Atto secondo

 

Scena prima

Bosco.
Clitofonte, Rosinda.

 Q 

Clitofonte, Rosinda

 

CLITOFONTE

L'isoletta è deserta,  

incoltivato il pian, di sterpi ha l'erta.

Sol d'infeconde piante

nutre boschi spinosi il scabro sasso,

né può vagar senza fatica il passo.

ROSINDA

Quivi annidar si deve

infesta a' naviganti, o belva, o mostro,

l'uccida il valor nostro.

CLITOFONTE

Mostro a punto volando

ver noi Rosinda viene, all'armi, al brando.

ROSINDA

Dov'è, dov'è? No 'l miro, ove si pose?

CLITOFONTE

Volò nella tua bocca, e si nascose.

ROSINDA

Così scherzi, o diletto,

anima del mio petto?

CLITOFONTE

Non sono scherzi i miei,

entrar lo vidi, e nell'entrar scoccò

l'arco curvo il feroce, e m'impiagò!

ROSINDA

Se timido il volante

tra 'l mio labbro si chiusi egli è sicuro.

CLITOFONTE

Dunque vuoi dar ricetto

a miei nemici, o bella, a' traditori?

Scaccia, scaccialo fuori.

ROSINDA

No, no, l'assida il loco,

ne vorrà uscire. Ed a sforzarlo io temo,

che sceso nelle viscere, e fuggito,

non le squarci adirato, e inviperito.

CLITOFONTE

Di raddolcirlo almeno

procura, e fa', che sia pace fra noi,

o dell'anima mia cielo sereno.

ROSINDA

Placidetto s'asside

sull'uscio della bocca, eccolo, e ride.

CLITOFONTE

Ragion comanda, e vuole

l'uso, che con i baci

s'autentichin le paci.

 

Scena seconda

Rudione prigioniero d'un Gigante, Clitofonte, Rosinda.

<- gigante, Rudione

 

RUDIONE

Padrona, Clitofonte  

questo diavolo irsuto

all'inferno mi porta, aiuto, aiuto.

gigante, Rudione ->

 

Scena terza

Clitofonte, Rosinda.

 

CLITOFONTE

Non par, non par, che voli  

quella mole corporea, e smisurata?

Ladron, ladron aspetta.

ROSINDA

Ei va sì, che rassembra una saetta.

CLITOFONTE

Attendimi Rosinda

qui dove imbosca orridamente il scoglio,

quel villano assassin punire io voglio.

ROSINDA

L'impresa a me si deve, interessata

nella prigion del mio.

Della spada incantata

la virtù vincitrice,

più che la forza, e il core,

m'inanima a seguire il predatore.

S'il suo nido nefando

sarà difeso da malvagi incanti

farà svanire ogni custodia il brando.

Incatenar lo vo' con suo gran scorno

spirto del mio spirto, io vado, e torno.

Rosinda ->

 

Scena quarta

Clitofonte.

 

Se parte il mio respiro,  

deh non mi lasciar solo

amor, che mi consolo,

se bene io non ti miro.

Lascivetto mio nume

invisibile al lume,

posto da parte il foco,

meco ragiona un poco.

Sento mille querele

di questo, e quell'amante,

che ti fanno crudele,

bugiardo, ed incostante.

Sei tale, o pur son queste

calunnie manifeste?

Rispondi amor mio caro

io son un dolce amaro.

 

Scena quinta

Thisandro, Clitofonte.

<- Thisandro

 

THISANDRO

Thisandro il corso arresta,  

s'il piede la tracciò, la spada tronchi

del nemico rival l'odiata testa.

CLITOFONTE

Un guerriero, un guerriero?

Il ferro impugna? Olà chi sei, che chiedi?

THISANDRO

Guerra, guerra, non vedi.

CLITOFONTE

E guerra avrai, che nato all'armi ed uso

battaglie non ricuso.

THISANDRO

Della tua diva indarno

ti salverò la vita

quella imago, che porti in sen scolpita.

Bersaglio de' miei colpi

sarà quel loco, e fragile ritegno

diverrà forte usbergo al mio disegno.

Quell'arcier scellerato

che ciecamente ti protegge, e guida

a tuo favor pugnando entri in steccato,

Thisandro ambo vi sfida.

CLITOFONTE

Il famoso Thisandro è questi, è questi?

Reggi la spada coraggiosa e destra

di ferir l'avversario è gran maestra.

Per tornar ne' sepolcri

risuscitasti, oppure

uscisti dagl'avelli

per farti delle belve esca, e d'augelli

per celarti al mio ferro

non ti giovar le fosse in questo lido.

Anch'io sfidato, e solo or ti disfido.

THISANDRO

Del valor di Thisandro

i superati incanti,

gl'atterriti giganti

le superbie domate

son prove note al mondo, e celebrate.

Della mia codardia

vo', che ragguaglio questo acciar ti dia.

 

Scena sesta

Vafrillo, Clitofonte, Thisandro.

<- Vafrillo

 

VAFRILLO

Sospendete quell'ire, o cavalieri,  

accorrete pietosi, ov'io vi guido,

gigante il più feroce

di quanti mai ne partorì la terra,

sproporzionata guerra

con ardita fanciulla è in pugna atroce

tutte lacere l'armi, e insanguinate

ha la guerriera, e lena

di reggersi sul piè conserva appena.

CLITOFONTE

Ohimè quest'è Rosinda.

La tenzon differita,

non si neghi il soccorso alla ferita

obbligo, cortesia

di cavalier, ci chiama all'opra pia.

THISANDRO

Non più ragion, comprendo

lo stimolo, ch'a nove

contese ora ti move

la pugnante piagata

è quella dispietata,

che tradì la mia fede. Io vo' ritorla

di quel mostro al furore,

e poi che veda lei, passarti il core.

Io vi volea congiunti,

il ciel v'unisce: andiam.

CLITOFONTE

S'affretti il passo.

VAFRILLO

Indebolito, e lasso

esser ciascun di voi

deve per la contesa.

Prendete pur vigore,

lenti ci incamminiamo. Il traditore

troppo è possente, e forte.

CLITOFONTE

Sarà condotta a morte,

se tardiam, la guerriera.

VAFRILLO

Ei non uccide:

vive brama le prede, ed ha diletto

tormentarle in prigion. L'infame tetto

se la lite è decisa

vi scorgerò dell'empio, ove i lor fieri

casi, piangon le donzelle, e cavalieri.

THISANDRO

E quando giunse, e quando

su questo scoglio abitator sì crudo?

Che vi fosse mai seppi. Egli si trovi,

e col suo fine al pellegrin si giovi.

Clitofonte, Vafrillo, Thisandro ->

 
 

Scena settima

Palazzo incantato.
Nerea, Cillena.

 Q 

Nerea, Cillena, Thisandro, Clitofonte

 

NEREA

Su queste solitudini sassose  

raggiunsi i fuggitivi

ora indifesi, e privi

della verga impotente

del lestrigon tiranno,

del lor Meandro in mia balia verranno.

L'incantato palazzo,

ch'eressero a' miei cenni, in un baleno,

spirti architetti, aperto sempre il varco,

la coppia infida ricettando in seno,

li negherà l'imbarco.

Le gigantee fantasme

seguendo la rivale or or qui arriva.

Vafrillo, semiviva

finta Rosinda, e tolto al ferro irato

di Thisandro il feroce,

il mio core, il mio fiato

per cui vivo, e respiro, a me s'invia

con l'incauto prigion, che m'imprigiona,

ch'al rigor del martir mi lascia, e dona.

Per levarmi il tormento

ogni rimedio io tento.

Che credi tu Cillena

svanirà la mia pena?

CILLENA

Spero, reina, spero

vederti consolata,

dal tuo crudel baciata, e ribaciata.

 

CILLENA

Lusinga, che prega  

distempra il rigor.

Placabile è amor

bambino si piega.

Lusinga che prega

distempra il rigor.

NEREA

Lusingare

una tigre è vanità.

Sempre amare

le bevande amor mi dà.

Lusingare

una tigre è vanità,

CILLENA

Amando si speri

d'aver a gioir.

Tra dolci pensieri

svanisca il martir.

Amando si speri

d'aver a gioir.

NEREA

Sperar voglio

d'assaggiar di novo il mel,

che di scoglio

non ha il petto il mio crudel.

Sperar voglio

d'assaggiar di novo il mel.

 

Scena ottava

Rosinda, seguendo il Gigante, che le conduceva prigione il suo Rudione, appena tocca il limitare dell'incantato palazzo che tramortita se n' cade.
Cillena, Nerea, Rosinda.

<- Rosinda

 

CILLENA

Dell'incantato suolo  

forza, virtù possente,

disanima la gente.

NEREA

Cadesti, empia cadesti,

ne' labirinti miei perfida entrasti.

Tu, che mi divoresti

le delizie, i contenti, alfin giungesti

a vomitarli alla vendetta in grembo:

ti minaccia naufragio orrido nembo

dalle cadute sue

facci il ciel, facci amore,

delle delizie mie, che sorga il fiore.

A quei tuoi svenimenti

svanisca il mio mortoro,

e provi l'alma amante il secol d'oro.

CILLENA

Dell'esangue meschina

pietà, pietà reina.

NEREA

Tra le reggie, e da regi

nacque Nerea, non tra bistonie selve

da immansuete belve:

inferocir non vo' contro la rea.

La beltà del mio bello

scusa il suo fallo, e gl'amorosi errori

scemano i miei rigori.

Vo', che pena le sia

per gl'atri, e per le sale

infaticabilmente andar vagante

in traccia del gigante.

Le notizie perdute,

il colosso cercato

le sembrerà l'amato,

e Thisandro il fuggivo

per Clitofonte abbraccerà, delusa.

L'anima, ch'è racchiusa

ne' stupidi soggiorni

agl'esercizi suoi la verga torni.

CILLENA

Comincia a respirare,

apre gl'occhi, e risorge.

ROSINDA

Chi m'ha levato il ferro?  

Dov'è questo predon, questo villano?

Con disarmata mano

l'affogherò. Si cela?

Chi di voi me 'l rivela?

Tacete? Se no 'l trovo

con il nascoso loco

farò, ch'ardente incenerisca il foco.

Rosinda ->

 

Scena nona

Cillena, Nerea.

 

CILLENA

Come rapida corre?  

NEREA

Non può tardar l'arrivo

del mio bel fuggitivo;

avvicinar si deve.

Palpita il cor, l'anima trema, e 'l sangue

nelle fibre natie fatto è di neve.

Nerea misera langue,

tra la tema, e 'l desio gela avvampando:

le rigide bellezze, e troppo avare

cominciano i sospiri a salutare.

 

Scena decima

Vafrillo, Cillena, Nerea, Thisandro, Clitofonte.

<- Vafrillo

 

VAFRILLO

Ecco li prigionieri  

all'immobile passo

alla ferma attitudine, o stupore.

Non sembrano di sasso.

NEREA

Che mi vuoi morta? Ohimè rallenta amore,

non più rallenta l'arco,

ho di strali novelli il petto carco.

Oh mio dolce spietato, oh mio fugace,

non so come raccorti,

o nemico, od amante. Alla mia pace

ognor tu guerra apporti,

incessante flagello

sempre, sempre ti provo, o caro, o bello.

Per baciar la sua pena

l'alma da suoi recessi al labbro è giunta,

ma importuna onestà te sgrida e affrena

il semimorto senso,

del magico letargo

dalle catene, omai si sciolga, e sferri.

Raccogliete quei ferri.

CILLENA

Animate si sono

queste statue guerriere.

 

THISANDRO

Dov'è, dov'è la spada? Ove mi trovo?  

In regie costrutture

non abitan ladroni.

CILLENA

Ahi che di novo

della carcere antica,

sfortunato amator, calco le porte.

Quest'è Nerea l'abbandonata. Oh sorte.

NEREA

Anco mi neghi ingrato

degl'occhi sprezzatori i rai scortesi?

Oppur del tuo peccato,

della tua fellonia complici resi,

non ardiscon fissarsi

nella lor tradita?

Luce bella, e gradita

ch'in due stelle divisa abbaglia i cori

volgimi i tuoi splendori.

Ti perdono l'offese. Un guardo pio

sconoscente mi neghi? Oh cruccio, oh dio.

CILLENA

Obbligate le luci ad altro oggetto

non voglion, ribellanti,

altro viso mirar, ch'il lor diletto.

Contro di me la verga adopra, e l'arti,

te l'affermo Nerea, non posso amarti.

Clitofonte, Vafrillo ->

 

Scena undicesima

Thisandro, Nerea, Cillena.

 

THISANDRO

Colei, che di Corcira  

sostien lo scettro è questa,

che tra fiamma funesta

per chi mi tolse l'alma arde, e sospira?

NEREA

Così barbaro parti

tu seguiti il mio duolo, e non mai stanco

sempre ti sia con le sue spine accanto

principe, i nostri pianti

han la vena comune.

Amorose fortune

con egual tirannia

ci avvelenò l'ambrosia, onde, costretti,

toschi invece di nettare beviamo.

A raddolcir soletti,

queruli, i nostri amori andiamo, andiamo.

THISANDRO

Unisoni sospiri,

accordati singulti

sieno i nostri, o reina. Amor superbo

con fierezze ridenti

udirà l'armonia de' cor dolenti.

Nerea, Thisandro ->

 

Scena dodicesima

Cillena.

 

 

Povero amor; ciascuno  

ti lacera, e ti chiama

con barbari epiteti ingiusto dio.

Ti seguo pur anch'io,

né tal ti provo, anzi di te mi lodo.

Lascio chi non mi vuole, e così godo.

Mi spiace sol, mi spiace

d'essermi qui ridotta

tra gl'eremi, e tra i sassi a viver casta.

Mi tormenta, e contrasta

il lascivo desio, ch'in petto io covo.

Delle soglie incantate

più d'un spirto ministro

con mentite vaghezze alletta i sguardi.

Affé getto i riguardi

se tardo sul deserto, e col periglio

della sua lunga coda ad un m'appiglio.

Cillena ->

 

Scena tredicesima

Aurilla.

<- Aurilla

 

Castigar lo voglio affé.  

Più leggero

del pensiero

sempre sta,

sempre va lungi da me.

Castigar lo voglio affé.

So ben io, come si fa.

Nell'amare,

a domare

crudo cor,

schernitor della beltà.

So ben io, come si fa.

 

 

Qui con Vafrillo il bello  

mi condusse di corte

dentro nube volante

la maga mia, la mia reina amante.

Ei si smarrì, né sorte

ho di trovarlo, eppure

tutta ripiena d'amorose cure

il passo affaticando

lo vo, lo vo cercando.

Se crede il ribaldello

con maniere ritrose

spezzarmi il core a colpi di martello,

invece di schernir sarà schernito.

Egli è bene scaltrito,

m'anch'io, se non m'inganno,

semplicetta non sono,

s'alcun me la sa fare, io gli perdono.

Fanciulla anco mi vanto

nell'arti astute addottorar scolari,

e giocando in amor vincer dal pari.

Se n' viene vagabondo,

e discorre tra sé

per udir ciò, che dice,

vo' qui in disparte ritirare il piè.

 

Scena quattordicesima

Vafrillo, Aurilla in disparte.

<- Vafrillo

 

VAFRILLO

Povere donne mie,  

amor quante pazzie vi sforza a far.

Di rado v'accendete,

ma quando poscia ardete

siete troppo tenaci in adorar.

Povere donne mie,

amor quante pazzie vi sforza a far.

Mille leggiadri amanti

non saranno bastanti a farvi amar.

Alfine un solo è buono,

postevi in abbandono,

i disprezzi di tanti a vendicar.

Povere donne mie,

amor quante pazzie vi sforza a far.

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Aborrendo la reggia,  

senza decoro, a guisa di baccante,

la bella delirante

i rimedi, che sa,

prova per ritenere il fuggitivo,

che posto d'altra amante in libertà,

e dell'amor primiero, è sano, e privo.

Per farci correr dietro

vi vuol la rigidezza, o donne care,

e bisogna con voi l'asprezza usare.

È spedito chi prega;

la vostra ostinazion vieppiù s'indura:

per renderla matura

non vi voglio impiastri, e lenitivi;

l'ammollisce il rigore,

e spesso un legno in voi ritrova amore.

Come il fucil trae dalla pietra il foco,

così da voi, più delle pietre dure,

pon le fiamme destar le battiture.

Vo' con Aurilla anch'io

fingermi rigidetto, acciò maggiore

in lei cresca il desio, sorga l'ardore;

vo' scolorir le sue sembianze belle.

AURILLA

Sì, sì, t'accorgerai, s'io son di quelle.  

VAFRILLO

Eccola appunto. Voglio

finger di non vederla, e per mio gioco.

Far che giaccio geloso

cada sopra il suo foco.

AURILLA

Udrem ciò, che sa dir questo ritroso.

VAFRILLO

È ben più che stolto

chi adora un sol volto,

io dieci ne vo'.

Per una sola mai non arderò.

Certo, certo m'ha inteso.

AURILLA

Ei m'ha veduto,

e canta in questa guisa,

voglio in sagacità vincer l'astuto.

VAFRILLO

Non vo', ch'il mio bene

sia posto in catene

d'alcuna beltà:

voglio amare, e godere in libertà.

Tormentoso sospetto

le dée gelare il petto.

AURILLA

Aurilla a te. Se n' cada

morto a tuoi piè costui dalla sua spada.

Se crede alcun, ch'amore

alberghi nel mio seno egl'è in errore.

Son falsi i martiri,

son finti i sospiri,

è voce mentita,

mio spirto, mia vita.

Se crede alcun, ch'amore

alberghi nel mio petto egl'è in errore.

VAFRILLO

Ohimè costei che dice?

AURILLA

Cade trafitto omai questo infelice.

 

Se pensa alcun, ch'in core  

nutri incendio amoroso egl'è in errore.

Per scherzo amoreggio

l'amante beffeggio,

con dirgli mia speme,

mia fiamma, mio bene.

Se pensa alcun, ch'in core

nutri incendio amoroso egl'è in errore.

 

VAFRILLO

Aurilla addio.  

AURILLA

Vafrillo!

VAFRILLO

Così, così ti vanti

di schernire gl'amanti?

AURILLA

Sarei ben senza senno

ch'amassi da dovero:

non ho così leggero

pargoletto mio bello

il core, ed il cervello.

VAFRILLO

Eppur con queste voci amorosette

beffeggiando mi vai.

AURILLA

Son tanto avvezza

a mentir parolette, ed adulare,

che senza lusingar non so parlare.

VAFRILLO

Oh falsa speme mia, misero me.

Derelitto da te,

Vafrillo, che farà?

AURILLA

Altra ritroverà,

che più sinceramente

gli sanerà cortese il cor languente.

Feci patto con Cupido

di piagar, senz'ardor mai.

Sempre vezzi falseggia,

degl'amanti io me ne rido.

Se non è morto, more

il finto rigidetto, il vantatore.

A domar questi tiranni,

della nostra libertà

belle mie così si fa.

Aurilla ->

 

VAFRILLO

Udì certo costei  

i miei proponimenti,

ch'eran d'ingelosirla, e questi accenti

forma, imitando i miei,

per vincermi in rigore, e in gelosie,

d'accortezza natie,

forz'è, ch'io lo confessi,

donne ci superate, e il vostro ingegno

sol di far star gl'amanti aspira al segno.

Ma placherò ben io

l'alterato cor mio.

Queste comuni, e simulate asprezze

ci condiranno i baci, e le dolcezze.

 

Scena quindicesima

Rudione, Vafrillo.

<- Rudione

 

RUDIONE

Ohimè non ho più scampo,  

nella disgrazia mia di nuovo inciampo.

VAFRILLO

Ch'hai tu? Di che paventi?

RUDIONE

Io credea, che tu fossi

quell'orrendo gigante, e maledetto.

Mi torna il cor nel petto.

VAFRILLO

Di poco almeno errasti,

t'ingannò la statura

ma dentro queste mura,

che fai, chi sei, che cerchi, e com'entrasti?

RUDIONE

Son scudier di Rosinda,

qui dalla spiaggia, qui

mi condusse un gigante, e cerco alcuno,

che ristori, e che cibi il mio digiuno.

Cado, non ho più lena,

la fame, ohimè m'uccide,

s'a mangiar son sfidato io vinco Alcide.

VAFRILLO

Non temer, vo' saziarti;

olà quivi arrecate

vivande all'affamato,

condite, numerose, e delicate.

 

Scena sedicesima

Appariscono sei Nani, e s'accostano con sei coppe, ripiene di varie vivande, a Rudione.
Rudione, Vafrillo, coro di Nani taciti.

<- sei nani

 

RUDIONE

Rallegrati mia gola,  

ventre mio ti consola,

per letizia gridate

semivive budelle.

O vivande mie belle

tanto desiderate

voi siete il mio ristoro,

vi prendo, e vi divoro.

 
In questo, escono dalle coppe de' Nani spaventevoli serpi, quali vomitando fuoco necessitano alla fuga il povero affamato.

Rudione ->

 

VAFRILLO

Ah, ah. Vo' seguitare  

il deriso meschino, e da dovero

farlo, farlo cibare.

Vafrillo ->

 
Partito Vafrillo, i Nani intrecciano un ballo.
 

Fine (Atto secondo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Bosco.

Clitofonte, Rosinda
 

L'isoletta è deserta

Clitofonte, Rosinda
<- gigante, Rudione

(Rudione prigioniero d'un gigante)

Padrona, Clitofonte

Clitofonte, Rosinda
gigante, Rudione ->

Non par, non par, che voli

Clitofonte
Rosinda ->
Clitofonte
<- Thisandro

Thisandro il corso arresta

Clitofonte, Thisandro
<- Vafrillo

Sospendete quell'ire, o cavalieri

Clitofonte, Vafrillo, Thisandro ->

Palazzo incantato.

Nerea, Cillena, Thisandro, Clitofonte
 

(Thisandro e Clitofonte come statue)

Su queste solitudini sassose

Cillena, Nerea
Lusinga, che prega
Nerea, Cillena, Thisandro, Clitofonte
<- Rosinda

(Rosinda cade tramortita)

Dell'incantato suolo

(Rosinda si ridesta)

Chi m'ha levato il ferro?

Nerea, Cillena, Thisandro, Clitofonte
Rosinda ->

Come rapida corre?

Nerea, Cillena, Thisandro, Clitofonte
<- Vafrillo

Ecco li prigionieri

(Thisandro e Clitofonte si animano)

Dov'è, dov'è la spada? Ove mi trovo?

Nerea, Cillena, Thisandro
Clitofonte, Vafrillo ->

Colei, che di Corcira

Cillena
Nerea, Thisandro ->

Povero amor; ciascuno

Cillena ->
<- Aurilla

Qui con Vafrillo il bello

(Aurilla in disparte)

Aurilla
<- Vafrillo

Aborrendo la reggia

(Aurilla si rivela)

Sì, sì, t'accorgerai, s'io son di quelle

Aurilla addio / Vafrillo!

Vafrillo
Aurilla ->

Udì certo costei

Vafrillo
<- Rudione

Ohimè non ho più scampo

Vafrillo, Rudione
<- sei nani

(escono dalle coppe portate da' nani spaventevoli serpi, vomitando fuoco)

Vafrillo, sei nani
Rudione ->

Ah, ah. Vo' seguitare

sei nani
Vafrillo ->

(i nani intrecciano un ballo)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima
Con la scena della tenda velata. Selva sul deserto d'uno scoglio a Corcira vicino. La spiaggia d'una delle Strofadi. La reggia di Dite. Bosco. Palazzo incantato. Una delle Strofadi. Cortile del sopraddetto palazzo.
Prologo Atto primo Atto terzo

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