Atto primo

 

Scena unica

Addio cielo fatto di onde piene di raggi di luna e di misteri!
-
La notte abbandona il cielo; - il suo lavoro vivificatore è finito; - uomini e cose hanno riposato e sognato; - essa cede il governo della vita al giorno.
Come in un gran velario di nebbie, tutto inonda una tinta diafana e indecisa; - è la incertezza del primo raggio, ma gradatamente poi, ecco! i primi albori che si diffondono rispecchiandosi in scintille adamantine entro a le rugiade sui fiori, sulle erbe! - Nel piccolo giardino di Iris, i fiori, come curiosi bimbi, levano i visi dalle chiomate corolle e guardano ad oriente. - La casetta di Iris è ancora chiusa dentro alle sue stuoie colorate e ai suoi battenti di quercia.
Il villaggio, dietro quella grigia macchia di alti, pallidi bambou, eleva ancora indecisi nella penombra i suoi bizzarri tetti; e il ruscello che lo divide dalla piccola casa di Iris mormora la sua cadenza senza scopo, mesta o gaia secondo che la luce, che scende e vi penetra, effonde nelle sue acque il riso o la lagrima del cielo.
E l'aria si riempie di fulgori!
E l'aria passa tra rami e fronde, tra fiori ed erbe, tra piante e case, e palpita!
O luce, anima del mondo!
Leggere brume erranti fuggono ai venti; - e al di là, lontano, lontano, nelle immensità profonde dell'azzurro, immobile come un gran mare calmo, già balenano rapidi splendori, echi di luce, vibrazioni misteriose d'altri infiniti mondi esultanti alla vita! - Or discendono i raggi; pallidi prima, poi rosei, caldi, vivi... è il giorno! L'aurora trionfa! le cose si disegnano rapide!
Ecco la scena: la allegra casetta di Iris; - il suo giardino colla piccola siepe di biancospine in fiore; - nettamente ora spiccano i pallidi e sottili bambou nel risalto del villaggio; - il ruscello canta gaio ed azzurro il ritornello che gli viene dalla canzone serena ed azzurra del cielo; - e laggiù, là, nell'estremo fondo, il Fousiyama, alto come la brama degli umani anelanti alla gran pace del silenzio!
Il Fousiyama!
Ultimo appare egli, fantastica visione; ma sull'alta sua cervice, immacolata per eternità di neve, reca esso pel primo, alla vallea dove vive Iris, il riflesso del primo raggio del Sole.

 Q 

 
Oh la suprema bontà che il Sole esprime al mondo coi suoi raggi!
La luce è l'idioma degli eterni.
Uditelo:

Son io! ~ son io, la vita! ~ son la beltà infinita,    

la luce ed il calor.

Amate, o cose! ~ dico ~ sono il dio novo e antico,

amate! ~ son l'amor.

Per me gli augelli han canti ~ i fior profumi e incanti,

l'albe il color di rose ~ e palpiti le cose.

Ne' raggi miei fulgenti

l'anime paurose

ritemprano le genti.

Son io, l'eterno incanto; ~ io che rasciugo il pianto

e accheto ogni dolor,

che, legge d'eguaglianza, ~ dono la gran speranza

che avviva tutti i cor.

Dei mondi io la cagione; ~ dei cieli io la ragione!

Uguale io scendo ai re ~ sì come a te, mousmè!

Pietà è l'essenza mia,

eterna poesia,

calore, luce, amor!

S

Sfondo schermo () ()

 
(la mousmè - che fantasiosamente sente il linguaggio caldo della luce e lo traduce in bontà, carezze, promesse, è Iris; è lei che infantilmente si impersona in quella - mousmè uguale ai re davanti al sole - è Iris, la figlia del Cieco, quella che accorre sul limitare della sua casetta)
 
Così sempre, chiamandola, il Sole la risveglia alla mattina.

<- Iris, Osaka, Kyoto

Solo agli innocenti sorridono queste divine allucinazioni. - Le loro anime sono pure come la luce e la comprendono; - e se il Sole ha parole per lei, Iris ha pe 'l Sole tutto il tesoro delle piccole confidenze. - Onde il raggio del pianeta e il raggio dell'anima della mousmè confondono insieme cielo e terra; - la infinità dello spazio è vinta.
 

IRIS

Ho fatto un triste sogno pauroso,    

un sogno tutto pieno

di draghi, mostri, volanti chimere

e di striscianti còlubri.

S'era malata la mia amica bambola,

ond'io ~ tutta piangente ~

l'avea posta in giardino a riposare

entro un cespo di rose.

Intorno a lei tacea tutto il giardino;

non più canti di gigli,

canzoni di gardenie e porporine

né voli di libellule; ~

avevo detto ai fior ~ «Tacete, o fiori!»

«Malata è la mia bambola!»,

quand'ecco in ciel vol di bianche cicogne

fuggire spaventate!...

Guardo! ~ Pieno è il giardin di mostri orribili

che la mia bimba insidiano!...

Accorro a sua difesa! ~ Prego! ~ Lagrimo!

«Lasciatemi l'amica!...».

Ma una fenice spiega in ruote e giri

fantastici la coda

che come serpe avvinghia la piccina...

allarga l'ali... e fugge!...

Ma, Sol, tu torni ed il sogno è bugia.

Guarita è la mia bambola!

S

 
(e la piccola mousmè corre a prendere la bambola; ritorna e levando la bambola alto verso il sole ed agitandole le manine di legno, esclama:)
 

 

Vieni e saluta il sole!  

UNA VOCE
(dall'interno della casetta)

Con chi parli?

IRIS

O padre mio, col Sole!

 
Iris, i mostri non abitano soltanto il mondo infantile dei sogni!

Iris ->

Mentre tu accorri al tuo vecchio e cieco padre dietro il gruppo dei pallidi e sottili bambou, due mostri, più maligni di quelli del tuo sogno, hanno ascoltato le tue parole e con occhi avidi hanno contemplato la bianca bellezza del tuo viso.
Già i loro desideri ti sono intorno; - e sono desideri di mostri; benché uno, il giovane, bello e in ricche, aggraziate vesti, appaia buono come il sorriso e l'altro, colla sua faccia strana e buffona, comunichi una allegrezza bonaria, quella che tanto sa ingannare i fanciulli e gli esseri miti.
 

OSAKA

È lei! è lei!  

KYOTO

È la figlia del Cieco.

OSAKA

La voglio!

KYOTO

Tu l'avrai.

OSAKA

Non farle male!

KYOTO

Non sciupo la mia merce.

OSAKA

Che se!... Bada!...

KYOTO

Son noto al Yoshiwara! ~ Non temere!

OSAKA

Sta ben!

KYOTO

Soltanto... ho d'uopo di tua voce

alla trama ch'io medito. ~ Sottile,

pieghevol come salce è la tua voce.

OSAKA

È ver: ho voce acuta; imita il suono,

il bisbigliar d'augelli e il chiacchierare

d'irrequiete fanciulle. La mia voce

vibra nell'aria, desta gli echi ai monti

e vola alta nel ciel come cicogna

o falco.

KYOTO

Essa m'occorre!

OSAKA

E la fanciulla?

KYOTO

Supponi ch'essa già sia cosa tua.

Andiamo a prepararci un viso!

OSAKA

Andiamo!

KYOTO

Prudenza vuol così! ~ ignoti e cauti!

OSAKA

Cauti? Ignoti?

KYOTO

Sì!

OSAKA

Già mi diverto

e godo già!

OSAKA, KYOTO

La vita è così bella...

 
(e l'annoiato giovane signore e l'astuto taïkomati si allontanano ridendo)

Osaka, Kyoto ->

 
Tremulo vecchio, lasciati condurre dalla tua Iris! - Essa ti guida amorosa alla carezza vivificatrice del Sole. Il Sole ha ne' raggi caldi il vigore del sangue della giovinezza.

<- Iris, Il cieco

 

IL CIECO

Voglio posare ove è più caldo il sole!  

IRIS

Qui, padre.

IL CIECO

Sì.

 
(e Iris fa sedere il vecchio padre sulla soglia della casetta, verso il giardino)
 

IL CIECO

Oh, il buon raggio! ~ M'avviva!

Or dammi il mio rosario. ~ Vuò pregare!

IRIS

Ecco il rosario!

IL CIECO

E tu hai pregato?

IRIS

Sì.

Innaffierò i miei fiori, intanto. ~

IL CIECO

Io prego.

 
Oh, il lieto coro di vivaci Mousmè! - le ceste di giunchi o a braccio o in equilibrio su le teste - se ne vengono dal villaggio a lavare giù nel ruscello!

<- mousmè

 

LE MOUSMÈ

Al rio! ~ al rio!  

È il plenilunio; ~ al rio!

L'acqua è limpida e tiepida.

Sciuga il bucato al sole

e la lavanda è in fiore.

È il plenilunio!

Fra loti ed iridi ~ felci e ninfee

e nenufari ~ gelsominee

scorre la rapida

onda fuggente;

carezza il piè

delle Mousmè.

Viene il suo bacio ~ dalla sorgente!

Bacio di rio ~ bacio di dio!

Contorci! Attorta!

Acqua corrente ~ da lungi porta

tutti i profumi;

l'odor del muschio ~ côlto dall'onde

fra zolle e dumi

di cento sponde.

 
L'acuto gorgheggio delle voci giovanili si eleva alto, alto e bianco come i gigli sui flessibili e sottili steli. E quale contrasto col biascicar del rosario che fa il Cieco e colle parole che la piccola Iris sussurra ai suoi fiori!
 

LE MOUSMÈ

Denuda il braccio ~ tu, mousmè pallida!

aspergi, tergi

il tuo bucato!

(alcune già estraggono il nitido lino dalla piccola conca di lacca, - altre lo raccolgono contorcendolo e lo spremono ancora colle nervose mani di pupattole, - altre invece lo sciorinano sbattendolo disteso all'aria, - altre lo ripiegano, - altre lo risciacquano un'ultima volta nella corrente ed altre finalmente lo ripongono piegato nelle ceste, le piccole teste attente, serie, quasi pensose, tutte comprese della importanza di quel dovere di donnine di casa)

Ha raggi il sole,

ha timi il prato,

il lino candido ~ biancheggia ed ole.

IL CIECO

Tu mi hai tolto la vista, ma io vedo la tua grandezza, o divinità!

la tua grandezza io la sento!

essa parla all'anima mia!

la bellezza della vita creata da te penetra col sole nella mia vecchia persona!

Tu sei grande e buono!

La vita è pur tuttavia sempre un cammino faticoso, ma è aggradevole se penso che conduce a Nirvana!

Io cammino anelando alla meta!

Tu mi hai tolto la vista, ma mi hai dato quella degli occhi di Iris; mi hai dato un genio buono e gentile;

non sono solo! ~

Io dico la tua grandezza! ~

Insieme

IRIS

In pure stille ~ gaie scintille

scende la vita.

L'acqua s'effonde ~ per vie profonde.

Bevi la vita,

alga cerulea!

Tu, margherita,

leva il candore ~ della tua chioma,

o cilestrino ~ fiore di mey,

neve odorante,

tu gelsomino ~ e tu olezzante

fiore di amoma;

la varia chioma

leva, o coryandro, fiore di monte.

In pure stille

vive scintille

l'acqua penètra ~ fra pietra e pietra

e all'appassita

radice ascosa

dona la forza ~ dona la vita!

Ristora! Irrora!

Thea odorosa,

fiore divino,

gardenia ~ rosa,

vita bevete!

Bevete, fiori ~ mente, verbene,

e olezzi e balsami

pel mio giardino,

fiori, espandete!

Brano musicale ()

 
Per la strada che, flessibile come un ramo di volubile, segue tortuosa le capricciose sinuosità di una riviera nel disegno bianco dei pruni selvatici in fiore che la fiancheggiano, si avvicinano i suoni tremuli di sàmisen, rimbombanti di gongs, chiassosi di tamburelli e striduli di koliû a fiato.
 

IRIS

Giù per la via ne viene un gaio suono!...  

LE MOUSMÈ

Son sàmisen, tamburi e risonanti

cymbali e gongs!

IL CIECO

Lontano?

IRIS

S'avvicina!

IL CIECO

Iris, chi son?... Li vedi?... Guarda!

IRIS

Guardo!

LE MOUSMÈ

Son commedianti! ~

Sono guèchas!

IRIS

Vengono!

ALCUNE MOUSMÈ

Ritardiamo il ritorno?

LE ALTRE

Col bucato

più tardi torneremo! ~

Rimaniamo! ~

IRIS

Oh, padre...

IL CIECO

Di'!

IRIS

È il teatro dei pupi!

IL CIECO

Stammi presso, fanciulla!

IRIS

Sto alla siepe;

guardo soltanto!

IL CIECO

Sono vagabondi!

IRIS

Obbedirò! (Dietro alle biancospine

mi metto!)

 
E le spensierate Mousmè, lasciate le ceste del bucato, guardano commentando l'avvicinarsi dei Commedianti burattinai.
 

LE MOUSMÈ

Ecco le guèchas!

Tutte a veli!...

È numerosa assai la compagnia!

Veh! quattro guèchas!...

Sono due gli attori!

Son quattro i suonatori!...

Eccoli!...

Vengono!...

 
(Osaka e Kyoto, camuffati da istrioni girovaghi, sbucano dalla via entro al cerchio fatto loro dalle curiose mousmè con un codazzo di suonatori, guèchas e saltimbanchi al suono di sàmisen, gongs, tamburelli, ecc.)

<- Osaka, Kyoto, suonatori, guèchas, Una guècha, saltimbanchi

 
Iris, ritta alla siepe, guarda.
 

KYOTO

Io son Danjuro il padre dei fantocci  

che nelle mie commedie faccio sposi

alle gentili bambole!

(gridando ai suonatori)

Olà, musica!

Mousmè, tenete pupe da marito?

MOUSMÈ

Sì che ne abbiamo; ~ e sono belle e buone!

IRIS

(Come la mia, no, non ve n'ha; sto certa!)

MOUSMÈ

È un teatro di lusso!

IL CIECO

Iris!

IRIS

Sto qua!

KYOTO

Ora daremo rappresentazione!

Udrete i pupi miei dir tante cose...

tutte meravigliose e dotte assai!

Parlar udrete Jor figlio del sole

e Dhia, la bella figlia sventurata...

Ma più non voglio dir... Udrete, e basta!

Ehi, musica!

Preparerò la scena!

(Osaka, attento!)

OSAKA

(Non temer!)

KYOTO

(La parte?)

OSAKA

(Io la ricordo! Non ne fallo un ette!)

LE MOUSMÈ

Poniamci tutte intorno.

 
(le mousmè seggono davanti al teatro, formando così circolo, durante i preparativi).
 

KYOTO

(E la piccina?)

OSAKA

(Guarda con occhi larghi come foglie

di loto e di nelumbo! Sta alla siepe...)

KYOTO

(Vedrai, ne la trarremo!)

(Ora l'adesco!

È la curiosità infallibil àmo!)

LE MOUSMÈ

Facciam silenzio! ~ Già danno principio!

 
(Kyoto fa preparare il teatro dei pupi. - Vi si mettono avanti, accosciati a terra, i suonatori; dietro ai paraventi tre guèchas attendono il loro turno, quello della danza - e, dietro il teatro, Kyoto toglie fuori da una cassetta i pupi: Dhia (una pupa tutta bianca); Jor (un pupo fantastico tutto orpelli; il padre (un mostro terrorizzante); e Kyoto consegna i tre pupi ai tre istrioni che li devono far muovere; poi colloca la guècha cantante dietro il paravento a sinistra del teatrino, e con Osakasi nasconde dietro il paravento a destra, da dove possono spiare i movimenti d'Iris, pure eseguendo le loro rispettive parti)
 
(Kyoto fa cenno di introdurre in scena Dhia e dar principio così alla rappresentazione:)
 
 
La rappresentazione.
 

UNA GUÈCHA
(Dhia)

Misera...  

(un gran sospiro)

Ognor qui sola!

Unque mai mi consola!...

Morte rapì mia madre...

ridotta è mia famiglia

a un collerico padre

che non ama la figlia! ~

(un gemito)

Ho vesti brutte e lacere...

(altro gemito)

scarne braccia e sottili...

(terzo gemito)

gote pallide e grame...

son malata ed ho fame

e sono le mie lacrime

mie gemme e miei monili!...

(un singhiozzo)

Chi ascolta i miei dolori?...

(lamento)

Non ho amiche né fiori!

(sospiro, gemito, singhiozzo e lamento)

 

OSAKA E KYOTO

Osaka

(Brava!)  

Kyoto

(Attrice valente!)

Osaka

(Ve' come stanno attente!)

IRIS

Vedo!... Qui resto; grazie!...

Insieme

LE MOUSMÈ

(le mousmè, ginocchione, sedute sovra i piccoli piedi, guardano, ascoltano. Le loro anime pendono dalla cadenzata voce della guècha che si espande monotona in quell'aria già tutta piena di giorno e di vita)

Come forza alle lacrime

la povera fanciulla.

~ Davvero fa pietà!...

~ Iris, vientene qua;

di là tu vedi nulla!

 
 
(intanto Kyoto - imitando la voce rauca di un vecchio catarroso - fa le più pazze grida del mondo, picchiando forte sul legno del teatro a dare l'idea dell'avvicinarsi del vecchio iracondo ed inumano genitore)
 

UNA GUÈCHA E KYOTO

Dhia

Ah, mio padre!...

Lo sento!

(voce tremula)

Tremo dallo spavento! ~

Il padre

(voce terribile)

Ah, sciagurata putta! Sono stanco

di mantenermi questa sciocca e vana

inutil, neghittosa e scioperata...

Insieme

LE MOUSMÈ

Ecco il padre!...

Che ceffo!

Me lo sogno stanotte!...

Io gli fo uno sberleffo!

Vedrete, corron botte!

 

UNA GUÈCHA
(Dhia)

Ah, padre mio!...

KYOTO
(il padre)

Preparati!... ~ Io ti vendo

al gran mercato di Simonosaky.

 
(grandi strida)
 

UNA GUÈCHA
(Dhia)

No, padre, no, non vendermi!

KYOTO
(il padre)

Preparati!

OSAKA

(La piccina si muove!... Forza al dialogo!)

UNA GUÈCHA
(Dhia)

(Dhia cade ai piedi del pupo padre)

Per la luce del sole e delle stelle,

tienmi ancora con te!...

Che vuoi ch'io faccia? ~

(lunghi singhiozzi)

OSAKA

(Ha gli occhi tutti rossi!)

KYOTO
(il padre)

Al gran mercato di Simonosaky

tu troverai padrone!

Io sono stanco

d'averti qui con me!...

Tu mangi troppo

e non mi rendi nulla...

Ond'io ti vendo!...

Insieme

IL CIECO E IRIS

Il cieco

Iris!...

Iris

Sto qua!

 
Già il dramma è penetrato nelle ingenue anime delle Mousmè; il viso di cera imbiaccata di Dhia ha già strappato spasimi e lacrimuccie; - ecco ora il ceffo di quel pupazzo padre e la voce rauca di Kyoto che le fanno erompere in piccoli gridi di protesta, di rivolta, di sdegno!
 

LE MOUSMÈ
(impressionate, furenti)

Vecchio lercio!...

Furfante!...

Muso da vecchia arpìa!...

È sordo alle sue tante

lacrime disperate!...

Pigliamolo a sassate!...

(minacciano coi pugni il tiranno padre, urlando:)

Orco!

Vampiro!

Via!...

(lanciano piccoli sassi)

UNA GUÈCHA
(Dhia)

(grido straziante e disperato)

Uccidimi, piuttosto!

KYOTO
(il padre)

Basta!... Ho detto!

(se ne va)

OSAKA

(Si scalda il nostro pubblico!)

KYOTO

(È in furore!)

UNA GUÈCHA
(Dhia)

(altro grido straziante e disperato)

Morire!... Sì... Finire!...

OSAKA

(ride)

(Quasi, quasi

t'uccidono davvero il pupo padre!)

UNA GUÈCHA
(Dhia)

(accento d'esaltazione)

Deh, prendimi con te, genio del bene!

Portami teco dove non si soffre!...

 

IRIS

Oh, la istoria pietosa!  

Mi par che dentro al core

mano mi prema e tocchi!...

M'offende un gran dolore

che mi rende affannosa!...

Come è triste tal canto!...

Ho volontà di pianto

nell'anima e negli occhi!

 

KYOTO
(ad Osaka)

(Or tocca a te!... ~ Dolcissimo!)  

OSAKA

(Dolcissimo!)

 

OSAKA
(Jor - figlio del Sole)

(invisibile)  

Apri la tua finestra! ~ Jor son io

che vengo al tuo chiamar, povera Dhia!

Apri la tua finestra al raggio mio!

Apri il tuo cor a mia calda malìa!

Jor ha ascoltata, o Dhia, la tua preghiera!

Apri l'anima tua, fanciulla, al sole!

Apri l'anima tua a mie parole!

Apri il tuo cuore a me, fanciulla, e spera!

Tu vuoi morir? ~ Morire io ti farò,

ma ti farò morir dal sol baciata,

poscia al paese eterno ti trarrò

ove, o fanciulla, tu sarai amata!

Brano musicale ()

 
Potere misterioso del fantastico e della melodia! - la voce del falso Jor si eleva alta come il sole e si espande ovunque come l'aria. Le mousmè palpitano a pieni cuori a quell'armonia e vi vivono ora!
 
E Iris, la mite, la buona Iris crede a quella falsa dolcezza! - Tacitamente essa ha abbandonato la siepe del suo giardino per accostarsi al teatro, e nel momento in cui Jor, il figlio del sole, apparirà alla infelice Dhia, essa sarà già fuori dalla siepe, lontana dal cieco Padre.
 

KYOTO

(trionfante dell'effetto ottenuto)

(È questa poesia gran ciurmatrice!  

Due motti, due bisticci che uno dice

e una fanciulla inconscia come questa

vi si sdilinque e vi perde la testa).

(e ride)

 

IRIS

De' sogni il triste verde  

disvanisce e si perde!

Quali i vani bagliori

d'erranti e misteriose

lucciole luminose

se ne vanno i dolori!

 

KYOTO
(alle guèchas)

(Or, guèchas, quando termina il duetto,  

danzate e... fate senza dar sospetto!)

 

UNA GUÈCHA
(Dhia)

(voce affievolita, dolcissima)

Io muoio! Prendimi! Tua m'abbandono!  

Portami al mondo eterno della luce!...

Salgo a Nirvana!... È Jor che mi conduce!

Jor, sono tua!... A te tutta mi dono!...

 
(il pupo di Dhia, abbandonato, cade come cosa morta)
 

IRIS
(a Dhia)

No, tu non muori, Dhia!

Tu ascendi all'alte nuvole

di rose e di vïole.

Con Jor tu ascendi, o bambola,

al paese del sole

e della poesia!

 
Il Cieco crolla sdegnosamente il capo; il dramma non inganna la sua esperienza, ma l'armonia suo malgrado lo vince benché egli non lo voglia... non lo voglia!...
 

OSAKA
(Jor)

(appare improvviso)

Or muori, dunque!...

(Jor invoca sulla morta pupa le danze celesti)

Danzatrici alate,

intorno a lei che a me ne vien, danzate!

(a Dhia)

Ti coprirò di zaffiri e topazi!...

Vieni agli amori degli eterni spazi!

 
E infatti - (e ciò riempie di estremo stupore quel pubblico di mousmè) - il pupo Jor riesce ad avvinghiare il pupo Dhia e, così abbracciato, portarlo con sé a... Nirvana! Allora le tre Guèchas, improvvisamente, escono davanti al teatro a danzare. La loro apparizione e la loro danza completano l'effetto della rappresentazione. Oh, strane Danzatrici! Oh, strane danze! Portano sul viso bizzarre maschere e le vesti, a veli, quando sono agitate dai movimenti delle diverse danze, le fanno rassembrare a misteriosi esseri fantastici avvolti dentro a nuvole. Una ha la maschera della bellezza e la nuvola che la intornia è fatta di luce mite e soavissima; un'altra ha la maschera della morte, la terza quella di un vampiro e le nuvole di veli che le avvolgono sono di colori tetri e funerei. Kyoto gira intorno a raccogliere le offerte e così riesce scaltramente a distrarre l'attenzione: la povera Iris a un tratto rimane isolata dal gruppo delle Mousmè; e un pronto giro di danza e un alto e vertiginoso volo dei veli della bellezza, della morte, del vampiro la nascondono... Alcuni fra i Saltimbanchi rapidi s'impossessano della Fanciulla; una mano sulla bocca le strozza un grido! E la danza finisce; e in un batter d'occhio il teatrino è smontato, i pupi rinchiusi, i paraventi piegati, e la comitiva già s'avvia!
 

KYOTO

Grazie, mousmè! Arrivederci!...  

Musica!

LE MOUSMÈ

Andiamo?... È tardi!

È tardi!... Andiamo! Andiamo!

KYOTO

(Or lascio questo scritto e del denaro

al Cieco, e il colpo è fatto!)

OSAKA

(Il colpo è fatto!)

 
Mentre le Mousmè ripassano il ponte per ritornare al villaggio, Kyoto rapidamente depone un foglio scritto, tenuto disteso da rios d'oro e mommès, sulla soglia della piccola casetta di Iris, con tanta abilità da non risvegliare il sensibilissimo udito del Cieco, e raggiunge correndo la comitiva che si allontana.
 
Come lugubre visione e teatro, e Guèchas, e pupi si dileguano col suono dei sàmisen, cymbali e tamburelli e gongs!

mousmè, Osaka, Kyoto, suonatori, guèchas, Una guècha, saltimbanchi, Iris ->

 
Iris, ove sei?... O fiori del piccolo giardino, ov'è ora la vostra Iris?...
Iris è svenuta; essa giace ora rivolta nel tetro velo del vampiro, e intorno la morte e la bellezza vigilano ad eludere gli sguardi dei passanti.
Oh, come risuona triste la voce del cieco che parla discutendo e sbugiardando il dramma falso di Jor e Dhia rivolgendosi alla Fanciulla mentre si affievoliscono lontano, lontano, i suoni dei sàmisen, cymbali, tamburelli e gongs.
 

IL CIECO

Questo dramma è menzogna... tutto!... tutto!  

Malvagio intento e talento malvagio!

Iris, tu che ne dici?... Non rispondi?...

Comprendo; sei commossa!

(e il vecchio bonariamente sorride)

No, non credervi!

Tu sei sì buona che ogni pianto breccia

fa nel tuo cuore...

(stende il tremulo braccio nel vuoto...)

Andiamo; dammi il braccio!

Perché non credo ai gemiti di Dhia?...

(sorride ancora)

Ebben vi credo!...

(e stende ancora nel vuoto il braccio)

Vieni! Dammi il braccio!...

Una carezza al vecchio cieco!... Iris!...

Iris!... Iris!... Ancor non mi rispondi?...

Iris! Iris! Iris! Mia figlia!... Vita!...

Ah, non c'è più!...

 
E sono allora grida strazianti e terribili - spaventose!
 

 

Iris!... Mia Iris!... Iris!...

 
E il Vecchio cerca intorno a sé; cammina, incespica, cade! Si rialza, chiama a gran voce! E quella notte implacata negli occhi suoi accresce tutto l'orrore di quel silenzio!... E il Vecchio si agita e cammina! Vuole entrare nella sua casa e se ne allontana! - Urta nella siepe di biancospine, vi si punge il volto e le mani e disperatamente allora piangendo si abbandona a terra chiamando a grandi grida: Iris!... Iris!...
 
(così lo rinvengono alcuni merciaioli ambulanti che passano per andare alla città, e lo rialzano compassionati)

<- mercaioli, Un merciaiolo

 

MERCIAIOLI

Cieco, a che gridi disperatamente?  

IL CIECO

Iris!... Mia figlia!... In casa!... Là!... Cercatela!...

 
(alcuni entrano nella casa, ed appariscono poi alla finestra spalancata)
 

MERCIAIOLI

È vuota la tua casa!... Iris non c'è!

IL CIECO

Chiamatela a gran gridi!... Per pietà!...

 
(vanno verso il fondo del giardino chiamando ad alta voce)
 

MERCIAIOLI

Iris!... Iris!...

(ascoltano)

Neppur l'eco risponde!

IL CIECO

(si mette a piangere dirottamente, balbettando:)

Mia figlia!... Così buona!... La mia Vita!...

Pupilla de' miei occhi!

UN MERCIAIOLO

(che era entrato in casa, nell'uscirne vede e raccoglie il foglio e il denaro lasciato da Kyoto sulla soglia)

Tu la piangi?...

Non piangerla!...

IL CIECO

Che dici?... Ohimè, che dici?...

UN MERCIAIOLO

Qui sulla soglia t'ha lasciato un foglio

e del denaro!

IL CIECO

Iris?...

MERCIAIOLI

È al Yoshiwara!...

 
Il Cieco tocca e ritocca, uscendo in gridi soffocati, il foglio ed il denaro - e i larghi occhi bianchi, senza luce e vita, che egli ruota intorno, sembrano guardare... Sono i guizzi della luce entro alle gocce delle lacrime sue! e allora le anime di quei Merciaioli sono invase da un gran senso di pietà.
 

IL CIECO

La casa!... Il mio giardino!... Quel che tengo

a chi di voi mi guida al Yoshiwara!

Or voglio là... là... schiaffeggiarla!... Voglio

sputarle in fronte, voglio, ~ e maledirla!...

(ma le lagrime troncano le imprecazioni e in mezzo ad un gran pianto balbetta:)

Iris!... Mia vita!...

(poi, quasi vergognoso di quell'affetto che gli trabocca dall'anima, ripete minaccioso)

E poscia... poscia... poscia...

 
(pietosamente i merciaioli lo sorreggono e l'accompagnano barcollante, inebetito, quasi un fantasma, verso la città)
 
Oh, suprema e profonda la pietà che a noi ne viene da un dolore vero che sgorga da un'anima umana!
 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

La casetta di Iris; il giardino colla siepe di biancospine; una macchia di bambou sullo sfondo del villaggio; il ruscello e, nell'estremo fondo, il Fousiyama.

<- Iris, Osaka, Kyoto

(Osaka e Kyoto sono nascosti nella macchia di bambou)

Vieni e saluta il sole! / Con chi parli?

Osaka, Kyoto
Iris ->

È lei! è lei! / È la figlia del cieco.

Osaka, Kyoto ->
<- Iris, Il cieco

Voglio posare ove è più caldo il sole!

Iris, Il cieco
<- mousmè
Le mousmè, poi Tutti
Al rio! ~ al rio!

Giù per la via ne viene un gaio suono!...

Iris, Il cieco, mousmè
<- Osaka, Kyoto, suonatori, guèchas, Una guècha, saltimbanchi

(Osaka e Kyoto camuffati da girovaghi)

Io son Danjuro il padre dei fantocci

(la rappresentazione)

Brava! / Attrice valente!

Or tocca a te!... Dolcissimo!

È questa poesia gran ciurmatrice!

Or, guèchas, quando termina il duetto

(tre guèchas mascherate danzano; alcuni fra i saltimbanchi rapidi s'impossessano di Iris)

Grazie, mousmè! Arrivederci!...

Il cieco
mousmè, Osaka, Kyoto, suonatori, guèchas, Una guècha, saltimbanchi, Iris ->
Il cieco
<- mercaioli, Un merciaiolo

Cieco, a che gridi disperatamente?

 
Scena unica
La casetta di Iris; il giardino colla siepe di biancospine; una macchia di bambou sullo sfondo del... Stanza nello Yoshiwara. In fondo all'abisso.
Atto secondo Atto terzo

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