Atto secondo

 

Scena prima

Logge reali con trono.
Eliogabalo, Alessandro.

 Q 

Eliogabalo, Alessandro

 

ELIOGABALO

Sommo ben.  

ALESSANDRO

Sommo mal.

ELIOGABALO

Se reca il dardo d'amor

il suo colpo è vital,

e fa gioir, i cor.

Insieme

ALESSANDRO

Se reca il dardo d'amor

il suo colpo è mortal,

e fa languir i cor.

 

ELIOGABALO

Sommo ben.

ALESSANDRO

Sommo mal.

ELIOGABALO E ALESSANDRO

Se reca il dardo d'amor.

 

ELIOGABALO

Chi fuggir le saette  

può dell'arciero alato,

se fin nel regno ondoso

volò di face armato

a seminar ne' freddi numi ardori!

ALESSANDRO

Ardi, ma non di fiamma,

ch'il cor t'infetti, e strugga al crin gl'allori.

ELIOGABALO

Se vedessi Alessandro

il bel, che m'innamora,

ah so ben io, che tu arderesti ancora.

ALESSANDRO

Se la beltà qui folle,

che ti sconvolge il senno,

e l'alma ti costringe ad adorarla,

cesare mi saprei

da me stesso acciecar per non mirarla.

ELIOGABALO

Filosofia queste follie t'insegna.

ALESSANDRO

Un mostro è la lascivia in uom che regna.

ELIOGABALO

Lice seguir ciò, ch'a un regnante alletta.

ALESSANDRO

Nuocer sovente suol ciò, che diletta.

ELIOGABALO

L'uso ha forza di legge.

ALESSANDRO

Ma se la legge è ingiusta,

è tiranno che regge.

ELIOGABALO

Voglio amar.

ALESSANDRO

Ama il giusto.

ELIOGABALO

Chi sarà quell'audace,

che l'opre mie d'ingiuste accusar tenti?

Ciò, che vogl'io conviensi:

con sì liberi sensi

non favellarmi più, non irritarmi,

se preservar ti vuoi

dall'ira mia le tue fortune intatte.

(parte sdegnoso)

Eliogabalo ->

 

ALESSANDRO

Forza d'impero ogni ragione abbatte.

 

Un sogno o mortali  

è 'l ben che godete:

dolcezze ch'han le ali

al sen vi stringete:

un sogno o mortali

è 'l ben che godete.

Asperse di mali

son l'ore più liete,

né i colpi fatali

fuggir voi potete:

un sogno o mortali

è 'l ben che godete.

Alessandro ->

 

Scena seconda

Flora, Tiberio.

<- Flora, Tiberio

 

FLORA

Pazienza amor richiede,  

e chi soffrir non sa,

non mai giunger potrà

ad ottener il bel, ch'il cor li fiede.

Pazienza amor richiede.

Costanza usar conviene,

e chi desia goder,

se cangerà pensier

non mai risanerà del cor le pene.

Costanza usar conviene.

 

TIBERIO

Soffrir, e sperar,  

che giova in amor!

S'avvezza è ad ognor

la speme a ingannar!

Che giova in amor

soffrir, e sperar!

 

FLORA

Soffri Tiberio, e taci  

l'amoroso mio fato

non permette, ch'io possa

con altro consolar la tua costanza;

contentati per or della speranza.

TIBERIO

E s'io spero, vedrò

cangiarsi del destin le crude imprese?

FLORA

Chi è costante in amor non pena sempre.

TIBERIO

Ristorando mi vai

con soavi conforti.

FLORA

Flora gl'amanti vuol vivi, e non morti.

TIBERIO

Mio dolce ardor.

FLORA

Che parli?

Io tuo ardore? T'inganni:

son di cesare il foco;

ti basti, (e non è poco)

potermi vagheggiar senza mio sdegno;

questo è 'l confin, ch'alle tue fiamme assegno.

TIBERIO

Penando tacerò.

FLORA

Ciò ti concedo.

TIBERIO

Ma poi tacendo avrai di me pietà?

FLORA

Con il tempo chissà!

Flora ->

 

TIBERIO

Dolce speme il cor m'alletta,  

il martir se n' fugge a volo,

e sperando mi consolo,

ch'è più d'un, ch'amando aspetta.

Fiero bando all'incostanza

vuol, ch'io dia l'arciero infante

e mi dice, ch'ogni amante

si mantien con la speranza.

Tiberio ->

 

Scena terza

Eliogabalo, Antiochiano, Alessandro che arrivano dopo di lui.

<- Eliogabalo

 

ELIOGABALO

Due pupille amorosette  

più feriscono coi guardi

che di Scizia i fieri dardi;

scaltre avventano saette.

Un bel crine inanellato

più che dura aspra catena

stringe l'alme, e li dà pena;

ma 'l sudo al core è grato.

 

<- Antiochiano, Alessandro

ANTIOCHIANO

Cesare, è giunto in corte  

Ireno il nuovo duce,

che Flavia prigioniera

col console romano a te conduce.

ELIOGABALO

Che venga.

ALESSANDRO

(va a vedere nel trono)

E di qual colpa

Domizio è reo?

ANTIOCHIANO

Non so: temo Alessandro,

che sian le sue catene,

di barbaro tiranno empio trofeo.

 

Scena quarta

Flavia, Domizio prigionieri, Eliogabalo, Alessandro, Antiochiano, Ireno, Littori.

<- Flavia, Domizio, Ireno, littori

 

FLAVIA E DOMIZIO

Di fato  

spietato

non temo no, no:

resister saprò.

 

IRENO

Signor, ecco eseguito  

l'alto comando!

ELIOGABALO

(Oh dio!

Flavia è tra lacci, e 'l prigionier son io.)

FLAVIA

(vedendo Alessandro)

Lassa, che miro!

ALESSANDRO

(mirando Flora)

Oh ciel! Qual vago aspetto

la natura formò! Merta esser cieco

chi di mirar tanta bellezza aborre;

(folle, che dico!... ove il mio cor trascorre).

DOMIZIO

(sdegnoso verso Eliogabalo)

Del silenzio ostinato

rompo o cesare i ceppi, e se mi toglie

spada al ferir cruda fortuna infesta

ad onta sua lingua al parlar mi resta.

ELIOGABALO

Di cesare all'aspetto

sì temerarie voci

discioglier può la lingua tua rubella!

DOMIZIO

Chi non teme il morir, così favella.

ELIOGABALO

Empio, che vorrai dir? Parla: t'ascolto.

DOMIZIO

Dirò, che di tiranno

è barbara inclemenza

voler con false accuse

oltraggiar l'innocenza;

dirò, che chi risiede

nel trono di Quirino

deve stancar e le vittorie, e l'armi,

e far, che Roma innalzi

archi, statue, e obelischi al suo valore,

e non rapir a sudditi l'onore.

FLAVIA

Padre frena la lingua;

non irritar di cesare 'l furore.

DOMIZIO

Lascia o figlia, ch'io sfoghi 'l mio dolore.

ELIOGABALO

Tanto ardisci superbo? Olà.

IRENO

Signore.

ELIOGABALO

Entro carcere oscuro

sia rinchiuso il fellon: Flavia qui resti.

FLAVIA

Vuò seguir tra catene il genitore.

ELIOGABALO

Sia fermata.

FLAVIA

Obbedisco! Ahi padre!

DOMIZIO

Ahi figlia!

Senza ferro il crudele ora m'uccide!

Nel separarti dal mio seno, o cara,

le viscere dal core, ahi, mi divide.

FLAVIA

Vanne Domizio: Roma

spettatrice sarà di mia costanza.

DOMIZIO

Temprerà 'l mio martir questa speranza.

(viene condotto in prigione; ed Eliogabalo scende dal trono)

Domizio, Ireno, littori ->

 

ANTIOCHIANO

Dolce pietà mi sforza,  

Alessandro, al partir: su torri eccelse

scocca il fulmine Giove,

e su quest'empio l'ira sua non piove!

Antiochiano ->

 

ELIOGABALO

Flavia, per tua prigione  

avrà la reggia, e in questa

qual si deve al tuo grado ospizio degno:

Alessandro.

ALESSANDRO

Signor.

ELIOGABALO

Alla tua cura

sì pregiato tesor fido, e consegno.

Eliogabalo ->

 

Scena quinta

Alessandro, Flavia.

 

ALESSANDRO

(Come o numi potrò, ditelo voi,  

tra le reti inciampar senza esser preso,

e di fiamma sì' bella

esser custode, e non restarne acceso!)

FLAVIA

Generoso Alessandro

la tua difesa imploro;

proteggi un'innocente,

accresci a tue virtù fama, e decoro.

ALESSANDRO

Amor, qual fiero assalto al cor mi dai!

Torna o Flavia a' tuoi rai

il bel seren: non dubitar, prometto

farmi scudo al tuo onor. Che guerra ho in petto!

FLAVIA
(a parte)

Ringrazio la fortuna

che le sventure mie rende beate

con le grazie pregiate

dei favor d'Alessandro: infin, ch'io spiri

sarammi o invitto eroe

tra nobil cortesia catena al core.

(Chi non s'abbaglierebbe al suo splendore!)

ALESSANDRO

Se raddolcir potesse

il perfido tenor delle tue stelle,

o quanto volentieri io lo farei!

Col fato pugnerei

bella, a tuo pro se fosse a me permesso.

(Che vaneggi mio cor! Torna in te stesso.)

FLAVIA

Unita alla tua destra

di nimico destin nulla pavento:

Alessandro pur sia

mio scudo (quasi dissi mio contento).

ALESSANDRO

Permetti, ch'io t'assegni

stanze pari al tuo merto.

FLAVIA

A' tuoi voleri

umilio i sensi miei.

FLAVIA E ALESSANDRO

Che pena o cielo!

FLAVIA

Mi stempro al foco.

ALESSANDRO

Ed io mi struggo al gelo.

Flavia, Alessandro ->

 

Scena sesta

Flora, Ersillo.

<- Flora, Ersillo

 

FLORA

Ersillo, che mi narri!  

Di beltà prigioniera

Eliogabalo è acceso? Ah, che più spero!

In due fiamme diviso

ha l'incendio del core?

ERSILLO

Il tutto è vero.

Di Flavia innamorato

cesare s'è scoperto, e non per altro

condur la fece in Roma,

che per poter sanar l'accese voglie;

anzi in corte si dice,

che la faccia sua moglie,

e lo scettro li dia d'imperatrice.

FLORA

Lassa, che intendo!

ERSILLO

Ireno

quel plebeo sublimato,

quel vil servo loquace

è l'orator sagace,

che a cesare riporta

l'ambasciate d'amor.

FLORA

Non più: son morta,

misera questo avviso

è un colpo, che m'uccide.

Un fulmine improvviso

che le macchine eccelse

delle speranze mie strugge, ed attesta;

torbido ciel mi serra

le porte del gioir, e veggo solo

nel regno del tormento

spalancarsi per me quelle del duolo.

ERSILLO

Maledetto il momento,

ch'io seco favellai!

D'averti ciò narrato affé mi pento.

FLORA

Morirò: ma che parlo!

Nudo spirto fra l'ombre

scender vorrò, perché sul trono augusto

ascenda Flavia, e in faccia al Tebro, altera

le mie sorti rapite,

trionfi in Roma, ed io languisca in Dite!

Che morir! Vivi o Flora,

ed a difesa della tua fortuna

chiama le furie al cor: Flavia pur mora.

ERSILLO

Nell'ingorde sue gole,

tanto fiero veleno

il trifauce mastin credo non abbia,

quanto ha costei: m'involo alla sua rabbia.

Ersillo ->

 

FLORA

Perirà Flavia, e Ireno;  

farò, ch'all'uno sia

svelta la lingua, e all'altra

esalar io farò l'alma dal seno.

 

Cruda Aletto  

nel mio petto

tal velen di sdegno infonde,

che se l'onde

io varcassi ora d'Averno,

numi rei

io sarei

furia alle furie, ed all'inferno inferno.

Belva ircana

sì inumana

mai non fu da stral ferita,

come ardita

all'impresa cruda, e fiera

l'ira mia

mi saria

aspide ai serpi, ed all'arpie megera.

Flora ->

 

Scena settima

Flavia, Nisbe.

<- Flavia, Nisbe

 

FLAVIA

Mi consolo con la speme  

di poter un dì gioir:

sempre irato il mar non freme,

ha le calme anco il martir.

Mi consolo con la speme

di poter un dì gioir.

 

NISBE

Fortuna il crin ti porge  

gioirai se lo prendi.

FLAVIA

Sorte m'arride? E come?

NISBE

Eh non m'intendi:

di te l'imperator io credo amante.

FLAVIA

Che dir vorresti?

NISBE

Nulla,

solo, che l'onor tuo serbi costante:

ma bel destin saria

s'alle tu chiome d'oro

s'accoppiasse aureo petto:

chissà! Può molto amor: grand'è 'l tuo merto.

FLAVIA

Della tua fede antica

Nisbe temer mi fai: sospetta il core,

che solo col tuo mezzo

per appagar i suoi lascivi affetti

s'abbia Augusto introdutto entro i miei tetti.

NISBE

Io rea di tal delitto! O numi! O cielo!

Ho troppo a cor di tua onestade il zelo.

FLAVIA

Dunque m'affido in te.

NISBE

Sarai sicura;

povera son, ma la coscienza ho pura.

Pur, s'il fato t'avesse

destinata di Roma imperatrice,

non saresti felice.

FLAVIA

Regni non curo, e scettri non desio;

gl'affetti miei son d'Alessandro mio.

 

Son le gioie, ch'amore dispensa  

tenaci catene

fierissime pene

di lacci, e d'ardori;

chi soffrirli non sa non s'innamori.

Reca il dardo del nume bambino

tormenti tiranni,

durissimi affanni,

sospiri, e dolori:

chi soffrir non sa non s'innamori.

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Flavia ->

 

Scena ottava

Nisbe.

 

 

Salda è la rocca: pure  

rinnoverò l'assalto

femmina è Flavia, e non ha il cor di smalto.

 

Che vi sia bella, e costante  

per mia fé, ch'io non lo credo;

ogni donna osservo, e vedo,

ch'aver vuol più d'un amante.

Molte siamo (io lo confesso)

vero tipo d'incostanza;

ogni bella ha per usanza

molti averne, e cangiar spesso.

 
 

Scena nona

Prigione orrida.
Coro di Cavalieri romani tra catene. Domizio incatenato. Alessandro, che viene introdotto da Ireno nella prigione.

 Q 

cavalieri romani, Domizio

<- Ireno, Alessandro

Ireno ->

 

DOMIZIO

Sordo carcere spietato!  

Cieco inferno de' viventi,

duri ceppi! Iniqua sorte!

Rio destin dammi la morte,

tronca o Parca i miei tormenti.

Sordo carcere spietato!

Cieco inferno de' viventi.

 

ALESSANDRO

Domizio tu abbandoni  

la costanza del cor? Desta nel seno

la sopita virtù, se farti scudo

vuoi di cieca fortuna alle saette;

contro i suoi duri colpi

somministra virtù sempre perfetta:

questa col suo valore

ne' martiri s'affina, e più rinforza;

di tirannia forza

sprezza il rigor, che non sarà bastante

cesare a superar un cor costante.

DOMIZIO

Mostro fiero! Aspe crudo! Empio regnante.

ALESSANDRO

Consolatevi amici,

che lascivo spietato

sempre ha la morte, ed il sepolcro a lato.

DOMIZIO

Che lo fulmini un dì Giove adirato.

(qui si vede a introdursi nella prigione Flavia)

<- Flavia

 

ALESSANDRO

Mira Domizio, mira  

qual raggio di conforto

tra questi orrori a' tuoi martiri apporto!

Ecco Flavia tua figlia:

agl'affetti di padre

lascio libero il campo, io parto: o dio!

(Come vaga riluce

la pietà in sì bel volto! Ahi, che tormento,

s'io resisto Cupido, è gran portento.)

Alessandro ->

 

Scena decima

Flavia, Domizio, coro di Prigionieri.

 

FLAVIA

Padre.  

DOMIZIO

Figlia.

FLAVIA

Il destino

ancor sazio non è di tormentarti?

Lascia, che queste braccia

ti circondino il seno.

DOMIZIO

O dolce nodo!

Viscere amate, o care!

Tu tempri il duol delle mie pene amare.

FLAVIA

Deh consolati o padre;

d'Eliogabalo al soglio

chiedere per te la libertade io voglio.

DOMIZIO

No: ciò non far; siano i miei dì pur tristi,

con le perdite tue non voglio acquisti.

FLAVIA

E che perder poss'io?

DOMIZIO

Ciò ch'un lascivo

tenta a forza rapirti.

FLAVIA

Ho saldo core;

non temer genitore:

anco il regno latino

le penelopi avrà: Giove pietoso

forse in tanto farà, che Roma torni

a goder lieti giorni.

La virtù d'Alessandro

al vizio d'Eliogabalo potria

farsi giusto flagello, e la fortuna

sul Tebro partorir qualche vicenda.

DOMIZIO

O voglia il ciel, ch'un sì bel dì risplenda.

 

Scena undicesima

Ireno, Flavia, Domizio, e li detti.

<- Ireno

 

IRENO

All'uscire, all'uscire;  

Flora in corte m'attende,

chiuder vuo' la prigione; devo partire:

all'uscire, all'uscire.

FLAVIA

Padre devo lasciarti!

DOMIZIO

Figlia, il fato mi niega

il poterti seguire.

IRENO

All'uscire, all'uscire;

che tanti complimenti!

FLAVIA E DOMIZIO

Fierissimi tormenti!

Doloroso martire!

IRENO

All'uscire, all'uscire.

DOMIZIO

O del ciel perfide stelle!

Sorde al par di questi marmi!

Che tardate più a spezzarmi

sì durissime catene!

Mai non viene

da voi stilla di pietà?

Deh tornatemi un dì la libertà.

 
 

Scena dodicesima

Appartamenti d'Alessandro, che corrispondono in un delizioso giardino.
Eliogabalo, Nisbe.

 Q 

Eliogabalo, Nisbe

 

ELIOGABALO

Arde per Alessandro  

Flavia la continente!

NISBE

Eccome! In petto

per lui gl'avvampa un Mongibel di foco;

quindi avvien, ch'il tuo amore

nel suo cor non ha loco.

E tu incauto consegni

l'esca appresso la fiamma?

ELIOGABALO

Ei sdegna, e fugge

di Cupido l'ardore:

ma di Flavia alle luci

io toglierlo saprò, se non dal core.

NISBE

Signor quanto svelai

fa', ch'appresso di Flavia occulto resti:

ma ohimè! Non sono questi

d'Alessandro gl'alberghi?

ELIOGABALO

E che paventi?

NISBE

Darò di me sospetto,

se fia, ch'alcun m'osservi

qui teco favellar da sola a solo:

veggo il prefetto: agl'occhi suoi m'involo.

ELIOGABALO

Odi: se qui d'intorno

Flavia giungesse, ad avvisarmi vieni.

NISBE

Dove sarai?

ELIOGABALO

Tra queste verdi piante,

a sospirar i raggi suoi sereni.

Nisbe ->

 

Gelosia lasciami in pace;  

non mi dar tormento in petto,

non ti presti inqua Aletto

il flagel della sua face.

Gelosia lasciami in pace.

Eliogabalo ->

 

Scena tredicesima

Ireno, Antiochiano.

<- Ireno, Antiochiano

 

IRENO

Signor, sorte opportuna,  

fa' ch'io t'incontri: Flora

questo foglio t'invia.

ANTIOCHIANO

(apre la lettera e stupisce nel leggerla)

Che leggo!

IRENO

Intendo:

l'amica è accesa.

ANTIOCHIANO

O femmine!

IRENO

Qui certo

gran premio avrò: dagl'atti io lo comprendo.

Signor, Flora m'aspetta,

d'ordine suo qui la risposta attendo.

ANTIOCHIANO

Odi quanto mi scrive:

«Amico fa', ch'a Ireno

sia troncata la lingua: abbia il fellone

giusta pena al su' error: Flora ciò impone.»

IRENO

Come! Rileggi ancora...

ANTIOCHIANO

Ch'io recider ti faccia

quella lingua loquace ordina Flora.

IRENO

Misero! In che l'offesi, ond'ora merti

provar dell'ira sua tal crudeltà!

Pietà signor, pietà.

ANTIOCHIANO

Questo è il premio dovuto,

ch'a mezzani amorosi alfin si dà,

IRENO

Pietà signor, pietà.

ANTIOCHIANO

Accòstati.

IRENO

Pietà: morto son io.

ANTIOCHIANO

Carnefice non son, né 'l ferro mio

di vil sangue giammai fu sitibondo.

IRENO

Se la lingua mi lasci,

pubblicherò l'alte tue glorie al mondo.

ANTIOCHIANO

Illeso andrai, se d'eseguir prometti

quanto dirò.

IRENO

Comanda.

ANTIOCHIANO

Vuò, che da questa reggia,

il piè allontani, intanto

sappi fingerti muto appresso Flora.

IRENO

Altro modo chiedi? Io ciò prometto, e giuro.

ANTIOCHIANO

Così restar vedrai

Flora schernita, io pago, e tu fiero:

ritirati, vien gente: opra da astuto.

IRENO

Non dubitar, non parlo più, son muto.

Ireno ->

 

ANTIOCHIANO

O perfida corte!  

O mostro d'orrori!

Sirena de' cori!

Col volto ingannando

tradisci allettando

prometti dolcezze,

ma doni amarezze

peggiori, che morte.

O perfida corte!

Antiochiano ->

 

Scena quattordicesima

Flavia, Nisbe, in disparte.

<- Flavia

 

FLAVIA

Dimmi o misero core  

dal destino, e d'amore

combattuto, che speri? E che farai?

Quando avrai pace? Ah mi rispondi mai.

 

Zeffiretti, che spirate  

qui d'intorno un dolce fiato,

del mio core innamorato

l'ardor fiero, deh temprate.

(siede appresso una fonte)

Ma 'l mormorio soave

di quest'onda cadente

par, ch'al sonno m'alletti:

troppo vegliaste afflitte mie pupille!

Date dolce riposo al cor dolente.

 

<- Nisbe

NISBE

(Ecco Flavia, ed è sola: o bella sorte  

ch'augusto avria di raddolcirsi 'l duolo?

Voglio aiutarlo: a lui rapida volo.)

 

Nisbe ->

FLAVIA

Dormite sì, dormite  

o luci innamorate,

e v'apporti ristoro

ombra de' vostri sogni il sol ch'adoro.

(s'addormenta)

 

Scena quindicesima

Flora, Flavia addormita.

<- Flora

 

FLORA

Io per Flavia sprezzata!  

Per beltà contumace

cesare m'abbandona, e chi rubella

fu sua infausta cometa, ora è sua stella!

Io cui cinger dovea

regio diadema il crine, in breve infrante:

dalla grazia d'Augusto oggi decado

e taccio? E 'l soffro? E invendicata io vado?

No 'l soffrirò no no: con questo ferro

di quante ingiurie ad onta

contro di me l'instabil diva aduna

la ruota inchioderò della fortuna:

svenerò Flavia.

(qui la vede addormita)

O cieli! Ecco addormita

la mia nemica! Da profondo sonno

ha prima di morir tomba la vita:

disumanati o core, acuto stilo

or troncherò della sua vita il filo.

(s'avventa contro Flavia per ucciderla)
 

Scena sedicesima

Eliogabalo, Flavia, Flora.

<- Eliogabalo

 

ELIOGABALO

Ferma iniqua: che tenti?  

Dar morte a Flavia?

FLAVIA

(svegliata)

A me? Cesare aita.

Non temer: bella in te sta la mia vita.

FLORA

Signor.

ELIOGABALO

Taci.

FLAVIA
(a Flora)

Crudel.

FLORA

(Astri perversi!)

(a Eliogabalo)

Forza d'amor.

ELIOGABALO

Non più.

Togliti dal mio aspetto

indegna di mirar chi m'innamora:

parti.

FLORA

Fortuna infida;

è più pazza di te chi in te si fida.

Flora ->

 

Scena diciassettesima

Eliogabalo, Flavia.

 

ELIOGABALO

Vedi o Flavia s'io t'amo!  

Alla morte t'involo.

Ardo o cruda per te, per Flora io gelo,

e in inferno mi cangio a chi fui cielo:

che vuoi più? Di'? Che brami?

FLAVIA

Cesare tu non m'ami.

ELIOGABALO

Che vorresti? Disciolto

da' ferri il genitor? Oggi l'avrai

libero da catene:

che vuoi più? Di'? Che brami?

FLAVIA

Cesare tu non m'ami.

ELIOGABALO

Vuoi questo cor? Te 'l diedi:

vuoi l'alma? È nel tuo seno:

brami scettro? Diadema?

Sudditi? Gemme? Impero?

Tutto avrai: bella chiedi

quanto darti poss'io.

FLAVIA

A chi morta mi vuol, morte desio.

(parte irata)

Flavia ->

 

ELIOGABALO

Morirà Flora: sì: farò, che scenda  

a crescer crudeltà nel basso chiostro

questo di ferità perfido mostro.

 

Scena diciottesima

Eliogabalo, Tiberio.

<- Tiberio

 

ELIOGABALO

Tiberio, ti sia legge  

il mio comando.

TIBERIO

Trasgredir non oso.

ELIOGABALO

Sarai di Flora.

TIBERIO

O sorte!

ELIOGABALO

Il ministro fatal della sua morte.

TIBERIO

Come!

ELIOGABALO

Estinta la vuò.

TIBERIO

Barbaro impero!

Non ascolto ragioni,

fa' che l'empia sia esposta

nel serraglio ai leoni.

 
(Eliogabalo soprapreso da' suoi pensieri amorosi passeggia per il giardino)
 

TIBERIO

Far morir Flora? Oh dio!  

Il genio innamorato

carnefice spietato

come far si potrà dell'idolo mio!

Far morir Flora? Oh dio!

(parte)

Tiberio ->

 

Scena diciannovesima

Antiochiano, Eliogabalo.

<- Antiochiano

 

ANTIOCHIANO

Cesare il parto audace  

Roma a guerra disfida, e tu non l'odi?

Violar della pace

osa le leggi, e in amorosi nodi

spensierato ne stai? Scusami: il zelo

di suddito fedel fa', ch'io disciolga

liberi sì, ma ben devoti accenti:

a sussurrar non senti

le milizie col dir, ch'in ogni parte

cangi in dardo d'amor l'asta di Marte.

ELIOGABALO

Favorisce la sorte a' miei desiri.

A fiaccar l'alto orgoglio

del superbo Artabano

Alessandro n'andrà.

ANTIOCHIANO

Prode guerriero

scegli o signor, ma di tua spada il lampo

le legioni latine

braman veder a fulminar in campo.

ELIOGABALO

Vuò, che parta Alessandro: il suo valore

qual fierezza non doma?

Ei sia Marte tra l'armi, io Giove in Roma.

ANTIOCHIANO

(nel partire)

(Di qualche bella in seno

Giove sarai, che con lasciva bocca

invece di saette, baci scocca.)

Antiochiano ->

 

ELIOGABALO

Celar d'amor la fiamma  

non posso, oh dio, non so;

quell'incendio, ch'infiamma

asconder non si può.

Celar d'amor la fiamma

non posso, oh dio, non so.

 
(qui termina senza ballo, perché questo succede nella scena quinta dell'atto terzo)
 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Logge reali con trono.

Eliogabalo, Alessandro
 
Eliogabalo e Alessandro
Sommo ben / Sommo mal

Chi fuggir le saette

Alessandro
Eliogabalo ->

Alessandro ->
<- Flora, Tiberio

Soffri Tiberio, e taci

Tiberio
Flora ->
Tiberio ->
<- Eliogabalo
Eliogabalo
<- Antiochiano, Alessandro

Cesare, è giunto in corte

Eliogabalo, Antiochiano, Alessandro
<- Flavia, Domizio, Ireno, littori

(Flavia e Domizio prigionieri)

Flavia e Domizio
Di fato spietato

Signor, ecco eseguito

Eliogabalo, Antiochiano, Alessandro, Flavia
Domizio, Ireno, littori ->

Dolce pietà mi sforza

Eliogabalo, Alessandro, Flavia
Antiochiano ->

Flavia, per tua prigione

Alessandro, Flavia
Eliogabalo ->

Come o numi potrò, ditelo voi

Flavia, Alessandro ->
<- Flora, Ersillo

Ersillo, che mi narri!

Flora
Ersillo ->

Perirà Flavia, e Ireno

Flora ->
<- Flavia, Nisbe

Fortuna il crin ti porge

Nisbe
Flavia ->

Salda è la rocca: pure

Prigione orrida.

cavalieri romani, Domizio
 

(cavalieri romani e Domizio incatenati)

cavalieri romani, Domizio
<- Ireno, Alessandro
cavalieri romani, Domizio, Alessandro
Ireno ->

Domizio tu abbandoni

cavalieri romani, Domizio, Alessandro
<- Flavia

Mira Domizio, mira

cavalieri romani, Domizio, Flavia
Alessandro ->

Padre / Figlia / Il destino

cavalieri romani, Domizio, Flavia
<- Ireno

All'uscire, all'uscire

Appartamenti d'Alessandro, che corrispondono in un delizioso giardino.

Eliogabalo, Nisbe
 

Arde per Alessandro

Eliogabalo
Nisbe ->
Eliogabalo ->
<- Ireno, Antiochiano

Signor, sorte opportuna

Antiochiano
Ireno ->
Antiochiano
O perfida corte!
Antiochiano ->
<- Flavia

Dimmi o misero core

Flavia
<- Nisbe

(Nisbe in disparte)

Ecco Flavia, ed è sola: o bella sorte

Flavia
Nisbe ->

Dormite sì, dormite

(Flavia addormentata)

Flavia
<- Flora

Io per Flavia sprezzata!

Flavia, Flora
<- Eliogabalo

(Flora s'avventa contro Flavia per ucciderla; Flavia si sveglia)

Ferma iniqua: che tenti?

Flavia, Eliogabalo
Flora ->

Vedi o Flavia s'io t'amo!

Eliogabalo
Flavia ->

Morirà Flora: sì... farò, che scenda

Eliogabalo
<- Tiberio

Tiberio, ti sia legge

Eliogabalo
Tiberio ->
Eliogabalo
<- Antiochiano

Cesare il parto audace

Eliogabalo
Antiochiano ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima
Campidoglio. Cortile regio. Di notte; stanze di Flavia nel suo palazzo situato fuori Roma. Piazza di Roma illuminata in tempo di notte. Logge reali con trono. Prigione orrida. Appartamenti d'Alessandro, che corrispondono in un delizioso giardino. Apparato di mensa imperiale tra le delizie del giardino regio. Cortile regio, ch'introduce al serraglio delle fiere. Quartieri de' soldati pretoriani. Sala regia.
Atto primo Atto terzo

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