Atto quarto

 

Scena prima

Gabinetti.
Elena con una tavoletta in mano piegata a forma di lettera.

 Q 

Elena

 

 

Temerario! E non basta  

il rigore, il rifiuto

a raffrenar gl'impeti suoi! Non pago

di palesarsi, in uno scritto aggiunge

più gravi offese all'onor mio!

(legge)

«Mi guida

Venere al gran disegno... A me promessa

in premio sei... Regno, virtù, tesori

posposi a te... L'Asia t'aspetta... È questo

povero lido, orrido suolo indegno

delle bellezze tue... Fremo di sdegno...

Eh, vada infranta a terra

la cera infame, e sia

sua risposta il disprezzo!...»

(in atto di gettar la lettera, poi si trattiene)

E non potrebbe

interpretar l'audace

a suo favor la mia prudenza!... Ah quando

giunge a schernire un mio divieto espresso;

poca pena è il silenzio a tanto eccesso!

(legge)

«Non contrastar col fato...

Non opporti agli dèi... Pronte nel porto

son le mie navi... O meco

alla patria verrai, o qui sepolto

esule io resterò... Così risolvo;

l'impone Amor...» No, più tacer non giova;

troppo estremo è il periglio. A lui risponda

l'oltraggiata mia gloria, e lo confonda.

(siede ad un tavolino, e scrive)

«Ignoto qui giungesti... ospite accolto

seduttor ti dichiari... All'onor mio

prepari insidie, e ardisci

degli uomini, e de' numi

vilipender le leggi, ed i costumi...

Venere a te promesse

le nozze mie!... Sì, veramente il cielo

prende cura de' tuoi

amorosi deliri... Io la mia mano

ad un altro impegnai... Cambiar non voglio...

Sdegno gli affetti tuoi... Non posso amarti,

lo tenti invan... Cerca altri amori, e parti.»

Olà... Dissi abbastanza;

intendermi dovrà.

(chiude la lettera)

 

Scena seconda

Amore, ed Elena, poi Paride.

<- Amore

 

AMORE

Vengo, o regina  

a' cenni tuoi.

ELENA

(gli dà la lettera)

Prendi: e di Priamo al figlio

reca questo mio scritto.

AMORE

Io!

ELENA

Sì.

AMORE

Ma tanto

inoltrarmi non bramo

ne' segreti de' re.

ELENA

Perché?

AMORE

Potrei,

forse indegna mercede

ritrarne un dì.

ELENA

Meco il tuo dubbio è ingiusto.

Eseguisci.

AMORE

(s'avvede che sopravviene Paride)

(Opportuno

s'avanza il prence.)

 

<- Paride

PARIDE

(Ah, dove  

sconsigliato m'inoltro!)

AMORE

Il tuo comando

adempirò...

(finge voler partire)

ELENA

Va'.

AMORE

Ma... lui stesso... appunto...

(finge vedere allora Paride)

ELENA

(Oh dèi!)

PARIDE

(L'ultimo sforzo

d'un disperato amore il ciel secondi!)

AMORE

Elena scrisse a te: leggi; rispondi.

(dà la lettera a Paride)

 

ELENA

(Ah lo veggo! Ad ingannarmi  

lusinghier costui congiura:

è infedele, è traditor.)

PARIDE

(leggendo, dopo avere frettolosamente aperta la lettera)

(Ah che leggo! A tormentarmi

mille colpe in me figura;

reo mi finge, e mentitor.)

AMORE

(Vane sono e l'arti, e l'armi

in cui fida, e s'assicura

contro il cielo, e contro Amor.)

(parte)

Amore ->

 

ELENA E PARIDE

(Non lontana esser già parmi

qualche mia fatal sventura;

n'è presago il mesto cor.)

 

Scena terza

Elena, e Paride.

 

PARIDE

(dopo breve pausa, e con sdegno)

Sì, spietata: s'accende  

già il fulmine per me. Sorte funesta

minaccia i giorni miei: n'è tua la colpa;

pompa ne fai. Tutta comprendo adesso

la barbarie di questa

inospita contrada

che t'educò, dove nascesti!... E vanti

d'esser figlia di Giove! Ah, quando un nume

un'anima formò d'amor nemica,

tiranna di pietà che il più sincero,

il più tenero amante

sdegna, insulta, ricusa,

odia, aborre, vuol morto!

ELENA

(E ancor m'accusa!)

PARIDE

Che tardi! A che sospendi

le furie tue! Di sangue hai sete?... Appaga

il feroce desio...

(snuda un pugnale, e vuol darlo a Elena)

Prendi: trafiggi;

svenami... A chi languendo

vive infelice è sospirato acquisto

il termine de' mali.

ELENA

(Ah non resisto!)

Ma che brami da me?

PARIDE

Voglio il tuo core,

la tua man, le tue nozze.

ELENA

A un altro, il sai,

promessa io son.

PARIDE

L'ami!

ELENA

Rispetto in lui

il consiglio, il comando

del genitor. L'amarlo

se mia scelta non fu, già mi si rende

virtù, dover, necessità.

PARIDE

Non t'ama

al par di me. Chi greco nacque, avvezzo

nella dura dell'armi

barbara scuola; il pregio

o non cura, o non vede

delle bellezze tue.

ELENA

Giurai.

PARIDE

Son vani,

se non li detta il core,

delle donzelle i giuramenti.

ELENA

Offesa,

la Grecia che dirà?

PARIDE

Dirà che sei

saggia, e incostante. Ah sa la Grecia ancora

che van di rado insieme

la bellezza, e il rigor.

ELENA

N'abbia un esempio

illustre in me.

PARIDE

Quel vanto

non ottenne la madre: alla sua gloria

è rimprovero, è offesa

della figlia il pensier.

ELENA

Scusa la madre

la sua semplicità: l'accorto inganno

dei maggiori degli dèi che la sorprese

che la tradì colle mentite piume:

non ha la figlia in sua discolpa un nume.

PARIDE

Sì, l'amor che m'accende

opra è d'un nume, è dono suo. T'amai

che ignoto ancor m'era il tuo volto. Appena

(e men bello del vero) alla mia mente

Citerea lo dipinse: appena offerse

il caro acquisto al mio pensier; che ogni altro

mio più tenero affetto

posi in oblio: che il padre,

e la patria, e i congiunti

abbandonai: che spinsi

il legno al mar, che venni a te. Ma quanto

è maggior della fama

la tua beltà, tanto mi crebbe in seno

al primo incontro tuo, al primo sguardo,

la dolce fiamma onde mi struggo, ed ardo.

ELENA

Ah, s'è vero che m'ami

con tant'arti, e tant'armi

la pace mia deh non turbar! Contenta

vissi finor; da che giungesti, ho tutti

in tumulto gli affetti. Il mio decoro

rispetta, e il mio dolor. Torna a' tuoi regni:

cerca altro oggetto all'amor tuo. La scelta

fra mille avrai che brameranno a gara

esser teco felici. Un mio comando

questo non è: supplice adesso imploro

grazia dal tuo bel cor.

PARIDE

No: prima io voglio

spirar sugli occhi tuoi, che a quell'ingiusta

legge ubbidir che a me, crudel prescrivi!

ELENA

Prence... (Oh dio!) Per pietà!... Scordami, e vivi.

 

PARIDE

Di te scordarmi, e vivere!...  

facile a me lo credi!...

Ma guardati!... Ma vedi

il tuo sembiante!

La tua celeste immagine

è il solo mio pensier;

è l'unico piacer

del core amante.

Fissa l'avrò nell'anima

così, finché vivrò:

fra l'ombre ancor l'avrò

sempre davante.

Di te scordarmi! Oh dio!

Questo, crudel mi chiedi!

Ma guardati!... Ma vedi

il tuo sembiante!

Paride ->

 

Scena quarta

Elena sola.

 

 

Lo temei: non mi sento  

in faccia a lui valor che basti. Appena

frenar mi seppi. Ero ridotta al punto

d'aprirgli, di svelargli

tutta l'anima mia... Ah la possiede,

vi regna, n'è tiranno; e lo conobbe

il barbaro, n'abusa!... Ove m'inoltro!

In qual pensier vaneggio,

in qual misero error! Si lasci omai

alla sola ragion tutto l'impero

che seco ha nel mio core Amor diviso:

lo potrò: così voglio: ho già deciso.

 

Lo potrò!... Ma frattanto, oh infelice!  

Odio, ed amo; risolvo, e mi pento:

pietà, sdegno, timore, contento

a vicenda mi fanno penar.

Così voglio!... Sì mentre è lontano

il tiranno che i ceppi mi diede;

ma se prega, se piange al mio piede

non so più che tacere, e tremar.

Lo potrò: così voglio: ho deciso!...

Ah così mi consolo, e lusingo!

Ma il mio core agitato, e diviso,

quel che penso, che sogno, che fingo

co' suoi moti mi viene a turbar.

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Fine (Atto quarto)

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Gabinetti.

Elena
 

Temerario! E non basta

Elena
<- Amore

Vengo, o regina a' cenni tuoi

Elena, Amore
<- Paride

Ah, dove sconsigliato m'inoltro!

Elena, Paride e Amore
Ah lo veggo! Ad ingannarmi
Elena, Paride
Amore ->
 

Sì, spietata: s'accende

Elena
Paride ->

Lo temei: non mi sento

 
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Lido di mare terminato dalla veduta della vicina città di Sparta; navi in lontananza, e battelli... Sala del real palazzo di Sparta con trono. Gran cortile del palazzo reale di Sparta circondato da portici, e logge ad uso... Gabinetti. Deliziosa. Seno di mare contiguo al recinto del real palazzo di Sparta; sul mare navi troiane illuminate; alla riva...
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