Atto primo

 

Scena prima

Portici interni della reggia.
Fengone assalito da Sicari, e Gerilda da un altro lato con Guardie.

 Q 

<- Fengone, sicari

 

FENGONE

Ah traditori! Olà, custodi, aita.  

 

<- Gerilda, guardie

sicari ->

GERILDA

Al vostro re? Felloni,  

vi costerà la vita.

FENGONE

Inseguitegli, o fidi, e nel lor capo

recatemi un trofeo del valor vostro.

Per te vivo, o consorte.

GERILDA

(Iniquo mostro.)

 

guardie ->

FENGONE

Tanto deggio al tuo amor.  

GERILDA

Di' al mio dovere:

che in me trovi la moglie, e non l'amante.

FENGONE

Sposa di un anno ancor nemica?

GERILDA

Ancora

l'ombra vien di Orvendillo, il morto sposo

a turbar nel tuo letto i miei riposi.

Quel che stringi, ei mi dice,

è 'l carnefice mio. Queste ferite

opre son del suo braccio,

e se no 'l vieta il cielo,

quel braccio istesso alza già il ferro, e in seno

già lo vibra di Ambleto, il caro figlio.

E tu, barbara madre, empia consorte,

e lo soffri? E lo abbracci? O dio! Dagli occhi

si dilegua frattanto

l'ombra col sonno, e sol vi resta il pianto.

FENGONE

Ah! Gerilda, Gerilda,

e quai sonni trar posso

se non di amor, di sicurezza almeno

a te nemica in seno?

GERILDA

Odi, Fengon. Son tua nemica, è vero.

Bramo il tuo sangue: bramo

la mia vendetta. Esser vorrei tuo inferno

per dare a me più furie, a te più doglie;

ma con tutto quest'odio io ti son moglie.

 

Nel tuo sen, crudel, vorrei  

vendicare il mio dolor,

ma si oppone a' sdegni miei

questa fede che ti diede

la virtù, non mai l'amor.

Nel tuo sen, crudel, vorrei

vendicare il mio dolor.

Gerilda ->

 

Scena seconda

Fengone, e Siffrido.

<- Siffrido

 

SIFFRIDO

Grazie agli dèi. T'inchino  

fuor di periglio, o re. (Perfida sorte!)

FENGONE

Di Gerilda l'amor mi tolse a morte.

SIFFRIDO

Ma qual duolo ancor serbi?

FENGONE

Goder poss'io con mille insidie al fianco?

SIFFRIDO

Del felice tuo impero

meglio intendi il destin. Vinta è l'Allanda.

FENGONE

Trofeo di Valdemaro, il duce invitto.

SIFFRIDO

Veremonda è tua schiava.

FENGONE

(Anch'io sua preda.)

SIFFRIDO

Ambleto è in tuo poter.

FENGONE

Pur ne pavento.

SIFFRIDO

Che puoi temer d'un forsennato? Han tolto

tante sciagure il senno all'infelice.

FENGONE

Fors'egli finge.

SIFFRIDO

È gelosia di regno.

FENGONE

Siffrido, un gran timore ha un grande ingegno.

Cada egli pur.

SIFFRIDO

Ch'ei cada?

Qual frutto avrai? D'odio, e d'infamia.

FENGONE

E ognora

dovrò temerne?

SIFFRIDO

I tuoi sospetti accerta.

FENGONE

Ma per qual via?

SIFFRIDO

Di Veremonda un tempo

non arse il prence?

FENGONE

(Anch'io ne avvampo.) È vero.

SIFFRIDO

Non gli è madre Gerilda?

FENGONE

De' suoi primi sponsali unico frutto.

SIFFRIDO

Può a fronte di beltade, o di natura

l'arte coprirsi? E se pur anche Ambleto

sforza gli affetti, e fa tacere il sangue,

fanne a mensa real l'ultima prova;

che fra le tazze il simular non giova.

FENGONE

Saggio consigli, e non si tardi l'opra.

Tosto la real caccia

vanne, amico, a dispor. Me chiama intanto

di Valdemaro il merto alla sua gloria.

SIFFRIDO

Già ferve al tuo destin sorte e vittoria.

 

FENGONE

Smanie di re geloso,  

datevi un dì riposo,

stanche di più penar.

Schiavo di rio sospetto

son condannato, e affretto

me stesso a paventar.

Smanie di re geloso,

datevi un dì riposo,

stanche di più penar.

Fengone ->

 

Scena terza

Siffrido, e poi Veremonda.

 

SIFFRIDO

Vanne, o crudel. Non sempre  

la morte fuggirai ch'io ti preparo.

Al caro padre, ed al german diletto,

dall'odio tuo svenati,

questa vittima io deggio, e 'l fatal colpo...

Qui Veremonda? (Il suo dolor m'accora.)

 

<- Veremonda

VEREMONDA

Empia sorte, a me togliesti  

e comando, e libertà,

ma non nasce il mio dolore

da miseria, o da catene.

Quel che piango, è un maggior bene,

già delizia dell'amore,

ora oggetto alla pietà.

Empia sorte, a me togliesti

e comando, e libertà.

 

SIFFRIDO

Principessa, al tuo pianto  

fa ragione il mio duol.

VEREMONDA

La mia sciagura

comincio a meritar, se tu la piangi.

La pietà di un fellon giusta la rende.

SIFFRIDO

Ciò che par fellonia, sovente è fede.

VEREMONDA

Arte è d'anima rea finger virtude.

SIFFRIDO

Mal si giudica il cor sol dall'esterno.

VEREMONDA

Ma l'opre sono il testimon del core.

SIFFRIDO

Non muove il mio, che zelo, fede, e onore.

VEREMONDA

Del tuo ucciso monarca

rispettar l'uccisor: servir l'iniquo

distruttor della patria:

mirar dall'empio, e sofferirlo, e amarlo,

il regno desolato, e sin ridotto

alla miseria, o dio! degna ch'io sempre

l'accompagni col pianto, il regio erede.

Questo è onor? Questo è zelo? E questa è fé.

SIFFRIDO

È ver.

VEREMONDA

Parti. Usar teco

più lunga sofferenza.

O diventa mia colpa, o mio tormento.

SIFFRIDO

Credimi reo: mi assolverà l'evento.

Credimi, sì, qual vuoi,

perfido, e traditor: non ho discolpa.

Ma in mezzo agli odi tuoi

più sento il tuo dolor, che la mia colpa.

Siffrido ->

 

Scena quarta

Veremonda, e poi Ambleto con Ildegarde.

 

VEREMONDA

Il so. Non ha discolpa il tradimento.  

Ed è lusinga... Ah! Che vegg'io?

 

<- Ambleto, Ildegarde

ILDEGARDE
(ad Ambleto)

Che pensi?  

AMBLETO

Vorrei saper...

ILDEGARDE

Che mai?

AMBLETO

Perché non piange

l'aurora in cielo, or ch'è prigione il sole.

ILDEGARDE

(Vezzose frenesie!)

VEREMONDA

(Pietoso oggetto!)

AMBLETO

Io vi conosco sì.

(ad Ildegarde)

Tu Clizia sei, che segui,

ma senza speme, intendi ben, di Apollo,

che non ti ascolta, i passi.

(a Veremonda)

Tu Citerea. Ravviso

in quel ciglio, in quel labbro Amore assiso.

ILDEGARDE

(Vaneggia, e m'innamora.)

VEREMONDA

(L'idea de' primi affetti ei serba ancora.)

Ambleto, ormai da pace...

AMBLETO

A chi favelli?

Quest'Ambleto dov'è? Dov'è?

ILDEGARDE

Tu 'l sei.

AMBLETO

Io Ambleto? E dov'è il padre?

Dove i vassalli? Veremonda? Il trono?

Ambleto è morto. Io l'ombra sol ne sono.

VEREMONDA

(Misero prence!)

ILDEGARDE

Dove te n' vai? Che cerchi?

AMBLETO

Cerco il cor che perdei.

ILDEGARDE

(Core di sì bel seno almen foss'io.)

VEREMONDA

(Tu non sei senza cor se tieni il mio.)

Ma quando lo smarristi?

AMBLETO

Allor che la mia pace a me fu tolta.

VEREMONDA

Chi te l' rapì?

ILDEGARDE

Chi la possiede?

AMBLETO

Ascolta.

 

A questi occhi giunse un dì  

la bellezza con amor,

e per gli occhi in sen mi entrò.

Quando poi da me partì,

se ne uscì con essa il cor,

e l'amore vi restò!

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ILDEGARDE

Dunque ancor sei amante?  

AMBLETO

Ma dove, dov'è Ambleto?

Dov'è 'l mio cor?

(a Veremonda)

Forse in quel sen racchiuso?

No no: ch'egli è di neve,

e 'l mio povero core è tutto foco.

VEREMONDA

Mi struggo di pietade.

ILDEGARDE

(Ardo di amore.)

Veremonda, che tardi? A Valdemaro

nel suo nobil trionfo

la tua dimora il più bel fregio invola.

(Così col bel che adoro io resto sola.)

VEREMONDA

Si ubbidisca la sorte.

Le sventure di Ambleto

veder senza morir più non poss'io,

perché il duol ch'ei non sente, è dolor mio.

 

Nel furor de' suoi deliri  

trovo ancor la sua beltà.

E l'affetto

dice a me che i miei sospiri

son di amor, non di pietà.

Veremonda ->

 

Scena quinta

Ildegarde, ed Ambleto.

 

ILDEGARDE

(Or si tenti il destin.) Prence.  

AMBLETO

Non vedi?

Partito è 'l sol: tutto si oscura il giorno.

Deh! Nasconditi, fuggi.

ILDEGARDE

Almen...

AMBLETO

Vanne al destino, e di' che ormai

faccia spuntar quel giorno in cui si stia

col diadema real...

ILDEGARDE

Chi?

AMBLETO

La pazzia.

ILDEGARDE

Sentimi.

AMBLETO

Hai tu 'l mio scettro?

Hai tu 'l mio regno?

ILDEGARDE

In questo sen l'avrai.

AMBLETO

Incauta farfalletta,

l'ali perder potrai

se del tuo foco ai rai qui più ti aggiri.

ILDEGARDE

Sembran furie, e son grazie i suoi deliri.

 

Non so qual sia  

maggior follia

o 'l danno della mente, o 'l mal d'amore;

so ben che uguali

son questi mali,

il viver senza senno, e senza core.

Ildegarde ->

 

Scena sesta

Ambleto.

 

 

Questa sola mi resta, iniqui fati,  

per le miserie mie strada infelice?

Ciò che sperar dovea

dalla madre, da' sudditi, dal sangue,

dal pudico amor mio, dal mio valore,

m'imponete ch'io deggia ad un inganno?

Pur se giova, si finga, e i giusti sdegni

copra follia, purché si viva e regni.

 

Stelle, voi che in ciel reggete  

proteggete la mia speme.

Se placate

un dì mirate.

L'innocenza de' miei pianti,

già respira, e più non teme.

Ambleto ->

 
 

Scena settima

Piazza per gli spettacoli.
Valdemaro con Séguito, e poi Veremonda.

 Q 

<- Valdemaro, seguito

 

VALDEMARO

Tromba in campo, e spada in guerra  

più non armi i suoi terrori.

Abbiam pace, abbiam vittoria.

Volto il ferro in miglior uso

sol le glebe apra alla terra,

e coltivi eterni allori,

Dania invitta, alla tua gloria.

 

<- Veremonda

VEREMONDA

Eccomi Valdemaro. A' tuoi trionfi  

servano pur di Veremonda i ceppi.

Tuo pregio è ch'io li tragga, ed è mio vanto

trargli in trofeo senza viltà di pianto.

VALDEMARO

S'io per tuo scorno, o per mio fallo agli occhi

della Dania ti esponga, a te lo dica

quel rispettoso amor...

VEREMONDA

Di amor non parli

all'infelice beltà chi tal la rese.

VALDEMARO

Del nemico le offese

risarcirà l'amante.

VEREMONDA

Tardo è 'l riparo, e la cagion n'è vile.

VALDEMARO

Non condannar di tua beltà i trofei.

VEREMONDA

Se piacciono a un nemico,

son ribelli al mio cor sin gli occhi miei.

 

Scena ottava

Fengone con Guardie, e li suddetti.

<- Fengone, guardie

 

FENGONE

Fra queste braccia, ed all'onor di questi  

spettacoli di gioia

vieni, illustre campione, invitto duce.

Vincesti: eguale al merto

premio si dée. Tua sia la Falstria. È degno

che stringa scettro il difensor d'un regno.

VALDEMARO

Si è vinto, o gran monarca,

con l'armi tue, con la tua gloria. Pure

se qualche prezzo all'opra

vuoi conceder, signore, ecco i miei voti.

Suddita alle tue leggi

Falstria rimanga. In dono, od in mercede

sol si dia Veremonda alla mia fede.

FENGONE

Duce...

VEREMONDA

No. A Veremonda,

benché vinta, e cattiva,

si lasci in libertà ch'ella risponda.

La ragion che ti diero armi e fortuna

sulla mia vita, è tuo trofeo. Di questa,

Valdemaro, disponi. Io son tua spoglia,

ma che ingiusto tu voglia

stendere ancor sovra gli affetti miei

l'autorità della vittoria e 'l frutto,

soffri ch'io 'l dica, è tropp'orgoglio, o duce.

Libera ho l'alma, e in lei

le tue conquiste alcun poter non hanno.

Tu se' mio vincitor, se vuoi mia vita,

ma se pensi al mio cor, se' mio tiranno.

E tu, signor, che in fortunato impero

reggi la Dania, ed hai propizio il fato,

non ti abusar del suo favor. Sostieni

contro un superbo amor la mia costanza;

né soffrir che trionfi

sulle perdite mie l'altrui baldanza.

FENGONE

In me, vergine eccelsa,

non troverai, qual pensi, un re nemico.

Rasserena il bel volto, e tutto attendi

da un re che ti assicura. (E che ti adora.)

VALDEMARO

(Delusi affetti, e non morite ancora?)

FENGONE

Se alle tue brame, o duce,

Veremonda si oppone, il re ne assolvi:

pur non andrai senza mercé. Qui tosto

venga Ildegarde.

(a Veremonda)

Intanto

meco ti affidi.

VEREMONDA

O ciel! Deh! Col mio duolo

del trionfo il piacer non si funesti.

FENGONE

Tutto a te si conceda.

 

VEREMONDA

Nella mia  

sfortunata prigionia

sospirando ti dimando

questa sola libertà.

Quando un'alma non è in calma,

piange solo

le ragioni del suo duolo,

e piangendo amar non sa.

Nella mia

sfortunata prigionia

sospirando ti dimando

questa sola libertà.

Veremonda ->

 

Scena nona

Fengone, Valdemaro, e poi Gerilda.

 

FENGONE

Vieni, o duce, agli onori.  

VALDEMARO

(Meco piangete, o sfortunati amori.)

 

<- Gerilda

GERILDA

Fermati, o re.  

FENGONE

Consorte.

GERILDA

A un sol passo che inoltri, avrai la morte.

FENGONE

Come?

VALDEMARO

Che?

GERILDA

Già ruina

la fatal pompa.

VALDEMARO

O precipizi orrendi!

GERILDA

E si apron tombe ove i trionfi attendi.

FENGONE

Ed è ver ch'io ti deggia...

GERILDA

La vita, sì, per mia sciagura, iniquo.

FENGONE

Ma chi l'inganno ordì? Come, o Gerilda

a te ne giunse il grido?

VALDEMARO

Parla, scuopri l'infido.

GERILDA

Si svelò il tradimento:

si taccia il traditor. Dir quel dovea

la moglie di Fengon. Tacer dée questo

la moglie di Orvendillo.

FENGONE

Chi mi lascia in timor, mi vuole in rischio.

GERILDA

Piacemi che principi

sin dalla mia pietà la mia vendetta.

FENGONE

Deh! Consorte diletta...

GERILDA

Addio. Rimanti

salvo per me, per me di vita incerto.

Prega gli dèi, che tutti

mi giungano all'orecchio i tuoi perigli:

che di me non avrai miglior difesa.

Ma ti vegliano ancora

tanti nemici, e tante insidie intorno,

che possibil non è la tua salvezza.

Stanno l'odio, e la morte alle tue soglie:

temi ciascun: sol non temer chi è moglie.

Gerilda ->

 

Scena decima

Fengone, Valdemaro, Ildegarde.

 

FENGONE

Duce, vedesti mai  

più severo favor? Pietà più cruda?

VALDEMARO

Stupido resto, e temo.

 

<- Ildegarde

ILDEGARDE

Qui per tuo cenno...  

FENGONE

Bella.

ILDEGARDE

Tal parvi agli occhi tuoi,

quando...

FENGONE

Frena l'accuse. In Valdemaro

avrai chi risarcisca

l'infedeltà d'un re. Tu sei sua sposa.

Ti sorprende la gioia? In Ildegarde

duce avrai la mercé del tuo valore.

Ti confonde il piacer?

VALDEMARO

(Di sdegno avvampo.)

ILDEGARDE

A Valdemaro io sposa?

FENGONE

Sì: l'arte io so d'una beltà ritrosa.

ILDEGARDE

Del tradito amor mio

così compensi il danno?

FENGONE

Eh! Che i grandi in amor legge non hanno.

 

Or prepara Amor due dardi,  

e se n' viene al vostro cor

e per darvi eguale ardor,

nel balen de' vostri sguardi

due facelle accende Amor.

Or prepara Amor due dardi.

Fengone, guardie ->

 

Scena undicesima

Ildegarde, e Valdemaro.

 

ILDEGARDE

Vanne, o perfido, va'. Sentimi, o duce,  

non è disprezzo no, non è rifiuto

il negarti la destra; è una ragione

del cor ch'è già perduto in altri lacci.

VALDEMARO

Con l'esempio del mio lodo il tuo core.

Ma dimmi: ami Fengone?

ILDEGARDE

Adoro Ambleto.

VALDEMARO

Segui ad amarlo. (Essa un rival mi toglie.)

Io Veremonda.

ILDEGARDE

Segui.

Segui, e spera mercé. Le sue catene

la renderan men fiera.

VALDEMARO

Ella troppo è crudele.

ILDEGARDE

Eh! Segui, e spera.

(parte)

Ildegarde ->

 

VALDEMARO

La speme del nocchiero è in una stella;  

e nella speme ha la sua stella Amore.

Se l'uno è abbandonato, ahi! Che procella!

Se l'altro è disperato, ahi! Che dolore!

Valdemaro, seguito ->

 
 

Scena dodicesima

Parco reale.
Gerilda, e Siffrido.

 Q 

<- Gerilda, Siffrido

 

SIFFRIDO

Due volte il fato estremo  

pendé sul capo al regnator tiranno.

GERILDA

E due volte per me non cadde l'empio.

SIFFRIDO

Ma, regina, perché? Tu stessa al colpo

sproni la fede, e poi la man disarmi?

GERILDA

Chi sa oprar e tacer, può vendicarmi.

SIFFRIDO

Solo a Gerilda io confidai l'arcano.

GERILDA

Far che 'l sappia Gerilda, egli è un tradirlo.

SIFFRIDO

E una moglie regina

tacer potrà ciò ch'io tentai?

GERILDA

Ti affida.

Se la trama perì, l'autore n'è salvo.

SIFFRIDO

Ma non hai salvo il figlio,

cui dal trono sovrasta odio e periglio.

GERILDA

O dèi!

SIFFRIDO

Qui 'l re. Cela il tuo duol.

 

Scena tredicesima

Fengone con Séguito, e li suddetti.

<- Fengone, seguito

 

FENGONE

Siffrido,  

persiste ancor nel suo tacer Gerilda?

SIFFRIDO

Seco perduta è l'arte.

GERILDA

Piace, perché tua pena, a me me l'arcano.

SIFFRIDO

Comanda un re.

FENGONE

Prega un marito.

GERILDA

È vano.

FENGONE

Furor ti regge, tu ragion lo credi.

Ma poiché la salute

d'un fellone ti è a cuor, più che la mia,

ceda l'amor. L'esempio tuo si segua.

L'odio, il furor non si risparmi omai.

GERILDA

Ah! T'intendo, o tiranno.

FENGONE

Tu mi chiami tiranno, e tu mi fai.

GERILDA

Dove pensi ferirmi, il cor mi dice.

Moglie non temo, e temo genitrice.

Pur senti, io non impetro

lagrimosa al tuo piè che viva il figlio.

Ambleto, e se non basta,

pera anche il regno, anche Gerilda mora;

ma il carnefice tuo sia vivo ancora.

 

Minacciami, lusingami  

con l'odio, o con l'amor. Saprò tacer.

Se vieni sposo amante,

dirò: non vo' goder

se barbaro regnante,

dirò: non so temer.

Minacciami, lusingami

con l'odio, o con l'amor. Saprò tacer.

Gerilda, seguito ->

 

Scena quattordicesima

Fengone, e Siffrido.

 

FENGONE

Qui, Siffrido, saprò, se Ambleto sia  

o politico, o stolto.

Qui verrà Veremonda.

Tu parti. Un cauto amore

quand'ha chi osservi, ha i suoi riguardi, e tace.

SIFFRIDO

E beltà, quando è sola, è ancor più audace.

Siffrido ->

 

Scena quindicesima

Fengone, e poi Veremonda.

 

FENGONE

Viene la bella. O quale  

mi si accende nel sen voglia amorosa!

Ma sinché rode il petto

tarlo di gelosia, taccia l'affetto.

 

<- Veremonda

VEREMONDA

Eccomi a' cenni tuoi.  

FENGONE

Mia principessa,

(che a te non toglie il grado

chi ti tolse l'impero) a me chiedesti

di frenare il desio di Valdemaro.

Il feci, o bella.

VEREMONDA

E fu cortese il dono.

FENGONE

Per me non fosti al suo trionfo esposta

spettacolo infelice.

VEREMONDA

E fu dono gradito il mio contento.

FENGONE

Or di mia cortesia, de' doni miei

ti chieggo una mercé.

VEREMONDA

Giusta? L'avrai.

FENGONE

Ambleto già ti amò: tu pur l'amasti.

Vo' saper, s'ei sia folle, o s'ei s'infinga.

Già m'intendi. Con esso

rimanti in libertà. Lascia che sfoghi

senza contrasto il genio antico, o parli

in sua balia, qual parla altrui, da stolto.

VEREMONDA

Cieli!

FENGONE

Ei vien. Qui mi celo, e qui l'ascolto.

(si ritira)

 

Scena sedicesima

Ambleto da cacciatore, e Veremonda.

<- Ambleto

 

AMBLETO

Quante belve han queste selve,  

tante furie ha questo petto.

VEREMONDA

Ch'io cospiri a tradir l'idolo mio?

AMBLETO

Tormentato, lacerato

sente il mal... Che vegg'io? Qui Veremonda?

VEREMONDA

(In sen palpita l'alma.)

AMBLETO

(Dopo tante tempeste ecco una calma.)

VEREMONDA

(Sfortunato cimento.)

AMBLETO

(Son pur solo, o speranze.)

VEREMONDA

(Ahi! Che far deggio?)

AMBLETO

Or le dirò che sol d'amor vaneggio.

O del mio cor fiamma innocente, e chiara

quest'è pur... ma che fia? Nemmeno un guardo?

VEREMONDA

(Mi fa ingegnosa il rischio suo.)

(scrive col dardo in terra)

AMBLETO

(Pur solo

mi veggio. A che tacer?)

VEREMONDA

(Leggesse almeno.)

AMBLETO

Eccoti al piè misero sì, ma sempre...

(E tuttavia mi sdegna?)

(guarda per la scena)

VEREMONDA

(Incauto ei cancellò le fide note:

ma le rinnovi il dardo. Amor mi aita.)

(torna a scrivere in terra col dardo)

AMBLETO

(Son perduto. Ma infida, e sorda, e ingrata

sappia quant'io l'adoro, e s'ella poi

pietà mi nega, e fede

qui se le mora al piede.)

Volgetevi pietose, o luci amate,

almeno a rimirar le mie ferite.

VEREMONDA

Io ti ho ferito? Mira

il ferro del mio dardo. Ei del tuo sangue

tinto non è.

AMBLETO

Che leggo? «Il re ti ascolta.»

(Intendo.) Lascia, sì, lascia, mia dèa,

ch'io baci un sì bel dardo.

VEREMONDA

(Amor mi arrise.)

AMBLETO

(Ma nel baciarlo ei mi addolcì le labbra.)

Dimmi: l'hai tu di nettare, o di miele

sparso, Cinzia gentil, Cinzia, mio nume.

VEREMONDA

Che favelli? Non vedi?

Son Veremonda, che Orvendillo un giorno...

AMBLETO

Che parli di Orvendillo?

Si cancelli un sì bel nome.

E dai faggi, e dalle rupi.

VEREMONDA

Perché?

AMBLETO

Perché? Me 'l divoraro i lupi.

VEREMONDA

(O cauto, o forsennato ei dice il vero.)

AMBLETO

Senti, Diana. Ha queste selve un mostro

fiero, e crudel, degno de' nostri dardi.

Tu mi reggi la destra, e a te divoto

ne recherò l'orrido teschio in voto.

VEREMONDA

Deliri, o prence.

AMBLETO

Taci. Ecco la fera

tra quelle frondi. O che bel colpo!

VEREMONDA

Ferma.

 

Scena diciassettesima

Fengone, e li suddetti.

 

FENGONE

Cotanto audace?  

AMBLETO

E chi se' tu? Rispondi.

VEREMONDA

Il re. Che? No 'l conosci?

AMBLETO

Il re? Ah ah ah. Un satiro tu sei,

(guardati, bella dèa) crudo, e lascivo

nemico delle leggi, e degli dèi.

FENGONE

(Si avvalora il sospetto.)

AMBLETO

(L'ira qui può tradir la mia vendetta.)

VEREMONDA

Ambleto, ove te n' vai?

AMBLETO

Giove mi aspetta.

 

Quando io torni, voi vedrete  

che il baleno, il lampo, il folgore

meco in terra io porterò.

Le tempeste, le comete

il terror, la strage, il fulmine,

e la morte in pugno avrò.

Quando io torni, voi vedrete

che il baleno, il lampo, il folgore

meco in terra io porterò.

Ambleto ->

 

Scena diciottesima

Fengone, e Veremonda.

 

FENGONE

(Sono anche incerto.) Il prence  

forse delira, e 'l suo maggior delirio

fu 'l partir da voi, luci adorate.

VEREMONDA

A chi parli?

FENGONE

A' tuoi lumi, ed al tuo core.

VEREMONDA

Tiranno. O del mio nome

troppo debole virtù, se non spaventi

sì temerario ardire! Ardir tropp'empio,

se della mia virtude oltraggi il lume?

FENGONE

Empio no, no 'l chiamar. Chiamalo cieco,

perch'è un ardir d'amore.

VEREMONDA

E parli meco?

Tu re marito a Veremonda amori?

FENGONE

Non sono eterne al cor d'un re, mio bene,

d'Imeneo le catene.

 

Meglio intendi un dolce affetto,  

e saprai che non ti offende.

Non è oltraggio, ma rispettoso

quel desio che in me si accende.

Meglio intendi un dolce affetto,

e saprai che non ti offende.

Fengone ->

 

Scena diciannovesima

Veremonda.

 

 

A tante mie sciagure  

si aggiungerà l'indegno amor d'un empio?

Ma si aggiunga. Del fato

vinsi tutto il furor. Vincasi ancora

tutto il poter di così rea baldanza,

ed abbia più trofei la mia costanza.

 

Quanto più gode  

tra voi contenta,

o selve amene,

la pastorella.

Qui forza o frode

non la spaventa;

e col suo bene

d'amor favella.

Quanto più gode

tra voi contenta,

o selve amene,

la pastorella.

Veremonda ->

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Portici interni della reggia.

<- Fengone, sicari

Ah traditori! Olà, custodi, aita

Fengone, sicari
<- Gerilda, guardie
Fengone, Gerilda, guardie
sicari ->

Al vostro re? Felloni

Fengone, Gerilda
guardie ->

Tanto deggio al tuo amor

Fengone
Gerilda ->
Fengone
<- Siffrido

Grazie agli dèi. T'inchino

Siffrido
Fengone ->

Vanne, o crudel. Non sempre

Siffrido
<- Veremonda

Principessa, al tuo pianto

Veremonda
Siffrido ->

Il so. Non ha discolpa il tradimento

Veremonda
<- Ambleto, Ildegarde

Che pensi? / Vorrei saper

Dunque ancor sei amante?

Ambleto, Ildegarde
Veremonda ->

Or si tenti il destin. Prence

Ambleto
Ildegarde ->

Questa sola mi resta, iniqui fati

Ambleto ->

Piazza per gli spettacoli.

<- Valdemaro, seguito
Valdemaro, seguito
<- Veremonda

Eccomi Valdemaro. A' tuoi trionfi

Valdemaro, seguito, Veremonda
<- Fengone, guardie

Fra queste braccia, ed all'onor di questi

Valdemaro, seguito, Fengone, guardie
Veremonda ->

Vieni, o duce, agli onori

Valdemaro, seguito, Fengone, guardie
<- Gerilda

Fermati, o re / Consorte

Valdemaro, seguito, Fengone, guardie
Gerilda ->

Duce, vedesti mai

Valdemaro, seguito, Fengone, guardie
<- Ildegarde

Qui per tuo cenno / Bella

Valdemaro, seguito, Ildegarde
Fengone, guardie ->

Vanne, o perfido, va'. Sentimi, o duce

Valdemaro, seguito
Ildegarde ->

La speme del nocchiero è in una stella

Valdemaro, seguito ->

Parco reale.

<- Gerilda, Siffrido

Due volte il fato estremo

Gerilda, Siffrido
<- Fengone, seguito

Siffrido, persiste ancor

Siffrido, Fengone
Gerilda, seguito ->

Qui, Siffrido, saprò, se Ambleto sia

Fengone
Siffrido ->

Viene la bella. O quale

Fengone
<- Veremonda

Eccomi a' cenni tuoi / Mia principessa

(Fengone si nasconde)

Fengone, Veremonda
<- Ambleto

Quante belve han queste selve

(Fengone si fa vedere)

Cotanto audace? / E chi se' tu? Rispondi

Fengone, Veremonda
Ambleto ->

Sono anche incerto. Il prence

Veremonda
Fengone ->

A tante mie sciagure

Veremonda ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima
Portici interni della reggia. Piazza per gli spettacoli. Parco reale. Cortile segreto. Sala negli appartamenti di Gerilda. Sobborghi con tende in lontano. Galleria d'idoli. Vigne consacrate a Bacco. Anfiteatro reale.
Atto secondo Atto terzo

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