Atto primo

 

Scena prima

Luogo magnifico nel Campidoglio con Trono.
Alessandro, Sallustia, Marziano, Claudio, Popoli, Soldati, ecc.

 Q 

Alessandro, Sallustia, Marziano, Claudio, popoli, soldati

 

CORO

Viva viva il nostro augusto;  

viva il lauro alla sua chioma.

Viva il grande, il forte, il giusto.

Viva il cesare di Roma.

 
(Alessandro presa per mano Sallustia va a sedere sul trono)
 

MARZIANO

Il giorno fortunato, in cui l'impero,  

più che i voti di Roma, il ciel ti diede,

ecco fausto ritorna.

Piaccia agli dii serbarci un sì gran bene,

e serbarcelo eterno.

ALESSANDRO

Nei vostri voti il vostro amor discerno.

Marziano, alla plebe oro si sparga,

dividasi a' soldati.

Claudio, fa', che nel circo

spettacolo si appresti, ove non sia

sanguinosa la pompa, empio il diletto;

e se di strage è vago,

il popolo roman, venga a mirarle

all'Eufrate, ed al Tigri, ivi del Parto

convien, che per noi resti

l'odio punito, e l'alterigia doma.

 

CORO

Viva viva il nostro augusto,

viva il cesare di Roma.

 

SALLUSTIA

Quanto alle glorie tue giubila il core.

ALESSANDRO

Cara. Adempiasi, Claudio,

ciò che imposi.

CLAUDIO

Ubbidisco.

ALESSANDRO

Romani, il sangue illustre, i fregi eccelsi,

l'amor mio, la sua fé, l'augusta figlia,

Marziano fan degno,

che il vostro imperator gli dia l'impero

sull'armi nostre.

MARZIANO

A me, signore?

SALLUSTIA

Al padre?

CLAUDIO

Pronto, o signor...

ALESSANDRO

Ti accosta.

MARZIANO

Ossequioso

bacio tua destra.

 
(s'inginocchia a piè del trono, e bacia la mano di Alessandro)
 

ALESSANDRO

Al militar comando

ti scelgo, o prode. Il campo

te duce, al nuovo giorno

contra il Parto feroce

spieghi l'aquile altere.

Per te col lauro augusto

mi verdeggin sul crin palme guerriere.

 
(gli dà il bastone in segno del grado conferitogli)
 

MARZIANO

L'Eufrate, l'Oronte  

l'altera sua fronte

al Tebro guerriero

umil piegherà.

Sul Tigri sconfitto

il nome, e l'impero

di cesare invitto

per me regnerà.

L'Eufrate, l'Oronte

l'altera sua fronte

al Tebro guerriero

umil piegherà.

(parte)

Marziano ->

 

CLAUDIO

Nunzio del re de' Parti or giunse al Tebro;

e chiede espor...

ALESSANDRO

Si ascolti.

 

Scena seconda

Giulia, e li suddetti.

<- Giulia

 

GIULIA

Della pubblica gioia  

venga anche Giulia a parte...

ALESSANDRO

(in atto di scender dal trono)

O madre, il trono...

GIULIA

No, no: l'empie abbastanza

l'inclita sposa: Io te la diedi, e godo,

che un suo sguardo mi onori

dall'altezza del trono, ov'io la posi.

Io tra la bassa plebe,

qual femmina volgar, confusa e mista,

udirò con piacere i vostri applausi,

mirerò con diletto i vostri amori.

Io darò al nuovo duce ossequio e lode.

Voi senza me risponderete al Parto.

Voi senza me darete

all'Ausonia, alla terra

il destin della pace, e della guerra.

 
(Sallustia, e Alessandro scendono dal trono)
 

ALESSANDRO

Del Parto ad altro tempo

s'odano i voti.

CLAUDIO

Il cenno

vado a recarne.

(parte)

Claudio ->

 

SALLUSTIA

Augusta Giulia, io leggo  

ne' turbati tuoi lumi...

tutto il piacer di tua fortuna. Io lieta

là ti vidi seder, dov'io sedea.

GIULIA

Han questi lumi

tutto il piacer di tua fortuna. Io lieta

là ti vidi seder, dov'io sedea.

SALLUSTIA

Lo sposo...

GIULIA

A che discolpe? Io son la rea,

io che un sì chiaro giorno

venni a turbar...

ALESSANDRO

Di miglior luce adorno

per te mi sfavillò sulle pupille.

Primo amor di Alessandro, o madre, sei.

GIULIA

La sposa, che ti diedi, amar sol déi.

SALLUSTIA

Augusta, è tuo favor la mia grandezza.

GIULIA

Va': segui il tuo Alessandro, e l'accarezza.

 

SALLUSTIA

Esser cara al mio diletto  

vo' per fé, non per beltà.

ALESSANDRO

Amo in lei vezzoso aspetto,

ma più ancor salda onestà.

SALLUSTIA

Caro sposo,

se sì puro è 'l nostro affetto,

chiaro e bello nel tuo petto,

e nel mio divamperà.

 

Scena terza

Giulia.

 

 

Giulia non son, non madre, e non augusta,  

s'oggi dal crine altero

non ti strappo il diadema, e no 'l calpesto,

ingratissima donna:

basso e fosco vapor dai raggi alzato

di benefico sol, ma che ben tosto

cadrai disfatto in pioggia, e sciolto in nebbia.

Oggi vedrai, superba,

vedrai, qual Giulia sia;

e se avrà più potere

o l'amor di Alessandro, o l'ira mia.

 

Sdegno,  

ingegno,

affetti,

inganni,

tutti a' danni

io vi voglio

di una perfida beltà.

Sono augusta; e a piè del soglio

oltraggiato,

disprezzato,

la superba piangerà.

Sdegno,

ingegno,

affetti,

inganni,

tutti a' danni

io vi voglio

di una perfida beltà.

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Giulia ->

 

Scena quarta

Tesoreria imperiale.
Albina in abito di uomo.

 Q 

Albina

 

 

Chi sa dirti, o core amante,  

se quel bel, per cui sospiri,

sia spergiuro, o sia costante?

Claudio, già sono in Roma,

e voglio la tua fede, a me giurata,

o i tuoi spergiuri io punirò di morte.

Femmina son; ma son romana ancora;

e risoluto amor mi fa più forte.

 

Scena quinta

Sallustia, e la suddetta.

<- Sallustia

 

ALBINA

O dell'alta tua sorte  

ben degna sposa, ecco al tuo piè s'inchina.

SALLUSTIA

Qual sembiante? Qual voce?

ALBINA

La sfortunata, a te ben nota, Albina.

SALLUSTIA

Albina, amica... E quando in Roma, e come

sotto ammanto viril?

ALBINA

T'apro il mio core.

Sai, ch'io sono a Sulpicio,

che proconsole regge

la vassalla Sicilia, unica figlia.

In quell'età, dove sovente amore

l'incaute giovanette

prende a' suoi lacci, e di sue fiamme accende,

vidi Claudio, e l'amai.

SALLUSTIA

Claudio mi è noto.

ALBINA

Ei pur mi amò. Fede giurommi. Il padre

intese i nostri affetti, e piace n'ebbe.

Un cesareo comando

tutto turbò. Della Sicilia eletto

fu proconsole il padre. A me convenne

seguirlo, e lasciar Claudio, ahi! Con qual pena!

Mutai cielo, e fortuna.

Colà dal genitore

mi fu scelto altro sposo.

Piansi: pregai: mi opposi:

tutto fu invano. All'imeneo funesto

non trovando altro scampo,

lo cercai nella fuga.

Nome, sesso mentii. Mar, piano, e monte

varcai: cotanto ardita amor mi fece.

Giungo al Tebro: entro in Roma,

e di Claudio non cerco,

cerco di augusta al piè, china, e prostesa,

la mia pace, il mio ben, la mia difesa.

SALLUSTIA

E qual chiedi, l'avrai. Claudio ti è fido?

ALBINA

Un anno di costanza

in uom si può sperar? Scrissi: spedii:

non badò a messi: non rispose a fogli.

SALLUSTIA

Ma, se 'l trovi infedel, tu che far pensi?

ALBINA

Racquistarlo, o punirlo.

Deh! Finch'io sia contenta, o vendicata,

chiudi in te il mio destin: taci il mio sesso.

Amor, rischio, ed onor così richiede.

SALLUSTIA

Giuro un sacro silenzio alla tua fede.

 

ALBINA

Non vo', che un infedele  

si vanti de' miei pianti,

e scherzi al mio martoro.

D'ira, e di ferro armata,

saprò quell'alma ingrata

punir, sebben l'adoro.

Non vo', che un infedele

si vanti de' miei pianti,

e scherzi al mio martoro.

 

Albina ->

 

Scena sesta

Alessandro con Séguito, Claudio, e Sallustia.

<- Alessandro, seguito, Claudio

 

ALESSANDRO

Le suppliche vassalle  

qui son raccolte. È padre

de' popoli il regnante.

Quel giorno, in cui non sono

o benefico, o giusto,

da' miei fasti si escluda. Io l'ho perduto.

(va a sedere al tavolino)

SALLUSTIA

Te del genere umano

la delizia e l'amor chiaman le genti.

ALESSANDRO

E tu, Sallustia, sei

la delizia e l'amor del tuo Alessandro.

Al mio fianco ti affidi.

SALLUSTIA

Amato sposo.

ALESSANDRO

Alle scarse ricolte, onde la fame

preme l'itale terre,

la Sicilia provvegga,

ma col pubblico erario.

SALLUSTIA

Clemente, e generoso.

CLAUDIO

Tra l'armi a Pompeiano,

e sotto l'elmo incanutì la fronte.

Chiede riposo.

ALESSANDRO

E l'abbia, e doppio goda

il militar stipendio.

SALLUSTIA

Mercede al suo valor, sprone all'altrui.

ALESSANDRO

Claudio, questo è tuo soglio. A me che chiedi?

CLAUDIO

Partir di Roma al nuovo sol col campo.

Desio di gloria ivi mi chiama all'armi.

SALLUSTIA

Claudio, tua fé mi è cara. Anche sul Tebro,

da chi a cesare è fido, onor si acquista.

Resti in Roma. Io te n' prego.

(ad Alessandro)

Così servo ad Albina.

ALESSANDRO

Seguasi il suo voler. Claudio, ti eleggo

duce de' miei custodi.

CLAUDIO

Mi onora il grado. (Sofferenza, o core,

è pago il fasto, ed io volea l'onore.)

 

Claudio ->

 

Scena settima

Giulia con foglio in mano, e detti.

<- Giulia

 

GIULIA

Da un benedico augusto,  

e da un figlio amoroso

anche tenera madre

spera grazie, e le implora.

ALESSANDRO

La madre le comanda, e non le chiede.

SALLUSTIA

(Giulia sì umile?)

GIULIA

In questo foglio espressi

sono i voti dell'alma.

(lo porge ad Alessandro)

ALESSANDRO

Saran giusti, se tuoi;

e se tuoi, sempre cari. Io segno il foglio.

(lo sottoscrive senza leggerlo)

SALLUSTIA

(Ah! Lo leggesse almeno.)

ALESSANDRO

(levandosi lo porge a Giulia)

Eccolo, o madre,

del mio nome già impresso.

GIULIA

Mio core e sangue mio.

SALLUSTIA

(Temo d'inganno.)

GIULIA

Grave affar mi richiede

qui con cesare sola.

SALLUSTIA

Che sarà? Nel lasciarti

sento un dolor più non inteso ancora.

(ad Alessandro)

GIULIA

Parti. Breve sarà la mia dimora.

 

Sallustia ->

 

Scena ottava

Giulia, e Alessandro.

 

GIULIA

Cesare, augusto, e figlio,  

avvicinati, e siedi.

ALESSANDRO

Te sola, e te presente,

io cesare non son: non son che figlio.

Tu augusta sei: tu madre. E questa, e quella...

GIULIA

Sì: la madre, e l'augusta a te favella.

Figlio. Con questo nome

comincio a rammentarti

ciò che mi devi. Cesare. Anche questo

titolo è mio favor. Tal non saresti,

s'io non era tua madre.

Elagabalo, il mostro

coronato di Roma,

cesare ti creò, perché mio figlio.

Non basta. Io dall'insidie

del tiranno crudel, sai quante volte

ti preservai. Laccio, veleno, e ferro

minacciavan tua vita. Io la difesi.

Cadde l'empio, e tu regni.

Questa è pur opra mia. S'ama il tuo nome:

il tuo impero si esalta; e tutto, o figlio,

fu di Giulia finor legge, e consiglio.

ALESSANDRO

Il più tacesti, o madre,

de' benefici tuoi: la cara sposa.

GIULIA

Io te la diedi: il so: ma sol la diedi

al marital tuo letto,

non al regio mio trono; e lei mi piacque

tua consorte veder non mia sovrana.

ALESSANDRO

Di che...

GIULIA

Taci. Mi ascolta, e ti confondi.

Parli prima la madre, e poi rispondi.

Son io più Giulia? O sono

ombra di ciò che fui? Giulia il senato,

Giulia vedean la curia, il foro, il circo

ora Sallustia è sola

ciò che Giulia era pria. Tutto si regge

coi voti della moglie

il monarca, e l'impero! Ah! Figlio, figlio!

Se vuoi solo regnar, regna: io ne godo.

Ma che un'altra mi usurpi il grado mio,

no 'l soffrirò. Contenta

cedo al figlio il poter: no 'l cedo a lei.

Ella è sol mia rivale:

e le viscere mie, figlio, tu sei.

ALESSANDRO

Madre, errai: non te 'l nego.

Ma di errar non credei, né la mia sposa

troppo amando un tuo dono.

Pur di error sì innocente

e per essa, e per me chiedo perdono.

Deh! Placa l'ire. Il pianto,

che a piè ti spargo...

GIULIA

Amabil pianto, o figlio,

il so, fosti sedotto.

Orgoglio altrui mi ti avea tolto. Io trovo

ancora al mio Alessandro. Ancor l'abbraccio;

e sull'augusta fronte

bacio ancora l'idee di quell'affetto,

con cui tenera madre ognor mi amasti.

ALESSANDRO

O bontà, che mi rende e trono, e vita!

GIULIA

Ma la rea seduttrice io vo' punita.

Vada lungi l'altera

dal talamo, e dal soglio.

L'amasti col mio cor; l'odia col mio.

ALESSANDRO

Odiar la sposa? O dio!

GIULIA

Sposa più non la dir. Ripudi il figlio,

chi è nemica alla madre.

ALESSANDRO

O madre! O sposa!

GIULIA

O la sposa, o la madre abbia l'esilio.

O sii tutto marito, o tutto figlio.

Scrivi.

ALESSANDRO

Madre...

GIULIA

Su: scrivi

sentenza di ripudio. Io te 'l comando.

ALESSANDRO

Dimmi pria, che la spada

in questo seno...

GIULIA

Eh! Scrivi.

Spose non mancheranno

e più illustri, e più belle al regio letto;

ALESSANDRO

Scrivo... Ma...

GIULIA

Si ubbidisca.

ALESSANDRO

(scrive)

Sal... lus... tia... più... non... sei...

GIULIA

Moglie, né augusta.

Scrivi.

ALESSANDRO

Eh! lacero vanne, o foglio reo.

(squarcia la carta impetuosamente)

Son figlio, sì: ma ancora

son cesare di Roma, e sono augusto.

Tutto deggio alla madre,

ma non mai la viltà d'esser ingiusto.

GIULIA

Grazie al ciel! La tua destra,

ciò che nega il tuo cor, già mi concesse.

Ripudiata è Sallustia, e tu la carta

segnasti del ripudio.

ALESSANDRO

Io?... Quando?... O dèi!

GIULIA

Qui tu scrivesti. Or fremi, e fremi invano.

(mostrando il memoriale sottoscritto)

Più non mi turba il tuo malnato amore,

né 'l tuo ingiusto cordoglio.

Questo è 'l ripudio, e tu segnasti il foglio.

 

Giulia ->

 

Scena nona

Alessandro, e poi Sallustia.

 

ALESSANDRO

Destra rubella al cor, che mai facesti?  

Perché, perché scrivesti?

 

<- Sallustia

SALLUSTIA

Sol pur ti trovo, o caro. Io questo attesi

fortunato momento,

per poterti abbracciar... Ma che? Tu sfuggi

il casto abbracciamento? E taci? E piangi?

Forse non m'ami più? Parla. Rispondi.

 

ALESSANDRO

Dirò... La madre... Il foglio...  

Dal talamo... Dal soglio...

Ah! Dirti non poss'io,

se non che sei 'l cor mio,

dolce mia sposa.

(Madre crudel,

perché volermi tor

moglie tanto fedel,

tanto amorosa?)

Dirò... La madre... Il foglio...

Dal talamo... Dal soglio...

Ah! Dirti non poss'io,

se non che sei 'l cor mio,

dolce mia sposa.

 

Alessandro ->

 

Scena decima

Sallustia.

 

 

E mi lascia? E non parla? E si confonde?  

Quale addio! Qual silenzio!

Qual turbamento! Ah! Mio Alessandro, intendo:

Giulia è cagion del tuo, del mio tormento.

Ella qui ti sgridò, forse gelosa,

che tu più della madre ami la sposa.

 

Il mio vezzoso  

diletto sposo

mi sia fedele,

e son contenta;

mio sia quel core

e del nemico

destin crudele

l'ira, e 'l furore

non mi spaventa.

Il mio vezzoso

diletto sposo

mi sia fedele,

e son contenta.

 

Sallustia ->

 

Scena undicesima

Giardini.
Claudio, e Albina.

 Q 

Claudio, Albina

 

CLAUDIO

Tu Albina? Eh, Non è ver.  

ALBINA

Beltà, che amasti,

così presto scordasti?

CLAUDIO

Di Albina le sembianze

vivono nel mio cor, ma tu non l'hai.

ALBINA

Mira attento il mio volto:

che se non l'ha trasfigurato il duolo,

l'orme ancor ci vedrai de' tuoi sospiri.

CLAUDIO

Altre chiome, altre luci avea la bella,

altro aspetto, altro seno... Eh! Non sei quella.

ALBINA

Quella non son? T'intendo,

te incostante amator stringe altro laccio.

Sempre nel nuovo oggetto

ritrova l'infedel beltà maggiore.

S'io la prima non fossi, or la più bella,

perfido, mi diresti, e sarei quella.

CLAUDIO

T'inganni. Albina il primo,

Albina il solo amor fu di quest'alma,

e s'io dovessi amar, fuor di lei

altra non amerei.

ALBINA

Perché dunque sprezzar chi s' ti piacque?

CLAUDIO

Chi vuol gloria ottener, scuota d'amore

il tirannico giogo. Io gloria cerco.

ALBINA

E ti par gloria, iniquo,

mancar di fé? Di semplici donzelle

sedur gli affetti, e poi schernirli? Questi

son del Tebro gli eroi?

Son queste le tue glorie? I fasti tuoi?

CLAUDIO

Non è poca fortezza

vincer i bassi affetti. Ho sciolto il nodo,

e di mia libertà trionfo, e godo.

ALBINA

Godi pure, e trionfa;

ma senti: io qui non venni

per vedermi tradita, e per soffrirlo.

Qualche momento ancora

lascio all'empio tuo cor, pria di punirlo.

 

CLAUDIO

Posso amar; ma sol per poco:  

così amor non è viltà.

Lunga fede è un lungo affanno.

Servir sempre al suo tiranno

è un oblio di libertà.

Posso amar; ma sol per poco:

così amor non è viltà.

 

Claudio ->

 

Scena dodicesima

Albina, e Sallustia.

<- Sallustia

 

ALBINA

Misera Albina!... Augusta io son tradita  

Claudio non m'ama più.

SALLUSTIA

D'altra invaghito?

ALBINA

Il nega, e lo trasporta

di non so qual rea gloria

giovanile desio.

SALLUSTIA

Non disperar. Ne' lacci

tornerà il prigionier. Facile acquisto

sarà quel cor già sciolto

alla pura tua fede, al tuo bel volto.

 

ALBINA

Soffrirò; ma dar non voglio  

tanta fede alla speranza.

Cor che spera, ha più cordoglio,

se tradita

vede poi la sua costanza.

Soffrirò; ma dar non voglio

tanta fede alla speranza.

Albina ->

 

Scena tredicesima

Sallustia, e Giulia.

<- Giulia

 

GIULIA

Chi non ebbe alma saggia  

né la prospera sorte,

abbia ne' casi avversi anima forte.

SALLUSTIA

Augusta.

GIULIA

Il cor disponi al grave colpo,

che sul capo a te pende,

a te di Roma imperatrice, e sposa.

SALLUSTIA

Sol tua mercé.

GIULIA

Te ne abusasti, ingrata,

e la pena or ne avrai.

SALLUSTIA

Ingrata? In che peccai?

GIULIA

Prendi, e leggi infelice.

(le dà il foglio del ripudio)

Ché né sposa più sei, né imperatrice.

SALLUSTIA

Sposa non son?

GIULIA

Né augusta.

Leggi.

SALLUSTIA

(legge)

«Moglie, ed augusta

più Sallustia non sia. Già la ripudio.

Vada lungi dal Tebro;

e nell'Africa adusta

tragga miseri giorni in duro esilio.

Alessandro.» Alessandro?

Ripudio a me?

GIULIA

Sì, a te, femmina altera,

dà ripudio Alessandro, a te dà esilio,

a te non più marito, a me ancor figlio.

La sua destra il segnò.

(le leva la sentenza di mano)

SALLUSTIA

Non il suo core:

ch'ei deluso da te soscrisse il foglio.

GIULIA

E con la frode il castigai l'orgoglio.

Che pensavi, o superba?

Tormi giù da quel trono, ov'io ti posi?

E sulle mie ruine

più ferma stabilir la tua fortuna?

Tu usurpar, con qual merto,

le mie insegne, i miei titoli, il mio trono?

Sola di Roma Imperatrice io sono.

SALLUSTIA

Cadan sulle mie tempia,

non che i fulmini tuoi, quelli di Giove,

se mai punse quest'alma, amor d'impero.

L'unico voto mio, tutto il mio fasto

era Alessandro. Augusta,

lasciami il mio Alessandro: altro non chiedo.

GIULIA

Ciò che appunto più temo, è quel che chiedi.

Con qual armi potesti a me far guerra,

che con l'amor del figlio?

No, no: più no 'l vedrai. Vanne in esilio.

SALLUSTIA

Più no 'l vedrò?

GIULIA

Già la sentenza è scritta.

Vanne, misera, vanne

nelle libiche arene,

sol di mostri feconde. Ivi al mio core

di Sallustia non sia mostro peggiore.

 

Beltà più vezzosa,  

più tenera sposa,

ma meno superba,

al figlio darò.

Al talamo eccelso

di augusto regnante

un vago sembiante

mancar mai non può.

Beltà più vezzosa,

più tenera sposa,

ma meno superba,

al figlio darò.

 

Giulia ->

 

Scena quattordicesima

Sallustia, e poi Marziano.

 

SALLUSTIA

Qual torrente, qual turbine di mali  

m'inonda, e mi rapisce? Io che poc'anzi...

 

<- Marziano

MARZIANO

Figlia, qual ti lasciai? Qual ti ritrovo?

SALLUSTIA

Di mia sfortuna a te s' tosto il grido

pervenne, o genitor?

MARZIANO

D'alto non cade

grave mole giammai senza rimbombo.

SALLUSTIA

Che consigli in tal uopo?

MARZIANO

Ubbidir con virtù, soffrir con senno.

SALLUSTIA

Nei lievi mali e senno, e tolleranza

serbar si ponno. I miei

opprimono col numero, e col peso.

MARZIANO

Tu con ossequio lusinghier procura

vincer l'irata donna.

SALLUSTIA

Pria vincerò gl'indomiti leoni,

e le tigri feroci,

che quel barbaro cor.

MARZIANO

Corri allo sposo.

SALLUSTIA

La madre me 'l divieta.

MARZIANO

Tempo si ottengo.

SALLUSTIA

Il dì prescritto è questo

al mio esilio fatal.

MARZIANO

Questo anche basta.

No 'l perderò. Lasciami, o figlia, e spera.

SALLUSTIA

La sorte mia troppo è spietata e fiera.

 

Padre, addio. Dammi un amplesso,  

e ricordati di me.

Poi da te, mio caro sposo,

verrò a tor l'estremo addio,

con la speme, e col desio

di spirar l'alma al tuo piè.

Padre, addio. Dammi un amplesso,

e ricordati di me.

 

Sallustia ->

 

Scena quindicesima

Marziano.

 

 

Sante leggi di fede, e di servaggio,  

a favor di una figlia,

vi sciolgo, e vi calpesto.

Questa deggio al mio sangue

forte necessità di rea difesa.

Ciò ch'io medito, è grande.

Virtù regge l'impresa,

ed amor la consiglia.

Oggi, oggi, sì, l'attesto,

morirà il padre, o regnerà la figlia.

 

Ti sento, amor di padre,  

che, estinto ogni altro affetto,

divampi nel mio petto,

e tutto il vuoi per te.

Son suddito, e fedele,

ma a costo d'una figlia,

il debito è crudele

sacrilega la fé.

Ti sento, amor di padre,

che, estinto ogni altro affetto,

divampi nel mio petto,

e tutto il vuoi per te.

 

Marziano ->

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Luogo magnifico nel Campidoglio con Trono.

Alessandro, Sallustia, Marziano, Claudio, popoli, soldati
 

Il giorno fortunato, in cui l'impero

 

Alessandro, Sallustia, Claudio, popoli, soldati
Marziano ->

Alessandro, Sallustia, Claudio, popoli, soldati
<- Giulia

Della pubblica gioia

Alessandro, Sallustia, popoli, soldati, Giulia
Claudio ->

Augusta Giulia, io leggo

Sallustia e Alessandro
Esser cara al mio diletto

Giulia non son, non madre, e non augusta

Alessandro, Sallustia, popoli, soldati
Giulia ->

Tesoreria imperiale.

Albina
 

Chi sa dirti, o core amante

Albina
<- Sallustia

O dell'alta tua sorte

Sallustia
Albina ->
Sallustia
<- Alessandro, seguito, Claudio

Le suppliche vassalle

Sallustia, Alessandro, seguito
Claudio ->
Sallustia, Alessandro, seguito
<- Giulia

Da un benedico augusto

Alessandro, seguito, Giulia
Sallustia ->

Cesare, augusto, e figlio

Alessandro, seguito
Giulia ->

Destra rubella al cor, che mai facesti?

Alessandro, seguito
<- Sallustia

seguito, Sallustia
Alessandro ->

E mi lascia? E non parla? E si confonde?

seguito
Sallustia ->

Giardini.

Claudio, Albina
 

Tu Albina? Eh, Non è ver / Beltà, che amasti

Albina
Claudio ->
Albina
<- Sallustia

Misera Albina! Augusta io son tradita

Sallustia
Albina ->
Sallustia
<- Giulia

Chi non ebbe alma saggia

Sallustia
Giulia ->

Qual torrente, qual turbine di mali

Sallustia
<- Marziano
Marziano
Sallustia ->

Sante leggi di fede, e di servaggio

Marziano ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima
Luogo magnifico nel Campidoglio con Trono. Tesoreria imperiale. Giardini. Logge imperiali. Sala apparecchiata per convito. Terme imperiali. Camera con letto. Salone imperiale, nel cui fondo si vede discesa la reggia della Felicità di Roma.
Atto secondo Atto terzo

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