Atto terzo

 

Scena prima

Rosinda.

 Q 

Rosinda

 

 

Onde partii ritorno.  

Qual di questo soggiorno

latebra, a me ti cela

o codardo ladrone?

Timido, la tenzone

con disarmata vergine paventi?

Senti il mio grido, senti.

Mi caverò l'usbergo,

mi trarrò l'elmo getterò lo scudo,

e con il corpo ignudo,

coperto sol quanto onestà richiede,

in singolar steccato

entrerò teco, esci pur, esci armato.

Anco non vieni, e temi

vilissimo assassino? O che morrai

nelle tane profonde

ove viltà ti asconde,

o ch'io ti sbranerò. Sì vasta mole

piena di codardia tolgasi al sole.

 

Scena seconda

Thisandro, Rosinda.

<- Thisandro

 

THISANDRO

Rosinda l'incostante, ohimè Rosinda.  

ROSINDA

Oh della vita mia immortale.

Ti fe' la mia tardanza

temer d'infausto evento,

onde, dolce tormento,

seguisti addolorato

l'orme del piede amato.

THISANDRO

Clitofonte mi crede,

l'incanto la delude.

O bellezze mie crude

dov'è l'antica fede?

ROSINDA

Non può chi si nasconde

inciampar nella morte,

sì trionfa del forte.

Fugace, e sbigottita

sempre da me seguita

fu quella belva umana.

Entrò qui, né so dove ella s'intana.

Ma tu lo spirto lasso

con la gemina stella

a ristorar ne vieni anima bella.

THISANDRO

Già, ch'a Thisandro, amore,

con barbaro rigore

fuggitivo li rende il suo piacere

vuol come Clitofonte almen godere.

 

Non potea,  

vaga dèa,

il mio core

star disgiunto

dal suo centro, e dal suo punto.

Disse Amore,

che là solo

pien di duolo

mi scorge

che fai qui? Segui il mio piè.

Così scorto io vengo a te.

 

ROSINDA

Mio bel fato

sospirato

caro arrivi.

Co' tuoi soli

mi rallegri, e mi consoli.

Sempre vivi

scintillanti

e brillanti

sien per me

quei splendori, e di mia fé

le delizie, e la mercé.

 

Scena terza

Clitofonte, Rosinda, Thisandro.

<- Clitofonte

 

CLITOFONTE

Non cadi Clitofonte?  

L'angoscia non t'uccide?

Le tue bellezze infide

abbraccian lusinghiere, e lusingate,

il tuo rivale? Ah traditrici ingrate.

ROSINDA

Ecco il gigante indegno, ecco il rapace.

Ladron sì tardi audace?

Così di pigro ardire

armi quel petto infame?

Preparati alla pugna, ed al morire.

Dov'è la tua rapina?

Ov'è il mio scudiero

uomo non già, ma femmina assassina?

THISANDRO

Di novo delirante

le sembra Clitofonte

il cercato gigante.

CLITOFONTE

Ah Rosinda, Rosinda,

qual, qual tartareo oblio

la conoscenza mia ti sommerge?

La memoria dov'è

de' nostri dolci amori idolo mio?

ROSINDA

Dallo sdegno costui mi tragge il riso.

Chi sei tu?

CLITOFONTE

Clitofonte,

colui che mai te parte indiviso.

ROSINDA

Ah, ah, ah, ah; si finge

te mio foco il fellone,

conoscer non ti dée, perché la pena

non mandi il ferro a far grondar la vena.

THISANDRO

Lasciam questo codardo.

Non si lordi la mano

di sangue sì villano.

ROSINDA

No, no, non fuggirai

per mentir personaggio estremi i guai.

CLITOFONTE

Eccomi genuflesso

tua crudeltate appaga.

THISANDRO

Il vuoi più vile? Andiamo.

Libero colà parmi

Rudione veder.

ROSINDA

Sì sì partiamo.

Ah, ah, la codardia

tiene in quel seno il trono,

e spiega le sue insegne. A lei lo dono.

Thisandro, Rosinda ->

 

Scena quarta

Clitofonte.

 

 

Ove vai? Torna, senti,  

magica verga, bella mia, t'accieca.

Fantasmi fraudolenti

ti mutano gli oggetti.

I sviscerati affetti

ch'amano Clitofonte

son fa larve ingannati

voi, voi cieli, voi fati

queste degl'empi abissi

scelleraggini enormi acconsentite?

Fiera Nerea ti eclissi,

astro vendicativo, ogni contento,

e come martirizzi il mio diletto

con le ceraste sue ti sferzi Aletto.

 

Scena quinta

Nerea, Clitofonte, Cillena.

<- Nerea, Cillena

 

NEREA

Dettami le parole  

amorosa facondia, onde poss'io

del ribellante mio

stemprar nel cor ferino,

con la lingua di foco, il ghiaccio alpino.

CLITOFONTE

Vedila Clitofonte.

Fuggi le sue lusinghe, ed i suoi vezzi

dispera con i sprezzi.

NEREA

Ferma, arresta quel piede

o nobile macigno,

volubile tu l'hai come la fede.

Non partirai crudele,

pria che di mie querele

non odi il suon dolente, e che non senti

l'aspra tua ferità ne' miei lamenti.

CILLENA

Disdegnoso la mira.

CLITOFONTE

Che dirai, sempre infesta alla mia pace?

Arsi un tempo per te, smorzai la face,

l'accesi ad altro foco, e te lasciai.

Questi sono i tuoi lai.

Odimi, quel tuo pianto

non può risuscitar fiamma, ch'è spenta,

né il mormorato incanto

può dar la vita ad un estinto ardore,

saggia, chiudi la piaga, e sana il core.

CILLENA

Raddoppia la meschina

le calde lagrimatte.

NEREA

Ch'io non t'ami spietato?

La ragion non ha fiato

per smorzar quell'incendio aspro, e vorace.

Che nel mio petto infuso

per le vene mi serpe. Egra, ricuso

la sanità. Piuttosto,

che abbandonarti, o disperata speme

voglio amarti nell'odio, e nelle pene.

 

Vieni, vieni in questo seno,  

che sereno

già t'accolse entro il suo latte.

Le sue, caro,

mamme intatte,

se già manna a te stillaro,

da quei fini

loro rubini.

Vo', ch'ambrosia or ti zampillino.

 

NEREA

Sii tranquillino  

mio placato, e bel Polluce,

le mie sorti alla tua luce.

CLITOFONTE

Lusinghevol sirena

credi indarno allettarmi,

molli verran pria, che mi adeschi, i marmi.

Clitofonte ->

 

Scena sesta

Cillena, Nerea.

 

NEREA

Così parti sprezzante?  

Il fulmine ti segua;

scaglialo dal tuo soglio, o gran tonante.

Lassa, lassa, chi nuoco?

Il castigo di foco

trattien, trattien signore.

L'amato traditore

m'offenda pure ardito,

inoffeso se n' vada, ed impunito.

Amor fulmina, amor del suo misfatto

è consigliero, e sprone:

sia l'iniquo garzone

confinato a girarsi eternamente

sull'orbe d'Ision tristo, e dolente.

CILLENA

Non ti smarrir reina

tra le repulse, ho speme

di vederti a gioir l'alma, che geme.

 

Scena settima

Meandro, Nerea, Cillena.

<- Meandro

 

MEANDRO

Penitente offensore,  

rubello supplicante

vedi al tuo piè prostrato, alta regnante.

CILLENA

Quest'è Meandro il saggio.

MEANDRO

A medicar l'oltraggio

con salubre licore a te ne vegno;

dall'amoroso regno

fuggito, e della fiamma,

che tra le brine dell'etade, il seno

m'ardea per te libero, e sano appieno.

NEREA

La reale indulgenza

ti cancella l'offese,

si dimentica i torti.

Ma qual rimedio al mio languire apporti?

MEANDRO

Rosinda, e Clitofonte

della scitica fonte

smorzar, libate l'acque, il foco antico,

e suscitaro in loro altro desio.

Tra i Garamanti è un rio,

che con contrari effetti

ravviva i spenti affetti.

L'onda, ch'è qui racchiusa

là, per giovarti io colsi, e a te la porto,

vedrai sorgente il tuo piacer, ch'è morto.

Torna Rosinda al seno

riverita mia figlia,

e vedrai meraviglia.

 

NEREA

Letizia, e giubilo,  

cessate gl'impeti,

non uccidetemi,

il cor, che debole

non può resistere.

Lagrime torbide,

sospiri languidi,

io vi licenzio:

non più di assenzio

beverò i calici,

che del mio strazio

amore è sazio.

Meandro, Nerea ->

 

Scena ottava

Cillena.

 

 

Gioirà la reina, io penerò,  

mi saranno amarezze

le tue care dolcezze,

oggetti tormentosi ognor vedrò.

Ma no, di che m'affanno?

Clitofonte, e Nerea pacificati

i scogli lasceranno.

Io rivedrò la reggia, antico nido

de' miei dolci piaceri,

ove passo le notti, e i giorni interi

con più d'un mio Cupido

in lascive assemblee. Non più timore

ritorneremo a nostri lussi, o core.

 

Bellezze incoltivate  

il vostro vago ornate,

accrescete con l'arte i vostri lampi,

chi vi rimira avvampi.

Giunte nella città

incatenate, ardete,

la mia necessità voi, voi sapete.

Affamata digiuno,

il sole è per me bruno

amor di gelo, e l'uomo sparito, e morto,

rendetemi il conforto.

Giunte nella città

incatenate, ardete,

la mia necessità voi, voi sapete.

 
 

Scena nona

Cortile del sopraddetto palazzo.
Rudione.

 Q 

Rudione

 

 

Lodato il mio Vafrillo ho empito il ventre.  

Felici queste bande,

che vino, che vivande.

Mai più di qua mi parto. Addio Rosinda.

 

Non voglio più seguirti  

fatto gioco de' spirti

al sole, ed alla neve:

qui si mangia, e si beve

in ozio, alla reale.

Ma Venere m'assale,

Bacco col suo calore

m'accende il pizzicore.

Quest'è un altro appetito,

che sopraggiunto m'ha,

e non trovar pavento

chi a questo incitamento

facea la carità.

 

Scena decima

Aurilla, Rudione.

<- Aurilla

 

AURILLA

Del mio petto  

con le nevi accendo i cori

del diletto

dispensiera, e degli amori

fo beato

tra le braccia il vago amato.

 

RUDIONE

Uh, che bella fanciulla  

piena di leggiadria.

Amor sa 'l mio bisogno, e qui l'invia.

AURILLA

Il mio bello ritroso

impetrò la mercé de' vanti arditi,

e confessò tra dolci abbracciamenti,

che gl'uomini, di noi

son schiavi impotenti.

RUDIONE

Ohimè l'ho perso, ohimè

nel petto egli non v'è.

AURILLA

E c'hai perduto?

RUDIONE

Il core.

Tu, tu me l'hai rubato,

qui venni in mia mal'ora

per restar sviscerato.

AURILLA

Povero sfortunato.

A dirtela, il tuo core

non lo rubai, nel petto mi saltò.

È vero sì, sì l'ho.

Ma pietosa al tuo caso atroce, e rio

farò un cambio, se vuoi, ti darò il mio.

RUDIONE

Volentieri lo torrò.

Così, così mio ben

con un core nel sen viver potrò.

 

Scena undicesima

Vafrillo, Aurilla, Rudione.

<- Vafrillo

 

VAFRILLO

Aurilla, Aurilla mia  

da tue bellezze rare

lontan star non poss'io.

Convien, che come il rio ritorni al mare.

AURILLA

Di te, di te più bello

ritrovato ho un amante,

vedilo, quest'è quello.

Vafrillo si dileggi

l'innamorato mostro, e si beffeggi.

VAFRILLO

Sì, sì. Se tu mi lasci

prezioso tesoro

perdo l'anima, e moro.

RUDIONE

Ospite mio gentile

se la tua cortesia già m'obbligò,

e se risuscitò

Rudione per te morto di fame

alle mie nove brame

concedi l'esca, e insin c'abito qua

rinunziami, ti prego,

questa, questa beltà.

Sana il mal, che mi festi:

col tuo lauto convito

fosti, fosti cagion del mio prurito.

AURILLA

Che licenza pretendi?

Non ha, non ha ragione

alcun sopra di me, libera io sono,

di novo mi ti dono.

VAFRILLO

Già, già che così vuole il mio destino,

al mio male acconsento.

Ti concedo il favore,

e voglio per tu' amore

soggettarmi al tormento.

Ma pregasi Cupido,

ch'assista a' tuoi diletti amico, e fido.

AURILLA

Cantiam, cantiam a tre

«amor di nostra fé».

La sai?

VAFRILLO

La so, la so.

RUDIONE

Anch'io vi seguirò.

 

AURILLA, VAFRILLO E RUDIONE

Amor di nostra fé    

stringi, deh stringi i nodi,

e faccia tua mercé,

ch'il cor le tue dolcezze, e gusti, e godi:

proteggi i nostri ardori,

spargi, spargi il tuo mel sui nostri amori.

S

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RUDIONE

Così, così partite?  

Così, voi mi schernite?

 

AURILLA

Bel sembiante,  

bell'amante

da baciar le verginelle.

Dove siete,

qui correte,

per baciarlo, o donne belle.

Bel sembiante,

bell'amante

da baciar le verginelle.

Vago labbro

di cinabro

da dar baci in dolci amplessi.

S'io 'l toccassi,

se 'l baciassi

sputerei sin che vivessi.

Vago labbro

di cinabro

da dar baci in dolci amplessi.

 

Aurilla, Vafrillo ->

RUDIONE

Senso mio torna, torna  

a tuoi sonni primieri,

né mai più ti destar su questo scoglio.

Esser da te non voglio

tormentato co' stimoli, e pensieri.

Non vuol questa villana in sé raccormi.

Senso mio dormi, dormi.

Rudione ->

 

Scena dodicesima

Rosinda, Clitofonte.

<- Rosinda, Clitofonte

 

ROSINDA

Strane cose mi narri.  

Maledetti deliri

voi m'arrecaste in sen l'odiato pondo

seno impuro, ed immondo,

contaminato, e infetto

dagl'aborriti amplessi,

della tua viva fiamma unito al petto

purga le sordidezze.

Perdonate all'offese, o mie bellezze.

CLITOFONTE

Ohimè di gioia io moro.

Congiunto a questo seno

dolce, grato veleno

con qualità di foco

m'uccide a poco, a poco.

ROSINDA

Quai svenimenti, o fido

mi ti rendono esangue, e semivivo?

Vipera non son io.

Apri gl'occhi ben mio.

CLITOFONTE

Abbandonati i sensi,

vicina alla tua bocca, uscir volea

l'anima dalla mia per cangiar nido;

s'interpose Cupido

e ritornar la fece a' primi offici

negl'elisi felici

del tuo petto bramava

passar beata l'ore

della carcere sua, caro il mio core.

 

Scena tredicesima

Meandro, Rosinda, Clitofonte.

<- Meandro

 

MEANDRO

Amanti, intempestivi  

sono gli scherzi, e gl'amori.

Uscir da questi errori

tosto conviene a voi. Nerea sdegnosa

vi prepara prigion tetra, e penosa.

ROSINDA

Oh Meandro, Meandro.

CLITOFONTE

Oh saggio amico.

MEANDRO

Turbe di Flegetonte in mille forme

custodiscon l'uscita. Onda v'arreco,

che bevuta da voi farà, che cieco

divenga ogni custode, e ne' lor sibili

deluse l'empie guardie,

verrete agl'invisibili invisibili.

Ma per fuggir, sinché la fuga ha il varco,

dall'incantata rete,

ecco l'acqua bevete.

ROSINDA

Il rimedio ricevo.

CLITOFONTE

Pronto la prendo, e bevo.

MEANDRO

Beuta la salute

con l'onde avete, e risanati i cori

delle piaghe mal nate.

Omai vi ravvivate

dell'antiche faville o spenti ardori.

Già già scopro animarvi estinti affetti

onde prendo congedo,

e de' miei studi a tetti,

lieto alle vostre vite, io me ne riedo.

Meandro ->

 

Scena quattordicesima

Rosinda, Clitofonte.

 

ROSINDA

Thisandro il core invoca,  

e l'anima le dice

ch'è morto l'infelice.

CLITOFONTE

Nerea, questo sospiro

per messagger ti manda

delle sue conversioni il convertito.

Ei se ne viene ardito

a te sua dolce, e riaccesa face,

sperando d'ottener perdono, e pace.

ROSINDA

Tu, tu morte li desti

crudel, cangiando ardore.

Nella tua colpa infida

per vendetta t'uccida

l'affanno, o traditore.

 

CLITOFONTE

Dove sei? Vieni, vieni  

mio ravvivato ardore

a rallegrarmi il core

delle bellezze tue con i baleni.

Dove sei? Vieni, vieni.

 

Scena quindicesima

Nerea, Clitofonte, Cillena, Rosinda.

<- Nerea, Cillena

 

NEREA

Ancor sei tu satollo  

di flagellarmi, o bello

mio tiran, mio rubello?

CLITOFONTE

Testimoni veraci

del mio cangiato intento

questi umori ti sien del pentimento,

che parti rugiadosi

il lume figlia, e stilla,

meta de' miei riposi,

calma del mio penar vaga, e tranquilla.

NEREA

Oh pentito adorato,

s'il ben era insperato

morta mi avrebbe il repentin piacere.

Grazie al bendato arciere

ritorni pur, ritorni

ricuperata speme

di queste braccia mie tra le catene.

CLITOFONTE

Delle tue gioie nove,

rinnovata reina,

son stata indovina.

ROSINDA

Mi son gl'altrui contenti

spine acute, e pungenti.

 

CLITOFONTE

Non vo', non vo' perdono,  

punisci il delinquente.

Ribellante nocente

volontario mi rendo, e m'imprigiono.

Non vo', non vo' perdono,

punisci il delinquente.

NEREA

Punir ti vo' ben sì,

ma sieno i tuoi castighi

mirati dalla notte, e non dal dì.

Punir ti vo' ben sì.

ROSINDA

Io merto ogni tormento,

ch'il mio guerrier ho spento.

Sveni la vostra fede un'incostante,

esempio ad ogni amante

volubile, e leggera.

Pera la rea d'infedeltade, pera,

sveni la vostra fede un'incostante.

 

Scena ultima

Thisandro, Nerea, Rosinda, Clitofonte, Cillena, Rudione.

<- Thisandro, Rudione

 

THISANDRO

Della mia vaneggiante  

traccio l'orme smarrite,

da quei vezzi ingannato

vago d'aver ferite.

NEREA

La tua fama, o guerriero, omai ritorni

a tralasciati voli

con le penne d'amore

prove del tuo valore

porti di novo all'occidente all'orto

valorosa Rosinda ecco il tuo morto.

ROSINDA

Vive Thisandro, vive? Ed io non spiro

nel vederti spirante

traditrice, spergiura, infida amante?

Non so come abbracciarti:

nella colpa avvilito

non osa rimirarti,

conscio de' suoi misfatti,

l'occhio ch'ad altro oggetto

sovvertì il core a consacrar l'affetto.

THISANDRO

Ti rimetto il delitto

bella mia lagrimosa.

In questo petto afflitto

riedi, corri, riposa.

Oh dio son tutto ghiaccio,

e pur stringo la fiamma, e 'l sole abbraccio.

 

CLITOFONTE

Resti il nostro furore  

da quei nodi sì stretti incatenato,

e l'odio esanimato

cada tra quelle paci.

Al suon de' nostri baci

fugga la gelosia.

Raddoppiamo gl'amplessi anima mia.

 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Una delle Strofadi.

Rosinda
 

Onde partii ritorno

Rosinda
<- Thisandro

Rosinda l'incostante, ohimè Rosinda

Thisandro, Rosinda
Non potea, vaga dèa
Rosinda, Thisandro
<- Clitofonte

Non cadi Clitofonte?

Clitofonte
Thisandro, Rosinda ->

Ove vai? Torna, senti

Clitofonte
<- Nerea, Cillena

Dettami le parole

Sii tranquillino

Nerea, Cillena
Clitofonte ->

Così parti sprezzante?

Nerea, Cillena
<- Meandro

Penitente offensore

Cillena
Meandro, Nerea ->

Gioirà la reina, io penerò

Cortile del sopraddetto palazzo.

Rudione
 

Lodato il mio Vafrillo ho empito il ventre

Rudione
<- Aurilla

Uh, che bella fanciulla

Rudione, Aurilla
<- Vafrillo

Aurilla, Aurilla mia

Aurilla, Vafrillo e Rudione
Amor di nostra fé

Così, così partite?

Rudione
Aurilla, Vafrillo ->

Senso mio torna, torna

Rudione ->
<- Rosinda, Clitofonte

Strane cose mi narri

Rosinda, Clitofonte
<- Meandro

Amanti, intempestivi

Rosinda, Clitofonte
Meandro ->

Thisandro il core invoca

Rosinda, Clitofonte
<- Nerea, Cillena

Ancor sei tu satollo

Clitofonte, Nerea e Rosinda
Non vo', non vo' perdono
Rosinda, Clitofonte, Nerea, Cillena
<- Thisandro, Rudione

Della mia vaneggiante

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena ultima
Con la scena della tenda velata. Selva sul deserto d'uno scoglio a Corcira vicino. La spiaggia d'una delle Strofadi. La reggia di Dite. Bosco. Palazzo incantato. Una delle Strofadi. Cortile del sopraddetto palazzo.
Prologo Atto primo Atto secondo

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