Atto quinto

 

Scena prima

La scena si cangia in inferno.
Ombra d'Eutyro, coro di Anime infernali, Clerica, Laomedonte, Bussiride.

 Q 

Eutyro, anime infernali, Clerica, Laomedonte, Bussiride

 

EUTYRO

Come solo ad un grido,  

che giunto a pena d'Acheronte al lido

formai, vi radunate anime ardite?

Su, così pur contro il comun nemico

vostro furore alla mia rabbia unite,

che più dunque s'aspetta?

Pera mora il crudel, su su vendetta.

CORO

Pera mora il crudel, su su vendetta.

 

CLERICA
regina di Cos

Pera mora l'indegno  

di cui più scellerato unqua non visse,

che del troiano eccidio ancor fumante

non mai sazio di sangue

i miei poveri figli, e me trafisse,

o bella gloria in vero

d'un uccisor di mostri,

impiegare il vigore

con cui d'aver si vanta

sostenute le stelle

contro teneri parti, e madre imbelle.

Ah ver'un chiostro

più fiero mostro

di lui non ha.

E se il crudel

per nostro ufficio

oggi cadrà

mai sacrificio

più grato al ciel

altri fe', né mai farà.

Che più dunque si aspetta?

Pera mora il crudel, su su vendetta.

CORO

Pera mora il crudel, su su vendetta.

LAOMEDONTE
re di Troia

Pera mora il perverso

che d'un sol atto di pietà, che mai

tra le barbarie sue contar potesse,

qual mercenario vile

richiedendone il prezzo,

ne' contenti assai tosto

gl'avidi suoi desir quanto malvagi,

si pagò col mio sangue, e mille stragi.

Su su sbraniamolo,

su laceriamolo

giustizia il vol,

paghi egl'ancor

l'altrui dolor

col proprio duol.

Che più dunque s'aspetta?

Pera mora il crudel, su su vendetta.

CORO

Pera mora il crudel, su su vendetta.

BUSSIRIDE
re d'Egitto

Pera mora l'iniquo,

che dell'etereo Giove,

ingratissimo al pari,

ch'in legittimo figlio,

di sacerdoti, e vittime più degne,

con sacrilega man spogliò l'altari.

Pera l'abominevole; ma pera

della più cruda morte,

che per esempio eterno,

inventar possa mai l'irato inferno.

Quanti mai strazii,

nei negri spazii,

Pluto adunò

tutti s'unischino,

e assalischino,

chi ne svenò:

che più dunque s'aspetta?

Pera mora il crudel, su su vendetta.

CORO

Pera mora il crudel, su su vendetta.

EUTYRO

Se nel terrestre mondo

per iniquo favor d'ingiusto cielo

il suo corporeo velo

alla nostra mortal spoglia prevalse,

ad onta del suo orgoglio al fine impari,

che di sdegno, e di forze ogn'alma è pari.

Che? se più lo lasciamo

respirar impunito

in pace, e tirannia l'aure vitali,

crederà con ragione,

che fian di timid'ombre, e neghittose

i regni di Pluton tane oziose.

Su, su dunque ombre terribili

su voliam tutte in Eocalia,

nuova in ciel schiera stimfalia

contra il reo furie invisibili,

e con le vipere

onde Tesifone

tormenta l'anime

flagellamogli il cor;

fin ch'immenso dolor

con angoscie rabbiose il renda esanime.

CORO

Su, su dunque all'armi, su, su,

su corriamo a vendicarci,

ch'altro ben non può mai darci

il destino di quaggiù.

E che giova assordar quest'antri più

con il vano rumor de' nostri carmi?

Su, su dunque all'armi, all'armi.

EUTYRO

Ah più val più diletta,

che quante gioie ha il ciel una vendetta.

CORO

Ah più val più diletta,

che quante gioie ha il ciel una vendetta.

 
 

Scena seconda

La scena si cangia in un portico del tempio di Giunone Pronuba.
Ercole, Iole, Licco, Deianira, coro di Sacerdoti di Giunone Pronuba.

 Q 

Ercole, Iole, Licco, Deianira, sacerdoti

 

ERCOLE

Alfine il ciel d'Amor  

per me si serenò,

e i nembi di rigor,

in gioie distemprò,

sol nel mio cor pur sento

un soave martir,

ch'abbia per gir più lento

dati il tempo i suoi vanni al mio desir.

Ma pur l'amata Iole

l'adorato mio sole ecco a me viene,

dunque affatto il mio sen sgombrate o pene,

che di sì rigid'alma

qual si sia la vittoria io n'ho la palma,

e l'ardente mio spirto

pospon tutti i suoi lauri a un sì bel mirto.

LICCO

Quando com'è tuo uffizio,

dar quella veste ad Ercole dovrai

per far di nozze tali il sacrifizio,

quest'altra in vece, il cui valor ben sai,

destramente da me prender potrai.

IOLE

Così farò: ma che? per diffidenza

di rimedio sì incerto, ho il sen ripieno

di gelosa temenza,

pur quando mi tradisca ogn'altro scampo,

soccorso mi darà pronto veleno.

ERCOLE

Deh non muovere Iole il piè restio,

ver chi dominator del mondo intero

solo in goder dell'alma tua l'impero

pon la felicità del suo desio.

E il sacro concento

sciolgasi omai, ch'a me di tali indugi

grado è d'immensa pena ogni momento.

 

CORO

Pronuba, e casta dèa  

l'alme de' nuovi sposi

con lacci avventurosi

annoda, e bea.

E quieta, e gioconda

da' lor nestorea vita,

e gl'amplessi feconda

con progenie infinita.

 

ERCOLE

E di che temi, Iole, e di che tremi?  

IOLE

Ecco il mio viver giunto

a un formidabil punto.

ERCOLE

Deh su porgimi ardita

la veste, ond'io ben tosto

per i nostri imenei

renda olocausto a i dèi.

 

CORO

Pronuba, e casta dèa

l'alme de' nuovi sposi

con lacci avventurosi

annoda, e bea.

E quieta, e gioconda

da' lor nestorea vita,

e gl'amplessi feconda

con progenie infinita.

 

sacerdoti ->

ERCOLE

Ma qual pungente arsura  

la mia ruvida scorza intorno assale?

Qual incognito male

d'offendermi temendo

serpe nascoso per le vene al core?

Qual immenso dolore, ahi, mi conquide?

E per dar morte a me tanto più dura

in vista de' contenti, oh dio, m'uccide?

E tu lo soffri, o genitore? E lasci,

ch'io, che con piè temuto

passeggiai della morte i regni illeso,

e che fin dalla cuna

di belle glorie adorni

tutti contai della mia vita i giorni,

or senz'avere a fronte

sanguinoso nemico (ah rio martire,

che della morte ancor vie più m'accora)

in ozio vil qui mora?

Senza che gloria alcuna

renda almen di me degno il mio morire.

Almen di nubi oscure

vela quest'aria in torno

sì che sorte maligna

di me grato spettacolo non faccia

all'implacabil mia cruda matrigna;

e per quando la tua

insensata pigrizia, (oh gran tonante)

il conquasso destina

dell'universo, ohimè, s'ora no 'l fai?

E a che riserbi il cielo?

Che nel perder Alcide a perder vai?

Ma l'atroce mia doglia

imperversando ogn'or pochi respiri

mi lascia più, deh s'il morire è forza,

ardasi la mia spoglia

né della terra, i di cui figli uccisi

s'esponga un rifiuto:

a dio, cielo, a dio Iole, eccomi Pluto.

 

Ercole ->

LICCO

Che dite? Il mio non fu rimedio tardo,  

ma un poco più (ch'io non credea) gagliardo.

Pur ciascuna di voi di già rimira

il penoso destin per sé finito

d'un amante importun, d'un reo marito.

E non piangete già,

che comunque ch'avvenga a un saggio core

dar non si può qui giù sorte migliore,

che di vivere in pace, e libertà.

IOLE

Qual tra perigli estremi

di strepitose, ed orride rovine

un ch'è salvato a sorte

stupido resta, sì rimasi anch'io

senza moto, né voce; ah perché dunque

Hyllo il mio caro ben, perché morto?

DEIANIRA

Ah Nesso mi tradì, deh ti perdoni

o Licco il ciel l'involontario errore;

a dolor su dolore

egualmente infinito

più resister non so, mostrami o morte

e del figlio la traccia, e del consorte.

Ma che? l'ombra del figlio

ecco ch'ad incontrarmi

ver me riede pietosa.

 

Scena terza

Iole, Deianira, Licco, Hyllo.

<- Hyllo

 

IOLE

Veggio, o di veder parmi?  

Non atteso contento!

Ah che dar fede a gl'occhi il cor non osa.

DEIANIRA

Oh che opportun ristoro!

LICCO

Oh che spavento!

IOLE

Hyllo?

DEIANIRA

Figlio?

DEIANIRA E IOLE

Sei tu?

HYLLO

Mercé di Giuno

son io dal mar salvato

acciò per gl'occhi miei

versi in un mar di pianto il cor stemprato.

Se qual ridirlo intendo

vero è del caro padre il fato orrendo.

DEIANIRA

Ah figlio ahi troppo è ver, che mi rivedi

vedova afflitta, e sola.

IOLE

Pur mio ben ti consola,

che se perdesti il genitor crudele

me qui ritrovi, e l'amor mio fedele.

HYLLO

Ah dunque il ciel non seppe

farmi teco felice?

Senza misero farmi, e sventurato

con la mia genitrice?

LICCO

Oh ben tornato.

HYLLO

Ahi che con forza eguale a un tempo istesso

da gioia, e da dolore

tratto in contrarie parti

sento squarciarmi il core.

DEIANIRA

Ohimè dunque che fia?

LICCO

Forz'è ch'io rida

quel che è stato mai sempre

da che morte impugnò falce omicida,

ch'altri avvien, che si stempre

in pochi, ed altri in copiosi lutti.

Ma chi muore suo danno,

che tosto, o tardi si consolan tutti.

DEIANIRA

Saranno almen le ceneri d'Alcide

le più pompose de' funebri onori

e più sparse di lagrime, e di fiori.

HYLLO

Certo è che i miei singulti

non avran fin.

IOLE

Ma non fia già che solo

tu pianga amato ben, che se comune

ho teco il cor fia pur comune il duolo.

 

LICCO

Or che sorte è la mia?  

Che senza averne voglia,

anch'io per compagnia

converrà che mi doglia.

DEIANIRA, IOLE, HYLLO E LICCO

Dall'occaso a gl'Eoi

ah non fia chi non pianga,

ch'oggi il sol de gl'eroi

estinto, ohimè, rimanga.

Dall'occaso a gl'Eoi

ah non fia chi non pianga.

 

Scena quarta

Cala Giunone nell'ultima macchina corteggiata dall'armonia de' cieli, ed apparisce nella più alta parte di questi Ercole sposato alla Bellezza.
Giunone, Deianira, Iole, Hyllo, Licco.

<- Giunone, coro di pianeti, Bellezza, Ercole

 

GIUNONE

Su, su allegrezza  

non più lamenti

deh non più no,

ch'ogni amarezza

il ciel cangiò

tutt'in contenti

tutt'in dolcezza

non più lamenti

su, su, allegrezza.

Non morì Alcide

tergete i lumi

non morì no,

su nel ciel ride,

che lo sposò

il re de' numi

alla Bellezza

tergete i lumi

su, su, allegrezza.

 

GIUNONE

Così deposti alfin gl'umani affetti  

così l'alma purgata

d'ogni rea gelosia

ciò che qui giù sdegnò, lassù desia.

Quindi ammorzati anch'io gl'antichi sdegni

per il vostro godere:

a me sì glorioso

consentii, ch'egli goda in su le sfere

un beato riposo,

onde a compire ogni desio celeste

sol de' vostri imenei mancan le feste.

Su dunque a i giubili

anime nubili

e felicissimi

i miei dolcissimi

nodi insolubili

al par d'amor v'allaccino,

e nelle vostre destre i cor s'abbraccino.

Se a pro d'un vero amore il giusto Giove

meraviglie non fa,

a che riserberà sue maggior prove?

IOLE E HYLLO

Oh dèa come n'arrequii.

DEIANIRA

Ch'a i detti tuoi

non lice a noi

fede negar né ossequi

oh dèa come n'arrequii.

IOLE E HYLLO

Che dolci gioie oh dèa

versi nel nostro seno,

il ciel benigno a pieno

che più dar ne potea?

Che dolci gioie oh dèa.

LICCO

Come a tante rovine

succeduto ad un tratto è un tanto bene

in fatti è ver qui giù danzano in giro

e si tengon per man contenti, e pene.

GIUNONE, DEIANIRA, IOLE, HYLLO E LICCO

Contro due cor ch'avvampano

tra loro innamorati

in van del ciel s'accampano

per guerreggiar i fati.

Da lega d'amore

fia vinto il furore

d'ogni contraria sorte:

d'un reciproco amor nulla è più forte.

Giunone, Deianira, Iole, Hyllo, Licco ->

 

Scena quinta

Ercole, la Bellezza, coro di Pianeti.

 

CORO

Quel grand'eroe, che già  

laggiù tanto penò

sposo della beltà

per goder nozze eterne al ciel volò!

Virtù, che soffre alfin mercede impetra

e degno campo a' suoi trionfi è l'etra.

BELLEZZA E ERCOLE

Così un giorno avverrà con più diletto,

che della Senna in su la riva altera

altro gallico Alcide arso d'affetto

giunga in pace a goder bellezza ibera;

ma noi dal ciel traem viver giocondo

e per tal coppia sia beato il mondo.

TUTTI

Virtù che soffre alfin mercede impetra

e degno campo a' suoi trionfi è l'etra.

 
Le varie influenze di sette Pianeti scendono sul palco successivamente a danzare, e in fine anche un coro di Stelle.
 

Fine (Atto quinto)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

La scena si cangia in inferno.

Eutyro, anime infernali, Clerica, Laomedonte, Bussiride
 

(Eutyro, Clerica, Laomedonte e Bussiride come ombre)

Come solo ad un grido

Clerica, Coro di anime infernali, Laomedonte, Bussiride
Pera mora l'indegno

Portico del tempio di Giunone Pronuba.

Ercole, Iole, Licco, Deianira, sacerdoti
 

Alfine il ciel d'Amor

E di che temi, Iole, e di che tremi?

 
Ercole, Iole, Licco, Deianira
sacerdoti ->

Ma qual pungente arsura

Iole, Licco, Deianira
Ercole ->

Che dite? Il mio non fu rimedio tardo

Iole, Licco, Deianira
<- Hyllo

Veggio, o di veder parmi?

Licco, Deianira, Iole, Hyllo
Or che sorte è la mia?

(cala Giunone nell'ultima macchina corteggiata dall'armonia de' cieli, e apparisce nella più alta parte di questi Ercole sposato alla Bellezza)

Iole, Licco, Deianira, Hyllo
<- Giunone, coro di pianeti, Bellezza, Ercole

Così deposti alfin gl'umani affetti

coro di pianeti, Bellezza, Ercole
Giunone, Deianira, Iole, Hyllo, Licco ->

Quel grand'eroe, che già

(le varie influenze di sette Pianeti scendono sul palco successivamente a danzare, ed in fine anche un coro di Stelle)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta
Ne' lati montagne di scogli su li quali si vedono giacenti 14 fiumi; nella prospettiva il mare. Ne' lati boscareccia, e nella prospettiva un gran paese contiguo alla città d'Eocalia. Gran cortile del palazzo reale. Grotta del Sonno. Giardino d'Eocalia. Un mare sui liti del quale sono molte torri. Giardino di cipressi pieno di sepolcri reali La scena si cangia in inferno. Portico del tempio di Giunone Pronuba.
Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

• • •

Testo PDF Ridotto