Atto quarto

 

Scena prima

La scena si cangia in un mare sui liti del quale sono molte torri, ed in una di esse Hyllo prigioniero.
Hyllo.

 Q 

Hyllo

 

Ahi che pena è gelosia  

ad un'alma innamorata

ch'a i sospetti abbandonata

teme ogn'or sorte più ria.

Ad Alcide allor ch'Iole

crudelmente in ver me pia,

di sperar alfin concesse;

io credei, che m'uccidesse,

solo il suon di tai parole,

ma il morir manco duol fia.

 

 

Ma che veggio? ecco un messo,  

che viene a dritta voga, è il Paggio? è desso.

 

Scena seconda

Apparisce nel detto mare il Paggio in una barchetta.
Paggio, Hyllo.

<- Paggio

 

PAGGIO

Zefiri che gite  

da' vicini fiori

involando odori

e qua poi fuggite;

fate alla mia prora

ch'oggi il mar si spiani,

voi pur cortigiani

siete de l'aurora.

Noto è a voi Cupido

che d'ogn'un fa giuoco,

e per l'altrui fuoco

or me trae dal lido.

A voi pur convenne

far l'ufficio mio,

così avessi anch'io

come voi le penne.

 

HYLLO

Che novella m'arrechi? è buona, o rea?  

Ma che parlo infelice?

Sperar più verun bene a me non lice.

PAGGIO

Iole alfin astretta

di maritarsi al furibondo Alcide

con questo foglio a te mi spinse in fretta.

HYLLO

Porgilo dunque;

(legge il biglietto)

«Alla tua fé tradita,

chiedo giusto perdono,

se per serbarti in vita

ad Ercole mi dono.»

Che per serbarmi in vita? Oh cieco errore!

Ah, che ciò per me fia morte peggiore.

Torna veloce, oh dio,

torna veloce, e dille,

ch'essendo essa fedele all'amor mio,

se morrò, sì contento

scenderà questo spirto al basso mondo,

ch'in alcun tempo mai

non ne vider gli elisei un più giocondo.

Ma che, s'altrui si dona, o il duol atroce

di sì perfida sorte,

o la mia destra mi darà in tal punto

una sì amara, e sconsolata morte,

ch'affannosa, e dolente

quest'alma in approdar le stigie arene

infin quivi parrà mostro di pene.

Dille, che s'ella almeno

per costanza d'amor sarà pur mia

non farà di me strage altri ch'Alcide,

ma che s'ella mi lascia, ella m'uccide.

Saprai tu ben ridir queste querele?

PAGGIO

Pur ch'il mar infedele

non mi vieti il ritorno, e di già parmi

che ben voglia agitarmi: o numi algosi

correte al mio soccorso.

 
Si muove la tempesta in mare.
 

Scena terza

Hyllo.

 

 

E non si trova  

fra gl'armenti squamosi

un cor benché gelato,

che qual già d'Arione

di quel meschin garzone

senta qualche pietade, e salvi insieme

gl'ultimi avanzi in lui d'ogni mia speme

ohimè, ch'il mar con cento fauci, e cento

tutte rabbia spumanti

non par ch'ad altro furioso aneli

ch'a divorar quel poverello. Ah date

a sì mortal periglio

pronto soccorso o cieli;

ohimè, che più tardate?

 
Il Paggio si sommerge.

Paggio ->

 

 

Ah che quella voragine l'ingoia,  

dunque forz'è, che disperato io moia:

e chi sia più che vieti

alla mia bella d'eseguire i suoi

mal'accorti decreti? a che più penso?

Che più tardo a finire

con un breve morire un duolo immenso?

Cerulei umidi numi,

ricevete propizi un sventurato,

che dal ciel, dalla terra, e da gl'abissi,

sempre a gara oltraggiato

viene a cercar tra le vostre acque in sorte

per gran favor la morte.

Hyllo, su al mar t'avventa;

che temi, orche, e balene?

O pur di'! ti spaventa

l'imagin del morir squallida, e tetra;

chi fugge gelosia nulla l'arretra:

su, su, dunque a morir, ché 'l chiaro nome

dell'amato mio sole

indorar mi potrà l'ombre più dense

del Tartaro profondo: Iole, Iole.

 
Hyllo si precipita in mare.
 

Scena quarta

Apparisce nell'aria Giunone, in un gran trono e cala in soccorso d'Hyllo.
Giunone, Nettuno, Hyllo.

Hyllo ->

<- Giunone

 

GIUNONE

Salva, Nettuno, ah salva  

quel troppo ardito giovine, e sovvienti,

che t'acquistò non favorevol grido

il negato soccorso

all'amoroso nuotator d'Abido.

Salvalo, o dio triforme,

che d'Ercole comun nostro nemico

all'alma inviperita

far non si può da noi più grande oltraggio

che di salvare il di lui figlio in vita;

poi che l'iniquo padre,

che qual rival geloso

la morte sol di quel meschino agogna,

vedendolo da noi ridotto illeso,

doppia ne ritrarrà smania, e vergogna.

Ah tu non m'odi? o vi ripugni? adunque?

In quest'onde ver me già sì cortesi

quell'antica bontà del tutto è spenta?

 
Sorge dal mar Nettuno in una gran conchiglia tirata da cavalli marini, e in essa si vede Hyllo salvato.

<- Nettuno, Hyllo

 

NETTUNO

Eccoti, o dèa contenta;  

che nulla al tuo voler negar poss'io;

né fu mia negligenza

ma ben sua renitenza il tardar mio;

né credo unqua più avvenne,

che dall'orribil gola

della vorace, e non mai sazia Dite

fosser ritorti a forza

contro la lor voglia i miseri mortali

come or succede in questo, o forsennato,

e chi rende al tuo gusto

di sì amabil sapor l'estremo fato?

HYLLO

D'un amor disperato

alla tantalea sete

il nettare più grato

è sol l'onda di Lete.

NETTUNO

Oh semplicetto ascolta,

ciò, che per suo diletto,

cantò Glauco talvolta.

 

Amanti che tra pene  

ogn'or gridate ohimè:

perché bramate di morir, perché?

Ah non negate mai fede alla spene.

Per chi vive il ciel gira,

e non sempre un sospira,

anzi lieto è tal'or chi mesto fu,

ma per chi more il ciel non gira più.

O stolti, ov'è il ristoro

nel morir poi? dov'è?

E che val più di vostra vita, e che?

Ah non si può dar mai più gran tesoro.

E sian pur buone o felle

stile al par cangian le stelle

né può sempre il destin gire all'in giù

ma per chi muore?

 

GIUNONE

Saggiamente a te parla, Hyllo, quel nume.  

NETTUNO

Vanne veloce, e la gran diva inchina

a dio forma reina.

 
Hyllo entra nella macchina di Giunone, e Nettuno s'attuffa nel mare.

Nettuno ->

 

Scena quinta

Giunone, Hyllo, coro di Zefiri, che danzano, e suonano.

<- coro di zefiri

 

GIUNONE

Dunque del mio potere  

diffiderai tu solo?

HYLLO

Diva a che viver più chi vive al duolo?

Ma pure ossequioso

ti chieggio umil perdono,

che quantunque penoso,

grato il viver mi fia poich'è tuo dono.

GIUNONE

Non lice a voi mortali

del destin preveder gl'alti decreti

quanto più strani tanto più segreti.

Quindi è che nel mirare

de' futuri nascosti

i preludi talvolta al fine opposti,

spesso ciechi lasciate

con i vostri giudizi infermi, e monchi,

che d'ignote venture

disperata ignoranza il fil vi tronchi.

Ma se a scorger giungeste

in quegli inesplicabili volumi

scritti in zaffiri a lettere di stelle:

sovente ammirereste

esser in lor prefisso,

ch'inaridisca a lente piogge un prato

e lo renda fecondo

di Sirio, e d'aquilon l'arido fiato;

che resti in picciol stagno

d'un Giasone, e d'un Tisi il legno absorto,

ch'a i naufragi conduca aura tranquilla,

e avversa tempesta al lieto porto.

Vanne dunque, e pur spera, e non t'annoi

il dar più fede a me, ch'a i sensi tuoi.

HYLLO

Diva dovunque io sia

non so se posi in cielo, o in terra il piede,

così di tue fortune

pur incerta se n' va l'anima mia.

 

GIUNONE

Congedo a gl'orridi  

suoi flutti altissimi

poi ch'il mar diè,

zefiri floridi

su festosissimi

volate a me,

e in danza lepida

da voi si venere

la mia virtù,

che sempre intrepida

contro di Venere

vittrice fu.

Sol gl'amor regnino

da quali spieghisi

onesto ardor,

e i cieli sdegnino

ch'in altro impieghisi

il lor favor:

desir che seguino

affetti ignobili

stian sempre in duol,

e si dileguino

dell'alme nobili

qual nebbia al sol.

 
Scendono sul palco Hyllo e Giunone e poi questa parte e rimonta al cielo nella sua macchina, nella quale i Zefiri invitati da essa formano la 5ª danza.

Giunone, Hyllo ->

 
 

Scena sesta

Si cangia la scena in un giardin di cipressi pieno di sepolcri reali.
Deianira, Licco.

 Q 

Deianira, Licco

 

DEIANIRA

Ed a che peggio i fati ahi mi serbaro?  

Ah che ben mi guidaro

gl'addolorati miei languidi passi

a trovare in alcun di questi sassi

come far sazio il mio destino avaro.

Ed a che peggio i fati ahi mi serbaro?

Alfin perduto ho il figlio

e già vicina è l'ora,

che dona ad altra sposa il mio consorte,

né perciò avvien ch'io mora?

Armi non ha da uccidermi la morte,

già che tanti dolor non mi sbranaro;

ed a che peggio i fati ahi mi serbaro?

 

 

Prendi Licco fedele  

questi de' miei tesor poveri avanzi

per passar meno incomodi i tuoi giorni,

e rimira se puoi,

un dì questi sepolcri aprirmi in cui

d'ogni speranza di conforto ignuda

per non mirar più il sol mi colchi, e chiuda.

LICCO

Ah Deianira io non son tanto accorto

che possa in sì gran carichi servirti

di tesoriere insieme, e beccamorto:

né so s'abbi pensato,

ch'esser preso così quindi io potrei

per omicida, e ladro,

e con solennità condotto al posto

di sublime appiccato,

onde fora tra noi sorte ben varia,

tu morresti sotterra, ed io nell'aria.

Deh scaccia o Deianira,

desio sì forsennato,

che di quanti nell'urna abbia Pandora

e disastri, e ruine, e pene, e danni,

e dolori, ed affanni,

e angoscie, e crepacuori io ti so dire,

ch'il peggior mal di tutti è di morire.

Ma che pompa funebre

scorgo venir? tiriamoci in un lato

che qual lugubre aspetto a te fia grato.

 

Scena settima

Iole con la pompa funebre, coro di Sacrificanti, ombra d'Eutyro, Deianira, Licco, coro di Damigelle d'Iole.

<- Iole, sacrificanti, damigelle

 

CORO DI SACRIFICANTI

Gradisci o re,  

il caldo pianto

ch'in mesto ammanto

afflitta gente

dal cor dolente

sparge per te!

Gradisci o re.

Tua sepoltura

i fior riceva

che selva oscura

germogliar fe':

e il sangue beva,

che per man monda

vacca infeconda

svenata diè,

gradisci o re.

 

IOLE

E se pur negli estinti  

di generosità pregio rimane,

permetti o genitore,

che dopo aver io tanto (ahi lassa) invano

per vendicarti oprato

ceda al voler del fato,

e che non già quest'alma,

ma sol di lei la sventurata salma

per l'iniquo tiranno

(per cui grato mi fora

più del talamo il rogo)

di sforzati imenei sottentri al giogo.

CORO

Ah ch'il real sepolcro

formando entro di sé dubbi mugiti:

ah, ah, (ch'esser ciò puote?)

tutto trema, e si scuote.

 
Rovina il sepolcro d'Eutyro, e apparisce l'ombra di lui.

sacrificanti ->

<- Eutyro

 

EUTYRO

Che sacrifici ingrati?  

Che prieghi ingiuriosi?

Che voti obbrobriosi?

Porgonsi a me? così s'oltraggia Eutyro?

Così fia, ch'a sua voglia

fredda insensibil ombra ogn'un mi creda?

Farò ben, che s'avveda

l'omicida ladron, s'ancor m'adiro?

E se contro di lui

odio, rabbia, e furor più che mai spiro?

Dunque chi del mio sangue

fe' scempio ingiusto, del mio sangue ancora

far vorrà suo diletto? ah non fia mai:

e tu dar vita a i parti

di chi morte a me di è (figlia) potrai?

IOLE

Ben resistea l'avverso mio volere

d'Ercole alle preghiere,

e alla forza di lui pur fatta avrei

resistenza invincibile, ma d'Hyllo,

d'Hyllo a te già non men, ch'a me sì caro,

che delle nostre offese

non fu complice mai:

anzi che ne sofferse

al par di noi con amorosa, e immensa

compassione il duolo,

d'Hyllo, ohimè, di lui solo

il periglio mortale

m'astrinse a consentire

all'aborrite nozze,

com'unico riparo al suo morire:

dunque perdona, o genitor, l'intento

di queste sacre pompe

ch'Amor, che non ha legge

ogni legge a sua voglia o scioglie, o rompe.

EUTYRO

Tant'ha d'Eutyro il nudo spirto ancora

invisibil possanza,

che neglette, e schernite

le temerarie voglie

del nemico fellone,

saprà salvare insieme

l'innocente garzone.

DEIANIRA

O dio dunque lasciate,

ch'a me di chi v'offese offesa moglie

e di chi tanto favorir bramate

madre, ohimè, semiviva or sia concesso

d'accomunar con voi l'aspre mie doglie.

Per conservarmi il figlio

privarmi di marito,

o di rimedio reo misero aborto;

o disperata speme. Hyllo è già morto.

IOLE

Ohimè, che di'!

DEIANIRA

Sul più vicino scoglio

della di lui prigion mentre attendevo,

che qualche picciol legno

colà mi conducesse

a consolarlo almen col mio cordoglio,

lo vidi all'improvviso, ohimè, dall'alto

cader nel mar d'un salto.

E se non lo seguii,

fu perché dal dolore, ahi, sopra fatta

caddi al suol tramortita,

e per man degli astanti

con mal saggia pietà quindi fui tratta.

EUTYRO

Dunque a qual altro fin, che per più strano

mio spregio, e scorno? Or di te far vorrai

un esecrabil dono

al barbaro inumano?

Ch'altra moglie trafigge, altra abbandona,

e né meno a suoi figli empio perdona.

Deh con giusto coraggio

saggiamente pentita,

rinunzia a un tanto error mentr'io ritorno

del fumante Cocito all'aria impura

alle sponde infocate

per unire in congiura

l'anime ch'il crudele a morte ha date:

e ben vedrai ch'invano io non prefissi

di sollevar contro di lui gli abissi.

(l'ombra di Eutyro sparisce)

Eutyro ->

 

IOLE

Hyllo il mio bene è morto? altro che pianti  

vuol da me tal dolore:

egli sol per mio amore

disperato s'uccise, ed io fra tanti

segni della sua fé sempre più chiari

fia ch'a morir dalla sua fede impari;

troppo io pregiai la vita, ed or m'avveggio

quanto il morir più vale;

questa spoglia mortale

scopo è sol di sventure, e degno seggio

d'Amor sono gli elisei, ov'ei più splende

né tirannia, né duolo alcun l'offende.

Attendetemi dunque, alme dilette

d'Hyllo, e d'Eutyro in pace,

ch'a raggiungervi io corro, ombra seguace.

LICCO

Ferma ti prego, e poiché (grazie al cielo)

tornò l'orribil ombra a casa sua,

e ch'a me così torna, e fiato, e voce;

vuò dar grato consiglio a tutte e dua.

E che miglior rimedio?

A' tanti vestri spasimi di quello

a proporvi son pronto

ch'è di guarire ad Ercole il cervello?

Quand'egli si raccenda

per te del coniugal dovuto affetto,

e che non curi più nuovi imenei,

ditemi ciò non parvi

assai per consolarvi?

Dunque non ti sovviene, o Deianira,

che per ciò far mezzo sì raro avemo?

Veggio, ch'il duol estremo

ti rende smemorata, e quella veste,

che già Nesso centauro

in morendo a te diè, qui pur non vale?

Per far ch'Alcide allor che l'abbia in dosso

ogn'altro amor ch'il tuo ponga in non cale?

DEIANIRA

Chi sa, che fia ben ver?

LICCO

Ne farem prova.

IOLE

Ma ciò per ravvivare Hyllo non giova.

LICCO

Oh che strane domande!

Ma ben potrei risuscitare un morto,

s'a contentar due femmine mi posi,

ch'è d'ogni altro impossibile il più grande,

s'in vece, che per troppa impazienza

posar monte su monte

avesser li giganti a sasso a sasso

fabbricato il lor ponte;

al dispetto di Giove

sarian montati in cielo a far fracasso.

Si va di là dal mondo a passo a passo.

Né fia vano il tentare

di levarci un ostacolo cotanto

com'è d'aver con Ercole a cozzare.

Che poi dall'altro canto

chi sa? ch'Hyllo sentendosi bagnato

fatto più saggio non si sia pentito

e a nuoto salvato.

 

DEIANIRA, IOLE E LICCO

Una stilla di spene  

oh che mar di dolcezza!

per un'anima avvezza

a languir sempre in pene.

Una stilla di spene,

benché tal'or mentita

nelle già fredde vene

riconduce la vita:

e per stupenda prova

fin con l'inganno giova.

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Le Damigelle di Iole rimaste a piangere presso le rovine del sepolcro d'Eutyro, alla vista di quattr'Ombre si spaventano, e formano così con le dett'Ombre la 6ª danza, per fine dell'atto quarto.

Deianira, Iole, Licco ->

<- quattro ombre

 

Fine (Atto quarto)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Un mare sui liti del quale sono molte torri.

(Hyllo prigioniero in una torre sul mare)

Hyllo
 

Ma che veggio? ecco un messo

(apparisce nel mare il Paggio in una barchetta)

Hyllo
<- Paggio

Che novella m'arrechi?

(si muove la tempesta in mare)

E non si trova

(il Paggio si sommerge)

Hyllo
Paggio ->

Ah che quella voragine l'ingoia

(Hyllo si precipita in mare)

(apparisce nell'aria Giunone, in un gran trono e cala in soccorso d'Hyllo)

Hyllo ->
<- Giunone

Salva, Nettuno, ah salva

(sorge dal mar Nettuno in una gran conchiglia tirata da cavalli marini, ed in essa si vede Hyllo salvato)

Giunone
<- Nettuno, Hyllo

Eccoti, o dèa contenta

Saggiamente a te parla, Hyllo

(Hyllo entra nella macchina di Giunone, e Nettuno s'attuffa nel mare)

Giunone, Hyllo
Nettuno ->
Giunone, Hyllo
<- coro di zefiri

Dunque del mio potere

coro di zefiri
Giunone, Hyllo ->

(scendono sul palco Hyllo e Giunone e poi questa parte e rimonta al cielo nella sua macchina, nella quali i Zefiri invitati da essa formano la 5a danza)

Giardino di cipressi pieno di sepolcri reali

Deianira, Licco
 

Prendi Licco fedele

(entra Iole con la pompa funebre)

Deianira, Licco
<- Iole, sacrificanti, damigelle
Coro di Sacrificanti
Gradisci o re

E se pur negli estinti

(rovina il sepolcro d'Eutyro, e apparisce l'ombra di lui)

Deianira, Licco, Iole, damigelle
sacrificanti ->
Deianira, Licco, Iole, damigelle
<- Eutyro

Che sacrifici ingrati?

Deianira, Licco, Iole, damigelle
Eutyro ->

Hyllo il mio bene è morto?

Deianira, Iole e Licco
Una stilla di spene
damigelle
Deianira, Iole, Licco ->
damigelle
<- quattro ombre

(le damigelle di Iole alla vista di quattr'ombre si spaventano, e formano così con le dett'ombre la 6a danza)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima
Ne' lati montagne di scogli su li quali si vedono giacenti 14 fiumi; nella prospettiva il mare. Ne' lati boscareccia, e nella prospettiva un gran paese contiguo alla città d'Eocalia. Gran cortile del palazzo reale. Grotta del Sonno. Giardino d'Eocalia. Un mare sui liti del quale sono molte torri. Giardino di cipressi pieno di sepolcri reali La scena si cangia in inferno. Portico del tempio di Giunone Pronuba.
Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quinto

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