Atto secondo

 

Scena prima

Stanza della casa di Bernardo con tavolino per uso di Rosina, con vari lavori del suo mestiere e sedie di paglia.
Rosina con tre Scolare.

 Q 

Rosina, scolara (Vespina), scolara (Lisetta), terza scolara

 

ROSINA

Presto, presto, a sedere e a lavorare.  

L'abito che ha ordinato

la signora contessa del Caviale

esser dée terminato, o bene o male.

Non misurate i punti;

tirate giù alla peggio. La Contessa

vuol pagar poco, ed aspettar conviene;

come merita, anch'io la servo bene.

(ad una scolara)

Orla tu questo telo.

(ad un'altra scolara)

Tu unisci questa manica.

(alla terza scolara)

Tu menda questo taglio

ch' i' ho fatto, non volendo, per isbaglio.

Se la bile mi prende,

non so quel che mi faccia, e allora quando

mi vien la mosca al naso,

precipito i lavori e taglio a caso.

Ora per gelosia,

per rabbia e per dispetto,

son tutta, tutta foco.

Per farmela passar, canterò un poco.

(siede, lavora e canta)

 

 

Pute care, pute bele  

no stè tanto a sospirar.

Bona carne e bona pele

chi sospira no pol far.

 

(ad una scolara)

Via lavora, fraschetta.  

Facciamola finita,

o ti do la bacchetta in su le dita.

 

 

Co le smanie e coi tormenti

no perdè la zoventù...

 

(ad un'altra scolara)

Or or non posso più.

Che impertinenza è questa?

Ti darò il bracciolare in su la testa.

 

 

Co le smanie e coi tormenti

no perdè la zoventù.

Disè i vostri sentimenti,

e sfogheve ancora vu.

 

Scena seconda

Bernardo e le suddette.

<- Bernardo

 

BERNARDO
(a Rosina)

Brava, così va bene:  

cantare e lavorare,

e non star sul balcone a civettare.

ROSINA

Prendi quest'altra manica;

(la getta ad una scolara, e prende un altro lavoro)

fa' che ambedue sien leste.

BERNARDO

Quest'è il dover delle fanciulle oneste.

ROSINA

Terminato quel telo,

farai l'orlo a quest'altro.

(getta in terra, e la scolara lo strascina a sé, e prende un altro lavoro)

BERNARDO

Un po' di carità

per la roba degli altri.

ROSINA

Oh, voi verrete

a insegnarmi il mestier! Che importa a noi

che un abito s'impolveri e s'imbratti?

Se li godan così, quando son fatti.

BERNARDO

Signore delicate,

che gli abiti serbate

con tanta gelosia, con tanto amore,

veniteli a veder dalle sartore.

ROSINA

Davver mi fate ridere.

Tutti non fan così? Le vostre scarpe,

di stoffa o pur guernite,

le rendete davver belle e polite?

BERNARDO

A proposito: io deggio

fare un paio di scarpe

di drappo. Hai qualche cosa

di grazioso da darmi?

ROSINA

Sì, prendete

due ritagli di raso

e un pezzo di broccato,

che per voi con industria ho risparmiato.

BERNARDO

Cara la mia figliuola,

tu sei proprio un oracolo.

E vuoi precipitarti,

e vuoi mal maritarti?

Giannin non è per te.

ROSINA

Quello, o nessuno.

BERNARDO

Starai da maritar.

ROSINA

Sì sì, ma in casa

non ci voglio più star.

BERNARDO

Dove vuoi ire?

ROSINA

Se non ho quel ch'io voglio, andrò a servire.

BERNARDO

Sciocca, senza giudizio:

non vedi che Giannino

non ti può mantener?

ROSINA

Che importa a me?

Purch'ei fosse mio sposo,

starei sotto una scala;

viver sarei contenta

col mio caro Giannin d'acqua e polenta.

BERNARDO

Eh, fraschetta, tant'altre

hanno detto così; ma poi col tempo,

cariche di miserie e di bambini,

avrian dato l'amor per sei quattrini.

 

Per un mese col marito  

la sposina allegra sta:

ma poi mangia il pan pentito,

e rimedio più non v'ha.

Le carezze, ~ le finezze,

son cambiate ~ in bastonate;

e l'amore se ne va

fra dispetti e povertà.

Ma non è niente:

vengono i figli.

O che dolori!

Quanti perigli!

Mamma, del pane.

Pane non c'è.

Ho tanta fame.

Povera me!

Se ti mariti,

così sarà.

Povera pazza,

sta in libertà.

(parte)

Bernardo ->

 

Scena terza

Rosina e le tre Scolare, come sopra.

 

ROSINA

Fin che il ciel mi conserva  

gli occhi e le dita, di penar non temo.

Sì, lo voglio, lo voglio, e lo vedremo.

(parla ad una scolara)

Vespina, vammi un poco

a porre un ferro immantinente al foco.

 

scolara (Vespina) ->

 

Dica pure mio padre

tutto quel che sa dire:

nasca quel che sa nascere,

io voglio il mio Giannino; e se dovessi

vivere in povertà, sotto un bastone,

dirò quello che dice la canzone:

 

Astu volesto?  

Magna de questo.

Xestu contenta?

Basta cussì.

Tante l'ha fatta

sta bella festa,

e l'ho volesta

far anca mi.

 
(ritorna la scolara, ch'era partita, a parlare all'orecchio di Rosina)

<- scolara (Vespina)

 

Davvero? Il mio Giannino  

vuol venirmi a parlar?

Dov'è mio padre?

(la scolara risponde piano)

È partito? Ci ho gusto.

Digli che venga pur.

(parla alla scolara)

Tu scalda il ferro,

guarda che caldo sia quand'io lo bramo;

ma di qua non tornar, se non ti chiamo.

 

scolara (Vespina) ->

 

Lisetta, dal merciaio

vammi a comprar del refe e della seta.

Digli, per non mandare ogni momento,

che ti dia di colori un sortimento.

(la scolara parte)

scolara (Lisetta) ->

 

 

Tu va dalla contessa:

dille se domattina

vuol ch'io vada a provarle il suo vestito,

poiché poco vi manca a esser finito.

(la scolara parte)

terza scolara ->

 

 

A parlar con Giannino io mi consolo,

ma parlare gli vo' da sola a solo.

 

Scena quarta

Giannino e Rosina.

<- Giannino

 

GIANNINO

Rosina.  

ROSINA

Vita mia.

Hai veduto mio padre?

GIANNINO

L'ho veduto

andar con delle scarpe.

ROSINA

E il fabbro?

GIANNINO

E il fabbro anch'esso

altrove è a lavorare.

ROSINA

E l'Angiolina

a venir ti ha veduto?

GIANNINO

Quando son qui venuto,

era chiuso il balcon.

ROSINA

Caro Giannino,

noi siam perseguitati;

ma, al dispetto di tutti,

il ben che ci vogliam ce lo vorremo.

GIANNINO

E se il cielo vorrà, ci sposeremo.

ROSINA

Senti, ho anch'io la mia dote,

ed ho il mio bisognetto.

GIANNINO

Anch'io non istò mal da poveretto.

ROSINA

Ho sedici camicie,

e sei di tela fina.

GIANNINO

Io ne ho fatte di nuove una dozzina.

ROSINA

Ho un abito di seta;

ne ho due di cambellotto;

due vestine, due busti, e sei sottane;

ed ho più d'un grembial di tele indiane.

GIANNINO

Ancor io per le feste

un abito ho comprato,

e un ferraiolo ed un cappel bordato.

ROSINA

E poi dalle avventore

qualche aiuto averò per farmi un letto,

quattro sedie, un armadio ed un specchietto.

GIANNINO

Ed io dai miei mercanti

comprerò delle tavole in credenza,

e farò dei lavori a questo e a quello,

per comprarti una vesta e un bell'anello.

ROSINA

Oh, caro il mio Giannino,

voglio che facciam presto.

GIANNINO

Per me son bell'e lesto.

ROSINA

Sento gente.

GIANNINO

Gente sale la scala.

Ohimè! chi mai sarà?

ROSINA

Fosse mio padre!

Vattene di là.

Presto, celati.

GIANNINO

E poi?

ROSINA

Non mi fare arrabbiar.

GIANNINO

Fo quel che vuoi.

(passa in un'altra stanza)

Giannino ->

 

Scena quinta

Rosina, poi Fabrizio.

 

ROSINA

Oh! chi è qui? Il cameriere  

di madama Costanza!

Gli ho pur detto

che non venga da me.

Mi spiace assai,

che Giannino è di là che vede e sente;

ma è buon figliuolo, non dirà niente.

 

<- Fabrizio

FABRIZIO

Buon dì, bella ragazza.  

ROSINA

Vi saluto.

FABRIZIO

Sono da voi venuto

per dirvi che madama

s'è di voi ingelosita,

e scacciommi di casa inviperita.

ROSINA

Me ne dispiace assai.

FABRIZIO

Di tal mio danno

se la cagion voi siete,

risarcirmi dovete.

ROSINA

E in che maniera?

FABRIZIO

Molto non vi domando

pe 'l mio risarcimento:

un pochino d'amore, e son contento.

ROSINA

(Povera me! Giannino

non vorrei lo sentisse.) In cortesia,

per ora andate via.

FABRIZIO

Mi discacciate?

ROSINA

Mio padre può venir; di grazia, andate.

FABRIZIO

Mandate la fanciulla,

come detto mi avete, ad avvisarmi...

ROSINA

Zitto, per carità. (Vuol rovinarmi.)

FABRIZIO

Via, via, non v'inquietate,

per or me n'anderò:

poscia ritornerò, quando non siavi

timor di qualche imbroglio.

Deh vogliatemi ben, ch'io ve ne voglio.

 

Bella, vi lascio in pace  

ma con voi resta il cor.

Deh, non mi dite audace

s'io vi domando amor,

costanza e fede.

(parte)

Fabrizio ->

 

Scena sesta

Rosina, poi Giannino.

 

ROSINA

Spero che il mio Giannino  

non avrà né veduto, né sentito;

e poi, se mio marito esser desia,

io sospetti non vo', né gelosia.

 

<- Giannino

GIANNINO
(sdegnato)

Servo suo.  

(in atto di partire)

ROSINA

Cosa è stato?

GIANNINO

Nulla. La riverisco.

(come sopra)

ROSINA

Cosa son queste scene?

Sai che ti voglio bene...

GIANNINO

Sì, obbligato;

se ti guardo mai più, sia bastonato.

ROSINA

A me, cane, assassino?

A me così favelli? In tal maniera

tratti chi ti vuol bene?

GIANNINO

Ah, son spedito:

per me il mondo è finito.

E quando men te 'l credi,

vedrai uno spettacolo ai tuoi piedi.

ROSINA

Ma via, cosa t'ho fatto?

GIANNINO

Hai tanta faccia

ancor di domandarlo?

Cospetto! lo vedrai; voglio ammazzarlo.

ROSINA

Chetati, malagrazia.

Lo conosci quell'uom?

GIANNINO
(bruscamente)

Non lo conosco.

ROSINA

Non sai che è il cameriere

di madama Costanza?

GIANNINO

Fosse ancora

il camerier d'un re,

cospettonaccio! avrà che far con me.

ROSINA

Venuto è a domandarmi

per via della padrona.

GIANNINO

Eh un uomo come me non si minchiona.

ROSINA

Orsù, signor astuto,

faccia quel che gli pare,

che co pazzi ancor io non vo' impazzare.

GIANNINO

Maledetta!

ROSINA

Insolente!

Parla bene, che or ora

meno giù a precipizio.

(alza una sedia, e lo minaccia)

GIANNINO

Anch'io, cospetto! perderò il giudizio.

(alza anch'egli una sedia)

ROSINA

(Affé, dice davvero. Colle buone

vo' pigliarlo per ora.)

GIANNINO

(Ho la rabbia nel sen che mi divora.)

ROSINA

Via, Giannino, hai ragione.

Sappi che quello è un pazzo

che con tutte vuol far l'innamorato,

e da tutte è deriso e corbellato.

GIANNINO

Bella riputazione!

ROSINA

Dici bene, hai ragione.

GIANNINO

Se l'altre sono pazze,

vuoi esserlo ancor tu?

ROSINA

Hai ragione, Giannin, non farò più.

GIANNINO

Frasca.

ROSINA

Non strapazzarmi.

GIANNINO

Perché fare arrabbiarmi?

ROSINA

Via, Giannino,

via, il mio bel piccinino,

vien dalla Rosa tua che ti vuol bene.

GIANNINO

(Ah, resister non so; ceder conviene.)

ROSINA

Guardami.

GIANNINO

Gioia mia,

non mi dar gelosia.

ROSINA

Non dubitare.

GIANNINO

Non mi far disperare.

ROSINA

Ti amo tanto,

che or or per cagion tua divengo matta.

Caro.

GIANNINO

Viscere mie.

ROSINA
(con allegrezza)

La pace è fatta.

GIANNINO

Spiacemi che convien che or me ne vada.

Non vorrei per la strada

con tuo padre incontrarmi.

ROSINA

Aspetta, aspetta:

anderò alla finestra, e se vedrò

che mio padre ci sia, ti avviserò.

GIANNINO

Quando verrà quel giorno

che senza soggezion potrò parlarti?

ROSINA

Presto, se il ciel vorrà.

Amami e non temer, che il dì verrà.

 

Ti ho voluto sempre bene,  

te ne voglio piucché mai.

Ah briccone, tu lo sai,

e vuoi farmi taroccar.

Oh benedetto ~ quel bel visino,

sì rotondetto, ~ sì galantino.

Che bei balletti, ~ che bei scherzetti,

che bei risetti ~ vogliamo far!

Non vedo l'ora, non posso star.

(parte)

Rosina ->

 

Scena settima

Giannino solo.

 

 

Ora sì posso dire  

d'essere fin agli occhi innamorato.

Lasciarla avea giurato,

giurato avea di non amar mai più,

e tornai presto presto a cascar giù.

Ah, Giannino, che fai?

Pensaci bene.

E ver, Rosina è bella,

ma mi par vanarella.

Se con questo e con quel scherzar le piace,

sarò geloso, e non avrò mai pace.

Dunque che s'ha da far?

Lasciarla? Ah no.

Lasciarla io non potrò.

Morir mi sento

solamente in pensarlo. Ah, vita mia,

sono nelle tue mani. Abbi pietà:

non mi dar gelosia, per carità.

 

Donne belle, cogli amanti  

deh, non siate sì tiranne;

non usate i vostri incanti

per schernir la fedeltà.

Vezzosette, ~ graziosette,

fate torto alla beltà

coi meschini, ~ poverini,

non usando carità.

(parte)

Giannino ->

 
 

Scena ottava

Camera di madama Costanza.
Madama Costanza, poi un Servitore.

 Q 

Costanza

 

COSTANZA

Ah no, non posso vivere  

senza il caro Fabrizio. Ehi! chi è di là?

(esce un servitore)

<- servitore

 

Per tutta la città

cerca del camerier fin che lo trovi.

Digli che da me venga,

guidalo qui con te:

se non lo trovi, avrai che far con me.

(il servo parte)

servitore ->

 

 

È ver che all'amor mio mi parve ingrato,  

ma non gli ho ancor svelato

la fiamma che per lui m'arde nel cuore,

né sa ch'io l'ami, e ch'io pretenda amore.

Se torna, com'io spero,

farò ch'egli lo sappia, e mi lusingo

ch'ei non avrà difficoltade alcuna

di comprar con amor la sua fortuna.

Parmi di sentir gente. Oh me felice,

se fosse l'idol mio! Vieni, o mio caro...

ah, ingannata mi sono. È il calzolaro.

 

Scena nona

Bernardo e la suddetta.

<- Bernardo

 

BERNARDO

Son qui, se mi permette...  

COSTANZA

Da me cosa volete?

BERNARDO

Se comanda,

proveremo le scarpe.

COSTANZA

Andate al diavolo,

voi m'avete annoiata.

BERNARDO

(Per carità, è garbata.) Favorisca.

Le scarpe le ha vedute?

COSTANZA

Ancora no.

BERNARDO

Quando le vuol provar?

COSTANZA

Quando vorrò.

BERNARDO

Ma io son pover uomo,

e non posso aspettar...

COSTANZA

Zitto. (Mi pare...

fosse questi Fabrizio! Oh che diletto

se venisse il mio bene!)

 

Scena decima

Titta e detti.

<- Titta

 
(Titta entra inchinandosi)

COSTANZA

Oh maledetto!  

TITTA

Son qui per il burrò.

COSTANZA

Vattene, seccator; ti chiamerò.

TITTA

Son venuto tre volte.

COSTANZA

E quattro, e sei,

quante volte mi par, tornar tu déi.

TITTA

Ma il mio tempo, signora...

COSTANZA

Impertinente!

(Affé, ch'io sento gente.

Questa volta senz'altro

la persona sarà ch'è a me sì cara.

Maledetto destino! è la cuffiara.)

 

Scena undicesima

Angiolina e detti.

<- Angiolina

 

ANGIOLINA

Eccomi qui di nuovo.  

La cuffia ho accomodato

come mi ha comandato.

COSTANZA

Così presto?

Lascia veder: m'aspetto

che l'abbi strapazzata per dispetto.

ANGIOLINA

Oh no, signora mia.

Se la provi, e vedrà che anderà bene.

COSTANZA

(E Fabrizio non viene.)

ANGIOLINA

Vuol che andiamo

a provarla allo specchio?

COSTANZA

Va' in buon'ora.

(E Fabrizio crudel non viene ancora?)

ANGIOLINA

E mi tratta così?...

COSTANZA

(Vo' andar io stessa

a cercar quell'ingrato.)

(in atto di partire)

BERNARDO
(a Costanza)

Le scarpe che ho portato...

COSTANZA
(a Bernardo)

Torna, e ti pagherò.

TITTA
(a Costanza)

La chiave del burrò...

COSTANZA
(a Titta)

Torna, o mi aspetta.

ANGIOLINA
(a Costanza)

E provare non vuol?...

COSTANZA
(ad Angiolina)

No, maledetta.

 

Ah, che son fuor di me.  

Smania, delira il cor.

Barbaro, crudo amor,

speme per me non v'è.

Ah, da me lungi andate;

no, non mi tormentate.

Ardo di sdegno e fremo,

ma non vo' dir perché.

(parte)

Costanza ->

 

Scena dodicesima

Angiolina, Bernardo e Titta.

 

BERNARDO

Che diavolo ha costei?  

ANGIOLINA

Pare impazzata.

TITTA

So tutto. È innamorata.

ANGIOLINA

Di chi?

TITTA

Del cameriere:

e l'ha cacciato via

per certa gelosia che stamattina

ebbe, ma con ragion, della Rosina.

BERNARDO

Di mia figlia?

TITTA

Di lei.

BERNARDO

La mia ragazza

io so che non è pazza,

che bada al suo mestiere,

e sospetto di lei non potrà avere.

ANGIOLINA

Sì certo, la Rosina

veramente è bonina;

ma se il padre se n' va poco distante,

introduce in sua casa il caro amante.

BERNARDO

Chi?

ANGIOLINA

Giannino.

BERNARDO

Da lei?

ANGIOLINA

L'ho veduto testé cogli occhi miei.

BERNARDO

Cospetto! cospettone!

Voglio precipitar.

TITTA

Mi promettete,

se Giannin l'abbandona,

che Rosa sarà mia?

BERNARDO

Sì, per dispetto,

per odio di colui, ve lo prometto.

ANGIOLINA

Briccon, m'avea promesso,

e per lei mi ha mancato.

TITTA
(all'Angiolina)

E che sì che il vedete a voi tornato?

ANGIOLINA

Volesse il ciel!

TITTA

Lasciate

operare a chi sa. Giannin conosco:

è gonzo per natura,

ed è pien di paura.

E Stamane si è gridato,

e so ch'è spaventato; e col pretesto

di far pace con noi, lo condurremo

insieme all'osteria,

e faremo ch'ei beva in allegria.

Quando avrà ben bevuto,

lasciate a me il pensiero

di far ch'egli rinunzi la Rosina,

e mantenga la fede all'Angiolina.

BERNARDO

Bravo! ma saria bene

che ci foste anche voi.

ANGIOLINA

Oh, le cuffiare

non vanno all'osteria.

TITTA

Che novità!

Perdereste la vostra nobiltà?

BERNARDO
(all'Angiolina)

Basta che vi troviate.

Di là poco lontana.

TITTA
(all'Angiolina)

Andremo all'Osteria della Fontana.

Fidatevi di me: so quel che dico.

Pria gli farò l'amico,

e poi, a poco a poco,

mi anderò riscaldando e darò foco.

 

Se sapeste che bestia ch'io sono!  

Quando voglio, nessun me la fa.

La natura mi diè questo dono,

e vedrete la mia abilità.

So sdegnarmi col labbro ridente;

quando voglio, divengo furente.

Qualche donna che finger non sa,

venga a scuola, da me imparerà.

(parte)

Titta ->

 

Scena tredicesima

Angiolina e Bernardo.

 

ANGIOLINA

Io fingere non so, ma non v'è dubbio  

che cerchi d'imparar sì gran virtù:

la mia sincerità stimo assai più.

BERNARDO

Siete dunque sincera?

ANGIOLINA

E me ne vanto.

BERNARDO

Affé, siete un incanto:

se oltre l'esser bellina avete il dono

della sincerità,

siete una rarità. Corpo di Bacco,

se vent'anni di meno

avessi sulle spalle... ma sentite:

è ver ch'i' son vecchietto,

ma il cuore tuttavia mi brilla in petto.

 

Quando veggo un bel visino,  

non ricordomi l'età,

e mi sento, poverino,

che diletto amor mi dà.

Gioia cara, gioia bella,

sono come quel soldato

veterano, sgangherato,

che sentendo la trombetta,

il tamburo o la cornetta,

si risveglia il suo valor.

Tuppe tappe gli fa il cor.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Bernardo ->

 

Scena quattordicesima

Angiolina sola.

 

 

Povero galantuom, lo compatisco;  

ma però non vorrei

consumare con esso i giorni miei.

Mi preme il mio Giannin; per acquistarlo

farò quanto potrò: ma quando mai

non l'avessi d'aver, se ho da cambiare,

non mi vo' con un vecchio accompagnare.

 

Lo voglio giovanetto,  

lo voglio galantino,

e vo' che sia bellino,

e che mi porti amor.

S'è povero, non preme:

non curo di ricchezza;

mi basta la bellezza

che mi consoli il cor.

(parte)

Angiolina ->

 
 

Scena quindicesima

Cortile che introduce ad un'osteria con tavola e panca ad uso de' bevitori.
Rosina sola.

 Q 

<- Rosina

 

 

Possibil che Giannino  

sia andato all'osteria? Me l'hanno detto,

me ne vo' assicurar. Povero lui,

se ciò è la verità. Vo' andar cercando

per tutti questi alberghi qui d'intorno:

se ti trovo, briccon, te lo prometto,

né anche a mio padre porterò rispetto.

(parte)

Rosina ->

 

Scena sedicesima

Titta allegro dal vino, Bernardo rosso in viso e Giannino mesto e stordito.

<- Titta, Bernardo, Giannino

 

TITTA

Vieni, vieni, Giannin, non sarà nulla.  

Qui all'aria si respira.

GIANNINO

Ahi, la testa mi gira.

TITTA

Siamo stati

in camera serrati,

perciò ti ha fatto male.

Ehi, camerier, portateci un boccale.

BERNARDO

Beviamo allegramente.

GIANNINO

Io non ne posso più.

BERNARDO

Povera gioventù!

Bevuto ho pure

più di Titta e Giannino,

e sono lesto come un paladino.

(traballando)

TITTA

Voglio che in avvenire

siamo buoni vicini e buoni amici,

e che giorni felici

passiamo qualche volta all'osteria.

BERNARDO

E che stiamo d'accordo in allegria.

GIANNINO

(Non ci vengo mai più. Se il sa Rosina

che venuto qua sia, povero me!)

TITTA

Giannino, così è

come ch'io ti diceva:

Rosina è cosa mia.

Cedila colle buone.

Quando no, cospettone...

cedila per tuo bene.

GIANNINO

Sì, te la cederò. (Finger conviene.)

BERNARDO

Bravo!

TITTA

Viva Giannino!

BERNARDO

È un galantuomo.

TITTA

È un amico di cor.

BERNARDO

Ti vorrò bene.

TITTA

Sarai compagno mio.

BERNARDO

La mano.

TITTA

Un bacio a me.

BERNARDO

Vo' un bacio anch'io.

(lo assaltano con finezze caricate)

GIANNINO

(Son stordito; non so dove mi sia.)

BERNARDO

Ah, la nostra allegria

ancor non è perfetta.

TITTA

E che cosa vi manca?

BERNARDO

Una donnetta.

TITTA

Bravo! almen tu non senti

della vecchiezza i danni.

BERNARDO

Parmi d'esser tornato di vent'anni.

(traballando)

GIANNINO

(Fa rabbia un vecchio pazzo

che vuol far da ragazzo.)

TITTA

Zitto, zitto,

ecco la mia fanciulla:

facciamola venir.

BERNARDO

Sì, l'Angiolina.

GIANNINO

Vado via.

TITTA
(a Giannino)

Resta qui.

BERNARDO
(verso la scena)

Vieni, carina.

 

Scena diciassettesima

Angiolina e i suddetti, poi Rosina.

<- Angiolina

 

ANGIOLINA

Eccomi. Chi mi chiama?  

TITTA

Giannino è che ti brama.

GIANNINO

Non è vero.

BERNARDO

Vieni, vieni, cor mio:

se nessuno ti vuol, ti prendo io.

TITTA

Che! non vi ricordate

l'impegno di Giannin co' la fanciulla?

BERNARDO

Non mi ricordo nulla,

mi sento in allegria:

vo' divertirmi, e l'Angiolina è mia.

ANGIOLINA

Voi non mi comodate.

TITTA
(a Bernardo)

Il pazzo non mi fate:

che, cospetto di Bacco...

BERNARDO

Di Bacco e di tabacco,

di voi non ho paura.

Voglio far ancor io la mia figura.

(vuol prender per la mano Angiolina, e va al solito traballando)

 

 

L'Angiolina è cosa mia,  

e voi altri andate via,

che la vo' tutta per me.

ANGIOLINA
(a Bernardo)

Io non so di voi che fare.

TITTA
(a Bernardo)

E tu déi lasciarla stare.

ANGIOLINA

Io Giannino vo' per me.

GIANNINO

Figlia mia, non son per te.

 

<- Rosina

ROSINA
(a Giannino)

Ah briccone, all'osteria

colle donne in compagnia?

Tu l'avrai da far con me.

GIANNINO
(a Rosina)

Con tuo padre son venuto.

ROSINA
(a Bernardo)

Bell'esempio che gli date!

TITTA

Ma Giannino ti ha ceduto,

ma tu devi sposar me.

ROSINA

Non lo credo.

GIANNINO

Non è vero.

BERNARDO
(a Rosina)

T'ha ceduto, così è.

ROSINA

Traditore ~ disgraziato,

mentitore ~ scellerato,

senza legge e senza fé.

GIANNINO

Ah Rosina!

ROSINA

Disgraziato!

GIANNINO

Gioia bella!

ROSINA

Scellerato!

GIANNINO

Vieni, o cara, vien da me.

ROSINA

Senza legge e senza fé.

(in atto di partire)

GIANNINO

Mi vien male.

(si getta sulla panca)

ROSINA

Cos'è stato?

(s'accosta a lui)

GIANNINO

Deh, soccorri il tuo Giannino.

ANGIOLINA, BERNARDO E TITTA

Ha bevuto il poverino,

altro male, no, non c'è.

ROSINA

Voglio aiutarti.

Ma non lo meriti;

(gli dà dell'acqua odorosa e gli asciuga il volto)

dovrei lasciarti

precipitar.

ANGIOLINA, BERNARDO E TITTA

Caritatevole

gli porgi aita,

ma poi le dita

ti puoi leccar.

GIANNINO

Idol mio, son rinvenuto:

ti ringrazio dell'aiuto.

Benedetta, vita mia,

sempre sia ~ la tua pietà.

ROSINA

Ah briccone, all'osteria,

colle donne in compagnia?

No, di te non ho pietà.

ANGIOLINA, BERNARDO E TITTA

Brava, brava, in verità!

TITTA

L'Angiolina ha da sposare.

ANGIOLINA

Mi ha la fé da mantenere.

BERNARDO

L'Angiolina vo' per me.

GIANNINO
(a Rosina)

Senti, senti.

ROSINA

Che cos'è?

TITTA

Vecchio pazzo, rimbambito.

BERNARDO
(a Titta)

Temerario, disgraziato!

TITTA

Oh cospetto! ad un par mio?

Ammazzare lo vogl'io.

(pone mano ad un'arma)

BERNARDO

Vieni avanti.

(mette mano anch'esso)

ROSINA, ANGIOLINA E GIANNINO

Aiuto, gente.

(si vogliono offendere, e sono tenuti)

TITTA

Insolente!

BERNARDO

Prepotente!

GIANNINO

Gente, aiuto, in carità.

 
(vengono camerieri dall'osteria con bastoni a dividerli)

<- camerieri

TITTA

Hai ragione, ci vedremo.

BERNARDO

Hai ragion, ci troveremo.

ROSINA, ANGIOLINA E GIANNINO

Pace, pace, per pietà.

TITTA

Farò pace, se Rosina

comandarmelo vorrà.

BERNARDO

Farò pace, se Angiolina

di buon cor mi pregherà.

GIANNINO
(a Rosina e Angiolina)

Via parlate, ~ via pregate:

tutto alfin si aggiusterà.

ROSINA E ANGIOLINA

Pace, pace domandiamo.

Di buon cor vi supplichiamo,

ritornate in amistà.

BERNARDO E TITTA

(accennando i bastoni)

T'avrei punto le budelle,

ma per via di queste belle,

pace, pace si farà.

ROSINA, ANGIOLINA E GIANNINO

Tutto poi si aggiusterà.

BERNARDO E TITTA

Che si beva, poffar Diana!

E la pace all'artigiana

che si faccia come va.

(danno a tutti da bere)

 

TUTTI

Pace, pace, e non più guerra.  

È felice in su la terra

chi nemico alcun non ha.

Viva, viva l'allegria

e la buona compagnia!

Pace, pace e sanità.

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Stanza della casa di Bernardo con tavolino per uso di Rosina, con vari lavori del suo mestiere e sedie di paglia.

Rosina, scolara (Vespina), scolara (Lisetta), terza scolara
 

Presto, presto, a sedere e a lavorare

Via lavora, fraschetta

 

 
Rosina, scolara (Vespina), scolara (Lisetta), terza scolara
<- Bernardo

Brava, così va bene

Rosina, scolara (Vespina), scolara (Lisetta), terza scolara
Bernardo ->

Fin che il ciel mi conserva

Rosina, scolara (Lisetta), terza scolara
scolara (Vespina) ->

Rosina, scolara (Lisetta), terza scolara
<- scolara (Vespina)

Davvero? Il mio Giannino

Rosina, scolara (Lisetta), terza scolara
scolara (Vespina) ->

Rosina, terza scolara
scolara (Lisetta) ->

Rosina
terza scolara ->

Rosina
<- Giannino

Rosina / Vita mia

Rosina
Giannino ->

Oh! chi è qui? Il cameriere

Rosina
<- Fabrizio

Buon dì, bella ragazza

Rosina
Fabrizio ->

Spero che il mio Giannino

Rosina
<- Giannino

Servo suo / Cosa è stato?

Giannino
Rosina ->

Ora sì posso dire

Giannino ->

Camera di madama Costanza.

Costanza
 

Ah no, non posso vivere

Costanza
<- servitore

Costanza
servitore ->

È ver che all'amor mio mi parve ingrato

Costanza
<- Bernardo

Son qui, se mi permette

Costanza, Bernardo
<- Titta

Oh maledetto!

Costanza, Bernardo, Titta
<- Angiolina

Eccomi qui di nuovo

Bernardo, Titta, Angiolina
Costanza ->

Che diavolo ha costei?

Bernardo, Angiolina
Titta ->

Io fingere non so, ma non v'è dubbio

Angiolina
Bernardo ->

Povero galantuom, lo compatisco

Angiolina ->

Cortile che introduce ad un'osteria con tavola e panca.

<- Rosina

Possibil che Giannino

Rosina ->
<- Titta, Bernardo, Giannino

Vieni, vieni, Giannin, non sarà nulla

Titta, Bernardo, Giannino
<- Angiolina

Eccomi. Chi mi chiama?

Bernardo, Angiolina, Titta e Giannino, poi Rosina
L'Angiolina è cosa mia
Titta, Bernardo, Giannino, Angiolina
<- Rosina
 
Titta, Bernardo, Giannino, Angiolina, Rosina
<- camerieri
 
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima
Piazzetta con varie case e botteghe ancora chiuse; vedesi appena l'alba, e a poco a poco si va rischiarando. Camera in casa di Madama. Piazzetta come nelle scene antecedenti, colle botteghe aperte del Fabbro e del Calzolaio, e di più... Stanza della casa di Bernardo con tavolino per uso di Rosina, con vari lavori del suo mestiere e sedie... Camera di madama Costanza. Cortile che introduce ad un'osteria con tavola e panca. Camera di madama Costanza. Giardino in casa di madama Costanza.
Atto primo Atto terzo

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