Atto secondo

 

Scena prima

Clori, e Zeffiro.

 Q 

Clori, Zeffiro

 

CLORI

O campagne d'Anfitrite,  

come lieta vi rimiro?

Come sete a me gradite

pure valli di zaffiro?

Qui dell'onda increspa il grembo

ventilando amica auretta,

qui distilla al core un nembo

del piacer, che più m'alletta.

Chi non crede, che Cupido

là nascesse ov'è Citera;

dalla vista d'un bel lido

veggia il mar di primavera.

Creda pur guardo terreno,

che l'oggetto più gentile

è mirar cielo sereno,

e mar lieto in vago aprile.

 

ZEFFIRO

Giovinetta, che sì dolce    

qui del mar dispieghi i vanti,

mentre l'aura il cor ti molce,

da quest'ombre odi i miei canti.

S

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CLORI

Qual di non più sentita amabil voce  

almo divino suon l'aria serena?

Qualunque tu ti sia

di questo mar sirena,

o pur nume gentil di queste piante;

segui pur la dolcissima armonia,

ch'arresta l'onde, e rende il cielo amante.

 

ZEFFIRO

Ben ragione hai di lodare  

di Nereo le valli ondose,

poi che quanti ha pregi il mare

tutt'il cielo in te ripose.

Là, nell'indiche maremme

mille son perle ridenti;

tu più liete, e care gemme

bella ninfa hai ne' bei denti.

Serba porpore pregiate

la marina alma di Tiro;

ma più belle, e più beate

ne' tuoi labbri, io le rimiro.

Sorge il sol dall'onde fuore

dileguando il fosco velo;

da te sorge il sol d'amore,

e languir fa l'altro in cielo.

Ma, sì come nel suo letto

chiude il mare alpestre scoglio;

così temo, chi 'l tuo petto

non sia tale al mio cordoglio.

 

CLORI

Bramo insieme, e pavento  

veder chi sì soave

fa l'aria innamorare al bel concento;

bramo insieme, e pavento;

che forse in simil canto

Giove venuto augello

ingannò Leda al chiaro Eurota accanto.

Deh, se qual sei gentile

nella bella tua voce,

tal con pudica ninfa

nell'opre non sei vile;

a mia preghiera umile

mostrati, amabil nume, agl'occhi miei,

mostrati qual tu sei.

ZEFFIRO

Eccomi in quel sembiante,

onde l'aria innamoro;

ecco Zeffiro amante,

o mia Clori, o mio sole, o mio tesoro:

tu taci, e chini a terra

i leggiadretti lumi?

Tu taci, non mi guardi, e mi consumi.

Mirami; io son quel vento, io son quel dio,

ch'apporto primavera;

conforto della sera,

dell'erbette desio;

quel bel vento, quel dio,

ch'a far la terra, a far il ciel ridente

spiego vanni d'amor dall'occidente.

Tu taci, e chini a terra

i leggiadretti lumi?

Tui taci, non mi guardi, e mi consumi.

CLORI

Taccio, perché mi pento

del mio folle desio,

né voglio per amante, o vento, o dio.

ZEFFIRO

Ah Clori; io non son Austro,

ch'a d'atri nembi coronato il crine;

non son Borea nevoso

orrido apportator delle pruine:

lusinghiero vezzoso

son io de' cari sonno; e dell'estate

refrigerio amoroso;

né di te forse indegna è mia beltate.

CLORI

Per le valli odorate,

per l'aria rugiadosa,

altra cercati pure amante, e sposa;

io nemica d'amore,

seguir voglio di Cinzia il bel desio;

addio Zeffiro, addio.

ZEFFIRO

Ferma il piede, o mia vita:

puoi far di non amarmi,

ma non puoi far giammai,

ch'io non t'ami, e ti segua ove tu vai.

Clori, Zeffiro ->

 

Scena seconda

Amore, e Mercurio.

<- Amore, Mercurio

 

AMORE

È pur gran cosa, o Marte,  

che tu, come t'aggrada

roti l'asta, e la spada;

e tu, come ti pare,

sferzi l'alto tridente,

superbo dio del mare;

e tu, come ti pare, invitto Giove,

disserri giù dal cielo

l'onnipotente telo;

sol io tra tutti voi,

sol io non posso oprar, come desio

la mia face, il mio dardo, e l'arco mio.

Vana, superba madre,

or mi prega, or mi sforza;

e quasi non fuss'io

solo signor dell'alma,

vuol de' trionfi miei per sé la palma.

MERCURIO

O vezzoso fanciullo,

se tu non fussi, come sei sdegnato,

teco a goder quest'aura,

oggi mi fermerei su questo prato.

AMORE

Mercurio, ho ben ragione

di cotanto disdegno.

MERCURIO

Deh, se pur ne son degno,

pargoletto gentile,

dimmi dell'ira tua l'alta cagione.

AMORE

Io, per fare i miei pregi,

per due discordi affetti,

in cielo, in terra, in mar vie più famose;

nel mio petto disposi,

ch'al dolce ardor di Zeffiro, rubella

fusse Cloride bella:

Vener mi contraddice;

e per farmi dispetto,

e per darmi cordoglio,

il contrario vuol far, di quel, ch'io voglio.

MERCURIO

E perché cotant'ira

contro vento sì bello, e sì gentile?

Credimi, amor, che tanto

Zeffiro è nel sembiante a te simile;

che s'ei portasse l'arco,

o tu fussi maggiore;

forse io non saprei dire,

quale Zeffiro fusse, e quale amore.

AMORE

Io, seco non ho sdegno:

così di far mi giova,

per far del mio valor l'usata prova.

Ma, senti, io ti vo' dire

qual mi move cagione;

che sebben son fanciullo,

tutte l'imprese mie fo con ragione.

MERCURIO

Di', che lieto t'ascolto;

e intanto rasserena

degl'occhi il pianto, e del tuo cor la pena.

AMORE

Zeffiro è, qual tu sai,

dal piè vezzoso, alla vezzosa fronte,

tutto grazia, bellezza, e leggiadria;

ora, s'egli vedesse,

ch'a' suoi dolci sospiri, in un istante

provasse egual martiri,

fatta Cloride amante;

crederebbe, che fusse

sola la sua beltà, non il mio dardo

cagione in lei dell'amorosa face.

Ora, perché mi piace,

ch'apprendan questi leggiadretti amanti

tanto a non superbir di lor beltade;

eletto ho, che ritrosa

di Zeffiro all'ardore Cloride sia;

acciò non fresca etade,

non aurora d'un viso,

non sol d'almo sorriso;

ma sol la destra mia

di soggiogar un cor vanto si dia.

Vener, ciò mi contrasta;

e quas'io non le fusse

figlio, vita, e sostegno;

ammi fa sé scacciato,

m'ha sbandito dal regno:

ma, io piuttosto voglio

ne' deserti Rifei

starmene in abbandono,

ch'a mio modo non far de' strali miei.

MERCURIO

Certo, hai ragione amore;

fa' pur quanto ti piace

de' tuoi strali, dell'arco, e della face.

Ma già non ti vorrei

veder così sdegnoso.

De' mortali diletto, e degli dèi,

orsù, prendi riposo;

ed ecco, ecco rimira

le tue care nutrici,

l'alme grazie felici,

or ascolta il lor canto, e lascia l'ira.

 

Scena terza

Coro di Grazie, Mercurio, e Amore.

<- Le tre grazie

 

LE TRE GRAZIE

Lascia l'ira,  

lascia l'ira pargoletto

se s'adira,

meno è bel tuo bello aspetto:

lascia l'ira,

lascia l'ira pargoletto.

 

MERCURIO

Amor, per tuo diletto  

vo' dir qual alte prove

facesti già nel petto

del sempiterno Giove;

ascolta, or tu, mio canto,

e godi l'aura intanto.

Già vinto il gran tonante,

Encelado, e Tifeo.

Del folgor trionfante

alzava in ciel trofeo;

Amor, tu sorridesti,

e volto, a lui dicesti.

Se, tra l'immagini belle

del luminoso campo,

fregiar vuoi d'auree stelle

il tuo fulmineo lampo;

qual al mio stral darai

onor, d'eterni rai?

Ferì tuo fiero telo

i figlio della terra;

te regnator del cielo,

mio dardo ogn'ora atterra;

or, vedi quanto vale

il mio, più del tuo strale.

AMORE

Oh, come lieto ascolto

il dolcissimo suon delle mie lodi?

Segui, Mercurio, segui:

ecco, in sì vago lido,

per meglio udir tuo canto,

tutto lieto m'affido.

MERCURIO

Ei n'ebbe allora sdegno,

e minaccioso disse:

fanciul, nel divin regno

non seminar più risse;

son l'armi tue di gioco,

son l'armi mie di foco.

Tu, gli mostrasti allora

là, tra Fenici armenti,

bellezza, ch'innamora

le stelle, e gl'elementi,

e gli dicesti poi,

or, chi più val di noi?

D'Europa, allora acceso,

lo dio del sommo coro,

a Creta, il caro peso

portò, cangiato in toro;

e tu, con mille scherzi,

per l'onde il pungi, e sferzi.

Or, per quest'acque muggi,

or, solca toro il mare,

e per l'innanzi fuggì

di meco mai pugnare;

così dicendo Amore,

gli sferzi il dorso, e 'l core.

 

LE TRE GRAZIE

Lascia l'ira,  

lascia l'ira pargoletto,

se s'adira,

meno è bel tuo bello aspetto:

lascia l'ira,

lascia l'ira pargoletto.

 

AMORE

O sia quest'aura, o sia  

vostro soave canto;

sento un placido sonno,

che dolce al cor mi stilla alto riposo:

ecco, la fronte, io poso

sulla faretra mia,

e qui m'adagio sulla vaga erbetta:

or, seguitate voi,

che gioconda armonia

i sonni non perturba, anzi gl'alletta.

 

PRIMA GRAZIA

Dormi Amor, che Pasitea,    

con le Grazie sue sorelle

vuol baciar tue luci belle,

ove lieta ella si bea:

dormi Amore, e 'l cor ricrea,

dormi Amore, e da' tuoi strali

abbian pace i cor mortali.

S

SECONDA GRAZIA

Dormi Amore; è qui Talìa,

che ti diede il primo latte,

ribaciar le nevi intatte

del tuo seno ella desia:

dormi, o cara gioia mia,

dormi Amore, e per un poco

ferma i dardi, e spegni il foco.

TERZA GRAZIA

Dormi Amore; e intanto Aglaia,

che tua chioma accoglie in nodi,

loderatti in mille modi,

col gentil figlio di Maia:

or, le braccia al seno appaia,

or, ascondi queste belle

care luci, care stelle.

MERCURIO

Dormi Amore; oh, tu pur sei

ingannevole, e bugiardo:

tu non chiudi ancora il guardo,

tu non dormi, ed io 'l vorrei:

dormi, o gioia degli dèi,

dormi Amor, dormi amor mio,

mia speranza, e mio desio.

PRIMA GRAZIA

Or, sì dormi; or, sì, ch'ascolto

tuoi dolcissimi respiri;

veggio chiusi i due bei giri,

veggio in pace il caro volto:

tieni il guardo Amor sepolto,

il bell'arco posa in terra,

e nel sonno non far guerra.

(qui Mercurio toglie l'armi ad Amore addormentato)

LE TRE GRAZIE E MERCURIO

Amor dorme; Amor ascosa

de begl'occhi tien la face,

l'augelletto, e l'onda tace,

mormorar l'aura non osa:

dormi Amor, dormi, e riposa,

dormi Amore, e 'l duolo inganna,

fa' la ninna, fa' la nanna.

Mercurio, Le tre grazie ->

 

Scena quarta

Coro di Satiri, e Amore.

<- satiri

 

CORO

Lascia il sonno Amore, e mìrati  

arco, e stral tu più non hai:

svelli il crine, e fiero adìrati,

non per questo il troverai:

guai, guai,

guai a te, ch'ogni mortale

vuol punirti d'ogni male.

Te Nettuno in mar sommergere,

fulminar Giove te vuole,

vuolti al cor suoi dardi immergere,

da te sempre offeso, il sole;

non mi duole,

non mi duole, empio Cupido,

de' tuoi danni, anzi ne rido.

AMORE

Ahi, dov'è l'arco mio?

Dove son i miei strali, ov'è la face?

Ah, Cillenio rapace,

tu me la pagherai:

ahi, ahi,

dite Satiri, dèi, dite mortali,

ove sono i miei strali?

CORO

Io no 'l so, né 'l voglio intendere;

sta per me pur senza foco;

ma ben voglio a scherno prendere,

chi di me si prese gioco

o dappoco,

o dappoco, o amor codardo,

che vuoi far, se non hai dardo?

 

AMORE

Così, così son io,  

e tradito, e schernito,

del ciel trionfatore, e d'ogni dio?

Mi pagherete il fio

d'oltraggio tanto acerbo;

madre, Zeffiro, Clori, io ve la serbo.

 

CORO

Su, su tutti fauni, e driadi,

spennacchiamo a lui quest'ali:

su silvani, ed amadriadi,

ei non ha faville, o strali:

or assali,

or ferisci, or fa' vendetta,

o arcier senza saetta.

 

AMORE

Anco i satir villani,  

vil plebe degli dèi,

osan oggi in Amor di por le mani;

oh arco onnipotente, oh dardi miei.

 
Coro di Satiri, che ballando scherniscono Amore.
 

 

Su, su tutti fauni, e driadi,

spennacchiamo a lui quest'ali,

su silvani, ed amadriadi,

ei non ha faville, o strali,

or assali,

or ferisci, or fa' vendetta,

o arcier senza saetta.

 

Fine (Atto secondo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Campi tirreni.

Clori, Zeffiro
 

Qual di non più sentita amabil voce

Bramo insieme, e pavento

Clori, Zeffiro ->
<- Amore, Mercurio

È pur gran cosa, o Marte

Amore, Mercurio
<- Le tre grazie
Le tre grazie
Lascia l'ira

Amor, per tuo diletto

Le tre grazie
Lascia l'ira

O sia quest'aura, o sia

Le tre grazie, Mercurio
Dormi Amor, che Pasitea

(Amore addormentato)

 
Amore
Mercurio, Le tre grazie ->
Amore
<- satiri

(Amore si risveglia)

 

Così, così son io

 

Anco i satir villani

(ballo di satiri che scherniscono Amore)

 
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta
Campi tirreni. Campi tirreni. Campi tirreni. Campi tirreni. Inferno. Campi tirreni. Campi tirreni. Scena orrida. Scena orrida. Campi tirreni.
Prologo Atto primo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

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