Atto secondo

 

Scena prima

Logge a vista di Roma nel palazzo suburbano destinato agli Ambasciatori cartaginesi.
Regolo e Publio.

Bozzetti

 Q 

<- Regolo, Publio

 
Recitativo

REGOLO

Publio? Tu qui! Si tratta  

della gloria di Roma,

dell'onor mio, del pubblico riposo

e in senato non sei?

PUBLIO

Raccolto ancora

signor non è.

REGOLO

Va', non tardar; sostieni

fra i padri il voto mio. Mostrati degno

dell'origine tua.

PUBLIO

Come! E m'imponi

che a fabbricar m'adopri

io stesso il danno tuo?

REGOLO

Non è mio danno

quel che giova alla patria.

PUBLIO

Ah di te stesso

signore abbi pietà.

REGOLO

Publio tu stimi

dunque un furore il mio? Credi ch'io solo

fra ciò che vive odi me stesso? Oh quanto

t'inganni. Al par d'ogn'altro

bramo il mio ben, fuggo il mio mal. Ma questo

trovo sol nella colpa; e quello io trovo

nella sola virtù. Colpa sarebbe

della patria col danno

ricuperar la libertà smarrita;

onde è mio mal la libertà, la vita.

Virtù col proprio sangue

è della patria assicurar la sorte;

onde è mio ben la servitù, la morte.

PUBLIO

Pur la patria non è...

REGOLO

La patria è un tutto

di cui siam parti. Al cittadino è fallo

considerar sé stesso

separato da lei. L'utile o il danno,

ch'ei conoscer dée solo, è ciò che giova

o nuoce alla sua patria a cui di tutto

è debitor. Quando i sudori e il sangue

sparge per lei, nulla del proprio ei dona;

rende sol ciò che n'ebbe. Ella il produsse,

l'educò, lo nutrì; con le sue leggi

dagl'insulti domestici il difende,

dagli esterni con l'armi; ella gli presta

nome, grado ed onor; ne premia il merto;

ne vendica le offese; e madre amante

a fabbricar s'affanna

la sua felicità, per quanto lice

al destin de' mortali esser felice.

Han tanti doni, è vero,

il peso lor. Chi ne ricusa il peso

rinunci al beneficio. A far si vada

d'inospite foreste

mendico abitatore; e là d'irsute

ferine spoglie avvolto, e là di poche

misere ghiande e d'un covil contento

viva libero e solo a suo talento.

PUBLIO

Adoro i detti tuoi. L'alma convinci

ma il cor non persuadi. Ad ubbidirti

la natura ripugna. Alfin son figlio,

non lo posso obbliar.

REGOLO

Scusa infelice

per chi nacque romano. Erano padri

Bruto, Manlio, Virginio...

PUBLIO

È ver; ma questa

troppo eroica costanza

sol fra' padri restò. Figlio non vanta

Roma finor che a procurar giungesse

del genitor lo scempio.

REGOLO

Dunque aspira all'onor del primo esempio.

Va'.

PUBLIO

Deh...

REGOLO

Non più. Della mia sorte attendo

la notizia da te.

PUBLIO

Troppo pretendi,

troppo, o signor.

REGOLO

Mi vuoi straniero o padre?

Se stranier, non posporre

l'util di Roma al mio; se padre, il cenno

rispetta e parti.

PUBLIO

Ah se mirar potessi

i moti del cor mio, rigido meno

forse con me saresti.

REGOLO

Or dal tuo core

prove io vuò di costanza e non d'amore.

 
[N. 11 - Aria Publio]

 N 

PUBLIO

Ah se provar mi vuoi  

chiedimi o padre il sangue;

e tutto a' piedi tuoi

padre lo verserò.

Ma che un tuo figlio istesso

debba volerti oppresso?

Gran genitor perdona

tanta virtù non ho.

(parte)

Publio ->

 

Scena seconda

Regolo, poi Manlio.

 
Recitativo

REGOLO

Il gran punto s'appressa ed io pavento  

che vacillino i padri. Ah voi di Roma

deità protettrici a lor più degni

sensi inspirate...

 

<- Manlio, littori

MANLIO

A custodir l'ingresso  

rimangano i littori; e alcun non osi

qui penetrar.

REGOLO

(Manlio! A che viene!)

MANLIO

Ah lascia

che al sen ti stringa invitto eroe.

REGOLO

Che tenti!

Un console...

MANLIO

Io no 'l sono

Regolo adesso. Un uom son io che adora

la tua virtù, la tua costanza. Un grande

emulo tuo che a dichiarar si viene

vinto da te, che confessando ingiusto

l'avverso genio antico

chiede l'onor di diventarti amico.

REGOLO

Dell'alme generose

solito stil. Più le abbattute piante

non urta il vento, o le solleva. Io deggio

così nobile acquisto

alla mia servitù.

MANLIO

Sì questa appieno

qual tu sei mi scoperse; e mai sì grande

com'or fra' ceppi io non ti vidi. A Roma

vincitor de' nemici

spesso tornasti; or vincitor ritorni

di te, della fortuna. I lauri tuoi

mossero invidia in me; le tue catene

destan rispetto. Allora

un eroe, lo confesso,

Regolo mi parea, ma un nume adesso.

REGOLO

Basta, basta, signor. La più severa

misurata virtù tentan le lodi

in un labbro sì degno. Io ti son grato

che d'illustrar con l'amor tuo ti piaccia

gli ultimi giorni miei.

MANLIO

Gli ultimi giorni?

Conservarti io pretendo

lungamente alla patria; e affinché sia

in tuo favor l'offerto cambio ammesso

tutto in uso porrò.

REGOLO
(turbandosi)

Così cominci

Manlio ad essermi amico? E che faresti

se ancor m'odiassi? In questa guisa il frutto

del mio rossor tu mi defraudi. A Roma

io non venni a mostrar le mie catene

per destarla a pietà; venni a salvarla

dal rischio d'un'offerta

che accettar non si dée. Se non puoi darmi

altri pegni d'amor, torna ad odiarmi.

MANLIO

Ma il ricusato cambio

produrria la tua morte.

REGOLO

E questo nome

sì terribil risuona

nell'orecchie di Manlio! Io non imparo

oggi che son mortale. Altro il nemico

non mi torrà che quel che tormi in breve

dée la natura; e volontario dono

sarà così quel che saria fra poco

necessario tributo. Il mondo apprenda

ch'io vissi sol per la mia patria; e quando

viver più non potei,

resi almen la mia morte utile a lei.

MANLIO

Oh detti! Oh sensi! Oh fortunato suolo

che tai figli produci! E chi potrebbe

non amarti signor!

REGOLO

Se amar mi vuoi,

amami da romano. Eccoti i patti

della nostra amistà. Facciamo entrambi

un sacrificio a Roma, io della vita,

tu dell'amico. È ben ragion che costi

della patria il vantaggio

qualche pena anche a te. Va'; ma prometti

che de' consigli miei tu nel senato

ti farai difensore. A questa legge

sola di Manlio io l'amicizia accetto.

Che rispondi signor?

MANLIO

(pensa prima di rispondere)

Sì; lo prometto.

REGOLO

Or de' propizi numi

in Manlio amico io riconosco un dono.

MANLIO

Ah perché fra que' ceppi anch'io non sono!

REGOLO

Non perdiamo i momenti. Ormai raccolti

forse saranno i padri. Alla tua fede

della patria il decoro,

la mia pace abbandono e l'onor mio.

MANLIO

Addio gloria del Tebro.

REGOLO

Amico addio.

(abbracciandosi)
 
[N. 12 - Aria Manlio]

 N 

MANLIO

Oh qual fiamma di gloria, d'onore  

scorrer sento per tutte le vene

alma grande parlando con te.

No; non vive sì timido core

che in udirti con quelle catene

non cambiasse la sorte d'un re.

(parte)

Manlio, littori ->

 

Scena terza

Regolo e Licinio.

 
Recitativo

REGOLO

A respirar comincio; i miei disegni  

il fausto ciel seconda.

 

<- Licinio

LICINIO
(molto lieto)

Alfin ritorno  

con più contento a rivederti.

REGOLO

E donde

tanta gioia o Licinio?

LICINIO

Ho il cor ripieno

di felici speranze. Infin ad ora

per te sudai.

REGOLO

Per me!

LICINIO

Sì. Mi credesti

forse ingrato così ch'io mi scordassi

gli obblighi miei nel maggior uopo? Ah tutto

mi rammento signor. Tu sol mi fosti

duce, maestro e padre. I primi passi

mossi te condottiero

per le strade d'onor; tu mi rendesti...

REGOLO
(impaziente)

Alfine in mio favor di', che facesti?

LICINIO

Difesi la tua vita

e la tua libertà.

REGOLO
(turbato)

Come!

LICINIO

All'ingresso

del tempio ove il senato or si raccoglie

attesi i padri; e ad uno ad un gli trassi

nel desio di salvarti.

REGOLO

(O dèi che sento!)

E tu...

LICINIO

Solo io non fui. Non si defraudi

la lode al merto. Io feci assai ma fece

Attilia più di me.

REGOLO

Chi?

LICINIO

Attilia. In Roma

figlia non v'è d'un genitor più amante.

Come parlò! Che disse!

Quanti affetti destò! Come compose

il dolor col decoro! In quanti modi

rimproveri mischiò, preghiere e lodi.

REGOLO

E i padri?

LICINIO

E chi resiste

agli assalti d'Attilia! Eccola; osserva

come ride in quel volto

la novella speranza.

 

Scena quarta

Attilia e detti.

<- Attilia

 

ATTILIA

Amato padre,  

pure una volta...

REGOLO
(serio e torbido)

E ardisci

ancor venirmi innanzi? Ah non contai

te fin ad or fra' miei nemici.

ATTILIA

Io padre!

Io tua nemica!

REGOLO
(come sopra)

E tal non è chi folle

s'oppone a' miei consigli?

ATTILIA

Ah di giovarti

dunque il desio d'inimicizia è prova?

REGOLO
(con isdegno)

Che sai tu quel che nuoce o quel che giova?

Delle pubbliche cure

chi a parte ti chiamò? Della mia sorte

chi ti fe' protettrice? Onde...

LICINIO

Ah signore

troppo...

REGOLO
(come sopra)

Parla Licinio! Assai tacendo

meglio si difendea; pareva almeno

pentimento il silenzio. Eterni dèi!

Una figlia!... Un roman!

ATTILIA

Perché son figlia...

LICINIO

Perché roman son io, credei che oppormi

al tuo fato inumano...

 
[N. 13 - Aria Regolo]

 N 

REGOLO

(a Licinio)  

Taci; non è romano

chi una viltà consiglia.

(ad Attilia)

Taci; non è mia figlia

chi più virtù non ha.

Or sì de' lacci il peso

per vostra colpa io sento;

or sì la mia rammento

perduta libertà.

(parte)

Regolo ->

 

Scena quinta

Attilia e Licinio.

 
Recitativo

ATTILIA

Ma di', credi o Licinio  

che mai di me nascesse

più sfortunata donna? Amare un padre,

affannarsi a suo pro, mostrar per lui

di tenera pietade il cor trafitto

saria merito ad altri; è a me delitto.

LICINIO

No; consolati Attilia e non pentirti

dell'opera pietosa. Altro richiede

il dover nostro ed altro

di Regolo il dover; se gloria è a lui

della vita il disprezzo, a noi sarebbe

empietà non salvarlo. Alfin vedrai

che grato ei ci sarà. Non ti spaventi

lo sdegno suo; spesso l'infermo accusa

di crudel, d'inumana

quella medica man che lo risana.

ATTILIA

Que' rimproveri acerbi

mi trafiggono il cor; non ho costanza

per soffrir l'ire sue.

LICINIO

Ma di', vorresti

pria d'un tal genitor vederti priva?

ATTILIA

Ah questo no; mi sia sdegnato e viva.

LICINIO

Vivrà; cessi quel pianto;

tornatevi di nuovo

begli occhi a serenar. Se veggo, oh dio,

mestizia in voi, perdo coraggio anch'io.

 
[N. 14 - Aria Licinio]

 N 

Da voi cari lumi  

dipende il mio stato;

voi siete i miei numi,

voi siete il mio fato;

a vostro talento

mi sento cangiar.

Ardir m'inspirate

se lieti splendete;

se torbidi siete

mi fate tremar.

(parte)

Licinio ->

 

Scena sesta

Attilia sola.

 
Recitativo

 

Ah che purtroppo è ver; non han misura  

della cieca fortuna

i favori e gli sdegni. O de' suoi doni

è prodiga all'eccesso

o affligge un cor fin che no 'l vegga oppresso.

Or l'infelice oggetto

son io dell'ire sue. Mi veggo intorno

di nembi il ciel ripieno;

e chi sa quanti strali avranno in seno.

 
[N. 15 - Aria Attilia]

 N 

Se più fulmini vi sono  

ecco il petto avversi dèi;

me ferite, io vi perdono;

ma salvate il genitor.

Un'immagine di voi

in quell'alma rispettate;

un esempio a noi lasciate

di costanza e di valor.

(parte)

Attilia ->

 
 

Scena settima

Galleria nel palazzo medesimo.
Regolo solo.

 Q 

Regolo

 
Recitativo accompagnato

 

Tu palpiti o mio cor! Qual nuovo è questo  

moto incognito a te? Sfidasti ardito

le tempeste del mar, l'ire di Marte,

d'Africa i mostri orrendi

ed or tremando il tuo destino attendi!

Ah n'hai ragion. Mai non si vide ancora

in periglio sì grande

la gloria mia. Ma questa gloria, o dèi,

non è dell'alme nostre

un affetto tiranno? Al par d'ogn'altro

domar non si dovrebbe? Ah no. De' vili

questo è il linguaggio. Inutilmente nacque

chi sol vive a sé stesso; e sol da questo

nobile affetto ad obbliar s'impara

sé per altrui. Quanto ha di ben la terra

alla gloria si dée. Vendica questa

l'umanità dal vergognoso stato

in cui saria senza il desio d'onore;

toglie il senso al dolore,

lo spavento a' perigli,

alla morte il terror. Dilata i regni,

le città custodisce; alletta, aduna

seguaci alla virtù; cangia in soavi

i feroci costumi

e rende l'uomo imitator de' numi.

 
Recitativo

 

Per questa... Ohimè! Publio ritorna e parmi  

che timido s'avanzi. E ben che rechi?

Ha deciso il senato?

Qual è la sorte mia?

 

Scena ottava

Publio e detto.

<- Publio

 

PUBLIO

Signor... (Che pena  

per un figlio è mai questa!)

REGOLO

E taci?

PUBLIO

Oh dèi!

Esser muto vorrei.

REGOLO

Parla.

PUBLIO

Ogni offerta

il senato ricusa.

REGOLO

Ah dunque ha vinto

il fortunato alfin genio romano.

Grazie agli dèi. Non ho vissuto invano.

Amilcare si cerchi. Altro non resta

che far su queste arene;

la grand'opra compii, partir conviene.

PUBLIO

Padre infelice!

REGOLO

Ed infelice appelli

chi poté fin che visse

alla patria giovar?

PUBLIO

La patria adoro,

piango i tuoi lacci.

REGOLO

È servitù la vita,

ciascuno ha i lacci suoi. Chi pianger vuole

pianger, Publio, dovria

la sorte di chi nasce e non la mia.

PUBLIO

Di quei barbari o padre

l'empio furor ti priverà di vita.

REGOLO

E la mia servitù sarà finita.

Addio. Non mi seguir.

PUBLIO

Da me ricusi

gli ultimi ancor pietosi uffici?

REGOLO

Io voglio

altro da te. Mentre a partir m'affretto,

a trattener rimanti

la sconsolata Attilia. Il suo dolore

funesterebbe il mio trionfo. Assai

tenera fu per me. Se forse eccede

compatiscila o Publio. Alfin da lei

una viril costanza

pretender non si può. Tu la consiglia,

d'inspirarle procura

con l'esempio fortezza;

la reggi, la consola e seco adempi

ogni ufficio di padre. A te la figlia,

te confido a te stesso; e spero... Ah veggo

che indebolir ti vuoi. Maggior costanza

in te credei. L'avrò creduto invano?

Publio ah no; sei mio figlio e sei romano.

 
[N. 16 - Aria Regolo]

 N 

Non tradir la bella speme  

che di te donasti a noi;

sul cammin de' grandi eroi

incomincia a comparir.

Fa' ch'io lasci un degno erede

degli affetti del mio core,

che di te senza rossore

io mi possa sovvenir.

(parte)

Regolo ->

 

Scena nona

Publio, poi Attilia e Barce, indi Licinio ed Amilcare, l'un dopo l'altro e da diverse parti.

 
Recitativo

PUBLIO

Ah sì; Publio coraggio. Il passo è forte  

ma vincersi convien. Lo chiede il sangue

ch'hai nelle vene. Il grand'esempio il chiede

che sugli occhi ti sta. Cedesti a' primi

impeti di natura; or meglio eleggi,

il padre imita e l'error tuo correggi.

 

<- Attilia, Barce

ATTILIA
(con ispavento)

Ed è vero o german?

BARCE
(come sopra)

Publio ed è vero?

PUBLIO

Sì. Decise il senato,

Regolo partirà.

ATTILIA

Come!

BARCE

Che dici?

ATTILIA

Dunque ognun mi tradì?

BARCE

Dunque...

PUBLIO

Or non giova...

BARCE

(vedendolo da lontano)

Amilcare pietà.

ATTILIA

(come sopra)

Licinio aiuto.

 

<- Amilcare, Licinio

AMILCARE
(a Barce)

Più speranza non v'è.  

LICINIO
(ad Attilia)

Tutto è perduto.

ATTILIA

Dov'è Regolo? Io voglio

almen seco partir.

PUBLIO

Ferma; l'eccesso

del tuo dolor l'offenderebbe.

ATTILIA

E speri

impedirmi così?

PUBLIO

Spero che Attilia

torni alfine in sé stessa e si rammenti

che a lei non è permesso...

ATTILIA

Sol che son figlia io mi rammento adesso.

Lasciami.

PUBLIO

Non sperarlo.

ATTILIA

Ah parte intanto

il genitor.

BARCE

Non dubitar ch'ei parta

fin che Amilcare è qui.

ATTILIA

Chi mi consiglia,

chi mi soccorre? Amilcare!

AMILCARE

Io mi perdo

fra l'ira e lo stupor.

ATTILIA

Licinio?

LICINIO

Ancora

dal colpo inaspettato

respirar non poss'io.

ATTILIA

Publio?

PUBLIO

Ah germana

più valor, più costanza. Il fato avverso

come si soffra il genitor ci addita.

Non è degno di lui chi non l'imita.

ATTILIA

E tu parli così! Tu che dovresti

i miei trasporti accompagnar gemendo!

Io non t'intendo o Publio.

AMILCARE

Ed io l'intendo.

Barce è la fiamma sua. Barce non parte

se Regolo non resta. Ecco la vera

cagion del suo coraggio.

PUBLIO

(Questo pensar di me! Stelle che oltraggio!)

AMILCARE

Forse affinché il senato

non accettasse il cambio, ei pose in opra

tutta l'arte e l'ingegno.

PUBLIO

Il dubbio inver d'un africano è degno.

AMILCARE

E pur...

PUBLIO

Taci; e m'ascolta.

Sai che l'arbitro io sono

della sorte di Barce?

AMILCARE

Il so; l'ottenne

già dal senato in dono

la madre tua; questa cedendo al fato,

signor di lei tu rimanesti.

PUBLIO

Or odi

qual uso io fo del mio dominio. Amai

Barce più della vita

ma non quanto l'onor. So che un tuo pari

creder no 'l può; ma toglierò ben io

di sì vili sospetti

ogni pretesto alla calunnia altrui.

Barce, libera sei; parti con lui.

BARCE

Numi! Ed è ver?

AMILCARE

D'una virtù sì rara...

PUBLIO

Come s'ama fra noi, barbaro, impara.

(parte)

Publio ->

 

Scena decima

Licinio, Attilia, Barce ed Amilcare.

 

ATTILIA

(a Licinio che non l'ode)  

Vedi il crudel come mi lascia?

BARCE

(ad Amilcare come sopra)

Udisti

come Publio parlò?

ATTILIA
(a Licinio)

Tu non rispondi!

BARCE
(ad Amilcare)

Tu non m'odi idol mio!

AMILCARE

Addio Barce; m'attendi.

(risoluto partendo)

LICINIO

(come sopra)

Attilia addio.

ATTILIA E BARCE

Dove?

LICINIO
(ad Attilia)

A salvarti il padre.

AMILCARE
(a Barce)

Regolo a conservar.

ATTILIA
(a Licinio)

Ma per qual via?

BARCE
(ad Amilcare)

Ma come?

LICINIO
(ad Attilia)

A' mali estremi

diasi estremo rimedio.

AMILCARE
(a Barce)

Abbia rivali

nella virtù questo romano orgoglio.

ATTILIA
(a Licinio)

Esser teco vogl'io.

BARCE
(ad Amilcare)

Seguirti io voglio.

LICINIO
(ad Attilia)

No; per te tremerei.

AMILCARE
(a Barce)

No; rimaner tu déi.

BARCE
(ad Amilcare)

Né vuoi spiegarti?

ATTILIA
(a Licinio)

Né vuoi ch'io sappia almen...

LICINIO
(ad Attilia)

Tutto fra poco

saprai.

AMILCARE
(a Barce)

Fidati a me.

LICINIO

Regolo in Roma

si trattenga o si mora.

(parte)

Licinio ->

 

AMILCARE

Faccia pompa d'eroi l'Africa ancora.

(s'incammina e poi si rivolge)

 
[N. 17 - Aria Amilcare]

 N 

Se minore è in noi l'orgoglio,  

la virtù non è minore;

né per noi la via d'onore

è un incognito sentier.

Lungi ancor dal Campidoglio

vi son alme a queste uguali;

pur del resto de' mortali

han gli dèi qualche pensier.

(parte)

Amilcare ->

 

Scena undicesima

Attilia e Barce.

 
Recitativo

ATTILIA

Barce!  

BARCE

Attilia!

ATTILIA

Che dici?

BARCE

Che possiamo sperar?

ATTILIA

No 'l so. Tumulti

certo a destar corre Licinio; e questi

esser ponno funesti

alla patria ed a lui, senza che il padre

perciò si salvi.

BARCE

Amilcare sorpreso

dal grand'atto di Publio, e punto insieme

da' rimproveri suoi, men generoso

esser non vuol di lui. Chi sa che tenta?

E a qual rischio s'espone!

ATTILIA

Il mio Licinio

deh secondate oh dèi!

BARCE

Lo sposo mio

numi assistete!

ATTILIA

Io non ho fibra in seno

che non mi tremi.

BARCE

Attilia

non dobbiamo avvilirci. Alfin più chiaro

è adesso il ciel di quel che fu; si vede

pur di speranza un raggio.

ATTILIA

Ah Barce, è ver; ma non mi dà coraggio.

 
[N. 18 - Aria Attilia]

 N 

Non è la mia speranza  

luce di ciel sereno;

di torbido baleno

è languido splendor.

Splendor che in lontananza

nel comparir si cela,

che il rischio, oh dio, mi svela

ma non lo fa minor.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Attilia ->

 

Scena dodicesima

Barce sola.

 
Recitativo

 

Rassicurar procuro  

l'alma d'Attilia oppressa,

ardir vo consigliando e tremo io stessa.

Ebbi assai più coraggio

quando meno sperai; la tema incerta

solo allor m'affliggea d'un mal futuro;

or di perder pavento un ben sicuro.

 
[N. 19 - Aria Barce]

 N 

S'espone a perdersi  

nel mare infido

chi l'onde instabili

solcando va.

Ma quel sommergersi

vicino al lido

è troppo barbara

fatalità.

(parte)

Barce ->

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Logge a vista di Roma nel palazzo suburbano destinato agli ambasciadori cartaginesi.

<- Regolo, Publio

Publio? Tu qui! Si tratta

[N. 11 - Aria Publio]

Regolo
Publio ->

Il gran punto s'appressa ed io pavento

Regolo
<- Manlio, littori

A custodir l'ingresso

[N. 12 - Aria Manlio]

Regolo
Manlio, littori ->

A respirar comincio; i miei disegni

Regolo
<- Licinio

Alfin ritorno

Regolo, Licinio
<- Attilia

Amato padre pure una volta

[N. 13 - Aria Regolo]

Licinio, Attilia
Regolo ->

Ma di', credi o Licinio

[N. 14 - Aria Licinio]

Attilia
Licinio ->

Ah che purtroppo è ver; non han misura

[N. 15 - Aria Attilia]

Attilia ->

Galleria nel palazzo degli ambasciadori cartaginesi.

Regolo
 

Tu palpiti o mio cor! Qual nuovo è questo

Per questa... Ohimè! Publio ritorna e parmi

Regolo
<- Publio

Signor... Che pena per un figlio

[N. 16 - Aria Regolo]

Publio
Regolo ->

Ah sì; Publio coraggio. Il passo è forte

Publio
<- Attilia, Barce

Publio, Attilia, Barce
<- Amilcare, Licinio

Più speranza non v'è / Tutto è perduto

Attilia, Barce, Amilcare, Licinio
Publio ->

Vedi il crudel come mi lascia?

Attilia, Barce, Amilcare
Licinio ->

[N. 17 - Aria Amilcare]

Attilia, Barce
Amilcare ->

Barce! / Attilia! / Che dici?

[N. 18 - Aria Attilia]

Barce
Attilia ->

Rassicurar procuro

[N. 19 - Aria Barce]

Barce ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima
Atrio nel palazzo suburbano del console Manlio; spaziosa scala che introduce a' suoi appartamenti. Parte interna del tempio di Bellona; sedili per i senatori e per gli stranieri; diversi ingressi del tempio,... Logge a vista di Roma nel palazzo suburbano destinato agli ambasciadori cartaginesi. Galleria nel palazzo degli ambasciadori cartaginesi. Sala terrena corrispondente a' giardini. Portici magnifici su le rive del Tevere; navi pronte nel fiume per l'imbarco...
[Sinfonia] [N. 1 - Aria Licinio] [N. 2 - Aria Manlio] [N. 3 - Aria Attilia] [N. 4 - Aria Publio] [N. 5 - Aria Barce] [Sinfonia] [N. 6 - Aria Manlio] [N. 7 - Aria Regolo] [N. 8 - Aria Amilcare] [N. 9 - Aria Attilia] [N. 10 - Aria Barce] [N. 11 - Aria Publio] [N. 12 - Aria Manlio] [N. 13 - Aria Regolo] [N. 14 - Aria Licinio] [N. 15 - Aria Attilia] [N. 16 - Aria Regolo] [N. 17 - Aria Amilcare] [N. 18 - Aria Attilia] [N. 19 - Aria Barce] [N. 20 - Aria Manlio] [N. 21 - Aria Publio] [N. 22 - Aria Amilcare] [N. 23 - Aria Regolo] [N. 24 - Aria Attilia] [N. 25 - Aria Barce] [Coro di romani]
Atto primo Atto terzo

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