Atto primo

 

Scena prima

Villaggio delizioso dietro le mura della città, con veduta di bosco.
Xerse sotto un platano.

 Q 

Xerse

 

Ombra mai fu    

di vegetabile

cara e amabile,

soave più.

S

 

 

Bei smeraldi crescenti,  

frondi tenere, e belle,

di turbini, o procelle

importuni tormenti,

non v'affliggano mai la cara pace,

né giunga a profanarvi Austro rapace.

Mai con rustica scure

bifolco ingiurioso

tronchi ramo frondoso,

e se reciso pure

fia che ne resti alcuno, in stral cangiato,

o lo scocchi Diana, o 'l dio bendato.

 

Ombra mai fu  

di vegetabile

cara e amabile,

soave più.

 

Scena seconda

Sesostre, Scitalce, Maghi, Xerse, coro di Spiriti.

<- Sesostre, Scitalce, maghi, spiriti

 

SCITALCE E SESOSTRE

Eccoci o sire, ad inchinar quel piede,  

cui fa sostegno de la Persia il trono.

Dalla nostra umiltà Xerse che chiede?

XERSE

Udite: l'armi nostre

già minacciano stragi, e co' stendardi

diam segno alla fortuna,

ch'è tempo omai, che si rovini Atene.

Quell'Atene superba,

ch'osò portar (ma non andremo inulti)

a Sardi nostra bellicosi insulti.

Poco resta d'indugio

a varcar in Europa: il nostro amato

platano qui riman; di lui dovete

stringere co' vostri carmi amici spirti

a custodia incessante,

perché non sian da man profana, o avara

svelte le frondi, o pur rapiti i doni,

onde l'abbiam di nostra mano ornate.

Vi lascio: udiste; oprate.

SESOSTRE

Ubbidienti

darem l'opre in risposta.

SCITALCE

Ecco il terreno

di caratteri stampo, e di possente

circolo imprimo.

SESOSTRE

In giro

io tre fiate mi volgo, e l'oriente

dalla magica verga, e in un l'occaso

minacciati oscurarsi omai rimiro.

SCITALCE

Voi tartaree possanze,

del mondo ardente, e dell'oscura Dite,

voi questa pianta a custodir venite.

 

SESOSTRE

Dalle tenebre  

de l'orribile

cieco Tartaro

pur uscite al nostro dì.

SCITALCE

Pluto, ed Ecate

vi disciolgano,

e venir lascin qui.

CORO DI SPIRITI

Per le torbide

vie dell'Etera

sopra i nubili

qui vedeteci pronti già.

SESOSTRE

Noi vi lasciam, vostro dover sapete.

CORO DI SPIRITI

Al bel platano

fida guardia si farà.

Sesostre, Scitalce, maghi, spiriti, Xerse ->

 

Scena terza

Elviro, Arsamene; Romilda, Adelanta sopra una loggia.

<- Elviro, Arsamene, Romilda, Adelanta

 

ROMILDA

Tutti dormìan ancor dell'alba i rai,  

all'or, ch'io mi levai:

movo dormendo il piè;

parlo, né so di che.

ARSAMENE

Caro tetto felice,

albergo del mio amore,

dolce meta del piè: ma più del core.

Care mura beate

il mio vago tesoro

invide mi celate, e pur v'adoro.

Siam giunti Elviro.

ELVIRO

Intendo.

ARSAMENE

Dove alberga?

ELVIRO

Seguite.

ARSAMENE

L'idol mio.

ELVIRO

Dite pure.

ARSAMENE

O se fortuna!

ELVIRO

Così è.

(s'allontana)

ARSAMENE

Dove vai?

ELVIRO

Ad appoggiarmi, ché di sonno i' cado.

ARSAMENE

Vieni qui, dico. Ma sento

dilettoso concento.

ELVIRO

Andiam vicini.

ARSAMENE

Andiam.

ELVIRO

Son di Romilda

questi villaggi?

ARSAMENE

Sì: lasciami udire.

ELVIRO

Così dalla città poco discosti?

ARSAMENE

Taci.

ELVIRO

Vado a dormire.

ARSAMENE

Non ti partir.

ROMILDA

O voi.

ARSAMENE

Quest'è Romilda.

ROMILDA

O voi, che penate.

ELVIRO

Da voi amata?

ARSAMENE

Sì; non parlar più.

 

ROMILDA

O voi, che penate  

per cruda beltà,

un Xerse mirate...

 

Scena quarta

Xerse, Arsamene, Elviro; Romilda, Adelanta sulla loggia.

<- Xerse

 

XERSE

Qui si canta il mio nome?  

 

ROMILDA

...che di ruvido tronco acceso sta,  

e pur non corrisponde

altro al su' amor, che mormorio di fronde,

di rami frondosi

lo sterile amor,

con vezzi dannosi

punge i baci sul labbro al baciator;

è di Cupido un gioco

far che mantenga un verde tronco il foco.

 

Romilda, Adelanta ->

XERSE

Arsamene?  

ARSAMENE

Mio sire.

XERSE

Udiste?

ARSAMENE

Udii.

XERSE

Conoscete chi sia?

ARSAMENE

Non io, signore.

XERSE

Io sì.

ARSAMENE

Ahimè, che gelosia m'accora!

XERSE

Che dite?

ARSAMENE

Che amerei sentirla ancora.

XERSE

Il suo canto è un incanto,

che con magica forza

a catene d'amor l'anima sforza.

Per mia dama la scelgo.

ARSAMENE

Ahimè, che sento!

Ella è Romilda, è principessa, e parmi,

che non convenga.

XERSE

Mi diceste pure

non conoscerla: or come?

ARSAMENE

Sol la conosco al nome.

XERSE

E al canto ancora.

Se dama non convien, sarà mia sposa.

L'approvate?

ARSAMENE

Non osa

la mia fé d'adularvi. A un re non lice

erger al trono, chi non è regina.

XERSE

Per dama non convien, sposa disdice;

nulla vi piace: è rigido il consiglio;

rammentate Arsamene,

ch'amor ha poca legge, e men puntiglio.

Diretegli ch'io l'amo.

ELVIRO

Nobile impiego invero.

ARSAMENE

Io? Non ho modo

di parlargli.

XERSE

Cercate.

ARSAMENE

Non so poi se potrò.

XERSE

Perché?

ARSAMENE

Sdegnate

parole, e forse pria d'udirmi.

XERSE

Che?

ARSAMENE

Già non vorrei: ma per modestia.

XERSE

Intesi:

io gliel dirò, ch'a parlar meglio appresi.

Xerse ->

 

ARSAMENE

Vanne barbaro, va',  

forse pria, che tu parli il labbro indegno

Giove fulminerà:

l'insidiator disegno

di rubar le mie gioie il dio tonante

forse non soffrirà.

Vanne, barbaro, va'.

 

ELVIRO

Signor? Meglio è tacere.  

ARSAMENE

Stimi lecito, di'?

aver tu i miei trionfi, io le ferite?

Qual legge vuol così?

Ma che mi sian rapite

fuor di mano le mie prede, Amor, ch'è giusto

forse non sosterrà.

Vanne barbaro, va'.

ELVIRO

Vanne in mal punto

maligno, invidioso.

ARSAMENE

Ecco Romilda: stiamo a parte Elviro.

 

Scena quinta

Romilda, Adelanta; Arsamene, Elviro a parte.

<- Romilda, Adelanta

 

ROMILDA

Vibra pur ignudo arciero  

nel mio sen le tue faville,

sin, ch'io spero le pupille

del mio ben ver me pietose,

né ritrose,

non m'affligge ardor cocente,

che corrisposto amor fiamma non sente.

 

ARSAMENE

O che piacere!  

ADELANTA

Che fiera gelosia!

ROMILDA

Vuoti pur la sua faretra

nel piagarmi il cieco Amore,

sin, che impetra il mio dolore

dal mio ben costanza, e fede,

più non chiede,

né si duol di stral pungente

che corrisposto amor fiamma non sente.

ARSAMENE

Speme m'avviva.

ADELANTA

Gelosia m'uccide.

ROMILDA

Non resiste, Adelanta, a stral di foco

alma, qual che si sia robusta, e forte.

Lascia, lascia, ch'io parli

del mio amor.

ARSAMENE

Del mio ben.

ADELANTA

Della mia morte.

ROMILDA

Coroniamo d'applausi

lo stral, che mi piagò,

sempre l'adorerò,

sin ch'io beva dell'aure

i vitali alimenti.

ARSAMENE

O care voci!

ADELANTA

O maledetti accenti!

ROMILDA

Benedetto l'istante, in cui primieri

mi balenaro d'Arsamene i lampi,

eternò quel momento

il mio ben.

ARSAMENE

La mia gioia.

ADELANTA

Il mio tormento.

ROMILDA

Speri ch'ei sia mio sposo?

ADELANTA

Io spero. Ah temo.

ARSAMENE

Sì sarò.

ROMILDA

Chi risponde?

ARSAMENE

Son io Romilda amata.

ADELANTA

Ah sconoscente!

ROMILDA

Idolo mio?

ARSAMENE

Sarò tuo sposo, sì;

a dispetto.

ADELANTA

Di me.

ROMILDA

Di chi?

ARSAMENE

Del re.

ELVIRO

Presto, presto Arsamene:

Xerse viene.

ARSAMENE

Empia sorte!

ADELANTA

O bene a fé.

ROMILDA

Di che temete?

ARSAMENE

Lo saprete poi.

ELVIRO

Su veloce fuggite.

ROMILDA

Sarà meglio celarvi.

ADELANTA

Eh no, partite.

ELVIRO

Suvvia, l'ali alle piante.

ARSAMENE

M'ascondo.

ROMILDA

State cauto.

ARSAMENE

E voi costante.

 

Scena sesta

Eumene, Xerse, Adelanta, Romilda; Arsamene, Elviro nascosti.

<- Eumene, Xerse

 

EUMENE

Luci belle che lampeggiano  

soglion'anco fulminar,

bionde chiome testoreggiano,

ma poi sanno incatenar.

Rose, e gigli un seno infiorano

ma celato il serpe sta:

di quell'alme, che l'adorano

son tiranne le beltà.

 

XERSE

Ecco appunto Romilda.  

Come qui principessa? Al ciel sereno

forse agl'inviti d'Arsamene usciste?

ROMILDA

Egli non mi chiamò.

XERSE

Parlovvi almeno.

ROMILDA

Sarebbe grave error? D'amor la face.

XERSE

Basta: non giova udir ciò che dispiace.

Restate addietro.

ADELANTA

Che sarà?

ELVIRO

Si scopre.

XERSE

Romilda il fato al trono oggi vi scorge,

amor v'ingemma il serto,

la fortuna ve 'l porge.

ROMILDA

Ahi qual ver me

fera se n' viene.

 

ARSAMENE

Non temete. Ahimè  

che feci!

XERSE

Peggior fera

sei di quella Arsamene: il dicon l'opre,

tu m'offendi nascosto, ella ti scopre.

ELVIRO

Io che dovrò mai dire?

ARSAMENE

Tolga il ciel ch'io v'offenda: uscir repente

vidi la principessa, e riverente mi celai

per modestia.

ELVIRO

Io per dormire.

XERSE

Anzi no; per molestia.

Pur li parlasti? Ella no 'l nega.

ARSAMENE

È vero

s'ella l'afferma. Io vo' mentir piuttosto.

XERSE

E se lo dice il re?

ARSAMENE

Non so.

XERSE

Mentite,

quasi vorreste dir?

ARSAMENE

Non so se 'l dite.

ROMILDA

Credete almen ch'io non sapea.

XERSE

Tacete.

Più di scitico stral, più di torrente

veloce il piè togliete

da questa corte.

ARSAMENE

Andrò, benché innocente.

ELVIRO

A me non dice niente.

EUMENE

Sire, Arsamene non credea.

XERSE

Non più.

EUMENE

Chiedeteli perdon.

ARSAMENE

Io non ho colpa.

EUMENE

Deh, ch'ei resti; signor.

XERSE

Mentre prometta

non amar più Romilda il lascerò.

EUMENE

Principe promettete.

ARSAMENE

O questo no;

signor, la gelosia

meglio s'estinguerà col mio partire;

vado a vostro piacere; al mio morire.

XERSE

Va' seco Elviro.

ELVIRO

Anch'io, lasso, bandito?

Uh, uh, quant'era meglio aver dormito.

Arsamene, Elviro ->

 

Scena settima

Xerse, Eumene, Adelanta, Romilda come immobile.

 

XERSE

Or che senza rival parlar mi lice  

uditemi Romilda: io sono amante;

voi regina di Persia: a me di questo

scettro regal, di queste,

che mi fascian il crine attorte bende

preziose son più le mie ferite.

 

Romilda mi sentite?  

Deh rimirate un re,

che supplicante sta,

che vi chiede mercé,

che ricerca pietà.

Deh men superba una sol voce aprite.

 

 

Romilda mi sentite? E pur tacete?  

Son pur de' vostri lumi

spoglia, preda, trofeo; qual mai si vide

alle prede, ai trionfi

rigido vincitor d'un guardo avaro

un'anima di bronzo, un cor d'acciaro,

come, come chiudete

sotto spoglia sì bella? E pur tacete?

e pur tacete ancora?

Dite un sì, dite un no, dite, ch'io mora,

è dover ch'io vi tolga

il modo di schernirmi: ahi sorte dura!

Anco il silenzio contro me congiura.

Xerse ->

 

Scena ottava

Eumene partendosi, Romilda, Adelanta.

 

EUMENE

Romilda, la fortuna  

vi chiama, voi dormite, e non vi cale

di stringer l'aureo crin: fuori di tempo,

come il parlar; così 'l tacer è male.

ROMILDA

Eumene dite al re, ch'io l'amo.

EUMENE

Sì?

ROMILDA

Ch'io l'amorose fiamme ancor non sento

no, no; ditegli il ver, dite così,

che per lui vivo.

EUMENE

Io vado.

ROMILDA

Udite pria,

vivo priva del sol degl'occhi miei.

EUMENE

Non è ciò, ch'io credei.

ROMILDA

Piano fermate,

sì, sì, ditegli: no; non gli parlate.

 

EUMENE

Miseria de' viventi,  

flagello del pensier,

insania delle menti,

perfidissimo arcier, bendato dio,

non avrai loco no nel petto mio.

Eumene ->

 

ROMILDA

Ho inabili, Adelanta, a gl'usi loro  

le potenze dell'alma e mal distinguo

nel tumulto importun, ch'il cor mi preme

dal foco il gelo, e dal timor la speme.

ADELANTA

Eh risolvete.

ROMILDA

Che?

ADELANTA

D'amar il re.

ROMILDA

Voi fareste così?

ADELANTA

Senza pensarci.

ROMILDA

Risolvereste?

ADELANTA

Eccome: ho già risolto.

ROMILDA

D'amare il re?

ADELANTA

D'amarlo sì: Arsamene.

ROMILDA

Non sete amante.

ADELANTA

È ver; che tu no 'l sai.

ROMILDA

Temo che l'idol mio

a dispetto del re voglia seguirmi.

Eccolo ahimè!

ADELANTA

L'ardire

e 'l rischio è grande in ver: fatel partire.

 

Scena nona

Elviro, Arsamene, Romilda, Adelanta.

<- Elviro, Arsamene

 

ELVIRO

Eccolo qui signor.  

ARSAMENE

Dove? Il timore

fa che travedi.

ELVIRO

A fé

ella è Romilda, e lo credevo il re.

ROMILDA

Dove? Dove Arsamene?

ARSAMENE

A dirvi addio mio bene.

ROMILDA

Così a Xerse ubbidite?

 

Partite, oh dio, partite;  

col labbro, che mi parla,

con l'occhio, che mi vede

il vostro re tradite.

Partite, oh dio, partite.

 

ARSAMENE

Romilda? al vostro core  

i nodi amor strinse per me sì poco,

che in sì brev'ora li scioglieste? il foco,

che mi giuraste eterno estinto fu?

 

ROMILDA

Partite, oh dio, non m'affliggete più.  

Non sentite sul fiato

palpitarmi la voce?

Gioia, di cui pavento,

diletto, ch'a voi nuoce

piacer con mio tormento

non ammetto, non voglio, itene, su

partite, oh dio, non m'affliggete più.

 

ARSAMENE

Han dunque le corone  

la smemorata qualità di Lete?

E col solo sperarle han dell'oblio

la più forte virtù?

ROMILDA

Partite, oh dio, non m'affliggete più.

ARSAMENE

Ch'io parta eh? Dispietata! ahi ben m'avvedo;

che pria d'esser regina

sapete esser tiranna.

Parto; e già non vi chiedo

il cor, che s'ha i flagelli

ceder lo deggio delle furie, e quale,

qual mai furia di voi più cruda fu?

ROMILDA

Arsamene? Intendete.

ARSAMENE

Tacete, oh dio, non m'affliggete più.

Arsamene ->

 

ROMILDA

Arsamene? Arsamene?  

ADELANTA

Eh lasciatelo andar.

ROMILDA

Chiamalo Elviro.

ELVIRO

E che volete?

ROMILDA

Io gli vo' dir che l'amo,

e che male il mio dir inteso fu.

ELVIRO

Partite, oh dio, non m'affliggete più.

Elviro ->

 

ROMILDA

Così parte adirato, e non l'offesi.  

ADELANTA

È un pretesto.

ROMILDA

Perché?

ADELANTA

Per mancarvi di fé.

ROMILDA

Me crede infida.

ADELANTA

E fors'egli è incostante.

ROMILDA

Io 'l credo assai fedele.

ADELANTA

Io poco amante.

ROMILDA

Cadrei, se così fosse, esanimata.

ADELANTA

Se così fosse io vivrei beata.

 

Amor se frangi un dì  

il rigor di quell'ingrato,

se quel no sì dispietato

si converte in dolce sì,

caro Amor, soave dio

ti vo' sempre albergar nel petto mio.

Se tu del mio ribel

pieghi un dì la rigidezza,

se vedrò quella bellezza

men feroce e men crudel,

caro Amor, soave dio

tu la gioia sarai del petto mio.

 
 

Scena decima

Cortile.
Amastre in abito d'uomo, Aristone.

 Q 

Amastre, Aristone

 

AMASTRE

Fiamma che accesa fu  

per virtù di due bei rai

non cessa mai.

Libertà non speri più

chi d'amar un dì s'avvezza,

che catena d'amor giammai si spezza.

Sguardo, che ferir sa

piaghe fa, ch'in aspre tempre

durano sempre.

Più non speri libertà

chi tra i ceppi un dì s'avvezza,

che catena d'amor giammai si spezza..

 

ARISTONE

Or ditemi: chi sete?  

AMASTRE

Il padre?

ARISTONE

No 'l sai.

AMASTRE

Eh rispondete.

ARISTONE

Amastre.

AMASTRE

Ottane re di Susia.

ARISTONE

E di virili

spoglie, perché vestite?

AMASTRE

No 'l sai?

ARISTONE

Eh dite, dite.

AMASTRE

Per venire a veder l'amato Xerse,

di cui m'accesi all'or, che del mio regno

portò l'armi in aiuto

contro il re moro assalitor irato,

perché delle sue nozze i' fei rifiuto.

ARISTONE

Al genitor è noto,

che voi Xerse cercate?

AMASTRE

Non sai?

ARISTONE

Non vi sdegnate.

AMASTRE

Non sai che all'or, che dal persian senato

contro i Greci invitato

Xerse partì, per meglio assicurarmi

de gl'eventi incertissimi di Marte,

Ottane il padre mio

fe' condurmi in Aracca?

ARISTONE

Onde non sa,

che di là voi partite?

Or chi son io?

AMASTRE

Che chiedi?

ARISTONE

Eh non stupite.

AMASTRE

Aristone mio balio, e mio fedele.

ARISTONE

Se così è ver partiamo.

AMASTRE

E veder Xerse?

ARISTONE

Non si deve.

AMASTRE

Io voglio

fermarmi.

ARISTONE

Eh no signora.

AMASTRE

O dio, perché?

ARISTONE

Saremo conosciuti.

AMASTRE

Eh certo no.

ARISTONE

Or ora lo saprò; chi sete?

AMASTRE

Amastre.

ARISTONE

Non mi fermo. Chi siamo ogn'un saprà,

ch'a voi lo chiederà,

di finger vi scordaste, e nome e stato.

AMASTRE

E teco vuoi, ch'io finga?

ARISTONE

E se con altri

così faceste?

AMASTRE

Non temer; dirò,

che siam due peregrini

scorti da rio destin di stelle irate.

ARISTONE

Ma se ve lo scordate? Ecco vien gente.

AMASTRE

Ritiriamci.

ARISTONE

Tacete,

non parlare sapete.

 

Scena undicesima

Ariodate, coro di Soldati; Amastre, Aristone a parte.

<- Ariodate, soldati

 

ARIODATE

Già la tromba  

che le stragi risuonò,

le vittorie a noi rimbomba.

Pugnammo, amici, e stette

la vittoria per noi; di Susa i piani

a gl'estinti Africani

sono angusti a formar bastevol tomba.

 

AMASTRE

Dunque è vinto il re moro? O noi felici!

 

ARIODATE

S'obbligò la fortuna

Ottane da quel dì, che l'armi perse

invitò a sua difesa; il fato stesso

vuol, ch'al fato di Xerse

quel d'ogn'altro soccomba.

Già la tromba

che le stragi risuonò,

le vittorie a noi rimbomba.

 

ARISTONE

Ecco Xerse.  

AMASTRE

(O che luce! o che splendore!

Adoralo mio core.)

 

Scena dodicesima

Xerse, Eumene, Ariodate, coro di Soldati; Amastre, Aristone a parte.

<- Xerse, Eumene

 

XERSE

V'abbraccio, Ariodate; il vostro ferro  

sempre porta vittorie.

ARIODATE

Il vostro fato

le dona a chi vi serve;

più volte provocato

venne al fine a giornata il re de' Mori.

Formidabile, orrenda

fu la battaglia; in sì brev'ora il campo

fu seminato de' nemici estinti,

che ben parean le morti

prevenir le ferite,

furo le stragi più, che i colpi, e lenta

la vittoria non venne.

Questi di nobil moro illustri figli,

e questi per valor, per nobiltade

nell'Etiopia insigni

a voi presento, e insieme

dell'armi perse trionfate prede

ecco le regie insegne al vostro piede.

EUMENE

Sta col vostro valore

confederata la fortuna, e 'l fato.

XERSE

Del vostro merto e delle vostre glorie

saran memorie: or dite

come portossi Ottane?

ARIODATE

A cento vite

troncò lo stame la sua spada, e mai

si stancò la sua destra.

EUMENE

Si mostrò dunque degno

degli aiuti di Xerse.

XERSE

Abbiam diletto

delle vittorie sue, del vostro merto.

E 'n premio de' disagi, e de' disturbi,

che diamo a questa vostra

città, col farne piazza all'armi nostre

per l'impresa d'Atene,

Romilda vostra figlia

avrà sposo reale

de la stirpe di Xerse, a Xerse eguale.

ARIODATE

Così arditi fantasmi

nel pensier non ammetto.

XERSE

Ite, così prometto.

ARISTONE

E noi partiam signora?

AMASTRE

Fermiamci un poco ancora.

Ariodate, soldati ->

 

Scena tredicesima

Xerse, Eumene; Amastre, Aristone a parte.

 

XERSE

Queste vittorie, Eumene,  

augurano vittoria anco al mi' amore.

AMASTRE

Hai già vinto, mio core.

EUMENE

Talvolta cor di donna è più feroce,

che barbaro spietato, o moro atroce.

AMASTRE

Costui dall'amor mio cerca ritrarlo.

XERSE

Angelica beltà

non nutre crudeltà, non ha fierezza.

AMASTRE

E se l'avesse, stral d'amor la spezza.

EUMENE

Oggetto a voi più grato

ben saprei rammentarvi.

AMASTRE

Oh scellerato!

XERSE

Io l'amo, e più serene

altre luci non vidi.

AMASTRE

O caro bene!

EUMENE

Vo' dirlo piano; voi tradite Amastre.

AMASTRE

Che disse mai?

XERSE

Non voglio

pensar d'altra beltà.

AMASTRE

O vera fedeltà?

XERSE

Forse i rai di quel sol che m'abbagliò.

Dovrò ceder ad altri?

AMASTRE

Come? a chi?

EUMENE

Forse sì.

AMASTRE

Certo no.

EUMENE

Dirò liberi sensi;

a sponsali indecenti

dell'esser vostro v'applicate.

AMASTRE

Menti.

 

Scena quattordicesima

Aristone, Amastre, Xerse, Eumene.

 

XERSE

Che fate, ahimè?  

EUMENE

Chi parla? Olà.

XERSE

Chi sete?

ARISTONE

Forestieri, signor; di novità

curioso desio vagar ci fa.

XERSE

A chi mentita diè costui, ch'è teco?

ARISTONE

A me, ma per discorso, e non per sdegno.

AMASTRE

Io dissi, che...

ARISTONE

Disse, ch'il vasto Eufrate.

AMASTRE

Che l'amor che portate...

ARISTONE

Ah sì, alle vostre genti.

AMASTRE

È degno.

ARISTONE

Oh dio, lascia parlar a me.

È degno d'un sì grande, e nobil re.

XERSE

Che d'amor, che di genti, e ché d'Eufrate?

Sciocchi mi rassembrate.

ARISTONE

De' sempre vari oggetti

i diversi fantasmi

rendon del peregrin confusi i detti.

EUMENE

Sire, lasciam costor. Come imponeste

sin ch'il marte dell'Asia

passi a invader l'Europa

a vicenda tra lor squadre d'armati

denno finger battaglie, acciò dall'ozio

non fia vinto l'ardire;

tempo è già, che venire

qualche squadra dovrà; signor salite

nelle sale a vedere.

XERSE

Andiamo: in quelle

pugne feroci del guerriero ardore

contemplerò la ferita d'amore.

 

XERSE E EUMENE

Del nume guerriero  

più crudo ferisce il

piccolo arciero.

EUMENE

Col dardo

d'un guardo,

col vezzo, che scocca

dolcissima bocca

fa colpo più fiero.

XERSE E EUMENE

Del nume guerriero

più crudo ferisce il

piccolo arciero.

EUMENE

Con strale fatale

all'or, che diletta

Cupido saetta

feroce, severo.

XERSE E EUMENE

Del nume guerriero

più crudo ferisce il

piccolo arciero.

Xerse, Eumene ->

 

Scena quindicesima

Aristone, Amastre.

 

ARISTONE

Ahi principessa, ed in qual grave errore  

trasportovvi il furore?

AMASTRE

Indecenti sponsali

le mie nozze reali?

ARISTONE

Eh, dite piano! È tempo di partire.

AMASTRE

Sì presto ahimè!

ARISTONE

Poiché finir le guerre

per levarvi d'Aracca

Ottane manderà;

dunque torniamo là.

AMASTRE

Su via partiamo: al lito

legno appresta spedito,

intant'io qui dimoro,

vedrò forse di nuovo il sol, ch'adoro.

ARISTONE

E resterete sola?

AMASTRE

Amor sta' meco.

ARISTONE

Cauta non è la compagnia d'un cieco.

AMASTRE

Va', non temer.

ARISTONE

Voi qui

vi fermerete?

AMASTRE

Sì.

ARISTONE

S'alcun chiede chi sete,

ditemi che direte?

AMASTRE

Dirò, che son d'Egitto.

ARISTONE

No, ch'il candor vi mente.

AMASTRE

Dirò, che nacqui sotto l'Orsa algente.

ARISTONE

No, ch'a curiosità si moverebbe.

AMASTRE

Basta; dirò ch'ei parta.

ARISTONE

No, che si sdegnerebbe.

AMASTRE

Gli dirò, che si fermi.

ARISTONE

Ed a qual fine? A fé partir non voglio.

Darete in qualche scoglio.

AMASTRE

Non temer no, s'ei non vorrà partire,

io di qui partirò.

ARISTONE

O bene! E dove poi vi ritroverò?

AMASTRE

Va' dico e non temer, sano consiglio

mi trarrà di periglio.

ARISTONE

Vado con gran tormento.

Signora vi rammento.

AMASTRE

Intesi.

ARISTONE

Udite

a chi si sia non date più mentite.

Aristone ->

 

Scena sedicesima

Clito, Amastre.

<- Clito

 

CLITO

A fé mi fate ridere  

amorosi lascivetti;

d'ogni dama, che mirate

v'infiammate;

come, come in cento affetti

un sol cor si può dividere?

A fé mi fate ridere.

 

AMASTRE

È scaltrito costui; certo è di corte.  

 

CLITO

V'imprigiona, v'incatena

ogni crin, ch'un poco adorno

vada intorno;

da beltà veduta a pena

vi lasciate il cor uccidere.

A fé mi fate ridere.

 

 

Ma chi è quel, che m'ascolta?  

Guerrier, chi sei?

AMASTRE

Non so.

CLITO

Dimmi il nome.

AMASTRE

Non voglio.

CLITO

Di', dove vai?

AMASTRE

Non posso.

CLITO

Donde vieni?

AMASTRE

Non deggio.

CLITO

Di', che vorresti?

AMASTRE

Nulla.

CLITO

Chi ricerchi?

AMASTRE

Niuno.

CLITO

Sei pazzo?

AMASTRE

Che t'importa?

CLITO

Se non ci pensi tu, men ci pens'io,

così 'l ciel ti mantenga addio, addio.

Clito ->

 

AMASTRE

A fé questa riuscì.  

O buon vecchio Ariston se fossi qui.

 

Regie stelle, che fatali  

risplendeste a' miei natali,

con luci sdegnate.

Non mirate

le pazzie d'un cor errante;

cieco amor, fa cieco amante.

Quanto può vezzoso sguardo!

Trasse pur con simil dardo

il picciolo imbelle

dalle stelle,

fatto armento il dio tonante;

cieco amor, fa cieco amante.

Amastre ->

 

Scena diciassettesima

Arsamene, Elviro.

<- Arsamene, Elviro

 

ARSAMENE

Ecco la lettera, Elviro.  

ELVIRO

Sete risolto?

ARSAMENE

S'ho da star tra i vivi.

ELVIRO

Ch'a Romilda la porti?

ARSAMENE

O scenderò tra i morti.

ELVIRO

Che parlar li volete

altro non li scrivete?

ARSAMENE

No.

ELVIRO

Vado signore; io l'ho pensata bene.

State lieto Arsamene.

Dite, ch'io vada con felicità.

ARSAMENE

Così t'auguro, va'.

ELVIRO

Lasciate far a me.

Voglio servirvi a fé.

Elviro ->

 

ARSAMENE

Innamorato cor  

trafitto

dal rigor

di perfida beltà,

s'a morte avanza

altra vita non ha, che la speranza.

Il luminoso dì

del mio gioir sparì,

e un'ombra di seren

sola m'avanza:

altra vita non ho, che la speranza.

Arsamene ->

 

Scena diciottesima

Ariodate, Romilda, Adelanta.

<- Ariodate, Romilda, Adelanta

 

ADELANTA

Romilda vostra figlia  

avrà sposo reale

de la stirpe di Xerse, a Xerse uguale.

Con queste stesse voci

parlommi il re.

ROMILDA

Signor non so, non oso

pensar qual sia lo sposo.

ADELANTA

Signor credete a me,

sarà lo stesso re.

ARIODATE

No, figlia, no; il pensier tropp'alto sale

altra cosa è l'istesso, altra l'eguale.

S'ei non fosse Arsamene

fratel di Xerse.

ROMILDA

Non saprei da vero.

ARIODATE

Ma tanto non s'innalza il mio pensiero;

della stirpe di Xerse? A Xerse uguale,

faccia Giove immortale.

Ariodate ->

 

Scena diciannovesima

Adelanta, Romilda.

 

ADELANTA

Faccia che siate sposa al vostro Xerse.  

ROMILDA

Mio Xerse non è.

ADELANTA

Meno Arsamene.

ROMILDA

Egli sì, perché l'amo.

ADELANTA

Egli no, perché parte esule, errante.

Perdete un re, per un perduto amante.

ROMILDA

Perduto amante? E come?

ADELANTA

D'altro strale, Arsamene il cor ferito,

si scuserà sopra del re; le fiamme

in tanto Xerse estinguerà; sarete

priva d'ambi gli amori; ah correggete

il pensier vaneggiante,

perdete un re, per un perduto amante.

ROMILDA

Sbarbicar dal terreno alta radice

lente scosse non ponno, e vi si chiede

violenza improvvisa. Odio Arsamene,

amo il re; che direte

Adelanta?

ADELANTA

Che sete

prudente; dunque ora, ch'il re bramate,

io chiederò Arsamene.

ROMILDA

E che? L'amate?

ADELANTA

Non l'amo; l'amerò.

ROMILDA

Si tosto v'accendete?

ADELANTA

Ogni cosa ha principio.

ROMILDA

Ma l'amor mio non avrà fine; intesi

intesi adesso; udite

s'impresso è 'l vostro cor di questo amore,

pregate Giove che vi cambi il cuore.

 

ADELANTA

Ch'io preghi Giove che mi cambi il core?  

Lo pregherò ben prima

che te con giusto stral perfida opprima.

Invidia del mio bene,

un re tu prendi a sdegno

per togliermi Arsamene?

Fai rifiuto d'un regno,

pregiudichi a te stessa

per tradire il mio amore?

Adelanta, Romilda ->

 

Scena ventesima

Eumene, coro d'Indiani, che combattono.

<- Eumene, indiani

 

EUMENE

Arcieri,  

guerrieri

scoccate,

pugnate,

fingete d'avere

a fronte le schiere

dell'oste nemica.

Ben suole a fatica

trionfo seguire,

e l'ozio corrompe

di Marte le pompe,

chi studia il ferire

a vincer impara

gl'assalti più fieri.

Arcieri,

guerrieri

scoccate,

pugnate.

Tra questi sudori

d'innalzan gl'allori,

s'innaffian le palme,

s'avvezzan l'alme

a nobili glorie;

con arte maestra

il brando s'addestra,

da finte vittorie

ne seguono poi

trionfi più veri.

Arcieri,

guerrieri

scoccate,

pugnate.

 
Qui gli Etiopi combattono.
 

EUMENE

Non più guerrieri; assai  

di coraggio, e valor saggio mirai.

Se colà tra nemici

contro l'armi d'Atene

pugnerete così,

vinceremo sì, sì.

 
 

Scena ventesima (alternativa)

Reggia d'Abido.
Clito, Paggi di corte, che giocano.

 Q 

Clito, paggi

 

CLITO

Che gioco gradito  

è quel della palla

si gira, si varia

con gusto infinito

quel globo per l'aria

tenendolo a galla,

che gioco gradito

è quel della palla.

Affligger quel globo

con colpi frequenti

è pur gran contento

con moto spedito

a un stesso momento

si gioca e si balla,

che gioco gradito

è quel de la palla.

Sfondo schermo () ()

 

CLITO

Ma cessate o compagni  

di più tener fra' le percosse vostre

quel globo prigioniero.

Qui con passo leggiero

il moto girate

e snelli danzate

sì che renda il brillar di vostre piante

di più moti capace un solo istante.

 
Qui segue il ballo de' Paggi.
 

Fine (Atto primo)

Prologo Prologo alternativo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Villaggio delizioso dietro le mura della città, con veduta di bosco.

Xerse
 

Bei smeraldi crescenti

Xerse
<- Sesostre, Scitalce, maghi, spiriti

Eccoci o sire, ad inchinar quel piede

Sesostre, Scitalce, Coro di Spiriti
Dalle tenebre
Sesostre, Scitalce, maghi, spiriti, Xerse ->
<- Elviro, Arsamene, Romilda, Adelanta

Tutti dormian ancor dell'alba i rai

Elviro, Arsamene, Romilda, Adelanta
<- Xerse

Qui si canta il mio nome?

Elviro, Arsamene, Xerse
Romilda, Adelanta ->

Arsamene? / Mio sire / Udiste? / Udii

Elviro, Arsamene
Xerse ->

Signor? Meglio è tacere

(Arsamene ed Elviro a parte)

Elviro, Arsamene
<- Romilda, Adelanta

Vibra pur ignudo arciero

(Arsamene ed Elviro si rivelano)

O che piacere! / Che fiera gelosia!

(Arsamene, Elviro nascosti)

Elviro, Arsamene, Romilda, Adelanta
<- Eumene, Xerse

Ecco appunto Romilda

(Arsamene ed Elviro si scoprono)

Non temete. Ahimè che feci!

Romilda, Adelanta, Eumene, Xerse
Arsamene, Elviro ->

Or che senza rival parlar mi lice

Romilda mi sentite? E pur tacete?

Romilda, Adelanta, Eumene
Xerse ->

Romilda, la fortuna

Romilda, Adelanta
Eumene ->

Ho inabili, Adelanta, a gl'usi loro

Romilda, Adelanta
<- Elviro, Arsamene

Eccolo qui signor

Romilda? al vostro core

Han dunque le corone

Romilda, Adelanta, Elviro
Arsamene ->

Arsamene? Arsamene?

Romilda, Adelanta
Elviro ->

Così parte adirato, e non l'offesi

Cortile.

Amastre, Aristone
 

(Amastre in abito d'uomo)

Or ditemi: chi sete?

(Amastre e Aristone nascosti)

Amastre, Aristone
<- Ariodate, soldati

 

Ecco Xerse / O che luce! o che splendore!

Amastre, Aristone, Ariodate, soldati
<- Xerse, Eumene

V'abbraccio, Ariodate; il vostro ferro

Amastre, Aristone, Xerse, Eumene
Ariodate, soldati ->

Queste vittorie, Eumene

(Aristone e Amastre si rivelano)

Che fate, ahimè? / Chi parla? Olà

Xerse e Eumene
Del nume guerriero
Amastre, Aristone
Xerse, Eumene ->

Ahi principessa, ed in qual grave errore

Amastre
Aristone ->
Amastre
<- Clito

È scaltrito costui; certo è di corte

 

Ma chi è quel, che m'ascolta?

Amastre
Clito ->

A fé questa riuscì

Amastre ->
<- Arsamene, Elviro

Ecco la lettera, Elviro

Arsamene
Elviro ->
Arsamene ->
<- Ariodate, Romilda, Adelanta

Romilda, vostra figlia

Romilda, Adelanta
Ariodate ->

Faccia che siate sposa al vostro Xerse

Adelanta, Romilda ->
<- Eumene, indiani

(gli etiopi combattono)

Non più guerrieri; assai

Reggia d'Abido.

Clito, paggi
 

Ma cessate o compagni

(ballo de' paggi)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventesima (alternativa)
Il palazzo di Giove Prima di aprirsi la tenda. Boscareccia col monte Parnaso. Villaggio delizioso dietro le mura della città, con veduta di bosco. Cortile. Reggia d'Abido. Villaggio delizioso dietro le mura della città con veduta di bosco. Ellesponto col ponte sulle navi. Stanze terrene che portano alle sale. Giardino. Villaggio delizioso dietro le mura della città, con veduta di bosco. Stanze reali del palazzo d'Ariodate. Reggia d'Abido.
Prologo Prologo alternativo Atto secondo Atto terzo

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