[Aria]

Orsù, Socrate è tiempo

[Finale I]

(i discepoli di don Tammaro e gli attori cantano e saltano)

Coro, Antonio e Tammaro
Andron apanton

(discepoli e attori saltando si urtano confusamente tra loro e vanno a terra)

 

(i discepoli cantano e saltano, e poi mastro Antonio incorona don Tammaro)

Coro, Antonio e Tammaro
Andron apanton
Antonio, Tammaro e Calandrino
Di pampini di quercia

(Rosa, Ippolito e Lauretta scendono dalla porta superiore)

(Ippolito suona la chitarra, intanto don Tammaro smania)

(i discepoli prendono le loro cetre e violini e suonano la tarantella; donna Rosa balla, chiamando in piazza tutti ad uno ad uno)

(con un legno caccia via i suoi discepoli, e gli dà séguito, e quelli fuggono, e tutti gli vanno appresso, eccetto Ippolito, che vien sorpreso da Emilia)

 
Ippolito, Emilia
quattro discepoli, Rosa, Lauretta, Cilla, Calandrino, Antonio, Tammaro ->
Ippolito, Emilia
<- Tammaro, Antonio
Tammaro, Antonio, poi Tutti
Io non mi fido più di resistere
Ippolito, Emilia, Tammaro, Antonio
<- Rosa, Lauretta, Calandrino, Cilla
 
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima
Cortile con una scala praticabile da un lato e dall'altro porta che introduce al giardino. Solitario ritiro con qualche fontana. Sotterraneo, o sia cantina, destinata per la scuola di Socrate; in fondo di essa, rustica scala per la quale... Camera. Orrida grotta, nella quale si introducono poche liste di luce da qualche apertura;... Anticamera con lumi. Camera nobile; sofà con padiglioncino alla turca.
[Sinfonia] [Sestetto] [Sestetto] [Aria] [Aria] [Aria] [Duetto] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Finale I] [Terzetto] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Coro] [Duetto] [Aria] [Aria] [Finale II] [Duetto] [Notturno] [Quartetto] [Duetto] [Finale III]
Atto secondo Atto terzo

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