Atto primo

 
[Sinfonia]

 N 

 

Scena prima

Atrio nel palazzo suburbano del console Manlio. Spaziosa scala che introduce a' suoi appartamenti.
Attilia, Licinio dalla scala, Littori e Popolo.

Bozzetti

 Q 

Attilia, littori, popolo

<- Licinio

 
Recitativo

LICINIO

Sei tu mia bella Attilia! Oh dèi! Confusa  

fra la plebe e i littori

di Regolo la figlia

qui trovar non credei.

ATTILIA

Su queste soglie

ch'esca il console attendo. Io voglio almeno

farlo arrossir. Più di riguardi ormai

non è tempo o Licinio. In lacci avvolto

geme in Africa il padre; un lustro è scorso;

nessun s'affanna a liberarlo; io sola

piango in Roma e rammento i casi sui.

Se taccio anch'io chi parlerà per lui?

LICINIO

Non dir così, saresti ingiusta. E dove,

dov'è chi non sospiri

di Regolo il ritorno e che non creda

un acquisto leggier l'Africa doma,

se ha da costar tal cittadino a Roma!

Di me non parlo; è padre tuo; t'adoro;

lui duce appresi a trattar l'armi; e quanto

degno d'un cor romano

in me traluce ei m'inspirò.

ATTILIA

Finora

però non veggo...

LICINIO

E che potei privato

finor per lui? D'ambiziosa cura

ardor non fu che a procurar m'indusse

la tribunizia potestà; cercai

d'avvalorar con questa

l'istanze mie. Del popol tutto a nome

tribuno or chiederò...

ATTILIA

Serbisi questo

violento rimedio al caso estremo;

non risvegliam tumulti

fra 'l popolo e 'l senato. È troppo il sai

della suprema autorità geloso

ciascun di loro. Or questo, or quel n'abusa;

e quel che chiede l'un l'altro ricusa.

V'è più placida via. So che a momenti

da Cartagine in Roma

un orator s'attende. Ad ascoltarlo

già s'adunano i padri

di Bellona nel tempio; ivi proporre

di Regolo il riscatto

il console potria.

LICINIO

Manlio! Ah rammenta

che del tuo genitore emulo antico

fu da' prim'anni; in lui fidarsi è vano;

è Manlio un suo rival.

ATTILIA

Manlio è un romano;

né armar vorrà la nimistà privata

col pubblico poter. Lascia ch'io parli,

udiam che dir saprà.

LICINIO

Parlagli almeno

parlagli altrove; e non soffrir che mista

qui fral volgo ti trovi.

ATTILIA

Anzi vogl'io

che appunto in questo stato

mi vegga, si confonda,

che in pubblico m'ascolti e mi risponda.

LICINIO

Ei vien.

ATTILIA

Parti.

LICINIO

Ah né pure

d'uno sguardo mi degni!

ATTILIA

In quest'istante

io son figlia, o Licinio, e non amante.

 
[N. 1 - Aria Licinio]

 N 

LICINIO

Tu sei figlia e lodo anch'io  

il pensier del genitore;

ma ricordati ben mio

qualche volta ancor di me.

Non offendi o mia speranza

la virtù del tuo bel core,

rammentando la costanza

di chi vive sol per te.

(parte)

Licinio ->

 

Scena seconda

Attilia, Manlio dalla scala, Littori e Popolo.

<- Manlio

littori, popolo ->

 
Recitativo

ATTILIA

Manlio per pochi istanti  

t'arresta e m'odi.

MANLIO

E questo loco Attilia

parti degno di te?

ATTILIA

No 'l fu sin tanto

che un padre invitto in libertà vantai;

per la figlia or d'un servo è degno assai.

MANLIO

A che vieni?

Recitativo accompagnato

ATTILIA

A che vengo? Ah sino a quando  

con stupor della terra,

con vergogna di Roma in vil servaggio

Regolo ha da languir? Scorrono i giorni,

gli anni giungono a' lustri e non si pensa

ch'ei vive in servitù. Qual suo delitto

meritò da' Romani

questo barbaro oblio? Forse l'amore

onde i figli e sé stesso

alla patria pospose? Il grande, il giusto,

l'incorrotto suo cor? L'illustre forse

sua povertà ne' sommi gradi? Ah come

chi quest'aure respira

può Regolo obliar! Qual parte in Roma

non vi parla di lui! Le vie? Per quelle

ei passò trionfante. Il Foro? A noi

provide leggi ivi dettò. Le mura

ove accorre il senato? I suoi consigli

là fabbricar più volte

la pubblica salvezza. Entra ne' tempi,

ascendi o Manlio il Campidoglio e dimmi

chi gli adornò di tante

insegne pellegrine

puniche, siciliane e tarentine.

Questi, questi littori

ch'or precedono a te, questa che cingi

porpora consolar Regolo ancora

ebbe altre volte intorno. Ed or si lascia

morir fra' ceppi? Ed or non ha per lui

che i pianti miei ma senza pro versati?

Oh padre! Oh Roma! Oh cittadini ingrati!

Recitativo

MANLIO

Giusto Attilia è il tuo duol ma non è giusta  

l'accusa tua. Di Regolo la sorte

anche a noi fa pietà. Sappiam di lui

qual faccia empio governo

la barbara Cartago...

Recitativo accompagnato

ATTILIA

Eh che Cartago  

la barbara non è. Cartago opprime

un nemico crudel; Roma abbandona

un fido cittadin. Quella rammenta

quant'ei già l'oltraggiò; questa si scorda

quant'ei sudò per lei; vendica l'una

i suoi rossori in lui; l'altra il punisce

perché d'allor le circondò la chioma;

la barbara or qual è? Cartago o Roma?

Recitativo

MANLIO

Ma che far si dovrebbe?  

ATTILIA

Offra il senato

per lui cambio o riscatto

all'africano ambasciator.

MANLIO

Tu parli

Attilia come figlia; a me conviene

come console oprar; se tal richiesta

sia gloriosa a Roma

fa d'uopo esaminar. Chi a le catene

la destra accostumò...

ATTILIA

Donde apprendesti

così rigidi sensi?

MANLIO

Io n'ho sugli occhi

i domestici esempi.

ATTILIA

Eh di' che al padre

sempre avverso tu fosti.

MANLIO

È colpa mia

s'ei vincer si lasciò? Se fra' nemici

rimase prigionier?

ATTILIA

Pria d'esser vinto

ei v'insegnò più volte...

MANLIO

Attilia ormai

il senato è raccolto; a me non lice

qui trattenermi. Agli altri padri inspira

massime meno austere. Il mio rigore

forse puoi render vano,

ch'io son console in Roma e non sovrano.

 
[N. 2 - Aria Manlio]

 N 

Mi crederai crudele,  

dirai che fiero io sia;

ma giudice fedele

sempre il dolor non è.

M'affliggono i tuoi pianti

ma non è colpa mia

se quel che giova a tanti

solo è dannoso a te.

(parte)

Manlio ->

 

Scena terza

Attilia, poi Barce.

 
Recitativo

ATTILIA

Nulla dunque mi resta  

da' consoli a sperar; questo è nemico;

assente è l'altro. Al popolar soccorso

rivolgersi convien. Padre infelice!

Da che incerte vicende

la libertà, la vita tua dipende.

 

<- Barce

BARCE
(con fretta)

Attilia, Attilia.  

ATTILIA

Onde l'affanno?

BARCE

È giunto

l'africano orator.

ATTILIA

Tanto trasporto

la novella non merta.

BARCE

Altra ne reco

ben più grande.

ATTILIA

E qual è?

BARCE

Regolo è seco.

ATTILIA

Il padre!

BARCE

Il padre.

ATTILIA

Ah Barce

t'ingannasti o m'inganni?

BARCE

Io no 'l mirai.

Ma ognun...

ATTILIA

Publio...

(vedendolo venire)

 

Scena quarta

Publio e detti.

<- Publio

 

PUBLIO

Germana...  

son fuor di me... Regolo è in Roma.

ATTILIA

Oh dio

che assalto di piacer! Guidami a lui.

Dov'è? Corriam...

PUBLIO

Non è ancor tempo. Insieme

con l'orator nemico attende adesso

che l'ammetta il senato.

ATTILIA

Ove il vedesti?

PUBLIO

Sai che questor degg'io

gli stranieri oratori

d'ospizio provveder; sento che giunge

l'orator di Cartago; ad incontrarlo

m'affretto al porto; un africano io credo

vedermi in faccia e il genitor mi vedo.

ATTILIA

Che disse? Che dicesti?

PUBLIO

Ei su la ripa

era già quand'io giunsi e 'l Campidoglio,

ch'indi in parte si scuopre,

stava fisso a mirar. Nel ravvisarlo

corsi gridando: «Ah, caro padre» e volli

la sua destra baciar. M'udì, si volse,

ritrasse il piede; e in quel sembiante austero

con cui già fe' tremar l'Africa doma:

«Non son padri» mi disse «i servi in Roma».

Io replicar volea; ma se raccolto

fosse il senato e dove

chiedendo m'interruppe. Udillo e senza

parlar là volse i passi. Ad avvertirne

il console io volai. Dov'è? Non veggo

qui d'intorno i littori...

BARCE

Ei di Bellona

al tempio s'inviò.

ATTILIA

Servo ritorna

dunque Regolo a noi?

PUBLIO

Sì; ma di pace

so che reca proposte, e che da lui

dipende il suo destin.

ATTILIA

Chi sa se Roma

quelle proposte accetterà.

PUBLIO

Se vedi

come Roma l'accoglie,

tal dubbio non avrai. Di gioia insani

son tutti Attilia. Al popolo che accorre

sono anguste le vie. L'un l'altro affretta,

questo a quello l'addita. Oh con quai nomi

chiamar l'intesi! E a quanti

molle osservai per tenerezza il ciglio!

Che spettacolo Attilia al cor d'un figlio!

ATTILIA

Ah Licinio dov'è? Di lui si cerchi;

imperfetta saria

non divisa con lui la gioia mia.

 
[N. 3 - Aria Attilia]

 N 

Goda con me s'io godo  

l'oggetto di mia fé,

come penò con me,

quand'io penai.

Provi felice il nodo

in cui l'avvolse amor;

assai tremò finor,

sofferse assai.

(parte)

Attilia ->

 

Scena quinta

Publio e Barce.

 
Recitativo

PUBLIO

Addio Barce vezzosa.  

BARCE

Odi. Non sai

dell'orator cartaginese il nome?

PUBLIO

Sì; Amilcare s'appella.

BARCE

È forse il figlio

d'Annone?

PUBLIO

Appunto.

BARCE

(Ah l'idol mio!)

PUBLIO

Tu cangi

color! Perché? Fosse costui cagione

del tuo rigor con me?

BARCE

Signor, trovai

tal pietà di mia sorte

in Attilia ed in te, che non m'avvidi

finor di mie catene; e troppo ingrata

sarei se t'ingannassi. A te sincera

tutto il cor scoprirò. Sappi...

PUBLIO

T'accheta.

Mi prevedo funesta

la tua sincerità. Fra le dolcezze

di questo dì non mescoliam veleno.

Se d'altri sei, vuò dubitarne almeno.

 
[N. 4 - Aria Publio]

 N 

Se più felice oggetto  

occupa il tuo pensiero,

taci; non dirmi il vero;

lasciami nell'error.

È pena che avvelena

un barbaro sospetto;

ma una certezza è pena

che opprime affatto un cor.

(parte)

Publio ->

 

Scena sesta

Barce sola.

 
Recitativo

 

Dunque è ver che a momenti  

il mio ben rivedrò! L'unico, il primo

onde m'accesi! Ah che farai cor mio

d'Amilcare all'aspetto,

se al nome sol così mi balzi in petto.

 
[N. 5 - Aria Barce]

 N 

Sol può dir che sia contento  

chi penò gran tempo invano,

dal suo ben chi fu lontano

e lo torna a riveder.

Si fan dolci in quel momento

e le lagrime e i sospiri;

le memorie de' martiri

si convertono in piacer.

(parte)

Barce ->

 
 

Scena settima

Parte interna del tempio di Bellona; sedili per i Senatori romani e per gli Oratori stranieri. Littori che custodiscono diversi ingressi del tempio, da' quali veduta del Campidoglio e del Tevere.
Manlio, Publio e Senatori, indi Regolo ed Amilcare. Littori che custodiscono l'ingresso; séguito d'Africani e Popolo fuori del tempio.

 Q 

littori, Manlio, Publio, senatori

 
Recitativo

MANLIO

Venga Regolo e venga  

l'africano orator.

(a Publio)

Dunque i nemici

braman la pace?

PUBLIO

O de' cattivi almeno

vogliono il cambio. A Regolo han commesso

d'ottenerlo da voi. Se nulla ottiene,

a pagar col suo sangue

il rifiuto di Roma egli a Cartago

è costretto a tornar. Giurollo e vide

pria di partir del minacciato scempio

i funesti apparecchi. Ah non sia vero

che a sì barbare pene

un tanto cittadin...

MANLIO

T'accheta, ei viene.

 
[Sinfonia]

 N 

 
(il console, Publio e tutti i senatori vanno a sedere e rimane vuoto accanto al console il luogo altre volte occupato da Regolo. Passano Regolo ed Amilcare fra' littori che tornano subito a chiudersi. Regolo entrato a pena nel tempio s'arresta pensando)

<- Regolo, Amilcare, africani, popolo

 
Recitativo accompagnato

AMILCARE

Regolo a che t'arresti? È forse nuovo  

per te questo soggiorno?

REGOLO

Penso qual ne partii, qual vi ritorno.

Recitativo

AMILCARE
(al console)

Di Cartago il senato  

bramoso di depor l'armi temute

al senato di Roma invia salute.

E se Roma desia

anche pace da lui, pace gl'invia.

MANLIO

Siedi ed esponi.

(Amilcare siede)

 

E tu l'antica sede

Regolo vieni ad occupar.

REGOLO

Ma questi

chi sono?

MANLIO

I padri.

REGOLO

E tu chi sei?

MANLIO

Conosci

il console sì poco?

REGOLO

E fral console e i padri un servo ha loco?

MANLIO

No; ma Roma si scorda

il rigor di sue leggi

per te cui dée cento conquiste e cento.

REGOLO

Se Roma se ne scorda, io gliel rammento.

MANLIO

(Più rigida virtù chi vide mai!)

PUBLIO

(sorge)

Né Publio sederà.

REGOLO

Publio che fai?

PUBLIO

Compisco il mio dover. Sorger degg'io

dove il padre non siede.

REGOLO

Ah tanto in Roma

son cambiati i costumi! Il rammentarsi

fra le pubbliche cure

d'un privato dover, pria che tragitto

in Africa io facessi, era delitto.

PUBLIO

Ma...

REGOLO

Siedi Publio e ad occupar quel loco

più degnamente attendi.

PUBLIO

Il mio rispetto

innanzi al padre è naturale istinto.

REGOLO

Il tuo padre morì quando fu vinto.

MANLIO

Parli Amilcare ormai.

(Publio siede)

AMILCARE

Cartago elesse

Regolo a farvi noto il suo desio.

Ciò ch'ei dirà dice Cartago ed io.

MANLIO

Dunque Regolo parli.

AMILCARE
(piano a Regolo)

Or ti rammenta

che se nulla otterrai,

giurasti...

REGOLO

Io compirò quanto giurai.

(pensa)

MANLIO

(Di lui si tratta. Oh come

parlar saprà.)

PUBLIO

(Numi di Roma ah voi

inspirate eloquenza a' labbri suoi.)

REGOLO

La nemica Cartago

a patto che sia suo quanto or possiede

pace, o padri coscritti, a voi richiede.

Se pace non si vuol, brama che almeno

de' vostri e suoi prigioni

termini un cambio il doloroso esiglio.

Ricusar l'una e l'altro è il mio consiglio.

AMILCARE

(Come!)

PUBLIO

(Ohimè!)

MANLIO

(Son di sasso!)

REGOLO

Io della pace

i danni a dimostrar non m'affatico;

se tanto la desia, teme il nemico.

MANLIO

Ma il cambio?

REGOLO

Il cambio asconde

frode per voi più perigliosa assai.

AMILCARE

Regolo?

REGOLO
(ad Amilcare)

Io compirò quanto giurai.

PUBLIO

(Numi! Si perde il padre.)

REGOLO

Il cambio offerto

mille danni ravvolge

ma l'esempio è il peggior. L'onor di Roma,

il valor, la costanza,

la virtù militar, padri, è finita,

se ha speme il vil di libertà, di vita.

Qual pro che torni a Roma

chi a Roma porterà l'orme sul tergo

della sferza servil? Chi l'armi ancora

di sangue ostil digiune

vivo depose e per timor di morte

del vincitor lo scherno

soffrir si elesse? Oh vituperio eterno!

MANLIO

Sia pur dannoso il cambio,

a compensarne i danni

basta Regolo sol.

REGOLO

Manlio t'inganni;

Regolo è pur mortal. Sento ancor io

l'ingiurie dell'etade. Utile a Roma

già poco esser potrei. Molto a Cartago

ben lo saria la gioventù feroce

che per me rendereste. Ah sì gran fallo

da voi non si commetta. Ebbe il migliore

de' miei giorni la patria; abbia il nemico

l'inutil resto. Il vil trionfo ottenga

di vedermi spirar; ma vegga insieme

che ne trionfa invano,

che di Regoli abbonda il suol romano.

MANLIO

(Oh inudita costanza!)

PUBLIO

(Oh coraggio funesto!)

AMILCARE

(Che nuovo a me strano linguaggio è questo!)

MANLIO

L'util non già dell'opre nostre oggetto

ma l'onesto esser dée; né onesto a Roma

l'esser ingrata a un cittadin saria.

REGOLO

Vuol Roma essermi grata? Ecco la via.

Questi barbari, o padri,

m'han creduto sì vil che per timore

io venissi a tradirvi.

Recitativo accompagnato

 

Ah questo oltraggio  

d'ogni strazio sofferto è più inumano.

Vendicatemi, o padri, io fui romano.

Armatevi, correte

a sveller da' lor tempi

l'aquile prigioniere. Infin che oppressa

l'emula sia non deponete il brando.

Fate ch'io là tornando

legga il terror dell'ire vostre in fronte

a' carnefici miei, che lieto io mora

nell'osservar fra' miei respiri estremi

come al nome di Roma Africa tremi.

Recitativo

AMILCARE

(La meraviglia agghiaccia  

gli sdegni miei.)

PUBLIO

(Nessun risponde! Oh dio!

Mi trema il cor.)

MANLIO

Domanda

più maturo consiglio

dubbio sì grande. A respirar dal nostro

giusto stupor spazio bisogna. In breve

il voler del senato

tu Amilcare saprai. Noi padri andiamo

l'assistenza de' numi

pria di tutto a implorar.

(s'alza e seco tutti)

REGOLO

V'è dubbio ancora?

MANLIO

Sì Regolo. Io non veggo

se periglio maggiore

è il non piegar del tuo consiglio al peso,

o se maggior periglio

è il perder chi sa dar sì gran consiglio.

 
[N. 6 - Aria Manlio]

 N 

Tu sprezzator di morte  

dai per la patria il sangue;

ma il figlio suo più forte

perde la patria in te.

Se te domandi esangue,

molto da lei domandi;

d'anime così grandi

prodigo il ciel non è.

(parte il console seguito dal senato e da' littori e resta libero il passaggio nel tempio)

Manlio, senatori, littori, africani, popolo ->

 

Scena ottava

Regolo, Publio, Amilcare, indi Attilia, Licinio e Popolo.

 
Recitativo

AMILCARE

In questa guisa adempie  

Regolo le promesse?

REGOLO

Io vi promisi

di ritornar; l'eseguirò.

AMILCARE

Ma...

 

<- Attilia, Licinio, popolo

ATTILIA
(con impazienza)

Padre!  

LICINIO
(come sopra)

Signor!

ATTILIA E LICINIO

Su questa mano...

(vogliono baciargli la mano)

REGOLO

Scostatevi. Io non sono,

lode agli dèi, libero ancora.

ATTILIA

Il cambio

dunque si ricusò?

REGOLO

Publio, ne guida

al soggiorno prescritto

ad Amilcare e a me.

PUBLIO

Né tu verrai

a' patri lari? Al tuo ricetto antico?

REGOLO

Non entra in Roma un messagger nemico.

LICINIO

Questa troppo severa

legge non è per te.

REGOLO

Saria tiranna

se non fosse per tutti.

ATTILIA

Io voglio almeno

seguirti ovunque andrai.

REGOLO

No; chiede il tempo

Attilia altro pensier che molli affetti

di figlia e genitor.

ATTILIA

Da quel che fosti,

padre, ah perché così diverso adesso?

REGOLO

La mia sorte è diversa; io son l'istesso.

 
[N. 7 - Aria Regolo]

 N 

Non perdo la calma  

fra' ceppi o gli allori;

non va sino all'alma

la mia servitù.

Combatte i rigori

di sorte incostante

in vario sembiante

l'istessa virtù.

Sfondo schermo () ()

 
(parte seguito da Publio, Licinio e popolo)

Regolo, Publio, Licinio, popolo ->

 

Scena nona

Attilia sospesa, Amilcare partendo, Barce che sopraggiunge.

<- Barce

 
Recitativo

BARCE

Amilcare!  

AMILCARE

(ritornando indietro)

Ah mia Barce!

Ah di nuovo io ti perdo! Il cambio offerto

Regolo dissuade.

BARCE E ATTILIA

Oh stelle!

AMILCARE

Addio.

Publio seguir degg'io. Mia vita oh quanto

quanto ho da dirti!

BARCE

E nulla dici intanto.

 
[N. 8 - Aria Amilcare]

 N 

AMILCARE

Ah se ancor mia tu sei,  

come trovar sì poco

sai negli sguardi miei

quel ch'io non posso dir.

Io, che nel tuo bel foco

sempre fedel m'accendo,

mille segreti intendo

cara da un tuo sospir.

(parte)

Amilcare ->

 

Scena decima

Attilia e Barce.

 
Recitativo

ATTILIA

Chi creduto l'avrebbe! Il padre istesso  

congiura a' danni suoi.

BARCE

Già che il senato

non decise finor, molto ti resta

Attilia onde sperar. Corri, t'adopra,

parla pria che di nuovo

si raccolgano i padri. Adesso è il tempo

di porre in uso e l'eloquenza e l'arte.

Or l'amor de' congiunti,

or la fé degli amici, or de' Romani

giova implorar l'aita in ogni loco.

ATTILIA

Tutto farò ma quel ch'io spero è poco.

 
[N. 9 - Aria Attilia]

 N 

Mi parea del porto in seno  

chiara l'onda, il ciel sereno;

ma tempesta più funesta

mi respinge in mezzo al mar.

M'avvilisco, m'abbandono;

e son degna di perdono,

se pensando a chi la desta

incomincio a disperar.

(parte)

Attilia ->

 

Scena undicesima

Barce sola.

 
Recitativo

 

Che barbaro destino  

sarebbe il mio, se Amilcare dovesse

pur di nuovo a Cartago

senza me ritornar! Solo in pensarlo

mi sento... Ah no; speriam più tosto. Avremo

sempre tempo a penar. Non è prudenza

ma follia de' mortali

l'arte crudel di presagirsi i mali.

 
[N. 10 - Aria Barce]

 N 

Sempre è maggior del vero  

l'idea d'una sventura

al credulo pensiero

dipinta dal timor.

Chi stolto il mal figura

affretta il proprio affanno;

ed assicura un danno

quando è dubbioso ancor.

(parte)

Barce ->

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

[Sinfonia]

Atrio nel palazzo suburbano del console Manlio; spaziosa scala che introduce a' suoi appartamenti.

Attilia, littori, popolo
 
Attilia, littori, popolo
<- Licinio

Sei tu mia bella Attilia! Oh dèi!

[N. 1 - Aria Licinio]

Attilia, littori, popolo
Licinio ->
Attilia, littori, popolo
<- Manlio
Attilia, Manlio
littori, popolo ->

Manlio per pochi istanti

A che vengo? Ah sino a quando

Giusto Attilia è il tuo duol ma non è giusta

Eh che Cartago la barbara non è

Ma che far si dovrebbe?

[N. 2 - Aria Manlio]

Attilia
Manlio ->

Nulla dunque mi resta

Attilia
<- Barce

Attilia, Attilia / Onde l'affanno? / È giunto

Attilia, Barce
<- Publio

Germana... son fuor di me

[N. 3 - Aria Attilia]

Barce, Publio
Attilia ->

Addio Barce vezzosa / Odi. Non sai

[N. 4 - Aria Publio]

Barce
Publio ->

Dunque è ver che a momenti

[N. 5 - Aria Barce]

Barce ->

Parte interna del tempio di Bellona; sedili per i senatori e per gli stranieri; diversi ingressi del tempio, da' quali veduta del Campidoglio e del Tevere.

littori, Manlio, Publio, senatori
 

Venga Regolo e venga

[Sinfonia]

littori, Manlio, Publio, senatori
<- Regolo, Amilcare, africani, popolo

Regolo a che t'arresti? È forse nuovo

Di Cartago il senato

Ah questo oltraggio

La meraviglia agghiaccia

[N. 6 - Aria Manlio]

Publio, Regolo, Amilcare
Manlio, senatori, littori, africani, popolo ->

In questa guisa adempie

Publio, Regolo, Amilcare
<- Attilia, Licinio, popolo

Padre! / Signor! / Su questa mano

[N. 7 - Aria Regolo]

Amilcare, Attilia
Regolo, Publio, Licinio, popolo ->
Amilcare, Attilia
<- Barce

Amilcare! / Ah mia Barce!

[N. 8 - Aria Amilcare]

Attilia, Barce
Amilcare ->

Chi creduto l'avrebbe! Il padre istesso

[N. 9 - Aria Attilia]

Barce
Attilia ->

Che barbaro destino

[N. 10 - Aria Barce]

Barce ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima
Atrio nel palazzo suburbano del console Manlio; spaziosa scala che introduce a' suoi appartamenti. Parte interna del tempio di Bellona; sedili per i senatori e per gli stranieri; diversi ingressi del tempio,... Logge a vista di Roma nel palazzo suburbano destinato agli ambasciadori cartaginesi. Galleria nel palazzo degli ambasciadori cartaginesi. Sala terrena corrispondente a' giardini. Portici magnifici su le rive del Tevere; navi pronte nel fiume per l'imbarco...
[Sinfonia] [N. 1 - Aria Licinio] [N. 2 - Aria Manlio] [N. 3 - Aria Attilia] [N. 4 - Aria Publio] [N. 5 - Aria Barce] [Sinfonia] [N. 6 - Aria Manlio] [N. 7 - Aria Regolo] [N. 8 - Aria Amilcare] [N. 9 - Aria Attilia] [N. 10 - Aria Barce] [N. 11 - Aria Publio] [N. 12 - Aria Manlio] [N. 13 - Aria Regolo] [N. 14 - Aria Licinio] [N. 15 - Aria Attilia] [N. 16 - Aria Regolo] [N. 17 - Aria Amilcare] [N. 18 - Aria Attilia] [N. 19 - Aria Barce] [N. 20 - Aria Manlio] [N. 21 - Aria Publio] [N. 22 - Aria Amilcare] [N. 23 - Aria Regolo] [N. 24 - Aria Attilia] [N. 25 - Aria Barce] [Coro di romani]
Atto secondo Atto terzo

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