Atto terzo

 

Scena prima

Loggia con trono.
Gualtiero con Guardie.

 Q 

Gualtiero, guardie

 

GUALTIERO

Oton qui mi si guidi.  

Chi mai intese destino eguale al mio.

 

Re non posso amar chi adoro;  

né abbracciar sposo il mio bene.

Al mio amor deggio dar pene,

e languir nel suo martoro.

(va a seder sul trono)

 

Scena seconda

Otone fra Guardie, e detto.

<- Otone, altre guardie

 

OTONE

Amor, tu dammi aita.  

Supplice inchino il mio monarca.

GUALTIERO

Otone,

confessato delitto

divien minore. Un reo che niega, o tace,

nuovo fallo commette,

bugiardo, o contumace.

Il ver mi esponi, e a l'ardir tuo prometti

più facile 'l perdono.

OTONE

Giudice, o re, ti temo;

sia quel che premi, o tribunale, o trono.

GUALTIERO

Tu di rapir Griselda

poc'anzi osasti.

OTONE

Al testimon del guardo

tace il labbro, e 'l conferma.

GUALTIERO

Ove di trarla

destinavi rapita?

OTONE

Lungi da questi lidi, ove non fosse

in tua mano di ritorla.

GUALTIERO

Chi 'l consigliò?

OTONE

(Che potrò dire?)

GUALTIERO

A l'opra

chi diè stimolo?

OTONE

(Ardisci

timido cuor.) Mio sire,

(s'inginocchia)

pietà, perdono.

GUALTIERO

Sorgi, e in dir sincero

libero a me ragiona.

OTONE

(si leva)

Dal cor, più che dal labbro odine il vero.

Sa 'l ciel, se a l'or che in trono

mia regina, e tua sposa

sedea Griselda, io la mirai con altro

sguardo, che di vassallo.

Dal suo ripudio, e da' suoi mali, in seno

pietà mi nacque; e poi ne nacque amore,

che sprezzato, e deluso

usò pria la lusinga, indi il rigore.

GUALTIERO

(Che sento?) Ami Griselda?

OTONE

Amor fu solo,

che a rapirla m'indusse.

GUALTIERO

Né del real mio sdegno

ti rattenne il timor?

OTONE

S'amo in Griselda,

signore, un tuo rifiuto; e di qual fallo

reo ti rassembro?

GUALTIERO

Otone,

col cor del suo monarca ama il vassallo.

OTONE

Fa' leggieri i delitti

forza d'amore.

GUALTIERO

Al merto

di te, de gli avi; al sangue

sparso a pro del mio regno; a la tua fede

diasi l'error.

OTONE

Diasi l'oggetto ancora.

GUALTIERO

Griselda?

OTONE

Una che un tempo

fu regina, e tua moglie,

è scorno tuo, ch'erri fra monti e boschi.

Innalza un tuo rifiuto, e in lei permetti

ch'io, sposo erede, ami i tuoi primi affetti.

GUALTIERO

(alle guardie scendendo dal trono)

A me venga Griselda.

Vedi, se t'amo. Il giuro, Otone, il giuro

su la mia fede: a l'ora

ch'io mi sposi a Costanza, avrai Griselda.

OTONE

O dono! o gioia! al regio piè prostrato

lascia...

GUALTIERO

No; prima attendi,

che la grazia si adempia, e poi la rendi.

 

OTONE

Vedi, o re, nel mio contento  

la grandezza del tuo dono.

Così grande in me lo sento,

che il poter di più bearmi

manca a te, manca al tuo trono.

Otone, altre guardie ->

 

Scena terza

Gualtiero, poi Griselda.

 

GUALTIERO

Da l'amor di costui preser fomento,  

ed origine forse

le pubbliche querele.

(Giovi il saperlo.)

 

<- Griselda

GRISELDA

Incontro  

lieta, o sire, i tuoi cenni.

GUALTIERO

Griselda, al sol cadente

ravvirerò le tede,

che nel mio seno il tuo ripudio estinse.

GRISELDA

E che vive nel mio mantien la fede.

GUALTIERO

Tu là dovrai deposte

quelle rustiche spoglie

affrettarne la pompa.

GRISELDA

A quel talamo ancella, ove fui moglie.

GUALTIERO

Itene voi custodi. Impazienti

covo in seno gli ardori.

M'è affanno ogni momento, e già maturi

stan ne l'ozio penando i casti amori.

GRISELDA

(E l'ascolti? E non mori?)

GUALTIERO

Troppo offendi, Griselda,

il giubilo comun col tuo cordoglio.

Spettatrice non mesta

colà frena i sospiri, anche del pianto

ti divieto il conforto,

e termini prescrivo al tuo dolore.

GRISELDA

Per compiacerti, il chiuderò nel core.

 

Se 'l mio dolor ti offende,  

non ho più doglia in sen.

Già si serena il viso,

brilla sul labbro il riso;

e prova del mio amore

è 'l suo seren.

Griselda ->

 

Scena quarta

Gualtiero.

 

 

In te, sposa, Griselda,  

carnefice mi uccido;

giudice mi condanno;

e per barbara legge

nel tuo core e nel mio sento il tuo affanno.

 

Cara sposa, col tuo core  

stanca è l'alma di più penar.

Sol resiste nel fier dolore,

perché vede la tua costanza,

ch'empio ancora, mi vuole amar.

Gualtiero ->

 
 

Scena quinta

Deliziosa con fontane.
Corrado, e Roberto.

 Q 

Corrado, Roberto

 

CORRADO

Ferma il piè: l'amato ben  

se tu parti, piangerà.

Se non temi le sue pene,

non che amor, non hai pietà.

 

ROBERTO

Risoluta è quest'alma...  

CORRADO

Di partir?

ROBERTO

Da l'indugio

non attendo che morte.

CORRADO

Lasciar la tua Costanza?

ROBERTO

Aver vicino il ben perduto è pena.

CORRADO

Con alma più tranquilla

incontra il fato, e rasserena il ciglio.

ROBERTO

Cerco al duolo rimedio, e non consiglio.

 

COSTANZA
(di dentro)

Usignuolo,  

che vai scherzando,

di ramo in fronda, di fronda in fior...

 

CORRADO

Roberto.

ROBERTO

O dolci accenti,

ond'io stupido resto.

 

COSTANZA
(segue)

Usignuolo,

che vai scherzando,

di ramo in fronda, di fronda in fior;

io t'insegno il mio caro amor.

ROBERTO

Mio caro amor.

COSTANZA
(come sopra)

Dove miri le spiagge più amene,

spiega il canto, arresta il volo;

che là spira il dolce bene;

e poi digli il mio dolor.

ROBERTO

E poi digli il mio dolor.

 

CORRADO

Immobile rassembri?  

ROBERTO

Ah! tu mi desti

da l'amabil letargo?

CORRADO

E fermo ancora?

ROBERTO

A la fatal partita.

CORRADO

Attendi almen...

ROBERTO

Che su miei lumi un altro

stringa colei, che adoro?

Che a l'ara sacra accenda

de l'imeneo le faci?

Che le dia sposo abbracciamenti e baci?

CORRADO

Sì, questo sol: poi parti.

ROBERTO

Sacrificio crudel, non vo' mirarti.

 
(Costanza soprarriva a Roberto, che in vederla si arresta)

<- Costanza

 

CORRADO

(a Roberto)

Prendi, se partir vuoi,  

da que' bei sguardi

ond'ardi,

l'ultimo caro addio.

(a Costanza)

E voi,

pupille belle,

stelle

del ciel d'amor,

almeno di conforto,

spargete il suo dolor,

se non di oblio.

Corrado ->

 

Scena sesta

Costanza, e Roberto.

 

COSTANZA

Tu partire, o Roberto,  

da questa reggia, ove il tuo cor mi lasci?

E donde il mio t'involi?

Tu de' miei sguardi ancor torti il diletto?

Tormi quello de' tuoi?

Senza darmi un addio?

Se' ben empio al tuo core, e ingrato al mio.

ROBERTO

Una regina e moglie,

che da me può voler? Vederne i pianti?

Ascoltarne i sospiri?

Da l'aure i senti, e ne l'arene i miri.

COSTANZA

(Onor, nume tiranno,

offensor di natura, a che mi astringi?

Amor, nodo soave,

già mia gioia, or mia pena, ove mi guidi?

Men colpevoli siete,

affetti del cor mio, se siete infidi.)

Va' pur, Roberto, e poiché rea mi lasci,

sappi tutto il mio errore;

d'altri sia questa man; tuo questo core.

ROBERTO

Cessa d'amarmi, o 'l taci;

e porterò lontano,

se non più lieto, almen più ratto il piede.

Gran lusinga a l'indugio è la tua fede.

COSTANZA

Va' pur: t'affretto anch'io.

Gran periglio è l'indugio a l'onor mio.

Parti.

ROBERTO

Senza un amplesso?

 

COSTANZA

Amor.  

(si prendono per mano)

ROBERTO

Fortuna,

COSTANZA

che dal cor

ROBERTO

che dall'alma

COSTANZA

mi svelli,

ROBERTO

mi dividi,

(si abbracciano)

COSTANZA E ROBERTO

o per sempre ne unisci, o qui m'uccidi.

 

Scena settima

Griselda in abito di serva, Ismeno, e detti.

<- Griselda, Ismeno

 

GRISELDA

E per sempre vi unisca, amanti fidi.  

COSTANZA

Griselda.

ROBERTO

(Ahimè!)

ISMENO

Regina.

GRISELDA

Con sì tenero affetto.

Vai consorte a lo sposo?

Con sì onesto rispetto

vieni amico a la reggia? È questa, è questa

de l'imeneo la fede?

de l'ospizio la legge?

nel dì de le sue nozze,

nel suo stesso soggiorno

un marito non ami? un re non temi?

o indegni affetti! o vilipendi estremi!

COSTANZA

(Misera!)

ROBERTO

(Qual consiglio!)

ISMENO

Ancor tacete?

Opportuna discolpa

ad ingegnoso amor non manca mai.

COSTANZA

Senti...

ROBERTO

Ascolta...

ISMENO

Fa cor.

GRISELDA

Che dir potrai?

COSTANZA

Roberto, or ch'io son moglie,

da me l'ultimo addio prendea poc'anzi

rispettoso in amore.

GRISELDA

Ma fia d'altri la mano, e suo quel core.

ROBERTO

A la fatal partita

mi affrettava Costanza; io pur non tardo

da lei volgeva il piede.

GRISELDA

Ma lusinga a l'indugio è la sua fede.

COSTANZA

Innocente è l'affetto.

GRISELDA

E i sospiri? gli amplessi? Onesta moglie

non ha cor, non ha voti

che per lo sposo. A l'onor suo fa macchia

anche l'ombra leggiera,

anche il pensier fugace.

Saprallo il re. L'offende

chi le gravi onte sue simula, o tace.

 

Scena ottava

Gualtiero, e li suddetti.

<- Gualtiero

 

GUALTIERO

Griselda.  

COSTANZA

(Il re.)

ROBERTO

(Son morto.)

GUALTIERO

Perché tu d'ira accesa? E voi, bell'alme,

perché confuse?

GRISELDA

(E dovrò dirlo?)

GUALTIERO

Esponi.

GRISELDA

Non mi astringer, te n' priego,

a ridir ciò che vidi.

GUALTIERO

Ismen me 'l narri.

Tu se parli, o se taci, ogn'or mi offendi.

ISMENO

Signore, il tutto in poche note intendi.

COSTANZA

(Non v'è più speme.)

ROBERTO

(Oh sorte!)

ISMENO

Ardon Roberto, e la real tua sposa

di scambievoli fiamme:

i sospiri, gli amplessi

udì, vide Griselda.

GUALTIERO

E perciò d'ira accesa.

ISMENO

Li minaccia, li sgrida, e a te scoprirne

giura il mal nato ardore.

GRISELDA

Ismen, mi risparmiasti un gran rossore.

GUALTIERO

Ben si vede, che nata

se' fra' boschi, o vil donna. E che? Ti trassi

di là, perché tu adempia

di spia le parti, o di ministra, e serva?

Oblia qual fosti, e le tue leggi osserva.

GRISELDA

Quel zelo...

GUALTIERO

Io non te 'l chiedo.

GRISELDA

Il rispetto.

GUALTIERO

Lo devi

a la regia consorte.

GRISELDA

Il tuo onor...

GUALTIERO

Se' custode

del marital mio letto?

Che ti cal, se Costanza

abbia più d'un amante?

Che divida il suo cor? ch'ami a sua voglia

o Roberto, o Gualtier?

ISMENO

N'ami anche cento:

è vano il tuo travaglio; ei n'è contento.

GUALTIERO

Udisti?

GRISELDA

Udii.

COSTANZA E ROBERTO

(Che sento?)

GUALTIERO

Ti sovvenga il suo grado.

GRISELDA

È di regina.

GUALTIERO

Il tuo ufficio.

GRISELDA

È di ancella.

GUALTIERO

E se talor per altri arder la miri.

GRISELDA

Cieche avrò le pupille.

GUALTIERO

Se sospirar la senti...

GRISELDA

Sordo l'udito.

GUALTIERO

E se amorosa al seno

fia che stringa Roberto;

che li dia amplessi, e baci,

non trasgredir le leggi, e servi, e taci.

GRISELDA

L'altre tue leggi adempirò qual deggio,

sofferendo, e tacendo.

(Affetti del mio sposo, io non v'intendo.)

 

Se amori ascolterò,  

se amplessi osserverò,

saprò con alma forte

o finger, o tacer.

Dirò che ottuso è 'l senso;

e che bugiardo

è 'l guardo;

né avrò ne la mia sorte,

che cor per sostener.

Griselda ->

 

Scena nona

Gualtiero, Costanza, Roberto, Ismeno.

 

ROBERTO

(Temo.)  

COSTANZA

(Pavento.)

GUALTIERO

Or non estingua in voi

fredda tema importuna i casti ardori.

Non son io di que' sposi,

che ogni bacio, ogni amplesso

renda fieri, o gelosi,

certi teneri affetti,

che del tempo, e del cor figli pur sono,

perdono al genio, ed a l'età perdono.

COSTANZA

Perdono io non vorrei, se offeso avessi

l'onor tuo, l'onor mio.

ROBERTO

Un volontario esiglio

quindi prendea.

GUALTIERO

Tacete:

che più del vostro amore

la discolpa mi offende.

Col non amar Roberto

rea saresti, o Costanza; e tu più reo,

se da lei ti dividi.

Proseguite ad amarvi, e siate fidi.

ISMENO

Più cortese marito ancor non vidi.

 

GUALTIERO

(a Roberto)

Non partir da chi ti adora.  

(a Costanza)

Ad amar segui chi t'ama:

che mi è caro il vostro amor.

De l'ardor che in sen chiudete,

gelosia non sento ancora.

Con l'amor non mi offendete;

mi offendete col timor.

Gualtiero ->

 

Scena decima

Costanza, Roberto, Ismeno.

 

ROBERTO

(Non m'inganno?)  

COSTANZA

(E lo credo?)

ROBERTO

(Udii?)

COSTANZA

(Sognai?)

ISMENO

(Maggior sorte in amor, ch'intese mai?)

ROBERTO

Vuole il re ch'io non parta.

COSTANZA

Lo sposo impon ch'io t'ami.

ROBERTO

Ah Costanza!

COSTANZA

Ah Roberto!

ROBERTO

Spesso a dolce liquor, misto è 'l veleno.

COSTANZA

Spesso in mar lusinghier fremono i nembi.

ROBERTO

Arrestarmi è periglio.

COSTANZA

È delitto adorarti.

ISMENO

Che risolvi? che pensi?

ROBERTO

Con periglio ubbidir.

COSTANZA

Con colpa amarti.

 

Piena d'amor di fé  

per te mio bene

lasciarti, oh questo no,

no che non voglio.

E se tu sei per me

tutto fra pene,

per te non curarò,

lo sposo, e 'l soglio.

 

ROBERTO

D'una fede sì bella  

seguo l'esempio anch'io. Può ben la sorte,

tronchi col fatal ferro

i men forti legami,

far ch'io non viva più: non ch'io non t'ami.

 

Non so, se più mi piace  

per fede, o per beltà,

ma questo core amante,

al par del suo costante,

certo, che l'amerà,

sinché vivrà.

Costanza, Roberto ->

 

Scena undicesima

Ismeno.

 

 

Pensa Ismeno, ripensa, e non l'intende.  

Non opra a caso il re, che agli altri è legge;

ma la ragion de l'oprar suo non vedo.

Scaccia Griselda, e la richiama. Otone

fa, che in ceppi sia posto,

poi libertà li rende.

Vuol sua sposa Costanza,

e che un altro l'abbracci ei non si offende.

Pensa Ismeno, ripensa, e non l'intende.

 

Un nemico non crudele,  

uno sposo

non geloso

non so intender, come sia.

So che ognor figlia fedele

fu dell'odio la fierezza,

de l'amor la gelosia.

Sfondo schermo () ()

Ismeno ->

 
 

Scena dodicesima

Gran sala reale preparata per le nozze.
Griselda con Guardie.

 Q 

Griselda, guardie

 

GRISELDA

Ministri, accelerate  

l'apparato, e la pompa; il dì già stanco

ravvivate co' lumi; e più giuliva

del suo signor senta la reggia i voti.

Legge è del mio Gualtier, ch'io stessa affretti,

e renda più superba

de le tragedie mie la scena acerba.

 

Scena ultima

Tutti.

<- Gualtiero, Costanza, Roberto, Corrado, Otone, Ismeno, popoli

 

GUALTIERO

Griselda.  

GRISELDA

Altro non manca,

che il sovrano tuo impero.

GUALTIERO

Impaziente

è un amor tutto foco.

GRISELDA

Anche Griselda amasti.

GUALTIERO

La tua viltà le chiare fiamme estinse.

GRISELDA

Per l'illustre tua sposa ardano eterne.

Ah non voler da lei

de la mia tolleranza i rari esempi.

Mal può darli Costanza

gentil di sangue, e poco

d'una rigida sorte,

qual io vil donna, in mezzo agli ostri avvezza.

COSTANZA

(O bontade!)

ROBERTO

(O virtude!)

GUALTIERO

(Il cor si spezza.)

CORRADO

Che più chiedi?

GUALTIERO

L'estrema

prova di sua fermezza. Oton.

OTONE

Mio sire.

GUALTIERO

Ti avanza, e tu, Griselda.

GRISELDA

Ubbidisco. (Che fia?)

ROBERTO

(E ti perdo?)

COSTANZA

(E non moro?)

COSTANZA E ROBERTO

Anima mia.

GUALTIERO

(Che pensi, o cor?) Tempo è, Corrado.

CORRADO

Ah vedi,

che non t'inganni.

GUALTIERO

In sua virtù confido.

CORRADO

Non è al fin più che donna.

GUALTIERO

Ma tal, che far può scorno al sesso forte.

CORRADO

Opra a tuo senno.

GUALTIERO

Amor mi assista.

CORRADO

E sorte.

GUALTIERO

Assai soffristi. È degno

di premio il tuo coraggio; e n'ho pietade.

Più non sarai, Griselda,

pastorella ne' boschi, o ancella in corte.

Ma...

GRISELDA

Che?

GUALTIERO

Cor mio, che tenti?

GRISELDA

Signor.

GUALTIERO

Del fido Oton sarai consorte.

OTONE

(Gioie, non m'uccidete.)

GRISELDA

Io d'Otone?

GUALTIERO

Egli è il forte

sostegno del mio scettro; egli il più chiaro

fregio de la Sicilia. Il sangue, il merto

gli acquistan nel mio regno amor, rispetto.

È tal, che con Griselda

dopo il suo re può aver comune il letto.

GRISELDA

Io di Otone?

GUALTIERO

La fede

a lui porgi di sposa.

OTONE

(O sorte avventurosa!)

GRISELDA

Ah! mio sire.

GUALTIERO

Ubbidisci.

Te 'l comanda il tuo re.

GRISELDA

Mio re, mio nume,

mio sposo un tempo, e mio diletto ancora,

se de' tuoi cenni ognora

legge mi feci, il sai: dillo tu stesso;

popoli, il dite voi, voi, che 'l vedeste.

Mi ritogliesti il regno;

m'imponesti l'esiglio;

tornai ninfa a le selve,

venni ancella a la reggia,

ministra a' tuoi sponsali.

Mali, rischi, sciagure, onte, disprezzi,

tutto tutto soffersi,

senza dirti spietato,

senz'accusarti ingrato.

Ma ch'io d'Oton sia sposa?

Che sia d'altri il mio core?

la mia fede? il mio amore?

Mi perdona, Gualtiero. È questo, è questo

il caro ben, che solo

libero dal tuo impero io m'ho serbato?

Tua vissi, e tua morrò, sposo adorato.

GUALTIERO

(Lagrime, non uscite.) Ommai risolvi:

o di Otone, o di morte.

GRISELDA

Morte, morte, o signor. Servi, custodi,

aguzzate ne' ferri,

spremete ne' veleni,

ne' tormenti inasprite

la morte mia. La gloria

chi avrà di voi del primo colpo? Ah sposo

a la tua mano il chiedo,

e prostrata lo chiedo...

(s'inginocchia; Gualtiero non la osserva)

 

Se pur cader per una man sì cara

non è, dolce consorte,

anzi vita, che morte.

Pur sia pena, o sia dono, a te la chiedo.

Fa' ch'io vada a gli elisi, ombra superba,

con l'onor di tua fede; e ch'ivi additi

le tue belle ferite,

opra già de' tuoi lumi, or del tuo braccio.

GUALTIERO

(Non più, cor mio, non più.) Sposa, ti abbraccio.

(solleva Griselda, e l'abbraccia)

OTONE

(Misero Oton!)

CORRADO

Viva Griselda, viva.

GUALTIERO

Popoli, che rei siete

del cielo, e del re vostro; ommai vedete,

qual regina ho a voi scelta; a me qual moglie.

La virtù, non il sangue

tal la renda a' vostr'occhi, ed al mio core.

Or con tal pentimento

facile a voi perdono il vostro errore.

OTONE

Gran re, sol è mia colpa

il pubblico delitto. Io fui, che spinto

da l'amor di Griselda indussi il regno

più volte a l'ire. Ebber gran forza i doni

ne l'anime volgari.

Ne le grandi il mio esempio.

Ecco perdon ti chiedo.

GUALTIERO

Il tuo dolor mi basta, e te 'l concedo.

COSTANZA

Nobil pietà.

COSTANZA E ROBERTO

(Che spero?)

GUALTIERO

Ma tu taci, o Griselda? e lieta appena

al tuo amico destin mostri la fronte?

forse non li dai fede? o forse intera

non è ancor la tua gioia?

GRISELDA

Te 'l confesso: mi è pena

di Costanza la sorte. Ella era degna

di te.

GUALTIERO

Sposa del padre è mai la figlia?

GRISELDA E COSTANZA

Come?

GUALTIERO

Il dica Corrado.

CORRADO

Sì, Costanza è tua prole,

che piangesti trafitta.

GRISELDA

O figlia!

COSTANZA

O madre!

GRISELDA

Ben me 'l predisse il core, e non lo intesi.

GUALTIERO

Tu l'amor di Costanza,

ch'ora in sposa ti dono,

tutto non m'involar Roberto amato.

ROBERTO

Il tuo dono, o gran re, mi fa beato.

GUALTIERO

Meco ommai riedi, o cara,

su la real mia sede.

OTONE

E sia Everardo il tuo, ma tardo, erede.

 

CORRADO

Imeneo, che se' d'amore  

dolce ardor, nodo immortale,

de la coppia alma reale

stringi l'alma, annoda il core.

GUALTIERO E ROBERTO

Bianca man, col tuo candore

d'un bel core ancor fai fede.

COSTANZA E GRISELDA

Di quest'alma, ove amor siede,

spirto, e vita è sol l'onore.

 
Il Coro replica.
 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Loggia con trono.

Gualtiero, guardie
 

Oton qui mi si guidi

Gualtiero, guardie
<- Otone, altre guardie

Amor, tu dammi aita

Gualtiero, guardie
Otone, altre guardie ->

Da l'amor di costui preser fomento

Gualtiero, guardie
<- Griselda

Incontro lieta, o sire, i tuoi cenni

Gualtiero, guardie
Griselda ->

In te, sposa, Griselda

guardie
Gualtiero ->

Deliziosa con fontane.

Corrado, Roberto
 

Risoluta è quest'alma

(Costanza di dentro)

Costanza (di dentro) e Roberto
Usignuolo, che vai scherzando

 

Immobile rassembri? / Ah! tu mi desti

Corrado, Roberto
<- Costanza
Roberto, Costanza
Corrado ->

Tu partire, o Roberto

Costanza e Roberto
Amor / Fortuna
Roberto, Costanza
<- Griselda, Ismeno

(Griselda in abito da serva)

E per sempre vi unisca, amanti fidi

Roberto, Costanza, Griselda, Ismeno
<- Gualtiero

Griselda / Il re / Son morto

Roberto, Costanza, Ismeno, Gualtiero
Griselda ->

Temo / Pavento

Roberto, Costanza, Ismeno
Gualtiero ->

Non m'inganno? / E lo credo?

D'una fede sì bella

Ismeno
Costanza, Roberto ->

Pensa Ismeno, ripensa, e non l'intende

Ismeno ->

Gran sala reale preparata per le nozze.

Griselda, guardie
 

Ministri, accelerate

Griselda, guardie
<- Gualtiero, Costanza, Roberto, Corrado, Otone, Ismeno, popoli

Griselda / Altro non manca

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena ultima
Atrio reale. Porto di città con vista di navi. Cortile. Stanze; tavolino con manto, scettro, e corona. Campagna con fiume, e collina con capanna. Capanna con letto. Loggia con trono. Deliziosa con fontane. Gran sala reale preparata per le nozze.
Atto primo Atto secondo

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