Atto terzo

 

Scena prima

Delizie in città con fontane.
Silandra.

 Q 

Silandra

 

 

Rigorosa Orontea  

genitrice crudel del mio dolore,

mi stacca il cor dal sen, l'alma del core

Alidoro mia vita (ah fiera sorte)

tu diviso da me, per me sospiri,

ed io lungi da te, presto ho la morte;

ma vedi il vago mio:

a me già s'avvicina,

mi sveni la regina

riverir la vogl'io

sospirato Alidoro umil t'inchino.

 

Scena seconda

Alidoro, Silandra.

<- Alidoro

 

ALIDORO

A me?  

SILANDRA

A te mio bene...

ALIDORO

Raffrena i moti tuoi

immodesta donzella, ed arrogante,

e se inchinar mi vuoi

inchinami qual re, non come amante.

SILANDRA

Ferma, ascoltami ingrato.

ALIDORO

Con ardir sì sfacciato?

SILANDRA

In che ti offesi mai?

ALIDORO

Non mi offendesti.

SILANDRA

Perché dunque mi spregi?

ALIDORO

Dell'opre lor non dan motivi i regi.

SILANDRA

Soccorso alle mie pene!

ALIDORO

Io non so chi mi tiene.

SILANDRA

Ferma, ascoltami, oh dio.

Alidoro, Silandra ->

 

Scena terza

Tibrino, Gelone da diverse parti.

<- Tibrino, Gelone

 

TIBRINO

La corte è sottosopra.  

GELONE

Si sente un gran bisbiglio.

TIBRINO

La cittade è in scompiglio.

GELONE

La prudenza è smarrita.

TIBRINO E GELONE

La regina è impazzita.

 

TIBRINO

I

Amore attendi a te.  

Lassami star, sai, che non vo' tua pratica,

faresti impazzir me

come Orontea che diventò lunatica:

no, non so chi tu sei, non me lo scordo.

Ch'io segua amor cu, cu

qualche balordo.

GELONE

II

Ami chi vuol amar,

e ne' gusti d'amor l'alme s'accoppino;

io voglio tracannar

fin che le vene, e le budelle scoppino:

no no, so chi tu sei amor audace

sentirmi in sen clo, clo

solo mi piace.

 

TIBRINO

Soldato son io.  

GELONE

Io son bevitor.

TIBRINO

La spada è il cor mio.

GELONE

Il vino è il mio amor.

TIBRINO

Picciol Marte io sono in terra.

GELONE

Bacco è il nume mio divino.

TIBRINO

Alla guerra, alla guerra.

GELONE

Al vino, al vino.

Tibrino, Gelone ->

 

Scena quarta

Creonte, Orontea.

<- Creonte, Orontea

 

CREONTE

A così infausto segno  

ti guidò sconsigliata

un smoderato ardor, un senso indegno!

La regina d'Egitto

di Tolomeo la figlia

la superba Orontea.

Orontea l'adorata

l'adorata sprezzante

ad un pittor vagante

a un peregrin negletto

sacra il cor, dona un regno, offerisce il letto?

Che credi, che dirà

l'impero mal trattato?

Come tacer potrà

Sidonio il re fenice

per marito sì vil da te sprezzato?

Ah dio, che da te stessa

ti demolisce il trono,

sprezzi lo scettro, i precipizi appresti

e con vergogna eterna

la porpora real squarci, e calpesti.

Le leggerezze tue

al pensier d'Alidor servono d'ali,

al ciel della Superbia egli se n' vola.

Si pompeggia tuo sposo,

si vanta re, si fa inchinar, si gonfia,

e in maestade indegna

dei caratteri tuoi spiega l'insegna.

Al popolo, al senato

alle ceneri invitte

del tuo gran genitore

ii sentimenti miei le tue follie

me n' volo a palesar regio tutore.

ORONTEA

Ferma il passo o Creonte.

CREONTE

Ritorna in te regina.

ORONTEA

Amor legge non ha.

CREONTE

Ancor deliri?

ORONTEA

O dio se tu potessi

Alidoro vedere con gl'occhi miei.

CREONTE

Da me stesso accecarmi io ben saprei.

ORONTEA

Farò forza a me stessa.

CREONTE

Non basta.

ORONTEA

Ch'io m'uccida?

CREONTE

È troppo.

ORONTEA

E che far deggio?

CREONTE

Sbandirlo, allontanarlo

dagl'occhi, e più dal core

quest'il collirio sia del tuo furore

ORONTEA

Non più al tuo consiglio

mi soscrivo, e m'appiglio.

 

CREONTE

O riverita, o grande  

d'Egitto imperatrice

vivi regna felice: io ravvivato

delle tue voci generose accorte

parto a quietar la sollevata corte.

Creonte ->

 

Scena quinta

Orontea.

 

 

Maledette grandezze,  

ti bestemmio o politica reale

cagion d'ogni mio male;

lassa, e pur mi conviene

su base immaginata

il colosso innalzar delle mie pene?

 

Scena sesta

Alidoro, Orontea, Silandra in disparte osservando.

<- Alidoro, Silandra

 

ALIDORO

De' tuoi doni arricchito  

ti ricerco anelante

riverita regina

servo, schiavo, e marito.

ORONTEA

Non vi smarrite, o spirti,

dimmi: dell'amor mio chi t'assicura?

ALIDORO

I caratteri tuoi, la tua scrittura.

ORONTEA

Perché la lacerasti?

ALIDORO

Io?

ORONTEA

Così mi fu detto.

ALIDORO

Il relatore

è falso, e mentitore.

ORONTEA

Dunque ancor la conservi?

ALIDORO

Qual immortal tesoro

la conservo, l'ammiro, inchino, e adoro.

ORONTEA

Dove, dov'è?

ALIDORO

A te la mostro già;

chi tal nuova ti diè, fede non ha.

Vedi pure s'è d'essa.

ORONTEA

Temerario arrogante

tu re, tu mio consorte ancor non sai

che per troppo innalzarsi Icaro cadde

e che d'un vano ardir premio è la morte?

Vilissimo vagante

nel mar d'eterno oblio

spegni il foco mal nato

e dall'aspetto mio

in cui l'istessa maestà s'adorna,

ti dilegua per sempre, e più non torna.

(straccia la carta in minuti pezzi, e parte)

Orontea ->

 

Scena settima

Alidoro.

 

 

Così, così mi sprezza  

chi dianzi m'adorò?

Così mi fugge, e aborre

chi dianzi al ciel d'amor mi sollevò?

Misero che farò, chi mi difende

da fulmine sì fiero

di cui m'acceca il lampo, assorda il tuono?

Ah le regine al fin femmine sono.

Ma fra tante sventure

pur mi consola, che Silandra mia

amorosa, costante

darà pietosa amante

al mio sprezzar audace

generoso perdon benigna pace.

Dopo un'orrida notte

la pietà di costei

promette a me un luminoso giorno:

se mi scaccia Orontea

a primi affetti miei umil ritorno.

 

Scena ottava

Alidoro, Silandra.

 

ALIDORO

Silandra anima cara  

il pentito Alidor ti giura, o bella

eterna servitù perpetua fé...

SILANDRA

A me?

ALIDORO

A te mia vita.

SILANDRA

Indietro o temerario

temerario superbo, e arrogante.

E se servir mi vuoi

servimi come vil non come amante.

ALIDORO

Deh, Silandra cortese.

SILANDRA

Ancor mi tenti?

ALIDORO

Perdonami mio bene.

SILANDRA

Io non so, chi mi tiene.

Silandra ->

 

Scena nona

Alidoro.

 

I

Il mondo così va,  

dianzi gradito,

ora schernito

provo strazi, e crudeltà.

Il mondo così va.

Chi semina il gioir raccoglie pianti

imparate a mie spese o folli amanti.

II

Della femmina al sì

pazzo è chi crede

costanza, e fede

dal suo cor donna sbandì:

il mondo va così

più non vi credo no donne incostanti:

imparate a mie spese o folli amanti.

 
 

Scena decima

Borgo rovinato della città.
Gelone.

 Q 

Gelone

 

 

Dal pittore schernita  

in pena acerba, e ria

piange Silandra, e dell'error pentita

al suo Corindo ambasciator m'invia.

 

I

Amanti udite me  

a pianger notte, e dì

voi sete pazzi a fé,

io non vo' far così.

Se pianger per chi ride, io vi vedrò

al pianto d'una botte io riderò.

II

Se d'abbruciarmi il cor amor s'ingegnerà,

di Bacco il buon liquor

sue fiamme smorzerà,

e d'amor dentro al sen mi sentirò,

entro un lago di vin l'annegherò.

 

 

Ma quanto indugia a comparir Corindo?  

 

Scena undicesima

Corindo, Gelone.

<- Corindo

 

CORINDO

Che novelle Gelone?  

GELONE

Silandra la dolente

d'averti disprezzato

si vergogna, si pente;

ti fa del suo voler libero dono,

e chiede a te del suo fallir perdono;

e del pentito cor l'aspro cordoglio

reverente t'invia su questo foglio.

CORINDO

Per un rozzo pittore

quest'empia mi scacciò?

GELONE

Perdonagli signore

il diavol la tentò.

CORINDO

(legge la lettera)

«Amoroso Corindo

la giustizia d'amor de' falli miei

mi fe' provar le meritate pene:

il mio amor, la mia fé

umil ritorna a te.

Tu pietoso, e clemente

perdonami l'error, ovver m'uccidi

ch'io con l'istessa sorte

da te riceverò perdono o morte.»

Quanto puote una donna?

Quanto puote una stilla

di pianto femminil, ch'a viva forza

dell'ire ancor, che giuste, il foco ammorza,

torna a Silandra, e digli

ch'io gli perdono: ma...

GELONE

Ohimè!

CORINDO

Ma che non speri

di vedere serenato il mio sembiante,

sin, che non cada esangue

il mio rival il suo gradito amante.

GELONE

Chi? Quel superbo forse

che si vantò poc'anzi

nuovo re d'Egitto?

Quel pittor Alidoro?

Quel forestier insano?

Se non c'è chi l'uccide,

io io lo svenerò con questa mano.

 

Scena dodicesima

Tibrino, Gelone, Corindo.

<- Tibrino

 

TIBRINO

Flemma, flemma, pian piano  

men rabbia, e men furore

signor ammazzatore,

son qui per Alidoro, e chi presume

oltraggiarlo, affrontarlo, e sia chi vuole

rivolga a me la spada, e le parole.

GELONE

Figliolo tu vaneggi

non parlai d'Alidoro.

TIBRINO

Io ben udii.

GELONE

L'udito t'ingannò;

Corindo lo può dir; dille di no.

CORINDO

Decidete fra voi le liti vostre

io farò, ciò che detta

al generoso cor sdegno, e vendetta.

Corindo ->

 

Scena tredicesima

Gelone, Tibrino.

 

GELONE

Signore vengo, vengo.  

TIBRINO

Adagio, adagio,

minacciasti Alidoro io ben t'intesi,

e per lui me n'offesi.

GELONE

E ben che vuoi da me?

TIBRINO

Voglio saper l'intero,

e se mi lasci in fallo una parola

ti vo' scannar, ti vo' segar la gola.

GELONE

La gola? Oh questo no:

mi sian pur gl'ossi sminuzzati, e pesti

ma 'l condotto del vin salvo mi resti.

Senti.

TIBRINO

Di' tosto.

GELONE

Dico:

Corindo amò Silandra,

Silandra amò Corindo,

ma poi rivolse ad Alidoro il core;

Alidoro l'amò, poi si pentì,

a Corindo perdon chiese Silandra.

Li perdonò Corindo

ma con questo però ch'ella non speri

di veder serenato il suo sembiante,

sin ch'a terra non cada

il suo rival, il suo novello amante.

TIBRINO

Dunque Corindo vuole...

GELONE

Uccider Alidor?

TIBRINO

Così giurò.

GELONE

E tu perché Alidor sgridi, e minacci?

TIBRINO

Io? Io? Ohibò guardami il cielo:

codardo impertinente

temerario imbriaco, se mai più

d'Alidoro ragioni

se pur lo guardi, o tocchi

giuro sbranarti il cor, cavarti gli occhi.

 

Tibrino ->

GELONE

Come adirato giura?  

Come mi minacciò?

A smaltir la paura

all'osteria me n' vo.

Gelone ->

 

Scena quattordicesima

Aristea.

<- Aristea

 

Ismero crudele  

languire mi fa,

ma salda, e fedele

quest'alma si sta.

Se ben da tormento,

non reca spavento

severa beltà,

se fiero rigor

ritroso mostrò.

Quel rigido sen

maestra d'amor

assalirò,

e del rigido cor trionferò.

 

 

Ma vedi il mio diletto  

che pensoso che vien. Vo ritirarmi,

e con maggior vantaggio

preparo ad assalirlo, e preghi, e armi.

 

Scena quindicesima

Giacinta.

<- Giacinta

 

 

Infelice cor mio.  

Ora, che d'Alidoro

il costume osservai, vidi il sembiante

son di sicario, divenuta amante.

Vorrei scoprirmi, o dio

ma l'anima macchiata

dall'indegno delitto

le voci affrena, e nelle fibre immonde.

Mi sequestra gl'affetti, ed il desio

infelice cor mio.

 

Scena sedicesima

Aristea, Giacinta.

 

ARISTEA

Ismero ove vai tu?  

GIACINTA

Son disperato.

ARISTEA

E che t'affligge?

GIACINTA

Ogni più rio dolore

mi contamina il core.

ARISTEA

O semplicetto mio pur che tu voglia

mi vanto consolar ogni tua voglia.

GIACINTA

L'impossibil tenti o Aristea.

ARISTEA

L'oro, e l'amor ogni martir ricrea.

GIACINTA

Oro non ho, amor sperar non devo.

ARISTEA

Ogni contraria sorte

si può schivar fuor, che lo stral di morte.

 

Dolce cor mio  

mio bel tesoro,

amor, ed oro

darti poss'io.

 

 

Amor non è che foco  

ed io, viso mio bello,

provo per te nel seno un Mongibello.

L'oro rallegra il core.

A bramar la sua luce

ogni brama è trascorsa,

e se non l'ho nel crin l'ho nella borsa.

Insomma, anima mia,

son copiosa d'amor, e d'oro abbondo,

accetta il primo io ti darò il secondo.

GIACINTA

Aristea tu mi burli.

ARISTEA

Parlo sul saldo Ismero

deh consolami caro

allor vedrai s'io burlo, o fo da vero

GIACINTA

In fin che vuoi da me?

ARISTEA

Voglio il tuo affetto.

GIACINTA

Quanto ti posso dar, io ti prometto...

ARISTEA

E me l'attenderai?

GIACINTA

Così ti giuro...

ARISTEA

Questa ricca medaglia

grave d'oro, e di gemme

da me o vezzosetto amante

e i miei cortesi doni

per memoria di me in sen riposi.

GIACINTA

Troppo è grande il tuo dono.

ARISTEA

Il tuo merto è maggiore,

prendilo omai, non lo sdegnar mio core.

GIACINTA

Ma se lo prendo, che vorrai da me?

ARISTEA

Un bacio solo mi contenta a fé.

GIACINTA

Se altro non vuoi te ne darò ben cento.

ARISTEA

Io moro di dolcezza, e di contento:

prendi, prendi mio bene, e alle mie stanze

muovi tacito il piede

io te seguendo umile

me n' vengo a conseguir l'alta mercede.

GIACINTA

Io parto, ove comandi: ai baci intanto

e le guance, e i labbri m'apparecchia

pur mi sbrigai da questa insana vecchia.

Giacinta ->

 

Scena diciassettesima

Aristea.

 

I

Nel regno d'Amore  

chi cerca ristoro

chi brama la fé

vuol'esser oro

credetelo a me.

Nell'amorosa guerra

un pugno d'oro ogni fortezza atterra.

II

Il pianto i sospiri

il dire mi moro

a nulla giovò.

Vuol esser oro

per prova lo so

l'oro è d'amor la scorta

con una chiave d'or s'apre ogni porta.

Aristea ->

 

Scena diciottesima

Corindo.

<- Corindo

 

 

Tanto ardisce un plebeo?  

Un mendico pittor tant'alto aspira?

Sovverte un vagabondo

il cor d'una Silandra, e a me la toglie;

temerario Alidoro, indegne voglie.

 
 

Scena diciannovesima

Sala regia.
Tibrino, Corindo.

 Q 

Tibrino, Corindo

 

TIBRINO

Nel real gabinetto  

signor trovai per te questo biglietto.

CORINDO

Carattere simil mai più vid'io.

Al cavalier Corindo:

apro la carta.

TIBRINO

In risentito stile

leggerà ch'Alidoro

ha generoso il cor, l'alma gentile.

Tibrino ->

 

Scena ventesima

Corindo.

 

 

(legge la lettera)

«Tu ti vanti o Corindo  

di privarmi la vita

come se dal mio seno

generosa virtù fosse sbandita.

Corindo ho core anch'io,

né spargo come tu le voci al vento,

questa carta t'invio

sol per sfidarti a singolar cimento;

tu di buon cavalier serva le leggi

e l'armi, e il campo a tuo piacer eleggi.

Alidoro d'Ipparco.»

Tanto può la superbia in cor plebeo?

Tanto ardisce un villano?

Mi sfida, mi ammaestra

ch'io di buon cavalier le leggi osservi?

O mal nato Alidoro

tanta temerità

vedrai, vedrai, come a punir si fa.

Corindo ->

 

Scena ventunesima

Alidoro, Giacinta.

<- Alidoro, Giacinta

 

ALIDORO

Già che femmina sei,  

e serva d'Orontea

dell'offese mi scordo, e ti perdono.

GIACINTA

Pietosissimo dono

ma degli ardori miei

non averai pietatde anima mia?

ALIDORO

Intesi il tuo pensiero

non ti prometto ancor, né ti dispero.

Altro chiedi da me?

GIACINTA

Perché tu veda

che ben, che schiava, generosa io sono,

senti: la madre tua

che maschio mi credé, di me s'accese,

e pensando da me comprar gl'affetti

donommi questo impronto

tutto recinto di diamanti eletti;

io con giusto consiglio

se la madre me 'l diè, lo rendo al figlio.

ALIDORO

Quanto sei tu diletta

tanto è la madre mia semplice, e vana.

Vanne Giacinta: e spera

ristoro al nuovo ardore;

questa tua cortesia mi punse il core.

Giacinta ->

 

Scena ventiduesima

Alidoro, Gelone da parte osservando.

<- Gelone

 

ALIDORO

La genitrice mia  

con l'acquisto degl'anni il senno perde

quest'è la sua medaglia: o che follia!

Di qua l'aquila appare

improntato di qua sta l'elefante

non è mostro più brutto

quant'una vecchia amante.

Alidoro ->

 

Scena ventitreesima

Gelone.

 

 

La gemmata medaglia  

con l'impronto real costui possiede

io ben la riconobbi

lo vider gl'occhi, e a pena il lo crede;

o che pittor leggiadro

invece de' pennelli

adopra i grimaldelli?

Al ladro, al ladro.

Gelone ->

 

Scena ventiquattresima

Orontea, Corindo.

<- Orontea, Corindo

 

ORONTEA

In che t'offese?  

CORINDO

A duellar mi sfida.

ORONTEA

E ben?

CORINDO

Son cavaliero, egli è plebeo.

ORONTEA

Alidoro è plebeo? E chi te 'l disse?

CORINDO

È figlio d'un corsaro, e tanto basti.

ORONTEA

Non più, io d'Alidoro

il nome renderò illustre, e chiaro:

cavaliero lo pubblico, e dichiaro.

 

Scena venticinquesima

Creonte, Orontea, Corindo.

<- Creonte

 

CREONTE

Frena, frena le voci  

o donzella inesperta,

un ladro un furatore

di cavalier il titolo non merta.

ORONTEA

Chi? Chi fu ladro? Chi?

 

Scena ventiseiesima

Silandra, Creonte, Orontea, Corindo.

<- Silandra

 

SILANDRA

La tua real medaglia  

Alidoro possiede, ei la rapì.

ORONTEA

E come ciò sapesti?

 

Scena ventisettesima

Gelone, Silandra, Creonte, Orontea, Corindo.

<- Gelone

 

GELONE

Io scopersi il fellone.  

Io quel gemmato impronto

vidi celar in seno al rio ladrone.

ORONTEA

Alidoro dov'è?

 

Scena ventottesima

Tibrino, Gelone, Silandra, Creonte, Orontea, Corindo.

<- Tibrino

 

TIBRINO

Da' tuoi soldati vien condotto a te:  

signora s'egli è reo

del rapito tesoro

fa' pur che muora appeso a un laccio d'oro;

ma se 'l trovi innocente

assolvilo clemente, e fa' che sia

punito il rio Gelon infame spia.

 

Scena ventinovesima

Alidoro, Soldati, Tibrino, Gelone, Silandra, Creonte, Orontea, Corindo.

<- Alidoro, soldati

 

ALIDORO

Qual delitto commisi?  

Qual legge violai?

ORONTEA

Se gli tragga dal sen quella medaglia.

CREONTE

Vedrai, ch'è la tua,

scorgerai, ch'è simile

a questa mia, ch'a me

già donò Tolomeo

tuo genitor, e a me signor, e re.

Mira, mira s'è dessa?

ORONTEA

È dessa, è dessa

dimmi come possiedi

quell'impronto reale?

ALIDORO

Poc'anzi a me l'ha consegnato Ismero.

 

Scena trentesima

Giacinta, Alidoro, Soldati, Orontea, Creonte, Tibrino, Gelone, Corindo, Silandra.

<- Giacinta

 

GIACINTA

Confermo i detti suoi: ei disse il vero.  

ORONTEA

E tu come l'avesti?

GIACINTA

La sua madre Aristea me 'l diede in dono...

GELONE

Senti, che razze ladre,

è complice del furto anco la madre.

ORONTEA

Aristea venga a me.

 

Scena trentunesima

Aristea, Giacinta, Alidoro, Soldati, Orontea, Creonte, Tibrino, Gelone, Corindo, Silandra.

<- Aristea

 

ARISTEA

Ah pur troppo son qui alta regina:  

ti supplico a svelarmi in qual periglio

si trovi, ohimè quell'infelice figlio.

ORONTEA

Non più; rispondi a me,

che donasti ad Ismero?

ARISTEA

Una medaglia, e di gran prezzo io diedi.

ORONTEA

La riconosceresti?

ARISTEA

E perché no?

ORONTEA

Mira s'è questa?

ARISTEA

È senza dubbio quella.

ORONTEA

Come in man ti pervenne?

ARISTEA

Ipparco il mio consorte

con altre gemme, e preziosi arredi

ora termina appunto il terzo lustro,

a me la diede.

ORONTEA

Vanne,

vedi s'entro al mio stipo

trovi simil medaglia, e a me la porta.

(Tibrino piglia la chiave, e parte)

Tibrino ->

 

E come l'ebbe Ipparco?  

ARISTEA

Fu corsaro, Orontea; ecco te 'l detto.

ORONTEA

Narrami il tutto.

ARISTEA

Carco

al suo nativo albergo

tornò di spoglie Ipparco,

ed a me presentò tappeti, e gemme

fra queste quell'impronto

che tieni in man regina

pendea dal collo di vezzoso infante.

(torna Tibrino con un'altra medaglia simile)

<- Tibrino

TIBRINO

Ecco l'altra medaglia, ecco la chiave.  

CREONTE

Ma l'infante chi era?

ARISTEA

Era un figlio rapito

dal corsaro marito.

ORONTEA

Innocente è Alidoro.

CREONTE

Ferma signora, troppo importa il resto

dimmi dove 'l rapì?

ARISTEA

Per il mar Rosso

entro a grossa feluca

che 'l conducea verso il feniceo regno

corseggiando il rubò; così mi disse...

CREONTE

Dell'infante che fu?

ARISTEA

Del mio latte il nutrii, l'amai qual figlio.

CREONTE

Ed or dov'è?

ARISTEA

Eh dio,

prigionier d'Orontea è il figliol mio.

CREONTE

Dunque Alidoro fu rapito infante.

ARISTEA

Sì, Alidoro sì.

CREONTE

Ohimè signora.

ORONTEA

E che t'affanna?

CREONTE

Oh dio non ti sovviene

che la regina Irene

del gran Sidonio regnator fenice

la diletta consorte,

passò da Pafo. E qui (tu ben il sai)

un figlio partorì in questa reggia?

ORONTEA

Ciò pur m'è noto.

CREONTE

Non mandò tuo padre

entro armata feluca

l'infante, e la nutrice, e a quel naviglio

non fu preso, e predato,

e i custodi uccisi?

ORONTEA

E ben?

CREONTE

Non sai, che tre medaglie

fe' improntar Tolomeo:

e che una a me donò,

l'altra al fanciul fenicio

tra le fasce ripose, e che la terza

tenne per sé, di cui sei fatta erede.

ORONTEA

Il tutto è ver.

CREONTE

Dimmi tu,

la nutrice vedesti?

ARISTEA

La vidi, gli parlai.

CREONTE

E che ti disse?

ARISTEA

Mi disse, che Selvaggia era il suo nome.

Più volea dirmi, ma trafitta il seno

spirò l'alma dolente, e venne a meno.

CREONTE

E che ricerco più:

col tempo e con i segni il tutto accorda:

Orontea, regina:

questo, che di ladron ebbe l'accusa,

quest'Alidor che amasti,

questo che discacciasti

per quietar della corte il gran scompiglio

è fratello d'Arnea,

è Floridan del re fenice il figlio.

ORONTEA

Disciolgasi

dai lacci indegni

la destra nobile

nata per sostener, e scettri, e regni.

Innocente mio tesoro

rasserena il tuo bel volto,

se legato fu Alidoro

Floridan resta disciolto.

ALIDORO

Fra sì tante vicende

si confonde la mente

e non l'intende

servo, schiavo, e consorte

ti farò qual più vuoi fino alla morte.

ORONTEA

Silandra, di Corindo io ti fo moglie.

SILANDRA

Corindo a te mi dono.

CORINDO

Tuo servo, tuo marito bella io sono,

e a te real signore

dono li spiriti riverenti, e il core.

ORONTEA

Così dall'alma mia

parta la gelosia.

CORINDO

E a te real signore

dono li spirti reverenti, e 'l core.

ALIDORO

Io re?

ORONTEA

Tu re.

CREONTE

Tu re.

TIBRINO

Tu re.

ORONTEA

Non erra

un'anima imperante,

un pittore adorai, ch'era un regnante

Floridano mio bene

gl'eccelsi tuoi natali

son delle gioie mie

paraninfi fatali;

con amoroso invito

ti supplico in marito.

ALIDORO

Fra sì tante vicende

si confonde la mente, e non l'intende:

servo, schiavo, e consorte

ti sarò qual più vuoi fino alla morte.

 

ORONTEA E ALIDORO

Castissimi amori,  

vibrate

gl'ardori

beate

due cori.

ORONTEA

Fuggite tormenti.

SILANDRA

Sparite lamenti.

ORONTEA

Per te caro bene

fur dolci le pene

fu gioia il martir.

Insieme

SILANDRA

Per te mio respir

fur dolci le pene

fu gioia il martir.

 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Delizie in città con fontane.

Silandra
 

Rigorosa Orontea

Silandra
<- Alidoro

A me? / A te mio bene

Alidoro, Silandra ->
<- Tibrino, Gelone

La corte è sottosopra

Tibrino e Gelone
Amore attendi a te

Soldato son'io

Tibrino, Gelone ->
<- Creonte, Orontea

A così infausto segno

Orontea
Creonte ->

Maledette grandezze

Orontea
<- Alidoro, Silandra

(Silandra in disparte)

De' tuoi doni arricchito

Alidoro, Silandra
Orontea ->

Così, così mi sprezza

(Silandra si manifesta)

Silandra anima cara

Alidoro
Silandra ->

Borgo rovinato della città.

Gelone
 

Dal pittore schernita

Ma quanto indugia a comparir Corindo?

Gelone
<- Corindo

Che novelle Gelone?

Gelone, Corindo
<- Tibrino

Flemma, flemma, pian piano

Gelone, Tibrino
Corindo ->

Signore vengo, vengo

Gelone
Tibrino ->

Come adirato giura?

Gelone ->
<- Aristea

Ma vedi il mio diletto

(Aristea si ritira)

Aristea
<- Giacinta

(Aristea si rivela)

Ismero ove vai tu?

Amor non è che foco

Aristea
Giacinta ->
Aristea ->
<- Corindo

Tanto ardisce un plebeo?

Sala regia.

Tibrino, Corindo
 

Nel real gabinetto

Corindo
Tibrino ->

Tu ti vanti o Corindo

Corindo ->
<- Alidoro, Giacinta

Già che femmina sei

Alidoro
Giacinta ->
Alidoro
<- Gelone

(Gelone da parte)

La genitrice mia

Gelone
Alidoro ->

(Gelone si avanza)

La gemmata medaglia

Gelone ->
<- Orontea, Corindo

In che t'offese? / A duellar mi sfida

Orontea, Corindo
<- Creonte

Frena, frena le voci

Orontea, Corindo, Creonte
<- Silandra

La tua real medaglia

Orontea, Corindo, Creonte, Silandra
<- Gelone

Io scopersi il fellone

Orontea, Corindo, Creonte, Silandra, Gelone
<- Tibrino

Da' tuoi soldati vien condotto a te

Orontea, Corindo, Creonte, Silandra, Gelone, Tibrino
<- Alidoro, soldati

Qual delitto commisi?

Orontea, Corindo, Creonte, Silandra, Gelone, Tibrino, Alidoro, soldati
<- Giacinta

Confermo i detti suoi: ei disse il vero

Orontea, Corindo, Creonte, Silandra, Gelone, Tibrino, Alidoro, soldati, Giacinta
<- Aristea

Ah pur troppo son qui alta regina

Orontea, Corindo, Creonte, Silandra, Gelone, Alidoro, soldati, Giacinta, Aristea
Tibrino ->

E come l'ebbe Ipparco?

Orontea, Corindo, Creonte, Silandra, Gelone, Alidoro, soldati, Giacinta, Aristea
<- Tibrino

Ecco l'altra medaglia, ecco la chiave

Orontea, Alidoro e Silandra
Castissimi amori
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventunesima Scena ventiduesima Scena ventitreesima Scena ventiquattresima Scena venticinquesima Scena ventiseiesima Scena ventisettesima Scena ventottesima Scena ventinovesima Scena trentesima Scena trentunesima
La scena rappresenta il mar Rosso. Villaggio delizioso. Sala con appartamenti. Giardino. Cortil regio. Marina. Galleria. Appartamento di Silandra. Delizie in città con fontane. Borgo rovinato della città. Sala regia.
Prologo Atto primo Atto secondo

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