Atto terzo

 

Scena prima

Terme imperiali.
Claudio ed Albina.

 Q 

Claudio, Albina

 

CLAUDIO

Presso le regie terme  

gran tempo è ch'io m'aggiro.

ALBINA

Ben sollecito fosti.

CLAUDIO

Ov'è l'iniquo?

ALBINA

Hai teco l'ire tue?

CLAUDIO

(cava la spada)

L'ire e la spada.

Né vi sarà per lui scampo o perdono.

Ov'è?

ALBINA

L'hai già presente, e quello io sono.

CLAUDIO

Quello tu sei?

ALBINA

Spietato, in questo seno

della congiura tua svena l'arcano.

Che tardi? Grave affar forse ti chiama

nelle stanze d'Augusta, ove Marziano

t'attende, e i tuoi custodi?

CLAUDIO

E come, o dèi!

Tutto è noto a costei?

ALBINA

Dimmi, offesa e tradita

vendicar mi potea

se al tribunal della feroce Augusta

accusava il tuo fallo?

Ma il rimirarti estinto

sotto un'infame scure

non era gloria mia né mio riposo.

Al mio ferro, al mio sdegno

la tua morte serbai: così richiede

l'oltraggiato amor mio, la fé negletta.

Difenditi se puoi, voglio vendetta.

CLAUDIO

Vendica pure o bella i torti tuoi:

in vita mi serbasti,

uccidimi se vuoi.

ALBINA

Nulla mi devi.

Stringi quel ferro, o il petto

ti passerò, spietato.

CLAUDIO

Io no 'l difendo,

e a chi vita mi diè, morte non rendo.

O bella; il dirò ancora, amata Albina,

viver non seppi tuo; tuo saprò almeno

morir; piaga, trafiggi; eccoti il seno.

ALBINA

Quest'era la vendetta

ch'io volea dal tuo core,

morte non già, ma pentimento e amore.

CLAUDIO

Rendimi l'amor tuo dopo il perdono.

ALBINA

L'amor? Risolverò. L'alma sì tosto

i suoi sdegni non cede.

Voglio prova maggior della tua fede.

 

Voglio dal tuo dolore  

prove di forte amore,

e poi risolverò.

A nuovo tradimento

fa invito e dà fomento,

chi facile dà fede

a un cor che l'ingannò.

Albina ->

 

Scena seconda

Claudio.

 

 

Qual beltà, qual costanza  

tradiste, affetti miei! Ah, se la bella

disprezzata ti segue,

tradita ti perdona,

vilipesa ti brama,

renditi a tanta fede, ama chi t'ama.

 

Benché sia forte il cor  

contro i tuoi colpi amor

non ho più scampo.

Se già per la beltà,

che pene al cor mi dà

d'amore avvampo.

Claudio ->

 
 

Scena terza

Portici corrispondenti all'appartamento reale.
Giulia, indi Salustia.

 Q 

Giulia

 

GIULIA

Dove misera me! dove raggiro  

il piè tremante! In questa

ben custodita soglia,

parmi che sol rimiri ombre ed orrori!

Ed una voce udir, che dica: «mori».

Me infelice! Pavento! Mi contristo!

Vorrei... ma non so che. M'agito, fremo:

e in un sol traditor, mille ne temo.

Ma sento le pupille

da grave sonno oppresse.

(s'asside)

Qui per breve momento

all'agitato mio pensier, vorrei

dar qualche pace. Alla custodia mia

voi per pietà vegliate, o sommi dèi!

(s'addormenta)

 

<- Salustia

SALUSTIA

Il vacillante piede  

sollecita qui trassi,

per Augusta salvar dal padre irato,

che svenarla procura:

eccola! Oh! Mia ventura!

Augusta!... In cheto sonno

tiene immerse le luci. Ah! Come puoi,

real donna del Tebro,

pace goder col tradimento al fianco?

Da quante spade or ora

trucidata sarai: già de' ribelli

parmi una voce udir che dica: «mori».

GIULIA

Quali voci funeste! Ah scellerata

macchini contro la mia vita?

 

Scena quarta

Marziano colla spada nuda alla mano, parlando a' suoi Soldati.

<- Marziano, soldati

 

MARZIANO

A tutti  

si divieti l'ingresso.

GIULIA

Ah! Perfida trionfa.

MARZIANO

Augusta, il tempo è questo

di vendetta o di morte. E che? Pensavi

che stupido io potessi

i miei torti soffrir? Tal è il mio sangue,

che se all'onor del trono

tu l'innalzasti ei n'era degno, e appena

n'era lontano un grado. Or che l'ascese,

non è più in tuo poter far che ne cada

senza gravi ruine!

Era augusta la figlia

uguale a te nel grado e nella sorte.

Or questa abbia il ripudio, e tu la morte.

GIULIA

Se con la morte mia render tu pensi

a Salustia lo sposo ed il comando,

superbia e fellonia mal ti consiglia:

per cesare, qui giuro

morte a te, morte a' tuoi, morte alla figlia.

SALUSTIA

Morte alla figlia? E quale

nuova colpa è la mia furia spietata?

Del genitore armata

giustamente è la destra

contro di te, che fosti

sempre nemica mia. Ma che? Tiranna!

Dell'ira mia feroce,

in questi casi estremi

così oppressa qual son, paventa e temi:

che se del padre il barbaro attentato

tu in me punir pretendi, io nel tuo figlio

punir saprò la tua fierezza ancora;

sì, farò ben ch'ei mora;

e pria ch'io perda il padre,

per gli alti dèi qui giuro

morte a lui, morte a' suoi, morte alla madre.

MARZIANO

Or sì, che figlia sei

degna di me! Sì sì, tutto perisca

ma Giulia ne preceda ombra non vile.

E a me l'onor del primo colpo...

SALUSTIA

Ah! Padre!

Chi più offesa di me? Chi più oltraggiata?

Stanca da tante ingiurie

è la mia sofferenza: anche a me un ferro

per aver parte anch'io nella vendetta.

A me l'offese mie punir s'aspetta.

GIULIA

Tanto si tarda a dar la morte a un solo?

SALUSTIA

Padre, un acciar, te 'l chiede

l'ira insieme e l'amor.

 
(Marziano dà la spada a Salustia e ne prende un'altra da una guardia)
 

MARZIANO

Prenditi il mio

o magnanima figlia. A me non manca

di che armare il mio braccio.

SALUSTIA
(a Giulia)

Or tu vedrai

qual sia Salustia. Quella

condannata al ripudio:

quella, già imperatrice, e poi vil serva

alla mensa, all'aspetto

di Roma tutta. Sì, con tuo rossore

vedrai, benché oltraggiata

qual sia colei che tanto odiasti, ingrata!

MARZIANO

Mori o donna superba: alcun non veggio

riparo al tuo destin.

SALUSTIA

Ben lo vegg'io,

che del seno d'augusta è scudo il mio.

(si volta colla spada verso Marziano in atto di voler difender Giulia)

MARZIANO

Figlia, che fai?

SALUSTIA

Ciò che virtù m'impone.

MARZIANO

Quel seno che difendi

bolle d'odio per te.

SALUSTIA

Ma quello è il seno

che diè vita al mio sposo.

MARZIANO

Lo sposo ella ti toglie.

SALUSTIA

Ella me 'l diede.

MARZIANO

E con esso, d'impero ella ti priva.

SALUSTIA

Mi faccia anche morir. Tutte le offese

non uguagliano il prezzo

del suo gran dono.

GIULIA

(Io son di sasso.)

MARZIANO

Eh! Mora.

SALUSTIA

Le ferite e la morte

passeranno al mio cor, prima che al suo.

MARZIANO

Ah! figlia ingrata! Or via

ferisci questo seno.

SALUSTIA

Quel d'augusta difendo,

e non minaccio il tuo.

MARZIANO

Ma che? D'inciampo

sarà fanciulla imbelle

al mio braccio guerriero? Un colpo solo

il mal fidato acciar mi getti al piede.

(con un colpo fa cader la spada di mano a Salustia, e va poi verso Giulia)

E tu mori, superba.

SALUSTIA

Augusta, prendi.

(si cava un stile dal seno e lo porge a Giulia)

E con la mia, la vita tua difendi.

MARZIANO

Oh! Dèi!

GIULIA

Perfido, indietro.

Odio d'esser crudel, ma se costretta

vi sarò, da quel cieco

furor, che qui ti trasse,

ti ucciderò sugli occhi

la figlia, e poi me stessa.

SALUSTIA

Eccoti il seno.

Squarcialo pur, che tardi? Al suo furore

sia vittima il mio core:

troppo illustre sarà, benché inumana,

la sua vendetta, se costar gli deve

il sangue d'una figlia. Ecco, ferisci,

impiaga pur. Con ciglio asciutto, o perfido

padre crudel, rimira

l'innocente mia morte;

ch'io per nulla doverti

in questo colpo orrendo

la vita, che mi desti, ecco ti rendo.

MARZIANO

Ferma: pria nel mio seno.

GIULIA

Scostati traditore, o qui la sveno.

Ho in pugno la vendetta e la difesa.

MARZIANO

Quella e questa or mi manca

che risolver non so. Sì, vegga il mondo

cader col genitor la figlia imbelle.

 

Scena quinta

Alessandro con Guardie e detti.

<- Alessandro, guardie

 

ALESSANDRO

Fermati o traditor.  

MARZIANO

(Perfide stelle.)

ALESSANDRO

Olà! Fra lacci avvinto

sia quell'indegno.

MARZIANO

Iniquo fato hai vinto.

ALESSANDRO

Empio! Quest'è la fé, quest'è l'amore

che serbi al tuo monarca?

SALUSTIA

Ah! Genitore!

GIULIA

Che genitor! Furia crudel, spergiuro

chiamalo pur. Tiranno

di me, del sangue suo, del suo regnante.

ALESSANDRO

L'empio di mostri e fiere

si esponga al rio furor.

SALUSTIA

Ferma, o tiranno,

tu il padre a me condanni?

ALESSANDRO

Io lo condanno.

SALUSTIA

Ah no sposo, pietà.

ALESSANDRO

Pietà non merta.

MARZIANO

E chi la chiede? E chi da te la brama?

D'una barbara donna

che oltraggiò il sangue mio, nemico io sono,

né pietà, né perdono

né da te, né da lei bramo; che giusti

son i miei sdegni e l'ire.

SALUSTIA

Augusta, o dio!

GIULIA

Non più: vada a morire.

 

MARZIANO

Sì, tiranna, fra dure ritorte  

lieto vado, che questo mio petto

fiero aspetto di barbara sorte

né tua rabbia temere non sa.

Vendicar ben sapranno le furie

tante ingiurie, svenato, sbranato

il tuo core inumano sarà.

Marziano, soldati, guardie ->

 

Scena sesta

Giulia, Salustia e Alessandro.

 

SALUSTIA

Ebbene? Augusta è questi  

il premio di mia fede?

Questa o sposo crudele è la mercede

che all'amor mio tu rendi? A te la madre

io tolgo dal furor de' suoi tiranni,

e tu a me ingrato, il genitor condanni?

ALESSANDRO

Salustia, il tuo dolore

è uno stral che recide il viver mio:

ma dell'augusta madre

non è ingiusto il rigor, che far poss'io?

SALUSTIA

Dunque la tua pietà...

GIULIA

Dissi abbastanza.

SALUSTIA

La tua virtù...

ALESSANDRO

Non giova.

SALUSTIA

Rammentarti tu déi...

GIULIA

Non più, deve morir.

SALUSTIA

Barbari dèi!

 

Per queste amare lagrime    

figlie del mio dolore,

si doni al genitore

la vita per pietade,

o a me la morte.

(a Giulia)

O premio un padre sia

di quanto oprai per te,

o cingano il mio piè

le sue ritorte.

S

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Salustia ->

 

Scena settima

Alessandro, Giulia.

 

ALESSANDRO

Madre pietà!  

GIULIA

Come? Per un indegno?

Per un suddito infido!

Per un'anima vil, che la mia morte

già due volte tentò! Per un nemico

del sangue suo, grazie Alessandro implora?

No no figlio. S'esegua

il tuo cenno real, convien che mora.

ALESSANDRO

Né della tanto a te fedel Salustia

ti commove il martir?

GIULIA

Lo sdegno mio

cresce al par del suo duolo:

ma placarmi non so, se del fellone

sparte non mirerò le membra al suolo.

 

Se all'ultimo suo fato  

tratto non è l'indegno,

mai del mio cor lo sdegno

placato si vedrà.

Vanne; sua morte affretta;

parlami di vendetta,

non chiedermi pietà.

Giulia ->

 

Scena ottava

Alessandro solo.

 

 

O misera de' reggi acerba sorte,  

allor che duro fato

agita i lor pensieri e gli confonde!

Che far degg'io? Lo sdegno

di genitrice offesa

vincer non so! La pena

d'innocente consorte

placar non posso: e intanto,

numi troppo tiranni,

veggo crescer ognora,

al par dell'ira vostra, in me gli affanni.

 

In mar turbato e nero  

del ciel, del vento all'ira

il cor s'adira e freme,

l'alma agitata teme,

risolvermi non so.

Volgono il mio pensiero

la madre e la consorte.

Quella mi chiede morte,

questa pietà sospira,

cieli, che far dovrò?

Alessandro ->

 
 

Scena nona

Grande anfiteatro, nel di cui piano si vedranno varie fiere racchiuse per la morte di Marziano: numero grande di Spettatori ne' palchi di esso. Luogo magnifico, dove sedere dovranno Alessandro, Giulia, Claudio e Albina.
Giulia, Claudio, Albina.

 Q 

spettatori, Giulia, Claudio, Albina

 

CLAUDIO

Sublime eccelsa augusta, i cui gran fregi  

adora il mondo, e Roma

non coprirà giammai di fosco oblio!

Per quella in te sì rara

magnanima pietade...

GIULIA

Albina, Claudio;

abbastanza sinora e voti e preghi

a pro di Marziano

meco adopraste; Cesare

impunito il delitto

lasciar non vuole; in queste infauste arene

ordinò la sua morte.

ALBINA

Egli già viene.

 

Scena decima

Alessandro e li già detti.

<- Alessandro

 

ALESSANDRO

Inclita madre: qui del rio fellone,  

che sovra la tua vita

osò portare i suoi pensieri, io vengo

a rimirar la morte.

Ma dell'afflitta mia,

a te fedel, consorte

degnati prima udir gli ultimi preghi.

GIULIA

Nulla a te sia ch'io neghi.

Venga: ma se del padre

la vita ella richiede,

parlerà invano.

ALBINA

Ella qui volge il piede.

 

Scena undicesima

Salustia in atto piangente e detti.

<- Salustia

 

CLAUDIO

Ahi! vista!  

ALESSANDRO

Ahi! duol!

ALBINA

Mi fa pietade!

ALESSANDRO

Ahi come

si oscurò di quel volto il bel sereno!

CLAUDIO

Io manco in rimirarla!

ALESSANDRO

Io vengo meno.

SALUSTIA

Inclita madre, alle tue piante umile,

ecco la più dolente,

la più misera, afflitta e sventurata

donna real, che vide il Tebro...

(piange)

GIULIA

Amica,

alzati: a me già noti

son del tuo core i voti, il genitore...

SALUSTIA

Deve morir, lo so! Grave è il suo fallo!

Giusta la pena! Ei mora.

Ma se mai spenta ancora

non è per me la tua pietà, se vive

ancor per me del mio consorte in seno,

deh! si conceda almeno

alla mia fede, al mio dolor, che il misero,

non alla rabbia intera

di tutte queste orrende

formidabili fiere, esposto sia:

una solo l'assalga; e se da quella

fatto in brani sarà, la tua vendetta

resta adempita. Ma se mai la sorte

pietosa del mio duol, per non mirarmi

d'ogni conforto priva

farà mai ch'egli abbatta

il suo furore, a me si doni e viva.

ALESSANDRO

Madre.

 
(Giulia resta pensosa)
 

CLAUDIO

Augusta.

ALBINA

Al suo amore.

CLAUDIO

Alla sua fede.

ALESSANDRO

Questa a me non si neghi

estrema grazia.

ALBINA

E misera mercede.

GIULIA

Figlio, della tua sposa

m'intenerisce il duol: quanto ella chiese,

già che Alessandro prega

tutto Giulia concede, e nulla nega.

Sia qui tratto l'iniquo.

(va a sedere nel palco)

ALESSANDRO

I numi o cara

l'assisteranno.

(va a sedere nel palco)

ALBINA

Io così spero.

CLAUDIO

I dèi

ascoltino i miei preghi.

SALUSTIA

E i voti miei.

 
(vanno tutti a sedere sul palco)
 

Scena dodicesima

Al suono di orribil sinfonia, sarà introdotto Marziano nudo nell'arena.

<- Marziano

 

MARZIANO

Implacabili dèi! Dell'ira vostra,  

ecco, in me riguardate

il più fermo bersaglio! Ecco di Roma

il più temuto difensore, esposto

alla rabbia crudel d'orride fiere;

sol per voler d'ingrata figlia...

(s'accorge della figlia)

Ahi! Vista

l'inumana pur qui, dell'empia strage

spettatrice dimora?

(a Salustia)

Ah! dispietata figlia!

Vieni a goder della mia morte ancora?

SALUSTIA

No genitor; coraggio: alla tua destra

una sol fiera si destina. Al suolo

fa' ch'ella cada, e tu vivrai...

GIULIA

Si taccia.

Egli morrà, che i numi

impunito d'un empio

non lasceranno il fier misfatto orrendo.

Olà!

MARZIANO

Sì, diasi il segno: io morte attendo.

SALUSTIA

Padre...

MARZIANO

Non più.

GIULIA

Disserrisi la fiera.

SALUSTIA

(Cieli pietà!) Padre, combatti e spera.

 

MARZIANO

Mostro crudele, orrendo!    

Vieni; ch'io fiero e forte

qui attendo il tuo furor.

Vieni; che la mia sorte

vuole, per tormentarmi,

ch'io teco qui, senz'armi

cimenti il mio valor.

S

 
(al suon di trombe, segue il combattimento di un leopardo con Marziano, da cui vien superato e ucciso: calano dal palco i spettatori)
 

CLAUDIO

Cadde l'orrida fiera!  

SALUSTIA

Amico ciel!

ALESSANDRO

Da forte

superò il suo furor!

ALBINA

Grazie alla sorte.

MARZIANO

Vengano se vi sono. Io qui gli sfido

a provar del mio braccio

l'alto valor, più fieri mostri ancora.

SALUSTIA

No genitor, d'augusta il cenno adora,

che a te vita concede.

GIULIA

Al tuo merto la dono, e alla tua fede.

ALESSANDRO

E a me Salustia ancora, eccelsa madre

rendimi generosa.

 
(Giulia prende per la mano Salustia e la porta accanto ad Alessandro)

GIULIA

Ecco la mia difesa, e la tua sposa.

MARZIANO

Or che lo sposo e 'l trono

a te figlia si rende,

del mio fallo il perdono

è a me più caro.

GIULIA

Di Salustia il merto

fu maggior del tuo fallo.

ALESSANDRO

La sua virtude a vivere t'insegni

padre men fiero, e più fedel vassallo.

ALBINA
(a Salustia)

Regina, ti sovvenga

che Claudio...

SALUSTIA

Mi sovvien. Cesare ascolta.

Albina, che qui vedi

in abito virile, il ferro e 'l tosco,

scoprimmi amica: a lei

Claudio in sposo concedi.

ALESSANDRO

Aggiungo alle sue brame i voti miei.

Claudio, Albina sia tua.

CLAUDIO

Con mio piacer, la destra

a lei porgo fedele.

ALBINA

Io più non curo.

CLAUDIO

Eterno amore al tuo bel volto io giuro.

GIULIA

Popoli, dell'impero

ecco il sostegno, unito

all'augusta sua sposa:

voi la vedeste invitta; e voi vedeste

ceder tutto, ad un core

dove con la virtù si unisca amore.

 

TUTTI

Ritorni al nostro cor  

la bella pace.

E in noi del dio d'amor

splenda la face.

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Terme imperiali.

Claudio, Albina
 

Presso le regie terme

Claudio
Albina ->

Qual beltà, qual costanza

Claudio ->

Portici corrispondenti all'appartamento reale.

Giulia
 

Dove misera me! dove raggiro

Giulia
<- Salustia

Il vacillante piede

Giulia, Salustia
<- Marziano, soldati

A tutti si divieti l'ingresso

Giulia, Salustia, Marziano, soldati
<- Alessandro, guardie

Fermati o traditor / Perfide stelle

Giulia, Salustia, Alessandro
Marziano, soldati, guardie ->

Ebbene? Augusta è questi

Giulia, Alessandro
Salustia ->

Madre pietà! / Come? Per un indegno?

Alessandro
Giulia ->

O misera de' reggi acerba sorte

Alessandro ->

Grande anfiteatro, nel di cui piano si vedranno varie fiere; numero grande di spettatori ne' palchi.

spettatori, Giulia, Claudio, Albina
 

Sublime eccelsa augusta, i cui gran fregi

spettatori, Giulia, Claudio, Albina
<- Alessandro

Inclita madre: qui del rio fellone

spettatori, Giulia, Claudio, Albina, Alessandro
<- Salustia

Ahi! vista! / Ahi! duol! / Mi fa pietade! / Ahi come

(suono di orribil sinfonia)

spettatori, Giulia, Claudio, Albina, Alessandro, Salustia
<- Marziano

Implacabili dèi! Dell'ira vostra

(suon di trombe, segue il combattimento di un leopardo con Marziano, da cui viene ucciso)

Cadde l'orrida fiera!

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima
Luogo magnifico avanti al Campidoglio con trono. Gabinetto imperiale. Logge imperiali. Sala apparecchiata per convito. Sala regia con trono. Terme imperiali. Portici corrispondenti all'appartamento reale. Grande anfiteatro, nel di cui piano si vedranno varie fiere; numero grande di spettatori ne' palchi.
Atto primo Atto secondo

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