Atto terzo

 

Scena prima

Caverna d'Eolo.
Eolo, Euro, Austro, Zeffiro, Volturno.

Bozzetti

 Q 

Eolo, Euro, Austro, Zeffiro, Volturno

 

EOLO

O miei spirti, che talora,  

quando fuora

da questi antri al mondo uscite,

con soavi, e dolci sibili,

e con fremiti terribili

del mio nome il tutto empite,

dite, dite

quel, che festi,

vostri gesti

sol quant'odo,

del mio scettro io lieto godo.

AUSTRO

Io dell'Africa figlio,

che in un soffio disfaccio

del canuto Appennin l'antico ghiaccio

a preghiere d'Amore

per distrugger nel core

della figlia d'Acrisio

un indurato inverno,

che credevasi eterno,

fin dagl'eterei campi

gl'ho vibrati nel seno accesi lampi,

e sempre l'ho trovata

nel suo gelo ostinata;

ma appena un aureo nembo

le diluviò nel grembo,

che si videro a un tratto

distemprate le nevi, e 'l gel disfatto

così Giove trasformato

la godé tra chiuse mura,

ch'ove l'oro è penetrato

mai beltà non fu sicura.

Altre volte ei si compiacque

di cangiarsi in cigno, e in toro;

ma la forma, che sol piacque

fu 'l disfarsi in pioggia d'oro.

 

EOLO

Ha la forza dell'oro ogni virtù;  

e che vuoi di più,

riscalda, ed agghiaccia,

bonaccia,

tempesta

negl'animi desta,

risveglia, sopisce,

unisce

i nemici,

disgiunge gl'amici,

gli placa, gl'irrita,

dà morte, dà vita,

fa quel, che vuoi tu.

Ha la forza dell'oro ogni virtù.

 

EURO

Un gran favorito,  

che s'era imbarcato,

col soffio bramato

estrassi dal lito.

Ei provvido, e saggio

suo corso guidava,

e ben s'augurava

felice viaggio;

ma quando nel porto

ridurr'io lo voglio,

egl'urta in un scoglio,

e restavi assorto.

 

EOLO

Sian pur di questo mar l'onde tranquille,  

alle lusinghe sue non presto fede,

ch'ove trovar il porto altri si crede,

s'incontrano talor Cariddi e Scille.

 

VOLTURNO

Io spesi il mio fiato  

in certo pallone,

ch'avendo ambizione

nell'esser gonfiato,

alzato

di salto

si vide sopra tutti ergersi in alto.

Ma cadde, e in cadere

si ruppe, e fu aperto,

e voto di merto

si fece vedere,

e avere

sol pieno

di vanissimo vento il gonfio seno.

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EOLO

Di fortuna il gioco è tale,  

onde scherza a suo volere,

mentre il misero mortale

alza, e abbassa per piacere,

che, per farne sol cadere,

non solleva no: ma sbalza

quei, che privi di merto a un tratto innalza.

 

ZEFFIRO

Ed io Zeffiro con Flora  

coltivai con mani accorte

il giardino della corte,

che di speme sol s'infiora,

questi fior si son nutriti

con affetto, e se sincera,

ma sebben di primavera,

son caduti illanguiditi.

E di questo la cagione

so ben io donde deriva,

dal mancargli chi l'avviva,

ch'è la grazia del padrone.

 

Scena seconda

Giunone sopra una nube, Eolo, coro di Venti.

<- Giunone, coro di venti

 

EOLO

Ma come qui Giunone  

comparisce improvvisa?

GIUNONE

Alta cagione

o monarca de' venti a te mi chiama.

EOLO

E che da te si brama?

GIUNONE

Sturbar un attentato il più perverso,

ed il più scellerato,

che s'udisse giammai.

EOLO

Nuovo gigante

muover forse vuol guerra al gran tonante?

GIUNONE

Più temeraria impresa

è quella, c'ha intrapresa un vil pastore.

EOLO

E che sento? E chi fu?

GIUNONE

Paride.

EOLO

Quel sì giusto?

GIUNONE

Oggi non più,

ma sacrilego ingiusto,

spergiuro, ed infedele

con temerarie vele

per rapir s'incammina

a Sparta la regina

a Menelao la sposa, a noi l'onore

che pur a Giove nostro Elena è figlia,

e già sul curvo abete

per la campagna ondosa il traditore

intrapreso ha il viaggio

senza temer dell'ire

del sovrano tonante

per così grave oltraggio.

EOLO

O grand'ardire.

GIUNONE

Tu ripara agli scherni

d'una beltà rapita,

d'una reggia tradita,

d'un re sì vilipeso,

del cielo tanto offeso,

d'un ospizio violato

con termine sì indegno,

e di Giove a tal segno

dai mortali sprezzato.

 

Su su co' tuoi venti  

frementi

ne desta

sì fiera tempesta,

che il legno

disperso,

sommerso

l'indegno,

sepolti con lui

restino i falli suoi, l'offese altrui.

 

EOLO

Diva, troppo tenuto  

sono alla tua clemenza,

so che poco temuto

sarebbe il mio potere,

se in quest'antri ristretto

s'avesse a contenere,

che solo è tua mercé, non già mio merto,

che me ne renda degno,

poterlo esercitar nel tuo gran regno;

di quanto imposto m'hai

ubbidita sarai.

GIUNONE

Così confido.

EOLO

Ed io così prometto.

GIUNONE

Starò in cielo attendendo

delle promesse tue d'udir l'effetto.

Giunone ->

 

EOLO

Su, su, furie  

della terra,

non tardate,

vendicate

tant'ingiurie

con portare

oggi al mare

orrida guerra.

Su, su furie

della terra.

CORO DI VENTI

Là tutto

rivolgasi

il nostro potere,

il flutto

sconvolgasi

in forme sì fiere,

che Paride assorto

si veda seppellir prima, che morto.

 
(i venti si partono a volo)

Eolo, coro di venti, Zeffiro, Euro, Austro, Volturno ->

 
 

Scena terza

Valle col fiume Xanto, che vi scorre per mezzo.
Ennone sola.

Bozzetti

 Q 

Ennone

 

Ahi lassa dov'è  

l'oggetto adorato,

che invan ricercato

non vedesi, ahimè;

ah lassa dov'è.

Ahi lassa chissà,

dove egli si sia,

dell'anima mia

chi nuove mi dà?

Ahi lassa chissà.

 

 

Ho scorsi e piani, e monti,  

e valli, e boschi, e fonti

né mai sin qui trovato

ho l'amato mio bene;

alle paterne arene

ora rivolgo il piè

sol per veder se forse

ei vi venisse, oh dio,

ricercando di me;

ma folle, che dich'io?

E in sì vana credenza

ancor'io mi lusingo?

E qual Paride bramo io me lo fingo?

 

Scena quarta

Ennone, Aurindo.

<- Aurindo

 

AURINDO

Ma come così afflitta  

la mia bella crudele?

Vo' in disparte sentir le sue querele.

 

ENNONE

Geloso  

timore

deh lascia il mio core;

suo dolce riposo

deh non li sturbare;

ahimè, che scacciare

no, no,

non si può

pensiero affannoso;

geloso

timore

deh lascia il mio core.

 

 

Ah non è più quel tempo,  

che solo a me rivolto

era ogni tuo pensier Paride mio;

non è più questo volto

agl'occhi tuoi sì grato;

l'averti troppo amato

mi rende a te sprezzabile;

o sorte miserabile,

e questa è la mercede,

del mio sincero amor?

AURINDO

Così richiede

la giustizia del cielo.

ENNONE

E che fec'io?

AURINDO

Disprezzi chi t'adora,

ed è ben giusto ancora,

che nell'istesse forme

riceva del tuo affetto

a quel, che ad altri dai, cambio conforme.

ENNONE

È troppa crudeltà

l'aggiunger nuova pena

a chi pensando sta; purtroppo sai

quanto mi sian moleste

queste importune tue vane richieste.

AURINDO

Ogni supplica mia (purtroppo io so)

che a te sempre è molesta, ed importuna,

e per me sempre vana,

e che sperar fortuna

io non posso da te bella inumana,

poiché a guisa dell'ombra,

sebben un sol, tu sei,

che m'abbrucia, e mi strugge,

tu fuggi chi ti segue

per seguir chi ti fugge.

ENNONE

O mi fugga, o mi segua,

o m'ami, o mi disprezzi,

o che m'usi rigore,

o che m'abbia pietà

il bell'idol mio,

sempre da questo core

adorato sarà; restati, addio.

Ennone ->

 

AURINDO

Addio? Che conforto?  

Non posso, che morto,

restar senza te;

dell'anima privo

sai ben, che più vivo

Aurindo non è.

 

 

Ennone dispietata  

ben veggio, che d'un fiume

sol per mio mal sei nata,

che da' suoi freddi umori hai tratto il sangue

per me gelido sempre,

e delle dure tempre

degl'alpestri suoi sassi

ti fu l'alma vestita

per me sempre impietrita; o caro Xanto

se gradisti giammai

quel tributo di pianto,

che più volte sgorgai

nell'ondoso tuo grembo in duo gran fiumi

da questi afflitti lumi;

poiché di me pietà

la tua figlia non ha: permetti almeno,

ch'io la trovi fra poco

nel tuo profondo seno,

che se viver con lei

per mio crudo destino io non potei,

col morir in quest'acque

godrò d'esser sepolto, ov'ella nacque;

tu prendi il corpo mio,

ch'a lei lo spirto invio.

 

Scena quinta

Momo, Aurindo.

<- Momo

 

MOMO

Ferma, che fai?  

Se ti getti laggiù, t'affogherai.

AURINDO

Posso trovar qui solo

il rimedio al mio duolo.

MOMO

T'inganni (io te lo dico

da buono, e vero amico) e che pretendi

di trovar in un fiume?

E che speri cavarne?

Egli non ha, che pesce,

e l'appetito tuo non vuol, che carne.

AURINDO

Tu scherzi, e pur da scherzo

il mio male non è.

MOMO

Ben te lo credo,

ma il rimedio non vedo

vi si possa trovar con l'annegarsi;

non convien disperarsi.

AURINDO

È ben finire

con la vita il martire

allor, ch'in altro modo

non si può terminar.

MOMO

Questo non lodo;

tu sai, che il viver nostro

è giusto una commedia, in cui la parte

o di servo, o di re,

ch'assegnata se gli è, si rappresenta

da ciascuno, che vive,

questo mondo è la scena,

che in varie prospettive, ed apparati

di sì diversi stati

al girar d'una rota

la volubile dèa cangia in un tratto;

ma dopo l'ultim'atto invan s'attende

dell'umane vicende

altra nuova apparenza,

perché quando la favola è finita,

restano spenti i lumi

della speme non men, che della vita,

onde quel darsi morte è un rinunciare

a tutte le speranze.

AURINDO

E che posso sperare?

MOMO

Che si cangi la scena,

e ch'Ennone sdegnosa

ti si renda amorosa.

AURINDO

È impossibil.

MOMO

Perché?

AURINDO

Perché il suo core

da Paride occupato

non ammette altro amore.

MOMO

Paride se n'è andato.

AURINDO

Ed ove è gito?

MOMO

A pescar a reine in altro lito.

AURINDO

Ed Ennone?

MOMO

La lascia a chi la vuole.

AURINDO

È vero?

MOMO

Più che vero.

AURINDO

Or sì, che non dispero.

 

MOMO

L'esser vivo a quanto giova;  

quest'è l'unico conforto;

se tu fossi adesso morto,

non avresti sì gran nuova

da poterti consolare,

e però convien campare.

(se ne va)

Momo ->

 

AURINDO

Speranze che dite?  

Deh non m'adulate,

deh non m'ingannate,

deh non mi tradite;

speranze che dite?

Speranze che dite?

E creder poss'io,

che l'idolo mio

si renda più mite?

Speranze che dite?

Speranze che dite?

Ah voi me lasciate,

deh non ve n'andate,

ah pregovi, udite,

speranze che dite?

Aurindo ->

 
 

Scena sesta

Arsenal di Marte.
Venere, Marte, che sopraggiunge.

Bozzetti

 Q 

<- Venere

 

VENERE

Questa pur è di Marte.  

La bellicosa fede?

Eppur ei non si vede? Ed in qual parte

per richieder di lui devo portarmi?

Se no 'l trovo nemmeno in mezzo all'armi?

 

Ah forse sarà  

tra vezzi giocosi,

tra scherzi amorosi.

Con altra beltà?

Ah ch'esser non può:

non è la mia fiamma,

che il seno l'infiamma

sì lieve no, no.

 

<- Marte

MARTE

Ecco o bella, che se n' viene  

il mio foco alla sua sfera,

che trovar ogni suo bene

fuor, ch'in te giammai non spera.

 

VENERE

Col mio venir noioso  

forse avrò disturbato

in qualche seno amato

il tuo dolce riposo?

 

MARTE

Un simil concetto  

hai dunque di me?

E come? E perché

sì falso sospetto?

VENERE

Tue gioie impedire

non voglio no, no;

tu resta, io me n' vo;

attendi a gioire...

MARTE

Gioire questo core

per altra beltà?

Se ciò mai sarà

può dirtelo Amore.

VENERE

D'Amor non mi fido,

ch'ei teco s'unì

allor, che tradì,

la diva di Gnido.

MARTE

E come o mia vita

tradita

ti chiami?

VENERE

Perché più non vedo,

né credo

che m'ami.

MARTE

Che fede maggiore

d'Amore

tu chiedi?

Se prove già tante

d'amante

ti diedi?

Il sole, che l'opre

discopre

del mondo,

dirà s'altro affetto

nel petto

nascondo.

Veder senza velo

al cielo

ne fe',

che il ciel mio sereno

tuo seno

sol è.

 

MARTE

Questo sol può bearmi;  

ove sotto al tuo piè deposte l'armi,

resi i trionfi miei

amorosi trofei di tua bellezza

maggior d'ogni grandezza,

maggior d'ogni vittoria

l'esser vinto da te stimo mia gloria.

VENERE

Ed io sopra ogni diva

posso a ragion vantarmi.

Se reciproco affetto

per me t'infiamma il petto, o dio dell'armi

e 'l tuo chiaro valore

non mi lascia temere

di Pallade lo sdegno,

sebben a suo favore

arma d'Atene il re tutto il suo regno;

MARTE

Cecrope e che pretende?

VENERE

Di sostenere il torto

di quest'emula mia; distrutto, e morto

vuol il frigio garzon, perché da lui

mi venne destinato

il controverso pomo.

MARTE

A te fu dato

perché sol si dovea

il titol di più bella a Citerea;

così contro 'l superbo

di Pallade campione

in singolar tenzone,

o di tanti per parte

soffron di sostener l'armi di Marte.

VENERE

Resti da te depresso

l'orgoglio di costei

che ribelle si rende al cielo istesso,

mentre che armata a contraddir si muove

ai decreti di Giove.

MARTE

Il giudizio di Paride fu giusto

quanto iniquo, ed ingiusto

è di Pallade il senso,

che sdegnata ne tiene;

sopra questa querela

sulle libere arene

ad uso destinate

di pugne concertate

pronto a pugnar son io;

sì gran disfida

ecco a Cecrope invio.

(si parte)

Marte ->

 

VENERE

Sì, sì vanne mio caro,  

e sostenuta sia

nella giustizia altrui la gloria mia.

Troppo Pallade pretende,

se si crede oggi coll'armi

l'aureo pomo d'usurparmi,

troppo il giusto, e Giove offende;

ah quest'oro quanto luce,

gl'occhi abbaglia, e 'l tutto sforza,

onde in mano della forza

la giustizia si riduce.

Venere ->

 
 

Scena settima

Mare.
Paride, coro di suoi Servi in un vascello.

Bozzetti

 Q 

Paride, servi

 

CORO DI SERVI

Alla reggia di Sparta, al soglio, al trono;  

di Paride sono

i regni

sol degni,

si lascin le selve

di belve

ricetti,

più nobili affetti

il ciel ti destina;

già bella regina

del cor ti fa un dono.

Alla reggia di Sparta, al soglio, al trono.

 
Si turba il mare.
 

PARIDE

Ma come in un momento  

dibattuto e sconvolto

quest'ondoso elemento

cangia il tranquillo volto, e lusinghiero

in aperto sì fiero?

 

PRIMO DEL CORO

Già sorgono in alto  

quest'atre procelle,

e par, che alle stelle

minaccia l'assalto.

 
Segue fiera tempesta di mare.
 

SECONDO DEL CORO

Dal vento crudele

siam troppo percossi,

son gl'alberi scossi,

squarciate le vele.

CORO

O perfidi venti,

o fati malvagi,

portar i naufragi

in mezzo ai contenti.

TERZO DEL CORO

Già vedomi assorto

dai flutti perversi.

QUARTO DEL CORO

Già siamo sommersi,

QUINTO DEL CORO

Ohimè che son morto.

CORO

O perfidi venti,

o fati malvagi,

portar i naufragi

in mezzo ai contenti.

 

PARIDE

Bella madre d'amor, figlia del mare  

e come puoi lasciare,

che là, dove nascesti,

un tuo fido, e devoto estinto resti?

Dell'averti servita

è questa la mercede?

 

Scena ottava

Paride, e suo Coro, Venere sopra una conchiglia con un coro di Nereidi, Nettuno, che sopraggiunge sorgendo dal mare, coro di Tritoni.

<- Venere, nereidi

 

VENERE

Eccomi pronta.  

A pro di chi mi diede

la sentenza gradita.

O Nettuno, o Nettuno.

 

<- Nettuno, tritoni

NETTUNO

E che si chiede?  

Che orribil tempesta

è questa

ch'io sento?

Chi tal ardimento

aver mai poté?

Chi l'ordine ne diè?

 

VENERE

Dell'aria la regina  

oggi a torto sdegnata

contro Paride il giusto,

coi venti congiurata

per togliergli la vita

turba tutta, e confonde

la monarchia dell'onde;

abbi di lui pietà, porgigli aita,

che in premio ti prometto

render a te soggetto

della vaga Anfitrite

tua nemica adorata il duro core.

NETTUNO

Bella madre d'Amore,

non men per sostenere

dell'umido mio regno

il diritto sovran, che per godere

di tue promesse il desiato effetto,

con scoter il tridente,

che fa l'acqua, e la terra in un tremare,

do bando alle tempeste, e pace al mare.

 
Il mare si tranquilla.
 

PRIMO E SECONDO DEL CORO

Ecco quiete,  

placide l'onde

del curvo abete

baciar le sponde.

TERZO E QUARTO DEL CORO

Aura fedele

in ciel sereno

di nostre vele

già gonfia il seno.

PARIDE

Diva d'Amore,

ondoso dio

vostro favore

è il viver mio.

Per voi tal calma

solo ne viene

a voi quest'alma

deve ogni bene.

PARIDE E CORO

Ond'è che a voi

il cor devoto

gl'affetti suoi

consacra in voto.

 
(Paride parte co' suoi)

Paride, servi ->

 

VENERE

Di quanto per me  

Nettuno operò

di Paride a pro,

la degna mercé

n'avrà

tra poch'ore,

per opra di pietà

premio d'Amore.

(parte)

Venere, nereidi ->

 

NETTUNO

Non temo no no  

restar ingannato,

in breve io godrò

quel ricco tesoro,

quella ninfa; che adoro; o me beato.

Il fin si darà

al nostro tormento,

l'amata beltà

per cui mi disfaccio,

devo accoglier in braccio; oh son contento!

Nettuno, tritoni ->

 

Scena nona

Filaura sola.

<- Filaura

 

 

Ove sarà sparito  

questo regio pastor, che non si trova

chi ne sappia dar nuova?

Per mar non è partito,

poiché tutti dell'onde

furiosi i cavalli

non volevan pur ora,

non che il fien del timone,

o de' remi lo sprone,

non men del curvo abete

sovra il dorso soffrir l'usata stella;

che terribil procella; io che la vidi

benché lunge da' lidi

dal suo sdegno sicura,

m'ebbi quasi a svenir della paura.

 

E questa tempesta  

ch'è sempre infelice

dal mondo si dice

fortuna di mare

e pur si dovria

piuttosto chiamare

sventura ben ria.

 

Scena decima

Aurindo, Filaura.

<- Aurindo

 

AURINDO

O Filaura...  

FILAURA

Che nuova?

AURINDO

Paride non si trova,

e per quello che sento,

ad altri amori intento

già per mar se n'è andato.

FILAURA

Paride a questo tempo

so, che non è imbarcato,

e tu per tale avviso

imbarcar non ti déi

nello sdrucito legno

delle speranze tue.

AURINDO

Gl'affetti miei

non s'imbarcano male.

FILAURA

Perché?

AURINDO

Sperar conviene,

mentre manchi un rivale,

che m'usurpa ogni bene.

 

FILAURA

Quand'Ennone ancora  

in quei, ch'adora

non trovi più fé;

non mancano amanti

fedeli, e costanti,

più degni di te.

AURINDO

Io pur in servire...

FILAURA

Ma sempre mal visto...

AURINDO

Il merito acquisto...

FILAURA

Da farti aborrire...

AURINDO

Adunque l'amare

ha queste mercedi?

FILAURA

Sei folle, se credi

fortuna incontrare.

AURINDO

Almen, ch'è pur poco,

pietoso un affetto.

FILAURA

Di già te l'ho detto,

per te non v'ha loco.

AURINDO

Sì cruda fierezza

con vago sembiante?

FILAURA

Un povero amante

da tutte si sprezza.

AURINDO

Son ricco di fede,

se povero d'oro.

FILAURA

È questo un tesoro,

che mai non si vede.

AURINDO

Gl'effetti vi sono

ben visti, e stimati.

FILAURA

Se vengon portati

con nobile dono.

AURINDO

E a questo consente

Amore, ch'è un nume?

FILAURA

È tale il costume

del secol corrente.

AURINDO

O secolo immondo,

o pessimi abusi.

FILAURA

Vuoi forse tu gl'usi

corregger del mondo?

Non giovan lamenti,

querele, né pianti;

chi è senza contanti

non speri contenti.

 

AURINDO

Già che sperar non posso,  

che si cangi mia sorte,

se d'Ennone non son, sarò di morte.

(parte)

Aurindo ->

 

FILAURA

Sei semplice a fé,  

se credi, che un core

s'arrenda,

s'accenda

d'amore

per te

sei semplice a fé.

Ci vuol altro, che parole,

che corteggi, e che rigiri;

quei sospiri,

quegli ahimè son tutte fole,

poiché sole,

le monete hanno potere

di ridur l'alme più fiere

ad usar qualche mercé.

Sei semplice a fé,

se credi, che un core

s'arrenda,

s'accenda

d'amore

per te

sei semplice a fé.

Quel bel titolo di dama

vuol dir dammi, e donna dona,

così suona

nel suo nome quel, che brama;

e chi l'ama

senza questo, invan pretende,

che se prodigo non spende,

mai pietà per lui non c'è.

Sei semplice a fé,

se credi, che un core

s'arrenda,

s'accenda

d'amore

per te

sei semplice a fé.

Filaura ->

 
 

Scena undicesima

Antiteatro.
Cecrope, coro de' suoi Soldati.

Bozzetti

 Q 

<- Cecrope, soldati

 

CECROPE

Ecco il campo,  

ove in breve di trovarmi

col gran Marte avrò l'onore,

fate al lampo

di quest'armi

apparir vostro valore.

Le contese,

che s'incontran più dubbiose

il trionfo fan più grande,

tra l'imprese

generose

queste son più memorande.

 

CORO DI SOLDATI

Benché Marte il dio guerriero

sia sì fiero,

non però temer non déi;

rendon l'armi tutti eguali,

nostra spada anche agli dèi

saprà dar colpi mortali.

 

Scena dodicesima

Cecrope, Coro de' suoi, Marte, Coro de' suoi.

<- Marte, soldati di Marte

 

CECROPE

Ed ecco Marte in minacciosa fronte,  

che prima di pugnar pensa fugarmi;

su miei fedeli a vendicar con l'armi

dell'adirata dèa gl'oltraggi, e l'onte.

 

MARTE

Tanto ardito un uom mortale  

contro me venir presume?

Per combatter contro un nume

tuo potere è troppo frale.

CECROPE

Vengo o Marte ove mi chiami,

ubbidisco ai cenni tuoi,

s'io ti servo in quel, che vuoi,

e che più da me tu brami?

MARTE

In che forza sperar puoi?

CECROPE

In quel giusto, ch'io difendo...

MARTE

La giustizia è sol per noi.

CECROPE

Ch'è per me, provarti intendo.

MARTE E CECROPE

Non si sfoghin le nostr'ire

in contrasti di parole,

su su all'arme, in cui si suole

la ragion far apparire.

 
Segue abbattimento tra Marte, e li suoi Seguaci, e Cecrope e li suoi Soldati con la peggior di questi, che restano prigionieri di Marte.
 

MARTE

Cedi, che vinto sei.  

CECROPE

Così vuole il mio fato.

MARTE

Anzi quel dritto,

ch'io sostengo, e difendo.

CECROPE

Alla fortuna tua cedo, e m'arrendo.

MARTE

Della pugna l'onore

della sorte non è, ma del valore.

Insieme

CECROPE

Della pugna l'onore

della sorte sol è, non del valore.

Marte, Cecrope, soldati, soldati di Marte ->

 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Caverna d'Eolo.

Eolo, Euro, Austro, Zeffiro, Volturno
 

O miei spirti, che talora

Sian pur di questo mar l'onde tranquille

(Giunone sopra una nube)

Eolo, Euro, Austro, Zeffiro, Volturno
<- Giunone, coro di venti

Ma come qui Giunone

Diva, troppo tenuto

Eolo, Euro, Austro, Zeffiro, Volturno, coro di venti
Giunone ->
Eolo, Coro di venti
Su, su, furie
Eolo, coro di venti, Zeffiro, Euro, Austro, Volturno ->

Valle col fiume Xanto.

Ennone
 

Ho scorsi e piani, e monti

Ennone
<- Aurindo

Ma come così afflitta

Ah non è più quel tempo

Aurindo
Ennone ->

Ennone dispietata

Aurindo
<- Momo

Ferma, che fai?

Aurindo
Momo ->
Aurindo ->

Arsenale di Marte.

<- Venere

Questa pur è di Marte

Venere
<- Marte

Col mio venir noioso

Marte e Venere
Un simil concetto

Questo sol può bearmi

Venere
Marte ->

Sì, sì vanne mio caro

Venere ->

Mare.

Paride, servi
 

(si turba il mare)

Ma come in un momento

(fiera tempesta di mare)

 

Bella madre d'amor, figlia del mare

(Venere sopra una conchiglia)

Paride, servi
<- Venere, nereidi

Eccomi pronta

(Nettuno sorge dal mare)

Paride, servi, Venere, nereidi
<- Nettuno, tritoni

Dell'aria la regina

(il mare si tranquilla)

Coro di servi, Paride
Ecco quiete
Venere, nereidi, Nettuno, tritoni
Paride, servi ->
Nettuno, tritoni
Venere, nereidi ->
Nettuno, tritoni ->
<- Filaura

Ove sarà sparito

Filaura
<- Aurindo

O Filaura / Che nuova?

Filaura e Aurindo
Quand'Ennone ancora

Già che sperar non posso

Filaura
Aurindo ->
Filaura ->

Antiteatro.

<- Cecrope, soldati
Cecrope, poi Coro di soldati
Ecco il campo
Cecrope, soldati
<- Marte, soldati di Marte

Ed ecco Marte in minacciosa fronte

(combattimento tra Marte e i suoi seguaci, contro Cecrope e i suoi soldati, con la peggior di questi, che restano prigionieri di Marte)

Cedi, che vinto sei

Marte, Cecrope, soldati, soldati di Marte ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima
Teatro della Gloria austriaca, in cui si vedono dipinte, e scolpite l'imprese sue intrecciate con vari... Reggia di Plutone. Reggia di Giove con convito. Selva d'Ida. Cortile del palazzo di Paride. Giardino del piacere. Porto di mare. Bocca d'inferno. Porto di mare con un vascello alla vela. Piazza d'armi. Palude tritonia. Caverna d'Eolo. Valle col fiume Xanto. Arsenale di Marte. Mare. Antiteatro. Cedrara. Tempio di Pallade in Atene. Aerea con la via lattea, e sopra la sfera del foco. Atrio del palazzo di Venere. Fortezza di Marte. Villa deliziosa di Paride. Piazza del castello di Marte col suo palazzo nel prospetto e nel mezzo una torre isolata Si cangia la scena inferiore in una gran piazza di ricchi e superbi edifici col mare nel prospetto
Prologo Atto primo Atto secondo Atto quarto Atto quinto

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