Atto secondo

 

Scena prima

Ricchissimo gabinetto nel palazzo reale, ornato di porcellane, d'oro, e argento, di rubini, smeraldi, e di altre gemme.
Idreno, e Zelmira.

 Q 

Idreno, Zelmira

 

IDRENO

Chi creduto l'avria? Confuso, oppresso  

del giorno all'apparir io mi ritrovo

mille perigli intorno,

e sarò lieto al declinar del giorno.

Longe non son l'arabe squadre: a tergo

d'improvviso il nemico

assalito sarà. La sua rovina

pria vedrà, che 'l suo rischio. Io vuò l'orgoglio

soffrir degli europei, fingermi amico,

secondarne ogni voto,

e trargli intanto al precipizio ignoto.

ZELMIRA

Ma Rinaldo?...

IDRENO

Cadrà: de' miei nemici

il più crudo, il più forte in lui se n' mora.

ZELMIRA

E Armida, che l'adora?...

IDRENO

In lei già troppo

si dilatò l'amor. Util fu pria,

ora nuocermi puote. Essa l'erede,

non sarà più del regno. Un figlio io voglio

procurarmi, e un successore al soglio.

ZELMIRA

Che intendo mai!

IDRENO

Tu non venisti sposa

già d'Armida al german? Quei cadde, innanzi

che il sacro rito a te 'l giungesse. Invano

io qui non ti ritenni. Alfin, Zelmira,

del sultan è voler, che a me l'unisca

indissolubil nodo. In me tu vedi

il tuo sposo, il tuo re. T'amo, e mi voglio

riamato da te: ma non ti aspetta,

ch'io m'avvilisca ai prieghi, alle insensate

languidezze mendaci, ad esser mai

tenero servilmente, o di te stessa

mi formi un nume, e ch'io lusinghi attento

il fluttuoso femminil talento.

Studi sì bassi, e rei, questa indolente

stupidità troppo comune a tanti

lascio allo stuol dei scioperanti amanti.

ZELMIRA

Ma senza il voto mio

di me dispone il padre? Egli è tiranno

della mia libertà.

IDRENO

Folle! Qual uso

di questa tua vantata

libertà ne faresti? Amami, ascondi

ciò, ch'intendesti, e al tuo dover t'appresta.

ZELMIRA

Deh, signor, io non so... (Che angustia è questa!)

(parte)

Zelmira ->

 

Scena seconda

Idreno, Armida, indi Ubaldo.

<- Armida

 

ARMIDA

S'avanza impaziente  

il nemico orator. Pensoso, e fiero

medita inganni, e stragi. Ah ti ritrovi

inflessibile ognora!

Che déi temer? Non siamo vinti ancora.

 

<- Ubaldo

UBALDO

Di quanto oprasti a nostro danno, io sono  

a chiederti ragion, ma non ricuso

pace, ch'util ci sia. Comparsi appena

della Siria ai confini

i guerrieri latini,

tu fosti il primo ad insultarci. All'empio

di Solima tiranno,

contro di cui non qui venimmo armati,

tu somministri ancora armi, e soldati.

IDRENO

Difendere gli amici

da un oppressor ferocemente invitto

in Europa, o tra voi forse è delitto?

ARMIDA

Qual mai ragion vi porta a queste sponde,

mancano a voi regni, e nemici altronde?

UBALDO

Ricordati l'offesa,

e ricercar non déi

la cagion, che ci muove a tanta impresa.

Non sol coll'armi tue, ma con ignoti

empi artifici a insidiarci inteso

tu fosti ognor. Che fan que' miei guerrieri

con vili modi industri

da te rapiti alle fatiche illustri?

Qual mai nova è cotesta

indegna arte di guerra? Avvilir tanta

altera gioventù, ridurla a segno

d'obliar la sua gloria,

e vaneggiar più folle

d'amor nell'ozio, effeminata, e molle!

ARMIDA

E qual confin preferivi

de' nemici alle offese? Osserva intorno

qual aspetto crudel di sé presenta

la Siria oppressa. Ancor pendon cadenti

le rovine frequenti

delle nostre città. Fuman di sangue

pur le campagne, e delle messi invece

serban tra i solchi accolte

le biancheggianti ancora ossa insepolte.

Piange il deluso agricoltor: costretti

sono popoli interi i prischi alberghi

mendici abbandonar: vanno un asilo

fuggitivi a cercar negli antri cupi,

nell'ime valli, o su dirotte rupi.

Regna per opra vostra alfin sicura

la crudeltà colla licenza audace,

morte, il furor, l'avidità rapace.

UBALDO

Delle sciagure altrui

qual parte a voi toccò?

ARMIDA

Ma dobbiam forse

nella strage vicina

aspettar indolenti egual rovina?

In chi fidar ne giova? In voi, che sempre

furiosi cadete in mille eccessi,

sino ad incrudelir contro voi stessi?

No, ignote non ci son le oppresse genti

e di patria, e di fé congiunte a voi,

depredate di già da voi, da tanti

vostri compagni masnadieri erranti.

IDRENO

Non più: gli odi, l'offese

tacciansi alfin. Non vi ricuso amici,

desio la pace, e a richiamar son pronto

da Solima le schiere. Intanto io rendo

liberi a te tutti i guerrieri tuoi,

che ignobile dimora

fanno in ozio servil.

ARMIDA

Rinaldo ancora?

IDRENO

Sì, quell'eroe non deve

maggiormente languir.

ARMIDA

Ma non comprendi

che mediti, che dici,

e qual nemico aggiungi a' tuoi nemici?

IDRENO

Che più temer, se l'amistà già scende

i discordi ad unir animi avversi?

Pace prometto, e prendine tu stesso

un pegno in questo amplesso.

(abbraccia Ubaldo)

Saranno a pro di voi

i miei tesori aperti, e meglio un giorno,

più che da questo dono,

il tuo gran duce apprenderà chi sono.

 

Torni la pace amica,  

splendan sereni i giorni,

ed il piacer ritorni

ad inspirarci amor.

Torni sicura, e lieta

la pastorella al prato,

e al campo abbandonato

torni l'agricoltor.

(parte)

Idreno ->

 

Scena terza

Ubaldo, Armida, indi Rinaldo.

 

UBALDO

Tanta dolcezza al mio nemico in seno  

ritrovar non sperai. Sensi di pace

da lui impara, o principessa.

ARMIDA

Ancora

non ti vantar del tuo trionfo. Ah vieni,

Rinaldo, in mio soccorso. Il re... costui...

(con affanno e tenerezza)

Il ciel... la sorte... Ognun congiura a gara

contro di me!

 

<- Rinaldo

RINALDO

Di chi paventi? Io sono  

vindice tuo: non temi, e ti consola.

ARMIDA

Io ti perdo, idol mio: costui t'invola.

(piange)

RINALDO

Involarmi? Ah che dici!

Chi sarà mai l'audace?

E temi... Oh quanto il tuo timor mi piace!

UBALDO

Principe, alfin da questo

vergognoso tuo sonno

risorgi, e te rendi a te stesso omai:

già t'avvilisti, e delirasti assai.

Non obbligarmi intanto

violenza ad usarti...

RINALDO

Ah come! Io sono con impeto

forse tuo schiavo? E pensi a mio dispetto...

trema: io mi sento ancor Rinaldo in petto.

UBALDO

Veramente tu mostri

gran prova di valor! Vado i tuoi fasti

nel campo a celebrar.

(in atto di partire)

RINALDO

Fermati. Ah troppo

indiscreto tu sei! No, non conosci

di un affetto il poter...

UBALDO

So, che son tutti

necessari gli affetti, e so, che sono

destinati a servir: che se non stanno

al lor dover soggetti,

la colpa è sol di noi, non degli affetti.

 

All'agitata prora  

sono d'inciampo i venti,

ma senza venti ancora,

non può solcar il mar.

Come il nocchiero accorto

modera i loro eccessi,

va con que' venti istessi

in porto ~ o a naufragar.

(parte)

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Ubaldo ->

 

Scena quarta

Armida, Rinaldo, indi Clotarco.

 

ARMIDA

Dimmi, Rinaldo, adesso  

ch'io mi tormento invan, che troppo ingiusti

sono i sospetti miei, che moriresti

prima d'essermi infido,

e prima di partir da questo lido!

RINALDO

Ma che temi, idol mio? Forse non t'amo,

forse io parto da te? L'altrui minacce

mi sgomentano forse?

 

<- Clotarco

CLOTARCO

Al re s'affretta  

torbido, e fiero Ubaldo, e vuol, che Idreno

or t'obblighi a partir. Onde l'indugio

non riproduca inciampo,

vuol trarti a forza, e ricondurti al campo.

RINALDO

Come? A forza rapirmi! E quale è questa

col re nemico intelligenza?

ARMIDA

Idreno

con questi erranti usurpatori alfine

o sincera, o mendace

sulla rovina mia fermò sua pace.

Ne sei, Rinaldo, il caro prezzo: io sono

la vittima infelice!

(piange)

RINALDO

Armida amata!

Al re mi affretto: il barbaro vedrai

impallidire in faccia a me: la reggia

di sangue inonderò. Ma nel mio affanno

il tormento maggiore,

principessa adorata, è il tuo dolore!

 

Se la pace alfin bramate,  

non piangete, amati rai:

voi sapete, che mi fate

tutta l'anima gelar.

Luci belle, ognor vi amai,

e se liete, o meste siete,

voi mi date, o mi togliete

quel valor, ch'io debbo usar.

(parte)

Rinaldo ->

 

Scena quinta

Armida, Clotarco, indi Zelmira.

 

ARMIDA

Prence, pietà di me: fa', che il tuo duce  

al nuovo giorno almeno

differisca a partir. Giacché prepara

colpo sì atroce alla sventura mia,

così subito il colpo almen non sia.

(parte)

Armida ->

 

CLOTARCO

Amor come governi

i tuoi seguaci! Il peso anch'io comincio

de' tuoi lacci a sentir.

 

<- Zelmira

ZELMIRA

Fuggi, o Clotarco:  

va crescendo il periglio.

CLOTARCO

Ah come!

ZELMIRA

Idreno

agli Europei morte minaccia: amico

per tradirvi s'infinse. Ancor mi resta

una via di salvarti.

CLOTARCO

Ed il mio duce...

e Rinaldo... Ah che dici! Io vuò con essi

o vincere, o morir.

ZELMIRA

L'istesso scampo

anche loro aprirò. Vieni, fuggiamo

da un tiranno crudel.

CLOTARCO

Dunque confonde

te ancor nel suo furore?

ZELMIRA

Egli sua sposa

mi vuole al nuovo dì: più della morte

io l'aborro, il detesto,

ma tutto ho da temer, s'io qui m'arresto.

CLOTARCO

Ah, principessa, e dove

vorrai meco fuggir? Fra schiere armate,

tra i rischi della guerra?...

ZELMIRA

Io vuò, che guida,

che tu scorta mi sii, finché in Egitto

ricondotta sicura,

tu giudichi in faccia al genitore

l'innocente mia fuga, il mio timore.

Se in te non trovo aita, a cui poss'io

ricorrer più? Deh non lasciarmi esposta

alle brame di un empio! A me tu rendi

la pietà, ch'ho di te.

CLOTARCO

Zelmira amata,

mi fai tremar! Tu sei... Sappi, mio bene,

ch'ogni periglio tuo già mio diviene.

 

Nel dubbio cimento  

non temo la sorte:

mi rende più forte

l'istesso timor.

L'ingiusto tiranno

non è, ch'io pavento,

ma il barbaro affanno,

che soffre il tuo cor.

(parte con Zelmira)

Clotarco, Zelmira ->

 
 

Scena sesta

Amenissimo giardino con viali, e cespugli di fiori, diversi alberi fruttiferi, fontane, statue di alabastro, e di bronzo, e sedili di verdura all'intorno. Grande scala in prospetto, e in maggior lontananza scopresi tra l'intreccio de' suddetti viali il magnifico real palazzo.
Idreno con séguito di Soldati.

 Q 

Idreno, soldati, statue, ninfe

 

IDRENO

Soldati, ove declive in verso il fiume  

la città degradando apre l'uscita,

solleciti correte. Infra le opache

dalle selve imminenti ingombre sponde

della via sinuosa

cauti alfin vi celate. Ivi a momenti

Rinaldo, il latin duce, e i suoi rapaci

insolenti seguaci

sicuri passeran. Voi d'improvviso

gli assalite, opprimete. Essi non hanno

difesa, o scampo: è loro il fiume a fronte,

a tergo la città, daccanto il monte.

De' nemici così più duri, e forti

se il numero scemate,

Asia fia vincitrice. Udiste? Andate.

 
(partono i soldati)

soldati ->

 

Scena settima

Ubaldo, e detto.

<- Ubaldo

 

UBALDO

Sire, al meriggio inclina il giorno: io devo  

senza indugio partir. Viviamo amici,

adempi le promesse, e il contumace

Rinaldo a me tu rendi.

IDRENO

Il prence invitto

persuaso è di già. Sa, che s'estinse

ogni sdegno tra noi, né più contrasta

indocile a seguirti. I tuoi disegni

secondi il ciel: suddita l'Asia, e 'l mondo

torni a soffrire amico

del gran genio latino il freno antico.

(parte)

Idreno ->

 

Scena ottava

Rinaldo, e Ubaldo.

<- Rinaldo

 

RINALDO

Ah dunque è ver, che tu per sempre, o duce,  

dal mio ben mi dividi?

UBALDO

Anzi la gloria

di superar te stesso

tutta da tua virtù s'attende adesso.

RINALDO

A questo colpo Armida

preparata non è!

UBALDO

Scordati alfine

quell'affetto, quel nome

quel fatal volto...

RINALDO

Il vorrei far, ma come?

UBALDO

Vieni, seguimi, fuggi,

da lei t'invola accorto.

RINALDO

Ma impressa in mente, e nel mio cor la porto.

UBALDO

E a questo segno una tiranna adori,

che già tanti tradì, ch'ama vedersi

languir gli amanti intorno, ed ella invece

solo degli occhi sui

il trionfo crudel ama in altrui?

Te così pure inganna: in te lusinga

un nemico, che teme, e in suo pensiero

t'odia, ordisce tua morte...

RINALDO

Ah non è vero!

Io conosco quel cor.

UBALDO

A un cieco affetto

dunque opporsi non sa la tua ragione?

RINALDO

Sì, la ragion si oppone,

ma incerta, e lenta, o s'agita sospinta

ch'ella forse ha piacer di restar vinta.

UBALDO

No, non credo, che sia

sì debole Rinaldo. Alma sì grande

non è nata al languir. La patria, il mondo

molto aspetta da te. Tu sei d'Europa

il sostegno, e l'onor: d'Asia nemica

il terrore tu sei: la sua rovina

essa può prolungar, sol quanto inerme

tu qui resti racchiuso. Ah, prence, omai

vendica l'onor tuo: quel braccio forte

ad emendar t'affretti

l'ozio di questa reggia! Io già rimiro

crollar Solima a terra, e a' piedi tuoi

supplici i re dell'Asia o chieder pace,

o del loro fasto in pena

stender la mano alla servil catena.

Vieni, ai trofei ti guido: ogni momento

si usurpa alla vittoria.

RINALDO

Ah sì, ti seguo,

guidami dove vuoi. Ma... Armida... Oh dio!

L'eviterò. Verso la via del fiume

tu mi precedi.

UBALDO

(abbracciandolo)

Invitto prence! Estinto

qui sia l'ardor.

RINALDO

Non dubitarne.

UBALDO

(Ho vinto.)

(parte)

Ubaldo ->

 

Scena nona

Rinaldo, indi Armida.

 

RINALDO

Amiche sponde, addio, dove d'amore  

appresi a sospirar. Ad ogni passo

nel pensier mi destate

tenere idee, dolci memorie, e voti,

e mille nel mio cor soavi moti.

Addio dunque per sempre. Assai mi costa

il dovervi lasciar! Non la seconda

amenità, che in questa parte, e in quella

riproduce sé stessa ognor più bella,

ma l'amabil aspetto

dell'idol mio, che spesso in voi soggiorna,

così belle vi fa, così v'adorna.

Oh quante volte ancora

più care ognor mi tornerete in mente!

Quanto il mio ben v'invidierò sovente!

(in atto di partire s'incontra con Armida)

(Armida! Oh ciel!)

 

<- Armida

ARMIDA

Mio caro prence, ah quanto  

io debbo alla tua fé! So, che costante

tu ricusi partir, che sempre fisse

hai le tue brame in me.

RINALDO

Ma chi te 'l disse?

ARMIDA

Io stessa a Idreno in faccia

ti vidi minacciar. Meco vivrai

più lieto altrove: io voglio...

RINALDO

Ah tu non sai,

che il mio dover, la fé...

ARMIDA
(turbandosi)

Come?

RINALDO

Sì lieti

non ci vuole il destino: al suo rigore,

Armida, invan ti opponi,

ma vuol (dicasi alfin) ch'io t'abbandoni.

ARMIDA

Abbandonarmi! E sin ad ora, ingrato,

mi tradisti così? Con tal costanza

dirlo tu puoi? Né pensi al m io tormento...

Crudel!... Misera me! Morir mi sento.

(si pone a sedere)

RINALDO

Oh dio! Tu non sai, come

tremo, agghiaccio in parlarti. Ah non son io,

che ingrato a te, ben mio,

lasciarti or voglia mai. Troppo mi piaci,

troppo cara mi sei,

troppo meriti i puri affetti miei.

Ma la legge, il dover, la patria, e cento

obblighi sacri, ahi lasso!

mi costringono, o cara, a sì gran passo.

ARMIDA

Rinaldo abbandonarmi! E vuoi, ch'io 'l creda?

E Rinaldo il potrà dopo le tante

replicate promesse

d'un reciproco amor, le prove, i pegni

della mia fé, dopo che a me non piace

che il suo piacer, che più non so, non posso

voler, che a voglia sua, che a me la morte

saria minor tormento,

che di lui restar priva un sol momento?

Ah no 'l credo, idol mio! Troppo conosco

il tuo bel cor: di crudeltà sì nera

no, capace non sei. Tu vuoi con questi

indiscreti pretesti

tormentarmi così. Ma infin l'affanno,

adorato mio bene,

mi è caro ognor, quando da te mi viene!

RINALDO

Non lusingarti, Armida. Io son purtroppo

a lasciarti costretto, involontario

esserti traditore,

a divenire ingrato a tanto amore!

ARMIDA

Barbaro, e ti compiaci

di vedermi morir? Deh quando mai

io da te meritai

compenso sì crudel! La sola idea

di perderti m'uccide, eppur tu vuoi,

spaventando il mio affetto,

che perfido io ti creda a mio dispetto?

Se mi vedessi il cor! Più grave affanno

del mio, no, che non dessi!

No, che non sono al par di te, tiranno,

insensibili tanto i tronchi... i sassi.

 
Sviene, e intanto si spiccano dai loro piedistalli le Statue del giardino. Escono pure delle Ninfe dai cespugli, ed insieme intrecciano intorno a Rinaldo un piccol ballo, esprimendo con acconci movimenti il lor dolore per l'affanno di Armida, e tentando di ricondurre a lei Rinaldo, il quale attonito, e confuso sta irresoluto tra il partire, e il restarsene, e finalmente si accosta ad Armida.
 

RINALDO

Che m'avvenne, infelice! Io non comprendo,  

se son desto, o deliro,

e s'è finto, od è ver ciò, che rimiro!

Ah che finto non è 'l dolor, che opprime

i sensi a lei, che langue. E potrò mai

lasciarla in questo stato!

Ella tanto fedele, io tanto ingrato!

Deh consolati, Armida, amata speme

di questo cor! Non partirò, non voglio

che il tuo voler. Ti offesi, il so: ne sono

pentito alfin: bell'idol mio, perdono.

E Rinaldo, che priega... Eppur s'io resto,

Ubaldo che dirà? S'io parto... Ah quale

barbara angustia è questa!

Armida che dirà, quando fia desta?

Dunque... misero me!

 

Scena decima

Ubaldo: al suo comparire si dileguano i Ballerini, e le Ninfe.

<- Ubaldo

statue, ninfe ->

 

UBALDO

Prence, t'affretta.  

Idreno ci tradisce: ogni dimora

senza scampo ci perde.

RINALDO

(accennandogli Armida)

Ah, duce, osserva,

s'io posso abbandonar...

UBALDO

(lo prende per la mano)

Vieni, rammenta

il comun rischio, il tuo dover.

RINALDO

Potessi

vederla almen riscotersi dal duolo!

UBALDO

O meco parti adesso, o parto solo.

(lo lascia con sdegno, e in atto di partire)

RINALDO

(si lacera di dosso, e getta le ghirlande di fiori, che l'adornavano)

Che crudeltà! Ferma: ti seguo. A terra

voi del mio amor misere insegne. Addio,

principessa infelice. Il ciel ti serbi

a un amante di me più fortunato,

né più 'l costringa a divenirti ingrato.

(s'incammina, e poi di nuovo si ferma)

UBALDO

E ancor t'arresti?

RINALDO

Oh dio!

UBALDO

Perché pensoso...

 

RINALDO

Confuso... dubbioso...  

Non vado... non resto...

Che stato funesto!

Che passo crudel!

 
(parte con Ubaldo, e si rivolge sovente con tenerezza a riguardare Armida)

Ubaldo, Rinaldo ->

 

Scena undicesima

Armida, indi Zelmira.

 

ARMIDA

Barbaro! E ardisci ancor... vedi, se t'amo:  

vieni, e placata io sono:

ma non dirmi più mai...

(si avvede, che manca Rinaldo, e si alza con stupore)

Con chi ragiono?

Infelice! Ei partì. Rinaldo, oh dio!

(va d'intorno ricercandone con affanno)

Perché fuggi da me? Parla, rispondi.

Rinaldo, anima mia, dove t'ascondi?

Che crudeltà, qui sola,

e oppressa dal dolor, ch'ei mi cagiona,

quel barbaro mi vede, e m'abbandona!

No, sì crudel non è: m'ama, conosco

tutto il suo cor... Ah del suo amore i fregi

(osservando le ghirlande di fiori deposte da Rinaldo)

qui sparse, e lacerò!

(con impeto)

Qual altra io cerco

prova dell'odio suo? M'aborre, e fugge,

ed io mi lusingai... Dunque sì presto

disperarne dovrò? Chi sa? Potrebbe

quindi non lunge... eccolo: parmi... io miro

è desso: eppur... misera me, deliro!

Spergiuro! A lui chi per pietà mi guida?

Sì, vuò svenarlo io stessa, e voglio...

 

<- Zelmira

ZELMIRA

Armida,  

tutta d'armati, e d'armi

empie il re la città: freme, e fa quindi

ogn'angolo osservarne, ed ogni lido.

ARMIDA

E Rinaldo?

ZELMIRA

Partì.

ARMIDA

Partì l'infido!

ZELMIRA

Forse co' suoi compagni

egli a perir s'invia. Le insidie altrui

loro scopersi invan.

ARMIDA

Come?

ZELMIRA

Dispose

Idreno, che sian tutti

nell'uscir dalle mura

trafitti gli europei.

ARMIDA

Mancava ancora

alle sventure mie questa sventura!

E Rinaldo in periglio!... Ah sì l'ingrato

cada, e miri, in cader, l'empio omicida,

e chiami invano in suo soccorso Armida.

È un traditor... Ma non potrebbe un giorno

del suo rigor pentito... Ah si difenda

una vita sì cara! O almen con lui

voglio morire anch'io.

È un ingrato, lo so, ma è l'idol mio.

 

Dopo un soave affetto,  

che ci avvampò nel seno,

ditemi, amanti, almeno,

se disarmar si può!

Vorrei scacciar dal petto

l'autor del mio tormento,

e in petto ognor lo sento,

ma discacciar no 'l so.

(parte)

Armida ->

 

Scena dodicesima

Zelmira, indi Clotarco.

 

ZELMIRA

Oh come amore ora l'affanna, or l'ira!  

 

<- Clotarco

CLOTARCO

Siam perduti, o Zelmira.  

Occupa il re la via, che al nostro scampo

tu pietose insegnasti. Ubaldo invano

l'uscita ne tentò. Sospetta Idreno

del tradimento tuo: me pur minaccia

tuo complice, ed amico. A noi non resta

più difesa a sperar.

ZELMIRA

Seguimi: ancora

una via troverò...

CLOTARCO

Dove? Se tutta

ingombrano i custodi

l'inimica città!

ZELMIRA

Dunque vorrai

aspettar morte? Avventurar conviene

tutto a nostra difesa.

Ha gran parte la sorte in ogni impresa.

 

Prema tranquillo il lido,  

freni l'avara speme,

chi teme ~ ognora infido,

e senza calma il mar.

L'immensità profonda

miri da lunge, e altero

rimiri errar per l'onda

il provvido nocchiero,

e lieto ritornar.

(parte con Clotarco)

Zelmira, Clotarco ->

 
 

Scena tredicesima

Accampamento degli europei in vicinanza di Damasco, dove i Fanti sono schierati, e attendati sul colle, e la cavalleria nel piano. Veduta di una parte della città.
Rinaldo, e Ubaldo.

 Q 

fanti, cavalleria, Rinaldo, Ubaldo

 

RINALDO

Lascia, ch'io la raggiunga. Essa affannosa  

verso di noi correa,

ma l'inimica, e rea

turba la circondò! Non merta amore

tanta pietà? Senza di lei noi forse

non eravam perduti? Oh troppo fida,

adorabile Armida! Io fiero, ingrato

ti abbandono, t'uccido, e tu pietosa

a salvarmi ti affretti,

con provvido consiglio

tu vieni a parte ancor del mio periglio!

UBALDO

Rinaldo, alla sua cura

son grato anch'io. Dal traditore Idreno

distinguerla saprò, ma se t'inoltri

ora sull'orme sue, ti perdi, o almeno

il rischio tuo rinnovi. Eccoti alfine

tra quei compagni a soggiogare eletti

l'oriente infedel. Ciascun t'aspetta

la nostra a vendicar comune offesa,

ed a finir la ben comincia impresa.

Leggi, al veder te sciolto,

leggi a ciascuno il suo piacer in volto.

Vieni.

RINALDO

Ma pria del mio furore il peso

ne senta Idreno. Egli ad Armida, a noi

nemico è già. Comincerò da questa

le mie vittorie. Andiam.

(in atto di partire)

 

Scena quattordicesima

Armida frettolosa con séguito di Guardie, e detti.

<- Armida, guardie

 

ARMIDA

Prence, t'arresta.  

Da te Armida tradita, e che pur giunse

con suo rischio a salvarti,

ascolta ancor per un momento, e parti.

No, Rinaldo, io non vengo

la tua perfidia a rinfacciarti, i nostri

affetti a rammentar, o le funeste

tue mendaci proteste.

Merito l'odio tuo: son rea, lo vedo,

perché troppo t'amai, perché non posso

di te scordarmi, e ti difendo ognora:

mi tradisci, m'opprimi, e t'amo ancora.

Pietà cerco da te, pietà, ch'è degna

del tuo cor generoso...

RINALDO

Ah principessa,

più non farmi arrossir. Barbaro, ingrato

so, che teco son io, ma con mia pena,

ma costretto lo sono. All'amor mio

si oppone il mio dover: m'accusa il mondo,

la gloria mi richiama,

né vuol, che l'età mia consumi intera

a idolatrare una beltà straniera.

La tua costanza ammiro: io so, che m'ami,

questa vita è tuo dono: io mi rammento

le promesse, gli affetti... Ah per tua pace

un infelice oblia,

che sol per suo dover fu traditore,

ma che d'esserlo geme, e n'ha rossore.

ARMIDA

Sei tu, ch'ora mi opponi

questo ignoto dover? Ma quando ancora

non amarmi potevi, o allorché osasti

un'infelice lusingar, non era

questo dover sì necessario, o forse

egli era in quell'istante

invincibile meno, e men costante?

Crudel! Libero allora

e di amare, e d'odiare, dunque d'amarmi

scegliesti per mio duolo,

per oltraggiarmi, e per tradirmi solo!

(piange)

RINALDO

Duce, pietà, consiglio: a quel suo pianto

più resister non so.

UBALDO

Deh principessa,

s'ami Rinaldo, ama il suo onor: non tenta

d'indebolirlo più. Rendilo alfine

alla patria, e a sé stesso,

ed alla gloria sua.

ARMIDA

No non pretendo

d'insidiare il suo cor. Segua la via,

che a lui la gloria addita, io sol ricerco

un asilo fra voi. M'uccide Idreno,

se in Damasco rientro. Io sarò sempre,

Rinaldo (ah non più mio!) qual tu mi brami

tua preda, e schiava, e de' perigli tuoi,

se tu a parte mi vuoi, son lieta assai,

nemmen d'amor ti parlerò più mai.

Così tenue pietà pur si concede

a' nemici più rei,

che a me s'abbia a negar temer dovrei?

UBALDO

Armida a questo segno

non avvilirti. Avrai pronta difesa

ora dall'armi nostre. In questo campo

a noi lasciarti, e a te restar non lice.

ARMIDA

E Rinaldo che dice?

RINALDO

Udisti? Io sento

tanta pietà di te... Ma a voglia mia

più dispor non poss'io. Credimi, o cara,

non è sdegno, o disprezzo...

ARMIDA

Tu compensi il mio amor con questo prezzo?

Di compianger tu fingi

la mia sorte crudele, ed il mio scorno,

come d'amarmi, empio, fingesti un giorno.

M'odii? Estinta mi vuoi? Barbaro, io vado

ad appagarti alfine. Ah per chi mai

tanto amor, tanta fé, numi, io serbai!

 

 

Partirò, ma pensa, ingrato,  

che tradita io son da te.

RINALDO

Idol mio, condanna il fato,

non accusa la mia fé.

UBALDO

(ad Armida)

Soffri in pace le tue pene.

(a Rinaldo)

Tu rammenta il tuo dover.

ARMIDA

Infedele!

RINALDO

Addio mio bene.

UBALDO

Ah se alfin partir conviene.

RINALDO

Non si torni a sospirar!

Insieme

ARMIDA

Non mi vegga a sospirar!

(Rinaldo, ed Ubaldo s'incamminano verso le tende, bensì Rinaldo si arresta a ciascun passo ad osservare Armida)

ARMIDA

Traditor... ma fugge... oh dèi!...

senti pria... non so... vorrei...

(agitata)

Si confonde il mio pensier!

RINALDO

Cara, io t'amo... e torno anch'io...

(con impeto si libera da Ubaldo, e si avvicina ad Armida)

UBALDO
(con sdegno)

Se sì debole tu sei

va', ritorna a delirar.

ARMIDA

Dimmi almen...

RINALDO

Mio bene, addio.

(confuso guardando Ubaldo, ed allontanandosi da Armida)

Tu non puoi vedermi il cor!

ARMIDA, RINALDO E UBALDO

Se produci un tanto affanno,

ah sei pur tiranno ~ amor!

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Ricchissimo gabinetto nel palazzo reale, ornato di porcellane, d'oro, e argento, di rubini, smeraldi, e di altre gemme.

Idreno, Zelmira
 

Chi creduto l'avria? Confuso, oppresso

Idreno
Zelmira ->
Idreno
<- Armida

S'avanza impaziente

Idreno, Armida
<- Ubaldo

Di quanto oprasti a nostro danno

Armida, Ubaldo
Idreno ->

Tanta dolcezza al mio nemico in seno

Armida, Ubaldo
<- Rinaldo

Di chi paventi? Io sono

Armida, Rinaldo
Ubaldo ->

Dimmi, Rinaldo, adesso

Armida, Rinaldo
<- Clotarco

Al re s'affretta torbido, e fiero Ubaldo

Armida, Clotarco
Rinaldo ->

Prence, pietà di me: fa', che il tuo duce

Clotarco
Armida ->

Clotarco
<- Zelmira

Fuggi, o Clotarco

Clotarco, Zelmira ->

Amenissimo giardino con viali, e cespugli di fiori, diversi alberi fruttiferi, fontane, statue di alabastro, e di bronzo, e sedili di verdura all'intorno; grande scala in prospetto, e in maggior lontananza scopresi tra l'intreccio de' suddetti viali il magnifico real palazzo.

Idreno, soldati, statue, ninfe
 

(statue e ninfe nascoste)

Soldati, ove declive in verso il fiume

Idreno, statue, ninfe
soldati ->
Idreno, statue, ninfe
<- Ubaldo

Sire, al meriggio inclina il giorno

statue, ninfe, Ubaldo
Idreno ->
statue, ninfe, Ubaldo
<- Rinaldo

Ah dunque è ver, che tu per sempre

statue, ninfe, Rinaldo
Ubaldo ->

Amiche sponde, addio, dove d'amore

statue, ninfe, Rinaldo
<- Armida

Mio caro prence, ah quanto

(Armida sviene, e intanto si spiccano dai loro piedistalli le statue del giardino; escono pure delle ninfe dai cespugli, ed insieme intrecciano intorno a Rinaldo un piccol ballo)

Che m'avvenne, infelice! Io non comprendo

statue, ninfe, Rinaldo, Armida
<- Ubaldo
Rinaldo, Armida, Ubaldo
statue, ninfe ->

Prence, t'affretta

Armida
Ubaldo, Rinaldo ->

(Armida rinviene)

Barbaro! E ardisci ancor... vedi, se t'amo

Armida
<- Zelmira

Armida, tutta d'armati

Zelmira
Armida ->

Oh come amore ora l'affanna, or l'ira!

Zelmira
<- Clotarco

Siam perduti, o Zelmira

Zelmira, Clotarco ->

Accampamento degli europei in vicinanza di Damasco; veduta di una parte della città.

fanti, cavalleria, Rinaldo, Ubaldo
 

Lascia, ch'io la raggiunga

fanti, cavalleria, Rinaldo, Ubaldo
<- Armida, guardie

Prence, t'arresta

Armida, Rinaldo e Ubaldo
Partirò, ma pensa, ingrato
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima
Gran sala nella reggia di Damasco ornata di trofei militari, destinata per le adunanze del real consiglio,... Luogo nelle vicinanze di Damasco, in cui sorge un alto monte ricoperto di ghiaccio e di neve, con dirupi sul... Atrio a mosaico corrispondente al giardino di Armida: in prospetto la gran porta del... Ricchissimo gabinetto nel palazzo reale, ornato di porcellane, d'oro, e argento, di rubini, smeraldi, e di... Amenissimo giardino con viali, e cespugli di fiori, diversi alberi fruttiferi, fontane, statue di alabastro,... Accampamento degli europei in vicinanza di Damasco; veduta di una parte della città. Sotterranea illuminata da lampade a diversi lumi con all'intorno tutti gli... Cortile nel palazzo reale. Magnifico palazzo di Armida. Resta una deserta campagna, nella quale si veggono parecchi mostri.
Atto primo Atto terzo

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