Atto secondo

 

Scena prima

Logge imperiali.
Alessandro, e Sallustia da varie parti.

 Q 

(nessuno)

<- Alessandro, Sallustia

 

ALESSANDRO

(Sallustia... Ahimè! Qual vista?)  

SALLUSTIA

Sposo, ti lascio. Piace

così al destin; così alla madre: quasi

vorrei, che così ancora

piacesse a te, per non lasciarti in pianto.

Il tuo pianto, il tuo duolo

è la maggior mia pena:

che lontana da te, pur mi saria

qualche piccol conforto

il saperti contento, anima mia.

ALESSANDRO

Tu parti? Ahi! Quest'annunzio è la mia morte

senza te... Dai singhiozzi

chiusa è la voce, e s'apre il varco al pianto.

SALLUSTIA

E a me la più dolente, e la più afflitta,

che non ho chi mi aiti, e mi consoli;

a me, che tutto perdo,

amici, e patria, e padre, e regno, e sposo,

toccherà il duro ufficio

di consolarti? Sì: caro Alessandro,

rimanti, e te ne prego,

lieto rimanti, e fortunato; e quando

abbia pur l'amor mio

a turbar la tua gioia, e 'l tuo riposo,

perdine la memoria, e vivi in pace.

Ama la nuova sposa. Ama la prole,

che tardi a te succeda

nell'impero del mondo. Ama la madre,

per cui vado in esilio;

né mai le rinfacciar la mia sventura.

ALESSANDRO

Io lieto? Io d'altra? E credi

sì fiacco il mio martire?

Ah! Senza te non amo,

né posso senza te, se non morire.

 

SALLUSTIA

Tu morir? Crudel! Perché?  

ALESSANDRO

Perché sei cor del mio core.

SALLUSTIA

Vivi in onta al tuo dolore,

se pur hai pietà di me.

ALESSANDRO

Ti ho pietà; ma vuole amore,

ch'io non viva senza te.

SALLUSTIA

Tu morir? Crudel! Perché?

 

Scena seconda

Giulia con Séguito, e detti.

<- Giulia, seguito

 

GIULIA

Eccomi in tuo soccorso, eccomi, o figlio.  

ALESSANDRO

Madre.

GIULIA

Costei t'insidia;

e con le sue lusinghe

o ti rende infelice, o ti vuol reo.

Vanne, o donna, al tuo esilio.

Degna di te già l'Africa ti attende.

Son questi i tuoi custodi.

SALLUSTIA

Parto, mia augusta, parto.

Solo pria di partir lascia ch'io baci

la man che mi condanna.

GIULIA

Questa mano altre volte

ti diè scettro e corona.

SALLUSTIA

Or la corona

ripigliati, e lo scettro.

GIULIA

Ella sul trono

de' cesari ti pose.

SALLUSTIA

Io ne discendo;

né mi costa il lasciarlo

una lagrima sola.

GIULIA

Ella il mio cor... ma, ingrata,

che più darti potea dopo il mio figlio?

SALLUSTIA

E questo, e questo è il dono,

che in perderlo mi costa e pianto, e sangue.

Vedilo, eccelsa madre. Io te lo rendo;

e te 'l rendo innocente,

né d'altra colpa reo,

che di aver troppo amata un'infelice.

ALESSANDRO

L'ascolto, e vivo?

SALLUSTIA

Augusta,

all'amor tuo lo lascio.

Tu lo consola. Al vedovo suo letto

scegli sposa più degna, e più gentile.

Questo il puoi far, ma più fedel, non mai.

Che troppo, idolo mio, troppo t'amai.

GIULIA

Se la virtù, che hai nel tuo fato avverso,

tra le prosperità serbata avessi,

misera or non saresti.

Io ti ho qualche pietà; ma a te più fasto,

a me darìa più tema

un facile perdono.

Vattene. Al tuo destino io ti abbandono.

SALLUSTIA

Addio, augusta; addio, sposo. Ah! Mi perdona,

se ancor m'uscì dal labbro il dolce nome:

nome, che mai non mi uscirà dal core.

Questa è l'ultima volta,

che il posso dir. Vado al mio duro esilio.

Là farò voti al cielo

e per Roma, e per Giulia, e per il figlio.

ALESSANDRO

Tu parti, idolo mio?

 

SALLUSTIA

Io ti lascio, o sposo amato:  

dar vorrei l'ultimo amplesso;

ma mi basta un guardo solo.

Fa', che almen mi sia concesso

il saper, che vivi, e regni

sposo altrui più fortunato;

né saprai tu 'l mio gran duolo.

Io ti lascio, o sposo amato:

dar vorrei l'ultimo amplesso;

ma mi basta un guardo solo.

 

Sallustia ->

 

Scena terza

Alessandro, e Giulia.

 

ALESSANDRO

Madre, pietà.  

GIULIA

Col torti

dal fianco di costei t'uso pietade.

ALESSANDRO

In che peccò la misera innocente?

GIULIA

La giudichi col tuo, non col mio core.

ALESSANDRO

L'amai per tuo comando.

GIULIA

Ora è comando mio, che più non l'ami.

ALESSANDRO

Temi dunque il mio amor?

GIULIA

Temo il suo fasto.

Mi tolse il grado mio. Può tormi il figlio.

Vada, vada in esilio.

ALESSANDRO

Madre, ognor ti amerò. Troppo ti deggio.

GIULIA

Dovea molto alla madre anche Nerone;

e pur materno sangue

spruzzò il trono de' cesari.

ALESSANDRO

Quell'empio

forse son io?

GIULIA

No 'l sei;

ma un amor da Poppea temo in costei.

Vada pure al suo bando.

Il senato lo approva. Io lo comando.

ALESSANDRO

Nulla potrà un augusto?

GIULIA

Io tal ti feci.

ALESSANDRO

Mi servirò del mio poter.

GIULIA

Suvvia:

si ritratti il ripudio, e la sentenza.

Torni la sposa, e vi anderà la madre.

ALESSANDRO

(O implacabile cor.) Lacrime, e preghi...

GIULIA

Non giovano.

ALESSANDRO

Il mio sangue

giovi dunque a placarti. Io corro al lido;

e colà sciolto il fatal legno appena,

o questo ferro immergerò nel petto,

o me ancor rapiran l'onde frementi.

GIULIA

(Ahimè! Di spaventarmi

si è trovata la via.) Ferma, o spietato.

ALESSANDRO

Non si può tor la morte a un disperato.

 

GIULIA

Ferma. Ascolta...  

ALESSANDRO

Non ascolto, che il tuo sdegno;

seguo solo il mio dolore.

Odio il giorno, aborro il regno,

e 'l dolor divien furore.

GIULIA

Ferma. Ascolta...

ALESSANDRO

Non ascolto, che il tuo sdegno;

seguo solo il mio dolore.

 

Alessandro ->

 

Scena quarta

Giulia.

 

 

Ferma, crudel. Son vinta.  

Torni... Che fo? Qual debolezza è questa?

Qual disonore? Io rivocar l'esilio?

Ma se poi tratto il figlio

dal suo furore?... Eh! Perdita di moglie

non mai guida a morir. Parta la rea,

e con l'ombre ella parta.

Né questo dì dall'ire mie si perda.

L'aureo manto deponga;

ed in grado servil Roma la vegga,

ove augusto imperò, starsene ancella.

Avvilita beltà non è più quella.

 

Scena quinta

Giulia, Marziano, e Claudio.

<- Marziano, Claudio

 

MARZIANO

Augusta, onor del Tebro, amor di Roma...  

GIULIA

Duce, non sei nel campo? In Roma forse

ti richiama la figlia?

MARZIANO

Non è più figlia mia chi a te fu ingrata.

Rispettar la superba in te dovea

la sua benefattrice, e la sua augusta.

La man, che la punisce, è sempre giusta.

GIULIA

O degno genitor di miglior figlia!

CLAUDIO

(Cauto l'ire nasconde.)

MARZIANO

Più non sa d'esser padre,

chi sa d'esser vassallo. A pro del trono

sparsi sangue, e sudor.

GIULIA

Giulia in te onora

la difesa miglior del nostro impero.

MARZIANO

Contra i Parti nemici

andrò duce, e guerriero,

purché l'augusta Giulia

del mio cesare al voto aggiunga il suo.

CLAUDIO

Me pur cesare elesse

duce de' suoi custodi.

Se 'l tuo cor non vi assente,

rinunzio il grado.

GIULIA

Ambo mi siete amici:

che a chi serve con fede al figlio mio,

e di Roma all'onor, grata son io.

 

Non ho in petto un'alma ingrata.  

So punir, e so premiar.

Contra il fasto armo il rigor.

Con la fede uso l'amor.

L'arte è questa del regnar:

saper farsi temer, e farsi amar.

Non ho in petto un'alma ingrata.

So punir, e so premiar.

 

Giulia ->

 

Scena sesta

Marziano, Claudio, e poi Albina in disparte.

 

MARZIANO

N'osserva alcun?  

CLAUDIO

Siam soli.

MARZIANO

Qual m'infinsi, vedesti?

CLAUDIO

E ne stupii.

 

<- Albina

ALBINA

(Qui l'infedel?)

MARZIANO

Per più celar le trame

tradii natura, e condannai la figlia.

ALBINA

(Vo' sorprenderlo solo.)

CLAUDIO

Sul labbro a Marziano

Giulia trovò l'eroe, ma non il padre.

MARZIANO

La vendetta più cauta è la più certa.

CLAUDIO

E la meno temuta è la più fiera.

MARZIANO

Tutto svelo al tuo core.

ALBINA

(Io tutto ascolto.)

MARZIANO

Sul tramontar del giorno entro la reggia

forte stuolo di armati

per via segreta introdurrò. Le stanze,

occuperò di Giulia.

Tu, cui commessa è la custodia interna,

co' tuoi m'assisti.

CLAUDIO

E 'l puoi sperar. Mi unisce

a te lunga amistade.

Del favor di Sallustia ottenni il grado.

L'altera Giulia aborro,

donna odiosa al popolo, e al Senato.

ALBINA

(Trame funeste!)

CLAUDIO

E pria che cada il giorno,

ella forse morrà, senza che n'abbia

il tuo braccio l'onor.

MARZIANO

Come?

CLAUDIO

Valerio,

un de' primi ministri

della mensa real, da me già vinto,

le porgerà ne' primi sorsi il tosco.

MARZIANO

Piacemi, purché cada.

Sarà vano il velen? V'è la mia spada.

 

L'alma corre alla vendetta,  

ma costretta;

né virtù le dà soccorso.

A ragion preval natura,

e all'amor cede il rimorso.

L'alma corre alla vendetta,

ma costretta;

né virtù le dà soccorso.

 

Marziano ->

 

Scena settima

Claudio, e Albina.

 

CLAUDIO

Amistà, che non puoi?  

ALBINA

Claudio.

CLAUDIO

(Importuna!)

ALBINA

Il tradito amor mio viene a cercarti.

CLAUDIO

Fuor di tempo ei ti guida. Albina, parti.

ALBINA

Cerca ognor l'infedel tempo, e pretesto.

Vo', che qui tu risolva. Il tempo è questo.

 

CLAUDIO

Non mi parlar d'amor.  

Idee di più valor

medita l'alma.

Se il ciel mi arriderà,

anche il tuo cor, chi sa?

Speri la calma.

Non mi parlar d'amor.

Idee di più valor

medita l'alma.

 

Claudio ->

 

Scena ottava

Albina.

 

 

Va' pur. So le tue trame.  

Ho in man la vendetta.

Sei perduto, se parlo; e parlar deggio

vilipesa, e schernita.

Giulia il saprà. Ma qual trofeo, qual gloria

sarà la mia, veder per altra colpa

spirar quell'empio core,

che svenar deggio al mio tradito amore?

Non importa. Egli cada,

e se cade per me, mio n'è l'onore.

Sappia Giulia... Che penso?

Io di Sallustia il padre esporre a morte?

Io far, che si confonda.

Col sangue reo di un innocente il pianto?

No: con miglior consiglio

a Sallustia si sveli il reo disegno.

Si consoli il suo duolo.

Poi l'ira mia farà perir l'indegno.

 

Dell'infido a te s'aspetta  

la vendetta,

mia oltraggiata fedeltà.

Se tacendo or lo difendo,

è furore, e sembra amore;

è fierezza, e par pietà.

Dell'infido a te s'aspetta

la vendetta,

mia oltraggiata fedeltà.

 

Albina ->

 

Scena nona

Sala apparecchiata per convito.
Sallustia in abito servile, con séguito di Ministri, che vanno imbandendo la mensa.

 Q 

Sallustia, ministri

 

SALLUSTIA

Servi, alla ricca mensa in vasi d'oro  

recate i cibi eletti.

Coronate le tazze; e ardete intorno

odorosi profumi.

Eccomi a voi compagna, ove poc'anzi

sedea sovrana: e pur lo soffro in pace;

non perché i mali miei

stupida m'abbian resa, e non li senta;

ma perché in rivederti,

o mio dolce signor, sarò contenta.

 

Scena decima

Albina, e Sallustia.

<- Albina

 

ALBINA

Impietosito è di tue pene il fato:  

i tuoi mali avran fine.

SALLUSTIA

Faccian gli dii: ma non lo spero, Albina.

ALBINA

Quando più l'innocenza

dispera di conforto, allora il trova.

SALLUSTIA

Ah! Qual poter v'è mai, che sia più forte

di Giulia, e del suo sdegno?

ALBINA

Amore, e morte.

SALLUSTIA

Qual morte; qual amor?

ALBINA

Quello del padre,

che tutto porrà in opra e tosco, e ferro.

SALLUSTIA

Ferro, e velen? Di' tosto. In sen si scuote

l'alma: s'agita il sangue; e gelo, e sudo.

Che sarà mai?

ALBINA

Da questa

turba servile allontaniamci alquanto,

onde alcun non ci ascolti.

SALLUSTIA

O stelle! O dèi!

Crescer possono ancora i mali miei.

 
(si ritirano in disparte, e parlano sottovoce. Poi Albina parte)
 

Scena undicesima

Alessandro, Marziano, e le suddette in disparte.

<- Alessandro, Marziano

 

ALESSANDRO

Molto del giorno ancora rimane; e ancora  

spero placar la madre.

MARZIANO

E se costante

nell'ira ella persiste,

ti accheta col mio esempio. Anch'io son padre,

e del voler di lei pur mi fo legge.

ALESSANDRO

Oh! Fosse in me il tuo core!

Ma forse in tal disastro

abbiam, tu più virtude, ed io più amore.

 

Albina ->

 

Scena dodicesima

Giulia, e li suddetti.

<- Giulia

 

GIULIA

Alla mensa, alla mensa. I gravi affetti  

stien lungi, e ilarità condisca i cibi.

ALESSANDRO

I miei laverà il pianto.

GIULIA

Duce, con noi ti affidi.

MARZIANO

Al grande onor sol tua bontà m'innalza.

GIULIA

Ma Sallustia ritrosa

al ministero imposto? Io non la veggo.

SALLUSTIA

L'hai pronta, umil tua serva.

GIULIA

Il gioco, e 'l riso

alla mensa real scherzino intorno,

e si disciolga in liete danze il piede.

 
(siedono a mensa Giulia, Alessandro, e Marziano, e poi segue il ballo)
 

GIULIA

Del più dolce Falerno

empietemi la tazza, onde dal seno

certa ne sgombri incognita amarezza.

MARZIANO

(Or punita vedrò la tua fierezza.)

SALLUSTIA

Eccomi al gran cimento. Alma, sta forte.

Guardati al primo sorso

nella tazza letal berrai la morte.

ALESSANDRO

Che sento?

MARZIANO

(O dèi!)

 
(tutti levandosi)
 

GIULIA

Son queste di Tebe, e di Tieste

l'orride cene?

SALLUSTIA

È di mortal veleno

misto il dolce liquor, che ti si porge.

Fanne barbara prova

in chi di morte è reo;

e se di me non trovi,

chi più colpevol sia, dentro il tuo core,

porgilo a me, che almeno

finirò con la morte il mio dolore.

MARZIANO

(O troppo incauta figlia! E come il seppe?)

ALESSANDRO

Madre, la tua salvezza

devi a tanta virtù. Deh! Placa l'ire.

GIULIA

Dal caso atroce istupidita io sono.

A me tosco? A me morte? Ahi! Da qual mano,

da qual core esce il colpo?

Tu, che salvi i miei giorni,

svelami il traditor. Da un'altra morte,

che mi dà un rio timor, Giulia difendi.

Se il reo mi occulti, il beneficio offendi.

SALLUSTIA

(Giulia è difesa. Or non si accusi il padre.)

GIULIA

Parla, Sallustia, e attendi

dal mio grato dover ciò che più brami.

SALLUSTIA

Ciò che più bramo, è, che nel cor sepolto

mi resti il grande arcano:

parlai non chiesta: tacerò costretta;

e 'l mio forte silenzio

sarà dovere, e tu 'l dirai vendetta.

GIULIA

Non aspettar, ch'io scenda,

dopo un comando, alla viltà dei preghi.

Molto sperar, se parli,

e puoi molto temer, se dura il neghi.

SALLUSTIA

Vane son le lusinghe, e le minacce.

Parlai per zelo, e taccio per virtude.

GIULIA

Sarà virtù celarmi un traditore?

SALLUSTIA

Già dissi il tradimento, e ti salvai.

GIULIA

Chi asconde il reo, l'altrui delitto approva.

SALLUSTIA

Ciò che già oprai, di mia innocenza è prova.

ALESSANDRO

Deh! Salvami la madre, e parla, o cara.

SALLUSTIA

La madre ti salvai. Più dir non posso.

GIULIA

O protervo silenzio!

Tutto per te si fa mio rischio. Io temo

de' miei più cari. Temo

e ministri, e custodi,

e Marziano, e quanto veggio, e penso.

Che più? Nel mio periglio

mi è oggetto di spavento insino il figlio.

MARZIANO

Lasciatemi, o dell'alma

stupidezze, e ribrezzi. È tempo alfine,

che a figlia sì ostinata

favelli il padre. Guardami, e ravvisa

chi ti parla, e a chi parli.

Da me forse col sangue, e con la vita

ricevesti l'esempio

di reità, di fellonia proterva?

SALLUSTIA

(Anche il padre a' miei danni?)

MARZIANO

Su, parla, e dall'infamia

purga il mio sangue, e l'onor mio. Che tardi?

Nuova colpa diventa ogni dimora.

Parla: te 'l chiede un padre:

ma prima di parlar guardami ancora.

SALLUSTIA

Padre, che dir poss'io? Sono innocente;

e rio destin vuol, che colpevol sembri.

È delitto il silenzio: è colpa il dire.

Altro non resta a me, se non morire.

GIULIA

Ebben, morrai, superba. Alle mie stanze

guidatela, o custodi. Ivi dal seno

a forza ti trarrò l'alma, o l'arcano.

SALLUSTIA

Quella il puoi far. Questo lo speri invano.

 

La mia augusta è mia tiranna.  

Anche il padre mi condanna.

Altro scampo non ho, che l'innocenza.

Ma in tanta crudeltà

forte mi troverà

la ria sentenza.

La mia augusta è mia tiranna.

Anche il padre mi condanna.

Altro scampo non ho, che l'innocenza.

 

Sallustia ->

 

Scena tredicesima

Giulia, Alessandro, Marziano, e Claudio.

<- Claudio

 

GIULIA

Chi 'l veleno tentò, tentar può il ferro  

per Giulia è mal sicura anche la reggia,

figlio, se l'amor tuo non la difende.

ALESSANDRO

A prezzo anche del sangue

io la custodirò dal tradimento.

Claudio, a tempo giungesti.

Il tuo zel, la tua fede

vegli a pro della madre.

Raddoppiale gli armati, e le difese.

CLAUDIO

Signore, a man più forte, e più fedele

non puoi lasciarla. In me riposa, e spera.

GIULIA

Tema, in alma real quanto sei fiera!

 

In sì torbida procella  

cerco invano amica stella.

Non ho porto, non ho sponda.

Sol fra scogli ondeggio, ed erro.

E dal legno, a cui m'afferro,

mi respinge il vento, e l'onda.

In sì torbida procella

cerco invano amica stella.

 

Giulia ->

 

Scena quattordicesima

Alessandro, Marziano, e Claudio.

 

ALESSANDRO

Son teco, Ah! Marziano,  

per racquistar la sposa

ecco aperta la via. Parli Sallustia,

e placata è la madre, e lieto il figlio.

MARZIANO

Non parlerà. Sallustia è più che scoglio

dal mar battuto, e più che rupe al vento.

ALESSANDRO

Chissà? Forse il mio amor ne avrà il trionfo.

MARZIANO

È nota al genitor l'alma ostinata,

e indegna del tuo amor sarà l'ingrata.

 

ALESSANDRO

Sia speme, o inganno,  

lieti pensieri,

voi dite all'alma,

che non disperi.

Col darvi fede,

scemo l'affanno,

né sento il danno,

benché siate menzogneri.

Sia speme, o inganno,

lieti pensieri,

voi dite all'alma,

che non disperi.

 

Alessandro ->

 

Scena quindicesima

Marziano, e Claudio.

 

MARZIANO

Ci fu avversa la sorte  

nel primo colpo.

CLAUDIO

Lo schermì la figlia.

MARZIANO

Come a lei noto?

CLAUDIO

Io son confuso, o duce.

MARZIANO

Non si perda l'ardir. Mancato il primo,

resta l'altro, e più forte.

CLAUDIO

Né cadrà a voto. In poter nostro abbiamo

Giulia, e la reggia.

MARZIANO

E d'ogni parte a lei

sarà chiuso lo scampo, e la difesa.

CLAUDIO

Regga il destin la ben guidata impresa.

 

MARZIANO

Cervetta timida  

in largo piano

seguir talvolta

si scorge invano

dal cacciator.

Ma se ogni strada

le è chiusa e tolta,

convien che cada

nel teso laccio,

o sotto il braccio

del feritor.

Cervetta timida

in largo piano

seguir talvolta

si scorge invano

dal cacciator.

 

Marziano ->

 

Scena sedicesima

Claudio, e Albina.

<- Albina

 

CLAUDIO

Da qual labbro scoperte almen sapessi  

le infelici mie trame!

ALBINA

Claudio, gran turbamento

ti leggo in fronte.

CLAUDIO

Il sol vedere Albina

n'empie il mio seno, e me ne sparge il volto.

ALBINA

Eh! Con occhio sì avverso

so che non guardi Albina. Alfin non sono

donna odiosa al popolo, e al senato;

né col tosco m'insidi, e non col ferro.

CLAUDIO

(Qual favellar?)

ALBINA

A Claudio

del mio amor più non parlo. Al degno amante

della gloria, e di Roma,

al nemico di Giulia

opre grandi rammento, e illustri imprese.

CLAUDIO

(Ah! purtroppo a costei tutto è palese.)

ALBINA

(Il perfido è confuso.)

Misero! Sei tradito.

CLAUDIO

Cieli! Da chi?

ALBINA

Brami saperlo?

CLAUDIO

Albina,

deh! Se pur m'ami...

ALBINA

Or quell'amor implori

che tu tradisti? E quell'Albina or preghi,

che ti colma di orror solo in vederla?

CLAUDIO

I rimproveri tuoi son giusti e atroci:

ma dimmi il traditor.

ALBINA

Di Giulia al trono

ei trar volea l'accusa. Io lo trattenni.

CLAUDIO

Quanto ti deggio!

ALBINA

Or più farò. Al tuo aspetto

guiderò l'infedele, e alla sua pena.

CLAUDIO

Sì; farò, ch'egli cada

sotto la mia vendicatrice spada.

ALBINA

Piacemi. In ravvisarlo

vedi, che il volto suo non ti confonda.

CLAUDIO

A te, più ch'ora il labbro,

il mio core, e 'l mio braccio allor risponda.

ALBINA

Vanne alle auguste terme, e là mi aspetta.

CLAUDIO

E spettator ti avrà la mia vendetta.

 

Sulle tue luci stesse  

l'infido svenerò;

e al piè ti getterò

quel teschio esangue...

Non troverà pietà;

e la sua colpa enorme

appena laverà

tutto il suo sangue.

Sulle tue luci stesse

l'infido svenerò;

e al piè ti getterò

quel teschio esangue...

 

Claudio ->

 

Scena diciassettesima

Albina.

 

 

Detto avesse l'infido:  

Albina, tu mi salvi, e deggio amarti.

Ei sol pensa all'offesa, e alla vendetta;

ma la fede è negletta:

si trascura il dover: si oblia l'amore.

Proterva infedeltà! Povero core!

 

Fidi amori, or sì dolenti,  

spero ancor di darvi pace.

L'infedel non vi spaventi:

che se in base di costanza

fondo il core, e la speranza,

non son vana, e non audace.

Fidi amori, or sì dolenti,

spero ancor di darvi pace.

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Albina ->

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Logge imperiali.

 
<- Alessandro, Sallustia

Sallustia... Ahimè! Qual vista?

Sallustia e Alessandro
Tu morir? Crudel! Perché?
Alessandro, Sallustia
<- Giulia, seguito

Eccomi in tuo soccorso, eccomi, o figlio

Alessandro, Giulia, seguito
Sallustia ->

Madre, pietà / Col torti

Giulia, Alessandro
Ferma. Ascolta
Giulia, seguito
Alessandro ->

Ferma, crudel. Son vinta

Giulia, seguito
<- Marziano, Claudio

Augusta, onor del Tebro, amor di Roma

seguito, Marziano, Claudio
Giulia ->

N'osserva alcun? / Siam soli

seguito, Marziano, Claudio
<- Albina

seguito, Claudio, Albina
Marziano ->

Amistà, che non puoi? / Claudio / Importuna!

seguito, Albina
Claudio ->

Va' pur. So le tue trame

seguito
Albina ->

Sala apparecchiata per convito.

Sallustia, ministri
 

Servi, alla ricca mensa in vasi d'oro

Sallustia, ministri
<- Albina

Impietosito è di tue pene il fato

Sallustia, ministri, Albina
<- Alessandro, Marziano

Molto del giorno ancora rimane; e ancora

Sallustia, ministri, Alessandro, Marziano
Albina ->
Sallustia, ministri, Alessandro, Marziano
<- Giulia

Alla mensa, alla mensa. I gravi affetti

ministri, Alessandro, Marziano, Giulia
Sallustia ->
ministri, Alessandro, Marziano, Giulia
<- Claudio

Chi 'l veleno tentò, tentar può il ferro

ministri, Alessandro, Marziano, Claudio
Giulia ->

Son teco, Ah! Marziano

ministri, Marziano, Claudio
Alessandro ->

Ci fu avversa la sorte

ministri, Claudio
Marziano ->
ministri, Claudio
<- Albina

Da qual labbro scoperte almen sapessi

ministri, Albina
Claudio ->

Detto avesse l'infido

ministri
Albina ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima
Luogo magnifico nel Campidoglio con Trono. Tesoreria imperiale. Giardini. Logge imperiali. Sala apparecchiata per convito. Terme imperiali. Camera con letto. Salone imperiale, nel cui fondo si vede discesa la reggia della Felicità di Roma.
Atto primo Atto terzo

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