Atto secondo

 

Scena prima

Porto di mare.
Morasto e Licori.

 Q 

Morasto, Licori

 

MORASTO

Leggiadra ninfa, Oralto il mio signore,  

che tu con tua beltà servo ti festi,

forte si duol di te; perché se seco

ei gode ragionar, tu dispettosa

il fuggi sì? ben se' schiva, e ritrosa.

LICORI

Tal per natura io sono, e se non fossi,

tal qui farmi vorrei.

MORASTO

Ma tu non pensi

che in sua mano ora sei? ch'egli qui regna?

LICORI

Sopra i voler non si dà regno: al primo

cenno di ferità, ch'io scorga in lui,

in mar mi getto, e sua

più non son, né d'altrui.

MORASTO

O generoso cor! o mia speranza!

Ma dimmi; s'altri di men fiero aspetto

premio dell'amor suo

chiedesse l'amor tuo?

LICORI

Perderia il tempo, e l'opra.

Prima faran gli augei nell'onde il nido,

e prima i pesci lo faran ne' boschi,

che si vegga Licori

vaneggiar fra gli amori.

MORASTO

Perché si fiera voglia? amasti mai?

LICORI

Nella tenera etade amor provai,

ma il caro amato oggetto

appena mi mostrar gl'invidi dèi,

e pria di possederlo io lo perdei.

MORASTO

(O me felice a pieno!

Che più bramar poss'io?

Ma il gran giubilo mio

forza per ora m'è chiuder nel seno.)

 

LICORI

Il mio core a chi la diede  

serva fede,

né già mai si cangerà.

Sia costanza, o sia follia

questa mia,

e sia fede, o vanità.

Licori, Morasto ->

 

Scena seconda

Osmino ed Elpina.

<- Osmino, Elpina

 

OSMINO

Sì di leggér t'adiri?  

ELPINA

Vattene pur; de' brevi miei deliri

picciol vanto fia 'l tuo.

Tu cangiasti desio,

e l'ho cangiato anch'io.

OSMINO

Io pur t'amo qual pria, tu temi invano.

ELPINA

Forse ch'io no 'l conosco! e ch'io non leggo

nel tuo volto l'inganno!

OSMINO

Elpina, il giuro:

io son lo stesso ancora,

e gli affetti pur son quai prima furo.

 

ELPINA

Egli è vano il dirmi ognora  

ch'il tuo core è ancor qual fu;

che se 'l labro il dice ancora,

gli occhi tuoi no 'l dicon più.

 

 

Ma una parola che t'uscì pur dianzi,  

assai m'ha reso di saper bramosa,

chi tu sia e di qual gente.

OSMINO

O in questo, Elpina,

appagarti non posso,

perch'io stesso no 'l so.

ELPINA

Come no 'l sai?

Curi dunque sì poco i prieghi miei?

Tacendo anche il dicesti;

qualche barbaro sei.

OSMINO

Questo non già, mentre di Sciro io sono,

ch'ora intesi a te ancor desse la culla.

ELPINA

Tu della patria mia?

Ma come altro non sai?

OSMINO

Perché a' miei tolto sì fanciullo io fui,

che a penar pria che a vivere imparai.

ELPINA

Ma né pure il tuo nome,

e né pur quel del genitor t'è noto?

OSMINO

Il mio nome fu Osmino, e perché seppi

dai rapitor più volte

ch'allor piangendo io chiamai Silvia, ho sempre

sospetto avuto, che tal fosse della

mia genitrice il nome; e il padre tuo

me n' giva appunto a interrogar, se a Sciro

ninfa si trovi di tal nome, a cui

fosse un figlio rapito,

come rapito io fui.

ELPINA

Che sento? Osmin di Silvia! ora comprendo,

perché d'Osmino, e di Licori i nomi

veggansi qui sopra le scorze incisi.

Volo a recar sì gran novella.

(parte)

Elpina ->

 

OSMINO

E dove,  

dove se 'n va costei?

La vo' seguir, ché dietro l'orme sue

m'avverrà forse di trovar colei,

per cui perdo me stesso.

Dall'idea di quel volto

divellere il pensier mi sforzo invano,

talché miser m'avveggio,

che ben tosto io vaneggio.

 

Ah ch'io non posso lasciar d'amare  

quel dolce foco, che 'l cor m'accende.

Son troppo belle, son troppo care

l'accese luci del mio bel sole,

e sento trarmi dov'egli vuole

son certa forza, che non s'intende.

Osmino ->

 

Scena terza

Oralto e Narete.

<- Oralto, Narete

 

NARETE

Deh s'egli è vero, Oralto,  

ch'un valoroso cor sempre è gentile,

con fronte men severa

ascolta mia preghiera.

ORALTO

Di' ciò che vuoi.

NARETE

Tu hai nelle tue mani

me vecchio vil con due fanciulle imbelli.

Che vuoi tu far di così inutil preda?

Alle ardite tue navi

noi possiam dare incarco, e non soccorso.

Odi però ciò ch'io propongo. A Sciro

di lieti campi, e di fecondi armenti

mi fe' ricco fortuna; io se 'l consenti,

farò che d'ogni cosa oro si tragga,

e per nostro riscatto a te si dia

tutta quant'è l'ampia sostanza mia.

ORALTO

O quanto io mi compiaccio

in udir tua sciocchezza, insano vecchio!

Tu di mandre, e di greggi,

tu di paschi, e di piante

vo' che mi parli, ma la generosa

arte di correr mari

non fia che da un bifolco Oralto impari.

 

NARETE

Deh ti piega, deh consenti,  

mira il pianto, odi i lamenti,

e ti muova oro, o pietà.

In sciagure sì infelici,

in disastri sì funesti

anche tu cader potresti.

Anche noi fummo felici,

ma sua sorte uomo non sa.

Narete, Oralto ->

 

Scena quarta

Osmino e Licori.

<- Osmino, Licori

 

LICORI

O fortunata schiavitù!  

OSMINO

O felice

esilio mio!

LICORI

Parmi pur anco un sogno.

Come pria non m'avvidi,

quanto Alceo rassomiglia

il volto tuo negli occhi e nelle ciglia!

Ora intendo, perché dei nostri nomi

sien qui le piante impresse.

Ma dimmi il ver, servasti entro al tuo petto

la memoria, e l'affetto?

OSMINO

Per te son tutto amore.

LICORI

Or ti prepara

a tutti raccontarmi i casi tuoi,

fin da quando cadesti in man de' traci.

OSMINO

Che gran venture a un tratto! intera trovo

dei genitor contezza,

e di sì cara ninfa acquisto io faccio.

LICORI

Acquisti ciò ch'è tuo,

e ciò, che d'altri esser non volle mai.

Ma ohimè questa impensata

nostra immensa allegrezza

troppo vien compensata

da mortale amarezza.

Che sarà mai di tutti noi? ricusa

il corsaro crudel ogni partito.

OSMINO

Prima però ch'io porga

di nuovo a' lacci il piede, io certo penso,

penso far prova almen di ciò che possa

un'alma disperata.

LICORI

Empia fortuna,

tu mi rendesti adesso

l'amato mio pastore,

per farmi un'altra volta ancor sentire

di perderlo il dolore.

 

Amor mio, la cruda sorte  

mi ti rende per mia morte,

e non già per sua pietà.

Se tu ancor sei fra catene,

or le tue con le mie pene

il mio cor pianger dovrà.

Licori ->

 

Scena quinta

Osmino.

 

 

Che nuova scena è questa? e che ricorda  

costei d'antichi amori?

Che di traci favella? Io non comprendo,

e qualche error per certo

la sua mente confonde:

ma con ninfa sì bella

per non perder favor, con ogni cura

scaltro seconderò tanta ventura.

Osmino ->

 

Scena sesta

Oralto e Morasto.

<- Oralto, Morasto

 

ORALTO

Io pensar ben potea, che inutil fosse  

con così rozza gente esser cortese:

nati, e nutriti in selve

son poco men che belve.

Ma costei che indomabile si mostra,

che d'un sol guardo farmi lieto sdegna,

e che né pur vuoi farmi

onor con ingannarmi,

io farò che si penta,

e che il suo stato meglio intenda e senta.

MORASTO

Non durerà, signor, tanta alterezza:

sii certo, che in brev'ora

noi la vedrem cangiar pensieri, e voglie,

qual serpe, che ad april cangi sue spoglie.

ORALTO

Al lor destin condurle assai fia meglio,

e volgendo al sultan tosto le prore,

assicurarmi con sì nobil dono

questo piccolo regno: io già mi pento

del mio debile spirto: esca dal petto

ogni tenera cura,

né cangi Oralto in questo dì natura.

 

Ami la donna imbelle,  

cui non dieder le stelle

alma capace d'altro che d'amor:

ma l'uom nato a gran cose

sdegni cure amorose,

ed abbia sol nel seno ira, e valor.

Oralto ->

 

Scena settima

Morasto, poi Licori.

 

MORASTO

Mio cor non è più tempo  

di starsi neghittosi; a tutto rischio

tentar si vuol di por Licori in salvo

da la costui fierezza, e dall'orgoglio.

Ma non vien ella da questa parte? Amore

m'assisti tu, ch'or palesarmi io voglio.

Ninfa, leggiadra ninfa, al fin non posso

tener più chiusa la mia fiamma in seno;

sappi dunque, ch'io t'amo, e che il mio ardore

sol con la vita mia può venir meno.

 

<- Licori

LICORI

Così dunque degg'io,  

d'ogni parte infestata,

aver perpetua noia?

MORASTO

Anzi diletto, e gioia

recarti intendo.

LICORI

Ciò non altrimenti

tu conseguir potrai,

che lasciandomi in pace.

MORASTO

Ferma se' forse, non mi amar già mai?

LICORI

Ferma qual quercia antica in alto monte.

MORASTO

E pur tu m'amerai fra pochi istanti.

LICORI

Forse in animo hai tu d'usar gl'incanti?

MORASTO

Ma che dico amerai, se già tu m'ami!

LICORI

Or veggo che sei folle, e che deliri.

MORASTO

E m'ami allora più, che più t'adiri;

e se mi scacci, è sol perché mi brami.

LICORI

Colgami la saetta, s'io ti bramo.

Aborron l'agne il lupo, i lupi il veltro,

ma più 'l mio cor chi d'amor parla aborre.

MORASTO

Dolci lusinghe, e teneri sorrisi

non fur già mai si cari ad alma amante,

come a me son le tue ripulse, e sdegni:

questi certo mi fan che tu se' mia.

LICORI

Folle son io, che ancor ti bado.

MORASTO

O dèi,

non reggo più: deh, mia Licori amata,

tanto svanì...

 

Scena ottava

Osmino e detti.

<- Osmino

 

OSMINO

Mio ben, godi tu forse  

di star lungi da me? sai tu ch'errando,

e di te ricercando in van m'aggiro?

Tutti gli affanni miei, quand'io son teco

al mio destin perdóno,

e 'l mio stato obliando, altro non chieggio.

MORASTO

Che veggio ohimè, che veggio!

LICORI

Da te non parte questo cor già mai,

e sol per te dentro quest'aspro scoglio

mi può giungere al cor gioia, e contento.

MORASTO

Che sento ohimè, che sento!

LICORI

Ma por gran cura ci convien che Oralto

non ci colga mai qui: miseri noi,

s'egli del nostro amor punto s'avvede.

Lascia però ch'io parta, e tu ben sai,

che farà il cor cammin contrario al piede.

Licori ->

 

Scena nona

Morasto e Osmino.

 

MORASTO

Qual freddo gelo il sen m'opprime, e tutti  

m'instupidisce i sensi!

Forse alcun genio infausto

m'offuscò sì, che a un tratto

e travedere, e trasentir m'ha fatto?

OSMINO

Amico, o qual dolcezza

porta nell'alme amore!

Questo possente affetto

scaccia ogn'altro pensiero; esser signore

ei vuol di tutto il core.

MORASTO

Già 'l so, già 'l so.

OSMINO

Ma tu non sai, qual piena

di contentezze or tutto il sen m'inondi.

MORASTO

M'allegro assai di tue venture, or vanne.

OSMINO

Forse tu mi deridi,

ma se provassi mai...

MORASTO

Il credo dissi, or qui mi lascia omai.

 

OSMINO

Qual serpe tortuosa  

s'avvolge a tronco, e stringe,

così lega, e ricinge

amore i nostri cor.

Ma quanto è dolce cosa

esserne avvinto, e stretto!

Non sa che sia diletto

chi non intende amor.

Osmino ->

 

Scena decima

Morasto.

 

 

Destin nemico sei tu sazio ancora?  

Puoi tu per istraziarmi

vie trovar più crudeli?

Ma che dunque dicea

d'aver in odio amore, e quella fede

servare ancor, che da fanciulla diede?

Qual si prendon di me funesto gioco

ella, e fortuna? deh trovata mai

non l'avess'io! ch'anzi la perdo or solo,

se non più me la toglie il cielo, o 'l fato,

ma un rival fortunato.

 

Destino avaro!    

Perché costei

lasso io perdei,

lungo, ed amaro

pianto versai.

Or senza fine

deggio dai lumi

versarlo a fiumi,

sol perché al fine

la ritrovai.

S

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Morasto ->

 

Scena undicesima

Narete.

<- Narete

 

 

Addio, mia bella Sciro, addio per sempre  

verdi colli, erbe fresche, aure soavi.

Intesi al fin la nostra sorte: Oralto

fra due giorni in Egitto

tutti ci condurrà: più non avanza

lampo alcun di speranza.

O ben morta Leucippe,

benché morta in verd'anni,

prima di questi affanni.

 

Non tempesta, che gli alberi sfronda,  

e percuote la messe, e flagella,

portò mai nel mio sen tal dolor;

né torrente, che vinca la sponda,

né saetta, che avvampi, o procella

al mio spirto diêr mai tal timor.

Narete ->

 

Scena dodicesima

Osmino, Licori, Elpina e Morasto.

<- Osmino, Licori, Elpina, Morasto

 

OSMINO

Mira, o Morasto, queste afflitte ninfe,  

che implorano da te soccorso, e aita;

non sa che sia pietà,

chi per esse non l'ha.

MORASTO

Mal può prestar soccorso

chi negli stessi mali involto giace.

LICORI

Sarai tu sì crudel Morasto?

MORASTO

Io dunque

sono il crudel?

OSMINO

Licori,

lascia che il preghiam noi;

ei ti rimira in modo,

che mi reca sospetto: fa' più tosto

che ci raddoppi Elpina i caldi prieghi,

ed il soave suo parlar c'impieghi.

ELPINA
(a Morasto)

Dunque t'occupa sì Licori il core,

che parlarmi anco sdegni,

e a lei ti volgi, che mi parli?

OSMINO

Elpina,

ancor dubitar puoi,

quanto cari mi sian gli accenti tuoi?

LICORI

Che favellare è questo!

Parmi con essa ancora

aver tu filo d'amorosi intrichi:

ché lei non lasci, e d'esortar Morasto

perché non t'affatichi?

MORASTO

A tal segno aborrito

da te son io, che condannar mi vuoi

a sentir dal tuo amante i sensi tuoi?

 

LICORI
(a Osmino)

Così sugli occhi miei?  

OSMINO
(a Licori)

Ninfa, che mai fec'io?

MORASTO

Soffrir più non potrei.

ELPINA
(a Osmino)

Del tutto io già t'oblio.

LICORI, ELPINA, OSMINO E MORASTO

Chi non provò nel sen gran gelosia

non sa che sia

dolor.

MORASTO E LICORI

E pur vien di lègger

in cor ch'ama da ver.

OSMINO E ELPINA

E poi si fa talor

di sdegno, odio, furor.

 

Licori, Osmino, Morasto, Elpina ->

Ballo di Marinari, ch'escono dalle navi.

<- marinari

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Porto di mare.

Morasto, Licori
 

Leggiadra ninfa, Oralto il mio signore

Licori, Morasto ->
<- Osmino, Elpina

Sì di leggér t'adiri?

Ma una parola che t'uscì pur dianzi

Osmino
Elpina ->

E dove, dove se 'n va costei?

Osmino ->
<- Oralto, Narete

Deh s'egli è vero, Oralto

Narete, Oralto ->
<- Osmino, Licori

O fortunata schiavitù!

Osmino
Licori ->

Che nuova scena è questa? e che ricorda

Osmino ->
<- Oralto, Morasto

Io pensar ben potea, che inutil fosse

Morasto
Oralto ->

Mio cor non è più tempo

Morasto
<- Licori

Così dunque degg'io

Morasto, Licori
<- Osmino

Mio ben, godi tu forse

Morasto, Osmino
Licori ->

Qual freddo gelo il sen m'opprime, e tutti

Morasto
Osmino ->

Destin nemico sei tu sazio ancora?

Morasto ->
<- Narete

Addio, mia bella Sciro; addio per sempre

Narete ->
<- Osmino, Licori, Elpina, Morasto

Mira, o Morasto, queste afflitte ninfe

Licori, Osmino, Morasto ed Elpina
Così sugli occhi miei?
Licori, Osmino, Morasto, Elpina ->
<- marinari

(ballo di marinari ch'escono dalle navi)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima
Boschereccia montuosa con veduta da un lato del palazzo d'Oralto. Porto di mare. Deliziosa fiorita. Orrida e tenebrosa montagna con bocca chiusa di grandissima spelonca. Qui precipita la gran porta della grotta ed apparisce la reggia d'Eolo, lavorata nelle viscere del monte con...
Atto primo Atto terzo

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