Atto terzo

 

Scena prima

Sala regia.
Alessandro solo.

 Q 

Alessandro

 

 

Tiranno, e che pretendi  

domar quest'alma ancor?

No no, non vincerai,

che fulmine non hai

d'abbatter il mio cor.

Solo otterrà la palma

la gloria di quest'alma

tutti i vezzi d'amor mi prendo in ira.

Ah Campaspe, ah Statira

in qual per voi mi trovo

confuso labirinto?

Il vincitor del mondo avete vinto.

 

Vinto sono, e del nume bendato  

bacio l'arco, e adoro gli strali,

che temprati nel volto adorato

di Statira fan piaghe mortali.

Vinto sono, e del nume bendato

bacio l'arco, e adoro gli strali.

Alessandro ->

 
 

Scena seconda

Caverna sotterranea.
Apelle solo.

 Q 

Apelle

 

Ti lusinghi, e speri invano  

trionfar di mia costanza

o tiranno dio d'amor,

già di ferro armo la mano.

Né di morte la sembianza

mi cagiona ombra d'orror.

Ti lusinghi, e speri invano

trionfar di mia costanza.

 

 

Amai Campaspe, e l'amo  

né d'altro foco acceso

era il fido mio seno,

che di quel vago lume

con cui virtù le dava forza, e lena.

Ma già che vuol così,

già che vuol la mia pena,

il cielo, il mondo, e l'idolo che adoro

del ciel del mondo, e del mio ben l'impero

eseguisca ver me colpo severo.

(vuol uccidersi e vien trattenuto da Oronte)

 

Scena terza

Oronte, Apelle.

<- Oronte

 

ORONTE

Amico, e qual sciagura  

ti guida a sì gran duolo?

APELLE

Obbedir mi conviene.

ORONTE

A chi?

APELLE

Al destino.

ORONTE

Talor il saggio al fato

porge regola.

APELLE

È vero,

ma non sente ragioni un disperato.

Lasciami.

ORONTE

Che pretendi?

APELLE

Terminar le sciagure

ORONTE

Deh ritorna in te stesso.

APELLE

Altro non fai che prolungarmi il duolo.

ORONTE

Il tempo dà consiglio.

APELLE

La fortuna mi sprezza.

ORONTE

Tua virtù non paventa

gl'urti d'avverso caso.

Resisti alla sventura, e la tua vita

serba ad uso miglior!

CAMPASPE
(di dentro)

Soccorso aita.

ORONTE

Voce di donna è questa.

APELLE

Ancor non si distingue

onde ne venga il suono.

ORONTE

Il piè si muova.

APELLE

E dove?

ORONTE

In questa, o in quella parte

fin che venga distinta

la cagion del lamento.

CAMPASPE
(di dentro)

Omai son vinta.

 

Scena quarta

Esce Campaspe schermendosi dalle zanne d'un leone ed al suo arrivo Apelle, ed Oronte sono addosso alla fiera, e finalmente l'uccidono.
Campaspe, Apelle, Oronte.

<- Campaspe

 

APELLE

E tu, ma come oh dio  

Campaspe idolo mio

come qui sola, e come

inseguita da fiere

solitaria fra boschi

e di spelonche amica.

CAMPASPE

L'oltraggiato tuo core

mirerà con disprezzo

del mio volto pentito

il lagrimoso segno

ma se regna pietade

nel tuo saggio pensiero

d'ottenerne il perdono io non dispero.

 

T'offesi ben mio,  

or chiedi pietà

qual fui più non sono

ma cerco il perdono

di mia crudeltà.

 

APELLE

Mi schernisci di più?  

CAMPASPE

No ch'io non mento

dopo l'aspra sentenza

fulminata da me per la tua morte

di Statira l'imago

mano rapace l'involò di corte

seppi, che tu per questo

oprasti a mio favore, onde confusa

da tua virtù, dal mio dolor trafitta

errando senza guida alla sua traccia

quivi mi spinse incognita virtute

per far te mia difesa, io tua salute.

ORONTE

Ecco il ritratto, io sono

reo del furto.

CAMPASPE

Non adunque

l'impose Apelle?

ORONTE

Io dell'amico attento

a soddisfar le voglie

ed avversa Statira

agl'amor del re, con senso eguale

fu rapita la tela.

CAMPASPE

E pure sono

quell'ingrata, quell'empia,

che la vita d'Apelle, e di Statira

odiai cotanto? In grave

rischio di morte giace per mia colpa

l'innocente straniera, Elvio spedito

muovi ver lei le piante

ad impedir l'eccesso.

ORONTE

O dèi che sento.

Per difender Statira i vanni al piede

tolti al fianco d'amor, mi dà la fede.

 

Deh sospendi il ferro acuto  

Cloto fiera a sì bel stame

e rivolgi a crin canuto

i tuoi sdegni, e le tue brame.

Deh sospendi il ferro acuto

Cloto fiera a sì bel stame.

Oronte ->

CAMPASPE

Non tentar ingiusto fato  

di rapir sì vago fiore

e con cibo meno grato

alimenta il tuo furore.

Non tentar ingiusto fato

di rapir sì vago fiore.

 

Scena quinta

Campaspe, Apelle.

 

APELLE

Devo crederti o cara  

e bandir dal mio petto

ogni timor?

CAMPASPE

Sicura

la tua mente riposi

di te sola sarò.

APELLE

Ma il re.

CAMPASPE

Non curo.

APELLE

Il trono?

CAMPASPE

Non si deve

premer da me, più giusto

a Statira s'innalzi.

APELLE

E chi ti diede

senso di consolarmi?

CAMPASPE

La tua fede.

 

Sì sì caro tua sarò  

ti darò con nodo stretto

il possesso del mio petto,

né mai più ti lascerò.

Sì sì caro tua sarò.

APELLE

Sì sì bella vieni a me  

e compensa tante pene

col donar a me quel bene

per cui giuro eterna fé.

Sì sì bella vieni a me.

 
 

Scena sesta

Bosco che discende dall'eremo di Statira in una valle.
Perinto con Soldati.

 Q 

Perinto, soldati

 

PERINTO

Il geloso regnante  

con bel pretesto a custodir invia

la sua vaga Statira,

non già perché paventi

d'insidioso agguato, al suo bel nume

solo perché devoti

altri seguaci non le porgan voti

ma se sapesse poi

a qual opra crudel Demetrio aspira

allora sì che guarderia Statira.

 

Non v'è rimedio  

chi segue amore

non ha mai ben

geloso tedio

toglie dal core

ogni sen.

Non v'è rimedio

chi segue amore.

 

Scena settima

Statira, ed Oronte, e Perinto da parte.

<- Statira, Oronte

 

STATIRA

Nulla posso capir.  

ORONTE

Sommo periglio

di violento fato

sovrastar al tuo capo

mi confessò Campaspe.

STATIRA

E chi lo tenta?

ORONTE

Questo non m'è palese.

PERINTO

(Lo so ben io, che son qui del paese.)

STATIRA

Il ciel ravveda il core

dell'empio traditore

e tu prencipe Oronte

se ancora il reo di ritrovar t'è dato

oblia lo sdegno, e cedi la vendetta

al tonante del cielo, a cui s'aspetta.

PERINTO

(Inaudita pietà.)

ORONTE

Somma clemenza

ma signora, che gente,

in bellicosa forma

custodiscono il bosco.

STATIRA

Olà qual guida

quivi vi porta amici?

PERINTO

Per render più sicura

il re la tua dimora

quest'arcieri t'invia.

STATIRA

Troppo m'onora

vanne al re, di' che seco

bramo di favellare.

 

Perinto, soldati ->

 

Scena ottava

Statira, Oronte, poi Demetrio.

 

STATIRA

Ancor prence rifletto al tuo discorso.  

ORONTE

È certo.

STATIRA

Ma qual colpa

Campaspe vede in me degna di morte?

ORONTE

Gelosia, d'Alessandro un dì la spinse

ed or piange il suo fallo.

STATIRA

Ignoto al mondo

sarà dunque per sempre

l'uccisor di Statira?

 

<- Demetrio

DEMETRIO

Io non mi ascondo  

alle giuste ire tue real signora

eccoti l'inimico

l'uccisor di Statira

quella furia, quel mostro

al cui barbaro ardire

crollò il cielo, la terra, e 'l fosco regno

sì quell'io son d'ogni pietade indegno.

 

Gran cimento al tuo gran core  

ti cagiona il mio fallir

la clemenza, ed il rigore

lo vorrebbero rapir.

Gran cimento al tuo gran core

ti cagiona il mio fallir.

 

STATIRA

Sorgi, e palesa tosto  

chi la remora fu del tuo delitto

e chi la man ritenne

dal colpo ingiusto.

DEMETRIO

Il cielo

s'armò per tuo favor, allor ch'immersa

in dolce sonno, e sovra un sasso assisa

eri signora, io dall'agguato uscito

alzai l'orribil colpo, ed a un momento

fugato il sol con fremiti d'inferno

mi sgridavan le nubi, il monte, il piano.

Si videro di sdegno

scuoter il dorso, ond'io confuso e lasso

conobbi il grave error piansi la colpa.

ORONTE

Demetrio il tuo perdono

se Statira v'assente

in suo nome pronunzio.

STATIRA

A te si deve

amico ogni favor, né da te sia

lungi la voglia mia.

 

Punir co' favori  

è bella vendetta

d'un'alma real

per vincer i cori

sì dolce saetta

ogn'altra preval.

Punir co' favori

è bella vendetta

d'un'alma real.

 

Statira, Oronte, Demetrio ->

 
 

Scena nona

Gran piazza con archi trionfali, e palazzo regio in prospetto.
Alessandro, Apelle.

 Q 

Alessandro, Apelle

 

ALESSANDRO

Campaspe a te si rese  

pietosa adunque.

APELLE

Altro non resta o sire,

che il tuo consenso.

ALESSANDRO

Appunto

oggi nel tempio eccelso

li sponsali farai.

APELLE

Grazie ti rendo.

ALESSANDRO

Anch'io benigno amor vado scorgendo.

 

Dai colpi d'un guardo  

sol nasce l'amore.

Né incognito dardo

mai penetra il core

chi porta nel petto

d'amore la piaga

per darle ricetto

la vide esser vaga.

 

APELLE

Chi ti rapporta o sire  

sì grati avvisi del tuo vago nume.

ALESSANDRO

Perinto è quivi appunto

l'arrivo attendo.

APELLE

Al tempio

vorrei per mio consiglio,

e non in questo loco

fosse accolta da te.

ALESSANDRO

Non intendo perché.

APELLE

Ivi il nume gl'altari

i sacerdoti, il sacrificio in pronto

alle tue brame o sire

servon di fondamento, e se men dura

questa bella ritrovi ogni dimora

tronca al nodo fatal.

ALESSANDRO

Saggio è il pensiero

vanne colà ed imponi

di Diana ai ministri

pompa mai più veduta

di vittime, e d'incensi.

APELLE

In sì bel giorno

in cui trionfa il faretrato dio,

di giubilo ripieno è il seno mio.

 

Vago raggio di speranza  

dà sembranza

di contento al mio dolor

son gioie le pene

ed han perso ogni rigor

le catene

che mi porge il cieco amor.

Vago raggio di speranza

dà sembranza

di contento al mio dolor.

Apelle ->

 

Scena decima

Alessandro, Perinto correndo.

<- Perinto

 

PERINTO

Signor, signor, vicina  

è già la principessa, ecco veloci

la precorrono i servi.

ALESSANDRO

Al tempio invia

Statira, ove l'attendo.

PERINTO

Ubbidirò, t'intendo.

(da sé parte)

Perinto ->

 

ALESSANDRO

Se mio nume è quel bel volto  

a cui sveno ognor il core,

gradirà nel tempio accolto

della vittima l'ardore.

Se mio nume è quel bel volto

a cui sveno ognor il core,

gradirà nel tempio accolto

della vittima l'ardore.

Alessandro ->

 

Scena undicesima

Perinto, Campaspe.

<- Perinto, Campaspe

 

PERINTO

Questa è la volta affé  

che Campaspe non è

più regina.

CAMPASPE

Che parli?

Il regno più non stimo

sol d'Apelle la fede

gradisco.

PERINTO

Saggiamente

quel ch'aver non potete

mostrate disprezzar modestamente,

ma Demetrio?

CAMPASPE

Detesto.

PERINTO

Pur di lui vi servite

per bravo ne' bisogni.

CAMPASPE

Un mezzo giusto

quando sembra, che guidi al porto amato

i seguaci delude, e serve al fato.

PERINTO

Ma cresce ognor la calca al tempio.

 
Sempre più s'affolla gente, e la comitiva di Statira.

<- gente, comitiva di Statira

 

PERINTO

Al tempio  

indirizzatevi amici

colà v'attende il re.

CAMPASPE

Bramo alle piante anch'io

di Statira la bella

pianger il fallo mio.

PERINTO

Di cor dolce, e benigno,

la troverai più avvezza

a gradir le preghiere

che a punire gl'errori.

CAMPASPE

Dunque posso sperar.

PERINTO

Più che non brami.

CAMPASPE

Ver lei m'invio.

PERINTO

Non dubitar.

CAMPASPE

Confido.

 

Scena dodicesima

Oronte, Statira, Perinto, Campaspe.

<- Oronte, Statira

 

STATIRA

Olà fermate il passo  

ed il mio arrivo sia

notificato al re.

PERINTO

Nel tempio attendo

le tue grazie o signora.

STATIRA

E per qual causa grave

egli colà dimora?

PERINTO

Non ti so dir, vedrai

vittime eccelse, e insoliti profumi

quasi voglia ebbriar di voti i numi.

STATIRA

Si solleciti il passo.

CAMPASPE

E di Campaspe

il grave error sospeso

sarà senza perdono?

STATIRA

Sorgi amica ed oblia

le passate sciagure

per te sarò sì pronta

nel cercar i vantaggi

quanto te stessa.

CAMPASPE

O grazie

che incatenano il core.

ORONTE

Altro non resta

per te bella Campaspe

che con eterno nodo

goder felice l'adorato bene

ma solo a me di non sperar conviene.

STATIRA

Non sai che sorte ancora

prencipessa ti sovrasti

spera tanto ti basti.

 

De' tuoi dolori  

porto nel seno

degno costante

a' tuoi martori

parte il sereno

dal mio sembiante.

De' tuoi dolori

porto nel seno

degno costante.

 

gente, Statira, Oronte, comitiva di Statira, Campaspe, Perinto ->

 

Scena tredicesima

Demetrio.

<- Demetrio

 

 

Da che lungi agl'amori  

volgo sciolte le piante

con insolita pace

godo di libertà l'aura gradita

s'il viver d'un amante

è morir ad ognor restando in vita.

 

Casta dèa fo voto, e giuro  

di mai più seguire amor

l'arco tuo più giusto, e puro

per diletto vo' nel cor.

Casta dèa fo voto, e giuro

di mai più seguire amor.

 

Scena quattordicesima

Apelle, Demetrio, Perinto, Alessandro.

<- Apelle, Perinto, Alessandro

 

ALESSANDRO

Parmi di maggior luce  

oggi il sole vestito.

DEMETRIO

Con giubilo festivo

le tue nozze reali

applaudono le sfere.

ALESSANDRO

Incerto ancora

è il voler di Statira.

PERINTO

(Io giocherei che ad altro sposo aspira.)

APELLE

Se non giuro di Vesta

seguir le caste insegne

dubbio non ho del tuo trionfo o sire.

ALESSANDRO

Impaziente è il desire.

 

Scena quindicesima

Statira, Oronte, Alessandro, Demetrio, Apelle, Perinto.

<- Statira, Oronte

 

STATIRA

Al tuo sovrano aspetto  

Statira umil s'inchina.

ALESSANDRO

Donna da cui virtude

l'anima di Alessandro

forz'è, che ceda vinta, io non ho cosa

in mio poter, che sia

lungi dal tuo voler.

STATIRA

Strano comando

del genitor mi sprona

a chiederti lo sposo, egli m'apparve

in sogno, e sì mi disse

lascia l'eremo o figlia

lascia di pianger più, vanne alla corte,

ove nobil consorte

con puro ardor discaccerà dal core

queste funeste larve.

Lo vuole il ciel, ed in ciò dir disparve.

ALESSANDRO

La persona prefisse, e pur ti diede

il genio per legame.

STATIRA

Il genio appunto

mi guida, e mi consiglia.

ALESSANDRO

Esponi adunque

chi brami nel tuo sen?

STATIRA

Ma tu signore

ricuserai di consolarmi?

ALESSANDRO

Impegno

la parola real.

STATIRA

Ancor che fosse

poco da te gradito

il nodo stabilito.

APELLE

Pur con sagace, e nobile pretesto

dolcemente tormenta

il sospetto regnante.

DEMETRIO

E fa più dolce

la ferita del core.

PERINTO

Stiam a veder.

ALESSANDRO

Risolvi,

bella né più sospesa

resti tua volontà.

STATIRA

Di te mi fido.

ALESSANDRO

Non dubitar.

STATIRA

Già la parola.

ALESSANDRO

È legge.

PERINTO

Per celebrar le nozze

li ministri del tempio

han le vittime pronte.

ALESSANDRO

Che più tardi?

STATIRA

Ubbidisco, e sposo Oronte.

APELLE E DEMETRIO

Inaspettato evento.

ORONTE

Troppo m'innalzi.

STATIRA

Il re n'è già contento.

 

Quella fé che mi giurasti  

e che mai tradita fu

quella al core

desta amore

se per sempre il cor legasti

col valor di tua virtù.

Quella fé che mi giurasti

e che mai tradita fu

quella al core

desta amore.

 

 

Sotto mentite spoglie  

signor costui di Persia, è il prence Oronte

egli dal fianco mio

per lungi non vagar si finse Armeno

onde se gl'apro il seno

riguardo a quell'amor che mi professa

poco le dono ancor dando me stessa.

ORONTE

Scusa monarca invitto

s'al tuo guardo celai

patria, nome, e pensiero

ed incolpa di tutto il nume arciero.

STATIRA

Il nodo è già formato

e resta che tu solo

lo confermi signore.

ALESSANDRO

Acciò che sia

nota la voglia mia

sovra candido foglio

leggere i miei sensi.

DEMETRIO

Sembra turbato il re.

APELLE

Forse non molto

gradisce di Statira

il genio non creduto.

PERINTO

E chi lo tiene

quando l'ami davvero

faralla ben per forza esser sua sposa?

ORONTE

L'alma un tanto piacer sperar non osa.

 

Cor avvezzo a pianger sempre  

mai non crede di gioir

benché vede

da sua fede

alla sorte cangiar sempre

tiene ancor vivo il martir.

Cor avvezzo a pianger sempre

mai non crede di gioir.

Sfondo schermo () ()

 

ALESSANDRO

Ecco vergato il foglio  

godi lieta Statira

del tuo sposo fedele.

STATIRA E ORONTE

A tante grazie

confuso è il senso mio.

ALESSANDRO

Necessità mi guida altrove, addio.

STATIRA

Il re parte così.

 

Scena sedicesima

Alessandro, Statira, Oronte, Apelle, Demetrio, Perinto, e Campaspe.

<- Campaspe

 

CAMPASPE

Ferma le piante  

riverito regnante.

ALESSANDRO

Con chi parli?

CAMPASPE

Con te.

ALESSANDRO

Più re non sono

se nel seno d'Oronte

ho ceduto Statira, e seco il regno.

STATIRA E ORONTE

O confuso mio cor.

ALESSANDRO

Crudele impegno.

STATIRA

Si legga il foglio, e delle note al suono

veggasi qual decreto il re ne porge

già che sposa si dona

ad Oronte Statira

quest'alma, che non spira

nel veder disprezzata la sua fede,

al rivale la cede

anzi per dimostrar quanto l'adora

con Statira rinunzia il regno ancora.

ORONTE

Non sia mai vero.

CAMPASPE

Esempio

d'inaudita virtù.

ORONTE

Fuggo Statira

sprezzo l'arco d'amor.

STATIRA

Così mi sprezzi?

ORONTE

T'amo, ma più m'alletta

perder me stesso, ed innalzarti al soglio

ch'uccisor d'un regnante esser non voglio.

DEMETRIO

Consolati signore in tuo potere

riede Statira.

APELLE

Un sì bel giorno è degno

di tue nozze reali.

ALESSANDRO

E tu non parli

crudel tu sola aspiri

a dar morte al mio core?

STATIRA

Mi dono a tua virtù cedo al tuo amore.

(dà la mano ad Alessandro)

APELLE

Anch'io se lo permette

la tua clemenza o sire

Campaspe al sen mi stringo.

ALESSANDRO

Il tuo soffrire

merta sì degno premio.

STATIRA

Or lieti unite

vostri petti, vostr'alme, e siano eterni

gl'amor fra voi.

CAMPASPE

Vaghi trionfi

che la virtù per nostra gioia aduna

stringendo col suo imper, tempo, e fortuna.

 

Se mi comparte il cielo  

ore serene

pianger più non vo'

che non conviene

con indiscreto zelo

nutrire quelle pene

ch'egli non destinò.

Se mi comparte il cielo

ore serene

pianger più non vo'.

 

STATIRA

Adesso a' tuoi voleri  

Alessandro son io vieni ed invola

dal seno ogni dolor.

ALESSANDRO

Vivo in te sola.

 

Sicché vivo sol per te  

già credei perder me stesso

al mio duol cedendo oppresso

col mancar la speme in me.

Sicché vivo sol per te

già credei perder me stesso.

APELLE

Sicché spiro per te sol

già il destin mi vuol felice

e sperare non disdice

che trionfi del mio duol.

Sicché che spiro per te sol

già il destin mi vuol felice.

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Sala regia.

Alessandro
 

Tiranno, e che pretendi

Alessandro ->

Caverna sotterranea.

Apelle
 

Amai Campaspe, e l'amo

Apelle
<- Oronte

Amico, e qual sciagura

Apelle, Oronte
<- Campaspe

(Campaspe schermendosi dalle zanne d'un leone; Apelle, ed Oronte sono addosso alla fiera, e l'uccidono.)

E tu, ma come oh dio

Mi schernisci di più? / No ch'io non mento

Apelle, Campaspe
Oronte ->

Devo crederti o cara

Bosco che discende dall'eremo di Statira in una valle.

Perinto, soldati
 

Il geloso regnante

Perinto, soldati
<- Statira, Oronte

Nulla posso capir / Sommo periglio

Statira, Oronte
Perinto, soldati ->

Ancor prence rifletto al tuo discorso.

Statira, Oronte
<- Demetrio

Io non mi ascondo

Sorgi, e palesa tosto

Statira, Oronte, Demetrio ->

Gran piazza con archi trionfali, e palazzo regio in prospetto.

Alessandro, Apelle
 

Campaspe a te si rese

Chi ti rapporta o sire

Alessandro
Apelle ->
Alessandro
<- Perinto

Signor, signor, vicina

Alessandro
Perinto ->
Alessandro ->
<- Perinto, Campaspe

Questa è la volta affé

Perinto, Campaspe
<- gente, comitiva di Statira

Indirizzatevi amici

Perinto, Campaspe, gente, comitiva di Statira
<- Oronte, Statira

Olà fermate il passo

gente, Statira, Oronte, comitiva di Statira, Campaspe, Perinto ->
<- Demetrio

Da che lungi agl'amori

Demetrio
<- Apelle, Perinto, Alessandro

Parmi di maggior luce

Demetrio, Apelle, Perinto, Alessandro
<- Statira, Oronte

Al tuo sovrano aspetto

Sotto mentite spoglie

Ecco vergato il foglio

Demetrio, Apelle, Perinto, Alessandro, Statira, Oronte
<- Campaspe

Ferma le piante

Adesso a' tuoi voleri

Alessandro, Apelle
Sicché vivo sol per te
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima
Campagna con veduta in lontananza di collinette, e padiglioni; cielo stellato con luna piena. Padiglione di Dario con letto, cadavere di Dario. Sala regia. Carcere nella quale si vede il cadavere di Dario con una catena al piede. Cortile. Stanza di pitture con li ritratti di Statira, e Campaspe. Sala regia. Gruppo di monti con l'eremo di Statira, e mausoleo di Dario. Sala regia. Caverna sotterranea. Bosco che discende dall'eremo di Statira in una valle. Gran piazza con archi trionfali, e palazzo regio in prospetto.
Atto primo Atto secondo

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