Atto secondo

 

Scena unica

Dov'è ora l'umile casetta tua così modesta e semplice colle sue stuoie colorate e i battenti di quercia, o piccola Iris? - la bianca siepe di biancospine fiorite? - il sentiero coverto dal fiore delle scabbiose che conduce al rio? -
dov'è la pace dei campi intorno e il silenzio ristoratore come il riposo della tua vallea entro all'ampia circolare distesa di monti e, in alto, la solenne maestà del Fousiyama? - dove l'aria purissima? - dove la luce libera? -
Tu ora giaci nel cuore affannoso della città gaudente ove più accelerato batte il palpito delle esistenze nelle diverse febbri che agitano le genti - quella della gloria, quella del piacere, quella del denaro. - La più appariscente delle Case Verdi è ora la tua abitazione: - tu vi riposi sul rialzo di lacca ed oro di un fton ricchissimo, abbandonata la fragile persona alla stanchezza che ti ha affranto, e ti covre un velario trasparente come aria! -
Tu sei nel Yoshiwara! -
Qui, nella dolcissima ora del drago, non verrà il sole a dissipare i piccoli sogni paurosi della tua infantile fantasia! - qui, nella misteriosa ora del cignale, non la luna scenderà a posarsi con te! -
Qui - ricche stuoie a tessiture fantasiose, cortine, tappeti densi e soffici, drappi strani, distese di bambou e cannicci e lacca intarsiata intorno alla sporgente verandah che circonda fuori la casa verde, impediscono alla luce di penetrarvi, e, dentro, i trasparenti sourimoni di Gakutei, gli audaci «Poemi dell'origliere» di Oidamaro e i soavissimi vaporosi chiaroscuri di Hokusai, con tutte le meraviglie del mare, del cielo, della fantasia e del genio, preparano intorno a te, al tuo risveglio, la sola possibile virtù dell'oblio - l'arte!
Il drappo su cui posi è pura seta, verde ai piedi, simboleggiante il fondo del mare, sparso di conchiglie, meduse e coralline, e si fonde, risalendo, in azzurrognolo con awabis sguiscianti fra alghe e diafano a fior dell'onde, finalmente si fa azzurro cupo verso l'alto della tua testa, ad imitare il cielo, verso cui si slanciano mirabili iridi bianche e violacee su dai cespi scialbi delle foglie irte, piatte, a punta.
Candide paone d'avorio sostengono la tua testa.
No, il sole non penetra nelle case verdi! - Qui tutto è riflesso di metallo che scoppia a vivi e rapidi sfavillii dalle profumiere cesellate dove brucia esalando l'olio di camelia odorosa, dai vasi smaltati, dalle grandi chimere e mostri di smalto e cobalto che adornano la stanza.
Là in un angolo un bouddah ride, i piccoli occhi sfuggenti, la enorme epa floscia giù a sfascio sul loto simbolico che gli fa da piedistallo.
Non la luce, non l'armonia del sole! Solo, su dalla tumultuante via, per le stuoie che la dimenticanza delle Kamouro ha lasciato semiaperte, entra l'affannoso moto della vita cittadina, le strida dei merciaioli, le minacce dei samouraïs, le ansanti cadenze dei djin, i diversi idiomi dei dragomanni, la bestemmia e la risata.
Presso al tuo letto, come spettri, stanno ancora le Guèchas, ancora dentro alle loro orribili maschere. La Guècha della commedia accosciata sussurra a bocca chiusa un «Anakomitasani» accompagnandosi al suono di sàmisen e tam-tam delle altre Guèchas.

 Q 

Iris, guèchas

 
(Kyoto le coglie appunto in quell'abbandono di oziosa trascuratezza - e le investe:)

<- Kyoto

 

KYOTO

Là che ci fate  

ancora mascherate?

O che siete de' bonzi?...

e... stz!... Tacete!... Silenzio!...

Non voglio, appena desta,

abbia ricordi tristi ~ ognor dolori!

Tutta una festa,

un giorno

d'ori, di bronzi

e fiori!...

Toh! fuori spalancata

ancora l'impannata?

Silenzio, dico!... ~ Rispondermi volete?...

Oh, le sfacciate!...

Udite! Da la strada

salgon le voci chioccie de le genti,

l'andare ed il venire

de' djin correnti!...

O che avete gli orecchi fatti in giada?

Con tal baccano o chi può mai dormire?...

E chete! Mogie!... Vostre voci acute

son vespe, son cicale, son zanzare!...

Mute, vi voglio, mute

e, se possibil, senza respirare!... ~

(e tutto nella furia di quella sua ira brontolona egli va a tirar le impannate e calar tende e cortine; nel chinarsi fuori vede un elegante norimon entrare dentro alla porta della sua casa verde)

Toh! Viene gente!...

È Osaka in palanchino!

Giù tutti col migliore nostro inchino!...

 
Rapide le cinque teste si piegano a toccare con le fronti il suolo, le persone grottescamente ripiegate e strette quasi in nodi indefinibili di cose umane, nella servile adulazione di quel saluto.
 
Ed Osaka entra.

<- Osaka

L'annoiato signore, spinto dalla curiosità, entra con vivacità inusata.
 

OSAKA

Ch'io vegga ov'è ~ la mousmè  

da li occhi simili a camelie!

KYOTO

La voce tua modula in suon più grave.

Come punta d'agave

va ne li orecchi a chi posa!

~ Riposa! ~

 
E l'astuto Taïkomati indica all'annoiato Signore Iris addormentata. Oh, come intorno all'avido Giovane si fa profondo il silenzio! Kyoto brutalmente allontana le Guèchas.
 

KYOTO

Donne, vampiri della casa, via!

 
(e le guèchas scompaiono via rapide senza turbare il silenzio che è intorno ai due uomini e alla fanciulla addormentata)

guèchas ->

 

OSAKA

Sollevami il velario!...  

KYOTO

Parla piano!

Toh! guardala! È perfetta! Non ti pare?

OSAKA

Spande l'odor del loto la piccina!

KYOTO

Sogguarda a quella bocca porporina!

OSAKA

È ciliegia da cogliere e mangiare!

KYOTO

Vedi che braccio! e vedi un po' che mano!

 
L'annoiato Signore guarda a lungo, con bocca semichiusa, con occhi larghi, le mani stese in atto di afferrare, poi scostandosi e allontanando vivacemente con sé il Taïkomati, esclama con grande entusiasmo:

 

Crea in quegli occhi il lampo d'un desìo,

crea in quegli occhi il senso, l'uman dio...

una scintilla ~ un fuoco ~ una favilla

che di piacer ne incendi la pupilla

e, dimmi, come lei ne sai tu alcuna?...

KYOTO

No, no; nessuna... in fede mia, nessuna!

OSAKA

In questa noia matta

ogni dì soddisfatta e insoddisfatta

costei nel cuor mi ha cacciata una spina

di brama che mi affanna!

Non è mousmè leziosa di città,

ordigno fatto per la voluttà!...

Qui c'è un'anima!

 
(e il giovane torna presso il letto a guardare e lascia ricadere lento il velario sulla fanciulla addormentata; poi trae con sé lontano in disparte Kyoto onde il loro chiacchierìo non risvegli Iris)
 

 

Lunga lotta m'annoia; ~ a ritrosie

io mal m'adatto... ~ s'ella resistesse?...

KYOTO

Abbi denaro e il paradiso è ovunque!...

Comprendi tu?...

OSAKA

Parla un linguaggio chiaro!

KYOTO

Son fior le frasi, le parole foglie,

ma il frutto è l'or che satolla le voglie.

Comprendi tu?...

OSAKA

Aborro dai proverbi!

KYOTO

Regali!... Doni... appariscenti! Ricchi!

Vistosi!... Mi comprendi? ~ Larga mano!

Aperto borsellino!... Mi comprendi? ~

Vesti! Gioielli! Fiori!... Mi comprendi? ~

OSAKA

Oh, fauce ingorda! Oh, fauce sazia mai!

KYOTO

Dapprima già ci vuol qualche moina

per rasciugar gli occhietti da le lacrime,

poi... una nuora ti diventa suocera!...

OSAKA

E aggiungi, in oltre, il più fantasïoso

e figurato e armonico linguaggio...

KYOTO

Stz!... Desta è la piccina! Vieni via!

Va' a prepararti un romanzesco viso!

Porta gemme... regali!... Mi comprendi?

 
(e il giovane e l'astuto taïkomati si allontanano)

Osaka, Kyoto ->

 
L'impressione al risvegliarsi in mezzo a cose sconosciute, sbigottisce e abbatte; l'occhio gira, gira invano cercando intorno a sé l'indefinibile conforto di oggetti noti la di cui mancanza rattrista. La vita è fatta dell'amore di tutte le cose.
Così Iris risvegliata invano cerca l'amicizia dei piccoli giocattoli e degli inutili ninnoli così cari e prediletti nella esistenza di una fanciulla sensitiva.
 

IRIS

Ognora sogni... sogni  

e sogni!...

Oh! il bel velario...

oh, il lieve drappo tutto sparso d'iridi...

Or la mia veste è un velo e ha trasparenze

d'onda e di nube!

Or io così ho vergogna!

(guardando con ammirazione i sandali che le calzano i piccoli piedi)

Non più le mie pianelle in lacca nera;

ho sandali dorati, ~ e il piè vi posa

così morbidamente che mi pare

di camminar sovra un prato di piume!... ~

Ecco!

Or ricordo!... Sì!... Il teatro!... Dhia!...

La danza delle guèchas!...

Il nero manto

m'avvolge del vampiro...

Ove son io?

Morta son dunque?... Sì; sono una morta!

E questa casa bella...

(Iris guarda ancora e più attentamente e mormora sorpresa fra l'angoscia e la gioia:)

... è il paradiso!

 
Un dolcissimo suono di sàmisen, più sospiro che suono, piuttosto bacio che armonia, così è dolce e mite, bisbiglia querulo poco lontano. Iris ascolta. Quante volte non ha essa invidiato chi sapeva trarre codeste misteriose dolcezze da quel delicato istrumento di acero rosato ed ebano? E un sàmisen posato presso alla profumiera attira i suoi sguardi - e appena finisce il suono, essa curiosamente vi si accosta e ne tenta le corde imitando grottescamente modi e posizioni di cosiffatti suonatori.
 

 

Chi è morto tutto sa! diceva il bonzo. ~

Mi voglio accompagnar l'Uta di Nàniva!

(ma dalle sue dita escono i più discordanti e pazzi suoni, mentre la gentil voce canta:)

 
L'Uta di Nàniva:

 

Sorge dal mar la luna; è luna piena;  

una giunca laggiù laggiù mi mena;

io vo coll'onda che mi porta e il vento

fra stelle d'oro e un mar bianco d'argento.

(e Iris non può trattenersi e ride!)

 

 

La voce canta e il suon non l'accompagna!  

(e depone il sàmisen presso alla profumiera)

Dicon di gran bugie nel mondo ai vivi!

Chi da vivo non sa, non sa da morto.

 
(ed ora sono i ricchi paraventi che attirano gli sguardi d'Iris: uno è dipinto da Hokusai e raffigura Daïkokon che fa piovere denari d'oro su di una donna che attinge acqua; un altro una donna ignuda avvolta in un bôshi col quale cerca coprirsi senza riuscirvi, ed è una meraviglia di Yeishi: poi gli occhi di Iris si arrestano su di una piccola tavola dove tutto vi è pronto per dipingere, essa vi si accosta e, tentata ora dal mistero dei colori come prima da quello dei suoni, vuol dipingere)
 
O bei colori, ove freme il segreto delle fantasie nipponiche, colori creatori di bei sogni di bimbi, di ricordi non vissuti di vegliardi, di incubi desideri di fanciulle, di mostri rimorsi d'uomini, - o bei colori, la capricciosa fanciulla vi spreme in gocce incoscienti, ma pure voi anche in quel suo capriccio, come iddii, le rivelate l'angoscia dell'anima sua!
 

IRIS

Io pingo... pingo ~ ma il mio pennello invano ~

~ spremo, intingo! ~

~ Va la mia mano ~

~ invano, invano! Invano ~

~ va la mia mano! ~

Io penso a un fiore ~ e n'esce invece un angue ~

~ tutto terrore ~

~ tutto un rosso di sangue! ~

Se voglio un cielo ~ azzurro in mio pensiero ~

~ è un fosco velo ~

~ un velo tinto in nero! ~

La fantasia ~ con sé m'invola e porta ~

~ di casa mia ~

~ a la piccola porta; ~

là la pupilla ~ d'un cieco finalmente ~

~ ha una scintilla ~

una favilla ~ d'una luce rovente ~

~ che fulge e brilla ~

~ ma il lùcer d'una lacrima ~

~ che lentamente stilla! ~

(e Iris lascia i pennelli e prorompe in pianto)

In paradiso (han detto) non si piange!...

Ed io di lacrime ho i miei occhi pieni!...

 
(laggiù, nell'angolo, presso al bouddah che ride, si solleva lentamente la cortina di una porta. È Kyoto che introduce Osaka)

<- Osaka, Kyoto

 
(i due uomini si soffermano sul limitare e guardano la fanciulla seduta ancora davanti al tavolino dei colori. Anche così raggomitolata sulla piccola stuoia e veduta di tergo è pur tuttavia la piccina una cosa graziosa assai!)
 
(Osaka, il grande amatore di tutte le voluttà, vi si inebria - e Kyoto se ne compiace)
 

OSAKA

A un cenno mio manda le vesti e i doni.  

KYOTO

Sì, manderò!

OSAKA

Or quanto a te, inutil qui... va' via!

KYOTO

A meraviglia; ~ vo!

 
(e il taïkomati scompare dietro la cortina che cade come prima lasciando soli il giovane signore voluttuoso e la ingenua mousmè)

Kyoto ->

 
Oh, splendore di leggiadria, eleganza, colori, ricami, fantasia di disegni, la veste che indossa Osaka!
Egli si avvicina!
La Fanciulla si volge sorpresa, gitta un grido e si ritrae paurosa. Nel rapido movimento la leggerissima veste, che dormendo le hanno indossata le Kamouro di Kyoto, si allarga come nube, si svolge, poi si raccoglie in spire mollemente intorno alla Fanciulla e ne disegna il piccolo torso e l'onda delle tenere anche...
E Osaka la arresta d'un gesto assorto, ammirato!
 

OSAKA

Oh, come al tuo sottile    

corpo s'aggira

e s'informa di te la flessuosa

notturna vesta!

Senza posa

lo sguardo ti rimira

da capo a piè

e l'anima s'appaga

nella sorpresa vaga,

nel portento gentile

di tua beltà che in festa

alta trïonfa in te.

S

IRIS

(Conosco questa voce!... Io già l'udii!...

In ogni sua parola si rivela...

È la voce di Jor!... È Jor!... È Jor!...)

 
(e Iris si ritrae paurosa all'avvicinarsi di Osaka)
 

OSAKA

Perché il piede ritraggi

se a te vicin mi porta il mio desìo?...

 
(Iris si ferma palpitante)
 

 

Dentro a' tuoi veli

lascia lo sguardo mio

disioso penetrare!

Io ne' tuoi occhi veggo tutti i cieli!

Gli olezzi io bevo in te di tutti i maggi!

 
(il giovane s'avvicina alla intimorita mousmè che non osa sfuggirgli, tocca colle mani la testa di Iris; costei chiude timorosa gli occhi. Al tocco avido del giovane i lunghi spilloni cadono e disciolgono liberi i lunghi capelli che tumultuosamente, come un rivo da un colle, fluiscono giù per le sue piccole spalle, ricoprendola dietro quasi come un manto)
 
O Iris! o capolavoro! Giammai Outamaro ha ideato donne e chiome simili a te, ai tuoi capelli!
 

OSAKA

Ah, i tuoi capelli son sì lunghi e tanti

da incatenarti intorno tutti gli uomini! ~

Tu m'incatena

e per la via, mousmè, d'ogni tua brama,

deh, tu, mi mena!

IRIS

(Da niuno ho udito dirmi tanta cosa.

Iris è tal bellezza?... Niun lo crede!...

M'ha detto un sol finor che son graziosa,

il babbo mio, ch'è cieco e non mi vede!...)

(e non può trattenersi e sorride)

OSAKA

Il tuo corpo s'ingiglia

d'un candore

più bianco del Fousiyama!

Bocca sana

vermiglia!

Fresca fontana

ove zampillan tutte le dolcezze

e tutte le carezze!

Ove il mio sangue vivo si ristora!

Tu ridi?... Ridi?... Ridi! Ridi, ancora!

 
(allora Iris rimane tutta vergognosa d'aver riso e arrossisce tutta)
 

IRIS

(Ho fatto male a rider, ma non so

se muovermi o star ferma a sue parole,

se fargli reverenza!...

Gli dirò:

«Signor!... No! ~ Re!... Neppur!... Figlio del sole!...»)

OSAKA

Arrossi a mie parole?

Non arrossir! ~ Lascia arrossire il sole;

egli ogni dì ha tramonti,

tu sali, sali, altissima,

a le superbe aurore,

ai superbi orizzonti

del mio amore!...

 
(e Iris, fattasi un gran coraggio, così parla e risponde al giovane:)
 

IRIS

Figlio del sole...

 
(ora è Osaka che ride - e ride così clamorosamente, che Iris si ritrae davvero impaurita)
 

OSAKA

Ah tu fanciulla ancor mi credi Jor

della commedia? ~ Or recito la vita!

T'ho in vesta d'istrïon per farti mia

rapita.

Apri gli occhi, mousmè, vedi ed impara

la vita.

Il vero nome mio vuoi tu sapere?

Ebben, mousmè, io mi chiamo: ~ il piacere! ~

 
Il piacere! - non è Jor! - E alla Mousmè ratta ritorna con terrore la salmodìa di un bonzo che al tempio illustrava un terribile paravento sacro dove una piovra sbucava dal mare e avvinghiava una fanciulla.
 

IRIS

Un dì (ero piccina) ~    

~ al tempio ~

~ vidi un bonzo ~

~ a un paravento ~

~ tutto fatto a simboli, ~

~ sciorinare il velame d'un mistero. ~

~ Era una plaga ~

~ d'un grande mare morto ~

~ color del bronzo; ~

~ e v'era un cielo ~

~ rosso sì come sangue ~

~ d'un rosso livido; ~

~ e una gran spiaggia ~

~ una gran spiaggia morta ~

~ di grigio e nero. ~

~ Una fanciulla ~

~ giacéavi adagiata ~

~ scarne le membra ~

~ sparsi i capelli ~

~ e nella bocca un riso ~

~ ch'era uno spasimo. ~

~ Su dal mar morto ~

~ una gran piovra intanto ~

~ il capo ergeva ~

~ e la fanciulla ~

~ col grande occhio falcato ~

~ fuor guatava; ~

~ questa, domata ~

~ a quel terror di sguardo, ~

~ tutta affisava! ~

~ Su dal mar morto ~

~ i viscidi tentacoli ~

~ moveva il mostro ~

~ e per le gambe ~

~ pei reni e per le spalle ~

~ poi per le chiome ~

~ e il fronte e gli occhi ~

~ e il petto esile ansante ~

~ e per le braccia ~

~ la stringe e allaccia! ~

~ La stringe e allaccia in viso! ~

~ Essa sorride ognor! ~ essa sorride e muor ~

~ con un estremo spasimo ~ che rassomiglia un riso... ~

~ E il bonzo a voce forte: ~

~ «Quella piovra è il piacere ~ quella piovra è la morte!»

S

Sfondo schermo () ()

 
(e la mousmè si lascia cadere ai piedi del giovane implorando fra le lacrime:)

 

Deh, ch'io torni a mio padre!  

OSAKA

Son le fole dei bonzi ~ spavaldi e ipocriti

che all'alito d'un bacio si sbugiardano!

 
E ad un cenno di Osaka le Kamouro portano e distendono vesti ricchissime, variopinte, di diversi drappi, di diversi ricami, tutte di gran valore.

<- kamouro

kamouro ->

Ecco le vesti in viola che vanno nel basso a tramutarsi in rosa fra rami e fiori e a stormi di grigi passeri volanti!
ecco quelle candide, ove a strisce corrono in ogni senso, come insetti, i misteriosi caratteri nipponici!
ecco le azzurre, fiorite d'iridi bianche!
ecco le paonazze ad arruffati leoni di Corea ruggenti fra rami verdi, verdi!
eccone una azzurro-cielo dopo la pioggia!
ecco le grigie sparse di papaveri e bizzarre di arbusti biancastri aggrovigliati!
eccone un'altra dal triste verde di alga marina tutta a fiori di paulonia!
altre a glicine e nere nel tessuto!
altre a rose tay intrecciate a scettri di comando. E gru! E rami fatti a gabbie! E uccelli di tutti i colori su vesti cangianti! E teste di Dharme! E ventagli tessuti! E ombrelli ricamati! Natura viva! Cose inanimate! Mari! Aurore! Cieli! Tramonti! Nubi! Sogni! Voli di colombi! di cicogne! di gru! di falchi! Montagne! Laghi! Pesci! Gatti in furore! Una tutta a bimbi! Una tutta a donne nude tra farfalle, fiori e arabeschi vertiginosi! mentre, da uno schiuso cofano in avorio e smalto, saetta fuori tutto un vivo sfavillare di piccoli raggi multicolori di topazi, diamanti, smeraldi, ametiste, opali, rubini di fuoco.
 
(e il giovane rapido solleva la fanciulla, stretta a sé, avvinghiandola, mormorando nell'abbraccio:)

 

Or dammi il braccio tuo ~ braccio di neve e avorio! ~  

intorno al collo ~ così mi annoda!

Sciogli i capelli;

(e la mano febbrile di Osaka ancora sprigiona i neri capelli che la mousmè poco prima aveva riannodati alti sulla nuca)

la testa bruna ~ sovra il mio petto ~ tu m'abbandona; ~

gli occhi negli occhi miei ~ tu, ed io labbra alle labbra; ~

vi scendo e tocco ~ la dolce bocca! ~

(e, il respiro affannoso, vinto dal tremito divino della voluttà, mentre le mani nervosamente agitate offendono già quasi brutalmente la bella e sottile e delicata conquista di quel capolavoro umano, il giovane abbandona la sua bocca su quella di Iris mormorando con voce semispenta:)

È questo il bacio!

 
Iris prorompe in gran pianto; - le lagrime che le tumultuano nel cuore sono salite agli occhi e pel varco dei bruni sguardi che esse velano, inondano il pallido volto della Fanciulla.
 

OSAKA

Piangi?

IRIS

Penso a mio padre!

OSAKA

Gli darò

vesti e denaro.

IRIS

Io penso alla mia casa!

OSAKA

Palazzi avrai!

IRIS

Io penso al mio giardino!

OSAKA

Ne avrai d'immensi e a serre ognora in fiore!

IRIS

Ma non sono i miei fior!...

OSAKA

(Ah, è una pupattola?)

 

 

Nullo desio ti adesca  

di codesto splendore?...

vesti, ori... e il bacio è un'esca

cui non morde il tuo cuore?

Chiedi, fanciulla! Brama!

Tu pur abbi un desio!

IRIS

Voglio il giardino mio!

Io voglio il mio giardino

colla sua siepe intorno,

la mia casetta bianca

col mormorante rio

col suo villaggio a manca,

con la vallata a prati,

col sol che appena è giorno

appar sugli elevati

fianchi del Fousiyama

e... mi chiama, mi chiama!

 
(una stridula risata è la risposta del giovane che volge con disgusto le spalle alla mousmè)
 
(Kyoto accorre)

<- Kyoto, guèchas, kamouro

 

OSAKA

Da un'ora essa m'attedia!  

È pupa da commedia,

pupa di legno!

or io mi sdegno! ~

Un mio consiglio accetta!

KYOTO

Ognora Kyoto impara!

OSAKA

Torni alla sua casetta!

(e nel dire così imita le lagrime e l'accento di Iris)

KYOTO

È questo il tuo consiglio?

(La espongo al Yoshiwara!)

OSAKA

Fa' pur!... Ahimè, che noia!... Vo!... sbadiglio!...

(e il giovane se ne va stirando alto le braccia e sbadigliando)

Osaka ->

 
E il Taïkomati riflette! - La fronte sua corrugata a poco a poco si spiana e finalmente la bocca si impronta ad un sogghigno di soddisfazione!
 

KYOTO

Colle piccine  

gran maestra è natura.

O moine

o paura!

Osaka è giovin; vede ratto, e ratto

ei vuole il suo desìo tradotto in fatto.

Esperienza e pazienza!

A me! Vediam!

(e Kyoto con occhio da conoscitore osserva e studia attentamente la piccina)

Perfetta! E in una vesta

ancor più trasparente di codesta,

come se indosso avesse a veste il nulla,

vedrete qual trïonfo di fanciulla!...

 
(sceglie nelle vesti una e fa cenno alle guèchas e alle kamouro di vestirne Iris)
 

 

Alla toeletta! Olà!...

 
(le kamouro e le guèchas accorrono al comando; Iris impaurita vuol fuggire)
 

 

Con me ritrosa?

Qui s'obbedisce!... Bada!

Per le putte cattive c'è la morte!

 
(e Kyoto, fatta scorrere una mobile parete, mostra ad Iris che la casa al lato destro guarda sopra un precipizio oscuro e fondo. Iris dà addietro impaurita)
 

 

Chiamo il vampiro e fatta è la tua sorte!

IRIS

No, non fatemi male!

KYOTO

Non lo voglio!

E se obbedisci... guarda!... è tuo!

 
(va a prendere il pupo che già nella commedia di Dhia rappresentava Jor e glielo porge)
 

IRIS

È Jor!...

 
Così, Iris, il furbo Kyoto con un pupo di legno può fare di te quello che vuole, mentre il giovane Osaka ti ha tentato invano colle vesti, coi tesori, colle parole, col bacio!
 

KYOTO

(spia la strada dietro le stuoie)  

Annotta!

La gente dotta e ghiotta

d'ogni cosa vaga

e rara

s'accalca e indaga!

Già arrossa di lumiere

il Yoshiwara!

Oh, febbre del piacere!

La parete sottile

scorre e si schiude

a uno sciame gentile

di donne ignude!

Qualche altro Osaka certo passerà

e in questa

onesta

rete di giovinezza incapperà!

 
(mentre -così- Kyoto dietro una cortina frammezzo a due stuoie spia se giù per la gran via del Yoshiwara vi è gran concorso di gente, le scaltre ed esperte donne in un rapido gioco di mani disabbigliano ed abbigliano la fanciulla dietro all'ingraticolato di bambou che serve di toilette, questa col suo Jor fra le mani gli fa ripetere le dolcissime parole che le sono rimaste nella mente e nel cuore, le dolcissime parole colle quali, nel dramma, Jor fa morire Dhia)
 
(e il taïkomati si allontana dalla verandah e si accosta ad Iris che le kamouro e le sapienti guèchas hanno in un batter d'occhio abbigliata - e la osserva!)
 

KYOTO

Vediam!... Così stai bene!  

Ha sonno il piccol Jor;

poniamolo a dormire!

(e afferrato il pupo lo gitta malamente ad una guècha che l'afferra a volo)

Or ti conviene

sovra la bocca un vago punto in or!

(e con un pennello segna un neo d'oro sul viso d'Iris)

Così! Vediam ove posarti...

In alto!

Ti voglio qui!

Superbamente erette le divine

tue forme!...

Ed or vediamo se la gente

abbocca!

Attente, o streghe, attente, attente!

Via le cortine!

 
(le guèchas fanno rapide scorrere le mobili pareti e cadere le pesanti cortine)

<- pubblico, giovani, vecchi

 
Ecco fuori il Yoshiwara; la via ampia, diritta, uguale, colla sua luce multicolore dei mille e mille palloncini, riflettori, trasparenti e rosarie!
Ecco il Yoshiwara; l'ora del desiderio lo affolla della gaia, fastosa e spensierata gente cercatrice della voluttà, del piacere o dell'amore - della bellezza sopratutto; il rumore dei diversi linguaggi sale, sale alto vertiginoso, e le parole diverse, acute, basse, gioviali, provocanti, nell'entusiasmo del senso, acquistano esse pure infinite varietà di armonie - colori esse pure.
Il Yoshiwara, il paradiso di Outamaro! si sprofonda perdendosi lontano, lontano fra le sue case verdi, tutte uguali, circondate di verandah popolate di belle donne, dai piedi nudi e le capigliature sciolte, sotto la luce di infinite lumiere, sempre uguale, in quel formicolìo di gente affannosa che si agita, ognuno tratto da una febbre, gli occhi accesi, violento il sangue nelle vene, le labbra umide, semiaperte e il respiro ad aneliti brevi, di fuoco!
Ma la Mousmè dalla verandah di Kyoto arresta quel moto, quel linguaggio, quella agitazione, quell'incertezza nei desideri, così essa rispecchia fieramente nel suo candore e colla sua ingenuità il bisogno delle passioni di tutti.
Fuori, un grido di stupore dapprima, di ammirazione calda dipoi, d'entusiasmo, un supremo grido di trionfante avidità si eleva e vince perfino la gran luce del Yoshiwara!
E le mani alte si stendono sopra le teste dentro ai cui occhi passa il rapido incendio della più esaltata cupidigia!
E Kyoto sogghigna, sporgendosi sul parapetto della sua verandah, bonariamente ammiccando degli occhi scaltri all'amico suo e suo padrone, il pubblico!
In gruppo, le Kamouro e le Guèchas si ritirano nell'angolo più oscuro e abbandonano sola Iris così, alle fiamme di tutti quegli sguardi umani!
La Mousmè guarda, guarda essa pure quello spettacolo nuovo - sente quella gran vampata di desideri sul suo viso e sul suo corpo - ma non comprende l'incendio che infuoca intorno a sé tutti quegli occhi.
Bouddah, lontano, dietro a lei, la grand'epa floscia a sfascio sul suo piedistallo fatto del loto mistico, ride sempre, i piccoli inesprimibili occhi semichiusi e sfuggenti.
 

GIOVANI

~ Oh, meraviglia delle meraviglie!  

VECCHI

~ La vaga figlia!

TUTTI

~ È rosa thea!

~ Fior di verbena!

~ Fior di vaniglia!

~ Fra le più vaghe figlie

~ o vaga meraviglia!

~ Giorno di rose

~ e di viole!

~ Notte serena!

~ Parla, bella Mousmè!

~ Udiamo l'armonia

~ di tue parole!

~ L'anima ti desìa!

GIOVANI

~ Sì, è rosa thea

~ e imbalsama davvero

~ tutta una giovinezza.

VECCHI

~ Una carezza

~ di questo fior darìa vita all'idea

~ d'uno spento pensiero!

TUTTI

~ Gemma pura ~ di natura!

 

KYOTO

Son uomo di talento sì o no?  

Ve' che furore!

Strana è la gente in fregola d'amore.

Io ci guadagnerò ~ a staia i riò!

 
(un norimon si fa largo nella folla; è quello di Osaka, che sporge fuori curiosamente la testa. Ed egli rivede così la fanciulla e il suo errore svanisce, respinge la folla, furente, esaltato, urlando esso pure:)

<- norimon, Osaka

OSAKA

Datemi il passo!... Indietro! Indietro! Indietro!  

KYOTO

(Eccolo ancor Osaka! È pazzo! Io godo!)

 
(e il giovane, improvvisamente fatto appassionato alla rivelazione di quella bellezza, quasi pazzo, si aggrappa ai sostegni di ferro della verandah e in un attimo vi sale)
 

OSAKA

Iris, son io! Io sono Osaka, Jor...  

tutto sarò per te quel che vorrai!

Osaka può donarti gemme ed or

quanto può darti Jor di luce e rai!

E qui or io m'inchino innanzi a te,

qui giù, qui giù nel fango! qui a' tuoi piedi!

Curvo a' tuoi piè, fanciulla, Osaka vedi,

qui giù, qui giù nel fango, qui a' tuoi piè!

Qui la pazzia prosterno del mio orgoglio

che cieco e vil m'ha fatto a tue bellezze!

Iris ancor, ancor, ancor ti voglio!

Dammi l'immenso ciel di tue carezze.

 
(si slancia verso Iris, ma Kyoto si frappone fra Osaka e la fanciulla)
 

KYOTO

Osaka, io qui son servo a tutto il pubblico!  

OSAKA

(impetuoso, minacciando Kyoto)

Io primo fui che tal tesoro vidi!

Kyoto, la voglio ancor!... Io son pentito!

 
(allora tutto l'orgoglio di Osaka si scuote. È una sfida? - Egli la raccoglie e dominando tutto, tutti con la potenza della sua voce, si rivolge a quelli che lo circondano, insolente di bellezza e di ricchezza)
 

 

Ebben chi gareggiar potrà con me? ~

Do tutto quel che chiedi, Kyoto, arpìa!

Iris divina, deh! sii mia! Iris!

 
(ma dalla folla, compatta sotto la verandah, che la provocante e inaspettata audacia del giovane signore ha reso muta, alle grida Iris! Iris! di Osaka risponde una voce terribile:)

<- Il cieco

 

IL CIECO

Iris?... Essa è qui dunque! ~  

 
Ah! a quella voce come il cuore di Iris sobbalza dalla gioia; si leva, accorre, respinge Kyoto, Osaka, le Guèchas e sale alla verandah, con un gran riso di contentezza e di ansia felice che le illumina il viso, gridando con tutta la sua voce, la sua anima:

 

Padre! Sono Iris! ah, qui vieni!... Qui!...

 
(e la folla allora sorpresa fa largo al vecchio)
 

LA FOLLA

Suo padre? È un cieco! ~ Fate largo! Il passo!...

IL CIECO

Conducetemi sotto alla finestra

ove sta la fanciulla svergognata! ~

 
Sorpreso e atterrito dalla improvvisa apparizione del Cieco, il Taïkomati si dà a strillare:

 

Egli venduto m'ha la figlia sua!

IL CIECO

Iris, rispondi! Ove sei tu?

IRIS

(protendendo le braccia)

Qui, padre!

 
E il Cieco, giunto sotto alla verandah, si abbassa a terra e, raccolto del fango a piene mani, lo gitta alto verso dove gli viene la voce di sua Figlia - e s'abbassa, e grida, e impreca, raccoglie, gitta fango! ne raccoglie dell'altro e continua in quella violenta di gesti, imprecazioni a insozzare di fango la casa verde, la verandah, Kyoto, lo splendore delle vesti di Osaka, sorpresi questi due alla improvvisa apparizione di quel Padre furibondo, - e il fango va pure a colpire la buona Mousmè, penetra in quei dolcissimi occhi, sulla bocca dove poco prima si è posato fremente e impossente il gran bacio di Osaka, e le si imprime sulla candida fronte.
 
 
(mentre il padre continua a scagliar fango urlando:)
 

IL CIECO

Toh, sul tuo viso!... Toh, sulla tua fronte!...

Toh, nella bocca!... E ne' tuoi occhi... fango!...

 
Allora un grido - breve - supremo - poi negli occhi della Mousmè passa la stranissima luce di un pensiero terribile; e Iris, forte, una Iris nuova, trasformata, piena di energia e di volontà, respinge da sé Kyoto che le è vicino e corre d'improvviso alla finestra che poco prima le ha dischiusa la minaccia del Taïkomati - e invano Osaka, che ha indovinato, cerca di impedirglielo avvinghiandolesi disperatamente - là corre Iris e si gitta là - dove c'è il vampiro, la morte, la fine certa d'ogni cosa, d'ogni pensiero, d'ogni dolore!

Iris ->

Oh, il disperato urlo di terrore di Osaka, ritto davanti alla finestra spalancata, gli occhi in quel profondo nero dell'abisso nel cui fondo, ironia! dove in fogna si sfoga la città gaudente, è piombata a morire volente una vergine!
 
Il Cieco, inconscio d'ogni cosa, invano trattenuto da alcuni, continua inferocito in quella rabbia di scagliare fango e ingiurie.
 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Stanza nello Yoshiwara.

Iris, guèchas
 

(Iris è addormentata)

Iris, guèchas
<- Kyoto

Là che ci fate

Iris, guèchas, Kyoto
<- Osaka

Ch'io vegga ov'è la mousmè

Iris, Kyoto, Osaka
guèchas ->

Sollevami il velario!... / Parla piano!

Iris
Osaka, Kyoto ->

(Iris si risveglia)

Ognora sogni... sogni

La voce canta e il suon non l'accompagna!

Iris
<- Osaka, Kyoto

A un cenno mio manda le vesti e i doni.

Iris, Osaka
Kyoto ->

Deh, ch'io torni a mio padre!

Iris, Osaka
<- kamouro
Iris, Osaka
kamouro ->

Or dammi il braccio tuo, braccio di neve e avorio!

Iris, Osaka
<- Kyoto, guèchas, kamouro

Da un'ora essa m'attedia!

Iris, Kyoto, guèchas, kamouro
Osaka ->

Colle piccine

Vediam!... Così stai bene!

(le guèchas fanno rapide scorrere le mobili pareti e cadere le pesanti cortine)

Iris, Kyoto, guèchas, kamouro
<- pubblico, giovani, vecchi

Son uomo di talento sì o no?

Iris, Kyoto, guèchas, kamouro, pubblico, giovani, vecchi
<- norimon, Osaka

Datemi il passo!... Indietro! Indietro! Indietro!

Osaka, io qui son servo a tutto il pubblico!

Iris, Kyoto, guèchas, kamouro, pubblico, giovani, vecchi, norimon, Osaka
<- Il cieco

Iris?... Essa è qui dunque! ~

(Iris si getta nell'abisso)

Kyoto, guèchas, kamouro, pubblico, giovani, vecchi, norimon, Osaka, Il cieco
Iris ->
 
Scena unica
La casetta di Iris; il giardino colla siepe di biancospine; una macchia di bambou sullo sfondo del... Stanza nello Yoshiwara. In fondo all'abisso.
Atto primo Atto terzo

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