Atto primo

 

Scena prima

Selva sul deserto d'uno scoglio a Corcira vicino.
Nerea, Coro Primo, Secondo, Terzo di Maghe.

 Q 

Nerea, maghe

 

NEREA

Della magica tromba i fiati o saggie,  

su quest'aride spiaggie,

tra i sacri orrori, e tra i silenzi amici

di questo bosco annoso,

perché noto vi sia del mio penoso

cordoglio repentin l'aspre ferite

v'invitar risonanti. Udite, udite.

Rosinda, ohimè Rosinda,

la guerriera rivale

da Meandro il ribello, e lo sleale

protetta, favorita,

m'ha rapito la vita.

D'un incantato brando

con il don, che le fece il traditore,

dell'arti mie troncando

la fanciulla virtù, m'ha tolto il core.

L'amato Clitofonte

sovra orribile pin con lei se n' fugge,

io lagrimosa il vedo, e i scherni e l'onte

non posso vendicar maga impotente,

ahi consigliate voi questa dolente.

CORO

Quell'anima è insensata,

ch'amante, e non amata

vuol languir volontaria in mezzo a' lai.

Nerea svegliati omai

dai sonni amorosi, e sciolti i nodi

fa', che fuor del tuo petto amor s'involi,

che della gelosa le sferze, i chiodi,

gl'aspidi, i geli il fier seco portando

ti lascerà d'alto conforto erede,

da servaggio sì reo libera il piede.

NEREA

Chi d'amor non conosce

la fatal forza, il suo valor non crede.

A medicar l'angosce,

ch'arreca lo suo strale

ragion punto non vale:

troppo è il suo laccio adamantino, e forte,

né sanar può sua piaga altri, che morte.

CORO
IIº

Se non valgono i carmi

contro magie canute,

a pro di tua salute,

poderosa reina, adopra l'armi.

NEREA

Ove pugna l'inferno

cade ogni uman vigore.

Dell'empio protettore

del vecchio miscredente

troppo l'arte è possente,

le falangi tartaree egli ha devote,

cedon le nostre verghe alle sue note.

CORO
IIIº

Di Persefone amica,

di Ecate a centri orrendi

precipita, discendi,

a lei le tirannie

esponi dal cadente, e i tuoi languori,

implora i suoi favori.

Con il lirico trace

la pietade a quei stagni un dì discese,

e col suo foco insin le furie accese.

 

 
Iº e IIº

Da luminosi superi  

sì sì si piomba agl'inferi

il tuo tesor s'acquisti, e si recuperi.

NEREA

Ite sul dorso alato

de' vostri mostri alle natie contrade,

le sotterranee strade,

approvando il consiglio,

m'appresto di calcar con piante ardite.

Apriti o terra, io scender voglio a Dite.

CORO
Iº, IIº e IIIº

Da luminosi superi

sì sì si piomba agl'inferi

il tuo tesor s'acquisti, e si recuperi.

 
 

Scena seconda

La spiaggia d'una delle Strofadi.
Rosinda, Clitofonte, Rudione.

 Q 

Rosinda, Clitofonte, Rudione

 

ROSINDA

Il serpentino abete  

qui s'arresta mio bene.

Quest'incognite arene

del nostro navigar sono le mete.

CLITOFONTE

Ogni terra, ogni lido

la spada n'assicura,

scendiamo pur, scendiam, bella guerriera

bella per mia ventura.

RUDIONE

Padrona mia, padrona, aita, aita.

Se cado in questo luogo,

vado nel mar, m'affogo.

ROSINDA

Sei pur, sei pur dappoco,

per sbarcare da un legno

anco chiedi il sostegno?

RUDIONE

Legno chiami quel drago?

Egl'è un diavolo vero,

quanto temei, che m'inghiottisse intero.

ROSINDA

Più che t'osservo, e miro,

Clitofonte mia speme

più dolcemente peno, e più sospiro.

Quando l'empia magia

dell'emula Nerea

prigionier ti tenea,

oh dio, di gelosia

provai tutti i tormenti, e se son viva,

del tuo nome invocato,

o mio cor sospirato,

oh mia fiamma infinita,

fu la virtù, che mi mantenne in vita.

CLITOFONTE

De' dileguati incanti,

degl'importuni, e disprezzati vezzi

la membranza si spezzi,

e fatta in polve la disperda il vento.

Dolce, dolce contento

il mio digiun ricrea, drizza quei sguardi

a' sguardi miei, che tardi?

ROSINDA

Li vibro. Eccoli, o caro,

ma se di strali armato

amore in lor s'annida

guarda, ch'ei non t'uccida.

CLITOFONTE

O luminosi, o belli

volanti spiritelli

s'uccidermi sapete io vi perdono.

Anco de' miei nel trono

s'asside un faretrato,

che le superbie atterra.

 

ROSINDA

A guerra dunque, a guerra.  

CLITOFONTE

A guerra, a guerra sì.

ROSINDA

Vedrem chi meglio sa

piagar la sua beltà.

CLITOFONTE

Un dardo mi ferì.

ROSINDA

Quest'altro aspetta, aspetta.

 

CLITOFONTE

Arrotata saetta  

ohimè mi passò il petto.

Lasso son quasi estinto,

non più lucidi arcieri, io son già vinto.

ROSINDA

Così, così si doma

il domator dell'alme,

pur ti cedo le palme.

RUDIONE

Non fan altro costoro,

ch'amoreggiarsi, ed io

per il terror passato anco mi moro.

CLITOFONTE

Rosinda il piè s'inoltri, alta avventura

serba l'isola a noi, che non a caso

qui ci drizzò che della nave ha cura.

ROSINDA

Così credo. E sparito il pino alato,

tu qui ci attendi.

RUDIONE

Andate,

non vi vorrei venir, benché chiamato.

CLITOFONTE

Fermati. Qual trofeo

sospende là quel tronco? E chi lo pose?

ROSINDA

Queste l'armi famose

son di Thisandro. Incise a piè del legno

che dicon quelle note?

CLITOFONTE

Infelice guerriero

navigante qui giace

non li pregar, ti prego o requie, o pace.

Disperato morì,

Rosinda lo tradì

amor l'estinse. Fuggi a vele piene

da queste infauste, e maledette arene.

ROSINDA

Ossa un tempo dilette,

del generoso pianto

già delle vostre lucide pupille,

ricevete le stille,

pietà vi piange, e intenerisce un petto,

chi vi lasciò per più gradito oggetto.

CLITOFONTE

Se qui d'intorno voli

ombra del grand'eroe,

mira del tuo rival nel volto impresso

del tuo fato il dolor. Le chiome eoe

di funebre cipresso,

e degli Sciti i crini

s'incoronino omai. Colossi, e marmi

eternino i tuoi gesti onor dell'armi.

Clitofonte, Rosinda ->

 

Scena terza

Rudione.

 

Thisandro è qui sepolto?  

Rosinda l'ammazzò.

Piangere anch'io lo vo'.

 

 

Ma lagrimar non posso:  

mi disseccò degl'occhi il mesto umore

della fame il calore;

roderei, frangerei spolpato un osso

dentro del basilisco

non vidi una vivanda,

e se vi fosse stata

io non l'avrei mangiata,

tanto orror avei di quella furia.

Ora dove è penuria

d'ogni umano alimento

il mio destin m'ha spento.

Se l'isola è deserta, oh me meschino:

non vi sarà vicino,

ch'abbia d'un poveretto

forestier carità,

al sicuro di fame ei perirà.

Di già vacilla il piede,

l'occhio torbido mira,

il capo mi s'aggira,

mancar, morir mi sento,

voglio far testamento.

 

Rudion, che mangiò  

qual lupo, e divorò

affamato morendo

così tosto, dicendo.

 

 

Lascio del mar, del lito  

a corvi, alle balene il corpo mio,

a cibarsi di lui qui qui gl'invito.

Se 'l cibo mentre vissi

mi fu giocondo, e grato,

vo' morto esser mangiato.

 

Scena quarta

Thisandro, Rudione.

<- Thisandro

 

THISANDRO

Armi, quando vi miro  

io son dal vostro oggetto

a singhiozzar costretto.

Per gloriose prove

voi note al mondo, sovra scoglio inculto,

nidi d'infausti augelli, or dimorate,

lasciato il signor vostro; oh cieli, inulto.

Alla crudel troncate

le novelle speranze

esser doveano, e poi di sangue asperse

eleggersi i deserti.

L'erma spiaggia è conforme a' vostri merti.

RUDIONE

Sento gente, che parla?

Egl'è un uomo. Allegrezza.

Oh quanto si consola

il voto ventre, e l'affamata gola.

THISANDRO

Oh Thisandro, Thisandro

della tua donna infida

mira il caro scudiero, il servo infido.

Chi, chi ci vomitò su questo lido?

RUDIONE

Ohimè. Del guerrier morto

è questa l'ombra; ohimè.

THISANDRO

Che fa l'empia? Dov'è?

Non rispondi? Che sì

che ti gettò nel mar.

RUDIONE

Spirto va in pace.

La tua Rosinda, e Cli...

THISANDRO

Rosinda, oh stelle, e chi?

RUDIONE

Rosinda, e Clitofonte.

THISANDRO

Clitofonte?

RUDIONE

Di là

or se ne vanno appunto.

THISANDRO

Per dove? Per di qua?

RUDIONE

Sì sì sì per di là.

THISANDRO

Il vostro nume invoco,

oh furie, oh voi, che con le tedi, e gl'angeli

flagellandomi il sen m'ardete il core.

Disprezzato d'amore

sugl'occhi alla sleale

vo' sbranar il rivale

da voi spronato, e dallo sdegno invitto:

poscia cader trafitto

della mia destra, alla rival inante.

Non più, non più percosse

prendo l'armi, e li cerco, angui agitanti.

Thisandro ->

 

Scena quinta

Rudione.

 

 

La fantasma sparì. Son tutto gelo.  

Già già da me prende licenze il pelo.

Se l'avessi lasciato

almen da buon soldato

in un lascivo agone

non mi lamenterei, mi darei pace,

questo sol mi dispiace

pelarmi da poltrone.

Povero disgraziato;

speravo ristorarmi

creduto un uom quell'ombra,

e son stato vicino a spiritarmi,

con diavoli, e con larve

ha d'esser la mia pratica in eterno?

C'ho da far con l'inferno.

Rosinda mia, Rosinda

se mai giungo in sicuro

ti giuro a fé, ti giuro

con un addio lasciarti,

e alla capanna mia di far ritorno.

Non vo', non vo', ch'un giorno,

vivo presomi in spalla,

il demonio mi porti

alle case de' morti,

vo' star dove si mangia,

e scaldarmi col vin sin che potrò

non dove all'aria bruna

si languisce di sete, e si digiuna.

 

Quanto è soave, quanto  

lagrimar per dolcezza

di dolce Bacco tracannando il pianto.

Gusto maggior non ho

quando formo bevendo il clò, clò, clò.

Oh mia fortuna avara,

dove m'hai tu condotto

a veder acqua sola, ed acqua amara.

Quando più sentirò

caro vin mio quel tuo clò, clò, clò?

 
 

Scena sesta

La reggia di Dite.
Plutone, Proserpina.

 Q 

Plutone, Proserpina

 

PLUTONE

Amor ti cedo,  

una sol dramma

della tua fiamma

di quanto foco

chiude il mio loco

ha più virtù

sceso quaggiù

l'aureo tuo strale

e più mortale;

fa maggior piaga.

Dolce mia vaga,

diva mia bella

per te quel monarca,

ch'impera a Cocito,

che regga la parca,

avvampa ferito.

 

PROSERPINA

Se crudele  

t'impiagò la mia beltà,

cor fedele

il languor ti addolcirà.

Il mio labbro

nutre umor, ch'il foco ammorza,

e rinforza

il piacer col suo cinabro.

Se tu vuoi la sanità

bacia, o re,

la mia fé,

la mia bocca or te la dà.

 

PLUTONE

La tua bocca  

quando bacia a mille a mille

le faville

nel mio seno avventa, e scocca.

Quando prendo

a baciar quel tuo divino

bel rubino,

più m'infiammo, e più m'offendo.

Per accendere,

per offendere

baciar vuoi spietata mia,

non pietà,

ferità

è la tua barbara, e ria.

 

Scena settima

Nerea, Plutone, Proserpina.

<- Nerea

 

NEREA

Non col ramo di Cuma, o con la scorta,  

tremenda maestade or qui discendo,

disperazion d'amore a voi mi porta,

e di torvi una preda io non pretendo.

Per l'ombre delle selve, e delle fonti,

triforme dèa, per l'orbe tuo d'argento,

per il tuo re de' popoli defonti

dà salubre ristoro al mio tormento.

 

PROSERPINA

Efficaci scongiuri  

l'innamorata maga

per te signor mi prega.

Gl'affanni tuoi dispiega,

scoprimi la tua piaga.

NEREA

Amo guerrier gentile,

questi di pari ardore

mantenne acceso il core;

poscia infido, oh martire,

d'altra beltà seguace,

m'abbandonò fugace.

Io l'arti esercitando,

che tua mercé possedendo

tra i singulti, e tra 'l pianto

all'emula lo toglio,

e sovra ameno scoglio

tra delizie l'incanto.

Meandro, a me scoperti,

temerario vassal, gl'osceni amori,

sdegnato a' miei rigori

alle repulse mie fe', che Rosinda

con le perdite sue per tormentarmi

il caro m'involasse, e rese imbelle

con la mia verga il mormorar de' carmi;

il soccorso, che chiedo

è, che sordo Cocito

renda del traditor vani gli accenti;

le mie note impotenti

sovrastino alle sue come agl'incanti,

d'oltraggiarmi il fellon più non si vanti.

PLUTONE

La grazia si conceda.

Ratto sgombri costei l'infernal chiostro:

rieda alla luce, rieda.

De' suoi gelidi affetti

l'Erebo non infetti.

Questa d'Averno, questa,

Ecate mia, calpesta

la tenebrosa ria

colma di gelosia.

PROSERPINA

Amante addolorata

ascendi lieta, ascendi, e scaccia i guai,

in tuo favor le mie potenze avrai.

 

PLUTONE

Amorosa  

bella mia,

di gelosa

peste amore, il cor mi guardi

i suoi dardi

di lassù scocchi pur, scocchi

né mi tocchi

la crudel con il suo gelo,

nell'inferno io godo il cielo.

Sfondo schermo () ()

Plutone, Proserpina ->

 

Scena ottava

Nerea.

 

Qui qui dove inonda  

il pianto ogni sponda,

mi brilla il contento.

Qui dove il lamento

assorda col grido

di Stige ogni lido,

d'immenso diletto

fo centro il mio petto.

Speranze fugaci

qui dove non può

sperar chi v'entrò,

tra gli urli, e le faci,

in mezzo alle pene

vi trovo ancor vive.

Su mie fuggitive

all'alme e serene

magion della luce,

a' chiari soggiorni,

s'ascenda, si torni,

amor ci conduce.

Nerea ->

 

Scena nona

Coro di Spiritelli.

<- spiritelli

 

Ora che rapido  

chi sferza Cerbero

l'atro dell'Erebo

sgombrò con trivia,

il piè, ch'è libero

da' ligi ossequi

formi con giubilo

danza festevole.

In fieri crucci

gl'altri s'impieghino,

e l'ombre esprimino

tra i lor patiboli

accenti queruli,

noi, noi festevoli,

fendendo l'aria,

carole al giubilo

tessiamo elogio

codardo, e misero

si batti, e maceri.

 
Sei Spiritelli formano il ballo.
 

Fine (Atto primo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Selva sul deserto d'uno scoglio a Corcira vicino.

Nerea, maghe
 

Della magica tromba i fiati o saggie

Coro di maghe e Nerea
Da luminosi superi

La spiaggia d'una delle Strofadi.

Rosinda, Clitofonte, Rudione
 

Il serpentino abete

Rosinda e Clitofonte
A guerra dunque, a guerra

Arrotata saetta

Rudione
Clitofonte, Rosinda ->

Ma lagrimar non posso

Lascio del mar, del lito

Rudione
<- Thisandro

Armi, quando vi miro

Rudione
Thisandro ->

La fanfasma sparì. Son tutto gelo

La reggia di Dite.

Plutone, Proserpina
 
Proserpina
Se crudele
Plutone, Proserpina
<- Nerea

Efficaci scongiuri

Nerea
Plutone, Proserpina ->
Nerea ->
<- spiritelli
Coro di spiritelli
Ora che rapido

(sei spiritelli formano il ballo)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona
Con la scena della tenda velata. Selva sul deserto d'uno scoglio a Corcira vicino. La spiaggia d'una delle Strofadi. La reggia di Dite. Bosco. Palazzo incantato. Una delle Strofadi. Cortile del sopraddetto palazzo.
Prologo Atto secondo Atto terzo

• • •

Testo PDF Ridotto