Parte prima

 

Immagine d'epoca ()

[Ouverture]

 N 

Allegro assai (re maggiore)
Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.
 

Scena prima

Area spaziosa destinata alle solenni adunanze pastorali, limitata da una corona d'altissime e fronzute querce che vagamente distribuite all'intorno conciliano un'ombra freschissima e sacra. Veggonsi lungo la serie degli alberi verdi rialzamenti di terreno presentati dalla natura e in varia forma inclinati dall'arte per uso di sedervi con graziosa irregolarità i pastori. Nel mezzo sorge un altare agreste, in cui vedesi scolpito l'animal prodigioso da cui si dice che pigliasse il nome la città d'Alba. Dagl'intervalli che s'aprono fra un albero e l'altro si domina una deliziosa e ridente campagna, sparsa di qualche capanna e cinta in mediocre distanza d'amene colline onde scendono copiosi e limpidi rivi. L'orizzonte va a terminare in azzurrissime montagne, le cui cime si perdono in un cielo purissimo e sereno.

 Q 

grazie, geni

 
[N. 1 - Balletto]

 N 

Andante grazioso (sol maggiore)
Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 corni.
 
Venere in atto di scender dal suo carro. Ascanio a lato di esso. Le Grazie e quantità di Geni che cantano e danzano accompagnando la dèa. Scesa questa, il carro velato da una legger nuvoletta si dilegua per l'aria.

<- Venere, Ascanio

 
[N. 2 - Coro di Geni e Grazie]

 N 

Allegro (re maggiore)
Archi, 2 flauti/oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.
 

CORO DI GENI

Di te più amabile,  

né dèa maggiore,

celeste Venere,

no, non si dà.

PARTE DEL CORO
I

Tu sei degli uomini,

o dèa, l'amore:

di te sua gloria

il ciel si fa.

PARTE DEL CORO
II

Se gode un popolo

del tuo favore,

più dolce imperio

cercar non sa.

CORO

Con fren sì placido

reggi ogni core,

che più non bramasi

la libertà.

 
Recitativo
(al suo séguito che si ritira nell'indietro della scena disponendosi vagamente)

VENERE

Geni, Grazie ed Amori,  

fermate il piè, tacete;

frenate, sospendete,

fide colombe, il volo:

questo è il sacro al mio nume amico suolo.

Ecco, Ascanio, mia speme, ecco le piagge

che visitammo insieme

il tuo gran padre ed io. Quel tempo ancora

con piacer mi rammento. Anco i presagi

parvero disegnar che un giorno fora

del mio favore oggetto

questo popolo eletto.

(accennando l'altare)

In quell'altare

vedi la belva incisa

che, d'insolite lane ornata il tergo,

a noi comparve. Il grand'Enea lo pose

per memoria del fatto: e quindi 'l nome

prenderà la città ch'oggi da noi

avrà illustre principio. Io fin d'allora

qui delle grazie mie prodiga sono

al popolo felice, e qui 'l mio core

fa sovente ritorno

dalla beata sfera ove soggiorno.

Ma qui presente ognora

con la mia deità regnar non posso:

tu qui regna in mia vece. Il grande, il pio,

il tuo buon genitor, che d'Ilio venne

a le sponde latine, or vive in cielo

altro dio fra gli dèi:

e soave mia cura ora tu sei.

ASCANIO

Madre, che tal ti piace

esser da me chiamata anzi che dèa,

quanto ti deggio mai!

VENERE

Già quattro volte, il sai,

condusse il sol su questi verdi colli

il pomifero autunno,

dacché al popolo amico il don promisi

de la cara mia stirpe. Ognuno attende,

ognun brama vederti: all'are intorno

ognun supplice cade, e il bel momento

affretta ognun con cento voti e cento.

 
[N. 3 - Aria]

 N 

Allegro (sol maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.

L'ombra de' rami tuoi  

l'amico suolo aspetta.

Vivi, mia pianta eletta:

degna sarai di me.

Già questo cor comprende

quel che sarai di poi,

già di sue cure intende

l'opra lodarsi in te.

 
Recitativo

ASCANIO

Ma la ninfa gentil che il seme onora  

d'Ercole invitto?... Ah di'... la sposa mia,

Silvia, Silvia dov'è? Tanto di lei

tu parlasti al mio cor, tanto la fama

n'empie sua tromba, e tanto bene aspetta

da le mie nozze il mondo...

VENERE

Amata prole,

pria che s'asconda il sole

sposo sarai de la più saggia ninfa

che di sangue divin nascesse mai.

Già sui raggi dell'alba in sonno apparvi

ad Aceste custode

de la vergine illustre. Egli già scende

dal sacro albergo e, al popolo felice

e a la ninfa tuo bene

del fausto annuncio apportator, qui viene.

ASCANIO

Ah, cara madre... dimmi...

dunque vicina è l'ora?...

Ma chi sa s'ella m'ami?

VENERE

Ella ti adora.

ASCANIO

Se mai più non mi vide!

VENERE

A lei son note

le tue sembianze.

ASCANIO

E come?

VENERE

Amor, per cenno mio,

ordì nobile inganno.

ASCANIO

E che mai fece?

VENERE

Volge il quart'anno omai

che de la ninfa a lato

Amor veglia in tua vece. Ei le tue forme

veste appunto qual te. Tali le gote,

tai le labbra e le luci e tai le chiome,

tale il suon de le voci. Appunto come

l'un'all'altra colomba

del mio carro somiglia,

tale Amor ti somiglia.

ASCANIO

E quale, o dèa,

presso all'amata ninfa

è l'ufficio d'Amore?

VENERE

In sonno a lei

misto tra' lievi sogni appare ognora.

Te stesso a lei dipinge; e tal ne ingombra

la giovinetta mente,

che te, vegliando ancora,

la vaga fantasia sempre ha presente.

ASCANIO

Che leggiadro prodigio

tu mi sveli, o gran dèa! Ma che più tardo?

Voliam dunque a la ninfa. A' piedi suoi

giurar vo' la mia fé...

VENERE

Solo tu devi

ire in traccia di lei;

me chiaman altre cure:

non è solo un mortal caro agli dèi.

ASCANIO

Sì, le dirò ch'io sono

Ascanio tuo, che questo cor l'adora,

che di celeste diva

stirpe son io...

VENERE

No, non scoprirti ancora.

ASCANIO

Oh ciel! Perché?

VENERE

Ti fida.

Vedila pur; ma taci

chi tu sei, donde vieni e chi ti guida.

ASCANIO

Che silenzio crudel!

VENERE

Dimmi, non brami

veder con gli occhi tuoi fino a qual segno

Silvia t'adori? A qual sublime arrivi

la sua virtù? Quanto sia degno oggetto

d'amor, di meraviglia e di rispetto?

Questa dunque è la via.

ASCANIO

Dunque s'adempia,

o madre, il tuo voler. Giuro celarmi

fin che a te piace. Oggi mostrar ti voglio

sin dove anch'io son d'ubbidir capace.

VENERE

Vieni al mio seno. A quella docil mente,

a quel tenero core, a quel rispetto

che nutri per gli dèi ti riconosco

prole più degna ognora

e del padre e di me. Qui fra momenti

mi rivedrai. De la tua sposa intanto

cauto ricerca: ammira

come di bei costumi

a te per tempo ordisce

la tua felicità, come con lei

nella mirabil opra

e l'arte e la natura e il ciel s'adopra.

(in atto di partire)

 
[N. 4 - Coro di Geni e Grazie]

 N 

Allegro (re maggiore)
Archi, 2 flauti/oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.
 

CORO

Di te più amabile,  

né dèa maggiore,

celeste Venere,

no, non si dà.

 
(parte Venere seguita dal coro che canta e le danza intorno)
 

 

Con fren sì placido

reggi ogni core,

che più non bramasi

la libertà.

 

Venere, grazie, geni ->

 

Scena seconda

Ascanio solo.

 
Recitativo
Archi.
 

 

Perché tacer degg'io?  

Perché ignoto volermi all'idol mio?

Che dura legge, o dèa!

Mi desti in seno

tu le fiamme innocenti; i giusti affetti

solleciti, fomenti; e, a lei vicino,

nel più lucido corso il mio destino

improvvisa sospendi?...

Ah dal mio cor qual sagrifizio attendi?...

Perché tacer degg'io?

Perché ignoto volermi all'idol mio?

Folle! Che mai vaneggio!

So che m'ama la dèa: mi fido a lei.

Deh perdonami, o madre, i dubbi miei.

Ma la ninfa dov'è? Tra queste rive

chi m'addita il mio bene? Ah sì, cor mio,

lo scoprirem ben noi. Dove in un volto

tutti apparir de la virtù vedrai

i più limpidi rai, dove congiunte

facile maestà, grave dolcezza,

ingenua sicurezza

e celeste pudore, ove in due lumi

tu vedrai sfolgorar d'un'alta mente

le grazie delicate e il genio ardente,

là vedrai la mia sposa. A te il diranno

i palpiti soavi, i moti tuoi:

ah sì, cor mio, la scoprirem ben noi.

 
[N. 5 - Aria]

 N 

Allegro (si bemolle maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.

Cara, lontano ancora  

la tua virtù m'accese:

al tuo bel nome allora

appresi a sospirar.

Invan ti celi, o cara:

quella virtù sì rara

nella modestia istessa

più luminosa appar.

 

Scena terza

Ascanio, Fauno, coro di Pastori.

<- Fauno, pastori

 
[N. 6 - Coro di Pastori]

 N 

Allegro (sol maggiore)
2 flauti, 2 oboe, 2 fagotti/violoncelli, 2 corni, basso.
 

CORO

Venga de' sommi eroi,  

venga il crescente onor.

Più non s'involi a noi:

qui lo incateni Amor.

Sfondo schermo () ()

 
Recitativo

ASCANIO

(ritirandosi in disparte)  

Ma qual canto risona?

Qual turba di pastor mi veggio intorno?

FAUNO

(non badando ad Ascanio)

Qui dove il loco e l'arte

apre comodo spazio

ai solenni concili, al sacro rito,

qui venite, o pastori. Il giorno è questo

sacro a la nostra diva. Al suo bel nome,

non a Bacco e a Vertunno,

render grazie sogliamo

presso al cader del fortunato autunno.

Il ministro del cielo, il saggio Aceste,

sembra che tardi. In gran pensieri avvolto

pur dianzi il vidi. A lui splendea ridente

d'un'insolita gioia il sacro volto.

Forse il dono promesso è a noi vicino:

forse la dèa pietosa

del fido popol suo compie il destino.

 
[N. 7 - Coro di Pastori (ripresa del n. 6)

 N 

 

CORO

Venga de' sommi eroi,

venga il crescente onor.

Più non s'involi a noi:

qui lo incateni Amor.

 
(il coro siede lungo la serie degli alberi disponendosi vagamente)
 
Recitativo

FAUNO

(volgendosi ad Ascanio)  

Ma tu chi sei, che ignoto

qui t'aggiri fra noi? Quel tuo sembiante

pur mi fa sovvenir quando alcun dio

fra i mortali discende. E qual desio

ti conduce fra noi?

ASCANIO

(accostandosi a Fauno)

Stranier son io.

Qua vaghezza mi guida

di visitare i vostri colli ameni,

i puri stagni e per il verde piano

queste vostre feconde acque correnti.

Tra voi, beate genti,

fama è nel Lazio che natura amica

tutti raccolga i beni

che coll'altre divide.

FAUNO

Ah più deggiamo

al favor d'una diva: e non già quale

irriverente il volgo

talor sogna gli dèi, ma qual è in cielo

alma figlia di Giove. Il suo sorriso

dall'amoroso cerchio, onde ne guarda,

questo suol rasserena. Ella que' beni,

che natura ne diè, cura, difende,

gli addolcisce, gli aumenta. In questi campi

semina l'agio e seco

l'alma fecondità. Ne le capanne

guida l'industria e in libertà modesta

la trattien, la fomenta. Il suo favore

è la nostra rugiada, e i lumi suoi

pari all'occhio del sol sono per noi.

 
[N. 8 - Aria]

 N 

Tempo grazioso (la maggiore)
Archi.

Se il labbro più non dice,  

non giudicarlo ingrato.

Chi a tanto bene è nato

sa ben quanto è felice,

ma poi spiegar no 'l sa.

Quando agli amici tuoi

torni sul patrio lido,

vivi e racconta poi:

«ho visto il dolce nido

de la primiera età».

 
Recitativo

ASCANIO

(Quanto soavi al core  

de la tua stirpe, o dèa,

sonan mai queste lodi!)

FAUNO

Ecco, pastori,

(guardando da un lato nell'interno della scena; il coro si alza e si avanza)

 

ecco lento dal colle

il venerando Aceste; al par con lui

ecco scende la ninfa...

ASCANIO

Oh ciel, qual ninfa?

Parla, dimmi, o pastor...

FAUNO

Silvia, d'Alcide

chiara stirpe divina.

ASCANIO

(Ahimè, cor mio,

frena gl'impeti tuoi:

l'adorata mia sposa ecco vicina.)

 
(accennando ad Ascanio, il quale pure sta attentamente guardando dallo stesso lato)

FAUNO

Mira, o stranier, come il bel passo move

maestosa e gentile: a le seguaci

come umana sorride,

come tra lor divide

i guardi e le parole. In que' begli atti

non par che scolta sia

l'altezza del pensiero, e di quell'alma

la soave armonia?

ASCANIO

(È vero, è vero.

Più resister non so. Se qui l'attendo

scopro l'arcano e al giuramento io manco.

Partasi omai.)

FAUNO

Garzone, a te non lice

qui rimaner, ché la modesta Silvia

non vorria testimon de' suoi pensieri

un ignoto straniere. E se desio

d'ammirarla vicino e al patrio suolo

fama portar de' pregi suoi t'accese,

là confuso ti cela.

(accennando il coro de' pastori)

ASCANIO

S'adempia il tuo voler, pastor cortese.

 
(si ritira e si suppone confuso fra il coro. Il coro s'avanza da un lato alla volta di Aceste e di Silvia)
 

Scena quarta

Ascanio, Fauno, Coro, Aceste, Silvia con sèguito di Pastorelle.

<- Aceste, Silvia, pastorelle

 
[N. 9 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe]

 N 

Allegro comodo (fa maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
 

CORO

Hai di Diana il core,  

di Pallade la mente.

Sei dell'erculea gente,

saggia donzella, il fior.

PARTE DEL CORO

I vaghi studi e l'arti

son tuo diletto e vanto,

e de le muse al canto

presti l'orecchio ancor.

CORO

Sei dell'erculea gente,

saggia donzella, il fior.

PARTE DEL CORO

Ha nel tuo core il nido

ogni virtù più bella,

ma la modestia è quella

che vi risplende ognor.

CORO

Hai di Diana il core,

di Pallade la mente.

Sei dell'erculea gente,

saggia donzella, il fior.

 
Recitativo

ACESTE

Oh generosa diva,  

oh delizia degli uomini, oh del cielo

ornamento e splendor! Che più potea

questo suol fortunato

aspettarsi da te? Qual più ti resta,

fido popol devoto,

per la sua deità preghiera o voto?

Ogni cosa è compiuta.

Dell'indigete Enea

la sospirata prole

vostra sarà pria che tramonti il sole.

 
[N. 10 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)]

 N 

CORO

Venga de' sommi eroi,

venga il crescente onor.

Più non s'involi a noi:

qui lo incateni Amor.

 
Recitativo

ACESTE

Di propria man la dèa  

a voi la donerà. Né basta ancora:

qui novella città sorger vedrete,

de la diva e del figlio opra sublime.

Questi poveri alberghi,

queste capanne anguste

fieno eccelsi palagi e moli auguste.

Altre dell'ampie moli

saran sacre a le ninfe, altre custodi

de le prische memorie ai dì venturi,

altre ai miseri asilo,

altre freno agli audaci, altre tormento

a la progenie rea del mostro orrendo

che già infamia e spavento

fu dei boschi aventini

e periglio funesto a noi vicini.

 
[N. 11 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)]

 N 

CORO

Venga de' sommi eroi,

venga il crescente onor.

Più non s'involi a noi:

qui lo incateni Amor.

 
Recitativo

ACESTE

(rivolto a Silvia)

Oh mia gloria, oh mia cura, oh amato pegno

de la stirpe d'Alcide, oh Silvia mia,

oggi sposa sarai. Oggi d'Ascanio

il conforto sarai, l'amor, la speme:

ambi di questo suolo

la delizia e il piacer sarete insieme.

 
[N. 12 - Aria]

 N 

Allegro aperto (si bemolle maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.

Per la gioia in questo seno  

l'alma, oh dio! balzar mi sento.

All'eccesso del contento,

no, resistere non sa.

Silvia cara, amici miei,

se con me felici siete,

ah venite e dividete

il piacer che in cor mi sta.

 
Recitativo

SILVIA

(Misera! Che farò?) Narrami, Aceste:  

onde sai tutto ciò?

ACESTE

La dèa me 'l disse.

SILVIA

Quando?

ACESTE

Non bene ancora

si tingevan le rose

de la passata aurora.

SILVIA

E che t'impose?

ACESTE

D'avvertirne te stessa,

d'avvertirne i pastori; e poi disparve

versando dal bel crin divini odori.

SILVIA

(Ah che più far non so. Taccio?... Mi scopro?...)

ACESTE

(Ma la ninfa si turba?...

Numi! Che sarà mai?...)

SILVIA

(No, che non lice

in simil uopo all'anime innocenti

celar gli affetti loro.) Odimi, Aceste...

ACESTE

Cieli! Che dir mi vuoi?

Qual duol ti opprime in sì felice istante?

SILVIA

Padre... Oh numi!... Che pena!... Io sono amante.

ACESTE

(Ahimè, respiro alfine.)

E ti affanni perciò? Non è d'amore

degno il tuo sposo? O credi

colpa l'amarlo?

SILVIA

Anzi, qual nume, o padre,

lo rispetto e l'onoro. I pregi suoi

tutti ho fissi nell'alma. Ognun favella

di sue virtù. Chi caro a Marte il chiama,

chi diletto d'Urania, e chi l'appella

de le muse sostegno;

chi n'esalta la mano, e chi l'ingegno.

Del suo gran padre in lui

il magnanimo cor chi dice impresso,

chi de la dèa celeste

l'immensa carità trasfusa in esso.

 
[N. 13 - Cavatina]

 N 

Andante (mi bemolle maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.

Sì, ma d'un altro amore  

sento la fiamma in petto:

e l'innocente affetto

solo a regnar non è.

 
Recitativo

ACESTE

Ah no, Silvia, t'inganni,  

innocente che sei. Già per lung'uso

io più di te la tua virtù conosco.

Spiega il tuo core, o figlia.

E al tuo fido custode or ti consiglia.

SILVIA

Odi, Aceste, e stupisci. Il dì volgea

che la mia fé donai

d'esser sposa d'Ascanio all'alma dèa.

Mille imagini liete,

che avean color da quel felice giorno,

venian volando a la mia mente intorno,

ed ella in dolce sonno

s'obliava innocente preda a loro;

quand'ecco, oh cielo! a me, non so se desta,

comparve un giovanetto. Il biondo crine

sul tergo gli volava, e mista al giglio

ne la guancia vezzosa

gli fioriva la rosa: il vago ciglio...

Padre, non più, perdona.

L'indiscreto pensier, parlando ancora,

va dietro a le lusinghe

dell'imagin gentil che lo innamora.

ACESTE

(Che amabile candor!) Segui, che avvenne?

SILVIA

Ah da quel giorno il lusinghier sembiante

regnò nel petto mio, di sé m'accese,

i miei pensieri ei solo

tutti occupar pretese, i sonni miei

di sé solo ingombrò. Da un lato Ascanio,

la cui sembianza ignota,

ma la virtù m'è nota,

meraviglia e rispetto al cor m'ispira;

dall'altro poi l'imaginato oggetto

tenerezza ed amor mi desta in petto.

ACESTE

No, figlia, non temer. Senti la mano

de la pietosa dèa. Questa bell'opra

opra è di lei.

SILVIA

Che dici?

Come? Parla, che fia?

ACESTE

Piacque a la diva

di stringere il bel nodo: in ogni guisa

vi dispone il tuo core e in sen ti pinge

la sembianza d'Ascanio.

SILVIA

E come il sai?

ACESTE

Sento che in cor mi parla

un sentimento ignoto,

la tua virtù me 'l dice, e m'assicura

il favor de la dèa.

SILVIA

Numi! Chi fia

più di me fortunata? Oh Ascanio, oh sposo!

Dunque per te, mio bene,

l'amoroso desio

si raddoppia così dentro al cor mio?

Amo adunque il mio sposo

quando un bel volto adoro? Amo lui stesso

quando mille virtù pregio ed onoro?

 
[N. 14 - Aria]

 N 

Allegro (do maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

Come è felice stato  

quello d'un'alma fida,

ove innocenza annida,

e non condanna amor!

Del viver suo beato

sempre contenta è l'alma:

e sempre in dolce calma

va palpitando il cor.

 
Recitativo

ACESTE

Silvia, mira che il sole omai s'avanza  

oltre il meriggio. È tempo

che si prepari ognuno

ad accoglier la dèa. Su via, pastori,

a coronarci andiam di frondi e fiori.

Tu con altri pastor, Fauno, raccogli

vaghi rami e ghirlande e qui le reca,

onde sia il loco adorno

quanto si può per noi. Tu ancor prepara

parte de' cari frutti, onde sull'ara

con le odorate gemme ardan votivo

sagrifizio a la dèa che a noi li dona.

Se questo dì è festivo

ogni anno al suo gran nome, or che si deve

quando sì fausta a noi

reca il maggior de' benefici suoi?

 
[N. 15 - Coro di pastori (ripresa del n.6)]

 N 

CORO

Venga de' sommi eroi,

venga il crescente onor.

Più non s'involi a noi:

qui lo incateni Amor.

 
(partono tutti fuorché Ascanio)

pastori, pastorelle, Silvia, Aceste, Fauno ->

 

Scena quinta

Ascanio e poi Venere e coro di Geni.

 
Recitativo

ASCANIO

Cielo! Che vidi mai? Quale innocenza,  

quale amor, qual virtù! Come non corsi

al piè di Silvia, a palesarmi a lei?

Ah questa volta, o dèa, quanto penoso

l'ubbidirti mi fu! Vieni e disciogli

questo freno crudele...

 
Venere sopraggiunge col coro de' Geni.

<- Venere, geni, grazie

 

VENERE

Eccomi, o figlio.

ASCANIO

Lascia, lascia ch'io voli

ove il ridente fato

mi rapisce, mi vuol. Quel dolce aspetto,

quel candor, quella fé, quanto rispetto

m'ispirano nell'alma e quanti, oh dio,

quanti mantici sono al mio desio!

 
[N. 16 - Aria]

 N 

Adagio (re maggiore) / Allegro / Andante grazioso, Adagio / Allegro
Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.

Ah di sì nobil alma  

quanto parlar vorrei!

Se le virtù di lei

tutte saper pretendi,

chiedile a questo cor.

Solo un momento in calma

lasciami, o diva, e poi

di tanti pregi suoi

potrò parlarti allor.

Sfondo schermo () ()

 
Recitativo

VENERE

Un'altra prova a te mirar conviene  

della virtù di Silvia. Ancor per poco

soffri, mia speme. Appena

qui fia la pastoral turba raccolta,

che di mia gloria avvolta

comparir mi vedrà. Restano, o figlio,

restano ancor pochi momenti, e poi...

ASCANIO

Che non pretendi, o dèa,

da un impaziente cor! Ma sia che vuoi.

VENERE

(accennando da un lato)

Là dove sale il colle,

finché torni quaggiù Silvia il tuo bene,

ricovrianci per ora. In questo piano

de la nova città le prime moli

sorgano intanto, e de' ministri miei

l'opra vi sudi. Auspici noi dall'alto

dominerem su l'opra, e qua tornando

la pastoral famiglia

n'avrà insieme conforto e meraviglia.

Olà, Geni miei fidi,

de le celesti forze

raccogliete il valor. Qui del mio sangue

sorga il felice nido, e d'Alba il nome

suoni famoso poi di lido in lido.

E tu, mio germe, intanto

a mirar t'apparecchia in quel bel core

di virtude il trionfo e quel d'amore.

 
[N. 17 - Aria]

 N 

Allegro (la maggiore)
Archi.

Al chiaror di que' bei rai,  

se l'amor fomenta l'ali,

ad amar tutti i mortali

il tuo cor solleverà.

Così poi famoso andrai

degli dèi tra' chiari figli,

così fia che tu somigli

alla mia divinità.

 
[N. 18 - Coro di Geni e Grazie (ripresa del n. 2)]

 N 

CORO

Di te più amabile,  

né dèa maggiore,

celeste Venere,

no, non si dà.

Con fren sì placido

reggi ogni core,

che più non bramasi

la libertà.

 
Molti Pastori e Pastorelle, secondo l'antecedente comando d'Aceste, vengono per ornar solennemente il luogo di ghirlande e di fiori. Ma, mentre questi si accingono all'opera, ecco che compariscono le Grazie accompagnate da una quantità di Geni e di Ninfe celesti in atto di meditare qualche grande intrapresa. I Pastori rimangono a tale veduta estremamente sorpresi; se non che, incoraggiati dalla gentilezza di quelle persone celesti, tornano all'incominciato lavoro. Ma assai più grande rinasce in essi la meraviglia, quando ad un cenno delle Grazie e de' Geni veggono improvvisamente cambiarsi i tronchi degli alberi, che stanno adornando di ghirlande, in altrettante colonne, le quali formano di mano in mano un sodo, vago e ricco ordine d'architettura, con cui dassi principio all'edificazione d'Alba e si promette un felice cambiamento al paese. Questi accidenti congiunti con gli atti d'ammirazione, di riconoscenza, di tenerezza, di concordia fra le celesti e le umane persone, fanno la base del breve ballo che lega l'anteriore con la seguente parte della rappresentazione.

Venere, grazie, geni ->

<- pastori, pastorelle

<- grazie, ninfe, geni

 

Fine (Parte prima)

Parte prima Parte seconda

[Ouverture]

Area spaziosa destinata alle solenni adunanze pastorali, limitata da una corona d'altissime e fronzute querce che vagamente distribuite all'intorno conciliano un'ombra freschissima e sacra; veggonsi lungo la serie degli alberi verdi rialzamenti di terreno presentati dalla natura e in varia forma inclinati dall'arte per uso di sedervi con graziosa irregolarità i pastori; nel mezzo sorge un altare agreste, in cui vedesi scolpito l'animal prodigioso da cui si dice che pigliasse il nome la città d'Alba; dagl'intervalli che s'aprono fra un albero e l'altro si domina una deliziosa e ridente campagna, sparsa di qualche capanna e cinta in mediocre distanza d'amene colline onde scendono copiosi e limpidi rivi; l'orizzonte va a terminare in azzurrissime montagne, le cui cime si perdono in un cielo purissimo e sereno.

grazie, geni
 

[N. 1 - Balletto]

(Venere dal suo carro, con Ascanio a lato)

grazie, geni
<- Venere, Ascanio

(il carro velato da una legger nuvoletta si dilegua per l'aria)

[N. 2 - Coro di Geni e Grazie]

Geni, Grazie ed Amori

[N. 3 - Aria]

Ma la ninfa gentil che il seme onora

[N. 4 - Coro di Geni e Grazie]

Ascanio
Venere, grazie, geni ->

Perché tacer degg'io?

[N. 5 - Aria]

Ascanio
<- Fauno, pastori

[N. 6 - Coro di Pastori]

Ma qual canto risona?

[N. 7 - Coro di Pastori (ripresa del n. 6)

 

Ma tu chi sei, che ignoto

[N. 8 - Aria]

Quanto soavi al core

Ascanio, Fauno, pastori
<- Aceste, Silvia, pastorelle

[N. 9 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe]

Oh generosa diva

[N. 10 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)]

 

Di propria man la dèa

[N. 11 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)]

 

[N. 12 - Aria]

Misera! Che farò? Narrami, Aceste

[N. 13 - Cavatina]

Ah no, Silvia, t'inganni

[N. 14 - Aria]

Silvia, mira che il sole omai s'avanza

[N. 15 - Coro di pastori (ripresa del n.6)]

 
Ascanio
pastori, pastorelle, Silvia, Aceste, Fauno ->

Cielo! Che vidi mai? Quale innocenza

Ascanio
<- Venere, geni, grazie

[N. 16 - Aria]

Un'altra prova a te mirar conviene

[N. 17 - Aria]

[N. 18 - Coro di Geni e Grazie (ripresa del n. 2)]

Ascanio
Venere, grazie, geni ->
Ascanio
<- pastori, pastorelle
Ascanio, pastori, pastorelle
<- grazie, ninfe, geni

(improvvisamente si cambiano i tronchi degli alberi in altrettante colonne, le quali formano di mano in mano un sodo, vago e ricco ordine d'architettura, con cui dassi principio all'edificazione d'Alba)

(breve ballo)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta
Area spaziosa destinata alle solenni adunanze pastorali, limitata da una corona d'altissime e fronzute... Vago e ricco ordine d'architettura, con cui dassi principio all'edificazione d'Alba.
[Ouverture] [N. 1 - Balletto] [N. 2 - Coro di Geni e Grazie] [N. 3 - Aria] [N. 4 - Coro di Geni e Grazie] [N. 5 - Aria] [N. 6 - Coro di Pastori] [N. 7 - Coro di Pastori (ripresa del n. 6) [N. 8 - Aria] [N. 9 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe] [N. 10 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)] [N. 11 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)] [N. 12 - Aria] [N. 13 - Cavatina] [N. 14 - Aria] [N. 15 - Coro di pastori (ripresa del n.6)] [N. 16 - Aria] [N. 17 - Aria] [N. 18 - Coro di Geni e Grazie (ripresa del n. 2)] [N. 19 - Aria] [N. 20 - Coro di Pastorelle] [N. 21 - Aria] [N. 22 - Aria] [N. 23 - Aria] [N. 24 - Coro di Pastorelle] [N. 25 - Aria] [N. 26 - Coro di Pastori (ripresa del n. 6)] [N. 27 - Aria] [N. 28 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe] [N. 29 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe] [N. 30 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe] [N. 31 - Terzetto] [N. 32 - Terzetto (ripresa del n. 31)] [N. 33 - Coro ultimo di Geni, Grazie, Pastori e Ninfe]
Parte seconda

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