Atto secondo

 

Scena prima

Galleria.
Pompeo, e Giulia.

 Q 

Pompeo, Giulia

 

POMPEO

Giulia? dell'are accese  

per rinnovar gl'esempi

torni da seminar fiamme ne' tempi?

O pur traendo a idolatrarti ogn'alma

ne' tetti lor presumi

impoverir d'adoratori i numi!

GIULIA

Deh non lasciar, ch'affascinato il guardo

per gran luce poc'ombra,

e per gran male atomi lievi apprenda:

apri Pompeo le luci,

che bendato fanciul forse ti benda.

POMPEO

Così parli a chi t'ama?

GIULIA

Acerba piaga

pietosa man non sana: e succhi amari

curan l'infermo.

POMPEO

Oh dio;

dunque stendi la man al ferro, al foco,

all'or, che pur, se vuoi,

coi balsami d'amor sanar mi puoi.

GIULIA

Questi non ho.

POMPEO

Per chi t'adora ingrata

amor non hai? d'un'alma

non vulgare, e non vile

sono inutili i pianti? ah pur l'asprezza

di dura cote algente

frange assiduo stillar d'onda cadente.

 

Bella crudel, pietà  

d'un cor,

che muor

per te:

non merta la mia fé;

mercé di ferità.

 

Scena seconda

Scipione, Pompeo, e Giulia.

<- Scipione

 

SCIPIONE

Che veggio?  

POMPEO

A' piedi tuoi

cedo ogni mio trofeo.

SCIPIONE

(Ama Giulia Pompeo!)

POMPEO

Né vinceranno

supplicanti preghiere

i tuoi sensi crudeli?

SCIPIONE

A che son giunto, o cieli!

POMPEO

E non accende

nell'agghiacciato seno

una sola favilla il foco mio?

SCIPIONE

Stelle, che far degg'io?

POMPEO

Dove trascorri

traviato Pompeo? Scusami Giulia,

se noioso ti fui: di', ch'ostinato

ad assalir mi fermi

le schiere armate, e non i cori inermi.

(parte)

Pompeo ->

 

SCIPIONE

Io rival di Pompeo?  

Io di sì bel trofeo

Giulia privar?

GIULIA

Turbato

veggio il mio sol: che sarà mai?

SCIPIONE

Non l'amo.

Se 'l suo ben non mi vince; oh dio, ma come

potrò di mie vittorie

cedere altrui la palma?

GIULIA

Idolo mio.

SCIPIONE

Vinca sì sì la nobiltà de l'alma

l'effeminato cor, più non resisto;

perdo un piacer, ma certo glorie acquisto.

GIULIA

Mia speme.

SCIPIONE

Oblia

queste voci penose.

GIULIA

Perché?

SCIPIONE

(Dillo mio cor.) Non sei più mia.

GIULIA

Che novità?

SCIPIONE

Cedo al tuo ben, mia vita,

son costretto a lasciarti,

e sol per troppo amar non posso amarti.

GIULIA

Che meandri confusi!

Che novi labirinti!

SCIPIONE

Ama Pompeo, cor mio; fregia te stessa

con le sue pompe, e co' gl'allori suoi;

da le sponde d'Atlante, e a i lidi eoi

volano interminati i suoi trofei.

Cedo a le tue fortune i piacer miei.

GIULIA

Tu tenti, Scipion, la mia costanza.

Sì lente le catene

ti cinse dunque al seno il dio bendato,

che le sciogli a tua voglia?

SCIPIONE

Non mi affligger mio nume.

(mostra di partire)

GIULIA

Ferma, o crudo.

SCIPIONE

Che vuoi?

GIULIA

Così mi lasci?

SCIPIONE

Perché t'amo.

GIULIA

Ingiusto,

quest'è amor?

SCIPIONE

Sì.

GIULIA

Spietato,

io per te, di Pompeo

non curo amor, sprezzo grandezze, e pompe,

e a la costanza mia

la tua fede infedel cade, e si rompe.

SCIPIONE

Addio bella.

GIULIA

Tu parti?

Dunque invano t'adoro?

Peno forzata.

SCIPIONE

Io volontario moro.

 

GIULIA

Se un tormento  

più d'ogni altro doloroso

cerchi aggiungere penoso

de gl'abissi a gl'aspri guai,

vieni a me, che il troverai.

Sol nel male

altri prova il suo martire,

ma per farmi il ciel languire

in figura di mio bene

mi compone acerbe pene.

 
 

Scena terza

Salone di palazzo, dove vengono portate le spoglie avute in guerra con i trofei.
Pompeo, Cesare, Claudio, Farnace, Milizie, e Esercito lontano.

 Q 

Pompeo, Cesare, Claudio, Farnace, milizie, esercito

 

POMPEO

Le trionfate prede  

sian divise a le schiere, e i cor più arditi

a novelle vittorie il premio inviti.

CESARE

Guerrieri prendete,

le spoglie godete

del ricco trofeo.

MILIZIE E ESERCITO

Viva, viva Pompeo.

 
Qui sono divise molte spoglie alle Milizie.
 

CESARE

Queste voci, o gran duce,

delle parche lontane

a l'orecchio fatal giungano omai,

né il tuo stame vital tronchino mai.

POMPEO

Chiuda, o prolunghi il fato,

come più giovi al Tebro i giorni miei.

CLAUDIO

Già sei fatto immortal co' tuoi trofei.

 

POMPEO

Non mi curo de la vita,  

se perduto ho la speranza:

ceda tutto al mio dolore.

Alma, spirti, senso, e core,

fate pur da me partita,

e troncate ogni tardanza.

Se mia fede è malgradita

non mi giova la costanza,

tutto invan per me si muove

astri, ciel, sorte, Giove

voi pensate darmi aita;

e troncate ogni tardanza.

Non mi curo de la vita,

se perduto ho la speranza:

ceda tutto al mio dolore.

 

 

Così attento Farnace?  

Che rimiri? Se alletta

il tenero desio bramata spoglia,

tutto prendi a tua voglia.

FARNACE

Signor mi fanno ardito

i tuoi sensi cortesi,

prenderò questi arnesi.

CLAUDIO

Il genio esprime

la regia nobiltà del cor sublime.

POMPEO

Che ne farai?

FARNACE

Ciò, che benigno Giove

saprà meglio dettarmi.

POMPEO
(ad un soldato)

Tu gli porta quest'armi.

CESARE

Andiamo; sì preziose

son l'opere tue,

che men ricche di gemme

han le sponde d'Idaspe, e l'Eritreo.

MILIZIE

Viva, viva Pompeo.

 

Pompeo, Cesare, Claudio, milizie, esercito ->

FARNACE

Vaghe pompe, bei trofei  

stanno qui, ma non per me;

l'altrui gioie

son mie noie

senza patria, e genitori

non so dov'io mova il piè.

 

Farnace ->

 

Scena quarta

Sesto, Harpalia

<- Sesto, Harpalia

 

SESTO

Da quegl'occhi luminosi,  

che son centri del mio foco

assai bramo, e chiedo poco.

La beltà, che il sen m'accende,

al mio amor non vuo', che arrida,

chiedo sol, che non m'uccida.

HARPALIA

Sesto?

SESTO

Harpalia mi rechi

de l'assalito cor d'Issicratea

qualche lampo di speme?

HARPALIA

A i primi accenti,

che d'amor io formai, ver me sdegnose

le sue pupille affisse,

né a le lusinghe de' canori mostri

tanto chiuse l'udito il cauto Ulisse.

SESTO

Dunque io son disperato?

HARPALIA

No: senti; all'or, che in cielo

scintillano le stelle, e posa il mondo

in silenzio profondo, entra ne' tetti,

ch'a la regina destinò Pompeo,

lasciar socchiusi gl'usci

sarà mia cura: il resto poi, signore,

scorga benigna sorte, amico amore.

SESTO

Harpalia tu descrivi

a sitibondo infermo

limpida fonte, a naufrago nocchiero,

quasi tra scogli absorto,

lusinghiera dipingi il dolce porto.

 

Harpalia ->

 

Scena quinta

Issicratea, e Sesto.

<- Issicratea

 

ISSICRATEA

La speranza mi tradisce,  

mi si mostra, e poi svanisce.

Qual di Tantalo infelice,

fugge l'onda ingannatrice.

Se mi nasce un picciol bene,

me lo struggon cento pene:

così il cor di Tizio ancora

cresce sol per chi il divora.

SESTO

Issicratea?

ISSICRATEA

Del domator de' regni

illustre figlio?

SESTO

Issicratea regina

languir per questi bei lumi

a gran gioia m'arreco.

ISSICRATEA

Sesto ti guida un cieco,

erri il sentier.

SESTO

Non hanno

Cinosura i miei moti: amor non chiedo,

pietà non cerco; e già, che sei sì cruda,

regina, i miei sospiri

volontario disperdo a l'aria vasta,

e senza esser amato, amar mi basta.

ISSICRATEA

Alma, ch'a l'onestà vuol esser grata,

non dée l'assenso dar d'esser amata.

 

SESTO

O cessate di piagarmi,    

o lasciatemi morir,

luci ingrate,

dispietate

più di gelo; e più de' marmi

fredde, e sorde a i miei martir.

O cessate di piagarmi,

o lasciatemi morir.

Più d'un angue, più d'un aspe,

crudi, e sordi a' miei sospir,

occhi altieri

ciechi, e fieri

voi potete risanarmi,

e godete al mio languir.

O cessate di piagarmi,

o lasciatemi morir.

S

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ISSICRATEA

Or da me più vuoi?  

SESTO

Che non mi celi

i rai, ch'adoro.

ISSICRATEA

Parti.

SESTO

Cedo, ma lascia, che sovente io possa

ne l'adorato lume

bear le luci, e incenerir le piume!

(parte)

Sesto ->

 

Scena sesta

Mitridate, e Issicratea.

<- Mitridate

 

MITRIDATE

Bear le luci, e incenerir le piume!  

Che favellar è questo?

Issicratea col giovinetto Sesto

solitari discorsi?

ISSICRATEA

E che degg'io

parlar co' tronchi, favellar co' marmi?

MITRIDATE

Piano regina, parmi,

che troppo ti risenti: offese membra

lieve tatto addolora.

ISSICRATEA

Anzi chi è sano

aborre con più senso i succhi amari.

MITRIDATE

Basta regina.

ISSICRATEA

Di mia fede adunque

dubbio nel cor ti giunge?

MITRIDATE

Chi scherza con gli strali un dì si punge.

ISSICRATEA

Troppo, troppo m'offendi.

MITRIDATE

Altro, che il foco

col liquefarlo (sai)?

franto cristal non riunisce mai.

ISSICRATEA

Che vuoi dire?

MITRIDATE

È l'onor terso cristallo:

s'un dì si spezza, solo ultrice fiamma

lo torna intier.

ISSICRATEA

Non più.

MITRIDATE

Forse noiose

queste voci ti son?

ISSICRATEA

Sì, che diamante

sotto ruvide masse

non si ravviva?

MITRIDATE

Non intendo.

ISSICRATEA

A torto cinta da' tuoi sospetti

vuoi stimar la mia fé: gioia tal volta

tra le glebe si spezza

ma de l'arte a i cimenti, a gl'usi, a l'opre

d'inestimabil prezzo alfin si scopre.

MITRIDATE

Odi.

ISSICRATEA

Cessin gl'esempi: io farò quanto

a me convien: tu ciò che devi adempi.

MITRIDATE

I tuoi saggi consigli il cor riceve.

ISSICRATEA E MITRIDATE

Faccia ognun ciò che deve.

 

Mitridate ->

ISSICRATEA

Dubbio di mia costanza  

Mitridate se n' va. Sciagure estreme

seppe con ciglio asciutto il cor soffrire,

ma questa pena, oh dio, mi fa languire.

 

Col suo roco mormorio    

va parlando un fiumicello,

per destino più rubello

parlar sola deggio anch'io.

Con sussurri or mesti, or lieti

van parlando abeti, e faggi,

crudo ciel, con duri oltraggi

solo a me parlar tu vieti.

S

 

Scena settima

Claudio, Issicratea.

<- Claudio

 

CLAUDIO

Ne' lumi tuoi, regina,  

amor sue faci espose,

e i fulmini di Giove il ciel vi pose.

ISSICRATEA

Claudio, fatica il Tebro

a opprimer regni, a incatenar regine,

a fin che le tormenti

effeminato cor con folli accenti.

CLAUDIO

Sesto, che ti sostiene

fra le braccia languente,

e che chiami tuo bene,

non ti tormenta no?

ISSICRATEA

Sogni, deliri,

calunniatore insano.

CLAUDIO

Io vidi!

ISSICRATEA

Induce a sostener chi langue

pietà cortese.

CLAUDIO

L'udii.

ISSICRATEA

Verso l'amato, e sospirato sposo

seppe sensi d'amore

a puro labbro suggerire il core.

CLAUDIO

Per gradirti lo credo.

ISSICRATEA

Issicratea

d'impura fiamma accesa

chi figurar si vuole,

prima a credere impari

corruttibil il ciel, caduco il sole.

 

CLAUDIO

Rendimi la mia pace,  

che m'invola amor,

ammorza pur l'ardor

de la tua face,

rendimi la mia pace,

scioglie le reti d'oro,

che vago crin formò:

ch'io più nel sen non vuo'

fiamma vorace:

rendimi la mia pace.

 
 

Scena ottava

Logge.
Mitridate, e Farnace.
Un soldato con armatura.

 Q 

Mitridate, Farnace, un soldato

 

MITRIDATE

Tormentosa gelosia,  

quanti strali al sen mi scocchi;

perch'io pianga con cent'occhi,

fassi un Argo l'alma mia,

tormentosa gelosia.

Crudelissima tiranna

il tuo gelo ognor m'ingombra

tu dai corpo insin all'ombra

per far guerra a l'alma mia,

tormentosa gelosia.

 

 

Ecco il mio figlio.  

FARNACE

Te cercavo appunto.

MITRIDATE

E che vorresti? (Dai bramati amplessi

ho gran pena a frenarmi.)

FARNACE

Prendi, e in memoria mia porta quest'armi.

MITRIDATE

Che miro; onde l'avesti?

FARNACE

Da Pompeo.

MITRIDATE

Strano incontro.

FARNACE

Perché ti turbi? di', forse t'offesi?

MITRIDATE

Sappi gentil garzone,

che del tuo genitor fur questi arnesi.

FARNACE

Del padre mio?

MITRIDATE

Sì.

FARNACE

Tanto più m'è grato

fartene dono; ma, deh dimmi un poco,

dov'è il mio genitore,

vive lieto? che fa?

MITRIDATE

(Mi straccia il core.)

Il suo maggior tormento

è 'l non poterti (ahimè) stringerti al seno.

FARNACE

A lagrimar mi sforzi.

MITRIDATE

Ahi quanto io peno.

FARNACE

Dimmi, ritorni a lui?

MITRIDATE

No; qui l'attendo.

FARNACE

Deh, quando ei giunge, tosto

a lui mi scorgi.

MITRIDATE

(Più cessar non posso,

segua, che vuol.) Accorri,

tra queste braccia, o figlio. Io son, son io

tuo genitor. Ove trascorsi, o dio!

FARNACE

Tu Mitridate sei?

MITRIDATE

Io no: perché tu apprenda

ciò, che nel ritrovarti

Mitridate farà, corsi a baciarti.

FARNACE

Affé, che qual tu fossi

l'amato genitore

mi furo i baci tuoi

di gioia al labbro, e di piacere al core.

MITRIDATE

(Mi scoprirò, se qui mi fermo.) Prendo

gl'arnesi, che mi desti,

addio Farnace, altrove

affar mi chiama.

FARNACE

Siati amico Giove;

odi.

MITRIDATE

Che brami?

FARNACE

Avverti,

del gran Pompeo più non tentar la morte.

MITRIDATE

Non temer. (Quanto strana è la mia sorte!)

 

FARNACE

Ruscelletto almen tu puoi  

gir correndo in grembo al mare

a portar gl'argenti tuoi;

a me son le stelle avare;

io son ruscello, e m'è vietato il mare.

Farfalletta almen tu puoi

ir girando al lume intorno,

e abbruciarti quando vuoi,

a me tolte son le piume;

io son farfalla, e m'è vietato il lume.

 

Mitridate, Farnace, un soldato ->

 

Scena nona

Giulia, e Pompeo.

<- Giulia, Pompeo

 

GIULIA

Tanto è dir, che d'altri rai  

io nel sen faville accenda,

quanto è dir, che il grave ascenda.

Pria vedrò, ch'indica selce

ne' suoi moti un dì si stanchi,

e di fede al polo manchi.

 

POMPEO

Ecco la bella.  

GIULIA

Ecco Pompeo.

POMPEO

(D'amore

non parlerò.) Giulia?

GIULIA

Signor.

POMPEO

Di Roma

spiro pur l'aure dolci,

e non percosse da fragor severo

d'oricalco guerriero.

GIULIA

Qui sol tepide aurette

sussurran tra le frondi,

e lor del Tebro il mormorio risponde.

POMPEO
(a parte)

Ahi si turba la lingua, e si confonde.

Sotto guerriere tende

palpitante inquieto il freddo sonno

stende sol per breve ora umide l'ali.

(Mi vibrano quei rai selve di strali.)

GIULIA

Qui da le ciglia gravi

non se n' fugge Morfeo, che pria l'Auro

apprestate non abbia

al luminoso dio fasce d'argento.

POMPEO

(Ahi, che languir mi sento.)

Più tacer non poss'io; Giulia non vedi,

ch'io per te moro?

GIULIA

E pure a un dio bambino

Pompeo render si vuole?

POMPEO

Chi può mirar, senz'abbagliarsi il sole?

GIULIA

Addio: follie d'amor udir non voglio.

POMPEO

Ferma, deh non partir: de l'Orsa algente

de le Pleiadi acquose

favellerò, ti narrerò de gl'astri

i vari movimenti,

e nulla ridirò de' miei tormenti.

(Alma torna in te stessa,

ove trascorri.) Giulia!

per non vedersi reo

delle molestie tue, fugge Pompeo.

 

Scena decima

Scipione, Pompeo, e Giulia.

<- Scipione

 

SCIPIONE

Ferma, de' più feroci imperi

debellator invitto.

POMPEO

Che brami, o amico?

SCIPIONE

Del mio foco accesa

Giulia resiste a le tue fiamme: io cedo

al tuo merto, al suo bene.

GIULIA

(Ah traditore)

POMPEO

(Che sento!)

SCIPIONE

(Eh che dal sen mi svello il core.)

POMPEO

(Resto confuso.)

SCIPIONE

Giulia,

il gran duce latino ama fedele.

GIULIA

Ah spietato, ah crudele!

SCIPIONE
(a parte)

Ti sia caro Pompeo, quant'io ti fui:

sì che qual face ardente

struggo me stesso

per far luce altrui.

POMPEO

Cortesia così strana

chi t'insegnò?

SCIPIONE

Di tua virtude il merto,

e il rimirar, che scintillanti, e belle

nel salir l'orizzonte

il luminoso dio, parton le stelle.

POMPEO

Non sia mai ver, ch'io ceda

di nobiltà, che di Scipione sia

men cortese Pompeo: laccio d'amore

virtù laceri, e franga,

e chi vincer mi vuol, vinto rimanga.

Amico, sì bel nodo

disunir non degg'io,

tutti gl'incendi miei spargo d'oblio.

SCIPIONE

No Pompeo.

POMPEO

No Scipion, ama pur, ama

riamato, e felice.

SCIPIONE

Non l'amo più.

POMPEO

Non la pretendo; parto.

SCIPIONE

Seco ti lascio: resta.

POMPEO

A te conviene.

SCIPIONE

A te si deve.

POMPEO

Che duol io provo.

SCIPIONE

Che tormento è il mio.

POMPEO, SCIPIONE

Addio.

GIULIA

Or va' misera Giulia, ama l'iniquo,

se del lucido Apollo

splendano i raggi, o se la dea triforme

pallido argento per lo ciel raggiri

per lui spargi sospiri,

ch'ei leggero di cor, falso di fede

per sognare chimere altrui ti cede.

 

Sciogli i lacci, spezza i nodi,  

torna, torna in libertà;

ahimè lassa, ch'io non posso,

troppo stringe sua beltà.

Spento resti quest'ardore,

che languire omai mi fa;

ahimè lassa, ch'io non posso,

troppo stringe sua beltà.

 
 

Scena undecima

Appartamento d'Issicratea di notte.
Sesto.

 Q 

Sesto

 

Cieche tenebre  

apprestatemi

denso vel;

occultatemi

anco al ciel.

D'ombre tacite

pur mi celino

foschi orror,

né mai svelino

quest'amor.

 

 

Sono pur questi i tetti,  

ove placide piume

adagiano i riposi al mio bel nume.

(va ad una porta, e la trova socchiusa)

A la furtiva man cedon le porte.

(va per entrare nella stanza, poi si ferma)

Ferma, che fai?

che pensi? acceso d'impudiche faci

andrai per l'ombre cieche

labbro pudico a violar co' baci?

Del genitor Pompeo

son questi i vestigi? ah non fia vero

ch'io sì vil mi dimostri e se ad amore

qualche licenza pur lasciar degg'io,

mi basterà de' tetti,

ove l'idolo mio dormendo stassi,

baciar le mura, e adorare i sassi.

 

Scena duodecima

Issicratea con il lume, e Sesto.

<- Issicratea

 

ISSICRATEA

Quai risuonan d'intorno  

querule voci, che rimiro, cieli!

Sesto importuno, insidioso Sesto,

qui lascivo notturno;

che vuoi, che cerchi?

SESTO

Rimirar le mura

de l'albergo adorato,

passeggiar l'orme tue su questo suolo,

porgere innamorato

baci insensati a l'adorata soglia.

Altro, regina, non pensar, ch'io voglia.

ISSICRATEA

Lascia queste follie; torna a tue stanze

partiti, Sesto, e di regina afflitta

non accrescere i guai.

SESTO

Andrò contento or, che il mio sol mirai.

 

Sesto ->

ISSICRATEA

Di tormentarmi, o ciel, non cessi mai.

(entra nella stanza col lume)

Issicratea ->

 

Scena decima terza

Mitridate. Poi Issicratea, e poi Harpalia.

<- Mitridate

 

MITRIDATE

Per quanto ne compresi, Issicratea  

quivi soggiorna: penetrai le mura

del contiguo giardin per via furtiva;

gelosia che mai dorme a tanto arriva;

s'apron le chiuse porte,

discosto osserverò.

 
(esce Issicratea, cadendoli il lume, credendo tornato Sesto)

<- Issicratea

 

ISSICRATEA

Sesto non parti?  

E qui torni?

MITRIDATE

Che sento.

ISSICRATEA

Pur ti scacciai.

MITRIDATE

Che ascolto!

ISSICRATEA

Harpalia, Harpalia

tosto vieni col lume. È ver, che il core

sol de' miei tetti i marmi

a idolatrar aspira,

ma né pur questo io voglio.

MITRIDATE

Alma respira.

ISSICRATEA

Dove sta Issicratea,

né men prestano assenso a fiamma impura

il casto suolo, e le pudiche mura.

MITRIDATE

Sua costanza è sicura.

ISSICRATEA

Ei non risponde, forse il piè ritorse

da queste soglie. Harpalia

ancor non vieni?

MITRIDATE

Con accesa face

ella giunge, m'ascondo.

(s'asconde)

 

<- Harpalia

HARPALIA

De' sonni tuoi la pace  

chi turba, mia regina?

ISSICRATEA

Alcun non veggio,

e pur al certo udii passi, e accenti.

HARPALIA

Nell'inquiete menti

spesso brama, o timor delude i sensi

e con manto del vero

tenace fantasia veste il pensiero.

ISSICRATEA

Vieni: Parche fatali,

per farmi uscir di guai,

il mio stame vital troncate omai.

(entra nella stanza)

Issicratea ->

 

HARPALIA

Io, che intendo ciò che fu,  

cessar di ridere

non posso più.

Non dovea partirsi affé,

che amante timido

mai non godé,

or vado a richiamarlo.

 

Harpalia ->

 

Scena decima quarta

Mitridate, poi Sesto e Harpalia, poi Issicratea.

 

MITRIDATE

Ogn'ora misero  

ho da languir

e sempre crescono

i miei martir.

Di stelle perfide

empi rigor

ogn'or mi turbano

con fier tenor.

 

 

Odo gente.

 

<- Harpalia, Sesto

HARPALIA

Sì tosto  

cedi a una donna? Torna,

tenta, insisti: gl'arditi

Sesto aiuta fortuna.

MITRIDATE

Harpalia, e Sesto?

HARPALIA

Non t'avvilir: quei baci,

che sui gelidi sassi

d'improntar ti contenti,

stampar forse potrai

d'Issicratea sui bei rubin ridenti

MITRIDATE

Mitridate, che senti?

SESTO

Ciò non pretendo.

HARPALIA

Folle

hai ben alma insensata.

MITRIDATE

Harpalia scellerata.

HARPALIA

Assali, espugna

la tua nemica, io parto.

(parte con il lume)

Harpalia ->

 

SESTO

Ahi di pudico core

Sesto non nacque a violar l'onore.

MITRIDATE

Solo merita Harpalia il mio furore.

 
(viene Issicratea con il lume)

<- Issicratea

 

ISSICRATEA

Sesto indiscreto, e pertinace, ancora  

non t'allontani?

SESTO

In che t'offendo, oh dio!

Nulla ricerco, nulla voglio.

ISSICRATEA

Parti, vattene; Harpalia?

MITRIDATE

Finge di non udir l'iniqua.

ISSICRATEA

Harpalia:

non vai tu dunque? Al genitor Pompeo

t'accuserò.

MITRIDATE

Tutto osservar mi giova.

 
(s'incontrano all'oscuro Issicratea, e Sesto)
 

ISSICRATEA

Tiranno a me t'accosti?

SESTO

A l'ombre ascrivi

l'involontario incontro.

 
(Issicratea dà di mano alla spada di Sesto e gliela leva dal fodero)
 

SESTO

Ferma.

ISSICRATEA

Il ferro

affé t'ho preso.

MITRIDATE

Strano ardir!

ISSICRATEA

O parti

o che su 'l brando acuto

cader mi lascio.

SESTO

Oh dio,

ferma.

 
(Issicratea si rivolta la punta della spada al seno)
 

ISSICRATEA

Parti, o m'uccido.

MITRIDATE

Mitridate che tardi; al caso strano,

tu porgi aita, tu rimedio apporta.

 
(Mitridate seguendo la voce d'Issicratea la prende in braccio, e la porta nella stanza. Cade a terra la spada, e crede ella, che sia Sesto, che la pigli, onde dice:)

Mitridate, Issicratea ->

 

ISSICRATEA

Misera, oh dio son morta.  

SESTO

O me infelice.

Sul mio crin degli dèi cadon l'ire.

 
(Sesto crede, che Issicratea si sia uccisa)
 

Senza morire  

soffra chi può,

pena più cruda

non si trovò,

sì fier martire

senza morire

soffra chi può.

Senza cadere

soffra chi può,

ch'io più di vita

speme non ho,

pene sì fiere

senza cadere

soffra chi può.

 

Sesto ->

 

Scena decima quinta

Mitridate esce dalla stanza d'Issicratea, e la serra con chiave, poi Harpalia.

<- Mitridate

 

MITRIDATE

Tra le braccia di Sesto  

si crede Issicratea,

si scosse, tramortì, si fe' di gelo.

Io sui rubin loquaci

impressi muti, e sconosciuti baci.

Ella oprò ciò, che deve,

io la vita innocente a lei serbai,

e ciò, che devo, oprai;

resta sol, che la schiava

or paghi il fio, come conviene. Harpalia?

(urta nella spada)

Harpalia? Questo ferro

(leva di terra il ferro di Sesto)

adoprerò.

 
(viene Harpalia con lume)

<- Harpalia

 

HARPALIA

Signore; ora sì strana  

qui ti conduce?

MITRIDATE

Strana è ver.

HARPALIA

Di gelo

mi si coprono i sensi.

MITRIDATE

E tu non dormi?

HARPALIA

Veglio fedel.

MITRIDATE

Chi veglia in simil forma

perfida, traditrice, è ben che dorma.

 
(l'uccide col ferro di Sesto, e le pone il lume accanto)
 

HARPALIA

Ohimè.  

MITRIDATE

Premio dovuto ella riceve;

faccia ognun ciò, che deve.

 
(Mitridate rivolta la chiave della stanza, che si serra, d'Issicratea, e parte)

Mitridate ->

 
 
Intermedio.

 Q 

ciechi, zoppi

 
Balli di Ciechi, e Zoppi nel cortile.
 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Galleria.

Pompeo, Giulia
 

Giulia? dell'are accese

Pompeo, Giulia
<- Scipione

Che veggio? / A' piedi tuoi

Giulia, Scipione
Pompeo ->

Io rival di Pompeo?

Salone di palazzo.

Pompeo, Cesare, Claudio, Farnace, milizie, esercito
 

Le trionfate prede

Così attento Farnace?

Farnace
Pompeo, Cesare, Claudio, milizie, esercito ->
Farnace ->
<- Sesto, Harpalia

Da quegl'occhi luminosi

Sesto
Harpalia ->
Sesto
<- Issicratea

La speranza mi tradisce

Or da me più vuoi?

Issicratea
Sesto ->
Issicratea
<- Mitridate

Bear le luci, e incenerir le piume!

Issicratea
Mitridate ->

Dubbio di mia costanza

Issicratea
<- Claudio

Ne' lumi tuoi, regina

Logge.

Mitridate, Farnace, un soldato
 

Ecco il mio figlio

Mitridate, Farnace, un soldato ->
<- Giulia, Pompeo

Ecco la bella / Ecco Pompeo / D'amore

Giulia, Pompeo
<- Scipione

Appartamento d'Issicratea di notte.

Sesto
 

Sono pur questi i tetti

Sesto
<- Issicratea

Quai risuonan d'intorno

Issicratea
Sesto ->

Issicratea ->
<- Mitridate

Per quanto ne compresi, Issicratea

Mitridate
<- Issicratea

Sesto non parti?

Mitridate, Issicratea
<- Harpalia

De' sonni tuoi la pace

Mitridate, Harpalia
Issicratea ->
Mitridate
Harpalia ->

Mitridate
<- Harpalia, Sesto

Sì tosto cedi a una donna? Torna

Mitridate, Sesto
Harpalia ->

Mitridate, Sesto
<- Issicratea

Sesto indiscreto, e pertinace, ancora

Sesto
Mitridate, Issicratea ->

Misera, oh dio son morta

Sesto ->
<- Mitridate

Tra le braccia di Sesto

Mitridate
<- Harpalia

Signore; ora sì strana

(Mitridate uccide Harpalia)

Ohimè. / Premio dovuto ella riceve

Harpalia
Mitridate ->

Cortile regio.

ciechi, zoppi
 

(balli)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undecima Scena duodecima Scena decima terza Scena decima quarta Scena decima quinta
Piazza di Trionfo con portici di palazzo Galleria. Giardino. Giardino con fontana da lavare. Fontana da lavare. Galleria. Salone di palazzo. Logge. Appartamento d'Issicratea di notte. Cortile regio. Galleria. Teatro di Pompeo con galleria. Galleria. Logge.
Atto primo Atto terzo

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