Atto primo

 

Scena prima

Reggia di Plutone.
Proserpina seguita dalle Belidi.

Bozzetti

 Q 

<- Proserpina, belidi

 

PROSERPINA

E dove t'aggiri    

tra l'alme dolenti,

se pianti, e sospiri

non altro qui senti;

se pene e tormenti

ingombrano il tutto

d'orror, di strida, di querele, e lutto.

Là Tantalo geme

per l'esca mendace,

qui Sisifo preme

il sasso fugace,

là rostro vorace

di crudo avoltore

sbrana di tizio il rinascente core.

S

Sfondo schermo () ()

 

 

E in quest'orrido abisso  

ho da viver sepolta? O cielo, o dèi,

son questi gl'imenei

di Proserpina vostra?

Dunque senz'altra colpa, che d'esser, qual si sia,

questa bellezza mia

piaciuta al re dell'ombre,

esser devo in eterno

condannata all'inferno?

 

Scena seconda

Proserpina, Plutone corteggiato da vari Spiriti, e Mostri infernali.

<- Plutone, spiriti, mostri infernali

 

PLUTONE

Che piangi amata sposa?  

PROSERPINA

I miei fati crudeli.

PLUTONE

A torto ti quereli.

PROSERPINA

In vita sì penosa?

PLUTONE

E pur tu sei regina.

PROSERPINA

E di che regno, o Pluto?

PLUTONE

Del più grande, e temuto,

che al tuo piede s'inchina.

 

PROSERPINA

E sol per la fiera  

Megera

tal regno;

PLUTONE

Chi tanta sventura

non cura,

n'è indegno.

PROSERPINA

E questo uno stato

beato

si dice?

PLUTONE

Chi può quel, che brama,

si chiama

felice.

PROSERPINA

Tra pene sì amare

regnare

non vo'.

PLUTONE

Col regno martire

soffrire

si può.

PROSERPINA

Duro è sempre il penar.

Insieme

PLUTONE

Dolce è sempre il regnar.

 

PROSERPINA

La pena è grave.

PLUTONE

Ma il dominio è soave.

PROSERPINA

È troppo amaro.

PLUTONE

Ma troppo amato, e caro.

PROSERPINA

Il regio soglio no ch'aver no 'l voglio.

Insieme

PLUTONE

A tal prezzo sì sì ch'aver lo voglio.

 

Scena terza

Discordia sopra un drago, Plutone, Proserpina.

<- Discordia

 

DISCORDIA

(Io che reggo lo scettro  

de' voleri discordi,

or sovra i miei regnanti

pur al fin di regnare ottengo i vanti.)

Riveriti miei regi

se de' vostri contenti

turba il dolce seren nube importuna

di sinistra fortuna,

la cagione se n'ascriva

al partimento iniquo, ed inumano

del retaggio paterno,

che fe' l'alto germano;

ei v'assegnò l'inferno,

centro solo di pene, e di tormenti,

e per sé prese il cielo,

ch'è sfera dei contenti, ove, sbandita

ogni cura molesta,

passa sol la sua vita in gioia, e in festa.

 

PLUTONE

Purtroppo ineguali  

tra loro discerno

del cielo il governo,

e gl'antri infernali.

DISCORDIA

Un tanto svantaggio

non è da soffrire,

si torni a partire

l'antico retaggio.

PROSERPINA

Sì, sì, ch'è ben giusto,

che Giove t'assegni

la parte dei regni,

che usurpasi ingiusto.

PLUTONE

Con lui tutti uniti

si sono gli dèi,

il torto averei

nel muovergli liti.

DISCORDIA

Per farli discordi

quest'opra prometto,

io vo' ch'ogni affetto

tra loro si scordi.

Tra lor sian contese

e vengano all'armi,

il vanto vo' darmi

di far quest'imprese.

PLUTONE

Se tanto ti lice...

PROSERPINA

Se tanto tu puoi...

PROSERPINA E PLUTONE

La speme avrem noi

di sorte felice.

PLUTONE

Va' dunque, ed ultrice

dei nostri gran danni,

di quel mostro infernal

dispiega i vanni.

 

DISCORDIA

Ecco di Giove a scherno  

me ne volo a portar nel ciel l'inferno.

 
La Discordia sul drago che getta fuoco dalla bocca sparisce a volo.

Discordia ->

 

PLUTONE

Tranquillisi il seno,

ch'avrem fra poch'ore

fortuna migliore,

godendone appieno.

PROSERPINA E PLUTONE

Per noi sol sereno

è il ciel, se vi desta

la Discordia tra i numi aspra tempesta.

Plutone, Proserpina, belidi, spiriti, mostri infernali ->

 
 

Scena quarta

Reggia di Giove col convito degli dèi.
Giove, Giunone, Pallade, Venere, Apollo, Marte, Nettuno, Bacco, Mercurio, Ebe coppiera di Giove. Ganimede coppiero degl'altri Dèi. Momo buffone, coro di Semidei, che serve alla tavola.

Bozzetti

 Q 

Giove, Giunone, Pallade, Venere, Apollo, Marte, Nettuno, Bacco, Mercurio, Ebe, Ganimede, altri dei, Momo, semidei

 

APOLLO

Questo calice spumante  

gran tonante

a tua gloria ecco ch'io voto,

ma ben presto lo riempio,

nostro esempio

segua Marte a te devoto.

MARTE

Sì gran patera di vino

al divino

tuo poter consacro anch'io;

colmo m'ha di gioia il seno;

or ripieno

a Nettuno ecco l'invio.

MOMO

Questo no, che non sta bene,

non conviene,

dar il vino al dio dell'acque.

NETTUNO

Benché in sorte avessi il mare,

di nuotare,

entro il vin sempre mi piacque.

In salute del germano

l'oceano,

se vin fosse, io beverei.

MOMO

Non giurar, che te lo credo,

ben lo vedo;

come trincan questi dèi!

NETTUNO

Cedo o Bacco al tuo gran nume,

le tue spume

delle mie sono migliori;

prendi pure il tuo conforto,

ch'io ti porto

in sì amabili liquori.

BACCO

Del gran Giove all'intenzione

fo ragione

ancor'io con questa coppa.

MOMO

È pur grande, e colma bene,

quanto tiene?

E nessun mai dice è troppa.

BACCO

Or, Cillenio, ch'io l'ho tutta

ben asciutta,

riempir a te la devo.

MERCURIO

Con l'affetto del mio core

in onore

del gran padre io me la bevo.

MOMO

Deh per grazia, o bottigliero

un bicchiero,

che ancor'io vo' far mie prove;

merci pur della vernaccia;

così faccia,

chi vuol bene a messer Giove.

MARTE

Per la diva,

che m'avviva,

suggo il balsamo vitale.

VENERE

Viva Marte,

che nell'arte,

della guerra è senz'uguale.

 

MOMO

Questo Marte ora, ch'è a cena,    

come mena ben le mani?

Ha spolpati due capponi,

sei pipioni, e tre fagiani.

Della fame solo parmi,

non dell'armi, esser il dio;

se alla guerra sei sì bravo,

ti son schiavo bene mio.

S

Sfondo schermo () ()

 

GIOVE

Ai vostri dolci inviti  

vo' rispondere o numi

co' l'ambrosie celesti.

EBE

Eccomi pronta;

su su dunque su presti

il nettare mescete.

MOMO

Ma sia pieno il bicchiero

da cavarli la sete;

perché per dir il vero

egli è andato sin or mutando a secco;

Ebe spedisci.

EBE

Ed ecco

colmo lo porto; ahimè.

GIUNONE

Figlia, che fai?

EBE

M'è sdrucciolato un piè.

GANIMEDE

Questo è un gran fallo.

GIOVE

E che fu del cristallo?

EBE

È sano.

GANIMEDE

Sì, ma voto,

poi che tutta in cadere

ha data al pavimento

la dolce ambrosia a bere.

GIUNONE

Ohimè che sento?

GIOVE

Sì dunque si trascura

ufficio sì stimato?

MOMO

Giove è molto sdegnato.

GIUNONE

O gran sventura.

EBE

Errai signor, no 'l nego,

ma del perdon ti prego.

GIUNONE

E ben lo merta

involontario errore.

GIOVE

È troppo grave.

GIUNONE

Sai pur, ch'è figlia mia?

GIOVE

Per ciò minore

la sua pena sarà; deposta sia

dal suo gran ministero.

GIUNONE

Per sì lieve fallir?

GIOVE

Non più contrasti,

voglio un altro coppiero, e tanto basti.

 

EBE

Chi sua sorte  

pescar

della corte

nel mar

sperando va,

impari oggi da me,

che lo sdrucciol d'un piè

naufragio fa.

 

 

Addio stellanti lumi,  

addio reggia, addio numi,

ecco il nappo gemmato,

che per maligno fato

a più felice man da me si cede.

Ebe ->

 

GIUNONE

Ed a chi si consegna?  

GIOVE

Ad una man più degna, a Ganimede.

 

GANIMEDE

Mio re, che favori  

immensi son questi?

GIOVE

Tra numi celesti

tu merti gl'onori.

GANIMEDE

Alfin, che son io?

GIOVE

Stimato da un dio.

GANIMEDE

Un posto sì degno

dell'Etra nel regno

effetto fu certo

sol della grazia tua, non del mio merto.

Insieme

GIOVE

Un posto sì degno

dell'Etra nel regno

effetto fu certo

non della grazia mia, ma del tuo merto.

 

Scena quinta

Giove, e gl'altri Dèi, Ganimede.
Momo, la Discordia in una nube passando sopra la tavola senz'esser veduta dai Convitati.

<- Discordia

 

DISCORDIA

Così grande allegria  

saprò ben disturbar con l'arte mia;

ecco spargo tra loro

della discordia il seme

con questo pomo d'oro.

(getta il pomo in tavola, e parte)

Discordia ->

 

GIUNONE

E qual novello Giove  

quest'oro in sen mi piove?

VENERE

È sopra me caduto.

GIUNONE

Ma a me, che son maggiore, è sol dovuto.

 

VENERE

Se il primato si contende,  

io v'aspiro, e n'ho ragione.

PALLADE

Anche Pallade pretende.

GIUNONE

Ma lo deve aver Giunone.

VENERE

Son di Giove figlia anch'io.

PALLADE

Di sua testa io venni fuora.

GIUNONE

È maggiore il pregio mio,

se li son consorte, e suora.

 

MOMO

Oro, e che diavol sei?  

Se tu accendi le risse anche tra i dèi?

GIOVE

Ecco scritta nel pomo la sentenza,

dalla qual non si appella.

GIUNONE, VENERE E PALLADE

A chi si deve dare?

GIOVE

Alla più bella.

VENERE

A me dunque si deve,

che son della beltà l'unico nume.

GIUNONE E PALLADE

Ma non d'ogni bellezza

il pregio a te s'ascriva.

VENERE

Di quella, che tra l'altre

più si stima, e s'apprezza, io son la diva.

Della vaga, e gentile,

leggiadra, ed amorosa.

PALLADE

Questa ha più del virile.

GIUNONE

Questa è più maestosa.

 

VENERE

No, no il pomo no, no  

altrui ceder non vo', no no non io,

non si deve, che a me,

di Venere sol è, lo voglio, è mio.

PALLADE

No, no il pomo no, no

altrui ceder non vo', no no non io,

non si deve, che a me,

di Pallade sol è, lo voglio, è mio.

Insieme

GIUNONE

No, no il pomo no, no

altrui ceder non vo', no no non io,

non si deve, che a me,

di Giunone sol è, lo voglio, è mio.

 

GIOVE

Fermate, olà fermate  

queste risse mal nate.

PALLADE

M'acquieto.

VENERE

Mi rimetto.

GIUNONE

La tua sentenza aspetto.

GIOVE

Egualmente congiunte

non meno, che per sangue

mi siete per affetto,

onde il giudizio mio

tra voi dar non vogl'io;

Paride il saggio, il giusto

del regnatore dell'Asia inclito figlio,

che tra le selve d'Ida

per mantener d'un'incorrotta mente,

e d'un'alma innocente

la virtù, ch'è sì bella,

ma sì poco gradita,

dalla reggia lontan passa la vita;

egli l'arbitro sia,

che la sentenza dia.

 

GIUNONE, VENERE E PALLADE

Sì, sì consento  

nel pastor frigio,

sì gran litigio

per lui sia spento;

sì, sì consento.

 

GIOVE

Vanne Cillenio, e questo pomo d'oro,  

che tra le nostre dive

s'è reso di beltà pompa, e tesoro,

porta al frigio garzone,

ei d'ogni lor ragione

giusto, saggio, e sincero

potrà scoprire, e dichiarare il vero.

MERCURIO

Non s'è per anche d'Ida

alle cimmerie grotte

ritirata la notte,

m'appresterò per tanto al gran viaggio,

per andar quando spunta

del mattutino albore il primo raggio.

Mercurio ->

 

MOMO

E pur il dio de' ladri  

dovrebbe, è già gran pezzo,

a camminar di notte esser avvezzo.

 
Da alcune nubi vien ricoperto il convito, restando fuori Momo.

Giove, Giunone, Pallade, Venere, Apollo, Marte, Nettuno, Bacco, Ganimede, altri dei, semidei ->

 

Questo Paride non ha  

mal concetto appresso Giove,

ma venendosi alle prove,

non so poi quel, che sarà;

io, per dirla come sta,

son un uom, che se non vedo,

e non tocco, non gli credo.

Quanti vidine a miei dì

aver titolo di buoni,

che ho scoperti all'occasioni

per furfanti in cremesì;

se sia Paride così

uom dabbene, come parmi,

voglio andare ad accertarmi.

Momo ->

 
 

Scena sesta

Selva d'Ida.
Ennone sola.

Bozzetti

 Q 

Ennone

 

Che gioia, che senti  

felice mio core

tra fiamme d'amore

sì dolci, e cocenti,

non son sì contenti

i numi lassù,

no, no, che non fu

non è, non sarà

chi goda di me

più lieta l'età.

Di Paride mio

amante, ed amata

in terra beata

ben dirmi poss'io,

è pago il desio,

non chieggo di più,

no, no, che non fu,

non è, non sarà

chi goda di me

più lietà l'età.

 

Scena settima

Paride, Ennone.

<- Paride

 

PARIDE

O mia vita.  

ENNONE

O mio core.

ENNONE E PARIDE

O mio soave ardore,

ove a tuoi dolci rai

senza morir giammai quasi fenice

il mio costante amor

si rinnova ad ognor sempre felice.

 

ENNONE

Ed ove su quest'ora?  

PARIDE

Ad adorar nella nascente aurora

di tue bellezze un raggio.

ENNONE

Ed io seguendo

vado l'orme di lei

gelosa del mio bene.

PARIDE

E di che temi?

ENNONE

Che per addur più luminoso il giorno

con quei gemini soli

de' tuoi begl'occhi, ella da me t'involi.

PARIDE

Lungi dal tuo bel volto,

che di mie gioie il dì solo m'adduce,

sarian quest'occhi miei privi di luce.

ENNONE

Dunque sperar poss'io

di poter sempre dir, Paride mio?

PARIDE

Senz'Ennone mio bene

non proverei, che pene.

ENNONE

Ed altra ninfa

non sarà mai bastante

per toglierti al mio amore?

PARIDE

Nemica, e non amante

sarebbe, e di mia morte,

non già di me invaghita

chi togliermi volesse alla mia vita.

 

ENNONE

Mio caro, e diletto.  

PARIDE

Mia gioia, mio bene.

ENNONE E PARIDE

Che dolci catene

ci stringono il petto!

PARIDE

Non chieggio, non bramo,

non amo

che te.

ENNONE

Quest'alma sincera

è sfera

di fé.

PARIDE

Un servo più fido

Cupido

non ha...

ENNONE

Eterno il contento,

ch'io sento,

sarà.

ENNONE E PARIDE

Godiamoci amanti

costanti

sì, sì,

che l'alme in un core

amore

c'unì.

 

Scena ottava

Mercurio, che scende dal cielo a volo, Ennone, Paride.

<- Mercurio

 

MERCURIO

Paride?  

ENNONE

Ohimè, che fia?

PARIDE

Che nuove porti

messagger degli dèi?

ENNONE

Forse i contenti miei viene a sturbare?

MERCURIO

Delle novelle gare,

che, tra Giunone insorte

e Pallade, e Ciprigna,

turban tutta la celeste corte

per quest'aurato globo, in cui sta scritta

inviolabil legge,

che diasi alla più bella,

per arbitro t'elegge il gran tonante,

eccoti il pomo d'or, tu lo consegna

a chi ti par più degna.

PARIDE

Di bellezze divine,

che solo co' la mente

si ponno contemplare,

come può giudicare occhio terreno?

MERCURIO

Così Giove n'impone, a te le dive

verran per informarti

d'ogni loro ragione, onde le parti

ben vedute, e sentite

possa far la sentenza in sì gran lite.

ENNONE

O lite, che disturbi ogni mia pace...

PARIDE

Non devo contumace

esser di Giove ai riveriti imperi,

per dar giusti, e sinceri i miei giudici

sul pomo controverso, ecco lo prendo,

e le gran dive attendo.

MERCURIO

Ed io ritorno

a dargliele l'avviso.

(vola al cielo)

Mercurio ->

 

PARIDE

Che pallor improvviso  

turba il tuo bel sereno?

ENNONE

O dell'anima mia, non so s'io dica,

o soave contento,

o pur grave tormento,

quel titol, ch'io ti dia comanda Amore,

questo detta il timore.

PARIDE

E perché temi?

ENNONE

Non n'ho forse cagione? Ora che sei

arbitro degli dèi,

questa tua fida ancella

sarà vile appo te;

ti scorderai di me

povera pastorella.

PARIDE

Chi della tua bellezza

Ennone sol si appaga,

ogni pompa disprezza,

e se quest'aureo pomo

ad altri, che alle dive

potesse aggiudicarsi

dalla sentenza mia;

d'Ennone sol saria,

per cui vivo, e respiro.

ENNONE

Al pregio di più bella io non aspiro,

ma della più fedele

al bell'idolo mio, che solo adoro,

ma quando (ah ch'in pensarvi

non so come non moro)

ma quando agl'occhi tuoi pompa lasciva

faran la saggia diva,

la più grande, e possente,

la più vaga, e più bella,

ah che purtroppo ahimè

ti scorderai di me

povera pastorella.

 

PARIDE

E come ben mio  

scordarmi poss'io

tua rara beltà?

Mio core leale,

mia fiamma immortale

per sempre sarà.

ENNONE

Ne vivo sicura?

PARIDE

Amor te lo giura.

 
(esce Aurindo, e seduti insieme Paride, e Ennone, si ritira)

<- Aurindo

 

ENNONE

M'impegni la fé

amante riamata

di me più beata

al mondo non è.

Insieme

PARIDE

T'impegno la fé

amante riamato

di me più beato

al mondo non è.

Ennone, Paride ->

 

Scena nona

Aurindo solo.

 

Ma più sventurato  

di me non è stato,

e mai non sarà,

che in terra non v'ha

più crudo martire,

che veder del suo bene altrui gioire.

O regio garzone,

cui scettri, e corone

il ciel decretò,

non quelle no, no,

t'invidia il mio core,

ma la sorte, che godi oggi in amore.

 

 

Misero, ed è pur vero,  

che quel ben, che mi nega

destin perfido, e rio,

premio dell'amor mio, della mia fede,

prodigo altrui concede?

 

Godi o Paride contento  

de' piaceri il più soave,

ch'io più grave

ho di Tantalo il tormento,

se del cibo, onde beate

saziate

son tue brame,

io digiun moro di fame.

 

Scena decima

Filaura, Aurindo.

<- Filaura

 

FILAURA

Ed ecco quel zerbin, che per amore  

dice sempre, che muore, ed anche è vivo;

Aurindo come stai?

AURINDO

Come di vita privo, e ben tu sai,

che Amor se ben nutrito

di soavi speranze

vuol che senza sperare.

FILAURA

Il tempo spendi.

AURINDO

Ami, non una ninfa,

ma sì ben una belva.

FILAURA

Una belva sei tu, mentre pretendi,

non so con che ragion, ch'ella per te

sprezzi un figlio di re.

AURINDO

Correre i fiumi

onde di pianto amare

io vidi al lacrimare

di questi afflitti lumi, i duri sassi

fin dagl'antri dolenti

forman l'eco talora ai miei lamenti,

replica spesso il suon de' miei sospiri,

ed ella più spietata

d'ogni cosa insensata

mai non sente pietà de' miei martiri.

FILAURA

Che vuoi che faccia? Di',

se fossi Ennone anch'io farei così.

AURINDO

Ah che di latte umano

ella non fu nutrita,

ma del sangue crudel d'un mostro ircano

o dell'atro veleno,

che distillan dal seno api, e ceraste.

FILAURA

Né menti per la gola,

che mostri? Che veleni? E che bugie?

Da queste poppe mie

le più pure, ed intatte,

che mai fossero in Ida

ella ha succhiato il latte

la più soave cosa,

che si potesse aver per far la Mosa.

AURINDO

Poiché sorda tu sei,

vado altrove a sfogar gl'affanni miei

FILAURA

Meglio forse saria,

che tu andassi a guarir della pazzia.

Aurindo ->

 

Che sciocche persone  

son questi zerbini,

sì gran pretensione

con pochi quattrini.

In riga vuol stare

con Paride Aurindo,

e crede passare

per vago, e per lindo.

Son d'oro lo strale,

e l'arco d'Amore,

e l'oro sol vale

a prender un core.

O queruli amante

son vani i sospiri,

ci voglion contanti,

non pene, e martiri.

No, no, non spendete

più tante parole,

ma belle monete,

che l'altre son fole.

Filaura ->

 
 

Scena undicesima

Cortile del palazzo di Paride.
Momo sostenuto dall'Aure cala dal cielo in terra.

Bozzetti

 Q 

<- aure, Momo

 

MOMO

Che bell'andare,  

come in seggette,

farsi portare

da quest'aurette;

volo senz'ale,

come vo bene, e non so dir che male.

O coppia vaga

il vostro stile

molto m'appaga

assai simile

al genio mio,

voi mormoranti, e mormorante anch'io.

Ma già m'avete

condotto al suolo,

tornar potete

per l'aria a volo,

bel modo è questo

da viaggiar a suo bell'agio, e presto.

 
(l'aure a volo spariscono)

aure ->

 

 

Pasquino il mio parente,  

che per esser pungente

si trova, oh strano caso,

senza piè, senza braccia, e senza naso,

che direbbe in vedere,

ch'io sagace, et accorto

con più belle maniere,

ch'ei sul Tebro non tiene,

seguo a dir male, e me n'incontra bene?

Giù dal cielo sbalzato

fu Vulcano, ch'è un nume.

Io venni sulle piume

dell'aure sostenuto, ed adagiato,

che d'aver chi li porti

son de matti, e buffoni usate forti.

Fin che il savio ostentai

io non ebbi mai spaccio,

or che da stolto faccio

trovo in poco cervel fortuna assai,

che politico tratto

per giunger al suo fine è il far da matto.

 

Scena dodicesima

Momo, Paride.

<- Paride

 

MOMO

Ecco Paride viene,  

or vedrò, se in effetto

è conforme al concetto

quell'uom tanto dabbene.

PARIDE

O supremo altitonante,

che del ciel l'imperio reggi,

per l'impresa, a cui m'eleggi,

dammi ancor lume bastante.

MOMO

Mancar non ponno i lumi

all'arbitro dei numi.

PARIDE

E tu chi sei?

MOMO

Il trastul degli dèi,

quest'umor sì galante,

che Momo era già detto.

PARIDE

Quel maligno arrogante?

Quel sì sfacciato, e ardito?

Che da tutti è aborrito?

MOMO

Oggi non più,

che sono in altro stato

da tutti accarezzato.

PARIDE

Mi fai stupir, e come?

MOMO

Cangiai fortuna col mutarmi nome.

PARIDE

E che nome prendesti?

MOMO

Il più caro, e più grato

per farmi ben veder dalle persone,

con questo colmo a lato

altri mi chiama il matto, altri il buffone.

PARIDE

E con questo ora devi

dar le botte più lievi

di quelle, che solea con stil pungente

a tutti indifferente

dar tua lingua mordace.

MOMO

Oh questo no

di smetter non mi piace;

che molto ben si può schietto, e sincero

da un matto, o da un buffon sentirsi il vero.

PARIDE

Ma il mal giammai, che se n'incontra danno

e non si può soffrire.

MOMO

Ma se gl'altri lo fanno,

perché no 'l posso io dire?

PARIDE

Perché non può piacere,

questo è un spender l'ingegno

per farsi mal volere.

MOMO

Io dico quel, che voglio,

e nessun se n'offende,

anzi gran gusto prende

chi può legger talor qualche mio foglio.

PARIDE

Dir mal è sempre male.

MOMO

Anzi ch'è bene;

così del mal oprar punito viene

chi per sua grandezza

non temendo le leggi, Astrea disprezza.

 

Scena tredicesima

Paride, Momo, Giunone, che scende dal cielo in una gran galleria ripiena d'oro, gioie scettri, corone, eccetera.

<- Giunone

 

PARIDE

Ma che veggio? Dal cielo  

scender una gran parte

dell'empirea magione?

MOMO

Questa mi par Giunone,

che se n' venga a trovarte.

PARIDE

Che pompa maestosa?

Ben si vede, ch'a Giove è suora, e sposa.

MOMO

Che meraviglia sia,

che dell'oro la forza

la calamita sia, che tiri ogn'uomo,

se quest'aurato pomo

in fin dal cielo fa calar gli dèi?

GIUNONE

Paride?

PARIDE

A te m'inchino.

MOMO

Ed io sol di quegl'ori

all'alta maestà,

ch'è la più gran deità, ch'oggi s'adori.

GIUNONE

Come sempre stimai

il tuo sangue reale a me devoto,

così ancora al tuo voto

la mia giustizia confidar bramai,

per me dal gran sovrano

a me sposo, e germano, ora tu sei

di contesa sì grande arbitro eletto,

e se i diritti miei

non m'usurpi per altri, io ti prometto,

premi di te ben degni

dell'Asia, e dell'Europa

tutti i più ricchi, e più potenti regni.

MOMO

L'offerte di Giunone

le fan vincer la lite

senza tanto cercar s'abbia ragione.

PARIDE

Al tuo gran merto sol, o bella diva,

non ai doni s'ascriva,

se la lentezza mia farà qual chiedi.

GIUNONE

Paride qual si sia

la beltà di Giunon, conosci, e vedi,

soggiunger d'avvantaggio

un offender sarebbe

d'un arbitro sì saggio

il giudizio sincero;

parto contenta, e la vittoria spero.

PARIDE

Vanne pure, e confida

di ritrovar d'Astrea le lanci in Ida.

Giunone ->

 

MOMO

Se tutti i litiganti,  

che tanti n'hanno, e tanti

del mondo i tribunali,

con sì ricchi regali

se ne venisser via,

che bel mestiero il sentenziar saria!

 

PARIDE

Che volto?  

Che ammiro?

Che ascolto?

Che miro?

Che m'offre Giunone?

MOMO

Che gran tentazione!

PARIDE

Che tratti

celesti?

Che patti

son questi?

Che in vincer propone?

MOMO

Che gran tentazione!

PARIDE

Onori?

Ricchezze?

Tesori?

Grandezze?

E scettri, e corone?

MOMO

Che gran tentazione.

 

PARIDE

E che dici?  

MOMO

Che ogn'altri

per premio assai minore

darebbe la sentenza in suo favore.

PARIDE

E che direbbe il mondo?

MOMO

Che tu avessi cervello;

non sai che dai più saggi a chi più spende

la giustizia si vende?

PARIDE

In questa forma

si assassina la gente?

MOMO

Procura pur procura

d'esser ricco, e potente, altro non cura.

Conoscerai per prova,

che quanto un grande fa, tutto s'approva.

 

Ai ricchi quel più,  

che voglion far lice,

in loro si dice,

che il vizio è virtù.

Un Mida non v'è

sì iniquo nell'opra,

che il tutto non copra

con l'oro, ch'ei fe'.

Sia pur quest'età

di ferro ben vile,

che un lustro gentile

dall'oro averà.

 

Scena quattordicesima

Paride, Momo, Pallade armata, che scende dal cielo sotto un grand'arco trionfale, assisa tra varie spoglie, e trofei.

<- Pallade

 

PARIDE

Ma che nobil trionfo  

si scopre agl'occhi miei?

MOMO

Superba mostra

da comparire in giostra.

PARIDE

Conosci tu chi sia?

MOMO

Pallade è questa,

vedi, che porta in testa il moriglione.

PARIDE

Vorrà forse con l'armi

sostener sua ragione?

MOMO

Quanto sarebbe meglio

per vincer la sua lite

scoprire il seno ignudo,

che armata comparir d'usbergo, e scudo.

PALLADE

Paride, son sì certa

della giustizia tua, che vincitrice

d'uscir dalla contesa

l'anima mi predice,

onde a te lieta, e di vittoria in segno

trionfante ne vegno.

PARIDE

La tua nobil bellezza,

a cui dà la fierezza

l'amoroso piccante,

ogni spirto guerrier sì rende amante.

PALLADE

So, che Giunon superba,

so, che Venere folle

lusingar ponno un core

avaro, e vile, effeminato, e molle:

ma d'ogni altro maggiore

il tuo spirto reale,

che dall'alto natale

trasse senno, ed ingegno

e generoso, e degno,

nel giudicar tra noi

conoscer si farà stirpe d'eroi;

e tu quando risolvi

il pomo aggiudicarmi, a tanti pregi

aggiungerai per me quello dell'armi,

che sempre vincitore in mare, e in terra

sarà il tuo gran valore

riverito, e temuto in pace, e in guerra.

PARIDE

Già stanno, e frigi, e lidi alla bell'ombra

di pacifiche olive,

ed il mio patrio regno

da nemici sicuro in pace vive,

non m'occorre pugnar, vincer non curo,

non per questo m'avrai

favorevole meno al tuo desio,

quanto all'arbitrio mio

può stendersi a tuo pro, tutto prometto.

PALLADE

Dunque sicura aspetto,

che da te si decida

di Pallade in favor l'alta disfida;

intanto al ciel ritorno

per ostentar in breve

lassù tra gl'altri dèi

della vittoria mia gl'aurei trofei.

Pallade ->

 

MOMO

Questa Pallade è nata  

del cervello di Giove, e non l'intende,

se invaghirti pretende

coll'imprese guerriere in paragone

di ricchezze sì grandi,

che ti offerse Giunone.

PARIDE

È troppo il genio mio contrario all'armi,

non pon queste allettarmi.

 

MOMO

Sventurato  

il soldato

credei sempre, a dire il vero,

quanti affanni

in tanti anni

di sì misero n?

PARIDE

Travagliando,

e stentando

starà sempre terra terra,

se si avanza

di speranza,

ecco un colpo, che l'atterra.

 
 

Scena quindicesima

Per illusione di Venere si muta la scena nel giardino del piacere.
Venere corteggiata da un coro dell'Idee di varie bellezze, e da un coro di Amori, Paride, Momo.

Bozzetti

 Q 

<- idee, amori, Venere

 

MOMO

Ma non son già ubriaco?  

Come, se non mi nuovo,

ero in cortile, or in giardin mi trovo?

PARIDE

Ah che non è stupore;

ecco la dèa d'amore,

che può col suo bel viso

cangiar anche l'inferno in paradiso.

VENERE

Paride, più, che a sdegno,

mi dée muover a riso

la folle pretensione

di Pallade, e Giunone

in voler contrastare

il pregio di beltà con Citerea,

ch'è di beltà la dèa;

io per tale fui sempre

da tutti riverita, ed or mi vedi

corteggiata, e servita

dall'idee le più vaghe

della beltà maggiore,

che s'ammiri nel mondo;

ecco le belle Nore

del principe di Tebe,

del sovran di Corinto,

del re dell'Epiro;

ecco la vaga sposa

del regnante di Tiro, ed ecco quella,

che leggiadra, e vezzosa

non meno, che dei cor, lo scettro tiene

del regno di Micene, ecco di Sparta

la celebre regina.

PARIDE

Oh dio, che veggio?

Una forma divina;

maggior beltà non spero

di rimirar giammai;

che folgoranti rai

da far invidia al sole,

certo è celeste prole.

VENERE

A Giove è figlia,

ed Elena s'appella,

la maggior meraviglia, e la più bella,

ch'abbia prodotto il cielo.

 

PARIDE

Stupore  

maggiore

no, no, non si mira,

il cielo in un volto

raccolto

s'ammira.

 

MOMO

Oh che semplice augello, o come presto  

è calato al zimbello.

 

PARIDE

S'è tutta

ridutta

quest'alma in un guardo,

già 'l core vien meno;

nel seno

tutt'ardo.

 

MOMO

Che tenero pollastro,  

posto al foco d'amore,

cuoce al primo bollore.

VENERE

Questa è semplice imago,

ma più bello, e più vago

il sembiante verace

in Elena risplende; e se ti piace,

sappi, che il possedere

così rara bellezza è in tuo potere.

PARIDE

E come aver poss'io sì gran tesoro?

VENERE

Con questo pomo d'oro.

MOMO

Con l'oro si fa tutto.

VENERE

Che s'io vinco la lite,

tu goderai di mie vittorie il frutto.

PARIDE

Tanto dunque confidi

di poter operare?

VENERE

Io t'assicuro,

che tua sola sarà, così ti giuro.

PARIDE

Paride fortunato, e quando mai

tal fortuna sperai?

VENERE

Vanne pur a trovar Elena a Sparta,

che per farla tua preda

basta, che là tu giunga, ella ti veda,

tuo pensiero sia questo,

sarà mia cura il resto.

PARIDE

In te mi fido;

eccoti l'aureo pomo, io corro al lido.

Paride ->

 

MOMO

Oh che bella carità  

e così per buscar gl'ori

la mezzana degl'amori

anche Venere sarà;

oh che bella carità.

(parte)

Momo ->

 

VENERE

Cingetemi il crine  

o mirti, ed allori,

con teneri ardori

ho vinto alla fine.

Corone fastose,

e belliche imprese

a gioie amorose

si son pur arrese.

Di tante contese

veduto s'è il fine.

Cingetemi il crine

o mirti, ed allori,

bellezze potenti,

che fiamme cocenti

co' vaghi amoretti

ne' petti

accendete

su liete

scherzate,

godete,

danzate,

è giusto ch'a' miei

più chiari trofei,

più celebri onori

festeggi la beltà, scherzin gl'Amori.

Venere ->

 
Segue il ballo delle Idee delle bellezze, e degl'Amori intrecciato da questi con vari scherzi d'archi, e di saette.
 

Fine (Atto primo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Reggia di Plutone.

<- Proserpina, belidi
Proserpina
E dove t'aggiri

E in quest'orrido abisso

Proserpina, belidi
<- Plutone, spiriti, mostri infernali

Che piangi amata sposa?

Proserpina e Plutone
E sol per la fiera

(Discordia sopra un drago)

Proserpina, belidi, Plutone, spiriti, mostri infernali
<- Discordia

Io che reggo lo scettro

Plutone, Discordia e Proserpina
Purtroppo ineguali

Ecco di Giove a scherno

(Discordia sul drago che getta fuoco dalla bocca sparisce a volo)

Proserpina, belidi, Plutone, spiriti, mostri infernali
Discordia ->
 
Plutone, Proserpina, belidi, spiriti, mostri infernali ->

Reggia di Giove con convito.

Giove, Giunone, Pallade, Venere, Apollo, Marte, Nettuno, Bacco, Mercurio, Ebe, Ganimede, altri dei, Momo, semidei
 
Apollo, Marte, Momo, Nettuno, Bacco, Mercurio, Venere
Questo calice spumante

Ai vostri dolci inviti

Addio stellanti lumi

Giove, Giunone, Pallade, Venere, Apollo, Marte, Nettuno, Bacco, Mercurio, Ganimede, altri dei, Momo, semidei
Ebe ->

Ed a chi si consegna?

Ganimede e Giove
Mio re, che favori

(Discordia in una nube passando sopra la tavola senz'esser veduta)

Giove, Giunone, Pallade, Venere, Apollo, Marte, Nettuno, Bacco, Mercurio, Ganimede, altri dei, Momo, semidei
<- Discordia

Così grande allegria

(Discordia getta il pomo d'oro in tavola)

Giove, Giunone, Pallade, Venere, Apollo, Marte, Nettuno, Bacco, Mercurio, Ganimede, altri dei, Momo, semidei
Discordia ->

E qual novello Giove

Venere, Pallade, Giunone
Se il primato si contende

Oro, e che diavol sei?

Venere, Giunone e Pallade
No, no il pomo no, no

Fermate, olà fermate

Giunone, Venere e Pallade
Sì, sì consento

Vanne Cillenio, e questo pomo d'oro

Giove, Giunone, Pallade, Venere, Apollo, Marte, Nettuno, Bacco, Ganimede, altri dei, Momo, semidei
Mercurio ->

E pur il dio de' ladri

(da alcune nubi vien ricoperto il convito, restando fuori Momo)

Momo
Giove, Giunone, Pallade, Venere, Apollo, Marte, Nettuno, Bacco, Ganimede, altri dei, semidei ->
Momo ->

Selva d'Ida.

Ennone
 
Ennone
<- Paride

Ed ove su quest'ora?

Ennone e Paride
Mio caro, e diletto

(Mercurio scende dal cielo)

Ennone, Paride
<- Mercurio

Paride? Ohimè, che fia?

(Mercurio vola al cielo)

Ennone, Paride
Mercurio ->

Che pallor improvviso

Paride e Ennone
E come ben mio
Ennone, Paride
<- Aurindo

(Aurindo si ritira)

 
Aurindo
Ennone, Paride ->

Misero, ed è pur vero

Aurindo
<- Filaura

Ed ecco quel zerbin, che per amore

Filaura
Aurindo ->
Filaura ->

Cortile del palazzo di Paride.

(Momo sostenuto dall'aure cala dal cielo)

<- aure, Momo
Momo
aure ->

Pasquino il mio parente

Momo
<- Paride

Ecco Paride viene

(Giunone scende dal cielo in una galleria ripiena d'oro e gioie)

Momo, Paride
<- Giunone

Ma che veggio? Dal cielo

Momo, Paride
Giunone ->

Se tutti i litiganti

E che dici? / Che ogn'altri

(Pallade scende dal cielo sotto un grand'arco trionfale, tra varie spoglie e trofei)

Momo, Paride
<- Pallade

Ma che nobil trionfo

Momo, Paride
Pallade ->

Questa Pallade è nata

Giardino del piacere.

Momo, Paride
<- idee, amori, Venere

Ma non son già ubriaco?

Oh che semplice augello, o come presto

 

Che tenero pollastro

Momo, idee, amori, Venere
Paride ->

Oh che bella carità

idee, amori, Venere
Momo ->
idee, amori
Venere ->

(ballo delle idee e degl'amori, con vari scherzi d'archi, e di saette)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima
Teatro della Gloria austriaca, in cui si vedono dipinte, e scolpite l'imprese sue intrecciate con vari... Reggia di Plutone. Reggia di Giove con convito. Selva d'Ida. Cortile del palazzo di Paride. Giardino del piacere. Porto di mare. Bocca d'inferno. Porto di mare con un vascello alla vela. Piazza d'armi. Palude tritonia. Caverna d'Eolo. Valle col fiume Xanto. Arsenale di Marte. Mare. Antiteatro. Cedrara. Tempio di Pallade in Atene. Aerea con la via lattea, e sopra la sfera del foco. Atrio del palazzo di Venere. Fortezza di Marte. Villa deliziosa di Paride. Piazza del castello di Marte col suo palazzo nel prospetto e nel mezzo una torre isolata Si cangia la scena inferiore in una gran piazza di ricchi e superbi edifici col mare nel prospetto
Prologo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

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